Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL PREMIER ITALIANO AMMETTE: “SUI MIGRANTI LO SFORZO DI PARIGI E’ 5 VOLTE SUPERIORE AL NOSTRO”…ACCORDO TOTALE SUI BOMBARDAMENTI IN LIBIA…VIA LIBERA ALL’OPA DI LACTALIS SU PARMALAT… E SUL NUCLEARE: “L’ATOMO E’ IL FUTURO, LA VITTORIA DEL SI’ LO AVREBBE AFFOSSATO”
“Un incontro molto positivo”.
Così il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha definito il vertice intergovernativo a Villa Madama con il presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, appena concluso.
La convergenza dei due leader sui tanti temi affrontati sarebbe stata totale, secondo quanto dichiarato dal premier italiano nella conferenza stampa a margine.
Durante il suo intervento, il premier italiano ha anche accennato alla recente decisione del governo di frenare sull’energia nucleare, nonostante “siamo assolutamente convinti che sia il futuro per tutto il mondo”, ha detto. Berlusconi ha così spiegato il motivo della moratoria governativa: il timore dell’opinione pubblica dopo il disastro di Fukushima avrebbe reso il nucleare “impossibile per anni”.
Meglio aspettare “uno o due anni perchè si tranquillizzino”, ha concluso.
“Tra Italia e Francia ci sono delle tensioni, — ha dichiarato Sarkozy sul merito dell’incontro — non ha importanza sapere di chi è la colpa, ma non hanno motivo di esistere”.
Nemmeno sulla gestione dell’immigrazione e sulla questione libica, quindi. Proprio su quest’ultimo punto, il presidente francese ha sottolineato di aver accolto positivamente la decisione italiana di un maggiore coinvolgimento militare.
Non si tratterà di bombardamenti, ha chiarito ancora una volta Berlusconi, ma di “inteventi con razzi di estrema precisione su singoli obiettivi militari, dove si possa escludere con certezza la possibilità di danni alla popolazione civile”.
Insomma sempre di bombardamenti si tratta.
Un passaggio dell’incontro è stato dedicato anche alla Siria, nuovo fronte caldo di proteste anti-regime.
“Siamo molto preoccupati per gli sviluppi e le numerose vittime. — ha dichiarato Berlusconi — Facciamo un appello forte alle autorità di Damasco affinchè diano un seguito concreto e immediato alle riforme annunciate”.
Durante il vertice, Berlusconi e Sarkozy hanno discusso al telefono con il leader del Comitato nazionale transitorio di Bengasi, Mustafa Jalil, per fare il punto della situazione.
Jalil ha ringraziato l’Italia per la decisione di utilizzare i propri veivoli in azioni militari in Libia.
Scelta del tutto condivisa anche dal presidente francese che, sin dai primi momenti delle operazioni, aveva richiesto un maggiore coinvolgimento.
Una decisione difficile, ha dichiarato Berlusconi, “per il passato coloniale e per i trattati di amicizia siglati con il popolo libico, ma riteniamo che del nostro intervento ci sia bisogno”.
Anche perchè, ha specificato il premier italiano, era stato richiesto dalla Nato e dagli Stati Uniti.
Nessun problema con i vertici della Lega, secondo Berlusconi, nonostante il Carroccio si sia opposto con fermezza.
“Ci siamo già sentiti — ha spiegato il premier — e li richiamerò anche tra poco per spiegare la questione”.
Ma il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, insiste: “La Lega Nord è contraria alla guerra. Questa è la posizione che porteremo con Umberto Bossi al prossimo Consiglio dei Ministri”.
I due leader hanno firmato una dichiarazione congiunta su Libia e Nord Africa, con la richiesta alla Ue di una maggiore cooperazione — anche sul piano degli investimenti — con i paesi della sponda sud del Mediterraneo. Durante il vertice, inoltre, è stata decisa la nomina di due stretti collaboratori di Berlusconi e Sarkozy, che si occuperanno di “affrontare il tema immigrazione, sviluppando i trattati già esistenti”, ha spiegato il premier italiano.
Che ha voluto anche porre fine alle polemiche di questi giorni con la Francia a proposito dei permessi temporanei ai migranti tunisini.
“Non hanno diritto all’asilo, è un’immigrazione economica, non dovuta a nessuna guerra”, specificava l’Eliseo.
Oggi, Berlusconi ha dato pubblicamente ragione al collega francese, riconoscendo lo sforzo della Francia “superiore cinque volte a quello italiano”. “Nessuna accusa quindi”, ha chiarito.
Insieme alla dichiarazione congiunta, i due leader hanno firmato una lettera, indirizzata al presidente dell’Unione europea, Herman Van Rompuy, e al presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, con alcune proposte di modifica provvisoria del trattato di Schengen, in situazioni eccezionali, e la richiesta di potenziamento dell’agenzia Frontex, il sistema di pattugliamento europeo delle frontiere esterne.
“E’ necessaria la solidarietà di tutti i Paesi della Ue”, ha concluso Berlusconi.
“Crediamo nel futuro dei gruppi europei, l’abbiamo sempre detto”, ha spiegato il presidente francese riguardo al capitolo economico dell’incontro.
Che, proprio stamattina, ha visto scendere in campo il gruppo d’oltralpe Lactalis con l’opa lanciata per l’acquisto del gruppo italiano Parmalat.
Una proposta “non ostile”, ha spiegato Berlusconi, che pure ha ammesso quanto sia singolare che l’iniziativa sia arrivata proprio questa mattina, data dell’appuntamento tra i due Paesi.
La strada che Italia e Francia intendono percorrere, nel caso Lactalis-Parmalat e più in generale, è quella di una co-partecipazione.
Per raggiungerla, secondo Sarkozy, è naturale “un periodo di tensione, per mettersi d’accordo”.
“Voi avete le piccole e medie imprese, noi i grandi gruppi. — ha continuato il presidente — Non c’è bisogno di farci la guerra”.
Massima disponibilità da parte della Francia, invece, ad appoggiare la candidatura di Mario Draghi alla presidenza della Banca centrale europea.
Il presidente Sarkozy si è detto “molto felice” di sostenere la figura di Draghi, “perchè è una persona di grande qualità , e in più è italiano”.
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
NESSUNA APOLOGIA, SOLO UNA PROVOCAZIONE ARTISTICA PER DENUNCIARE IL DEGRADO DELLE PERIFERIE URBANE…”NELLE NOSTRE CITTA’ ASSISTIAMO ALLA DEPORTAZIONE DEI DIRITTI”
“Ma quale apologia di Olocausto? Non scherziamo. Se c’è uno che odia il nazismo sono io. Ho deciso di parlare per questo. Sono un artista che ha voluto aprire un dibattito, non posso e non voglio essere confuso con teppisti o fanatici”.
L’uomo che ha costruito il cancello di ferro che ha fatto esplodere la paura di un rigurgito neonazista (e gridare allo scandalo i politici di ogni segno e colore) è seduto di fronte noi.
Ha 32 anni, è lucano, è un precario: insegna Grafica e fa corsi di formazione ai disoccupati.
È insieme alla sua fidanzata (anche lei storica dell’arte, anche lei precaria).
Ha lavorato una notte, sulla ferrovia del Pigneto, per montare la sua installazione.
In quelle stesse ore, poco distante dal luogo incriminato, è stato persino fermato dai carabinieri (che però non hanno collegato la sua presenza al cancello).
Lo chiameremo “Domenico”, ma la sua identità , almeno per oggi, non si può rivelare.
Ha appena deciso, infatti, che domani mattina andrà di sua volontà presso una stazione dei carabinieri per raccontare la sua versione dei fatti.
Domenico, ti rendi conto che questa tua installazione ha ferito tutti coloro che sono stati colpiti dall’Olocausto?
Sapevo che si trattava di un gesto duro, una provocazione. Ma non volevo minimamente che l’effetto fosse questo, anzi, se ho colpito le vittime o i loro familiari sono mortificato.
Sapevi benissimo che l’effetto sarebbe stato questo.
Per nulla. Io volevo che guardando questo cancello, installato in una periferia, abitata da giovani precari ed extracomunitari oggi diventati clandestini, tutti riflettessero sul fatto che un pezzo di lager è nelle nostre città , mentre noi ce ne passeggiamo spensierati.
C’era bisogno del cancello di Auschwitz, per dirlo?
Intanto vi voglio dire che il mio richiamo è innegabile. Ma che, volutamente la mia installazione è diversa: ho studiato la storia di quel terribile manufatto, commissionato dalle SS e costruito da un fabbro ebreo internato nel campo…
E questo che c’entra?
Il materiale che ho usato è diverso: quello era ferro battuto, questi sono tubi industriali.
E poi?
I caratteri delle lettere sono diversi! Questo è un font moderno, sia chiama Sugo. Anche la scritta l’ho fatta in inglese, perchè doveva essere compresa dagli immigrati. Ho voluto dare corpo a un pezzo di sterminio e deportazione che esiste nelle nostre città , anche se non si vede. Quello dei diritti.
Volevi farti pubblicità ?
Scherzate? Io lavoro da anni nelle periferie, vado e installo le mie creazioni senza rivelarmi. Per decine di volte nessuno si è accorto di nulla.
Sapevi che se ne sarebbe discusso!
A dire il vero, se non fossi stato inseguito da un sospetto così infamante, non avrei mai parlato: ho un sito in cui non metto nemmeno la mia foto, lavoro nei luoghi dimenticati dalla città , figuratevi se cercavo notorietà .
La denuncia contro la precarietà non è un alibi?
Al contrario. Vivo in questo quartiere. L’idea mi è venuta passeggiando su quel ponticello, un anno fa. Ho pensato che l’ironia sprezzante e oscena delle SS si prestava bene per raccontare anche un frammento dei tempi che stiamo vivendo. La scritta era la stessa.
Ma in un’altra lingua, e per di più rielaborata: costruendo questo arco avevo in mente le insegne dei luna park anni Sessanta. Era una contaminazione.
Chi l’ha costruito?
Io, con le mie mani, in un laboratorio di amici.
Che impressione ti ha fatto il coro dei politici?
Non vorrei commentarlo, tranne che per questo paradosso. Il sindaco che ha deportato i romeni, e ha diviso i padri dai figli, è lo stesso che rilascia dichiarazioni indignate contro il neonazismo e mette al primo posto le politiche per la famiglia. Chi sbaglia, io o lui?
L’Olocausto è un orrore difficilmente comparabile alle parole di un sindaco.
Adorno ha detto che dopo Auschwitz fare arte è diventato impossibile. Volevo esprimere questo sentimento di ironia amara e disperata, anche estrema, per far riflettere sulle condizioni di schiavitù e privazione dei diritti che abbiamo accettato come inevitabili.
Sapevi che avresti potuto offendere qualcuno, però.
L’arte, per come la penso io, ha il dovere di sollevare problemi e suscitare dibattiti. Volevo questo, senza offendere nessuno. Se l’ho fatto, mi scuso.
Luca Telese e David Perluigi
(da”Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
LEGA INFURIATA, CALDEROLI STA CON IL CRIMINALE GHEDDAFI CHE GLI FACEVA IL “LAVORETTO” DI AFFOGARE I PROFUGHI…LE PRESSIONI DI OBAMA E DEL QUIRINALE E IL TIMORE DI RIMANERE TAGLIATI FUORI DALLA SPARTIZIONE DELLA TORTA HANNO CONVINTO BERLUSCONI
Sì ad «azioni aeree mirate» italiane in Libia.
La svolta del Governo sulla crisi libica arriva nella serata di ieri, al termine di una telefonata del premier Silvio Berlusconi con il presidente Usa Barack Obama.
E scatena subito le ire della Lega.
L’Italia risponde così all’appello lanciato dalla Nato per un intervento più incisivo e, sotto il pressing dell’alleanza atlantica, ma anche dei ribelli del Cnt, supera le «riluttanze», come le aveva definite il Ministro degli Esteri Franco Frattini, legate al suo passato coloniale.
Ma assicura anche, con il ministro La Russa, che «non saranno bombardamenti indiscriminati ma missioni con missili di precisione su obiettivi specifici».
Insomma, l’obiettivo è quello di «evitare ogni rischio di colpire la popolazione civile».
Il Governo informerà il Parlamento, Frattini e La Russa sono pronti a riferire alle Camere, anche se, assicura una nota di Palazzo Chigi, «le azioni descritte si pongono in assoluta coerenza con quanto autorizzato dal Parlamento, sulla base di quanto già stabilito in ambito Onu e Nato, al fine di assicurare la cessazione di ogni attacco contro le popolazioni civili e le aree abitate da parte del regime di Gheddafi».
La riflessione del governo sulla possibilità di dare il via libera ai raid, come ha spiegato La Russa, «è cominciata già da alcuni giorni all’interno del governo, perch‚ la situazione a Misurata è diventata terribile». L
o stesso Frattini, attraverso la Farnesina, parla di una risposta alle richieste del Cnt, come atto di coerenza, dopo il suo riconoscimento.
L’Italia inoltre, si ragiona in ambienti di Governo, era rimasto l’unico paese della coalizione a non intervenire direttamente sulla Libia e il pressing della Nato, dopo il vertice di Berlino, si era fatto sempre più forte.
E questo, accanto ai forti bombardamenti su Misurata, avrebbe convinto il premier ad allinearsi agli altri paesi.
Silvio Berlusconi, solo dieci giorni fa così ragionava: «considerata la nostra posizione geografica ed il nostro passato coloniale non sarebbe comprensibile un maggior impegno» dell’Italia.
Il presidente del Consiglio, subito dopo aver parlato con Obama, ha informato della decisione il primo Ministro del Regno Unito, David Cameron, e il Segretario Generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen.
Immediato il ringraziamento dell’Alleanza che da Bruxelles ha dato il «benvenuto» al maggior impegno di Roma. E oggi, in occasione del vertice italo-francese, ne parlerà con Nicolas Sarkozy.
Sarà quella la sede nella quale il premier potrà probabilmente trovare gli strumenti per placare le ire della Lega, ottenendo un impegno più forte sul fronte immigrazione.
Quel che è certo è che per ora il Carroccio ha scandito il suo «no» forte e chiaro, con il ministro della Semplificazione legislativa e responsabile delle segreterie nazionali della Lega Nord, Roberto Calderoli.
Oltre alla politica, c’è l’impegno sul campo.
È sempre La Russa ad assicurare che «non aumenteranno i rischi» per l’Italia.
«La missione è unica – ha detto – prima facevamo una parte nella squadra e ora nel facciamo un’altra. Dunque non ci sono più rischi o meno rischi‚ nè per i militari, nè per il nostro Paese». I
l rischio di danni collaterali, dovrebbe essere sventato grazie «ad azioni mirate», vale a dire, secondo quanto si apprende, missili di precisione su tank in movimento o postazioni fisse missilistiche.
All’Italia sarebbe stato chiesto anche l’impiego di droni, impegnati però gia in Afghanistan e molto difficili da spostare velocemente.
Intanto ieri notte un raid aereo della Nato su Tripoli ha distrutto l’edificio del complesso di Bab al-Aziziyah usato da Muammar Gheddafi per le sue riunioni, in quello che l’ufficio stampa governativo definisce un attentato alla vita del Colonnello.
La roccaforte ribelle di Misurata, intanto, è tornata ad essere colpita dalle bombe del Colonnello.
Razzi Grad sono stati lanciati a raffica sulla città e come hanno confermato anche i ribelli: «La situazione è molto pericolosa», spiegando che i razzi prendono di mira soprattutto il centro della città e le zone residenziali.
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
SARA’ IL COMANDO NATO A DEFINIRE DI VOLTA IN VOLTA LA MISSIONE CHE GLI AEREI ITALIANI DOVRANNO COMPIERE… L’ITALIA ENTRA A PIENO TITOLO NELLA MISSIONE ONU CONTRO IL CRIMINALE GHEDDAFI
Gli aerei con i quali l’Italia partecipa all’«operazione Libia» potranno utilizzare le loro armi offensive e da bombardamento ogni volta che il comando operativo della Nato lo riterrà utile.
La svolta nella posizione italiana (fino a ieri si era detto che i nostri Tornado erano impegnati in numerose missioni, ma «non sparavano») è stata confermata nella conversazione telefonica di ieri sera tra Barack Obama e Silvio Berlusconi, ma nasce in realtà da una marcia di avvicinamento alla quale hanno lavorato per settimane i più stretti collaboratori del presidente del Consiglio, il Quirinale, i ministri Frattini e La Russa e la diplomazia italiana ai suoi livelli più alti.
Non è impossibile seguire il filo del nostro progressivo ripensamento.
Si ricorderà che l’Italia, a maggior ragione dopo che gli Usa avevano fatto un passo indietro rinunciando al comando delle operazioni in Libia, aveva insistito nella richiesta che ad assumere questa responsabilità fosse l’Alleanza Atlantica e non il duo anglo-francese.
Con qualche concessione alla «cabina di regia politica» voluta da Sarkozy, la linea italiana andò in porto e la Nato mise il suo dito sul grilletto.
Con alcuni risultati paradossali, però.
L’interpretazione della risoluzione 1973 dell’Onu sulla difesa dei civili non cambiò, i bombardamenti continuarono, e il ritiro di gran parte degli aerei Usa, lasciando in prima fila francesi e britannici, fece sorgere la necessità di coinvolgere altri velivoli che «sparassero».
Giunsero così a Roma le prime richieste del Segretario generale dell’Alleanza Rasmussen, ma la risposta italiana fu ancora no: in Libia eravamo l’ex potenza coloniale, facevamo già abbastanza, offrivamo le nostre basi agli alleati, insomma non volevamo andare oltre.
Un Consiglio dei ministri ratificò questo orientamento, ma non in maniera formale.
Dietro le quinte acquistavano contemporaneamente un peso non trascurabile le parole piuttosto univoche del capo dello Stato, che voleva piena e operativa fedeltà alle alleanze.
E diventavano più attivi, anche, quanti facevano presente che rimanendo a metà dal guado (partecipare sì, sparare no) ci facevamo carico di tutti gli oneri del caso ma non raccoglievamo alcun beneficio politico oggi nei rapporti con chi si esponeva e domani nella prospettiva di una revisione globale dei rapporti con la Libia dopo un eventuale e auspicato allontanamento di Gheddafi.
Espressione di questa scuola «realista», che tendeva a superare la nota contrarietà della Lega ad un nostro maggiore impegno in Libia, sono stati il riconoscimento del Consiglio di Bengasi come unico interlocutore libico dell’Italia, le dichiarazioni del ministro Frattini sulla riflessione da fare circa la fornitura di sistemi «non letali» agli insorti, e infine la decisione di inviare alcuni istruttori militari in Libia come avevano già fatto Gran Bretagna e Francia.
Gli ultimi dieci giorni hanno visto aprirsi la fase decisiva.
Mustafa Abdul Jalil, presidente del Consiglio di transizione di Bengasi, è venuto a Roma e, dopo averlo ringraziato per il riconoscimento, ha detto personalmente a Berlusconi che serviva un maggior impegno militare se ci si voleva liberare di Gheddafi senza spaccare la Libia in due.
Le stesse argomentazioni sono state espresse da Gates a La Russa, da Hillary Clinton a Frattini, ancora da Rasmussen a Berlusconi, ma la svolta si è verificata venerdì scorso quando il presidente del Consiglio ha ricevuto la visita del senatore Usa John Kerry, ex candidato alla Casa Bianca e notoriamente vicino al presidente Obama.
Da quel momento, acquisito il cambiamento, la nostra diplomazia si è mossa in discesa fino all’annuncio di Pasquetta.
I velivoli italiani potranno ora far uso di missili normalmente utilizzati per colpire postazioni antiaeree, ma è evidente che una volta eliminato il caveat sin qui in vigore sarà il comando Nato a definire di volta in volta la missione da compiere attraverso strutture di comando e controllo nelle quali peraltro l’Italia è puntualmente rappresentata.
La scelta fatta ieri dal governo, che rientra nel mandato parlamentare ricevuto, corregge una incongruenza che ci aveva collocati a metà strada tra la rispettabile posizione tedesca (un no su tutta la linea) e quella altrettanto rispettabile benchè opposta di Francia e Gran Bretagna.
Rimanendo nel mezzo, rischiavamo l’ambiguità e il ritorno di vecchi e poco edificanti stereotipi. Non solo.
Sul fronte interno, Berlusconi non dovrebbe essere a corto di argomenti per spiegare alla Lega che sbagliare approccio in Libia significa esporsi ancora di più alle ondate migratorie.
La vicenda libica, insomma, resta confusa e piena di trappole (come dimostra la continuazione dei bombardamenti lealisti su Misurata).
Ma la confusione italiana, almeno quella, è stata superata.
Franco Venturini
(da “Il Corriere della Sera“)
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
AMMICCAMENTI SESSUALI, GIOCHI DI PAROLE AGGHIACCIANTI, PERSINO FOTO AL CIMITERO…LA CAMPAGNA ELETTORALE HA TOCCATO IL FONDO: DAL “PARTITO DEGLI ANGELI” ALL’ “ASSO DI BASTONI, ALL’INVITO “SCOPIAMO” ECCO I PROGRAMMI DI SPESSORE PER CUI DOVREMMO VOTARLI
Bisogna essere capaci anche a copiare, perchè c’è primavera e primavera
Il candidato del Terzo Polo a Milano, Manfredi Palmieri, ha pensato di guardare al rottamatore Matteo Renzi.
Comun denominatore la giovinezza e allora perchè non parlare di primavera. Solo che Renzi, quando si candidò a sindaco, non aveva messo delle gigantografie di se stesso, ma quelle della città , dei vecchietti, dei bambini down. Palmieri si è limitato alla sua.
E l’effetto primavera è decisamente svanito.
Il leghista Max Bastoni, che concorre per un posto di consigliere comunale a Milano, è il candidato di Mario Borghezio.
E già questo è una garanzia di una campagna elettorale ad effetto.
E infatti il suo manifesto “Per la tua Milano in Comune cala…l’asso” con dietro l’asso di bastoni, lascia il segno.
Quell’asso di bastoni si innalza come un simbolo fallico, anche se con il verbo cala l’effetto è tragicomico.
Se comunque qualcuno nutrisse dubbi sui celoduristi del Carroccio, non si preoccupi. “Bastoni contro l’immigrazione”, tuona su un manifesto il candidato. Nessun equivoco, “non posso farci nulla, ma per tranquillità delle sinistre, chiederò di cambiare le mie generalità . Mi farò chiamare Massimiliano Molotov”, ci rassicura l’asso di Bastoni
Sciura Moratti invece campeggia in quel di Milan.
Vestita in modo diverso a seconda delle situazioni.
Con l’elmetto per lanciare la nuova linea della metro linea 5, in color pastello con gli anziani quando annuncia il raddoppio dei centri di assistenza e poi con la ramazza e il gilet fosforescente, rigorosamente sopra il tailleur sartoriale, per la trasformazione in operatore ecologico.
Letizia modella, con lo smalto sempre intonato, è più patinata del Cavaliere. Miracoli di Photoshop effetto botox.
Visto il momento fortunato della squadra partenopea, i candidati campani si sentono come Cavani.
L’ex presidente di confindustria, Gianni Lettieri, in bianco azzurro lancia lo slogan “Far vincere Napoli”. Il genio della campagna è l’uomo di D’Alema, Claudio Velardi.
Eppure Lettieri è uomo del Pdl. Ma nelle strategie calcistiche poco conta. Come vincere? Prenderà in squadra Fabio Cannavaro.
Pronta la risposta di Mariano Anniciello, candidato del Pd al consiglio comunale, un’enorme olà della curva B dello stadio San Paolo con scritto ” ti amo”. “Amiamo Napoli come amiamo il Napoli” il suo programma elettorale. Quasi da Partito dell’Amore.
Ecco il prefetto Mario Morcone. Candidato sindaco partenopeo.
Perchè “il futuro è Mo'” con ” nobilità senza miseria”, “orgoglio e giudizio” e ovviamente ” genio e regolatezza”.
Totò risponderebbe “ma mi faccia il piacere”.
Morcone è uomo attento ai suoi sostenitori, a cui permette tramite il sito, di creare nuovi manifesti per raccontare il loro sogno per Napoli.
“Il futuro è Ma’”, replica un tifoso, precisando che si riferisce a Maradona allenatore del Napoli, e così siamo a posto. Almeno al San Paolo.
A Grosseto arriva il neonato Partito del Sud. Il partito che vuole un’alleanza di forze meridionaliste, per una nuova classe dirigente meridionale con a cuore il riscatto del Sud.
Ma i grossetani lo sapranno di far parte del Sud? State attenti che in Maremma sta “per esplodere il Fuoco del Sud”.
Se a Ravenna è pronta in campo la “lista del cimitero”, con gli esponenti ritratti con alle spalle il cimitero della città e l’obiettivo del becchino “Seppelliamo la vecchia politica”, a Modugno è scesa dal cielo, in appoggio al candidato sindaco Giuseppe Vasile, addirittura “La politica degli Angeli”.
L’onorevole Cetto Laqualunque miete proseliti.
” Il partito del Pilu” ha un candidato a Oria, nel brindisino.
Solo che il “Pilu” è l’ acronimo di “Persone libere, indipendenti e unite”, frutto della mente dell’ aspirante sindaco, Francesco Arpa, un ispettore di polizia in pensione.
Luigi Gullo, avvocato candidato sindaco a Patti ha messo un enorme punto interrogativo come manifesto. Nulla da comunicare, se non un punto di domanda. Finalmente una comunicazione chiara.
Pino Carbone, sindacalista candidato sindaco del Pdl di Oria, in provincia di Brindisi, lancia la “grande coalizione riconciliatrice del centrodestra” .
Ci sono tutti Pdl, Fli, La destra, Azione e coraggio e un “non solo …” seguito dal simbolo dei lavori in corso. E’ la “Grande coalizione conciliatrice del centrodestra”.
Tutta la destra e non solo. Qui non cacciamo nessuno. Venite gente, venite.
Per sostenere il suo candidato a Bologna Manes Bernardini, la Lega Nord ha lanciato un nuovo gioco.
Si chiama “Indovina chi è l’ultimo”.
Ci sono gli stranieri in fila pronti a rubare gli alloggi popolari dei bolognesi. Ecco il cinese in pool position, la rom brutta, vecchia, sporca e con tanto di figlio a carico, il negro che si veste come i padani e il terrorista islamico. Ultimo della fila un vecchietto di pura razza petroniana.
Virginio Merola, il candidato del Pd, lancia il suo slogan “Se vi va bene tutto, io NON vado bene”.
Uno slogan piuttosto contorto ed è proprio quel “non” marcato che cattura l’attenzione.
“Non” va bene, tutto qua. Ma le dicotomie nell’uomo di centrosinistra continuano.
” Più arte e meno CO” e c’è da chiedersi cosa c’entri l’arte con il cambiamento climatico.
Il tutto in bicolore, giallo-blu.
Ma non sono i colori della città e nemmeno del Bologna, quella squadra che lui conosce bene e spera “torni in serie A, o forse in B”.
Su tutto campeggia una stella. Prima era rossa e ricordava tanto quella di Virgin Radio. Ma è “perchè lui è rock, mica uno lento”, si sono giustificati quelli del suo staff. Ora la stella è blu e fa tanto “sceriffo” o peggio ancora acqua San Pellegrino.
Non sarà mica gasato? Ma Merola ha raggiunto lo sdoppiamento totale in un’intervista doppia, modello Le Iene.
Virginio Vs Merola, perchè ” se siete indecisi su chi votare fate contenti tutti e due “.
Anche Stefano Aldrovandi, ex manager della multiutility Hera, ha scelto per la sua candidatura una dicotomia. “O così, o Aldrovandi”, su un enorme manifesto.
Da una parte il bianco, dall’altra l’arancione.
L’assonanza con la reclame della passata di pomodoro e il suo “o così o Pomì” è pressochè immediato. Un po’ come quello con l’arancione che fu il colore della campagna di Flavio Delbono.
Giovanni Carusone, candidato alla carica di consigliere comunale di Santa Maria Capua Vetere, per il Partito democratico lancia il suo ” il vostro voto…conSenso di responsabilità “.
Insomma finalmente si è trovato “un senso alla storia” di Bersani, anzi, il conSenso.
Giacinto Marra, detto Giangi ( e ci tiene tanto da scriverlo sui manifesti), presidente di “Azzurri italiani”, si candida a sindaco di Torino.
Il suo è “il partito nè di destra nè di sinistra, quello che rappresenta il movimento del non voto”. Per questo, visto che non votate e non siete nè di destra nè di sinistra, Giangi ci tiene a spiegarvi” non sbagliare fai centro”.
E se non vi avesse persuaso abbastanza Giangi vi offre un allettante invito: “Scopiamo?”. Come rifiutare? Per fortuna in piccolo spiega che vuol scopare la “via la vecchia politica”.
Ma tra centro e richiami al sesso sa tanto di vecchia.
Silvia Beltrami
(da “L’Espresso“)
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
UNA EX SCUOLA ELEMENTARE DI QUARTO OGGIARO ASSEGNATA ALLA SEDICENTE GUARDIA NAZIONALE PADANA….INSORGONO LE ASSOCIAZIONI DI QUARTIERI: “NON NE SAPEVAMO NULLA, CI HANNO TENUTO ALL’OSCURO DELLA GARA”…UN BANDO DI CUI NESSUNO HA SAPUTO NULLA PER FAVORIRE UNA ASSOCIAZIONE DI PADAGNI CHE SOFFRONO DI INSONNIA
Una scarna nota dell’ufficio stampa del Comune di Milano comunica che l’edificio di via Lessona 65, nel quartiere milanese di Quarto Oggiaro, è stato assegnato alla Guardia Nazionale Padana.
È una ex scuola elementare, da anni inutilizzata.
Chi scrive — passatemi per una volta un riferimento personale — nelle sue aule ha frequentato la quinta.
“Il bando di gara per l’assegnazione dell’immobile si è tenuto lo scorso novembre”, ci informa la nota.
“La destinazione si inserisce nell’ambito delle funzioni di protezione civile assegnate al Comune di Milano. L’Amministrazione ha sviluppato nel corso di questi ultimi anni numerose forme di collaborazione con soggetti pubblici e privati in grado di supportare le strutture comunali ed in particolare proprio la Protezione Civile. Lo stabile di via Amoretti, che si estende su circa 1000 metri quadrati, pur trovandosi in discrete condizioni necessita di una seria opera di manutenzione, si trova in una zona a rischio vandalismi e occupazioni abusive. Si è ritenuto che l’utilizzo dell’immobile da parte di un’associazione onlus quale la Guardia Nazionale Padana possa essere funzionale alle strategie di sviluppo sociale perseguite dall’amministrazione”.
Proviamo a interpretare il burocratese.
Il Comune, dopo aver lasciato nell’abbandono l’edificio per anni, ora non ha i soldi per ristrutturarlo.
Dunque lo affida a qualcuno che provvederà a sue spese, par di capire, salvando la ex scuola da vandalismi e possibili occupazioni abusive.
Chi provvederà è la Guardia Nazionale Padana, accostata, non si capisce bene come, a non meglio precisate “funzioni di protezione civile”.
Dovrà ristrutturare l’edificio, chissà con quali finanziamenti.
La onlus del Carroccio, dice il comunicato, ha vinto una gara che si è “tenuta lo scorso novembre”.
E qui le associazioni del quartiere insorgono: nessuno a Quarto Oggiaro sapeva della gara.
Non il Circolo Perini presieduto da Antonio Iosa, che da decenni sviluppa attività culturale nella zona.
Non Quarto Oggiaro Vivibile e i tanti altri gruppi attivi in questa porzione di Milano agli estremi confini nord della città .
Come è stata pubblicizzata, a novembre, questa gara?
Chi vi ha partecipato?
Chi ha giudicato le eventuali candidature proposte?
In base a quali criteri ha vinto la Guardia Nazionale Padana?
Che cosa ci farà in quell’edificio, come lo utilizzerà ?
La verità è che Letizia Moratti, non molto amata dalla Lega, si deve guadagnare il sostegno del Carroccio nella difficile campagna elettorale in corso.
Anche a costo di regalare una sede alla Guardia Nazionale Padana.
A farne le spese, questa volta, un quartiere da cui è passato un pezzo della storia di Milano.
Quarto Oggiaro nasce negli anni Sessanta come “quartiere dormitorio”, sorge per ospitare l’immigrazione dal Sud Italia (di quei “terroni” che sono stati i primi nemici della Lega, poi sostituiti dagli extracomunitari).
È un “quartiere operaio” all’inizio senza servizi (viene chiamato “Corea”, o “Barbon City”), ma è anche un esempio di quel riformismo ambrosiano ormai irrimediabilmente perduto che comunque riusciva in pochi anni a creare migliaia di nuovi alloggi e ad accogliere migliaia di “nuovi milanesi”.
Poi il quartiere vede il crescere delle lotte sociali, dei movimenti popolari e, insieme, di una piccola frangia di terroristi.
Infine, l’aumento del disagio sociale, il dilagare della droga, la silenziosa occupazione delle famiglie legate alla ‘ndrangheta.
Negli ultimi anni Quarto Oggiaro, anche per merito delle sue associazioni e dei suoi preti, ha intrapreso un orgoglioso cammino, rivendicando una sua buona “normalità ”, pur fra tanti problemi.
Ha bisogno di presenza dello Stato, di cultura e di luoghi d’aggregazione. Invece Letizia Moratti gli manda le Guardie Padane.
Gianni Barbacetto
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
VIAGGIO NEI COMUNI DOVE NELLA GESTIONE DELL’ACQUA C’E’ GIA’ LA PRESENZA DEGLI OPERATORI PRIVATI…NESSUN MIGLIORAMENTO DEL SERVIZIO E AD AREZZO AUMENTI DEL 57%
Gualdo Tadino si trova ai piedi dell’appennino umbro marchigiano.
Da queste parti l’acqua un tempo non si pagava nemmeno perchè c’è sempre stata in abbondanza. Pozzi dovunque.
Qui c’è la sorgente di una nota acqua minerale.
Ebbene qui – anche qui – l’acqua è diventata preziosa. E se dai tuoi rubinetti del terzo piano non sgorga perchè ha poca pressione e non riesce a salire, beh, ti paghi i nuovi tubi.
Seimila euro sono stati chiesti a un cittadino di Gualdo, che ora si è rivolto alle associazioni dei consumatori.
Avere l’acqua a casa non è più scontato.
Anche questa è la privatizzazione del servizio.
Privatizzazioni innanzitutto nelle logiche di gestione ancor prima che nelle proprietà .
Nella Umbria Acque, per esempio, il socio privato, controlla il 42%.
Ma – si è visto – non cambia nulla.
Ha inciso, un po’, per temperare l’inarrestabile ascesa delle tariffe: in dieci anni, dal 1998 al 2008 – riporta Antonio Massarutto nel suo “Privati dell’acqua”, appena uscito per il Mulino – sono aumentate del 47%.
E nel solo periodo 2005-2008 la spesa per il servizio idrico è cresciuta del 12%, circa il 4% in termini reali.
Una famiglia di tre persone spende in media 293 euro all’anno per l’acqua.
Di quella che si utilizza, perchè tanta se ne va persa in una rete idrica che è un vero colabrodo.
Circa il 37% dell’acqua immessa in rete non viene fatturata con punte fino al 70% in alcune aree del Mezzogiorno, lì dove la fornitura dell’acqua è anche un business per la mafia e le altre organizzazioni criminali.
In Calabria, per esempio.
Dove quasi il 45% della popolazione riceve un servizio a dir poco scadente.
E dove l’acqua, pur arrivando nelle case, viene chiusa dal gestore per morosità del Comune.
È accaduto all’inizio di marzo a Cinquefrondi, settemila anime nella piana di Gioia Tauro: per due giorni niente acqua. Rubinetti chiusi.
L’ha deciso la Sorical (società mista tra la Regione e i francesi della Veolia con il 46,5%) con la quale il Comune ha accumulato un debito di quasi un milione e 200 mila euro, pari a quattro anni di pagamenti arretrati.
Dopo tre decreti ingiuntivi, la società ha ridotto del 25% l’acqua erogata al cliente moroso, sostenendo la piena legittimità di questa decisione.
Il punto è che il paese si sviluppa in salita e, anche qui, il taglio ha fatto mancare la pressione nelle tubature.
Dai rubinetti nemmeno una goccia d’acqua, il sindaco ha dovuto ordinare la chiusura delle scuole per due giorni.
I cittadini, che pagano regolarmente le bollette, si sono infuriati.
Ma l’andazzo è questo. Dice Maurizio Del Re, amministratore delegato della Sorical: “È una cosa che stiamo facendo ormai da un po’ dove osserviamo che non solo il Comune non adempie al pagamento ma dall’altra parte richiede una quantità d’acqua abnorme”.
Insomma se non paghi ti staccano anche l’acqua, un tempo bene primario.
Accade al Sud ma anche al centro nord.
Da quando l’acqua è un servizio privatizzato che ha trasformato i cittadini in clienti-consumatori.
Senza che, però, ci sia un mercato, la concorrenza tra gli operatori, la possibilità di scegliere.
Racconta Sandro Peruzzi, presidente della Federconsumatori dell’Umbria, che ormai, un po’ dappertutto, quando devi spostare il contatore all’esterno della tua abitazione per consentirne la lettura al gestore, la ditta per eseguire i lavori “viene imposta” dalla società .
E ti impongono anche i prezzi. “In genere il doppio di quel che servirebbe”, chiosa Peruzzi.
Perchè l’acqua dei privati costa sempre di più.
A metà maggio è in arrivo la stangata per i cittadini-clienti dei 29 comuni campani nell’area sarnese-nolana-stabiese: incrementi sulla bolletta del 20%. C’è chi ha calcolato che da sei anni a questa parte gli aumenti delle tariffe siano stati nell’ordine del 300% senza che il servizio sia migliorato.
Ne sanno qualcosa nella zona di Arezzo che per prima ha sperimentato la privatizzazione: tariffe all’insù di quasi il 57%.
E sempre, al nord, al centro e al sud e nelle isole, ci sono i francesi – senza il clamore del caso-Parmalat – che hanno conquistato quote azionarie prestigiose: Suez, Veolia Water e Saur.
Gruppi potenti che hanno “imposto” il modello d’oltralpe.
Conclusione di Giuseppe Altamore in “Acqua spa” (Mondadori): “Il servizio idrico è ormai un’industria che produce utili i dividendi per grandi e piccoli azionisti. La metamorfosi da cittadino a cliente dei mercanti d’acqua è avvenuta”.
Pronto a restare a secco e anche in bolletta.
(ha collaborato Raffaella Cosentino)
Roberto Mania
(da “la Repubblica“)
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL PAPA PARLA E LA DESTRA ACCATTONA ANNUISCE E SE NE FREGA… SI FANNO IL SEGNO DELLA CROCE PER ABBINDOLARE UN ELETTORATO CHE VUOLE ESSERE A POSTO CON LA COSCIENZA PER POI FARSI GLI AFFARI PROPRI
Una cosa è parlare (o sparlare) di valori e un’altra è viverli nella quotidianità ; una cosa è sproloquiare di “Dio, patria e famiglia” e un’altra è declinarle seriamente, quelle parole, nel proprio impegno pubblico.
Una cosa è cercare di allisciarsi la Chiesa e un’altra è seguirne davvero i precetti.
Ecco, in sostanza, cosa insegna la vicenda dei nomadi a Roma.
Quel che è successo è una lezione di buona politica: l’occupazione pacifica della basilica di San Paolo da parte dei rom, sgomberati dal Comune da un campo abusivo a Casal Bruciato, ai margini della capitale, si è conclusa grazie all’intervento della chiesa.
I nuclei familiari, tra applausi e abbracci, si sono tutti ricongiunti,, sono usciti da un ingresso laterale della basilica e, a bordo di autobus, sono partiti per raggiungere il centro dalla Caritas.
«I rom che in questi giorni hanno trovato riparo nel chiostro della basilica saranno trasferiti presso una struttura di accoglienza in città », ha reso noto nel tardo pomeriggio l’ente assistenziale del vicariato di Roma sottolineando che nella sistemazione dei rom saranno rispettati i nuclei familiari.
Quasi contemporaneamente la sala stampa vaticana ha fatto conoscere i sentimenti di Benedetto XVI sulla vicenda.
Il Vaticano ha auspicato che la disponibilità della Caritas «preluda a una sistemazione stabile adeguata».
Non stiamo qui a discutere sul merito.
Quel che interessa è mettere in risalto la vuota retorica di una destra che, a corto d’idee e d’ideali, in piena crisi d’identità , cerca disperatamente di appoggiarsi a una qualsiasi autorità “altra”: che sia Berlusconi o la Chiesa poco importa.
Quel che importa è prendere la scorciatoia, dando in appalto il cervello e sacrificando i residui di autonomia intellettuale, di vera “autorità “.
Senza accorgersi delle infinite contraddizioni a cui si va incontro.
E così la destra alemannian-papalina si trova a tradire i valori fondamentali della Chiesa cattolica.
L’accoglienza? Chi se ne frega!
La solidarietà ? L’altruismo? Roba da comunisti.
Tutto gettato nel cestino in nome di un populismo disperato e perdente.
In nome di un’antipolitica degna del peggior estremismo di destra.
Ascoltano le parole del papa, dicono.
Eccole, le parole del papa: «Ogni scelta politica sia ispirata dal rispetto per la persona umana. Bisogna accogliere con solidarietà profughi e rifugiati che, in questi giorni, arrivano dall’Africa. A loro arrivi la solidarietà di tutti; gli uomini di buona volontà siano illuminati ad aprire il cuore all’accoglienza, affinchè in modo solidale e concertato si possa venire incontro alle necessità impellenti di tanti fratelli».
Il papa parla, la destra valoriale annuisce e se ne frega.
Quel che è successo a Roma dimostra quanto sia bugiarda e ipocrita la propaganda di chi si fa il segno della croce solo per nascondere la propria anima nera, di chi parla di valori solo per abbindolare – così credono – un elettorato che vuole sentirsi a posto con la coscienza e poi farsi, amabilmente, i fatti propri.
(da “Il Futurista”)
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
NESSUNO IN EUROPA E’ IN GRADO DI RACCOGLIERE OLTRE LA META’ DELLA QUOTA DI MERCATO….L’OCSE CHIEDE ALL’ANTITRUST DI “VALUTARE IL GRADO DI COMPETITIVITA’ NEI MEDIA”…IL TETTO DELLA PUBBLICITA’ IN RAI E’ DEL 12%, PER MEDIASET IL 18% (E SI VORREBBE PORTARLA AL 20%)
“Il settore televisivo resta dominato da società statali e da una società privata”. Parola dell’Ocse che nel rapporto Going for Growth ha dedicato particolare attenzione alla situazione italiana, raccomandando all’Antitrust di “valutare il grado di competitività nei media tv”.
Una competitività difficile da immaginare: nel 2010 il 63% dei 3,8 miliardi spesi per la pubblicità in tv è finito nelle casse di Mediaset.
La Rai si è accontentata del 23% e agli altri solo le briciole: il 6% per Sky e il 3,7% per La7.
Ma se per gli ultimi due i numeri rispecchiano anche l’audience, per i big la situazione è diversa.
Lo scorso anno lo share medio di Viale Mazzini, per l’intera giornata, è arrivato al 41,3%, per il gruppo della famiglia Berlusconi si è fermato al 37,6%.
Certo a Mediaset interessa il target commerciale (15-64 anni), ma anche in questo caso lo share non supera il 40%.
Come a dire che per gli investitori l’indice di ascolto non è un parametro così rilevante, merito forse dell’abilità dei venditori di Publitalia, ma anche delle norme che fissano al 12% del tempo di trasmissione il tetto per la pubblicità in Rai, un limite che per Mediaset sale 18%.
Un’asticella che il governo potrebbe portare anche al 20%.
Di certo, già oggi, nessun Paese europeo ha una situazione simile.
Secondo Screen Digest, in Spagna, Telecinco raccoglie il 33% della pubblicità seguita da Antena 3 che arriva al 27%; in Gran Bretagna ITV ha il 45% del mercato e Channel Four il 23%; in Germania Prosieben arriva al 43%, tallonata da Rtl al 41%; in Francia Tf1 è leader con il 49% degli investimenti, mentre M6 si accontenta del 23%.
Insomma in nessun Paese del Vecchio Continente c’è qualcuno in grado di raccogliere più della metà della spesa in televisione.
E mentre in Europa l’avvento del digitale terrestre ha spostato l’allocazione delle risorse dalle reti tradizionali, in Italia la raccolta dei nuovi canali sottrae risorse ai media tradizionali, quotidiani e periodici su tutti.
E intanto l’Antitrust ha deciso di allargare a tutti i media la sua indagine conoscitiva del settore della raccolta pubblicitaria.
Una proposta approvata con il voto favorevole dei consiglieri dell’authority in area di centrodestra perchè in un paniere più ampio (da 3,8 a 7,7 miliardi) il peso di Mediaset sarà diluito.
Resta tuttavia evidente che il mercato pubblicitario italiano abbia due padroni assoluti.
Da un lato Mediaset, dall’altro la televisione che nel 2010 ha raccolto il 49,3% dei 7,7 miliardi investiti.
“Colpa dell’abbassamento dei listini tv – dice un addetto ai lavori – In Italia un passaggio televisivo costa poco più di una pagina di giornale. In Europa, invece, la situazione è molto più chiara e i media vengono scelti in base al target da raggiungere”.
E i risultati si vedono.
Più piccolo del nostro c’è solo il mercato spagnolo che vale 5,6 miliardi ed è quello che più assomiglia all’Italia: la tv pesa il 42,3%, quotidiani e periodici il 27,3% e internet per il 13,8%.
Ma la vera gallina d’oro degli spot è la Germania che lo scorso anno ha speso 16,9 miliardi: il 23,6% in televisione, il 20% online e il 47,4% in quotidiani e periodici.
Che in Italia valgono appena il 25,5%
Giuliano Balestreri
(da “La Repubblica“)
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