Destra di Popolo.net

CHIAMATE IL 118, NECESSITA UN TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORI PER I BERLUSCONES

Aprile 15th, 2011 Riccardo Fucile

A MILANO MALATI DI MENTE HANNO AFFISSO MANIFESTI “VIA LE BR DALLE PROCURE”…SONO FIRMATI DALL’ASSOCIAZIONE “DALLA PARTE DELLA DEMOCRAZIA”, VICINA AL PREMIER… IL PROCURATORE INDIGNATO: “LE BR CI SONO STATE DAVVERO, MA PER ASSASSINARE I MAGISTRATI”… ORMAI LE MALEODORANTI FOGNE PIDIELLINE SONO A CIELO APERTO

Venerdì mattina a Milano, negli spazi riservati alla propaganda elettorale, è stato affisso un manifesto che recita «Via le Br dalle Procure».
I manifesti, rossi con scritte bianche, recano la firma «Associazione dalla parte della democrazia», la stessa associazione priva di un sito Internet e di qualunque riferimento che ha firmato in passato una serie di manifesti pro-Berlusconi apparsi a Milano.
Il fatto ha provocato l’indignazione del Procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati: «Rammento che a Milano le Br in Procura ci sono state davvero: per assassinare magistrati», è il suo commento.
«Nei giorni scorsi – si legge nella nota firmata dal Procuratore della Repubblica di Milano – nella città  di Milano sono stati affissi, negli spazi riservati alla propaganda elettorale, vistosi manifesti su fondo rosso a firma “Associazione dalla parte della democrazia” con espressioni critiche nei confronti della magistratura».
Oggi, prosegue la nota, «sempre negli spazi riservati alla propaganda elettorale, è stato affisso» sempre a firma della stessa associazione «questo manifesto “Via le Br dalle procure”».
Bruti Liberati risponde rammentando «che a Milano le Br in Procura ci sono state davvero: per assassinare magistrati».
Il procuratore ha allegato al suo comunicato anche la fotocopia di una foto del manifesto attaccato a un cartellone.
Anche se la fantomatica «Associazione dalla parte della democrazia» non ha un suo sito Internet, esiste però una pagina Facebook dalla quale è possibile scaricarle i manifesti: www.governoberlusconi.it.
E la pagina fa riferimento, come autore, al blog www.ilquadernoazzurro.info, opera del deputato Pdl Antonio Palmieri, che si occupa della comunicazione su Internet per il premier.
Sulla pagina Facebook appaiono, nella sezione «manifesti e banner», diversi manifesti contro i magistrati: «La giustizia politica uccide la libertà », «Riformare la giustizia è bene per tutti» e diversi altri.
Ormai la maleodorante fogna pidiellina è a cielo aperto: o si emana un trattamento sanitario obbligatorio o si fa accomodare qualcuno a San Vittore.
La misura è colma.

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FABIO GRANATA: “URSO E RONCHI SE NE VADANO PURE, BASTA GIOCHI DI CORRIDOIO”

Aprile 15th, 2011 Riccardo Fucile

“DOPO I RESPONSABILI, IL SULTANO SPERA NEI RISPETTABILI”…”SE QUALCUNO NON VEDE L’ORA DI TORNARE NEL PDL CI RITORNI PRESTO, IL PROGETTO DI FLI E’ COMPLESSO E CORAGGIOSO”….”A NAPOLI C’E’ CHI HA CONVINTO RIVELLINI AD ANDARSENE PER APPOGGIARE IL CANDIDATO DI COSENTINO, INVECE CHE QUELLO DEL TERZO POLO”…”AL CONGRESSO DI MILANO NESSUNO HA AVANZATO OBIEZIONI SULLA LINEA, IO HO COME RIFERIMENTO BORSELLINO NON MANGANO”

Scene da un divorzio, o quasi. Dentro Futuro e Libertà .
La terza e ultima settimana della prescrizione breve alla Camera ha offerto due foto contrapposte del partito finiano.
Nella prima c’è il falco Fabio Granata che cita Aristotele contro il Guardasigilli Alfano (“è giusto chi è conforme alla legge”) e poi va a salutare la piazza che grida vergogna.
Nella seconda il tormento dei moderati mal-pancisti Adolfo Urso e Andrea Ronchi, sospettati di far parte dei sei “traditori” schierati con la maggioranza in un voto segreto su un emendamento dipietrista.
Granata, le colombe di Fli non vogliono più morire per Bocchino, nè per lei o Briguglio. Il Giornale racconta una riunione dei finiani pentiti.
Dopo i Responsabili (che io chiamo i Disponibili) il Sultano spera nei Rispettabili Come hanno smentito un loro coinvolgimento nel voto segreto, adesso aspetto da Urso e Ronchi una nota virulenta che smentisca i contenuti di quella riunione. Ancora non è arrivata ed è sera.Io aspetto.
Sta finendo male con Urso e Ronchi.
Con me hanno un atteggiamento diverso da tempo. Però rivolgo loro una preghiera.
Prego
La smettano di coinvolgere gli altri parlamentari che magari sono andati lì soltanto per ascoltare e che sono esenti da sospetti.
A chi si riferisce?
A Scalia, Salvatore Tatarella, Raisi, Checchino Proietti.
Sarebbe un colpo mortale per voi.
Il progetto di Fl i è complesso e coraggioso. Chi resta deve essere pienamente convinto. Le faccio un esempio. Tra e me Consolo c’è una grande distanza ma allo stesso tempo il rispetto reciproco porta a una sintesi. Forse Urso e Ronchi non sono più pienamente convinti.
Il loro atteggiamento mi stupisce.
Perchè?
Al congresso di Milano non c’è stata alcuna obiezione politica alla linea dell’equidistanza da Pdl e centrosinistra.
Rancori da organigramma?
Ma gli incarichi sono provvisori. Noi vogliamo essere un partito vero, realmente democratico. Quando si faranno tutti i congressi a livello locale starà  a loro guadagnarsi il consenso interno.
Oppure?
Si faccia questa rottura, se non si vede l’ora di tornare nel Pdl.
C’è anche l’atteso rimpasto.
Il gioco del Sultano è quello di smontarci con un piano scientifico. Ha l’ossessione di Fli anche se poi dice che siamo al 2 per cento. Adesso lavora alacremente per la nuova terza gamba dei “Rispettabili”.
E i “Responsabili”?
Io li chiamo “Disponibili”.
E’ la stessa cosa, prosegua.
Come immagine sono stati un flop. Miccichè è all’opera per una nuova forza che ingloberà  i “Disponibili” e gli scontenti del Pdl.
E quelli di Fli…
Ripeto, facciano presto ad andarsene.
Forse ci vorrà  un mese. II presunto addio è previsto per le amministrative. II pretesto saranno i ballottaggi e le scelte di Fli.
Si farà  un’ assemblea nazionale per decidere.
Milano è cruciale. È la città  di Berlusconi.
Valuteremo dopo il primo turno. Ma se si vuole costruire qualcosa di diverso da Pdl e Lega non ci sono alternative.
A Pisapia, il candidato del centrosinistra. È la linea di Bocchino.

Si, ma questo non lo decidiamo solo io e lui. Riuniremo i nostri organismi e come metro dovremo avere la qualità  della classe dirigente e dei progetti amministrativi. Un partito democratico fa così.
A Napoli è andata diversamente.
Appunto. A Enzo Rivellini è stato detto di lasciare il Terzo Polo e di puntare su Lettieri, il candidato di Nicola Cosentino. Mica ha fatto tutto da solo. Lo hanno incoraggiato eccome.
Chi lo ha incoraggiato?
Lo ha capito, non mi faccia ripetere i nomi.
Quelli che devono fare presto ad andarsene: Urso e Ronchi.
Lo dice lei.
I moderati invece vi hanno rinfacciato il tentativo fasciocomunista di Latina.
La risposta è che andremo avanti da soli. Mercoledì prossimo presenteremo la lista Pennacchi alla Camera. Io sono il capolista.
E se il progetto nascosto delle colombe di Fli è di rifare An senza Fini?
Nel Pdl anche La Russa non è messo bene. Impossibile. Se non altro perchè non hanno un leader della statura di Fini. In ogni caso sarebbero condannati alla subalternità  al Sultano.
Come dimostra la prescrizione breve.
Sono rimasto sbigottito. Gli ex An del Pdl e della Lega hanno rinnegato le loro origini legalitarie. Io lavoro per un’altra destra, nel nome di Paolo Borsellino.
C’è chi preferisce lo stalliere Mangano come eroe.
Domani (oggi per chi legge, ndr) sarò a Torino per un convegno con Gian Carlo Caselli e il gruppo Abele di don Ciotti. Ci confronteremo sulla giustizia.
Martedì in aula, lei ha citato Aristotele ad Alfano.
Siamo entrambi siciliani, gli ho voluto ricordare che veniamo da due città  di discendenza greca. Lui da Agrigento, io da Siracusa. Evidentemente ha rimosso i classici e mi meraviglia. Ora è il delfino di B. Per arrivare a questo punto ha sacrificato un pezzo delle sue convinzioni. Lo conosco bene. Qualche anno fa eravamo dati in ticket per la Regione: lui presidente, io vice. Poi Miccichè impose Cuffaro.
Ultima domanda: la Siliquini, ex Fli, ha lasciato il cda delle Poste per rimanere alla Camera.
Sono contento per le Poste, un po’ meno per il Parlamento.

Fabrizio D’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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PIDUISTA A CICCHITTO? E’ LA VERITA’, PERCHE’ SI OFFENDE? I MASSONI PIDIELLINI SE LA PRENDONO CON LA BINDI PER COLPIRE FINI

Aprile 15th, 2011 Riccardo Fucile

SE AVEVA LA TESSERA DELLA P2 N° 2232 NON E’ CERTO COLPA DI ROSY BINDI CHE SI E’ LIMITATA A RICORDARE UN FATTO DI CRONACA…LA MAGGIORANZA CHIEDE LE DIMISSIONI DELLA BINDI? DA GENTAGLIA ABITUATA A URLARE “HANDICAPPATA DI MERDA” A UNA DEPUTATA DISABILE COSA VOGLIAMO ASPETTARCI

Messa inverosimilmente sotto processo dal centrodestra sul cosiddetto “caso Cicchitto”, ieri la pasionaria del Pd non si è cosparsa il capo di cenere, e ha contrattaccato esercitandosi sul filo dell’ironia: “Ho semplicemente detto la verità . Se qualcuno mi avesse apostrofata gridando ‘Azione Cattolica-Azione Cattolica!’ Io non mi sarei offesa. Effettivamente ne ho fatto parte, proprio come Cicchitto è stato membro della P2. Se qualcuno ha dei dubbi in proposito basta che controlli Wikipedia!”.
Gioca con il paradosso, ovviamente, la deputata del Pd.
Che invece, per aver gridato contro il capogruppo del Pdl dandogli del “Piduista”, da due giorni è sottoposta a un fuoco di fila senza precedenti.
Una mossa di cui si intuiscono, fin troppo bene, la strategia e la vera finalità : usare la Bindi per colpire Fini, mettere in mora la vicepresidente, per sottintendere che a Montecitorio il leader di Futuro e libertà  garantisce esclusivamente una parte.
Solo in un paese come il nostro e in una commedia politica ormai virata di follia, può accadere — come è successo ieri — un cortocircuito di questo tipo.
Sul banco degli imputati del malcostume istituzionale, in questi tempi di impunità  ostentata, finisce una deputata che (volendo essere tecnici) si è limitata al diritto di cronaca.
Se non altro perchè questa volta, la vicepresidente della Camera è stata messa sotto processo ufficialmente dagli uomini del centrodestra (il gruppo del Pdl chiede sanzioni formali al presidente Fini) per aver apostrofato Fabrizio Cicchitto con un epiteto riferito a un tratto notorio della biografia politica, per una debolezza che (lo sanno anche i sassi) gli costò dieci anni di carriera, e un sonoro ceffone dal decano della sua corrente, Riccardo Lombardi.
All’epoca Cicchitto spiegò: “Mi sono affiliato per un atto di debolezza”.
Adesso, se volesse essere coerente con quell’atto di contrizione, dovrebbe come minimo tacere.
In qualsiasi paese che non sia l’Italia, nessuno capirebbe dove si trovi lo scandalo, e magari qualcuno si occuperebbe dell’infamia proferita nell’emiciclo solo pochi giorni fa, quando una deputata del Pd in sedia a rotelle per una malattia degenerativa, Ileana Argentin, è stata insultata (come sanno tutti dai banchi dei noti deputati oxfordiani della Lega) al grido di “Handicappata di merda!”.
La Bindi, invece, ha ribadito, anche ieri: “Mi sono limitata a gridare la verità : una verità  che peraltro è stata accertata da una commissione di inchiesta”.
Eppure, come se nulla fosse, i tanti “dottor Sottile”, gli eterni doppiopesisti del centrodestra, si sono messi a spaccare il capello in quattro.
Gli stessi che hanno sancito con un solenne (e autolesionista) voto parlamentare che Berlusconi era convinto di chiamare in questura per salvare “la nipote di Mubarak”, gli stessi che hanno da poco applaudito la nomina di un ministro inquisito, e gli stessi che hanno rifiutato la richiesta di arresto nei confronti di un collega indagato per rapporti con la Camorra, ora spaccano in quattro il cavillo della procedura, e ci spiegano che la Bindi ha commesso una gravissima irregolarità , perchè ha risposto alle critiche di un parlamentare di centrodestra parlando da uno degli scranni della presidenza.
Fingono di non sapere che la numero due del Pd aveva chiesto di essere sostituita per potersi difendere “per fatto personale” dal suo posto.
E c’è da essere certi che se per caso la Bindi non avesse parlato per spiegarsi, l’avrebbero accusata di alterigia.
Ovviamente il coro degli accusatori è poco credibile: si tratta degli stessi deputati che hanno fatto finta di non sentire Berlusconi quando spiegava di “aver pagato Ruby perchè smettesse di fare la prostituta”.
Gli stessi che preferiscono contestare chi apostrofa Cicchitto per il suo passato, piuttosto che chiedere conto, a Cicchitto, del suo passato.
Visto che a Palazzo Chigi i piduisti sono di casa, sarebbe il caso chiarire una volta per tutte se per i deputati pidiellini l’epiteto costituisce una ingiuria o una onorificenza.
Nel secondo caso chiederemmo allo stesso Cicchitto quale di queste locuzioni preferisca quando si parla della sua persona.
Storico-biografica: “Trotsko-piduista”.
Confidenziale: “Caro piduista”.
Ufficiale: “onorevole piduista”.
Laudativa: “Beneamato piduista”.
O persino, visto che nel 1994 Cicchitto era candidato contro l’ex fratello P2 1816, “Piduista-progressista”.

da blog di Luca Telese

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LE FIRME PER FORMIGONI ERANO FALSE: INDAGATI 10 CONSIGLIERI DEL PDL

Aprile 15th, 2011 Riccardo Fucile

TAROCCATE CIRCA 800 IDENTITA’ DELLA LISTA FORMIGONI… DOPO UNA DENUNCIA DEI RADICALI, SONO STATI ASCOLTATI DAI CARABINIERI CIRCA 1000 PRESUNTI FIRMATARI: BEN 800 NON AVEVANO MAI SOTTOSCRITTO LA LISTA DEL GOVERNATORE CHE PERTANTO NON AVREBBE AVUTO IL NUMERO DI ADESIONI RICHIESTE DALLA LEGGE PER PRESENTARSI ALLE ELEZIONI

“Tentano di buttarci fuori dalle elezioni. È un problema che attiene alla democrazia: mi appello al presidente della Repubblica”.
Così strillò Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia, quando nella primavera del 2010 il suo listino fu momentaneamente escluso dalla competizione elettorale (per essere poi riammesso all’ultimo momento).
Tutta colpa di un esposto dei radicali guidati da Marco Cappato, i quali sostenevano che circa 400 delle 3.800 firme a sostegno della lista “Per la Lombardia” erano false.
Avevano ragione.
Anzi, le firme false erano molte di più, almeno 800.
È quanto ha provato, dopo un’indagine lunga e meticolosa, il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo.
Ora una decina di consiglieri comunali e provinciali, che hanno garantito l’autenticità  di quelle firme, sono indagati per falso ideologico e falso in atto pubblico.
La prova, dicono negli uffici della procura milanese, è “solida e granitica”: i carabinieri della polizia giudiziaria hanno chiamato in procura, nella massima discrezione, uno a uno molti dei firmatari, almeno un migliaio.
Ottocento circa hanno detto: la firma è falsa, il mio nome è stato messo in calce alle liste, ma nessuno me lo ha mai chiesto.
Così ora rischiano gli uomini del Pdl — una decina, tra cui i consiglieri provinciali Massimo Turci e Barbara Calzavara — i quali hanno garantito che invece le firme erano autentiche e regolarmente raccolte.
Se a fine indagine saranno mandati sotto processo, rischieranno una condanna da 2 a 6 anni di reclusione.
La vicenda iniziò il primo marzo 2010, quando la Corte d’appello di Milano escluse la lista Formigoni, accogliendo il ricorso dei radicali.
Il 6 marzo, però, il Tribunale amministrativo regionale accolse la richiesta di sospensiva presentata da Formigoni e riammise il listino.
Decisione confermata dal Tar il 9 marzo e poi, il 13, anche dal Consiglio di Stato, a cui si erano rivolti gli esponenti della lista Bonino-Pannella e la Federazione della sinistra.
Le polemiche sulle firme seguivano quelle sui nomi inseriti all’ultimo momento nel listino bloccato (cioè a elezione garantita) di Formigoni.
Tra loro, i candidati imposti da Berlusconi: Nicole Minetti, allora sconosciuta igienista dentale, e Giorgio Puricelli, ex fisioterapista del Milan.
Entrambi (si scoprirà  poi) presenti ai festini a luci rosse di Arcore.
Nella vicenda fu coinvolta anche la cosiddetta P3, perchè Formigoni chiese aiuto agli amici del gruppo di pressione a cui appartenevano l’imprenditore Arcangelo Martino, il tributarista Pasquale Lombardi e il faccendiere Flavio Carboni, affinchè intercedessero presso i giudici che dovevano decidere sull’ammissione della lista.
“Ma questo Lombardi è in grado di agire?”, chiede Formigoni al telefono (intercettato) di Martino, il 1 marzo 2010.
Lombardi ci provò. Tentò di fare pressioni su un magistrato, Alfonso Marra, che gli uomini della P3 avevano aiutato a diventare presidente della Corte d’appello.
Marra, però, si rifiutò d’intervenire.
“Il presidente Formigoni ora si deve dimettere”, chiede Marco Cappato. “L’indagine     della procura di Milano ha fatto emergere una quantità  di falsi superiore a quella che avevamo trovato con i nostri mezzi. Si tratta di una truffa elettorale realizzata attraverso un’attività  di falsificazione massiccia che non può che configurare il reato di associazione per delinquere contro i diritti civili e politici dei cittadini. A capo di questa associazione c’è un responsabile che spetterà  alla magistratura individuare, senza limitarsi agli esecutori materiali”, continua Cappato. “Il presidente della Regione Lombardia ha mentito sapendo di mentire. Per questo, per la parola tradita, si deve dimettere”.

Gianni Barbacetto e Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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GAZA, IL PACIFISTA ITALIANO RAPITO E’ STATO UCCISO PRIMA DELL’ULTIMATUM

Aprile 15th, 2011 Riccardo Fucile

VITTORIO ARRIGONI E’ STATO UCCISO SENZA ASPETTARE LA SCADENZA DELL’ULTIMATUM DAGLI ESTREMISTI ISLAMICI…UN RITRATTO DEL CRONISTA CONOSCIUTO E STIMATO PER LA COERENZA DELLE SUE IDEE E DELLA SUA VITA

L’hanno assassinato senza aspettare la scadenza dell’ultimatum che loro stessi avevano dato.
Vittorio Arrigoni, l’attivista pacifista rapito ieri a Gaza City da un commando di estremisti salafiti che minacciava di ucciderlo se non avesse ottenuto dal governo di Hamas il rilascio di un gruppetto di suoi militanti, è stato trovato morto questa notte in una casa abbandonata di Gaza City.
A ritrovare il corpo del giovane militante pacifista italiano le forze di sicurezza di Hamas che avevano scatenato una furibonda caccia all’uomo dopo l’annuncio del rapimento con un video su Youtube ieri pomeriggio.
Con uno scenario ispirato al feroce rituale iracheno, nel video Arrigoni appariva sanguinante, con gli occhi bendati, tracce di sangue sul volto ed evidenti segni di un pestaggio.
Militante dell’International Solidarity Movement (Isn) che comprende militanti di tutto il mondo che partecipano ad atti di protesta non violenta contro l’occupazione israeliana, Arrigoni era conosciuto da tutti a Gaza per il suo impegno e viveva nella Striscia dal 2008.

Il ritratto
Vittorio Arrigoni, 36 anni, era il solo cronista sul campo quando nel dicembre 2008 scoppiò la guerra.
La voce tremava ancora. In sottofondo, si sentivano i botti.
«Sto in casa! Non ho sentito arrivare aerei, elicotteri, niente! Solo il primo scoppio. Poi gli altri. Per la prima mezz’ora, non ho capito bene che cosa stesse succedendo. Ci siamo accucciati, ognuno si rifugia dove può. Intorno esplode tutto…».
Prima di Al Jazeera, prima dell’agenzia palestinese Ramattan.
La mattina del 27 dicembre 2008, quando Israele scatenò su Gaza la guerra di Piombo fuso, la prima cartolina dall’inferno ce la mandò lui.
Vittorio Arrigoni stava in un appartamento vicino alle due caserme di polizia colpite dal raid, non lontano dalla vecchia casa di Arafat.
Per terra fra un tavolo e un letto, la finestra spalancata sul porto, Vik guardava fuori e intanto descriveva, lui l’unico dentro: «Sapevo di venire a vedere cose terribili, non cose così terribili…».
Chiamare Arrigoni. Da quel giorno, e per 22 giorni, diventò un impegno fisso per chiunque volesse sapere che cosa si vedeva in quel lenzuolo di terra sigillato al mondo.
Vittorio era arrivato nella Striscia da qualche mese soltanto, via mare da Cipro, assieme a una delle navi Free Gaza Movement che due anni dopo gli israeliani avrebbero deciso di fermare a ogni costo.
Cominciò a scrivere corrispondenze per il Manifesto, sofferte, partecipi, molto lette, che ogni giorno finivano con la stessa frase: «Restiamo Umani, Vik da Gaza City» (titolo pure del suo libro, tradotto in quattro lingue).
Lecchese, pacifista «per vocazione» prim’ancora che giornalista «per dovere di testimonianza», sul suo profilo di Facebook e sul suo blog guerrillaradio.iobloggo.com, Vik ha sempre detto con chiarezza da che parte stava: «Non credo ai confini e alle barriere, credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini, alla stessa famiglia umana».
E anche in questi mesi, mentre il Medio Oriente s’infiammava e nessuno parlava più di Gaza, lui ha sempre continuato a testimoniare il «criminale assedio israeliano», i 300 palestinesi morti nei tunnel scavati al confine con l’Egitto, la rivolta dei blogger contro Hamas…
Schierato, sta con l’International Solidarity Movement, il gruppo che pagò la resistenza ai bulldozer israeliani con la vita della pacifista americana Rachel Corrie.
Da Israele lo curavano con attenzione: nel 2008 era stato arrestato ed espulso mentre cercava con un peschereccio palestinese di forzare il blocco navale e di raggiungere la Striscia.
Per maggio, Arrigoni si stava preparando all’ennesima flottiglia degli attivisti di Free Gaza.
Di sinistra, il pacifista-giornalista non fa sconti: mesi fa ha attaccato anche Roberto Saviano per l’appoggio a una manifestazione romana pro-Israele. «Nelson Mandela – disse allo scrittore – sono anni che denuncia il razzismo d’Israele. Sto parlando di Nelson Mandela, non di Fabio Fazio».
Il 26 marzo – quando nelle piazze di Gaza City erano di nuovo scese in piazza migliaia di giovani, un’imitazione delle rivolte di quest’inverno arabo, subito manganellata e repressa dal governo di Hamas – Vik era lì: «Aveva appena cambiato casa, ma era molto prudente e davanti ad altri non diceva mai quale fosse il nuovo indirizzo – racconta Aldo Soligno, fotoreporter di Emblema, che ha lavorato con Arrigoni nelle ultime due settimane -.
Era eccitato da questa prova di ribellione. Ci sperava molto.
Siamo andati insieme a trovare i blogger che criticavano Hamas.
E quando Hamas li ha arrestati, è riuscito ad assistere ai loro interrogatori: la presenza d’uno straniero, questa era l’idea, avrebbe evitato abusi».
Che i salafiti se la prendano con uno così, è per certi versi inspiegabile: «Sono dei veri stupidi – dice da un carcere israeliano Marwan Barghouti, leader palestinese condannato a cinque ergastoli -. Chi può avere interesse a rapire un cooperante italiano che lavora in un contesto difficile come Gaza?».

Francesco Battistini
(da “il Corriere della Sera“)

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RIVELAZIONI DELLA CONCEICAO: FALSI DOCUMENTI DATI A RUBY PER COSTRUIRSI UNA FINTA IDENTITA’ DA MAGGIORENNE

Aprile 15th, 2011 Riccardo Fucile

LA BRASILIANA CHE OSPITAVA RUBY ANNUNCIA: “AL PROCESSO DIRO’ LA VERITA’, NON RISCHIERO’ IL CARCERE PER SALVARE ALTRI”… MORA LE OFFRI’ 1.000 EURO PER PROSTITUIRSI CON UN MINISTRO… RUBY TORNO’ CON 5.000 EURO E DEI MODULI PER CAMBIARE IDENTITA’: CHI GLIELI FORNI’?

Qualcuno aveva dato alla marocchina delle carte per costruirsi una finta identità . Da maggiorenne.
Poi il piano è saltato e lei ha buttato tutto nel water.
Lo rivela all’Espresso Michelle Conceicao, che divideva la casa con Karima.
E che aggiunge: «Al Pm non ne ho parlato, ma al processo dirò la verità »
La super-testimone del caso Ruby rompe il silenzio.
Michelle Conceicao Oliveira, brasiliana trapiantata a Milano, è una bella donna che da oltre un anno custodisce segreti di Silvio Berlusconi.
Ha ospitato per più di un mese Karima El Mahroug, alias Ruby Rubacuori, proprio mentre la minorenne marocchina passava le notti a casa del premier e intascava decine di migliaia di euro.
E il 27 maggio 2010, quando Ruby viene fermata per furto e il capo del governo racconta una balla alla polizia pur di farla rilasciare (spacciandola per la nipote di Mubarak), è sempre lei che accetta di riprendersi in casa quella mina vagante.
Interrogata dai magistrati, Michelle ha raccontato poco o nulla.
La settimana scorsa, intervistata da La7, ha confermato le sue reticenze: “Io so tutto, ma ai pm non ho detto tutta la verità “.
Ora ha deciso di rivelare a “l’Espresso” una parte delle sue verità .
C’è la storia di Lele Mora che le offre denaro per regalare una notte di piacere a un ministro.
Ruby che le racconta i sexy-festini di Arcore e intanto la invita a “prostituirsi con altri clienti a Milano”.
Silvio Berlusconi che scherza su decine di ragazze che lo chiamano Papi già  all’inizio del 2009, mentre è a cena con Giampaolo Tarantini, il quale ne approfitta per chiedergli “un aiuto per gli affari”.
C’è pure “un politico del Pd pugliese” che ci prova: sesso in cambio di soldi.
E un plico di misteriosi “documenti d’identità  in bianco”, descritti come “moduli per cambiare generalità “, che vengono distrutti da Ruby il 5 giugno 2010, al culmine della sua lite finale con Michelle.
Altre storiacce, come l’esistenza di foto della minorenne seminuda ad Arcore o bunga bunga con leader stranieri, la brasiliana non vuole confermarle. E rinvia tutto al tribunale: “Lì dovrò giurare di dire tutta la verità . E il pm Ilda Boccassini non è una che si fa prendere in giro. Non rischierò il carcere per salvare altri”.
Nata a Rio de Janeiro il 3 maggio 1978, Michelle vive in un triste appartamentino al piano terra nella fascia sud di Milano, più vicino alla circonvallazione che ai Navigli.
Padre ufficiale della Marina brasiliana, madre cresciuta in un povero villaggio dell’Amazzonia, ha un figlio “amatissimo” che vive coi nonni ed è arrivata in Italia a 25 anni, al seguito di un immobiliarista lombardo di cui è diventata l’amante fissa.
A “l’Espresso” risulta che sia figlio di un imprenditore che fece affari con Berlusconi negli anni della prima accumulazione edilizia delle sue fortune. Michelle chiede di “non fare il nome”.
Occhi neri, pelle ambrata, spiega perchè ha taciuto con i pm tormentandosi i capelli: “Avevo paura. Ricevevo ogni notte telefonate e minacce anonime. Ora ho capito che sono davvero in pericolo solo finchè resto l’unica a conoscere certi segreti”.
Il primo appartiene ai misteri gaudiosi: qual è il segreto del successo di Lele Mora?
Michelle racconta un’esperienza personale: “L’anno scorso, tra giugno e luglio, ero a cena a casa sua. Lele mi ha preso da parte e mi ha messo mille euro nella borsetta. Voleva che andassi a letto con un politico molto importante, uno del governo, in un albergo vicino a Milano dove c’era una convention. Diceva che era tutto pronto: “Ti porta il mio autista”. Avrei dovuto salire in camera senza lasciare documenti, bussare e presentarmi così: “Sono il regalo di Lele”. Naturalmente ho rifiutato”.
E Mora? “Era arrabbiatissimo. Ora capisco meglio il perchè: voleva comprare il mio silenzio”.
In quei giorni, in effetti, Michelle era diventata per la prima volta l’anti-Ruby. Un problema nato il 5 giugno.
Una lite tra le due ragazze provoca l’arrivo della polizia.
E’ quello l’imprevisto che fa arrivare in Procura il primo fascicolo: il 27 maggio infatti i vertici della questura avevano taciuto ai pm che, per quella marocchina, si era mobilitato il premier.
Davanti alla volante, le due ragazze “si accusano reciprocamente di prostituzione”.
Ora Michelle aggiunge che “quella notte Ruby ha distrutto documenti: erano moduli da compilare in italiano, con cui le avevano promesso di crearle una nuova identità . Li ha fatti a pezzi e buttati nel water”.
Come li aveva avuti?
“Il 29 maggio è uscita di casa: quando è rientrata, aveva una busta con 5 mila euro e quei documenti”. Il ricordo di Michelle potrebbe essere il classico tassello mancante.

Paolo Biondani
(da “L’Espresso“)

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IL GOVERNO BERLUSCONI-SCILIPOTI SI E’ FATTO SOLO UN’AGOPUNTURA: LA POLITICA SI FA FUORI DAL PALAZZO

Aprile 15th, 2011 Riccardo Fucile

DOPO MESI DI CAMPAGNA ACQUISTI LA MAGGIORANZA E’ SEMPRE FERMA A 314 VOTI, INVECE DEI 316 NECESSARI E DEI 330 ANNUNCIATI… ORA SARANNO IMPORTANTI LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE DOVE IL CASTELLO DI CARTA DEL PREMIER POTREBBE CROLLARE

Era il 14 dicembre 2010: viene votata la sfiducia al governo.
Votano a favore della maggioranza in 314, contro in 311.
Nei giorni precedenti si era assistito a uno squallido mercato di compravendita di voti in Parlamento per permettere al premier di non dover presentarsi in tribunale senza più immunità .
Non a caso i provvedimenti in tema di giustizia nei mesi seguenti sono stati tutti caratterizzati dall’obiettivo di assicurarsi l’immunità  giudiziaria, nel caso qualcuno avesse avuto dei dubbi.
Nasce il governo Berlusconi-Scilipoti & soci, ma il premier annuncia da subito che “altri seguiranno, saremo in 330, Fli si sfascerà , c’è la ressa per rientrare nel Pdl”.
Lasciamo parlare i fatti.
26 gennaio, sfiducia a Bondi, maggioranza prende 314 voti
13 febbraio, caso Ruby, maggioranza sale a 315 voti
25 febbraio, fiducia sul Milleproroghe: maggioranza scende a 309 voti
2 marzo, federalismo municipale, maggioranza risale a 314 voti
24 marzo, risoluzione sulla Libia, maggioranza riscende a 300 voti
5 aprile, conflitto di attribuzione, maggioranza risale a 314 voti
13 aprile, processo breve, maggioranza ferma a 314 voti
In pratica da dicembre il governo non ha mai raggiunto, su un provvedimento, la maggioranza richiesta di 316 deputati su 630.
Nonostante i tentativi vergognosi di comprare deputati con promesse, posti di governo e di sottogoverno, garanzia di ricandidature.
Nulla, da quota 314 Silvio non si è smosso.
E quella quota la raggiunge solo con tutti i ministri precettati e presenti in Aula, senza missioni, malattie e impegni vari.
Cosa che può sostenere solo programmando le votazioni, non certo nel normale iter parlamentare dove andrebbe spesso sotto.
Per questo il Parlamento è fermo, per non correre rischi.
Ma questa era solo la doverosa premessa, peraltro necessaria per rendere evidente il bluff permanente del premier.
Da qui discende in molti la domanda: ma questo governo resisterà  fino a fine legislatura?
Il premier è intanto finora riuscito a distribuire pochi posti di governo e, avendone altri a disposizione, ha giocato con gli “aspiranti” a nascondino, trattenendoli sulle spine.
Non potevano così non sostenerlo, confidando nella mancia promessa.
Ora che dovrà  accogliere le loro richieste, è chiaro che qualche scontento emergerà .
Ma più di questo aspetto, conterà  l’esito “fuori dal Palazzo” ovvero il consenso elettorale.
Se venisse meno questo, il Pdl imploderà  da sè.
Sono quindi fondamentali gli esiti delle elezioni amministrative tra un mese: dovesse cadere la Moratti a Milano, tanto per capirci, e il Pdl perdesse ovunque diversi punti in percentuale, va da sè che i “riposizionamenti interni” porterebbero sull’orlo della crisi.
E qualcuno comincerebbe a guardare ad un’alternativa per non essere tagliato fuori dai giochi futuri.
In conclusione avere la maggioranza risicata in Parlamento può fare sopravvivere, ma non averla nel Paese porta solo ai funerali di Stato.
E allora neanche l’agopuntura di Scilipoti può fare miracoli.

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SI AGGRAVA LA POSIZIONE DEL LEGHISTA BRIGANDI’: DOPO LA CACCIATA DAL CSM, ORA GLI TOCCA IL PROCESSO PER ABUSO D’UFFICIO

Aprile 15th, 2011 Riccardo Fucile

DICHIARATO DECADUTO DAL CSM IN QUANTO LA CARICA DI CONSIGLIERE E’ INCOMPATIBILE CON QUELLA DI AMMINISTRATORE DI UNA SOCIETA’ COMMERCIALE… SOTTO PROCESSO PER AVER ILLECITAMENTE DIFFUSO UN FASCICOLO RISERVATO, PASSANDOLO A UN GIORNALISTA…   IN POCHI MESI HA COMBINATO SOLO GUAI

Comincerà  il 31 ottobre prossimo, davanti alla decima sezione penale del tribunale di Roma, il processo per abuso d’ufficio a carico dell’esponente della Lega Matteo Brigandì, che il Consiglio superiore della magistratura ha dichiarato decaduto dalla carica di componente laico.
Il gip Daniela Parasporo ha accolto la richiesta di giudizio immediato sollecitata dal pm Sergio Colaiocco che ha contestato a Brigandì di aver acquisito e illecitamente diffuso, passandolo a una giornalista, un fascicolo relativo a un procedimento disciplinare risalente agli anni Ottanta sull’attuale procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini.
Per questa vicenda, sarà  processato anche l’assistente di Brigandì, Fabio Faccaro.
Si è chiuso invece una decina di giorni fa, con l’avviso di fine indagine notificato al diretto interessato, il capitolo di inchiesta per il reato di falso, caso da cui è scaturito il processo disciplinare al Csm.
Brigandì, in particolare, è accusato dalla procura di aver omesso di dichiarare di essere amministratore di una società  della Lega, la Fingroup spa, ruolo incompatibile con quello di consigliere di Palazzo dei Marescialli, e così facendo ha indotto in errore lo stesso organo di autogoverno della magistratura al momento della sua nomina.
Con una decisione senza precedenti — passata con 19 sì, tre no e due astenuti — il Plenum del Csm ha infatti dichiarato la sua decadenza.
La legge stabilisce l’incompatibilità  tra l’essere componente di un consiglio di amministrazione di una società  commerciale e l’incarico di consigliere del Csm.
Con la sua uscita dal Csm e sino a quando il Parlamento in seduta comune non nominerà  il suo successore, il gruppo dei laici che fanno riferimento alla maggioranza di Governo scende a 4 consiglieri.
Si tratta di una soglia che non consente di far mancare il numero legale alle sedute del Plenum del Csm; un’arma di cui i laici di Pdl e Lega non si sono mai avvalsi in questa consiliatura, a differenza di quanto accaduto in quella precedente.

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PERCHE’ LA PRESCRIZIONE BREVE METTE A RISCHIO TANTI PROCESSI

Aprile 15th, 2011 Riccardo Fucile

DAL TERREMOTO DELL’AQUILA AL CASO PARMALAT, DALLA CIRIO ALLA THYSSEN KRUPP, TUTTI I PROCEDIMENTI A RISCHIO… TRATTANDOSI DI PROCESSI GIA’ LUNGHI E COMPLESSI DI NATURA GLI AVVOCATI DEGLI IMPUTATI ORA AVRANNO UN’ARMA IN PIU’ PER SOLLEVARE CAVILLI TENDENTI A POSTICIPARE LE SENTENZE NEI TRE GRADI DI GIUDIZIO… E LA PARTE LESA RISCHIA DI NON AVERE GIUSTIZIA

Il processo breve è stato approvato alla Camera.
Adesso il Cavaliere è ad un passo dalla prescrizione del processo Mills e, in successione, da quello Mediaset e Mediatrade, mentre per l’affaire Ruby forse dovrà  attendere che la norma Mugnai presentata al Senato sul processo lunghissimo, vanifichi anche questo ennesimo sforzo della magistratura.
Il processo breve, però, è anche altro, oltre a essere l’ennesima legge ad personam.
E’, soprattutto, un colpo mortale alla giustizia italiana e a tutte quelle persone che da anni, spesso davvero da troppi anni, attendono di vedere pagare i colpevoli di alcuni dei più gravi delitti che hanno punteggiato gli ultimi decenni della storia criminale del Paese.
Scandalo della Clinica Santa Rita a Milano.
Tra il 2005 e il 2008, si ricorderà , presso la Santa Rita venivano effettuati interventi abnormi e invasivi su pazienti eseguiti ‘in totale disprezzo delle condizioni di fragilità ‘ del malato.
Le accuse portate ai responsabili vanno dalla truffa al falso ideologico, passando per la falsificazione delle cartelle cliniche e sopratutto, per una serie di interventi inutili o dannosi che hanno provocato lesioni gravi o gravissime per circa novanta persone, oltre alla morte di cinque pazienti. Infatti, tra le accuse mosse agli indagati (in tutto, non meno di diciotto), figura anche l’omicidio volontario aggravato da crudeltà .
Ebbene, in virtù del fatto che gli imputati sono tutti incensurati, potranno beneficiare della prescrizione breve.
Processo Cirio, a Roma.
Il 14 marzo 2008, a sei anni dal default da 150 miliardi di vecchie lire è cominciato il processo a Cragnotti e ad altri 32 imputati, tra cui Cesare Geronzi. Tutti accusati di bancarotta per distrazione e truffa aggravata ai danni dei risparmiatori della Cirio.
La vicenda risale al 2003, quando il fallimento del gruppo Cirio, allora guidato da Cragnotti, aveva fatto andare in default obbligazioni per 1,125 miliardi di euro, emesse tra il 2000 e il 2002.
Il 2 marzo 2011 la Procura della Repubblica di Roma ha richiesto per il crac Cirio 15 anni di reclusione per Sergio Cragnotti e 8 per Cesare Geronzi. Anche qui, tutti gli imputati sono incensurati, tutti potranno beneficiare della prescrizione breve.
Caso Thyssen Krupp.
A Torino il 6 dicembre 2007, per rispolverare la memoria, scoppiò un incendio nello stabilimento e morirono sette operai, alcuni dopo settimane di agonia. Gli imputati sono sei. Harald Espenhahn, l’ammistratore delegato della Thyssen è accusato di omicidio volontario per il rogo della Thyssenkrupp. Con lui è anche Gerald Priegnitz, consigliere di amministrazione e membro del board della multinazionale dell’acciaio.
Le richieste finali del pm, Raffaele Guariniello pronunciate il 14 dicembre 2010, sono state di sei condanne per quasi 80 anni di carcere complessivi. Solo per l’amministratore delegato del gruppo Harald Espenhahn, accusato di omicidio volontario con dolo eventuale, Guariniello, ha chiesto 16 anni e 6 mesi anni di reclusione.
Anche in questo caso, tutti gli imputati sono incensurati e così anche qui tutti potranno beneficiare della prescrizione breve.
Scandalo della sanità  pugliese.
Dove Giampaolo Tarantini, dal maggio 2009, con altre 78 persone, è imputato a Bari per corruzione, favoreggiamento della prostituzione, spaccio di sostanze stupefacenti e falso nell’ambito dell’inchiesta sugli scandali della sanità  pugliese. Per lui come per i suoi complici, la prescrizione breve sarà  d’obbligo: tutti incensurati.
Caso Fincantieri a Palermo.
Il 15 febbraio 2010 muoiono 40 operai. Undici ex rapresentanti legali di Fincantieri e di una serie di imprese dell’indotto sono accusati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravissime. Non sono state adottate le misure di sicurezza adeguate che hanno poi causato la morte di 40 lavoratori che hanno contratto gravi forme tumorali per aver lavorato con l’amianto. Tutti i dirigenti risultano incensurati, potranno beneficiare delle norme che si stanno per approvare.
Caso processo Eternit, lungo e penoso. I
I fatti: dal 1907 al 1986 a Casale Monferrato ha operato la multinazionale Eternit, specializzata nella produzione di prodotti in cemento amianto per l’edilizia.
Il maxi processo eternit di Torino riprenderà  il prossimo 14 giugno 2011. Il male d’amianto ha colpito migliaia di persone a Casale, a Cavagnolo, a Rubiera, a Bagnolo, tutti stabilimenti della società  eternit.
Gli indagati sono accusati dalla procura di Torino di disastro doloso permanente ed omissione dolosa di misure anti infortunistiche. Anche qui, grazie alla norma salva Berlusconi, tutti gli imputati resteranno impuniti.
Crac Parmalat, il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio perpetrato da una società  privata in Europa.
Il buco lasciato dalla Parmalat si aggirava sui quattordici miliardi di euro.
Il fallimento della Parmalat è costato l’azzeramento del patrimonio azionario ai piccoli azionisti, mentre i risparmiatori che avevano investito in bond hanno ricevuto solo un parziale risarcimento.
Con l’accusa di bancarotta fraudolenta, è stato condannato a diciotto anni di reclusione il patron della Parmalat, Calisto Tanzi, nonchè numerosi suoi collaboratori tra dirigenti, revisori dei conti e sindaci.
Si sono svolti due processi paralleli cominciati nel 2004: al tribunale di Milano per i reati di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza, falso in comunicazioni (sociali e ai revisori) e ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza della Consob.
A quello di Parma per associazione a delinquere e bancarotta.
In particolare, a Milano, tra le persone fisiche giudicate con rito ordinario, risulta condannato il solo Calisto Tanzi, a 10 anni di reclusione.
Tra pochissimi giorni le banche potrebbero non dover pagare più nulla a oltre 120 mila obbligazionisti, mentre per 80 mila di quei risparmiatori si potrebbe chiudere l’ultima finestra per sperare nei rimborsi.
Questo perchè il 18 Aprile del 2011 è attesa la sentenza di primo grado nel processo per aggiotaggio, reato che per le persone fisiche scatta dopo sette anni e mezzo.
Se anche si dovesse arrivare a una sentenza di colpevolezza di primo grado sarebbe penalmente una vittoria di Pirro, perchè con l’appello scatterebbe senz’altro la prescrizione del reato.
Tutte le condanne di Milano e Parma saranno annullate a breve dalla prescrizione, anche grazie alla beffa finale di questa legge, tutti gli imputati erano incensurati e tutti potranno beneficiare anche della prescrizione breve.
Il terremoto dell’Aquilae il crollo della Casa dello Studente .
È stata rinviata al 5 novembre prossimo l’udienza preliminare relativa a quel crollo che accoglieva gli studenti vincitori di borsa di studio dell’Università  abruzzese, uno dei filoni simbolo della maxi inchiesta sul terremoto che nel 2009 devastò il capoluogo abruzzese.
I capi di imputazione per gli indagati sono omicidio colposo e disastro colposo reati puniti dal Codice con una pena fino a 10 anni.
Da mesi oltre al dolore per le loro perdite e per la lentezza dei procedimenti giudiziari, i parenti delle vittime del terremoto dell’Aquila ringraziano per il processo breve.
Se il disegno di legge andasse in porto, potrebbe voler dire dover rinunciare alla possibilità  di veder condannati i colpevole dei crolli.
Strage di Viareggio: 33 vittime innocenti.
Nell’inchiesta aperta dalla Procura di Lucca sul disastro ferroviario di Viareggio sono 38 gli indagati: ci sono manager e dipendenti di Ferrovie dello Stato, di Rfi (Rete ferroviaria italiana), di Trenitalia, di Fs Logistica, di Cima Riparazioni, della tedesca GATX Rail Germania e dell’austriaca GATX Rail. Per tutti gli indagati la Procura di Lucca formula le seguenti ipotesi di reato: incendio e disastro ferroviario colposo, omicidio e lesioni colpose plurime. Tutti gli imputati sono incensurati, tutti potranno beneficiare della prescrizione breve. Le vittime non avranno mai giustizia.
Solo perchè Silvio voleva salvarsi dai suoi processi.

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