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BERLUSCONI TENTA LA MEDIAZIONE CON BOSSI: “POSSIAMO ASTENERCI SU TUTTI I DOCUMENTI”

Aprile 30th, 2011 Riccardo Fucile

PER IL PREMIER “LA NOSTRA LINEA NON E’ CAMBIATA, LA POSIZIONE DI BOSSI E’ INCOMPRENSIBILE”…. PER IL SENATUR “CHI VUOLE VOTARE LA NOSTRA MOZIONE LA VOTI”

Il Pdl non si pronuncerà  dunque su alcuna delle mozioni.
Nè sulle tre depositate dalle opposizioni per stanare la Lega (Pd, terzo polo e Idv), nè su quella del Carroccio annunciata in serata dal Senatur.
Ci hanno lavorato tutto il pomeriggio nella sede di via Bellerio lo stesso Bossi, Maroni, Calderoli e Giorgetti, subito depositata a Montecitorio a firma del capogruppo Reguzzoni.
L’obiettivo, spiegano dal quartier generale leghista, è quello di conclamare il «no» ai bombardamenti ma al contempo di non mettere in crisi il governo. «Ora chi vuole votarla la voti – è il messaggio del leader Bossi ai suoi – Di certo, il 75 per cento della gente la pensa come noi».
Un atto parlamentare in sei punti, illustrato oggi dalla Padania, col quale i Lumbard chiedono al governo che venga fissata la fine delle ostilità  in Libia, ma anche un «forte contenimento dei costi» delle operazioni per rispettare «i perimetri del bilancio».
E ancora, il «blocco navale» rispetto al flusso migratorio, aiuti umanitari al Nordafrica, la ripartizione dei profughi tra gli stati che partecipano alla missione in Libia.
Un testo che dalla sponda pidiellina, in serata, bollano poco più che come una «provocazione».
Sul testo integrale difficilmente sarà  possibile trovare una mediazione, nonostante l’incontro già  previsto tra i capigruppo Cicchitto e Reguzzoni per martedì.
Ma alcuni di quei punti sono considerati ricevibili da Palazzo Chigi.
Su questo andrà  avanti la trattativa.
Anche se il presidente del Consiglio si va convincendo ora dopo ora che la soluzione migliore sia schivare del tutto il voto sulle mozioni, ritenuto superfluo rispetto al via libera che il Parlamento ha già  dato il 24 marzo alla risoluzione Onu 1973 sull’intervento in Libia. Inutile dire che l’auspicio di Berlusconi sia quello che in extremis anche l’opposizione «più responsabile», Pd in testa, rinunci al proprio testo.
Ma perchè questo accada, ogni speranza viene riposta nella moral suasion che il capo dello Stato Napolitano potrà  e vorrà  esercitare prima del voto d’aula di mercoledì.
Il Quirinale resta vigile, comunque preoccupato, consapevole però di aver detto e fatto quanto fosse opportuno, alla luce degli impegni presi dal Paese nel contesto Onu e Nato.
Il premier, nonostante le rassicurazioni di ieri sera nella telefonata ai convegnisti di Gubbio («Con la Lega stiamo superando il problema») certo non si attendeva la determinazione con cui Bossi sta gestendo questa partita.
In mattinata il premier aveva disertato la conferenza stampa al fianco della Brambilla a Palazzo Chigi sul rilancio di Lampedusa, preferendo evitare domande e ulteriori lacerazioni.
«Conosco Umberto, meglio far trascorrere il week end e lasciarlo sbollire» confidava a un pontiere.
Nessuna conferma fino a ieri, di un faccia a faccia chiarificatore tra i due, che qualcuno vorrebbe lunedì. Il presidente del Consiglio preferisce dedicarsi alle amministrative.
Sente Francesco Storace, incontra il Guardasigilli Alfano, poi la Brambilla. «Abbiamo armato quattro bombardieri, non capisco questa tirata di Umberto – va ripetendo a tutti – la nostra posizione in fin dei conti non è cambiata. Rimetteremo le cose a posto, non è pensabile una crisi adesso».
C’è il voto tra 15 giorni. E c’è anche un rapporto con le gerarchie ecclesiastiche da ricostruire, dopo mesi di scandali.
Ecco perchè, seguendo i consigli di Gianni Letta, dopo il faccia a faccia con il segretario di Stato vaticano Bertone di giovedì sera – in cui il premier ha sottolineato l’imminente approvazione del ddl sul biotestamento – Berlusconi ha dedicato l’intero pomeriggio a registrare interviste tv sulla beatificazione di Wojtyla.
Preludio alla sua partecipazione alle celebrazioni ufficiali domani in Piazza San Pietro.
Una riappacificazione indispensabile in vista delle prossime amministrative di maggio.

Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)

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BOSSI E BERLUSCONI COME I LADRI DI PISA

Aprile 30th, 2011 Riccardo Fucile

LITIGANO DI GIORNO E VANNO A RUBARE INSIEME DI NOTTE: FINGONO DI DARSELE DI SANTA RAGIONE, SALVO CONTINUARE A TENERE IN VITA IL GOVERNO PER GARANTIRSI CHI POLTRONE E CHI IMPUNITA’

Berlusconi e Bossi sembrano — sputati — quelli del detto toscano: i due ladri di Pisa che litigano di giorno e vanno a rubare insieme di notte. In questo caso non stiamo facendo riferimento alle grassazioni ennesime e infinite delle cricche di regime che prosperano grazie al malgoverno di B e B, ma al miserabile minuetto che stanno intrecciando sui bombardamenti contro Gheddafi.
Di giorno fanno finta di darsele di santa ragione, il “celoduro” gracchia che “o lo stop ai raid o può succedere di tutto”, il “culomoscio” (come lo chiamano le sue prezzolate) risponde chiedendo che Napolitano protegga il governo contro i celti che vogliono fargli la bua.
Di notte, però, in quella notte della democrazia liberale che è ormai diventato il parlamento degli Scilipoti, si scambiano amorosi sensi per continuare a tenere in vita il governo di Roma-Milano-ladrone, tanto i telegiornali minzolinizzati daranno a bere agli italiani quello che fa comodo al Narcisocrate di Arcore e al suo scudiero di Pontida.
Nel frattempo l’opposizione non c’è, per non smentirsi.
E se per caso c’è, dorme.
L’altro giorno, per dire, poteva tranquillamente mandare sotto il governo su un documento cruciale di politica economica, ma erano assenti in quaranta.
Sarà  bene che ogni cittadino si attrezzi perciò per l’“opposizione fai da te”, si consideri comitato centrale di se stesso, non si limiti più a essere “opinione pubblica” e neppure pubblico manifestante quando c’è da scendere in piazza, ma cominci a organizzare club ispirati ai valori costituzionali di “giustizia e libertà ” per vincere le battaglie che l’opposizione canonica spesso non vuole neppure combattere.
I referendum, in primo luogo. I ladri di Pisa faranno di tutto per scipparli al popolo sovrano, visto che per loro deve coincidere col popolo bove.
Se ciascuno di noi si attiva fin da ora, in prima persona, considerando la politica “diretta” un appassionante e personale “bricolage”, la sinergia esponenziale dei volantini e manifesti creati dal basso, fatti circolare di sito in sito, realizzati e diffusi artigianalmente, possono diventare quella tv alternativa che faccia affogare il regime nell’acqua pubblica, lo faccia esplodere nel nucleare e lo mandi alla sbarra senza più legittimo impedimento.

Paolo Flores D’Arcais
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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GOVERNO DEI MATTI, BOSSI CHIEDE CON UNA MOZIONE DI FISSARE UNA DATA IN CUI TERMININO LE OSTILITA’ IN LIBIA: VADA A TRIPOLI A FARLO FIRMARE DAL SUO COMPAGNO DI MERENDE ASSASSINO

Aprile 30th, 2011 Riccardo Fucile

DAL MANICOMIO ITALIA BERLUSCONI ASSICURA: “CON LA LEGA NESSUN PROBLEMA” , LA BRAMBILLA ANNUNCIA CHE LAMPEDUSA E’ RESTITUITA AL TURISMO PROPRIO MENTRE SBARCANO ALTRI 800 PROFUGHI E MARONI DELIRA: “I NUOVI SBARCHI CONSEGUENZE DELLE NOSTRE   DUE BOMBE”

Il Senatùr è intervenuto ieri sera alla festa leghista nel capoluogo lombardo. Con lui il sindaco Letizia Moratti.
Su Parmalat ha detto: “Non so se riusciranno a portarla via” (forse non gli hanno ancora notificato che ormai i francesi se la sono di fatto presa)
Umberto Bossi ha parlato a Milano durante la festa dei giovani padani organizzata al castello Sforzesco.
Le prime parole del Senatùr sono per la crisi libica e il contrasto con il premier.
”Oggi — ha annunciato — abbiamo presentato una mozione, la potete leggere domattina sulla Padania, in cui tra le altre cose si chiede di stabilire la data in cui si terminano le ostilità ”.
Certo, sono con le mozioni nel Parlamento italiano che si convince Gheddafi a terminare di massacrare il suo popolo.
Ma perchè il Senatur non va a farla firmare a Tripoli al suo compagno di merende, nonchè criminale di guerra e assassino di bambini, Gheddafi?
O pensa che i contendenti firmino un cessate il fuoco dopo la sua mozione patacca?
Poi Bossi ha attaccato l’opposizione: “Alla sinistra non gliene frega niente della guerra, gli interessa solo fare cadere il governo, noi siamo contrari alla guerra per un altro discorso”.
Certo, per continuare a far affogare i profughi da Gheddafi contro pagamento di 20 miliardi di euro.
Ma, chissà  come mai, sulla crisi di governo il leader leghista non vuole strappi.
E così a un militante che dalla platea gli ha urlato “bisogna mandare a casa Berlusconi”, Bossi ha risposto: “Va pian”.
Parole di cautela che pochi minuti dopo sono state seguite da quelle di Berlusconi, intervenuto telefonicamente a un convegno Pdl a Gubbio. ”La nostra coalizione non corre rischi”, ha detto il premier che ha poi spiegato: “La Lega sta preparando una mozione per quanto riguarda il nostro doloroso impegno in Libia. E’ un problema questo che ha creato qualche scombussolamento e qualche fibrillazione, ma che stiamo assolutamente superando. Già  ci sono le loro dichiarazioni che non hanno mai pensato di creare problemi alla nostra maggioranza”.
Intanto, velate minacce al Pdl arrivano anche dal ministro Maroni intervenuto in serata a Desio che la spara più grossa del solito: “I nuovi sbarchi sono conseguenza delle bombe”.
Peccato che i nuovi arrivati siano in gran parte partiti dalla Tunisia e pure prima che sganciassimo due-bombe-due: che c’entrano con i bombardamenti italiani lo sa solo lui.
Da Milano, poi, Bossi, archiviato l’argomento Libia, ha confermato il sostegno alla Moratti, ma con un avvertimento: “Questa volta ti controlliamo”.
Prima si vede che i leghisti hanno dormito per 5 anni.
Ridicoli.
E poi: “Penso che il sindaco di Milano che sarà  eletto avrà  un vantaggio rispetto a quelli precedenti: avrà  un sacco di soldi in più grazie al federalismo fiscale”.
Ma certo: con le nuove tasse che applicherà  ai cittadini grazie al federalismo, avrà  più soldi da sputtanare, concordiamo.
Il manicomio Italia continua.
Tranquilli: quelli dalle poltrone non si smuovono neanche se Gheddafi li bombardasse con gli ordigni a grappolo.

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PORCATA ELETTORALE, ECCO LA NORMA AD HOC CONTRO IL TERZO POLO

Aprile 30th, 2011 Riccardo Fucile

PREMIO DI MAGGIORANZA AL SENATO SU BASE REGIONALE E COLLEGI RIDISEGNATI SU MISURA ALLA CAMERA…LA PRIMA IPOTESI DESTA PROBLEMI DI INCOSTITUZIONALITA’, LA SECONDA TRASFORMA LA CAMERA DA UN PARLAMENTO DI NOMINATI A UNO DEI PRESCELTI, RITAGLIANDO I COLLEGI SULLA BASE DELLA FORZA LOCALE DEL CENTRODESTRA… LISTE ANCORA PIU’ BLIDATE E SERVI GARANTITI

Stavolta è qualcosa in più di una “porcata bis”.
È una vera e propria porcheria quella che il vicepresidente pidiellino Gaetano Quagliariello, con i suoi più stretti sodali, ha limato e corretto per essere pronta al varo in commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama.
I berluscones stanno per lanciare l’ultimo dei paracaduti pro Silvio e anche per loro stessi: una legge elettorale che supera la porcata di Calderoli, ma garantisce ancora di più chi, nelle urne, vincerà  ma solo per una manciata di voti.
C’è aria di elezioni anticipate anche nei dintorni di Arcore, dove i sondaggi sull’esito delle elezioni a Milano non fa prevedere che una vittoria di misura, non sufficiente a garantire una fine senza scosse della legislatura.
E, allora, meglio mettere le mani avanti.
Con una legge che non solo blindi il Senato per evitare che il Terzo polo diventi dirimente in caso di una vittoria non clamorosa della banda Berlusconi, ma ridisegni i collegi elettorali della Camera per fare in modo di favorire l’elezione di deputati di area con meno voti e con maggiore controllo delle liste.
La proposta è firmata da Quagliariello e sarà  depositata a Palazzo Madama, dove in commissione Affari costituzionali si riprenderà  a lavorare sulla riforma del sistema di voto.
In commissione ci sono già  29 proposte dei vari gruppi, tra cui due del Pd, ma si sa già  per certo che i giochi sono fatti, anche se il presidente della commissione, Carlo Vizzini, ha fatto sapere di voler discutere “con tutti, di tutto” per trovare una convergenza più ampia possibile.
Sui tempi di approvazione nel Pdl si mostra cautela, ma è emerso con chiarezza che si punta a un via libera al Senato entro l’estate per poi arrivare all’ok definitivo alla Camera già  per settembre.
Ma sono i contenuti della legge a destare sgomento.
Partiamo dal Senato.
Il Pdl punta a un sistema con previsione di un premio di maggioranza a Palazzo Madama ma su base nazionale, non più regionale.
In questo modo si otterrebbe di arginare l’influenza del Terzo polo.
In pratica, si vuole evitare che si ripresenti l’eventualità  che colpì il governo Prodi che si ritrovò ad avere al Senato solo una manciata di deputati in più (tra cui Rossi e Turigliatto), per giunta con una coalizione troppo ampia e litigiosissima. Solo che un premio di maggioranza su base nazionale al Senato sarebbe incostituzionale (la Carta stabilisce che i senatori siano eletti su base regionale), come ha già  avuto modo di ribadire più volte anche Napolitano e prima di lui Ciampi, ma la maggioranza tira dritto.
Nel testo sarà  infatti inserito un meccanismo di ripartizione del premio di maggioranza in senso proporzionale, ma Regione per Regione; una furbata per superare gli steccati della Costituzione e consentire l’approvazione come legge ordinaria.
Il bello, però, arriva sulla Camera dei deputati.
Proprio perchè alle prossime elezioni il Pdl non è affatto certo di fare il pieno. Invece di un semplice Parlamento di nominati stavolta punta verso una Camera di prescelti.
Perchè si comincia con il rimettere mano alla grandezza dei collegi; da sempre è infatti la loro struttura a essere determinante per la vittoria della coalizione di maggioranza relativa.
Il Pdl punta su circoscrizioni più piccole, dove — insomma — siano necessari meno voti per essere eletti.
E dove, di conseguenza, ci saranno anche liste più corte e ancora più blindate di prima, ma costituite da candidati certi con solo uno, massimo due elezioni di scarto per garantire un minimo di ricambio in caso di ritiro del deputato eletto durante la legislatura.
È assolutamente certo che un sistema come questo renderà  ancora più pesante l’influenza delle segreterie dei partiti e decisamente più complicato il lavoro di chi, alle prossime elezioni, dovrà  scegliere i candidati perchè i posti saranno di meno.
Ma garantiti.

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I “GABBIANI” ROMANI COME AVVOLTOI CONTRO ALEMANNO: I PICCOLI EX AENNINI CRESCONO (NELLE AMBIZIONI)

Aprile 30th, 2011 Riccardo Fucile

GLI UOMINI DI RAMPELLI ALLA CONQUISTA DELLE CARICHE: DALL’EX MATTATOIO ALL’AUDITORIUM E SOGNANO GIORGIA MELONI SINDACO… DALLA MILITANZA MISSINA DOVE C’ERANO DA DIVIDERE SOLO I RISCHI ALLA SPARTIZIONE DELLE POLTRONE TRA CORRENTI

Più che una fronda è una guerriglia.
Dall’uso dell’ex Mattatoio alle nomine all’Auditorium, dal restauro del Colosseo fino alla gestione del teatro Elsa Morante al Laurentino 38, ogni giorno il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, è sotto botta.
Ad attaccarlo sono soprattutto i suoi, o almeno quelli che sulla carta dovrebbero essere i suoi, i “rampelliani”, cioè gli amici e i seguaci di Fabio Rampelli, ex missini ed ex aennini conosciuti a Roma anche con il nome di “Gabbiani”, dall’uccello bianco stilizzato ad ali spiegate che hanno scelto per i manifesti.
L’attacco dei Gabbiani al Campidoglio è concentrato sulle faccende della cultura e dell’urbanistica, materie predilette dal capo, un architetto che fa parte della commissione Cultura della Camera.
Nell’urbanistica i rampelliani stanno lasciando appena le briciole al sindaco e fanno cappotto con la fondazione Cesar grazie a un approccio meticoloso e mercantile, basato sulla cattura di risorse pubbliche da elargire a soggetti considerati affidabili, sull’esempio di Comunione e Liberazione.
In ambito più strettamente culturale hanno due punti di riferimento: il capo delle biblioteche romane, Francesco Antonelli, e Federico Mollicone, attivista del Colle Oppio, presidente della Commissione cultura del Campidoglio. Proprio per Mollicone i Gabbiani avrebbero voluto molto di più da Alemanno, la nomina ad assessore alla Cultura al posto di Umberto Croppi che se n’era andato sbattendo la porta al momento del titanico scontro Fini-Berlusconi. L’esito del rimpasto di giunta è stato, però, di segno opposto alle aspettative rampelliane e ha innescato la guerriglia che covava dal 2008, quando in campagna elettorale i Gabbiani furono emarginati da Alemanno, poi estromessi al momento delle decisioni per la nuova giunta e infine tacitati con due soli assessorati, a Laura Marsilio (Giovani e scuola) e Fabrizio Ghera (Lavori pubblici), più una sfarinata di nomine nel sottogoverno delle municipalizzate.
Dal recente rimpasto i Gabbiani si attendevano se non un risarcimento, quanto meno la conferma delle poltrone.
E la delusione è stata forte quando hanno constatato che i seguaci del senatore Andrea Augello, l’amico-nemico storico, potevano brindare avendo conservato le posizioni grazie ad una accesa riunione notturna con il sindaco, mentre loro, i rampelliani dovevano rinunciare al posto della Marsilio.
Da quel momento è partito l’attacco a testa bassa: per esempio il Gabbiano Mollicone per fermare Della Valle al Colosseo non ha esitato a sparare direttamente sul traditore Alemanno, mentre per bloccare il rinnovo dell’amministratore dell’Auditorium, Carlo Fuortes, considerato un veltroniano, ma non inviso ad Alemanno, si è spinto fino a fornire alla stampa dati fallimentari ma fasulli sulla gestione della struttura, poi smentiti dalla Siae.
In aperto contrasto con il sindaco, l’assessore Ghera si è invece mobilitato per allontanare dalla Città  dell’Altra Economia al Mattatoio i negozianti e i gestori di bar e ristoranti equo-solidali considerati poco amici.
Con l’ausilio di Francesco Coccia, direttore del dipartimento, Ghera si è inventato un bando per cacciarli, senza nascondere la volontà  di sostituirli con gente di “area”.
Lo stesso Ghera ha inoltre preteso da Alemanno che la gestione del teatro Elsa Morante fosse affidata ai Lavori pubblici da lui diretti, anche se ovviamente con il teatro questo assessorato non ha niente da spartire. L’attacco dei Gabbiani al sindaco punta a risultati immediati, ma anche a obiettivi strategici.
Il più importante è il nome del futuro candidato a sindaco di Roma.
Nella testa dei rampelliani il logoramento di Alemanno dovrebbe essere propedeutico all’ascesa di Giorgia Meloni, attuale ministro della Gioventù, rampelliana di ferro, anche se proprio la sua nomina ministeriale procurò a suo tempo momenti di acuta tensione nella corrente.
Ossessionato dal rispetto ferreo delle gerarchie, Rampelli ci rimase male a vedere una “sottoposta” che lo sopravanzava in carriera ed ebbe modo di farlo presente con parole assai aspre all’autore della scelta, Gianfranco Fini, allora capo del partito.
Oltre al culto della gerarchia, i Gabbiani hanno un forte senso della comunità  e della famiglia.
Nonostante molti viaggino in auto blu, ogni tanto si ritrovano nella grotta-sede di Colle Oppio, il covo in cui nacquero negli anni Ottanta protetto da una cancellata e da una porta in ferro che lo fa sembrare un bunker.
Per la sua famiglia Rampelli ha tatto quel che poteva inserendo la sorella nella lista per le Regionali del 2010, un elenco poi manomesso all’ultimo istante su ordine di Berlusconi.
Dopo Rampelli, il secondo del gruppo è Marco Marsilio, anche lui deputato Pdl ed anche lui assai devoto alla famiglia avendo fatto assumere all’Atac la sua compagna Stefania Fois e avendo spinto la sorella Laura come assessore.
Sempre in onore della famiglia e dei Gabbiani, Laura attraverso il suo assessorato fece arrivare un bel po’ di contributi all’associazione culturale del marito.

Daniele Martini
(da “Il Fatto Quoridiano“)

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LA PROTESTA CONTRO LA MUNNEZZA NELLE STRADE DILAGA A NAPOLI: 2.000 TONNELLATE A TERRA

Aprile 30th, 2011 Riccardo Fucile

UN PIANO DELLA PREFETTURA PER GARANTIRE L’ORDINE PUBBLICO, TIMORI PER INCIDENTI…SI APPRONTA UNA TASK FORCE, MENTRE GLI ENTI SI SCAMBIANO ACCUSE E 17.000 COMMERCIANTI SONO SUL PIEDE DI GUERRA

L’emergenza rifiuti diventa emergenza per l’ordine pubblico.
Vertice in Prefettura e costituzione di una task-force.
Intanto a terra ci sono ancora 2000 tonnellate e continuano le rivolte.
Ieri mattina alle 9 sacchetti sparpagliati in strada e stop alla circolazione in via dei Pellegrini, a Montecalvario.
Alle 10 disordini in via Toledo, all’altezza di piazza Dante.
I vigili intervengono e istituiscono un senso unico, perchè la strada è invasa dai rifiuti gettati dai cittadini esasperati.
Alle 13.30 in via Toledo arrivano i bobcat dell’Asia: ma cartoni, plastica e rifiuti sono sparsi per tutta la strada, fino a piazza Carità .
Alle 18, insorge via Salvator Rosa e sempre i vigili per far passare le auto raccolgono a mano i sacchetti lanciati sulla carreggiata.
«Siamo preoccupati. Stiamo giocando con l’immagine di una città  e con la vita di intere famiglie», commenta il presidente del centro commerciale Toledo di Confcommercio, Rosario Ferrara.
Protestano i 12 mila commercianti Ascom e i 5.500 di Confesercenti: «Se continua così andiamo a Roma, chiederemo aiuto a Napolitano».
I “Bus rossi” dei turisti si organizzano con una macchina staffetta che precede i tour per evitare ai turisti i luoghi più sporchi o a rischio.
E la Prefettura crea una task force composta dalle forze dell’ordine, dalla polizia municipale e provinciale per vigilare nelle aree più critiche per prevenire manifestazioni di protesta e blocchi alla circolazione.
Il prefetto, Andrea De Martino, lo ha deciso dopo la riunione del Comitato per l’ordine pubblico a cui hanno partecipato il presidente della Provincia, Luigi Cesaro, gli assessori all’Ambiente della Regione, della Provincia e del Comune, Romano, Caliendo e Giacomelli, i responsabili Sapna e Asia e i vertici di forze dell’ordine e vigili del fuoco.
Asia precisa inoltre di non aver causato problemi a centraline Enel nè ai cavi della linea elettrica. «I problemi legati alla fornitura di energia – si legge in una nota – non possono essere imputati alle attività  operative di Asia, ci risulta che Enel stia procedendo a interventi di manutenzione che hanno causato una temporanea interruzione del servizio».
Sul presunto caso Tarsu intanto Cesaro precisa: «Girano cifre prive di fondamento. Ad oggi nessuna decisione è stata presa. Per la determinazione della Tarsu la Provincia interviene solo per il 27 per cento, mentre il 73 per cento è competenza dei comuni».
E mentre i cittadini di Napoli Est organizzano un corteo al Centro Direzionale contro l’inceneritore e i siti di trasferenza, situazioni difficili anche a Portici (1600 tonnellate non raccolte) e Quarto (1200).

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