Aprile 10th, 2011 Riccardo Fucile
ALLA CONFERENZA NAZIONALE DI GENERAZIONE FUTURO, A BARI, FINI IRONIZZA: “SE FOSSIMO COSI’ POCHI COME DICE IL PREMIER, PERCHE’ NON FA PASSARE GIORNO SENZA ATTACCARCI?”….”PERCHE’ BERLUSCONI NON HA SPESO UNA PAROLA PER I GIOVANI PRECARI E PARLA SOLO DEI SUOI PROCESSI? INFISCHIAMOCENE DI CHI CI COLLOCA A SINISTRA”…”SI TORNI ALLA POLITICA COME MISSIONE CIVILE”
“Qualcuno è tornato per paura nel gregge del Pdl, altri hanno un perenne mal di pancia: un dato di realtà che non deve in alcun modo preoccuparci”.
Così Gianfranco Fini chiude la prima conferenza nazionale di Generazione Futuro a Bari.
E per dimostrare che la politica non è soltanto “presunzione di essere rieletti, ma voglia di costruire a spese proprie un futuro migliore”.
E in questo appello non può che rivolgersi a chi a proprie spese ha raggiunto la Puglia.
I volontari, li chiama, che sono consapevoli dell’importanza di una nuova politica che parla dal basso.
In linea con la strada tracciata a Milano: difficile, impervia ma profondamente giusta.
“Se siamo così pochi- dice Fini- come mai Berlusconi è ossessionato da noi? Ma è possibile che se non contiamo nulla non perda spunto, tra le tante barzellette tristi che racconta, di dire che tutto quello che accade è colpa nostra?” E si chiede: “Come fanno alcuni vecchi amici a difendere ciò che ormai è l’indifendibile?”.
Soprattutto invita chi governa a gettare un occhio fuori dal palazzo, per rendersi conto delle emergenze in cui versa il Paese.
Perchè in questo Fli ha un’idea diversa dell’Italia, della politica con la P maiuscola.
A nulla serve restare con le braccia conserte, o perseguire “il garantismo peloso” che propone il premier.
Il garantismo vero, invece è quello per cui “mai più un innocente deve andare in galera, e non quello per cui mai più un colpevole deve essere condannato”. I diritti, rileva, si garantiscono quando si fanno le riforme.
Eccolo l’altro tema spinoso. Berlusconi negli ultimi dieci anni, ricorda Fini, è stato a Palazzo Chigi per otto.
Quindi non serve respingere responsabilità , quando poi, ad esempio, sotto il profilo delle tutele, la cassa integrazione occupa militarmente la società dove la “flessibilità ha fatto irruzione come un masso”.
E rivolto al premier gli imputa il fatto di non aver detto nemmeno una parola sui precari.
E sulle polemiche interne aggiunge: “La nostra è una traversata difficile. Alcuni sono tornati belanti dal Cavaliere”. E poi: “Infischiamocene di chi ci colloca a sinistra”.
Ma il perno del ragionamento di Fini è sulla dignità .
Senza la quale il paese non può offrire un’immagine gradevole si sè, sia al suo interno che fuori dai confini nazionali.
Una dignità che prescinde da una contrapposizione geografica fondata sul geolocalismo della Lega, perchè “in Italia c’è un nord e un sud, non c’è la Padania”.
E allora la politica sia una “missione civile”, una spinta per controbattere anche le più formidabili forze di potere.
Che premono, che spingono.
Ma che nulla possono contro un sogno chiamato politica.
L’unico che fa muovere i popoli.
argomento: Fini, Futuro e Libertà, Politica, radici e valori | Commenta »
Aprile 10th, 2011 Riccardo Fucile
DIETRO IL PRECARIATO E DENTRO LE INGIUSTIZIE: I DRAMMI UMANI DI TANTI GIOVANI SFRUTTATI CUI VIENE NEGATO IL FUTURO… CENTO COLLOQUI, TANTE TRUFFE: “LAVORI PER ANNI E VIENE CACCIATA IN UN SECONDO”… DOVE ANCHE IL DESIDERIO DI MATERNITA’ DEVE ESSERE CELATO
Katia trova la forza di sorridere, anche se sorride amarissimo, si guarda la pancia, al sesto mese.
Sorride di nuovo, ancora più amara, mentre si stringe al suo compagno (precario pure lui): “È una bimba. Avevamo in mente un altro nome. Ma dopo quello che è successo oggi, dovrò chiamarla… Precaria”.
Katia Scannavini ha 36 anni. È romana.
È laureata in Sociologia, ha anche un master e un diploma.
Ed è la persona che simbolicamente riassume meglio di tutte, nella sua storia, la follia della condizione giovanile, l’ingiustizia feroce e insostenibile di un paese bloccato.
Già , perchè Katia (non è uno scherzo) lavora a Italia Lavoro (l’agenzia del lavoro del ministero del Lavoro), area formazione.
O meglio: ci lavorava fino a ieri.
È “una professional” (loro dicono così) impiegata dal 2006 (rigorosamente “a progetto”, senza contratto di assunzione), teoricamente dedita ad aiutare i precari a trovare lavoro.
Il suo compito, infatti, era quello di studiare le strategie migliori perchè i centri per l’impiego potessero migliorare il proprio servizio.
Ma era precaria a sua volta, da cinque anni.
Ieri mattina le è arrivata una letterina che recita così:“Dopo la mail che lei ci ha scritto, viene meno il rapporto di fiducia tra lei e la nostra azienda”.
La mail che aveva inviato Katia era molto semplice.
Applicando l’articolato dell’ultimo collegato lavoro, aveva scritto all’Agenzia comunicando la sua posizione e la sua anzianità aziendale: “Non era l’annuncio di una causa, non mi passava per la mente. Solo una comunicazione, peraltro richiesta dalla legge, in cui ricordavo la mia anzianità e la mia posizione. La risposta è stata l’annuncio della cessazione del rapporto. Ovviamente ho pensato: tra 30 giorni sarebbero stati obbligati a mettermi in maternità . Questa lettera non è casuale”.
Le era stata preannunciata. “Non dal capo del personale che l’ha firmata. Perchè il dottor Danilo Mattoccia si rifiuta di ricevere i contrattisti dicendo che non può. Mi ha chiamato il mio superiore, in ufficio e mi ha detto: ‘Sono umanamente colpito da quello che sta accadendo. Mi dispiace — ha detto – non condivido, sei molto brava, ma cosa posso fare?”.
Non ha rancori, Katia: “È una persona perbene. Però nessuno si oppone, tutti se ne lavano le mani e così, come la mia, sono partite 40 lettere. Una inviata persino a un mio collega che è stato operato di tumore, ed è in una situazione terribile”.
Ma se devi scegliere, fra le tante che hanno sfilato ieri, una storia che completi quella di Katia, quella di Lucilla è perfetta: “Io non sono più una precaria, sono una sub precaria. Una precaria di serie B”.
Lucilla Calabria ha 38 anni. È nata in Puglia ma è cresciuta in Abruzzo, a Francavilla sul mare.
È laureata in Lingue, ne parla tre: inglese portoghese e spagnolo.
Ha lavorato per quattro anni a Liverpool. Poi è tornata in Italia. “Sai, in Inghilterra c’è l’idea che un lavoro è uoa scambio in cui tu offri una prestazione, e loro ti danno dei soldi che ti meriti. Qui sembra che ti facciano un regalo”.
Lucilla ha stabilito un piccolo primato: “Ho compiuto da poco cento colloqui di lavoro. Poi, ho ricevuto questa comunicazione: ‘Complimenti! Siamo lieti di informarla che lei ha superato la prova’”.
Ma subito dopo aggiungevano: “Purtroppo al momento non abbiamo posizioni aperte. Però lei resta nel nostro database’”.
In che senso ti consideri una sub precaria? “Adesso, guardando la mia data di nascita, mi chiedono sempre: ‘Ma non è che lei ha intenzione di fare dei figli?”.
E tu cosa rispondi? “La prima volta non ho avuto la forza di rispondere. Mi avevano troncato il fiato. Mi sono sentita ferita e umiliata, il discorso è finito lì”.
E da quella successiva? “Mi chiedevo se fosse giusto mentire. Poi ho capito che avevo diritto a fare qualsiasi cosa. Alla fine scelgo di prenderli per il culo”.
E dunque, “quando mi chiedono se voglio un figlio mi mordo la lingua e dico: ‘Non ci penso nemmeno. Sa, sono una che tiene solo alla carriera!’”.
Cento colloqui, cento truffe: “Quelli più belli non si contano. In uno mi chiedevano di propagandare un bidone, il mitico aspirapolvere Kirby. Il nostro compito era intortare le casalinghe. Alla fine dovevamo dire:’Lo sa che questa turbina è stata progettata dalla Nasa?’. Il formatore mi disse: ‘Diventerai ricca e famosa’. E’ una delle poche volte in cui me ne sono andata”.
Il sogno di Lucilla sarebbe fare la guida turistica: “Ci sono pure i corsi. Ma c’è la fregatura pure lì. Paghi 700 euro, ma non ti danno il tesserino. Le graduatorie sono bloccate da tre anni. Ti dicono: ‘Noi però ti diamo l’attestato’, e ti fanno capire che puoi provare ad esercitare abusivamente”.
Ma allora come campi?
“Sono tornata dai miei genitori. Faccio ripetizioni. Avrei voluto garantire la loro vecchiaia, e invece sono costretta a essere garantita dalla loro pensione”.
Luca Telese
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Costume, denuncia, economia, emergenza, governo, Lavoro, Politica, radici e valori | Commenta »
Aprile 10th, 2011 Riccardo Fucile
L’AUTORE DE “LA CASTA”: “OGNI GIORNO SI CHIEDONO SACRIFICI AI CITTADINI E QUESTI VOGLIONO RADDIOPPARSI LE ENTRATE?”…”IN TEMA DI OCCUPAZIONE, SIAMO 7 PUNTI SOTTO LA MEDIA EUROPEA, 9 SOTTO IL PORTOGALLO, 13 SOTTO GRAN BRETAGNA E GERMANIA: CHE PENSINO AGLI ITALIANI INVECE CHE AL PARTITO”
Altri soldi pubblici nelle tasche dei politici, e non pochi: l’onorevole Ugo Sposetti, storico tesoriere dei Ds e oggi deputato del Partito democratico, chiede che i rimborsi elettorali ai partiti passino da 160 milioni di euro a 345 milioni.
Per dare all’opposizione le munizioni che servono a battere Berlusconi, dice lui.
“In questo momento di crisi economica, è penoso che un politico chieda a chi sta già facendo sacrifici di trovare altri soldi per mantenere gli apparati dei partiti”, ribatte Gian Antonio Stella, editorialista del Corriere della Sera che, in coppia con il collega Sergio Rizzo, ha fornito i numeri per motivare l’indignazione popolare contro La Casta e sceneggiato il film Silvio forever?.
Stella, c’è bisogno di dare 185 milioni in più ai partiti?
Oltre a essere esorbitante, questa richiesta arriva in un contesto in cui l’Italia è ferma. Secondo l’Eurostat la nostra occupazione è al 57,5%: ben 7 punti sotto la media dell’Unione europea. Siamo 9 punti sotto il Portogallo, 13 sotto Regno Unito e Germania, 14 sotto l’Austria. E alla gente viene chiesto ogni giorno di fare sacrifici.
E quindi?
Credo che Sposetti non abbia messo in conto la reazione delle persone normali. Chi vede e vive il Paese bloccato, e deve continuamente rinunciare a qualcosa, come può accettare che alla Casta vadano altre centinaia di milioni di euro?
Ma come vengono usati i soldi dei rimborsi?
Lo sa lei?
Una parte mantiene in vita le Fondazioni, in teoria centri di ricerca, in pratica correnti di partito.
Ergo, le fondazioni sono la scusa per procurare nuovi soldi ai partiti.
Per Sposetti, però, senza questi soldi l’opposizione non può competere con l’impero economico del premier.
È davvero convinto, Sposetti, che Berlusconi vinca solo grazie ai suoi soldi? Magari fosse così! Perchè allora il magnate Ross Perot ha perso per due volte quando si è candidato alle presidenziali americane? Come mai tanti altri miliardari, in politica, falliscono? E soprattutto, come si spiega che Berlusconi le elezioni le ha anche perse? Nel 1996 e nel 2008 il Cavaliere aveva le stesse televisioni, strapotere, miliardi di euro che ha oggi.
Berlusconi si deve preoccupare se il Pd ha più risorse?
Secondo me questa legge potrebbe passare proprio con i voti del Pdl. Anzi, essendo che il Pdl prende più voti del Pd, incasserebbe pure più rimborsi.
Però, dice Sposetti, se i soldi sono pubblici c’è più trasparenza e democrazia.
Infatti non sono pregiudizialmente contrario al finanziamento pubblico, altrimenti in politica resterebbero solo Berlusconi e Carlo De Benedetti. In tutti i Paesi democratici si aiutano i partiti. Però qui non fanno i conti con la recessione: in Spagna ci sono 575 parlamentari, circa la metà rispetto a noi. Avevano previsto di spendere 136 milioni per il 2009. Appena è arrivata la crisi, alla fine del 2008, hanno tagliato immediatamente i fondi già stanziati fino a 119 milioni. Ecco un segnale di serietà , non come le sforbiciatine italiane.
Il Pd dice che si ispira al “modello tedesco”.
Non è così, anche in Italia vengono dati soldi pure ai gruppi parlamentari e ai parlamenti regionali. Quanto al finanziamento pubblico, il referendum lo ha abolito nel 1993. Errore? Può darsi. Ma i rimborsi elettorali concessi oggi bastano e avanzano. Quello di Sposetti è un discorso penoso.
L’anno scorso erano tutti d’accordo su un taglio dei soldi ai partiti. Cos’è cambiato?
Non credo che questa proposta di legge sia condivisa da tutta l’opposizione. Ho l’impressione che Sposetti si muova per proprio conto, o di quella fetta del Pd che si riconosce nei vecchi Ds, nel giro di Massimo D’Alema, che è il suo referente.
I teorici del partito “pesante”.
Sì, l’opposto del partito “Eta Beta” di Giuliano Amato o di quello leggero che immagina Berlusconi. Sposetti pensa a un partito diffuso sul territorio, pronto a montare gazebo, a organizzare feste, a movimentare la passione politica sul territorio, soprattutto al Nord. Ma queste caratteristiche oggi le ha la Lega, che dubito abbia più risorse economiche del Pd. Però ha i volontari. È ridicolo pensare che il Pd non riesca a coinvolgere militanti quanto il Carroccio perchè non ha soldi. Che vuol fare, comprare la passione della gente?
Beatrice Borromeo
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Costume, denuncia, economia, elezioni, emergenza, governo, la casta, PD, PdL, Politica, radici e valori, sprechi | Commenta »
Aprile 10th, 2011 Riccardo Fucile
ENNESIMA PROPOSTA DI LEGGE BIPARTISAN: “PIU’ SOLDI ALLA POLITICA”… PRIMO FIRMATARIO IL TESORIERE DEL PD, UGO SPOSETTI, MA HANNO GIA’ ADERITO 58 DEPUTATI DI TUTTI I PARTITI…SI PASSEREBBE DA 160 MILIONI DI EURO A 365 MILIONI
Rimborso elettorale a tutti i partiti che superano la soglia dell’1 per cento in qualsiasi tipo di elezione, 185 milioni l’anno per le fondazioni culturali legate alle forze politiche.
Si parla molto di denaro nella proposta di legge che regolamenta la vita dei partiti presentata alla Camera da Ugo Sposetti, tesoriere dei Democratici di sinistra.
Sposetti, oggi deputato del Pd, è famoso per le sue polemiche, per aver ripianato il debito che fu del Pci-Pds, per non avere timore di sostenere, a dispetto dell’opinione corrente, che la montagna di soldi drenata dalla politica è ancora troppo piccola.
Sposetti ha messo al sicuro il prezioso patrimonio immobiliare che fu del movimento operaio italiano creando una cinquantina di fondazioni in tutta Italia.
Quella principale ha appena organizzato a Roma una mostra di grande successo per i 90 anni del Pci che diventerà itinerante.
Martedì, nella commissione Affari costituzionali di Montecitorio, comincia l’esame della legge scritta da Sposetti ma sottoscritta da 58 deputati bipartisan.
Quando si tratta di finanziamenti nessun partito si tira indietro.
L’obiettivo principale del provvedimento è attuare, 63 anni dopo, l’articolo 49 della Costituzione, che prevede la libera associazione in partiti.
Il testo dà forma giuridica alle forze politiche, ne tutela il simbolo, comprende l’obbligo di primarie per la formazione delle liste elettorali, stabilisce le regole di democrazia interna e offre una cornice alle fondazioni politico-culturali.
«I partiti possono esistere anche senza democrazia. Ma non esiste una democrazia senza partiti», dice Sposetti.
Da sempre allergico alle formule “leggere” e “liquide” come il Pd prima maniera.
Ma il punto destinato a creare polemiche è quello sui finanziamenti. Il tesoriere dei Ds si è ispirato al modello tedesco.
Lì partiti e fondazioni assorbono 467 milioni l’anno, con una popolazione di 81 milioni.
In Italia quindi (60 milioni di abitanti) ai 160 milioni annui di rimborsi elettorali si possono aggiungere 185 milioni per le associazioni culturali, sulla base anche dell’attività svolta.
Iniziative, corsi, formazione, messe a disposizione di organizzazioni radicate e solide.
Fanno 345 milioni di euro l’anno.
Una cifra enorme che Sposetti giustifica così: «Dire troppi soldi ai partiti significa tagliare i soldi ai partiti. E ci teniamo per altri 20 anni l’imprenditore miliardario Berlusconi».
Ma che vada ogni partito si mantiene i propri portaborse, insomma.
Ma questo non lo dicono.
argomento: Berlusconi, Bersani, Bossi, Costume, denuncia, elezioni, governo, LegaNord, Parlamento, PD, PdL | Commenta »
Aprile 10th, 2011 Riccardo Fucile
MANIPOLA FATTI ED EVENTI PER MOSTRARSI SEMPRE VITTIMA DI UN’AGGRESSIONE….MOSTRA DISPREZZO DELLA LEGGE, RIFIUTO DELLE REGOLE, CONFONDE PUBBLICO E PRIVATO, PENSANDO SOLO A SE STESSO E AL SUO PATRIMONIO, NON AL PAESE… E COL CONTROLLO DEI MEDIA OTTIENE CONSENSO E IMPUNITA’
Berlusconi mente con costante insolenza.
È una consuetudine che da sempre sollecita molte attenzioni per afferrarne le ragioni, per così dire, costitutive. Per dirne una.
C’è chi vede, in quella coazione a mentire, l’archetipo del Bambino come se alloggiasse nell’inconscio del Cavaliere una personalità che “ragiona” in base al principio di piacere e non al principio di realtà .
Lungo questa via è suggestiva l’interpretazione di chi avvista Berlusconi afflitto da “pseudologia phantastica”.
«Una forma di isteria caratterizzata dalla particolare capacità di prestar fede alle proprie bugie. Di solito succede – scrive Carl G. Jung – che simili individui abbiano per qualche tempo uno strepitoso successo e che siano perciò socialmente pericolosi».
Sono accostamenti utili e intriganti, ma rischiano di annebbiare quel che è semplice e chiaro da tempo: se l’imbroglione è, come si legge nei dizionari, «una persona che ricorre al raggiro come espediente abituale», Berlusconi è innanzitutto un imbroglione.
È un imbroglio, un abituale inganno l’ultimo flusso verbale del capo del governo – che come sempre parla soltanto di se stesso, soltanto del suo prezioso portafoglio, soltanto dei complotti che gli impedirebbero di governare e arricchirsi.
Berlusconi manipola fatti, eventi e contingenze della sua storia di imprenditore e di politico per mostrarsi vittima di un’aggressione, nell’una come nell’altra avventura.
Deve farlo, il Cavaliere, poverino. Non solo per una fantasia di potenza adolescenziale (anche per quello), ma (soprattutto) per la consapevole accortezza di dover nascondere il catastrofico fallimento della sua leadership e i sistemi che ne hanno fatto un uomo di successo.
Dice il Cavaliere: «Mi trattano come se fossi Al Capone».
Il fatto è che Berlusconi, con Al Capone, condivide il rifiuto delle regole, il disprezzo della legge, l’avidità , una capacità di immaginazione delirante. Come Al Capone testimonia simbolicamente la crisi di legalità negli Stati Uniti degli Anni Venti, Berlusconi rappresenta – ne è il simbolo – l’Italia corrotta degli Anni Ottanta e Novanta, la crisi strutturale della sfera pubblica che ancora oggi, nonostante Tangentopoli, comprime il futuro del Paese. Berlusconi è tutt’uno con quella storia e senza amnistie, riforme del codice (falso in bilancio) e della procedura (prescrizione) preparate dai suoi governi, egli sarebbe considerato un “delinquente abituale”.
Scorriamo i reati che gli sono stati contestati nei dodici processi che ha subito finora.
La fortuna del premier è il risultato di evasione fiscale; falso in bilancio; manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio; corruzione della politica (che gli confeziona leggi ad hoc); della polizia tributaria (che non vede i suoi conti taroccati); dei giudici (che decidono dei suoi processi); dei testimoni (che lo salvano dalle condanne).
Senza il dominio nell’informazione e il controllo pieno dei “dispositivi della risonanza”, sarebbe chiaro a tutti come la chiave del successo di Berlusconi la si debba cercare nel malaffare, nell’illegalità , nel pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il figlio più longevo.
Deve farlo dimenticare e deve mentire per tenere in vita la mitologia dell’homo faber e il teorema vittimistico.
È quel che fa per nascondere il passato e salvare il suo futuro.
Confondendo come sempre privato e pubblico, Berlusconi ora denuncia anche un assalto al suo patrimonio, la sola cosa che ha davvero a cuore.
Si lamenta: «Contro di me tentano anche un attacco patrimoniale: a Milano c’è un giudice, di cui potrei dire molto, che ha formulato un risarcimento di 750 milioni per la tessera numero 1 del Pd, De Benedetti, per un lodo a cui la Mondadori fu costretta. È una rapina a mano armata».
Si sa come sono andate le cose. La Cassazione dice colpevoli il giudice Vittorio Metta e gli avvocati Cesare Previti, Attilio Pacifico, Giovanni Acampora (assistono la Fininvest nella guerra di Segrate): hanno barattato la sentenza del 1991 sul cosiddetto “Lodo Mondadori” che, a vantaggio di Berlusconi, ha sottratto illegalmente la proprietà della casa editrice a De Benedetti (editore di questo giornale).
Sono i soldi della Fininvest che corrompono il giudice, ma Silvio Berlusconi si salva per una miracolosa prescrizione.
Per il suo alto incarico (nel 2001 è capo del governo) gli vanno riconosciute – sostengono i giudici – le attenuanti generiche e quindi la prescrizione e non come sarebbe stato più coerente, proprio per le sue pubbliche responsabilità , le aggravanti e quindi la condanna insieme agli uomini che, nel suo interesse, truccarono il gioco.
«Corresponsabile della vicenda corruttiva», il Cavaliere con Fininvest deve ora risarcire – come ha deciso la Cassazione – i danni morali e patrimoniali quantificati in primo grado in 750 milioni di euro.
Troppo o troppo poco, lo dirà il giudice dell’appello che deciderà degli interessi di due privati e non, come vuole far credere l’Imbroglione, di due fazioni politiche.
È altro quel che qui conta ripetere, una volta di più semmai ce ne fosse bisogno.
Come dimostra il tentativo di gettare nel calderone delle polemiche anche un suo affare privato, dietro la guerra scatenata dal capo del governo contro la magistratura ci sono soltanto gli interessi personali del premier.
Null’altro. Riforma costituzionale, riforma della giustizia, asservimento del pubblico ministero al potere politico, che oggi paralizzano la vita pubblica del Paese, sono soltanto gli espedienti ricattatori di Berlusconi per ottenere un salvacondotto che lo liberi dal suo passato illegale, da una storia fabbricata, oggi come ieri, con l’imbroglio
Giuseppe D’Avanzo
(da “La Repubblica“)
argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, economia, emergenza, governo, la casta, Parlamento, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Aprile 10th, 2011 Riccardo Fucile
FOGLI D’ORDINE CHE VANNO CONTROFIRMATI E VELINE DI REGIME NELLA REDAZIONE DEL GIORNALE DIVENTATO DELLA “GNAZIO EDITORE”… SCHEDATI I VISITATORI PER ORDINE LARUSSIANO, MA UN NUOVO DIRETTORE NON RIESCONO A TROVARLO… LA LETTERA DI FLAVIA PERINA
Caro direttore, le scrivo perchè le performance dei Galeazzo Musolesi della ex An credo meritino una pubblica riflessione sulla evoluzione della cultura politica della destra italiana (quella rimasta fedele al Cavaliere). Da sedici anni gli “ex impresentabili” rivendicano orgogliosi la svolta del ’94, quando i lavacri di Fiuggi e lo sdoganamento da parte di Silvio Berlusconi li avrebbero finalmente mostrati al Paese nella giusta luce: una comunità di patrioti, democratici da sempre nonostante lo stereotipo violento cucitogli addosso, con una storia controversa ma perbene, sopravvissuta alla temperie del Novecento grazie a dirittura morale, coraggio, assoluta lealtà reciproca.
La favola si è infranta nello spettacolo visto alla Camera nell’ultima settimana, quando sono stati proprio loro, gli “sdoganati”, Ignazio La Russa e Massimo Corsaro, a mostrare che sotto gli abiti di sartoria quel mondo è rimasto lì, alla vecchia San Babila, tra il mito ridicolo ma vagamente inquietante del santo manganello e lo scaciato populismo in camicia nera dei loro anni ’70.
Ma c’è una piccola storia, la storia del mio “ex giornale”, il Secolo d’Italia, che illumina la verità meglio delle intemperanze in diretta tv cui tutta l’Italia ha assistito.
Dunque, da dieci giorni sono stata cacciata.
E di questo si è già parlato abbastanza.
Nulla si è detto invece delle modalità con cui la “’Gnazio editore”, come l’ha chiamata Stefano Di Michele, assieme alle sue brigate d’assalto sta governando il giornale dopo esserselo preso con un blitz amministrativo.
Le disposizioni arrivano per iscritto, con fogli d’ordine recapitati da segretarie o fattorini.
Bisogna controfirmarle, per fornire la prova che siano state ricevute e recepite.
Il primo e principale dei dispacci ha fissato la regolamentazione degli accessi in redazione: conoscenti, parenti, collaboratori, colleghi, devono identificarsi all’entrata.
Il loro nome viene trascritto su un apposito registro.
L’ingresso deve essere autorizzato dal direttore responsabile Luciano Lanna (che ovviamente si è rifiutato di svolgere mansioni da questurino) oppure dall’Amministrazione, entità evocata con la maiuscola come le mitiche Istanze Superiori degli anni delle Br o il Grande Fratello di orwelliana memoria.
La schedatura degli ospiti viene quotidianamente trasmessa alla medesima Amministrazione.
Non solo: il consiglio di amministrazione insediato con la scusa di una “gestione più pluralista”, fin dalla prima settimana ha delegato ogni suo ruolo e compito a una persona che neanche ne fa parte, il signor Giordano, fedelissimo di Ignazio La Russa e per suo conto tra i Garanti della Fondazione ex-An.
Un uomo solo al comando della normalizzazione…
Quella che era una libera comunità di giornalisti, intellettuali, amici, gente della cultura o della politica — come può testimoniare il collega Luca Telese, tante volte ospite da noi durante la chiusura delle pagine — è diventata una versione sfigata della Fortezza Bastiani.
Il “nemico” dietro le colline sono, immagino, i Tartari finiani di cui si deve esorcizzare l’invisibile ma incombente presenza per spianare la strada a un’altra creatura fantastica: il Nuovo Direttore.
Non l’hanno ancora trovato.
E non me ne sorprendo: anche la vecchia becerodestra aveva lo stesso problema, tantochè nella cinquantennale storia del giornale si contano solo due “esterni” approdati alla guida dell’organo di partito, Alberto Giovannini (formidabile ma a fine carriera, arrivò nel 1982 e morì nel 1984) e Giano Accame (assunto in una breve parentesi di rinnovamento).
L’elenco dei giornalisti contattati e lusingati per prendere il mio posto è lunghissimo: Torriero, Dell’Orefice, Giuli (Antonella), Paradisi, un paio di nomi del Giornale, De Angelis, Malgieri, Buttafuoco.
Tutti hanno detto no, perchè un conto è essere amici dei sanbabilini e un conto è consegnare la propria immagine professionale a gente che — per restare nella metafora della celebre piazza milanese — passa la giornata davanti al bar a insultare i passanti e a mostrare i bicipiti sotto le magliette griffate.
E allora, la vicenda del Secolo spiega bene il punto.
C’è una destra impresentabile che non è cambiata mai.
È passata obtorto collo sotto le forche caudine di Fiuggi, si è acconciata a raccontarsi democratica e civile per esigenze di mercato, ha cambiato barbiere e sarto, ma non si è mai culturalmente evoluta e dopo la cacciata di Gianfranco
Fini è tornata a essere se stessa probabilmente con un sospiro di sollievo.
Non deve più fingere di seguire il leader che ha imposto Fiuggi e l’adesione ai valori del popolarismo europeo, non deve più nemmeno preoccuparsi di sembrare “normale”, ma può riconciliarsi con la sua natura peggiore sotto lo sguardo benevolo di Silvio Berlusconi che ha bisogno esattamente di questo: qualcuno che presidi la nicchia elettorale della retorica postmissina, il ciarpame dell’anticomunismo fuori tempo massimo, i “miti della razza e degli odi di partito”, come cantava Guccini negli anni ’80.
Scrisse una volta Pietrangelo Buttafuoco che “se non ci fosse stato Berlusconi la destra sarebbe diventata oscena, una di quelle pagliaccesche parodie come se ne possono trovare nel mondo: xenofobia, isteria sociale, razzismo, islamofobia”. Oggi scopriamo che la verità è l’esatto opposto.
Sotto la guida del Cavaliere, un re Mida all’incontrario, gli ex colonnelli “escono al naturale”, quasi che si volessero definitivamente adeguare allo stereotipo descritto da un loro amico politico, Camillo Langone, sul Foglio di qualche mese fa: “Una genia di umanoidi”,“protagonisti dei limacciosi anni di piombo”, “rottami della storia”, “color nero di seppia, o fogna”.
“Solo Berlusconi, umanamente troppo buono e politicamente troppo smanioso di vincere, poteva farsi carico di voialtri”, concludeva Langone.
Col senno di oggi, direi che ci aveva visto lungo.
E l’unico, vero, dispiacere è per quel giornale, per il “mio” Secolo (ne sono ancora socia per l’un per cento), con il quale abbiamo appassionatamente cercato di mettere in luce “l’altra faccia” della destra, finito in balia di queste sgangherate Sturmtruppen che pensano di governare le idee con i Telegrammen del Kolonnellen.
Flavia Perina
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, governo, la casta, PdL, Politica, radici e valori, Stampa | 1 Commento »
Aprile 10th, 2011 Riccardo Fucile
MASI, DOPO FERRARA, PIAZZA UN ALTRO BERLUSCONES A CONDURRE A GIUGNO UN PROGRAMMA DI CUI NON SI CONOSCE NEANCHE COME SARA’… SI SA SOLO CHE, PER UN SOLO MESE, SGARBI GUADAGNERA’ IL DOPPIO DI QUANTO SANTORO E FLORIS INCASSANO IN UN ANNO E CINQUE VOLTE LO STIPENDIO DI PARAGONE E DELLA ANNUNZIATA
Per un critico d’arte scegliere un nome è il compito più difficile.
Vittorio Sgarbi cambia ogni giorno titolo al suo programma per il debutto in Rai:
Il mio canto libero, Il bene e il male, Capra e cavoli.
Sul contratto e i costi di produzione, l’arte si fa da parte, e la cifra è tonda: cinque serate su Raiuno, otto milioni di euro.
Per scongiurare lunghe riflessioni e ripensamenti, il direttore generale Masi ha offerto a Sgarbi un accordo in esclusiva di un milione di euro, spalmato in cinque comode rate: 200 mila euro a puntata.
Masi con i suoi preferiti è un dirigente premuroso e sbrigativo, un mecenate grondante di soldi pubblici.
Impose a Vieni via con me di ospitare gratis Roberto Benigni.
Obbliga Vauro e Marco Travaglio a lavorare gratis ad Annozero.
Roba vecchia.
Per l’appalto esterno con la società di Bibì Ballandi, incaricata di costruire la trasmissione di Sgarbi, viale Mazzini spende 2,350 milioni di euro, un pelino sotto i 2,5 per evitare il fastidioso voto in Consiglio di amministrazione.
E maniche larghe ovunque: 3,150 milioni di euro per i costi di rete, più 1,5 milioni per la produzione.
Totale (Sgarbi compreso): 8 milioni di euro, 1,6 a serata.
E per cosa?
Per un programma misterioso che slitta nel palinsesto perchè a maggio, il mese indicato, cadono le elezioni amministrative: Sgarbi, versione sindaco di Salemi, viola la par condicio .
Nessun problema, le regole in Rai mica valgono per tutti.
Masi è flessibile: prima scrive nelle sue amate circolari che i nuovi contratti vanno sforbiciati del 20 per cento, poi ingaggia Giuliano Ferrara con un sontuoso triennale e temporeggia sui rinnovi di mezza (e odiata) Raitre, Fabio Fazio, Giovanni Floris, Milena Gabanelli e Serena Dandini.
E fa pure una pernacchia ai dipendenti: piano industriale di lacrime e sangue, e dunque niente aumenti.
Così per settembre Raitre sarà in bilico: Che tempo che fa, Parla con me, Ballarò, Report.
Masi è un direttore generale che tutti danno in uscita, ma con i piedi saldamente dentro.
L’ultima partita per normalizzare viale Mazzini la gioca da solo, chi ha i contratti in scadenza deve passare nel suo ufficio, almeno un paio di volte, per poi sentirsi rimandato, richiamato , tenuto in sospeso.
Masi mostra la sua efficienza per Ferrara, un triennale firmato all’istante (senza nemmeno avvisare il Cda) oppure per Sgarbi, invocato per fare il contraddittorio a Marco Travaglio ad Annozero e precettato a novembre per creare un Vieni via con me in salsa berlusconiana.
Una salsa talmente forte che Oliviero Toscani, già assessore a Salemi, lasciò il gruppo dell’ex ministro senza convenevoli: “Non presto il fianco al Cavaliere”.
La Rai investe al buio 8 milioni di euro per una trasmissione che nessuno conosce, che potrebbe esordire a giugno per una concorrenza balneare con Mediaset.
Per salvare il sindaco di Salemi dal duello pubblicitario – il famoso periodo di garanzia — e farlo gareggiare con la terza replica dei Cesaroni.
Mai viale Mazzini ha svuotato le casse per il palinsesto estivo, il fuori stagione televisivo.
Provi a chiedere a Ballandì quando andrà in onda? Risposta, mercoledì 18.
Ri(provi) con la Rai? Anticipano di un paio di mercoledì.
E autori, ospiti, argomenti? Chissà .
L’idea di Sgarbi fu estemporanea, ispirata a Vieni via con me: “Io sarò l’anti-Saviano . Adesso prepariamo il numero zero. L’importante è che vada in onda — disse a novembre – in prima serata per avere una risonanza tale da rispondere ai dibattiti suscitati da Fazio”.
Il prototipo è proprio lo speciale-evento di Raitre.
Aspettando un confronto di ascolti, Sgarbi stravince il paragone dei costi: lo scrittore di Gomorra guadagnava 50 mila euro a serata (lui 4 volte di più), Vieni via con me con una media del 29 per cento di share legittimava i 500 mila euro a puntata (lui 3 volte in più).
Non serve spulciare troppo i conti dei programmi sgraditi al governo, Sgarbi casca sempre male: Annozero, 194 mila euro a puntata; Ballarò, 110 mila; Report, 139 mila.
E tutti registrano ascolti che fanno incassare pubblicità all’azienda.
L’ingaggio di Sgarbi (un mese!) è il doppio di quanto prendono in un anno Michele Santoro e Floris.
Cinque volte lo stipendio di Gianluigi Paragone e Lucia Annunziata, per non parlare della Gabanelli.
E via con moltiplicazioni e divisioni.
Non pretendete che un critico d’arte sappia maneggiare i numeri: “Quelle di Berlusconi sono amanti, non escort”.
Carlo Tecce
(da”Il Fatto quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, elezioni, governo, la casta, PdL, Politica, radici e valori, RAI, televisione | Commenta »
Aprile 10th, 2011 Riccardo Fucile
“BERLUSCONI MI HA CHIAMATA TRE MINUTI FA. GLI HO DETTO CHE NEGLI INTERROGATORI COI PM HO NASCOSTO TANTISSIME COSE”… “GLI HO DETTO ANCHE: RICORDATI LA PROMESSA. E LUI: OGNI PROMESSA L’HO MANTENUTA, HAI AVUTO MODO DI VEDERLE”
Il canovaccio era già stato scritto. Da mesi.
È la stessa Ruby-Karima, in una conversazione del 7 ottobre scorso, depositata per intero solo un mese fa, messa a disposizione dei legali del premier dalla procura milanese, a svelarlo.
Parole premonitrici riguardo a come la difesa di Berlusconi ha reagito all’indagine milanese, a come si è incanalato il processo per concussione e prostituzione minorile a carico del Cavaliere, senza una parte lesa.
È al suo fidanzato Luca Risso che Ruby svela il percorso che le è stato indicato.
Le date sono importanti, e bisogna tornare indietro di alcuni mesi.
La notizia dell’inchiesta sulle feste del bunga bunga viene pubblicata il 26 ottobre.
Da agosto, però, Silvio Berlusconi è già al corrente dell’attività dei pm sul “rilascio” dalla questura di Milano della giovane marocchina, assidua frequentatrice delle serate di Arcore.
Il premier sa anche che la ragazza è stata interrogata dai pm.
Alle 19 e 31 del 7 ottobre Ruby racconta che il premier “mi ha chiamato proprio tre minuti fa”. Berlusconi sa “che ho detto tante cose”.
La ragazza giura di averlo tranquillizzato e di essere stata molto reticente con i pm. Di cose, “ne ho nascoste tantissime”.
L’entourage del presidente del Consiglio è perfettamente conscio che, prima o poi, lo scandalo finirà sui giornali.
E così sembra non farsi cogliere impreparato.
“Se ho fatto quello che ho fatto – così Ruby riporta le frasi che Berlusconi le ha riferito pochi istanti prima – volevo sapere se quello che hai detto era semplicemente per te, non per me, perchè di situazioni così ne ho avute tantissime e ne sono uscito sempre intoccabile”.
Secondo il resoconto di Ruby, il premier era preoccupato soprattutto per lei, “”È la stessa storia” mi fa, “del fatto di volerti mettere un altro nome, perchè volevo che tu non venissi mai messa in cattiva luce o come una che si prostituisce per me, come può pensarla la gente”.
Berlusconi detta la linea che dovranno seguire insieme.
La via di fuga è già tracciata: “Con l’aiuto di Giuliante (Luca, tesoriere del Pdl in Lombardia e primo legale di Ruby, ndr) e di altri avvocati che poi metterò io… “.
Il meccanismo sembra essere già stato utilizzato.
Secondo Ruby, il premier, lo scorso 7 ottobre scorso, al telefono le avrebbe aggiunto che “di gente che spara cazzate su di me ce ne stanno tante e di smentire e pagare persone per mentire cioè, c’ho la capacità di farlo, anche perchè come mi chiami Gesù, Gesù può fare tutto”.
Ruby sembra avere un’unica preoccupazione, che avrebbe manifestato al presidente: “L’importante è che tu mantieni la promessa.
E lui mi fa: “io ogni promessa che ho fatto con te l’ho sempre mantenuta e hai avuto modo di vederle””.
Quale?
Si riferisce forse a quei 5 milioni di euro che la minorenne marocchina appunta sul suo diario?
Nella trascrizione della telefonata, non c’è scritto.
Ruby aggiunge solo che il presidente, subito dopo, le chiede “se è andata a prendere, mmm… le cose che ti ho lasciato da Spinelli (il contabile personale del Cavaliere, ndr)”.
Ruby al suo fidanzato riferisce di aver risposto al premier che “la situazione al momento è troppo critica, cioè, non so se sono controllata o meno, però Lele (Mora, ndr) si era incazzato ieri che ero andata a Milano, e la stessa cosa anche il Giuliante che mi ha chiamato e m’ha detto di evitare di andare a Milano”.
Anche di fronte a questa difficoltà , al pericolo di essere controllata dagli investigatori della procura di Milano, Ruby viene rasserenata dal Cavaliere.
E continua così nel suo “resoconto” al telefono: “Mi fa: “guarda, se riesci a stringere i denti fino al primo di novembre sarà la miglior cosa…. piuttosto che andarti a chiudere di nuovo e avere mille difficoltà e altri interrogatori da cui non puoi uscire”.
Io gli ho detto: vabbeh, farò così”.
Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)
argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, Giustizia, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Aprile 10th, 2011 Riccardo Fucile
I 26 CANTONI VANNO OGGI ALLE URNE PER RINNOVARE PARLAMENTI ED ESECUTIVI LOCALI…IL PARTITO DI GIULIANO BIGNASCA SI PRESENTA CHIEDENDO DI RICACCIARE INDIETRO I FRONTALIERI PADANI… CHI VUOLE CACCIARE I TUNISINI, CHI I PADANI
Nord che vai, Lega che trovi.
E la Lega dei Ticinesi, omologo svizzero del Carroccio, non ammette sconti per i padani, “cugini” ma anche un po’ “terroni”.
Oggi i ventisei Cantoni elvetici andranno alle urne per rinnovare il parlamento e l’esecutivo locali, e il partito di Giuliano Bignasca, il pittoresco “Bossi di Lugano”, si presenta agli elettori con slogan che sembrano rubati al Senatur: “Via gli italiani dalla Svizzera”, per esempio.
Da settimane, nel mirino di Bignasca, e del suo rappresentante nel parlamento di Berna, Norman Gobbi, ci sono i 45 mila frontalieri, quegli italiani di Sondrio, Como, Varese e Verbania con un impiego nel Ticino, accusati di rubare il lavoro agli autoctoni e di costare decine di milioni l’anno in rimborsi di tasse diretti a Roma.
Così, mentre Bossi chiede di mandare “fà¶ra da i ball” i tunisini, non lontano da Gemonio c’è chi vorrebbe ricacciare indietro proprio i “padani”.
I malumori dei ticinesi risalgono a oltre trent’anni fa.
Era il 1974, quando un accordo bilaterale tra il governo svizzero e quello italiano regolava per la prima volta i cosiddetti “ristorni”, la percentuale di tasse, versate in Svizzera dai lavoratori italiani, che i tre cantoni di confine (Ticino, Grigioni e Vallone) da allora restituiscono a Roma perchè questa giri la somma a Comuni, Province e Comunità montane di frontiera.
Tocca poi agli enti locali destinare questo tesoretto ai servizi pubblici, dalla sanità ai trasporti.
Ora, contro la quota – il 38,8 per cento – dei ristorni fissata in quell’accordo lontano, si sono scagliati sia il leghista ticinese Gobbi, sia – a sorpresa – i moderati del Partito popolare democratico.
Segno che le istanze leghiste hanno fatto breccia anche al centro.
A marzo, il Ppd ha fatto approvare all’unanimità dal Gran Consiglio uscente un impegno affinchè il parlamento cantonale chieda a Berna di abbassare i ristorni al 12,5 per cento, equiparandoli a quelli destinati all’Austria, e di introdurre il principio di reciprocità : anche l’Italia, cioè, dovrebbe rimborsare parte delle tasse incassate dai frontalieri svizzeri (una pattuglia ben più esigua degli italiani).
La stessa proposta è stata presentata da Gobbi al parlamento centrale, ma, per ora, è stata bocciata dai vertici del Dipartimento delle finanze federali.
Il dibattito, però, è ormai aperto, e difficilmente sarà archiviato in breve.
Il che allarma gli amministratori italiani di frontiera.
Dice Mario Della Peruta, da trentadue anni sindaco di Cremenaga, 810 anime in provincia di Varese: “Qui otto abitanti su dieci lavorano in Svizzera. Dopo la soppressione dell’Ici sulla prima casa, il nostro bilancio si regge quasi esclusivamente sui ristorni: non possiamo permetterci di perdere quelle somme”.
Neanche Marco Zacchera, primo cittadino di Verbania e deputato Pdl, sottovaluta la questione.
Anzi, il parlamentare ha chiesto pochi giorni fa ai ministri Tremonti e Frattini di “avviare immediatamente contatti con i vertici della Confederazione elvetica per evitare che ciascun cantone si attivi in ordine sparso penalizzando ulteriormente i lavoratori italiani”.
Intanto, gli slogan e i manifesti anti-frontalieri, in Ticino, restano al livello di guardia.
La Lega è passata nel 2007 dal 16 al 25 per cento, diventando il secondo partito locale dietro al Partito liberale radicale.
E il leghista Marco Borradori è stato il candidato più votato di tutto il Cantone.
Ad alimentare l’astio contro gli italiani pensano, però, anche gli estremisti dell’Udc (niente a che vedere con i centristi italiani).
Di recente, il loro leader Pierre Rusconi, ideatore della campagna pubblicitaria che a ottobre raffigurava gli italiani come ratti, ha commentato uno studio dell’Istituto ricerche economiche (Ire) dell’Università svizzera, che dimostrerebbe come gli italiani non rubino il lavoro ai ticinesi, con queste parole: “Mi piacerebbe sapere quanti frontalieri lavorano all’Ire. Magari sono gli stessi che hanno fatto la statistica”.
Rusconi ha poi aggiunto che la piazza finanziaria ticinese starebbe diventando troppo “brianzola”.
Insomma, hai voglia a fare il leghista duro e puro: ci sarà sempre qualcuno più a nord di te…
Paolo Casicci
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Bossi, Costume, elezioni, Esteri, Europa, Lavoro, Politica | 1 Commento »