Aprile 19th, 2011 Riccardo Fucile
UNA VOLTA I TEDESCHI VIETAVANO L’INGRESSO AGLI ITALIANI E AI CANI: CI ABBIAMO MESSO DECENNI PER CONQUISTARE DIGNITA’ E RISPETTO, GRAZIE AL SACRIFICIO E AL LAVORO DI TANTI NOSTRI MIGRANTI… ORA, GRAZIE A LUI, SIAMO SPUTTANATI IN TUTTO IL MONDO COME UN PAESE CHE ACCETTA SENZA PROTESTARE DI FARSI RAPPRESENTARE DA UN INDIVIDUO DEL GENERE
E’ solo una foto, quella che vedete a fianco, ma è significativa.
Si tratta di un cartello esposto da coloro che gestiscono un ristorante a Berlino e fotografata da un turista.
E significative sono le scritte: “Berlusconi-elettori non benvenuti” e “Niente cervello-niente servizio”.
A giudicare da come sono scritte, sembrano opera di qualcuno di madrelingua tedesca.
Il punto non è tanto il cartello in sè, che può essere valutato anche come goliardico o una boutade.
E’ ciò che rappresenta: la sfiducia e il disprezzo verso gli italiani che eleggono come capo del governo una persona del genere.
Infatti non è un caso isolato: di recente, durante la sfilata dei carri allegorici del carnevale di Dussldorf è stato mostrato un carro dove un mafioso sodomizzava un Berlusconi felice.
A Berlino un altro carro mostrava sempre Berlusconi che nuotava in un mare di tette.
Il nostro è l’unico capo di governo che non viene mai associato ad alcuna attività legislativa, positiva o negativa che sia.
E per gli italiani che viaggiano per lavoro o per turismo all’estero, diventa persino imbarazzante dover dare spiegazioni su come da noi si riesca a sopportare un personaggio del genere e continuare a votarlo.
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Aprile 19th, 2011 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DELLA DIFESA: “BASTEREBBE PENSARE AI VOTI CHE NON ARRIVERANNO DA UDC E FLI”…L’IPSOS DA’ AL PRIMO TURNO LA MORATTI AL 43,8% E PISAPIA AL 42,1%, MA AL SECONDO TURNO VINCEREBBE PISAPIA CON IL 52,4% CONTRO IL 47,6% DEL SINDACO USCENTE
Nel Pdl milanese cresce la paura di non farcela a rieleggere Letizia Moratti.
«Lei pensa ancora di vincere al primo turno, ma se lo sogna – si sfogava dagli Stati Uniti il ministro della Difesa e coordinatore nazionale del partito, Ignazio La Russa – Basta prendere i voti delle precedenti elezioni e sottrarre quelli dell’Udc e del Fli: basta un 5 per cento in meno e si è già sotto il 50».
Per una volta, La Russa è d’accordo con Gianfranco Fini, il quale avrebbe detto che Berlusconi sarebbe «molto preoccupato per i sondaggi milanesi» che darebbero alla Moratti solo il 42 per cento.
Anche il sindaco di Milano è preoccupata. Teme una fuga di voti moderati dopo lo scandalo dei manifesti con la scritta ‘Via le Br dalle Procure’ ideati da Roberto Lassini, candidato nella lista del Pdl al consiglio comunale.
Per questo motivo, ha puntato i piedi durante un faccia a faccia con il coordinatore lombardo pidiellino Mario Mantovani e chiesto il ritiro della candidatura di Lassini.
Il Pdl milanese è sotto choc.
Una nuova tegola è caduta sul partito proprio dopo che Silvio Berlusconi domenica al teatro Nuovo aveva chiesto ai suoi di «fare un salto di qualità » nella campagna elettorale per Milano.
Mentre procede l’inchiesta sulla denuncia dei Radicali per le firme false raccolte a sostegno del listino di Roberto Formigoni alle ultime elezioni regionali, nel Pdl è in atto una guerriglia interna che rischia di compromettere non solo il clima della campagna elettorale, ma anche l’esito.
Un tutti contro tutti che riguarda anche la gestione del partito in Lombardia.
La Lega con Matteo Salvini ha già avvisato gli alleati pidiellini che passerà queste settimane «a parlare di Milano, non di magistrati, di Br, di intercettazioni».
Un sondaggio Ipsos realizzato a fine marzo dava il seguente scenario: Moratti al 43,8% con Pisapia che la tallona al 42,1% al primo turno.
Al secondo turno vincerebbe Pisapia con il 52,4% con la Moratti al 47,6%.
Decideranno gli incerti e l’area del non voto: 35,5% al primo turno, 46,4% al secondo.
Pesa il buon successo al primo turno del candidato del Terzo Polo, Manfredo Palmeri, con oltre l’8%, sostenuto da finiani e dall’Udc di Tabacci.
Al ballottaggio come si orienteranno?
“Ci penseremo quando sarà il momento – risponde il senatore Giuseppe Valditara di Fli – ora lavoriamo per arrivarci noi al secondo turno. La linea è quella di non stringere accordi nè con la Moratti, nè con Pisapia, poi vedremo. Di sicuro non sosterremo la Moratti”.
Al ballottaggio si dà per scontato che anche i leghisti non correranno in massa per sostenere la signora.
Molti ricordano che nel 1999 Massimo D’Alema fu travolto proprio da elezioni amministrative andate male e dovette lasciare la guida del governo.
Il rischio che la Lega, in caso di sconfitta, faccia suonare la campanella di fine lezioni, ha messo in allarme il premier.
Ma essersi posto come capolista stavolta potrebbe rivelarsi un boomerang: nessuno potrà dire “io non c’ero”.
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Aprile 19th, 2011 Riccardo Fucile
PARLA IL CANDIDATO DEL PDL AL COMUNE DI MILANO, INDAGATO PER I MANIFESTI “FUORI LE BR DALLE PROCURE”…INVITATO UFFICIALMENTE A RITIRARE LA PROPRIA CANDIDATURA, DISPONE DI “VALIDI ARGOMENTI” PER NON FARLO…LA FOTO CON GHEDINI
Roberto Lassini, presidente dell’associazione che ha ideato i manifesti “via le Br dalle procure”, come reagisce al fatto che il Pdl le ha chiesto di non presentarsi alle elezioni comunali a Milano?
Mario Mantovani, coordinatore del partito in Lombardia, è un vecchio democristiano come me. Mi ha solo chiesto di “fare un passo indietro”, e può significare molte cose.
Per la verità il messaggio pare chiaro.
Sono pronto a resistere. E se mi arrabbio ho tanto da raccontare.
Suona come una minaccia…
Semplicemente, non voglio fare da capro espiatorio. Mi escludono perchè sono indagato per un presunto reato di opinione, mentre in Parlamento ci sono ladri condannati. Non parlo solo del Pdl, ma di tutti i partiti. Io sono stato assolto dopo cinque anni di processo ai tempi di Mani Pulite e vengo messo alla gogna.
A stigmatizzare i manifesti è stato anche il presidente Napolitano: non pensa di avere esagerato con quello slogan?
Mi sono assunto la responsabilità di quanto fatto dai militanti della “Associazione dalla parte della democrazia”. Quello slogan è forte, è vero, ma riprende quanto detto da Silvio Berlusconi sul “brigatismo giudiziario” di certi magistrati.
L’azienda che avrebbe attaccato i manifesti dice che era lei a pagare le affissioni, almeno per una prima serie di poster a fondo azzurro. È così?
È corretto.
Lei conosce Silvio Berlusconi?
Gli ho stretto la mano a un pranzo elettorale. Tutto qui.
È vero che lei era sindaco di Turbigo quando ha conosciuto Mantovani, come lui ha raccontato in un’intervista?
Siamo amici di famiglia, ci conosciamo da una vita. E abbiamo una comune storia politica nella Dc. Io ho seguito le evoluzioni del partito, oggi sono consigliere a Turbigo eletto con l’Udc.
È stato Mantovani a chiederle di entrare nella lista del Pdl a Milano?
Mi sono proposto io e lui mi ha sostenuto.
Quando è successo?
Le rispondo da democristiano: in tempi utili.
A Turbigo si dice che lei sia l’avvocato di Mantovani. È vero?
No. L’anno scorso lui mi ha procurato un paio di piccoli lavori come legale per il Comune di Arconate, di cui è sindaco. Roba da mille euro a causa. È stato un gesto da amico, ne avevo bisogno, non sono milionario e ho anche debiti.
Lei è comparso vicino a Mantovani in una manifestazione “anti-pm” a Palazzo di giustizia. Il coordinatore ha avuto un ruolo anche nella contestata campagna di affissioni?
Non parlo dei manifesti, c’è un’indagine in corso. E ripeto: è l’iniziativa di alcuni militanti della mia associazione.
Perchè i file dei primi manifesti, a tema “Silvio resisti”, sono sul blog del coordinatore della campagna elettorale del Pdl?
Non parlo dei manifesti, c’è un’indagine in corso.
Qual è il suo sentimento in questi giorni di bufera?
Mi spiace che la Moratti mi abbia chiesto di uscire dalla lista, questo è ovvio. Ma non ho nulla contro il sindaco nè contro il partito. Rivendico solo il mio diritto di opinione».
Franco Vanni
(da “La Repubblica“)
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Aprile 19th, 2011 Riccardo Fucile
NICOLE SCARICA TUTTO SUL DIRETTORE DEL TG4 E MORA: “ERANO LORO A PORTARE LE RAGAZZE AD ARCORE…REPLICA FEDE: “VADA DALLO PSICHIATRA”…C’ERAVAMO TANTO AMATI
Tutti contro tutti.
Esplode lo scontro tra gli imputati del caso Ruby.
Nicole Minetti scarica su Emilio Fede e Lele Mora: lo sbarco della minorenne ad Arcore? Sono fatti loro.
Il direttore del Tg4 risponde dandole della pazza: lei e il suo avvocato hanno bisogno di “un’assistenza psichiatrica. È una gara a ingraziarsi la procura”.
Poi il giornalista punta l’indice contro il manager dello spettacolo con il quale fino a qualche mese fa, secondo le intercettazioni, si divideva i soldi versati dal premier: “Ruby? La portò ad Arcore Lele Mora”.
Hanno l’effetto di una bomba le 12 pagine di memoria difensiva depositate ieri in procura dall’avvocato Daria Pesce, per conto dell’ex igienista dentale e attuale consigliera regionale del Pdl.
Minetti respinge l’accusa più infamante: concorso in induzione alla prostituzione minorile.
E pur non facendo mai i nomi di Mora e Fede, riporta nel documento le intercettazioni e altri atti dei magistrati. Di fatto scarica le “vecchie cornacchie”.
Nella memoria, per esempio, si ricorda che Minetti non era presente al concorso di bellezza a Taormina, i primi di settembre del 2009.
Invece c’era, come giurato, Emilio Fede.
Proprio in quell’occasione il giornalista conobbe Ruby, che pubblicamente disse di avere 16 anni.
Lo riporta come elemento di prova la procura, lo riporta adesso come elemento di difesa, il legale della consigliera regionale.
Viene citato anche un altro verbale dell’indagine da cui emerge che ad accompagnare Ruby ad Arcore, almeno in un’occasione, sarebbe stato Mora. Poi la MInetti precisa di non aver mai dato soldi alla ragazza, di non aver mai tratto alcun vantaggio dalla vicenda.
Insomma di non aver mai “reclutato” Ruby.
Dunque se ci sono altre responsabilità (leggi Fede e Mora) spetta ai pm valutarle.
Contattata dal Fatto, l’avvocato Pesce nega che ci sia uno scarica barile: “Io non attacco nessuno. Mi limito a riportare atti dei pm”.
Anche Minetti rilascia un comunicato per “sottolineare che non accuso nè Mora nè Fede”.
Ma il direttore del Tg4 bolla la memoria come “ una stronzata fatta per giornalisti in baby-doll”.
Secondo la difesa della consigliera regionale, non c’è alcuna prova che l’esponente pidiellina abbia introdotto Ruby ai bunga bunga del premier. Ragiona la difesa: che lei sia andata la sera del 27 maggio in questura a Milano, su ordine di Berlusconi, per “liberare” Ruby, denunciata per furto (ed evitare un mare di guai al premier, ndr) non vuol dire che l’abbia indotta alla prostituzione.
Anche davanti ai pm Ilda Boccassini e Antonio Sangermano, quando a febbraio si è fatta interrogare, Minetti ha ridimensionato sia quella circostanza, sia i suoi contatti con la ragazza marocchina.
Per aver “mollato” la minorenne alla prostituta Michelle, la consigliera si giustifica così: “La Iafrate (commissario Giorgia Iafrate, ndr) mi rispose che” Ruby “avrebbe potuto tornare a casa della De Coinceicao Michelle, tant’è che richiesero copia dei documenti a quest’ultima”.
E la frequentazione con Ruby?
Minetti parla di qualche cena occasionale, qualche contatto occasionale, ma i pm la smentiscono: dallo sviluppo dei tabulati della Karima ci sono state tra di voi dal 23 febbraio 2010 al 25 giugno 2010, 122 contatti; come lo spiega? Minetti: “Prendo atto. Io non posso che ribadire che non l’ho mai frequentata. Sicuramente nei giorni successivi al 28 maggio io mi sono fatta sentire con lei e le ho mandato dei messaggi, proprio perchè volevo sapere come stesse”.
I pm la incalzano: “Risulta che alle cene ad Arcore siete presenti lei e Ruby nelle giornate del 14 febbraio, 20/21 febbraio 2010, il 27/28 febbraio 2010, l’8/9 marzo 2010, 4/5 e 6 aprile 2010, 24/25 e 26 aprile 2010, 1 e 2 maggio 2010”.
Minetti: “Sì, avevo detto quattro, massimo cinque, prendo atto che sono di più, non lo ricordavo”.
Dunque Minetti sia durante l’interrogatorio (a cui poteva non presentarsi), sia con la memoria depositata ieri, nega di aver mai indotto la minorenne Ruby alla prostituzione.
Nulla si dice, invece, rispetto all’altra accusa, induzione e favoreggiamento della prostituzione delle arcorine maggiorenni.
D’altronde l’avvocato Pesce all’Infedele di Gad Lerner aveva detto: “Sul favoreggiamento la Minetti ha indizi che potrebbero, non dico farla condannare, ma mandarla a processo perchè molte ragazze si sono rivolte a lei che aveva un rapporto affettivo con Silvio Berlusconi”.
Un rapporto affettivo di cui Berlusconi non ha mai parlato.
Anzi, secondo l’inviato del Paìs, Miguel Mora, il premier apre un altro scenario, accusatorio e auto accusatorio.
Alla cena con la stampa estera a Roma, scrive Mora, Berlusconi ha detto che Minetti le fu presentata da don Verzè (il capo dell’ospedale San Raffaele di Milano) perchè voleva una consigliera in regione Lombardia per facilitare le convenzioni sanitarie.
Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 19th, 2011 Riccardo Fucile
BOSSI IRRITATO PER IL LANCIO DEL DELFINO ALFANO, LUI E’ ABITUATO ALLE TROTE: “IL NOSTRO PATTO E’ CON SILVIO, NON CON IL PDL, SE NON SI RICANDIDA PER NOI C’E’ MARONI”…PER QUESTO SILVIO SI PRESENTA CAPOLISTA NEL CAPOLUOGO LOMBARDO
«Speriamo di perdere Milano».
La battuta circolava la scorsa settimana tra i deputati leghisti.
Erano i giorni in cui la Camera era bloccata per votare la prescrizione breve a beneficio di Silvio Berlusconi e la frustrazione delle camicie verdi saliva oltre il livello di guardia.
Non che la Lega non ce la metterà tutta per fare il pieno di voti all’ombra della Madonnina, ma la battuta nasconde una verità che il Cavaliere ieri ha in parte svelato.
Anche per il Carroccio il voto di maggio è qualcosa di più di una tornata amministrativa: una sconfitta nel capoluogo lombardo potrebbe spingere i lumbard ad accorciare la vita al governo.
Il messaggio è stato recapitato al premier.
I leghisti hanno mal digerito la conferma di Letizia Moratti. L’hanno vissuta come un «colpo di mano» del premier quando le trattative con Bossi su chi candidare erano ancora aperte.
E Berlusconi dopo l’ultimatum dei colonnelli leghisti – «o si vince o salta tutto» – è corso ai ripari, iscrivendo il suo nome in cima alla lista milanese al posto di Mariastella Gelmini.
Se la vittoria al primo turno è vista come un miraggio, una sconfitta al ballottaggio contro il candidato del Pd Giuliano Pisapia sarebbe la Waterloo del premier. Potrebbe costargli Palazzo Chigi.
A Via Bellerio spiegano che perdere a Milano «farebbe riflettere tutti su quelle alternative che oggi in molti fingono di non vedere. Farebbe capire che Berlusconi non è imbattibile e accelererebbe un processo già in corso». Quello dello sganciamento dal governo o, quanto meno, di una richiesta che potrebbe diventare un ultimatum: il prossimo candidato del centrodestra alla guida del governo dovrà essere Bobo Maroni.
Nel 2013, se non prima.
I segnali della strategia leghista stanno ormai emergendo.
Da un lato la politica della «differenziazione» dal premier e dal Pdl. Basti pensare che il giorno dell’approvazione del processo breve La Padania non ha nemmeno riportato la notizia in prima pagina.
Poi il nome di Maroni come prossimo presidente del Consiglio che torna sulla bocca di molti padani, come il sindaco di Verona Flavio Tosi o dell’europarlamentare Francesco Speroni.
Non che Angelino Alfano (innalzato a delfino da Berlusconi con successiva smentita) non piaccia allo stato maggiore leghista (anzi, piace eccome), ma Bossi si sente pronto a prendere in mano il governo con Maroni.
Nel 2013 – spiegano i suoi più stretti collaboratori – o anche prima se Napolitano dovesse bocciare la prescrizione breve e lo scontro istituzionale con la pretesa del Pdl di riapprovarlo subito arrivasse ad intensità mai viste prima.
In questo senso sarà decisiva Milano.
In una mano Bossi avrà il «termometro» delle decine di comuni dove la Lega corre da sola: serviranno a capire quanto il movimento tenga nonostante le difficoltà del governo (tutte imputate al Cavaliere e alle sue leggi ad personam).
Se dovesse fare il pieno dove corre da solo e perdere a Milano nonostante un eventuale impennata dei voti leghisti («dal 4% puntiamo a salire a percentuali lombarde», dice Matteo Salvini), allora anche la fetta del partito più legata a Berlusconi potrebbe decidersi al grande passo.
A maggior ragione nel momento in cui il premier parla di una sua successione.
Se in via Bellerio tutti credono che sia solo tattica («per Berlusconi il prossimo candidato sarà Berlusconi, al massimo Berlusconi junior, ovvero Silvio dopo un bel lifting», scherza Calderoli), in caso il premier dovesse lasciare sul serio tutto si riaprirebbe.
«Il patto è con Berlusconi, non con il Pdl – va ripetendo il Senatùr – quindi andrebbe ridiscusso a 360 gradi, anche sulla premiership».
Insomma, da Milano si potrebbero aprire nuovi scenari con un tempo di «incubazione» che molti leghisti indicano al massimo in 10-12 mesi.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica”)
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Aprile 19th, 2011 Riccardo Fucile
LA FRANCIA SPIEGA: “CONVOGLI FERMATI A MENTONE PER PROBLEMI DI ORDINE PUBBLICO”….ANCHE IN BELGIO CONTROLLO DEI PASSAPORTI IN AEROPORTO PER CHI ARRIVA DALL’ITALIA…. SPAGNA E FRANCIA SNOBBANO MARONI E NON VANNO ALL’INCONTRO DI CIPRO: ITALIA SEMPRE PIU’ ISOLATA
“Incidente chiarito e risolto”.
Così la Farnesina disinnesca di fretta il contenzioso con la Francia dopo l’altissima tensione causata sull’asse Roma-Parigi dal blocco ferroviario di alcune ore attuato domenica dai francesi alla frontiera con Ventimiglia.
Negando anche l’isolamento della posizione italiana, il portavoce Maurizio Massari spiega che, con la Francia, “stiamo lavorando insieme, costruttivamente, non c’è nessuna escalation di tensione, al fine di arrivare a iniziative comuni in vista del vertice italo-francese del 26 aprile”.
Dall’Italia, dunque, giungono parole distensive che seguono l’affermazione da parte della Commissione Ue della legittimità del blocco francese in quanto motivato da “ragioni di ordine pubblico”.
Ma non è solo la Francia a ostacolare la libera circolazione all’interno della Ue: da giovedi scorso, negli aeroporti del Belgio è stato introdotto un controllo, non sistematico, sui documenti dei viaggiatori provenienti dall’Italia.
“La Francia aveva diritto di bloccare temporaneamente i treni provenienti dall’Italia” dichiara il commissario europeo agli Affari interni, Cecilia Malmstroem.
Per ragioni di ordine pubblico, il trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione europea può essere sospeso.
Per questo, il blocco posto ieri dalla Francia al traffico ferroviario proveniente dall’Italia, giustificato dalla manifestazione dei centri sociali al valico di Ventimiglia, non è una violazione delle regole europee.
La Commissione europea, tra l’altro, afferma di non aver ricevuto alcun reclamo italiano sulle presunte violazioni francesi delle regole Schengen, spiega Michele Cercone, portavoce del commissario Malstrom, ricordando un significativo passaggio del Codice delle frontiere di Schengen: “Solo gli Stati membri hanno la responsabilità di valutare la gravità delle minacce all’ordine pubblico, che possono, in casi eccezionali, consentire la reintroduzione dei controlli alle frontiere, prevista dall’articolo 24 del Codice”.
Ma, conclude il portavoce, riguardo a quanto avvenuto ieri a Ventimiglia “non c’è ancora una posizione ufficiale” di Bruxelles.
Le autorità francesi spiegano di aver sospeso la circolazione dei treni a causa di una manifestazione non autorizzata a sostegno dei migranti tunisini “per evitare rischi di incidenti”, una misura “temporanea” che “non è andata oltre lo stretto necessario”, ovvero sei ore.
Da registrare anche l’assunzione di responsabilità del prefetto francese della regione delle Alpes Maritimes, Francis Lamy, in un’intervista al quotidiano Nice Matin. “Sono stato io, di mia iniziativa, a segnalare alle ferrovie francesi militanti di estrema sinistra a bordo di un treno proveniente da Ventimiglia. Poi le ferrovie hanno bloccato i treni”.
Prima della nota conciliante della Farnesina, il ministro degli Esteri Franco Frattini aveva considerato i 300 no global non una “ragione sufficiente” per chiudere la frontiera ferroviaria a Ventimiglia, “uno degli assi transeuropei più trafficati e delicati”, come aveva spiegato a Repubblica.
Blocco ferroviario che ieri la Farnesina non aveva esitato a definire “misura illeggittima”, una “chiara violazione” dei principi generali dell’Unione.
Da Bucarest dove si trova in visita ufficiale, il ministro dell’interno francese, Claude Gueant, risponde affermando che il suo Paese “rispetta alla lettera” gli accordi di Schengen nella questione dei migranti tunisini.
Gueant sottolinea che la decisione del governo italiano di concedere permessi temporanei a più di 20mila migranti tunisini “è stata contestata da molti Paesi dell’Unione europea”.
Malgrado ciò “noi abbiamo accettato questa misura” sebbene ad alcune “condizioni”.
In particolare il ministro dell’Interno francese ricorda la necessità per i migranti di disporre di “sufficienti risorse finanziarie”.
Ventimiglia è solo l’ultimo capitolo, non l’unico, della crescente tensione tra Italia e Francia, dopo i giorni dell’emergenza a Lampedusa, mentre si avvicina il 26 aprile, giorno del vertice tra Roma e Parigi.
In attesa dell’incontro bilaterale, il ministro dell’Interno Roberto Maroni sottolinea l’assenza della Francia alla riunione ministeriale sull’immigrazione di domani a Cipro.
“Non ci sarà la Francia e non ci sarà la Spagna – annuncia Maroni da Lecco -, ma sarà un vertice dei ministri di Italia, Grecia, Cipro e Malta allo scopo di continuare un’azione comune per tenere al centro dell’attenzione dell’Europa il Mediterraneo”.
Dal Belgio arriva la conferma che da giovedì scorso sono iniziati i controlli sui passaporti dei viaggiatori in volo dall’Italia.
Le verifiche, spiega un portavoce del ministero per le Politiche migratorie, “non sono sistematiche” e vengono fatte “non alla frontiera ma all’uscita dei passeggeri dall’aereo”.
Secondo la Commissaria europea Cecilia Malmstrom, il Belgio non ha notificato provvedimenti di interruzione dell’accordo Schengen.
Il portavoce del ministero belga conferma: la notifica non è stata fatta perchè i controlli sugli aerei in provenienza dall’Italia “non rappresentano una reintroduzione dei controlli alle frontiere”. T
ali controlli hanno come scopo – secondo quanto specificato dal portavoce – di “verificare il diritto di accesso allo spazio Schengen”, ovvero per controllare “se chi arriva nel Paese in provenienza dall’Italia ha i documenti di viaggio, se il suo è un viaggio a scopo turistico, se la persona ha i mezzi minimi necessari per la sua permanenza, ovvero almeno 60 euro al giorno”.
Come potuto constatare da giornalisti italiani tra gli aeroporti internazionali di Bruxelles-Zaventem e Charleroi (quest’ultimo dedicato ai voli low cost), non tutti i voli vengono effettivamente sottoposti a controllo.
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Aprile 19th, 2011 Riccardo Fucile
IL PARTITO DEGLI ACCATTONI NON RIESCE NEPPURE A FAR DIMETTERE UN PIRLA: FORSE PERCHE’ HANNO PAURA CHE CHIAMI IN CAUSA I MANDANTI?…. MA CHI HA PAGATO LE COSTOSE AFFISSIONI DELLE SETTIMANE SCORSE SUI MURI DI MILANO AD OPERA DELLA STESSA ASSOCIAZIONE?
Roberto Lassini, presidente dell’ associazione ‘Dalla parte della Democrazia’, e candidato alle comunali di Milano per il Pdl è indagato con altre due persone per vilipendio dell’ordine giudiziario dalla procura milanese in relazione ai manifesti con la scritta ‘Via le Br dalle procure’.
L’intervista di Lassini al ‘Giornale’ è stata acquisita agli atti delle indagini.
Le indagini coordinate dai pm Armando Spataro, Grazia Pradella e Ferdinando Pomarici, da quanto si è saputo, sono ancora in corso e si stanno effettuando accertamenti anche per individuare altri possibili responsabili.
Da quanto si è appreso, inoltre, tra gli indagati non ci sono parlamentari.
Il reato contestato ai tre indagati è previsto dall’articolo 290 del Codice penale.
Per procedere, la Procura deve chiedere l’autorizzazione al Ministero della Giustizia.
Gli inquirenti milanesi stanno completando tutti gli accertamenti necessari, compresa l’identificazione di altre persone e poi inoltreranno la richiesta di autorizzazione al Ministero della Giustizia.
Il reato è contestato ai tre indagati «fino al 16 aprile», e le contestazioni riguardano sia il manifesto ‘Via le Br dalle Procure’ che un altro che recitava ‘Toghe rosse. Ingiustizia per tutti’.
Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, di sponda con il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, avrebbe avviato un pressing sul coordinatore lombardo del Pdl Mario Mantovani per convincere l’autore dei manifesti anti-pm Roberto Lassini a rinunciare alla sua candidatura nella lista del Pdl alle prossime comunali.
A quanto si è appreso nel corso di una riunione politica nella sua abitazione milanese il primo cittadino avrebbe prospettato a Mantovani l’intenzione di firmare una lettera di dissociazione dalla candidatura di Lassini nel caso non ci fosse stato un suo passo indietro dalla corsa elettorale a Milano.
A sostenere Letizia Moratti si sarebbe speso in prima persona anche Lupi che avrebbe rinnovato la sua condanna sui manifesti già dichiarata pubblicamente ieri a margine della convention nel capoluogo lombardo con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Visto che le liste sono già state depositate, l’unica strada percorribile per placare la bufera sarebbe la rinuncia di Lassini alla propria candidatura.
Dal canto suo Mantovani ha lasciato la riunione a casa del sindaco Moratti senza rilasciare dichiarazioni ai cronisti.
A rischio potrebbe essere anche il ruolo di coordinatore di Mantovani, indicato da molti anche all’interno del Pdl come ideatore della campagna contro i pm. Lui, del resto, è quello che si è speso maggiormente negli ultimi mesi per organizzare le manifestazioni in tribunale a favore del premier.
E ci sono delle foto che ritraggono Mantovani e Lassini insieme nei corridoi della procura il 21 marzo scorso, in occasione di un’udienza Mills: loro sono lì a manifestare.
Lassini non si scompone troppo. “Non mi devo pentire di niente”, ripete. “trovo quei manifesti esagerati ma anche le accuse di vilipendio dell’ordine giudiziario sono un’esagerazione”.
E’ comunque il presidente dell’associazione “Dalla parte della democrazia” che ha firmato i manifesti. “Se servirà andrò a chiarire con i magistrati ma di ritirarmi non ci penso; al momento non me l’ha chiesto nessuno e non spetta alla Moratti deciderlo ma al coordinatore regionale”.
Cioè l’amico Mario Mantovani.
Sindaco di Arconate quando Lassini era primo cittadino di Turbigo: municipi distanti cinque chilometri, tre minuti l’uno dall’altro. I due sono amici da sempre. Alle spalle una lunga militanza nella corrente democristiana di Serafino Generoso, che raccoglieva quasi il 50 per cento dei consensi del partito.
Ed è nell’amicizia con Mantovani che Lassini confida.
Ma il coordinatore regionale del Pdl non può molto perchè a voler cancellare Lassini dalle liste è il vicepresidente della Camera, nonchè pedina pesante del premier nel mondo cattolico in Lombardia, Maurizio Lupi.
Oggi è piombato a casa di Letizia Moratti. “Questo personaggio qui deve sparire”, ha sbottato davanti al primo cittadino e a Mantovani, che ha ascoltato lo sfogo di entrambi per poi andarsene con un compito.
“Tu ora lo convinci a rinunciare alla candidatura — gli ha detto Lupi — questo è l’unico modo per uscirne quasi indenni; non possiamo cancellarlo noi perchè le liste sono depositate, solo lui può ritirare la sua nomina e deve farlo”. Mantovani ha lasciato la casa del sindaco a testa bassa e visibilmente contrariato.
Ma è certo che non può tirarsi indietro.
Nel Pdl in molti lo indicano come l’ideatore della campagna contro i pm, “magari non l’autore dello slogan per carità — dice un esponente locale del partito — ma sicuramente lui è il più impegnato sul territorio, chi ha organizzato le manifestazioni in tribunale?”.
E proprio in procura il 21 marzo scorso, in occasione di un’udienza del processo Mills, sono state scattate le foto che ritraggono Lassini e Mantovani protestare contro la magistratura in difesa del premier.
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Aprile 19th, 2011 Riccardo Fucile
DALLE COLONNE DEL “FUTURISTA”, IL FINIANO ROSSI AMMONISCE: “NESSUN COMPROMESSO, NESSUN AMMICCAMENTO CON QUELL’INDIVIDUO CHE SIEDE A PALAZZO CHIGI”…”OGGI PRESENTEREMO UN ESPOSTO ALLE AUTORITA’ EUROPEE PERCHE’ MANDINO GLI ISPETTORI OSCE PER VERIFICARE IL MISEREVOLE STATO DEL PLURALISMO INFORMATIVO IN ITALIA E LA POSSIBILITA’ DI BROGLI MEDIATICI ALLE PROSSIME AMMINISTRATIVE”
Questa è una promessa: alzeremo sempre di più il livello dello scontro contro quell’individuo che risponde al nome di Silvio Berlusconi e che siede a palazzo Chigi.
Perchè siamo a un punto di non ritorno.
Perchè dopo le ultime ore di folli esternazioni, da parte di quell’inquietante personaggio che attacca tutti e tutto solo per cercare di salvare se stesso, non è più possibile fare finta di niente, non è più possibile vagheggiare una qualsiasi forma di compromesso.
Come abbiamo più volte sottolineato, “il futurista” non è un organo di partito, non abbiamo l’obbligo editoriale di dare voce a qualsivoglia “componente interna”: “il futurista” è finiano per scelta e non per professione.
E per scelta siamo convinti che in questa fase chiunque teorizzi patti, avvicinamenti, confluenze con il Pdl berlusconiano in realtà , nolente o volente, finisca per fare il gioco del pifferaio di Arcore.
È per questo che, da parte nostra, non abbasseremo la guardia.
Nessun compromesso, nessun ammiccamento.
Solo la dura battaglia culturale contro chi ha gettato nel degrado la nostra “povera patria”, contro il “branco di lupi che scende dagli altipiani ululando”, contro lo “sciame di api accanite divoratrici di petali odoranti”.
Ieri abbiamo lanciato l’idea-provocazione di denunciare Silvio Berlusconi per danni.
Una sorta di class action “nazionale”, il segnale del risveglio: gli italiani che scendono in campo per davvero e rovesciano addosso al premier tutte le sue responsabilità .
È possibile giuridicamente? Poco importa.
Sappiamo però che è possibile culturalmente e politicamente.
Quando si arriverà finalmente al voto, gli italiani potranno decidere se consegnare ancora il potere in mano al vecchio del bunga bunga.
Oppure no.
Non è finita.
Oggi “il futurista” e “Articolo 21” presenteranno un esposto alle autorità europee affinchè siano mandati gli ispettori dell’Osce per verificare il miserevole stato del pluralismo informativo del Polo Raiset e il rischio che le prossime scadenze elettorali possano essere pesantemente condizionate da un broglio mediatico, premessa di un più inquietante broglio elettorale. Perchè il conflitto d’interesse berlusconiano non è più sopportabile.
Perchè il sistema di potere berlusconiano non è più tollerabile in una democrazia degna di questo nome.
Altre provocazioni, altre iniziative arriveranno.
È una promessa. O una minaccia. A secondo di chi legge.
“Il futurista” è una piccola nave corsara che si scaglia contro un’immensa flotta. Davide contro Golia.
Follia? Forse.
Ma urleremo con tutta la nostra forza contro chi vuole distruggere il bene pubblico in nome dell’interesse privato.
Urleremo la nostra ragione, le vostre ragioni, finchè avremo fiato in gola. Finchè avremo la forza di parlare.
Con la temerarietà e l’avventatezza di chi è convinto di stare dalla parte giusta.
Di chi combatte una battaglia per il buon nome del proprio paese.
Di chi cerca di difendere questa nostra “povera patria”.
Filippo Rossi
(da “Il Futurista“)
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Aprile 19th, 2011 Riccardo Fucile
“I MANIFESTI AFFISSI A MILANO CHE PARAGONANO I GIUDICI ALLE BR SONO UN’IGNOBILE PROVOCAZIONE”….IL 9 MAGGIO GIORNATA DEDICATA DAL CAPO DELLO STATO AI MAGISTRATI VITTIME DEL TERRORISMO…FINI: “NAPOLITANO INTERPRETA IL SENTIMENTO DI TUTTI GLI ITALIANI”
Dopo un fine settimana segnato dagli attacchi di Silvio Berlusconi alla magistratura e nel giorno in cui tre persone sono state iscritte nel registro degli indagati per la vicenda dei poster che assimilano i pm alle Brigate rosse – e fra questi c’è un candidato del Pdl nelle liste pro Moratti – si fa sentire la voce del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Che interviene con una lettera indirizzata al vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Michele Vietti.
“Siamo al limite dell’esasperazione”, osserva il capo dello Stato, che definisce come una “ignobile provocazione” quella dei manifesti affissi a Milano e avverte: “Nello scontro politico c’è il pericolo di degenerazioni”.
Napolitano, nella lettera a Vietti, annuncia anche che il 9 maggio, giorno della memoria delle vittime del terrorismo, sarà dedicato ai tanti magistrati caduti sotto i colpi dei brigatisti rossi e neri.
E per questo ha chiesto al vicepresidente del Csm di invitare al Quirinale i familiari dei giudici uccisi nell’esercizio del loro dovere.
La giornata del 9 maggio dedicata ai magistrati uccisi è anche, per Napolitano, “una risposta all’ignobile provocazione del manifesto affisso nei giorni scorsi a Milano con la sigla di una cosiddetta ‘Associazione dalla parte della democrazia’, per dichiarata iniziativa di un candidato alle imminenti elezioni comunali nel capoluogo lombardo.
Quel manifesto – aggiunge il capo dello Stato – rappresenta, infatti, innanzitutto una intollerabile offesa alla memoria di tutte le vittime delle Br, magistrati e non”.
Nella lettera al vicepresidente del Csm, il presidente della Repubblica interviene sul clima che si è instaurato nel paese intorno alla giustizia: “Nelle contrapposizioni politiche ed elettorali, e in particolare nelle polemiche sulla giustizia, si sta toccando il limite oltre il quale possono insorgere le più pericolose esasperazioni e degenerazioni”.
Napolitano ricorda quindi “il costante richiamo al senso della misura e della responsabilità da parte di tutti”.
E subito sono arrivate le prime reazioni alla lettera del capo dello Stato.
Il presidente della Camera, Gianfranco Fini ha sottolineato come Il Presidente della Repubblica “abbia interpretato ancora una volta il sentimento di tutti gli italiani”.
“Napolitano – detto il presidente del Pd, Rosi Bindi – dimostra ancora una volta di esercitare il proprio ruolo di garanzia a difesa della dignità delle Istituzioni democratiche con grande equilibrio e fermezza”.
“A nome dell’intera magistratura italiana esprimo apprezzamento e ringraziamento per le parole del Presidente della Repubblica che per noi costituisce un punto di riferimento insostituibile nella sua funzione di garante degli equilibri costituzionali”.
Lo dichiara il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara. “L’Anm – aggiunge Palamara – seguendo un percorso rigorosamente istituzionale, difenderà l’autonomia e l’indipendenza della magistratura evitando ogni contrapposizione”.
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