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I PENDAGLI DA FORCA CHE ESULTANO PER LA MORTE IN MARE DEGLI IMMIGRATI

Aprile 7th, 2011 Riccardo Fucile

QUESTI I COMMENTI DI NUMEROSI LETTORI DE “IL GIORNALE”: “PECCATO IN TROPPI SONO RIMASTI VIVI”… “48 SUPERSTITI? TROPPI. LA PROSSIMA VOLTA BISOGNA FARE MEGLIO”… “SPERIAMO NON SE NE TROVINO ALTRI IN VITA”… NEL REGNO DELLO STERCO VINCE L’IDEOLOGIA DEL CULO FLACCIDO

I lettori del Giornale si augurano più morti.
Un contenitore di no, di “crepassero”, di “non ne possiamo più”.
“Speriamo non se ne trovino altri in vita”, si leggeva nei commenti sul sito del Giornale di famiglia.
Senza contare che è andata in scena una vera e propria tragedia del mare e di vite che adesso non ci sono più, tra dispersi e morti certificati, inghiottiti dal mare.
Ma quel pubblico di quel quotidiano invoca altra tragedia, altro sangue, altre morti.
“Peccato, troppi sono vivi”, oppure, “si è ribaltato un barcone……e chi se ne frega!!! Dovrebbero ribaltarsi tutti i barconi che vengono sulle nostre coste, così avremmo finito di fare patti con i paesi nord africani che poi non rispettano, senza bisogno di sborsare un’Euro”.
“Se facessimo come Malta , e puntassimo contro i loro barconi i cannoni , vuoi vedere che andrebbe la Boccassini a riprenderli !!” .
Passando per il “non me ne frega nulla, se fossero restati al paesello, sarebbero vivi.”
Ma non è finita: “Voglio dare un’applauso al mare e al vento che sono i veri italiani. Però 48 superstiti. Troppi. Bisogna fare meglio la prossima volta se tentano ancora”.
“Sono veramente demoralizzato per il numero così alto di superstiti. Speriamo non se ne trovino altri in vita”.
Un elenco di frasi, pardon, di non pensieri.
Che, verrebbe da pensare con malignità , avrebbero potuto trovare ospitalità  solo lì.
La direzione, alla fine, li ha cancellati.
Il berlusconismo e il leghismo,   ormai è   chiaro, non hanno nulla da spartire con la destra, il conservatorismo, per non parlare del liberismo, rappresentano solo un tumore maligno.
In questi soggetti sono saltati tutti i freni inibitori, siamo già  dalle parti della patologia mentale conclamata.
Una patologia di gruppo, una malattia di popolo che sempre prospera e dilaga come una pandemia sotto determinate condizioni politiche.
Perchè infatti, ogni volta che un popolo si sente libero di esternare i peggiori sentimenti rettiliani di odio, razzismo ed insensibilità  che sfociano inevitabilmente della sociopatia da mancanza di empatia, senza provarne vergogna, è perchè c’è una classe dirigente che gli permette di farlo.
Che gli concede il brivido blu di essere carogna e delinquente come lei.
Quando il razzismo viene istituzionalizzato esso non è più un valore negativo ma positivo ed anche chi non era razzista lo diventa.
Nel regno dello sterco   dove solo il denaro e la fascinazione per il crimine sono valori, vige l’ideologia del Mio Culo .
Al Mio Culo, quindi anche al tuo che mi hai votato, tutto è permesso, anche ciò che fino a ieri era vietato perchè non esiste più legge, non esiste più etica, nè Stato, nè giustizia.
Il grande Culo Flaccido ti permette finalmente di essere carogna come hai sempre sognato.
Di venire fuori in tutta la tua cattiveria.
Niente da meravigliarsi quindi che questo popolo malato che non sappia più immedesimarsi in un disgraziato che muore affogato e ammiri tanto il vecchio trombaminorenni.
Forse avrà  qualcosa da ridire sul fatto che le minorenni in oggetto siano straniere e magari clandestine, ma per il resto è tutto ok.
Anche la pedofilia è sdoganata, “tutto è lecito a casa propria”.
Tutto è ammesso: anche che, mentre dei poveri bambini muoiano annegati per rincorrere il sogno di una vita decente, dei pendagli da forca continuino a vivere la loro esistenza di luridi vermi.
Senza offesa per i vermi.

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TUTTI AL LAVORO PER SALVARE IL PREMIER: PRESCRIZIONE CORTA, PROCESSO LUNGO

Aprile 7th, 2011 Riccardo Fucile

IL PREMIER VUOLE SCAPOLARE TUTTI I PROCESSI E STRINGE I TEMPI: RIPRESA LA DISCUSSIONE ALLA CAMERA MENTRE SI PARLA DI VOTO DI FIDUCIA….MA NAPOLITANO POTREBBE NON FIRMARE

Alla Camera il processo breve, al Senato il processo lunghissimo.
In aula a Montecitorio i lavori sono proseguiti fino a mezzanotte nel tentativo di “sfrondare” gli oltre duecento emendamenti presentati alla legge che accorcia i termini della prescrizione (e cancella il procedimento Mills che vede imputato il premier).
Intanto a Palazzo Madama, la commissione Giustizia ha approvato un emendamento presentato dal Pdl che allunga senza limiti il processo consentendo alla difesa di presentare infiniti elenchi di testimoni.
Dando così la possibilità  alla difesa di portare il procedimento fino all’inevitabile prescrizione.
Ma non è tutto.
L’emendamento prevede che una sentenza passata in giudicato non potrà  più considerarsi prova definitiva per il processo.
Quindi in quello Mills la condanna a carico dell’avvocato corrotto non può essere usata come prova a carico del premier imputato.
La strada al Senato sembra in discesa.
Ma gli occhi sono puntati su Montecitorio dove oggi è in corso la terza giornata consecutiva di battaglia per arrivare ad approvare il processo breve con il combinato disposto della prescrizione breve per gli incensurati.
I tempi sono contingentati, è probabile che il voto definitivo possa slittare a martedì prossimo ma si saprà  solo oggi pomeriggio.
Silvio Berlusconi ha infatti convocato un Consiglio dei ministri di poco più di un’ora: dalle 13.30 alle 15, così da permettere ai ministri di essere presenti in aula a dare battaglia su ogni singolo emendamento.
Anche perchè, come mostrato chiaramente martedì sul conflitto di attribuzione, tutti i componenti dell’esecutivo sono indispensabili al momento del voto: i 330 deputati di cui parla il Cavaliere sono ancora un traguardo lontano.
E l’opposizione conferma di voler proseguire l’ostruzionismo attuato negli ultimi giorni.
L’azione congiunta della maggioranza nei due rami del Parlamento (processo breve alla Camera e lungo al Senato) è “chiaramente ad personam e va contrastata politicamente con ogni mezzo”, annuncia Roberto Rao, capogruppo Udc in commissione giustizia.
“La pessima novità  di giornata è rappresentata dall’emendamento Mugnai che è stato inserito all’ultimo momento al Senato nel provvedimento fortemente voluto dalla Lega e dalla collega Lussana sull’inapplicabilità  del giudizio abbreviato per i reati puniti con l’ergastolo. Chiedo alla Lega se è complice o vittima di questa strategia, fortemente criticata anche dal Csm, che per cercare di risolvere i problemi di Berlusconi finirà  per negare la possibilità  di ottenere giustizia a decine di migliaia di cittadini a causa della prescrizione”.
Anche Idv e Pd hanno garantito ostruzionismo: “Useremo ogni virgola del regolamento per fermare le leggi ad personam”.
Visti da Palazzo Grazioli, i lavori dell’aula si annunciano complessi.
E se ieri Berlusconi non si è presentato a Montecitorio, oggi potrebbe vedersi costretto a mostrarsi ai suoi. Ma dopo le tre. Dopo il consiglio dei ministri, che durerà  il tempo di una decisione: porre la fiducia o no sul passaggio in aula del processo breve.
Anche a costo di sfidare Giorgio Napolitano.
ll Capo dello Stato è più volte intervenuto nelle ultime settimane, ma il premier non sembra preoccuparsene.
O, almeno, non quanto dei tribunali italiani.
Ma quando ieri il Presidente della Repubblica da L’Aquila dichiara che per fermare il processo breve “faccio quello che posso” e il Csm bolla il testo della norma come “amnistia sostanziale”, il Cavaliere è costretto a chiamare a raccolta i suoi, Ghedini e Alfano in testa, per chiedere di blindare la legge a prova di Quirinale.
Perchè poi Napolitano la legge deve firmarla.
E potrebbe tenerla ferma un mese. Così i tempi si allungherebbero e il processo Mills ha udienze fissate fino a luglio e c’è il rischio che possa arrivare a sentenza.
«Non preoccuparti, presidente, la prescrizione non rischia, Napolitano firmerà » cercano di tranquillarlo i fedelissimi.
L’ombra però resta, pur esorcizzata.
Tant’è che, nel giro stretto del premier, c’è chi fornisce una lettura inedita dell’improvviso rispuntare del processo lungo.
La vulgata sostiene che prescrizione breve e processo lungo «si terrebbero». Si accorcia la prima e con il secondo si rende il dibattimento incontenibile fino a “morire” di prescrizione.
Ma chi parla con Alfano e Ghedini la legge diversamente. Consiglia di riflettete su cosa succederebbe se Napolitano dovesse frenare sul testo della prescrizione breve.
È accaduto per il processo breve perchè avrebbe chiuso all’improvviso centinaia di processi, può rifarlo adesso.
Potrebbe chiedere che non si applichi ai processi in corso, anche se per la natura della norma sarebbe impossibile.
L’unica via d’uscita per raggiungere ugualmente la fine del dibattimento Mills, che può far condannare Berlusconi per il reato di corruzione, sarebbe quella di allungare il processo e farlo arrivare alla prescrizione “naturalmente”. L’emendamento Mugnai del Senato serve a questo, la difesa può citare tutti i testi che vuole e produrre le prove che vuole, il giudice “deve” accettare, il pm non può introdurre i risultati di un altro processo ormai confermato nel suo esito dalla Cassazione.
A pennello per il caso Mills.
La farsa continua.

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L’ULTIMA BALLA DI BERLUSCONI: L’ACQUISTO DELLA VILLA A LAMPEDUSA

Aprile 7th, 2011 Riccardo Fucile

MENTRE GHEDINI IERI CONFERMAVA LA VOLONTA’ DI ACQUISTO, BERLUSCONI LO SMENTIVA: “NON POSSO PIU’ COMPRARLA PERCHE’ E’ SU UN TERRENO DEMANIALE”… A STRETTO GIRO, I PROPRIETARI RISPONDONO SECCATI: “MA CHE TERRENO DEMANIALE, SE HA CAMBIATO IDEA BASTAVA DIRLO”

Ho comprato, comprerò, non compro più.
Ecco come trasformare una tragedia in una farsa in tre mosse.
Silvio Berlusconi, nel giorno in cui si dovrebbe parlare solo dei 250 uomini annegati tra i flutti e dei bambini scomparsi nel mare forza 6, riesce a monopolizzare l’attenzione con il suo tormentone immobiliare.
“Voglio diventare lampedusano e quindi mi sono attaccato ieri notte a Internet e ho comprato una villa bellissima a Cala Francese”, così il Cavaliere aveva sancito con il cemento il 30 marzo il suo patto d’onore con gli isolani.
Quell’acquisto, già  stipulato, era per tutti la sua prova d’amore eterno nei confronti dell’isola che “al primo consiglio dei ministri sarà  candidata al Nobel per la Pace”.
Incassato il risultato mediatico, il premier si era guardato bene dal far seguire alle parole i fatti.
Eppure, a parte qualche piccolo articolo sui giornali, non ne aveva pagato lo scotto mediatico.
Fin quando martedì sera a “Ballarò”, l’ex direttore del “Corriere della Sera” Paolo Mieli ha svelato il bluff del Cavaliere: “Conosco il proprietario di quella villa che è una delle più belle di Lampedusa e so per certo che non è stata acquistata da Silvio Berlusconi, è una bugia”.
Immediata nel pomeriggio di ieri è arrivata la reazione indignata dei difensori del Cavaliere contro “l’accusa inconsistente” di Mieli.
“Già  la settimana scorsa — ha detto indignato il deputato-avvocato del Pdl e del premier Niccolò Ghedini — si è raggiunto un accordo con la proprietà , che afferma di non aver mai parlato con il dottor Mieli, per l’acquisto fissando definitivamente il prezzo.   Ovviamente — aggiungeva come se fosse un cavillo insignificante Ghedini — l’acquisto è stato subordinato ai consueti accertamenti burocratici che obbligatoriamente debbono svolgersi prima dell’acquisto di qualsiasi immobile.Tra i legali delle parti e il notaio già  incaricato per il rogito, sono intercorsi in questi giorni continui contatti con numerosi scambi di mail e documenti, facilmente riscontrabili, che comprovano la totale inconsistenza della grave accusa del dr. Mieli, guarda caso subito fatta propria dall’on. Veltroni”.
Dopo l’intervento di Mieli, infatti, Walter Veltroni aveva preso la parola per dire che “se non è vero quello che ha detto il presidente del Consiglio di fronte a tante persone che soffrono, Berlusconi dovrebbe fare quello che si fa in un paese civile, ossia un passo indietro. Se è vero che ha ingannato i cittadini dovrebbe risponderne”.
Per Ghedini l’unico ingannatore di questa storia era proprio Veltroni, perchè l’acquisto sarebbe stato imminente: “È ovvio quindi che il passaggio di proprietà  si perfezionerà  all’esito, certamente breve, delle verifiche di legge, ma la volontà  delle parti è assolutamente chiara e univoca”.
Ovvio. Chiaro. Univoco. Breve.
Passano un paio di ore e gli aggettivi perentori di Ghedini si sgonfiano di fronte alla volontà  vera del premier.
Ai governatori delle Regioni che erano andati a Palazzo Chigi per parlare dei problemi degli immigrati, il premier dice esattamente l’opposto di quanto Ghedini (evidentemente non informato dal suo principale sulla nuova exit strategy) aveva appena dichiarato: “Non posso più comprare la villa di Lampedusa che avevo visto su Internet” perchè, sostiene il premier, “è su un terreno demaniale”.
Che qualcosa non stesse andando per il verso giusto si capiva dai discorsi della mattina in Transatlantico.
Quando i deputati del centrodestra dicevano ai cronisti che la villa non era stata acquistata per problemi di “ipoteche” accumulate sulla casa dal venditore.
Basta fare una verifica alla conservatoria per scoprire che le cose non stanno così e che, evidentemente, il centrodestra, da Ghedini in giù, era impegnato come un sol uomo nella titanica impresa di trovare una scusa plausibile per l’indecorosa ritirata.
I proprietari di Villa due palme, infatti, sono tre: Pietro e Caterina De Stefani e Luca Pirri Ardizzone, che l’hanno ereditata nel 2007 dopo la morte della signora Silvia Vita, madre dei De Stefani e zia di Pirri Ardizzone.
Sulla villa pende solo un’ipoteca della Gerit per un debito fiscale di 5 mila euro.
E Pietro De Stefani smonta punto per punto la versione del presidente del consiglio: “La villa non sorge su terreno demaniale. Come tutte le case di Lampedusa che sorgono sul mare presenta alcuni vincoli ma la questione era ben chiara agli avvocati. Alle 17 di ieri i miei legali e quelli di Berlusconi erano in contatto. Eravamo rimasti d’accordo”, prosegue sconsolato De Stefani, “che avremmo fatto richiesta al comune per risolvere il problema. Come ha dichiarato anche Ghedini alla stampa. Poi all’improvviso”, continua De Stefani sempre più sorpreso, “Berlusconi se ne è uscito con questa dichiarazione in cui sostiene che non comprerà  perchè il terreno è del Demanio.Ma non è vero niente. Anche la storia dell’ipoteca è una stupidaggine. Sulla villa c’è solo una piccola ipoteca per un debito che nemmeno ricordavamo per una piccola tassa. È ridicolo pensare che Berlusconi si sia fatto spaventare dall’ipoteca della Gerit. Sono deluso. Evidentemente ha cambiato idea ma bastava dirlo”.

Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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SCOPERTO IL BLUFF DI MARONI: I PERMESSI TEMPORANEI VALGONO SOLO PER L’ITALIA, I TUNISINI RIMARRANNO TUTTI QUA

Aprile 7th, 2011 Riccardo Fucile

E’ UNA SANATORIA MASCHERATA, UN “LIBERI TUTTI”: I PERMESSI DI SOGGIORNO TEMPORANEI NON VALGONO NELLA UE, A MENO DI FUTURI ACCORDI BILATERALI TRA I PAESI MEMBRI…IN PRATICA NESSUNO POTRA’ RAGGIUNGERE LA FRANCIA O LA GERMANIA COME VORREBBERO MOLTI TUNISINI… ALLA FINE NON SERVIRANNO NEANCHE LE TENDOPOLI: FALLIMENTO LEGHISTA

Una sanatoria mascherata.
Un lasciapassare per il territorio nazionale, che varrà  poco alle frontiere di Schengen.
Eccolo il giallo del permesso di soggiorno temporaneo: pensato per aprire a oltre 23mila immigrati le porte dell’Europa, potrebbe rivelarsi carta straccia fuori dall’Italia.
Così, a meno di futuri accordi bilaterali o interventi europei, la scelta del governo rischia di tradursi solo in un nuova regolarizzazione.
Quanto all’accordo con Tunisi, Umberto Bossi sbotta: «Siamo costretti a fidarci della Tunisia».
Il decreto sui permessi temporanei dovrebbe essere firmato oggi e accordato ai 23mila immigrati (non solo tunisini) arrivati in Italia dal primo gennaio scorso al 7 aprile, ad esclusione di chi ha precedenti penali o procedimenti d’espulsione alle spalle.
Il ministro dell’Interno ha assicurato ieri ai governatori delle Regioni che i permessi (che saranno elettronici) varranno in tutta l’area Schengen per tre mesi, aggiungendo che lunedì illustrerà  il decreto a Bruxelles e chiederà  l’applicazione della direttiva 55 del 2001.
La solita balla fel governo.
«Il permesso – confida una fonte qualificata del Viminale – è in verità  solo un lasciapassare per l’Italia. Consentirà  di liberare le tendopoli, senza assistere ancora a fughe di massa, ma non sarà  valido per l’espatrio».
Insomma, in vista del vertice Berlusconi-Sarkozy del 26 aprile, «la concessione del permesso potrebbe servire come strumento di pressione per un accordo bilaterale».
L’articolo 20 della Bossi-Fini prevede «misure di protezione temporanea per rilevanti esigenze umanitarie».
È una norma in bianco: la durata del permesso è decisa discrezionalmente dal Governo.
«Alla scadenza – spiega Marco Paggi dell’Associazione di studi giuridici sull’immigrazione – l’immigrato torna in situazione di irregolarità , ma il Governo può decidere di prorogarlo o convertirlo in un permesso di lavoro».
Il permesso permetterebbe la libera circolazione solo sul territorio nazionale: «A meno di accordi bilaterali o decisioni del Consiglio europeo, il documento non dovrebbe essere valido per l’espatrio».
Gli stessi francesi non nascondono i loro dubbi, visto che – come scrive il quotidiano Le Monde – «vogliono esaminare la conformità  al codice Schengen» del permesso temporaneo.
Ma è dal fronte europeo che potrebbe arrivare la soluzione: la commissaria agli affari Interni, Cecila Malmstrom, si dice pronta a proporre la direttiva 55 del 2001.
Per attivare questo meccanismo di protezione – che viene concesso agli «sfollati provenienti da Paesi terzi» e che consente loro di circolare tra Stati membri – è necessario che la Commissione presenti la proposta al Consiglio Ue, che deve poi approvarla a maggioranza qualificata.
Una maggioranza che in questo momento, a quanto sostengono fonti della Commissione, non c’è.
E mentre l’Europarlamento chiede anche una procedura unica di permesso di soggiorno per i rifugiati in tutti gli Stati; il leader della Lega, Umberto Bossi, torna sulle promesse strappate a Tunisi da Maroni: «Siamo costretti a fidarci della Tunisia. Spero che mantengano la parola».
Poche ore fa il ministro Maroni non ha avuto migliore fortuna alla Camera: aveva appena finito il suo intervento quando Pierfelice Zazzera, deputato dell’Idv, espone un cartello con la scritta «Maroni assassino”.
E si scatena la solita bagarre.

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A SCILIPOTI HANNO PIGNORATO PURE I RIMBORSI ELETTORALI: CHE “IRRESPONSABILE” IL COMPAGNO DI MERENDE DI SILVIO

Aprile 7th, 2011 Riccardo Fucile

L’EX DEPUTATO IDV DEVE 233.000 EURO ALL’ ING. RECUPERO (PER DEI PROGETTI MAI PAGATI) CHE ORA PER RECUPERARLI HA NOTIFICATO IL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI…TRA QUALCHE TEMPO A SCILIPOTI PORTERANNO VIA PURE LA SCRIVANIA: POCO MALE, L’IMPORTANTE E’ CONSERVARE LA POLTRONA

Adesso ad Antonio Di Pietro toccherà  pure pagare i debiti nientemeno che di Domenico Scilipoti, inteso Mimmo, l’ex deputato Idv che ha tradito Tonino per passare nelle file dei Responsabili, la terza gamba del governo.
La notizia la riporta la Gazzetta del Sud di ieri, che racconta di un’iniziativa giudiziaria di Carmelo Recupero, un ingegnere a cui Scilipoti deve del denaro per dei progetti mai pagati.
Recupero un paio di mesi fa ha notificato ai danni del deputato responsabile un atto di precetto per 223 mila euro e dopo ha notificato presso terzi l’atto di pignoramento per circa 333 mila euro.
E tra questi terzi c’è proprio l’Italia dei Valori e cioè il suo rappresentante legale Antonio Di Pietro.
Certo l’ex pm non dovrà  pagare di tasca sua.
Recupero infatti intende ottenere parte del suo credito, rivalendosi sui rimborsi elettorali che toccherebbero a Scilipoti, come eletto Idv.
Spese di segreterie comprese.
“Purtroppo non sono pignorabili le indennità  di Scilipoti”, recrimina con il giornalista Leonardo Orlando l’ingegnere Recupero.
Intanto il nostro apostolo della     medicina alternativa, tra un debito e l’altro, è impegnatissimo su più fronti.
Negli ultimi giorni ha persino presentato un nuovo giornale che si chiama, nomen omen, La Responsabilità .
La nuova testata affronterà  i temi per cui Scilipoti sarebbe disposto a dare anche la vita, quali il “paradigma olistico” e “l’anatocismo bancario”.
Nell’editoriale è spiegato anche il motivo per cui ha abbandonato l’Idv: “Per salvare la democrazia, per non trasformare una pur seria malattia economica in un’epidemia mortale, per iniziare a risollevare le sorti dell’economia, per dare sicurezza al popolo”.
Un salvatore della patria piccolo piccolo.
Naturalmente nella nuova tinta dello Scilipoti pensiero, sfoggiata al congresso del neonato movimento “I responsabili” in quel di Acicastello in provincia di Catania, non poteva mancare un riferimento ai giudici: “I giudici che condannarono Enzo Tortora sono ai vertici della magistratura. È legittimo     che chi sbaglia guadagni posti in classifica e chi lavora bene sia retrocesso?”.
Ferrea logica da bar dello sport.
Non resta che attendere l’esecuzione forzatadel pignoramento anche della scrivania del Gruppo dei Responsabili.
Poco male, in fondo a loro basta conservare la poltrona.

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LA SCELTA DI RUBY DI NON CHIEDERE DANNI, BERLUSCONI LE DISSE: “TI DO I SOLDI CHE VUOI, MA NASCONDI TUTTO”

Aprile 7th, 2011 Riccardo Fucile

IL PATTO TRA KARIMA E IL PREMIER E QUELLA MONTAGNA DI EURO… PER LA RAGAZZA, IL PREMIER E’ LA GALLINA DALLE UOVA D’ORO: 187.000 EURO INCASSATI, 5 MILIONI DI EURO PROMESSI

Karima El Mahroug, in arte Ruby Rubacuori, non è una vittima di Silvio Berlusconi, ma della stampa.
Di tutta la stampa del mondo.
Ecco perchè ieri non ha chiesto di costituirsi parte civile in apertura del processo al presidente del Consiglio per concussione e prostituzione minorile.
La spiegazione del suo avvocato, Paola Boccardi, al termini dell’udienza lampo, sembra voler smontare una delle accuse all’imputato: “Karima ritiene di non aver subito alcun danno nè per essere andata ad Arcore nè per aver frequentato il premier”, costituirsi parte civile “contrasta con quello che ha sempre detto, cioè di non essere mai stata oggetto di atti sessuali da parte del presidente del Consiglio. Ha sempre affermato di non essersi ma prostituita, mentre questo processo dà  per scontato che si sia concessa dietro pagamento”.
Poi l’attacco ai giornalisti: “Per lei il danno è stato mediatico perchè è stata additata in tutto il mondo come prostituta”.
La decisione di Ruby potrebbe stupire. Ma basta rispolverare le carte dell’inchiesta e tenere a mente alcune circostanze, ed ecco che la scelta si comprende: Berlusconi per la ragazza è la gallina dalle uova d’oro.
Il 3 agosto 2010 durante la deposizione di fronte al pm Antonio Sangermano, Ruby parla di soldi avuti dal premier, anche se nega di aver fatto sesso con lui: “La somma complessiva ricevuta da Berlusconi tra febbraio e maggio 2010 è di circa 187 mila euro, oltre ai regali. Somme di cui una parte ho consegnato a mia madre personalmente andando in Sicilia, per circa 40 mila euro, mentre le parte restante l’ho spesa in vario modo”.
All’ex amica Katia Pasquino, Ruby pochi giorni fa ha offerto un risarcimento in cambio del ritiro della denuncia per furto.
Denuncia ritirata e chiesti 50 mila euro.
Pasquino è nella lista testimoni dell’accusa. Ai pm ha dichiarato: “A suo dire è stata spesso a casa del premier, dove ha cenato, ballato e fatto sesso con lui, il quale le dava molto denaro”.
La sera in cui Ruby finì in questura, ad avvertire Berlusconi fu la prostituta Michelle, che ieri ad Exit lancia un messaggio a Berlusconi e si auto accusa: “Alla Boccassini non ho detto tutto, ho negato. Sono riuscita a imbrogliarla, ma io so tutto”.
Le “celle” telefoniche rivelano che Ruby è stata ad Arcore in sette occasioni, alcune per più notti, tra il 14 febbraio e il 2 maggio.
Intercettata, racconta: “Lui mi ha chiamato dicendomi: Ruby, ti do quanti soldi vuoi, ti pago, ti metto tutto in oro, ma l’importante è che nascondi tutto…”
Il 19 gennaio al programma Kalispèra di Alfonso Signorini, in onda su Canale 5, Karima racconta dei suoi rapporti difficili con il padre, della violenza sessuale subita dagli zii.
Ma al settimanale Oggi aveva detto di essere arrivata a Milano, dalla Sicilia, ancora vergine.
Le lacrime televisive sembrano l’attuazione di ciò che l’ambiente di Berlusconi (a partire dall’avvocato Luca Giuliante) le aveva chiesto di fare: negare tutto. Registrata mentre parla con suo padre, il 26 ottobre 2010, dice: “Sono con l’avvocato… dobbiamo trovare una soluzione. Mi ha detto, gli ha detto Silvio: ‘Dille che la pagherò il prezzo che lei vuole, l’importante è che lei chiuda la bocca, ch neghi il tutto… che io non ho mai visto una ragazza che ha 17 anni o che non è mai venuta a casa mia”.
Parla anche l’agenda di Ruby, sequestrata dai pm nella sua casa di Genova. La ragazza sembra essere metodica nell’annotare gli incassi e quelli in sospeso.
Secondo i suoi appunti avrebbe avuto 170 mila euro da Giuseppe Spinelli, cassiere di Berlusconi e “70 mila conservati dall’avv Di Noia”, suo ex legale. Poi è indicata, in previsione, una somma da capogiro: “4 milioni e mezzo da Berlusconi fra due mesi”.
Una cifra molto vicina a quella menzionata in una telefonata a un suo amico: “Io ho parlato con Silvio e gli ho detto che ne voglio uscire con qualcosa: 5 milioni”.
E poi ci sono frequentazioni di Ruby che non possono non saltare all’occhio. Il 19 marzo scorso, per esempio, è stata vista a cena al ristorante Giannino di Milano con Lele Mora, accusato assieme a Emilio Fede e Nicole Minetti di averla indotta a prostituirsi con Berlusconi.
Ecco perchè la mancata costituzione di parte civile di Ruby Rubacuori non stupisce.
Affatto.

Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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CHI RIDE ALLE BARZELLETTE DEL PREMIER?

Aprile 7th, 2011 Riccardo Fucile

TUTTO E’ STATO DETTO SU SILVIO CHE RACCONTA BARZELLETTE, NULLA SU QUELLI CHE RIDONO… SONO SERVI? SONO A LIBRO PAGA? E SE FOSSE PEGGIO?

In pochi giorni Berlusconi si è esibito per due volte ben oltre la decenza delle sue solite storielle.
E ogni volta, colpiti dalla scurrilità  che è simpatia andata a male, dalla fuga nell’oscenità  persino mimata che è la cifra degli spettacoli prolungati oltre la fine, abbiamo pensato che peggio di lui ci sono quelli che ridono.
E ci sentiamo come Petrolini che reagiva così alla maleducazione di uno spettatore: “Non ce l’ho con lei, ma con quelli che le stanno accanto e non la buttano di sotto”.
A Lampedusa, per esempio, quando ha raccontato la barzelletta sulle italiane ha riso anche il presidente Lombardo che, bene o male, guida una giunta di centrosinistra.
E, due giorni dopo, indossavano la fascia tricolore tutti quei sindaci che hanno applaudito “la mela”.
Riguardando il filmato, non ce n’è uno che si mostri infelicemente rassegnato per quella degradazione istituzionale.
E’ vero che gli applausi tradiscono qualcosa di nervoso ma tutti i sindaci ostentano un’aria compiaciuta e divertita per il premier che mortifica i luoghi e i riti dello Stato.
Ovviamente sanno che la coprolalia non è compatibile con l’aula, con i ruoli e con la bandiera. Ma è proprio per questo che ridono.
Non per le battute da postribolo, ma per i toni da villano di osteria che declassano e offendono tutti quei simboli ai quali, faticosamente e insieme, siamo riusciti a ridare valore, a sinistra come a destra.
Eppure i sindaci del centrodestra sanno che queste non sono più le solite barzellette per distrarre gli italiani, ma sono i rumori grevi e le impudicizie della stagione ultima.
Lo sanno dai sondaggi e dagli umori interni, dalla depressione di Bondi, dalla paziente disperazione di Bonaiuti, dal disprezzo sibilato di Tremonti, dalla rassegnazione al martirio di Gianni Letta che – come ha detto in privato – teme “la passerella delle quarantatrè ragazze più dei pugnali di Cesare”; e ancora lo sanno dall’irascibilità  incongrua di La Russa, dalle donne in fuga dai letti del potere, dal disgusto certificato di Mantovano che è il solo ad essersi veramente dimesso (ma, si sa, è un magistrato), dalla sofferenza trattenuta della Carfagna e della Prestigiacomo, dall’impotenza comica del ministro degli Esteri, dal fastidio persino di Dell’Utri che ha confessato a un amico: “Due cose non deve fare un uomo: innamorarsi ed ubriacarsi. E Silvio si è innamorato e si è ubriacato di se stesso”.
E tuttavia quelli ridono.
Acclamano la barzelletta lunga e noiosa, approvano gioiosamente il turpiloquio.
E noi, che li vediamo nel filmato, ci sentiamo imbarazzati al posto loro, e non più perchè sappiamo che esistono un’altra comicità  e un’altra educazione alla comicità : non è più questione di contrapporre risata a risata,
Marziale alla barzelletta, e perciò forse dovremmo persino astenerci dal ridere, come nel Risorgimento, quando gli italiani rinunziavano a comprare il divertente “Figaro”, vale a dire rinunziavano a ridere per non sovvenzionare gli austriaci.
Certo, ci sembrano eversivi i drammatici e goffi numeri da caserma di un premier che intanto si sta battendo contro “i magistrati golpisti” che lo processano, vuole cambiare la Costituzione, e non controlla più il Paese impoverito e assediato…
E però al cuore della nostra pena e della nostra rabbia ci sono innanzitutto quelli che ridono.
Sono loro che ci fanno gelare il sangue.
Consenso? Compiacimento servile? Identificazione?
Di sicuro sono risate di complicità .
Ma non ridono come gli uomini di Stalin che temevano per la sopravvivenza loro e delle loro famiglie.
Questi davvero pensano che la mela dal “sapore di fica” sia meglio che leggere Kant.
E dunque voluttuosamente degradano istituzioni e cultura che, tra gli sberleffi, lasciano alla sinistra.
La mela da brevettare è la loro cifra ontologica, il loro marchio.
Nel film “Nessuno mi può giudicare”, la prostituta Eva (Anna Foglietta) insegna la “vita” a Paola Cortellesi: “Se sono di destra, tu ridi, perchè a loro piace tanto sembrare simpatici; se invece sono di sinistra, tu annuisci, perchè loro hanno bisogno di sentirsi intelligenti”.
Insomma, si parte da una barzelletta e si arriva lontano.
Allo scadimento del gusto italiano e a quella commedia di Luciano Salce dove Ugo Tognazzi, imprenditore di mezza età , racconta una barzelletta ai suoi dipendenti ed è felice di vederli ridere di gusto.
Poco dopo lo stesso Tognazzi si sentirà  sprofondare quando, trascinato dalla “voglia matta” per una giovanissima Catherine Spaak, racconterà  la stessa barzelletta a un gruppo di ragazzi che lo guarderanno come un marziano e gli sveleranno la mestizia che si porta dentro.
Certo, quei ragazzi non erano suoi dipendenti ma persone libere.
E però questo non basta.
Non basta il libro paga per spiegare i laudatori di Berlusconi, per capire perchè ridono.
Anzi, dargli dei servi pagati finisce con l’essere un complimento perchè ammette uno scarto dentro di loro tra la coscienza e il contratto, certifica il professionismo cinico di chi, cambiando editore di riferimento, sarebbe pronto a cambiare musica.
E invece non è sempre così.
C’è infatti una identificazione con la cultura della mela al “sapore di fica”.
Lo stesso Vittorio Sgarbi – è un esempio per tutti – gode nell’umiliare la specificità  della sua stessa cultura, come quelli umiliano la fascia tricolore. Non per i soldi, ma perchè c’è una voluttà  nel profanare, nel farsi capre per rendere cavoli tutte le cose belle e profonde, tutte quelle meraviglie che da Caravaggio a Masaccio fanno la grandezza dell’arte.
Compiacciono Berlusconi dunque, e ridono ad ogni nuovo abbassamento di livello, a questo scadere dalle fogne ai pozzi neri.
Ridono dinanzi a quella che gli studiosi di Storia Antica chiamerebbero Oclocrazia, ridono per massacrare un patrimonio anche se – come racconta Giorgio Manganelli nell”Encomio del tirannò – presto saranno loro, quelli che ridono, a farlo fuori con uno sbadiglio.

Francesco Merlo
(da “La Repubblica“)

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ALL’AQUILA VA SEMPRE DI MODA IL BUSINESS DELL’EMERGENZA

Aprile 7th, 2011 Riccardo Fucile

ALLARME DELL’AUTORITA’ SUI CONTRATTI PUBBLICI: SULLA RICOSTRUZIONE E’ ANCORA REGIME DI URGENZA CON APPALTI DESTINATI A UN NUMERO RISTRETTO DI IMPRESE.. E I COSTI SALGONO

A due anni esatti dal terremoto del 6 aprile 2009 la ricostruzione in Abruzzo rimane ancora un business legato all’emergenza, anche se le procedure straordinarie «non sono più giustificate» vista la «graduale ripresa delle attività » a L’Aquila e nelle altre città  devastate dal sisma.
Eppure, nonostante i timidi segnali di ripresa, il regime amministrativo resta un altro, quello in vigore subito dopo la violentissima scossa con il ricorso a più spicci affidamenti diretti, gare effettuate «in tempi ristretti», un ridotto numero di imprese che vengono chiamate «più volte», interventi che subiscono «rilevanti incrementi economici» e giustificati da progetti «scarsamente definiti».
A lanciare il preoccupato allarme, con un parere depositato in cancelleria il 4 marzo, è l’Autorità  di vigilanza sui contratti pubblici, l’organo che controlla regolarità  e trasparenza degli appalti.
Lapidario, nelle sue conclusioni: in definitiva, le procedure in corso «non sono adeguate ad assicurare il rispetto dei principi di non discriminazione, parità  di trattamento, trasparenza, economicità ».
Insomma: quello dell’emergenza resta ancora un bel business.
Nella deliberazione dell’Autorità  non ci sono riferimenti alle indagini sulla «cricca» che alle 3 e 32 di quella tragica notte di due anni fa già  rideva pensando ai lucrosi appalti sulla ricostruzione.
E i giudizi sull’operato del Provveditorato alle Opere pubbliche del Lazio, Abruzzo e Sardegna che sta coordinando – in collaborazione con il presidente della Regione nominato commissario straordinario – la colossale ricostruzione hanno il timbro della cautela.
Ma la conclusione del certosino approfondimento resta ugualmente severissima: «Con riferimento all’attualità , non appare giustificato – scrivono il presidente dell’Autorithy Giuseppe Brienza e il consigliere relatore Sergio Santoro – il protrarsi di procedure emergenziali in relazione al tempo ormai trascorso dall’evento sismico».
A due anni esatti dall’onda sismica di 5,9 gradi Richter che sbriciolando l’Abruzzo ha provocato 309 morti, nella pianificazione della ricostruzione non sono ancora «stati introdotti i criteri di inviti alle gare», quelli necessari per «assicurare trasparenza, imparzialità  e la più ampia partecipazione degli operatori idonei interessati».
Le conseguenze del continuo ricorso all’emergenza sono evidenti nei numeri raccolti dall’indagine dell’Autorità  che ha monitorato 155 contratti, tutti ad affidamento diretto o a gara informale (chiamando cioè le ditte, ndr).
Costi che rispetto alle previsioni iniziali «hanno subito rilevati incrementi» – in genere raddoppiando – con «procedure adottate che lasciano ampi margini alle iniziative delle imprese affidatarie».
E che soprattutto «non appaiono idonee ad assicurare la congruità  economica degli interventi, spesso di importo considerevole».
Tra i casi descritti ci sono i lavori di sistemazione della scuola media Dante Alighieri di L’Aquila che vedono agli iniziali 708 mila euro stanziati nel settembre 2009 un’aggiunta, arrivata nel maggio 2010, di un milione e 57 mila euro. Ancora: la sistemazione dell’ex istituto commerciale Rendina parte da un milione e 738 mila per trovare strada facendo l’addizione di un altro milione 299 mila euro.
Raddoppiata anche la messa in sicurezza dell’Itis Margherita di Savoia, che da 324 mila euro sale ai definitivi 939 mila euro.
Interventi per i quali, come nel caso della scuola della Guardia di Finanza di L’Aquila sottoposta a maquillage in vista del G8, sono stati previsti affidamenti diretti oppure gare informali — sistema questo in genere scelto nel dopo-sisma per i lavori nell’edilizia scolastica — «espletate in tempi strettissimi e con invito a tre imprese».
Il tutto senza che il Provveditorato abbia «evidenziato criteri di individuazione degli operatori» e con imprese «affidatarie di più di un intervento» e «chiamate più volte» per ulteriori commesse.
Non bastasse, «altri aspetti di criticità » emergono dall’esame dei lavori «spesso avviati sulla base di progetti scarsamente definiti (“brogliacci” di perizie, preliminari)».
E’ successo nelle opere per il «ripristino della funzionalità  della Questura di L’Aquila» e per la «messa in sicurezza della basilica di San Berardino».
Come in altri casi, prima si elaborano progetti di massima, poi partono i lavori e successivamente si chiamano professionisti a stilare i progetti definitivi.
Con il risultato che le verifiche del Provveditorato costituiscono «spesso una mera asseverazione di opere ormai realizzate», dando «ampi margini alle imprese affidatarie».
Traduzione: se il prezzo è congruo, lo si scopre solo a lavori ultimati.
Ma non prima.
Per chiarire come mai in Abruzzo l’emergenza sia ancora in corso – nonostante appunto «non sia più giustificato il protrarsi delle procedure d’urgenza» – il Provveditorato ha un mese di tempo.
Poi l’Autorità  invierà  le sue conclusioni al Parlamento.

Alessandro Fulloni
(da “Il Corriere della Sera“)

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I BERLUSCONES ORA TAROCCANO ANCHE GLI ISCRITTI A FACEBOOK: NELLA PAGINA DEL PREMIER IN DECLINO PIOVONO MIGLIAIA DI NUOVI ADESIONI IN POCHI SECONDI

Aprile 7th, 2011 Riccardo Fucile

IL MIRACOLO DELLA MOLTIPLICAZIONE DEGLI ISCRITTI: MOLTI SI LAMENTANO PERCHE’ LA PENSANO PURE IN MANIERA OPPOSTA E SI SONO TROVATI TRA I SOSTENITORI DEL PREMIER… LE VIE DI ARCORE SONO DAVVERO INFINITE

Utenti imbufaliti che scrivono ai giornali, video-inchieste caserecce pubblicate su YouTube, appelli sui blog e sui social network.
È l’oggetto del tam-tam su Internet in queste ore: il mistero della pagina Facebook di Silvio Berlusconi alla quale, migliaia di utenti del social network, si sono trovati iscritti loro malgrado.
La pagina, all’indirizzo http://www.facebook.com/SilvioBerlusconi  , appare in tutto e per tutto quella ufficiale del premier.
Ci sono le info personali (“Incarico attuale: Fondatore e Presidente del Movimento politico Il Popolo della Libertà ”); studi “all’Università  di Milano”; e i link ai siti istituzionali del partito.
Ci sono gli iscritti naturalmente: quasi trecentomila ma, fanno notare gli utenti, in costante calo (ieri pomeriggio diminuivano al ritmo di cento all’ora). Qualcosa di simile era successo nel dicembre 2009 quando, dopo l’aggressione a Berlusconi in Piazza Duomo, migliaia di utenti si erano trovati iscritti — a loro reale insaputa — al gruppo Facebook “Sosteniamo Silvio Berlusconi contro i fan di Massimo Tartaglia”.
Questa volta, come denuncia un video su YouTube (“Berlusconi tarocca Facebook”); si è assistito a un fenomeno ugualmente anomalo: nei giorni scorsi gli iscritti alla pagina del premier erano molti in meno, ma dal primo aprile sono cominciati ad aumentare a colpi di 4000 in pochi secondi.
Va specificato che, sul sito blu, gli amministratori possono chiedere l’accorpamento di pagine simili: il gestore della pagina ufficiale di Berlusconi, per esempio, può chiedere al social network che gli vengano “passati” di ufficio gli iscritti a una pagina non ufficiale.
Ma non sembra questo il caso, almeno a giudicare dalla reazione di molti utenti inferociti: “Il governo del fare.. gli interessi di Silvio???? Tenetevelo… io aspetto che cada per festeggiare!!!” scrive Luigi, non proprio il messaggio di un fan.
E il mistero continua.

Federico Mello
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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