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L’ARRESTO DI PONZELLINI: “TANGENTI PER 5 MILIONI”: SPUNTANO ROMANI, MILANESE, LA RUSSA, SANTANCHE’, LABOCCETTA

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

“UN SISTEMA PARALLELO”… I LEGAMI CON PAOLO BERLUSCONI E IL MONDO LEGATO AL PDL MILANESE

In seno alla Banca Popolare di Milano per oltre due anni avrebbe operato, sotto la guida dell’allora presidente Massimo Ponzellini, una «struttura parallela» a disposizione del mondo politico.
Sarebbero stati così concessi finanziamenti a «soggetti» privi dei «requisiti essenziali», ma «adeguatamente sponsorizzati».
Una «associazione a delinquere» che, col contributo del deputato Pdl Marco Milanese, già  coinvolto in diverse inchieste, avrebbe anche sfruttato la necessità  dello Stato di trovare risorse per la ricostruzione dopo il terremoto in Abruzzo per far passare una legge favorevole al business delle slot machine.
C’è un inquietante quadro di intrecci politico-affaristici nelle carte dell’inchiesta – condotta dal nucleo di polizia tributaria della Gdf milanese e coordinata dai pm Roberto Pellicano e Mauro Clerici – che ha portato agli arresti domiciliari il banchiere Ponzellini, oggi a capo di Impregilo – anche accusato di corruzione per presunte tangenti a lui versate o promesse per circa 5,7 milioni di euro – e uno suo collaboratore, Antonio Cannalire.
E ad un’ordinanza di custodia in carcere per Francesco Corallo, titolare della società  Atlantis/B-plus, attiva nel settore dei giochi d’azzardo.
Nel provvedimento firmato dal gip di Milano Cristina Di Censo compaiono una serie di nomi di politici, dagli ex ministri Paolo Romani, Aldo Brancher e Ignazio La Russa ai parlamentari Daniela Santanchè e Alfredo Messina.
Figura chiave dell’inchiesta è Cannalire (che da novembre non ha più alcun rapporto con la banca), «soggetto privo di una chiara professionalità » e definito «alter ego» o «longa manus» di Ponzellini: è il “factotum” che gestisce la «clientala qualficata», ossia «personalità  politiche (spesso ministri o parlamentari) e imprenditori, “raccomandati” da questi ultimi».
Per loro c’era «un canale privilegiato» in Bpm, una «concessione arbitraria del credito» che ovviamente, segnala il gip, la gente comune percepisce «come odiosa».
Così nelle carte spuntano vari capitoli.
C’è l’ex ministro Romani che avrebbe sollecitato Cannalire per fare ottenere un «finanziamento di 500 mila euro» a Ilaria Sbressa che gestisce un canale televisivo.
Il 20 gennaio 2011 Cannalire scrive un sms a Romani: «Mi chiede Ponzellini se possiamo invitarti a cena stasera dove ti fa comodo, almeno finchè abbiamo una banca».
Di lì a qualche mese, infatti, per la «coppia Ponzellini-Cannalire» ci sarà  «l’uscita» dall’istituto di credito.
«Non c’è nulla di riprovevole nel mio rapporto con Ponzellini e con Cannalire, che conosco e non rinnego», ha dichiarato Romani.
Poi, scrive il gip, «a chiedere un interessamento personale a Ponzellini» per la società  Quintogest sarebbe stato «l’ex ministro Ignazio La Russa», il quale replica: «Non vedo quale disvalore avrebbe questo comportamento».
E ancora: «una richiesta di finanziamento di Paolo Berlusconi», le intercessioni del «sen. Alfredo Messina» e di «Aldo Brancher» per «una pratica» e un’altra richiesta di credito «veicolata dall’on. Daniela Santanchè».
Poi i «legami personali» tra Ponzellini, indagato a Milano anche per la vicenda del convertendo Bpm e a Monza nell’inchiesta sul cosiddetto “Sistema Sesto”, e «il gruppo Ligresti», a cui sarebbe arrivata una «erogazione» malgrado «le riserve manifestate dal servizio Crediti» della banca.
Poi il ruolo di Marco Milanese – ex braccio destro di Giulio Tremonti – indagato per associazione a delinquere, assieme anche all’ex dg di Bpm Enzo Chiesa.
Il parlamentare, corrotto, secondo l’accusa, con una serie di «utilità » ancora da accertare, sarebbe riuscito a fare approvare nel 2009, anche a seguito dell’emergenza Abruzzo, la legge che ha introdotto le nuove slot machine digitali (video lotteries), a cui era interessato Corallo (è irreperibile all’estero) con la sua Atlantis.
Milanese avrebbe anche avuto in mano, secondo gli inquirenti, Raffaele Ferrara, direttore dell’Amministrazione autonoma Monopoli di Stato, ente competente sulla disciplina dei giochi d’azzardo, che aveva con lui, stando a un testimone, un «rapporto di sudditanza».
Atlantis avrebbe poi ottenuto un finanziamento sospetto da circa 150 milioni di euro dagli allora vertici di Bpm proprio per comprare le nuove slot machine, in cambio di una mazzetta da oltre 1 milione di euro a Ponzellini e la promessa di 3,5 milioni di sterline.
Credito sospetto che ha fatto scattare l’inchiesta, nella quale una parte l’ha giocata anche il deputato Pdl Amedeo Laboccetta, accusato di favoreggiamento (atti trasmessi a Roma) per aver trattenuto un pc nel corso delle perquisizioni dei mesi scorsi. Pc poi restituito.
Una ispezione della Gdf, scrive il gip, ha dato però risultati «sorprendenti»: il computer “risulta manipolato con cancellazione dei pregressi dati”.
Le carte, infine, danno conto di altre pratiche che avrebbe seguito direttamente Ponzellini: «la storia della Brambilla”, «Sinergetica (Ermolli)», «Fincos (da Calderoli)», «Paolo Berlusconi True Star».
Tutte da approfondire.
Intanto, Bpm fa sapere che «allo stato e secondo le informazioni disponibili, si ritiene che detta vicenda non abbia ripercussioni economiche sulla banca».
Dopo gli arresti, il titolo ha chiuso comunque con un calo del 3,84%, mentre il consiglio di gestione dell’istituto ha deciso di non pagare interessi su titoli subordinati in scadenza il 25 giugno e il 2 luglio prossimi, collocati a suo tempo presso investitori istituzionali.

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TERREMOTO, IL BILANCIO: 16 MORTI, 350 FERITI

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

OLTRE 14.000 GLI SFOLLATI, UNA DONNA ESTRATTA VIVA DALLE MACERIE… MONTI: “LO STATO FARA’ TUTTO IL POSSIBILE”

Salgono a 16 le vittime accertate delle nuove scosse di terremoto in Emilia mentre sono circa 350 i feriti.
In serata, una donna di 65 anni è stata estratta viva dalle macerie a Cavezzo, in provincia di Modena, mentre ancora una persona risulta dispersa.
È il bollettino del terremoto che ha scosso ancora una volta l’Emilia. Il sottosegretario alla presidenza Antonio Catricalà , ha annunciato per il 4 giugno una giornata di lutto nazionale. «Quello di oggi è un altro sisma. Bisogna ricominciare da capo», ha spiegato Franco Gabrielli, numero uno del Dipartimento nazionale di Protezione civile.
SCOSSE
La terra ha tremato per tutta la mattinata di martedì: cinque forti scosse sono state avvertite con epicentro tra Carpi, Medolla e Mirandola nel modenese.
La prima alle 9 circa, replicata in maniera più leggera alle 10.24 e alle 11.50. Un’altra alle 12.56 è stata di magnitudo 5,8, con epicentro spostato a Nord-Ovest.
Poi alle 16.39 una scossa di 3,9 più profonda delle altre nel modenese, a 20.6 km sotto terra.
Le scosse sono proseguite anche in serata: una di magnitudo 3.2 e un’altra di magnitudo 3.9 registrate alle 20.44 e alle 20.28. E
per l’Ingv sono prevedibili molte altre repliche.
Le previsioni parlano inoltre di almeno 8.000 sfollati, che si aggiungono alle migliaia di sfollati della prima ondata di scosse, per un totale di 14 mila. Le 16 vittime confermate al momento sarebbero tra Mirandola, San Felice sul Panaro, Medolla, Concordia e Novi.
STRAGE DI LAVORATORI
Il terremoto ha mietuto vittime soprattutto nelle fabbriche lesionate nel primo sisma del 20 maggio scorso, dove si era ripreso a lavorare dopo verifiche e rilievi di staticità .
Nella ditta Meta di San Felice sul Panaro sono morti in tre, due lavoratori immigrati e un ingegnere, che stava ultimando i rilievi tecnici.
Altri tre lavoratori sono morti per il crollo della ditta Bbg di Mirandola (Modena) che aveva ripreso l’attività  lunedì, dopo lo stop imposto per le verifiche di agibilità  in seguito al sisma del 20.
A Medolla sono stati individuati i corpi di due degli operai dispersi rimasti vittime del crollo del capannone della Haemotronics, sono ancora a lavoro i vigili del fuoco che cercano di trovare l’ultimo disperso, un altro operaio.
A Cavezzo, nel crollo del mobilificio Malavasi, è morta una donna.
CROLLI
Confermata dalla diocesi di Modena la morte del parroco di Rovereto sulla Secchia, frazione del comune di Novi di Mantova. Don Ivan Martini, 65 anni, è stato schiacciato da una trave mentre stava verificando i danni delle scosse della mattinata nella chiesa di Santa Caterina.
A Cavezzo, la sessantacinquenne estratta viva dalle macerie è stata trovata, dopo 12 ore, sotto un mobile della cucina. «Quel mobile l’ha salvata», hanno raccontato i vigili del fuoco che l’hanno trovata con l’aiuto dei cani.
La palazzina in cui abitava, 5 piani completamente collassati per il terremoto era stata dichiarata inagibile. Ma poco prima delle 9, la donna era rientrata per recuperare alcuni vestiti e oggetti.
I DANNI
Molti i comuni della Bassa travolti dal sisma. A Schivenoglia è crollata la chiesa già  danneggiata dalla scossa del 20 maggio e tutta la piazza del paese è stata transennata.
Anche a Quistello e Moglia, nel Mantovano, si registrano danni alle chiese. A Sermide crolli alla torre civica.
Un cavalcavia sulla A22 tra Moglia e Gonzaga risulta chiuso al traffico per le verifiche sul ponte.
Crolli si registrano un po’ ovunque nelle campagne, con le case rurali che hanno subito gravi danni.
A Mantova è crollata la cupola del campanile della basilica Palatina di Santa Barbara, a Palazzo Ducale.
Mercoledì, per precauzione, le scuole saranno chiuse a Ostiglia, Sermide e Felonica mentre si sta valutando la possibilità  di chiuderle anche a Mantova.
NUOVI CROLLI
Si registrano altri crolli nella Rocca estense di Finale Emilia, provincia di Modena, uno dei comuni epicentro del terremoto della mattina di martedì.
La Rocca era già  stata danneggiata dal terremoto del 20 maggio, le cui scosse avevano sbriciolato la torre dei modenesi, uno dei simboli della cittadina.
Intanto nei comuni del modenese più colpiti dal sisma si sta procedendo all’evacuazione di alcune strutture pubbliche come scuole e ospedali. Problemi sulla rete telefonica cellulare, le celle su Bologna e Modena completamente in tilt.
POLEMICHE
Ripartono le polemiche che investono le autorità  per aver dato l’ok a rientrare in scuole e abitazioni. La segretaria della Cgil, Susanna Camusso, accusa la mancanza di messa in sicurezza.
Le nuove vittime del sisma che ha colpito l’Emilia sono lavoratori e «questo mi fa pensare che non si è provveduto alla messa in sicurezza degli stabilimenti prima di far tornare le persone al lavoro».
Il sisma è stato avvertito con nettezza in tutto il nord Italia, dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia.
Anche a Milano e nell’hinterland evacuati decine di uffici, con molte chiamate al 118. La magnitudo della prima scossa (la più forte) è stata del 5,8 scala Richter secondo l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. La profondità  a 10 chilometri secondo i dati preliminari.
PAURA A CAVEZZO
Sono pesantissime le conseguenze del sisma a Cavezzo, comune in provincia di Modena a pochi chilometri da Medolla.
Secondo le segnalazioni arrivate da Twitter «tre quarti del paese è crollato» e crolli ci sono stati anche nella zona industriale.
Segnalazioni analoghe arrivano da tutto l’hinterland modenese, in particolare da Mirandola. Anche a Cento, nel ferrarese, il sisma ha danneggiato il teatro.
IL CORDOGLIO DEL COLLE
«L’Emilia Romagna e l’Italia supereranno questo momento difficile». A dirlo, dopo la nuova scossa del 29 maggio il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Sono certo che supereremo questo momento, un pensiero di solidarietà  a quelli coinvolti nei loro affetti, nei loro beni e nelle loro possibilità  di lavoro», ha detto arrivando a Udine.
Alla dichiarazione del presidente della Repubblica ha immediatamente fatto seguito una conferenza del presidente del Consiglio Mario Monti: «Lo Stato farà  tutto il possibile nei tempi più brevi. I cittadini abbiano fiducia, l’impegno dello Stato è garantito», ha detto in diretta tv Mario Monti che dopo il vertice italo-polacco ha aggiunto: «Domani mattina il Consiglio dei ministri delibererà  i provvedimenti necessari».

(da “Il Corriere della Sera“)

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LE VITTIME DEL SISMA: QUEGLI OPERAI MORTI SOTTO I CAPANNONI

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

I PARENTI: “AVEVANO PAURA, SONO STATI RICHIAMATI AL LAVORO”

Il terremoto è tornato. Portando a compimento il lavoro cominciato lo scorso 20 maggio.
I capannoni di almeno tre fabbriche, che erano stati soltanto danneggiati, sono venuti fragorosamente giù martedì mattina.
Uccidendo chi era tornato al lavoro.
In due casi i titolari, un tecnico chiamato a verificare la stabilità  della struttura e gli operai, ad alcuni dei quali era stato chiesto di rientrare in fabbrica nonostante la comprensibile paura per le scosse precedenti.
Del resto tutte le fabbriche coinvolte avevano ricevuto l’agibilità .
È successo a Mirandola, in provincia di Modena, dove tre persone sono morte per il crollo della Bbg, e una quarta è morta sotto le macerie dell’Aries Biomedicale; a Medolla, sempre nel Modenese, vicino all’epicentro di questo nuovo sisma, c’è una vittima accertata e tre dispersi sotto i resti dell’Haemotronic; mentre alla Meta di San Felice al Panaro, Reggio Emilia, è morto l’ingegnere chiamato a fare rilievi sui danni subiti, e due lavoratori stranieri: Mohamad Azaar, 46 anni e due figli, marocchino, e Kumar Pawan, indiano del Pujab, 31 anni, padre di due bambini, di due anni e 8 mesi.
LA FOLLA A SAN FELICE AL PANARO
A San Felice sul Panaro, nel piazzale antistante la Meta, si sono radunati molti extracomunitari delle comunità  magrebine e indiane.
Un gruppo ha improvvisato una preghiera musulmana dedicata ai tre lavoratori scomparsi.
«Non volevano tornare a lavorare – hanno raccontato alle agenzie di stampa alcuni amici – perchè non si sentivano sicuri, ma sono stati chiamati dal datore di lavoro».
Un amico di Kumar Pawan ha raccontato: «Lavorava qua da 5 anni, il suo padrone aveva detto che era tutto a posto e gli ha chiesto di tornare a lavorare ma era un capannone molto vecchio e pericoloso. Dopo il primo terremoto un altro parente gli aveva proposto di andare per un po’ in India con lui, ma Kumar ha preferito restare qui».
Altre conferme arrivano dalla comunità  indiana di San Felice: «Kumar era stato chiamato dal proprietario perchè la ditta doveva andare avanti. E lui – ha detto Singh Jetrindra, rappresentante della comunità  Punjab di San Felice – è dovuto andare a lavorare perchè non poteva perdere il posto».
Lo stabilimento della Meta aveva riaperto proprio ieri e l’attività  stava riprendendo gradualmente dopo le verifiche sull’agibilità , che avevano dato esito positivo.
L’ingegnere chiamato a stabilire l’agibilità  della struttura che gli è crollata addosso si chiamava Gianni Bignardi, 62 anni.
A MIRANDOLA
Sotto le macerie della fabbrica Bbg di Mirandola, che produce componentistica meccanica per il settore biomedicale, sono rimasti uccisi uno dei tre titolari, Enea Grilli, e i due operai Eddi Borghi e Vincenzo Grilli, di 39 anni.
Nel crollo dell’Aries Biomedicale è morto il titolare, Mario Mantovani, farmacista di 64 anni.
La vittima fino ad ora accertata nel crollo dell’Haemotronic si chiamava invece Paolo Siclari, aveva 37 anni.
LE POLEMICHE
Secondo Antonio Mattioli, responsabile delle politiche industriali della Cgil Emilia Romagna, sarebbero addirittura 20 i lavoratori dispersi sotto le macerie tra Medolla, Cavezzo e San Felice sul Panaro.
«Un bilancio provvisorio e ancora da accertare compiutamente», specifica il sindacalista. Oltre che all’Aries, la Meta e l’Haemotronic, crolli si sono registrati negli stabilimenti delle società  Gambro e Arnes a Mirandola, Menu a Medolla, Vam a Cavezzo, e al caseificio razionale novese (tra i maggiori dell’Emilia Romagna).
Quasi l’80% dei capannoni di Mirandola, dove è attivo uno dei principali distretti biomedicali d’Italia, è gravemente danneggiato.

Antonio Castaldo
(da “Il Corriere della Sera”)

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IL PARROCO, IL PENSIONATO, GLI OPERAI: LE VITTIME DELLE NUOVE SCOSSE

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

IL SISMA HA COLPITO CHI STAVA LAVORANDO, MA ANCHE IGNARI PASSANTI E UN RELIGIOSO

Sono purtroppo sedici le vittime fin qui registrate, anche se non ancora tutte identificate, del terremoto che ha sconvolto l’Emilia per la seconda volta in dieci giorni.
Operai soprattutto, che lavoravano al momento delle scosse (e forse non avrebbero dovuto), ma anche un parroco che cercava di salvare la sua chiesa, ignari pensionati e anziane signore.
IL PARROCO
Ha cercato di salvare la statua della Madonna nella sua chiesa. Un atto di coraggio che gli è stato fatale: Ivan Martini, 65 anni, parroco del piccolo comune di Rovereto, è stato travolto dal crollo dell’edificio in cui era rientrato.
Con lui c’erano due vigili del fuoco, uno dei quali è rimasto seriamente ferito.
Il pompiere, un funzionario, è stato ricoverato all’ospedale di Mantova con un forte trauma dorsale mentre l’altro è stato medicato per alcune escoriazioni alle braccia.
I DUE MIGRANTI E L’INGEGNERE
Pare non volessero tornare a lavorare il marocchino Mohamed Azarg, 46 anni e l’indiano Kumar Pawan, 27 alla Meta di San Felice sul Panaro. L’azienda aveva già  subito danni nell’altra scossa.
E per questo motivo, l’ingegner Gianni Bignardi, 62, stava effettuando verifiche statiche sulla struttura. Sono morti tutti e tre.
AVEVA RIPRESO LUNEDI’
La BBG di San Giacomo Roncole, frazione di Mirandola, fabbrica che lavora nel settore biomedicale, aveva appena ripreso le attività  dopo essersi forzatamente interrotta in seguito al primo sisma del 20 maggio.
Nel crollo del capannone sono rimasti uccisi uno dei tre titolari, Enea Grilli, e i due operai Eddi Borghi e Vincenzo Grilli, 39 anni.
Di Mirandola era anche Vincenzo Iacono e Mario Mantovani, 64 anni. Lavorava anch’egli nel biomedico, all’Aries.
AVREBBE COMPIUTO GLI ANNI OGGI
Nel 2001, era salito da Messina a cercar fortuna Paolo Siclari che avrebbe compiuto 37 anni domani.
Non ce l’ha fatta: anche qui il capannone della Haemotronic di Medolla, altra azienda del biomedicale, gli è crollato addosso. Altri due suoi colleghi ancora da identificare sono deceduti, uno risulta disperso.
IL PENSIONATO
Era appena uscito dalla banca di Concordia, Sergio Cobellini, 68 anni, pensionato.
Ex falegname ed ex operaio, separato, conviveva da due anni con una nuova compagna, l’ucraina Nina Kulapina.
È stato travolto dal tetto di una casa: è morto sul colpo.
LE ALTRE VITTIME
Tre vittime a Cavezzo, paese simbolo di queste terribili nuove scosse, distrutto per il 75%: si tratta di Iva Contini, Daniela Salvioli ed Enzo Borghi. I
l mondo del lavoro ha pagato un prezzo altissimo.

Matteo Cruccu
(da “Il Corriere della Sera”)

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FORMIGONI, IL CONVIVENTE E LA RESIDENZA IN COSTA SMERALDA

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

CASA COMPRATA CON I SOLDI DEL GOVERNATORE E UN MUTUO GENEROSO

Un uomo fortunato, Alberto Perego. Il manager brianzolo, l’amico di una vita di Roberto Formigoni, suo convivente da moltissimi anni, sette mesi fa si è comprato una villa da sogno in Costa Smeralda, con vista mozzafiato sul mare blu del golfo Pevero e a pochi passi dall’omonimo golf club.
Una “casetta” da tre milioni di euro, ma per pagare il conto Perego ha trovato un amico come Formigoni che gli ha mandato un bonifico di 1 milione e 100 mila euro.
Non bastasse, pure la banca gli ha fatto ponti d’oro prestandogli 1,5 milioni con un mutuo a condizioni difficili da spuntare sul mercato.
Cose che capitano.
E avere per amico (e finanziatore) un presidente di Regione magari aiuta.
Già , già , davvero un uomo fortunato il Perego da Brugherio, 64 anni.
Anche lui, come Formigoni, fa parte dei memores domini, il grado più elevato della scala spirituale ciellina.
Gente che fa vita comunitaria e s’impegna a non possedere niente di personale, a mettere tutto in comune con gli altri confratelli.
Negli anni scorsi in più di un’occasione, Formigoni ha beneficiato Perego con bonifici per decine di migliaia di euro.
E l’acquisto della villa in Costa Smeralda è solo l’ultimo anello, il più vistoso, di una lunga catena di regalie, omaggi vari e bonifici.
L’altro protagonista di questo singolare mènage è Pieragelo Daccò, il mediatore d’affari che negli ultimi anni è stato tanto generoso da pagare vacanze e cene per decine di migliaia di euro a Formigoni e anche all’inseparabile Perego.
Daccò, in carcere dal 15 novembre, ha confermato le regalie al presidente della regione Lombardia.
Ebbene, come il Fatto Quotidiano ha già  ricostruito in un articolo del 17 aprile scorso, la villa sarda è stata ceduta a Perego da una società  controllata proprio da Daccò , la Limes.
Gli atti del catasto descrivono qualcosa di simile a una reggia: due piani con piscina, ampio giardino, cinque camere, cinque bagni, quattro verande coperte, sala da pranzo, tre terrazze, un patio scoperto e due cantine.
In tutto fanno circa 200 metri quadri catastali, ma almeno il doppio se si considera la superficie effettiva.
Come detto, Perego riceve 1,1 milioni con un bonifico di Formigoni, mentre 1,5 milioni arrivano sotto forma di mutuo.
Il Credito Sardo, che è controllato da Intesa, ha concesso a Perego un finanziamento a tasso variabile di 1,5 milioni da restituire in 25 anni. Mica male.
Se provate a chiedere a qualunque istituto di credito un prestito a condizioni simili a quelle ottenute da Perego, soprattutto spalmato su un arco di tempo di un quarto di secolo, avete ottime probabilità  di farvi ridere in faccia dall’impiegato di turno.
Va segnalato che la rata mensile per un mutuo di importo tanto elevato ammonta a circa 7 mila euro.
Difficile che la banca conceda il mutuo se il reddito del cliente non ammonta almeno al doppio della rata mensile.
Quindi Perego deve aver dimostrato di guadagnare almeno 15 mila euro netti al mese.
Una somma importante anche per un manager come l’amico di Formigoni.
La villa, ha una storia singolare alle spalle.
Faceva parte di un lotto di tre immobili, tutti di proprietà  della Limes di Daccò, due dei quali venduti tra il 2006 e il 2007.
Il primo risulta acquistato dalla società  lussemburghese Lavica Development al prezzo di 5,7 milioni.
La seconda abitazione, ancora da completare, passa di mano per 1,4 milioni e questa vota a comprare è una società  italiana controllata dalla lussemburghese Socaem.
Per la terza casa, invece, non si fa vivo nessun compratore fino a ottobre dell’anno scorso, quando Perego se l’aggiudica per tre milioni.
Il fatto è che nei cinque anni precedenti la compravendita, quella villa sarebbe sempre rimasta vuota.
L’unico contratto d’affitto porta la data dell’agosto 2011: 20 mila euro per un mese.
E l’affittuario è lo stesso Perego.
Possibile, che Daccò non sia riuscito a trovare un acquirente, quando per le altre due ville i compratori si sono fatti vivi nel giro di pochi mesi?
Antonio Simone, l’ex assessore regionale, amico di Formigoni, arrestato alcune settimane fa, ha dichiarato in un interrogatorio che “Perego trascorreva lunghi periodi in Sardegna dove ha acquistato un’abitazione che gli ha venduto Daccò”.
Non è da escludere che Simone si riferisse proprio alla terza villa, formalmente disabitata, in Costa Smeralda.
Del passato non c’è certezza, ma in futuro Perego dovrà  di sicuro passare lunghi periodi nella sua nuova casa. Infatti l’amico di Formigoni ha dichiarato nel rogito di voler trasferire la residenza nell’immobile appena acquistato.
Un trasferimento provvidenziale, perchè gli permette di risparmiare alcune decine di migliaia di euro in tasse grazie alle facilitazioni per l’acquisto della prima casa.
Insomma, una mano anche dal fisco.
Ci voleva.

Vittorio Malagutti
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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QUANDO IL LAVORO VIENE NEGATO AI GAY: HANNO IL 30% DI POSSIBILITA’ IN MENO DI ESSERE ASSUNTI

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

RAPPORTO DELLA FONDAZIONE RODOLFO DE BENEDETTI: CENTINAIA DI CURRICULA FITTIZI A CENTINAIA DI AZIENDE PER PROVARE LA DISCRIMINAZIONE

«Come un negro in una società  razzista». Così si sentiva, tanti anni fa, Pier Paolo Pasolini.
E così devono sentirsi, al di là  delle ipocrisie politicamente corrette, i gay italiani oggi. Lo dice una ricerca sul campo: trovar lavoro di questi tempi è dura per tutti, ma per un giovane omosessuale la difficoltà  aumenta del 30%.
I risultati del rapporto della Fondazione Rodolfo De Benedetti, diretta da Tito Boeri, non svelano una realtà  sorprendente.
Un dossier dell’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali del 2009 diceva che il Paese più omofobo d’Europa era la Lituania, dove il Parlamento si è avventurato a votare una legge che vieta programmi tivù, libri, giornali, pubblicità , film e ogni cosa che «possa dare una rappresentazione di tipo positivo dell’omosessualità  e della bisessualità ».
Ma al secondo posto c’era l’Italia.
E una decina di giorni fa, in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, un rapporto dell’Ilga (International Lesbian and Gay Association) su 49 Paesi europei ha confermato che, tolti i Paesi dell’Est europeo come Moldavia e Russia, Azerbaijan e Ucraina e certi Paesi molto conservatori (come il Liechtenstein, il principato di Monaco e San Marino) o di cultura islamica tipo la Turchia, siamo sempre, per rispetto dei diritti omosessuali, in coda.
Si dirà : colpa delle tradizioni culturali. No.
Anche la Gran Bretagna era un Paese omofobico.
Basti ricordare che sono stati necessari 55 anni perchè Gordon Brown chiedesse scusa alla memoria di Alan Turing, il matematico che, come ricorda Piergiorgio Odifreddi, era così strambo da legare con la catena al termosifone la sua tazza del tè ma fu determinante nella guerra a Hitler grazie alla sua capacità  di scoprire il «codice enigma» nazista, cosa che non lo salvò dalle vessazioni omofobiche che l’avrebbero spinto a uccidersi: «A nome del governo britannico e di quanti vivono liberamente grazie al lavoro di Alan, sono fiero di dire: perdonaci».
Per non dire del secolo trascorso prima che a Westminster fosse collocata una targa a Oscar Wilde, condannato al carcere per atti osceni e sodomia.
Era spietato con gli omosessuali, il Regno Unito.
E anche lì si regolarono per secoli come in Italia, dove certi statuti comunali come quello di Treviso stabilivano pene feroci per i «sodomiti»: «Il maschio privo di ogni vestito, in piazza, impalato e con il membro infilzato, rimanga lì tutto il giorno e tutta la notte. Venga arso vivo il giorno seguente fuori dalle mura…»
Lì, però, le cose sono cambiate.
E il dossier Ilga riconosce all’Inghilterra (21 punti) di essere il Paese meno razzista nei confronti dei gay davanti a Germania e Spagna (20 ciascuno), Svezia (18), Belgio (17).
Noi, staccatissimi, siamo a 2,5: «Sotto Andorra e Lituania e appena al di sopra di Estonia, Grecia, Kossovo e Polonia».
«Nel tuo lavoro attuale, è mai successo che una persona con cui lavori (capi, colleghi, sottoposti, clienti / utenti / committenti) sia stata discriminata e/o trattata ingiustamente perchè è LGBT oppure sembra LGBT», cioè gay, lesbica o transessuale?
Alla domanda del sociologo Raffaele Lelleri, per l’inchiesta presentata in questi giorni «Lavoro e minoranze sessuali in Italia: il punto di vista della popolazione generale», l’enorme maggioranza (l’83%) degli eterosessuali risponde di no: mai sentito.
Eppure pochi giorni fa l’Istat spiegava che «omosessuali e bisessuali dichiarano di aver subito discriminazioni a scuola e all’università , così come al lavoro, più degli eterosessuali: il 40,3% dichiara di essere stato discriminato contro il 27,9% degli eterosessuali.
Si arriva al 53,7% aggiungendo le discriminazioni subite nella ricerca di una casa, nei rapporti con i vicini, nell’accesso a servizi sanitari oppure in locali, uffici pubblici o mezzi di trasporto».
Il rapporto della Fondazione Rodolfo De Benedetti taglia la testa al toro: la discriminazione c’è. Pesante.
Eleonora Patacchini, Giuseppe Ragusa e Yves Zenou, autori de «Dimensioni inesplorate della discriminazione in Europa: religione, omosessualità  e aspetto fisico», studio che sarà  presentato il 9 giugno prossimo a Trani, hanno inviato nel periodo gennaio-febbraio 2012 a centinaia di aziende che offrivano lavoro a Milano e a Roma attraverso i siti web Monster e Job Rapido, 2.320 curricula fittizi.
Sette profili professionali: impiegato amministrativo, impiegato contabile, operatore di call center, receptionist, addetto alle vendite, segretario e commesso.
«A differenza del sesso di una persona – spiegano gli autori dell’indagine – le preferenze sessuali non sono una caratteristica di facile e diretta osservazione.
Così, per distinguere i candidati con una presunta “identità  omosessuale”, ad alcuni dei curricula è stato inserito uno stage lavorativo presso note associazioni di difesa e patrocinio dei diritti delle persone omosessuali (quali, ad esempio, ArciGay, ArciLesbica, etc.).
Al resto dei candidati è stato invece associato uno stage presso un’associazione culturale generica o in azienda».
Di più: «Per valutare l’impatto dell’aspetto fisico, a ogni curriculum è stata associata la fotografia di un ipotetico candidato (di età  appropriata rispetto alla durata dell’esperienza lavorativa e degli studi dichiarati), che era stata preventivamente valutata in termini di “bellezza”».
Risultato? Per quanto riguarda la bellezza, nelle assunzioni delle donne pesa.
Molto più che per gli uomini.
Ma i numeri più interessanti sono sulle preferenze affettive. «Se confrontati con i maschi eterosessuali, gli uomini omosessuali hanno il 30% in meno di probabilità  di essere richiamati per un colloquio. Le donne eterosessuali e omosessuali, invece, non mostrano significative differenze nei tassi di richiamata.
L’effetto penalizzante individuato per gli uomini è mitigato dal fatto di avere curricula “migliori” (più qualificati)? Niente affatto.
È anzi vero il contrario: l’effetto negativo di un’identità  omosessuale è addirittura più forte nel caso di persone con profili professionali più qualificati».
E torniamo a quanto diceva Pasolini nel suo paragone fra omosessuali e neri: passi per assumere un «negro» per i lavori bassi.
Ma assumerne uno così in gamba da avere sogni e ambizioni…

Gian Antonio Stella
(da “Il Corriere della Sera“)

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NASCE IL PARTITO DELLA FIOM: “ALLE POLITICHE CI SAREMO”

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

LANDINI E AIRAUDO PROPONGONO UN PATTO ALLA SINISTRA MA SI PREPARANO A SCENDERE IN POLITICA: SE L’ACCORDO SALTASSE, SI PRESENTEREBBERO DA SOLI

La Fiom si mette a fare politica? Condiziona la politica? Le chiede di cambiare rotta? Si candida a commissariare la politica sui temi del lavoro? Si candida e basta?
Da oggi, c’è da giurarci, anche questa variabile entrerà  come una bomba nel dibattito politico del paese aggiungendo un nodo di complessità  (ma anche di ricchezza) alla tessitura del nuovo centrosinistra.
Da oggi, c’è da giurarci, se ne discuterà , se non altro perchè – dopo un dibattito approfondito – il sindacato di Maurizio Landini ha deciso di rompere gli indugi e di muovere un primo passo che (consapevolmente) potrebbe fargli piovere sulla testa una grandinata di polemiche, ma che, ancora una volta, accenderà  l’attenzione sui metalmeccanici della Cgil e sulle loro battaglie.
Sta di fatto che da oggi comincia il conto alla rovescia per un appuntamento che nell’ultimo mese è stato preparato da una serie di incontri riservati con tutti i principali leader di partito del centrosinistra, di cui – quasi incredibilmente – fino ad oggi non erano trapelate nè la notizia nè il contenuto.
Sta di fatto che, il 9 giugno, a Roma, il gruppo dirigente della Fiom ha convocato a Roma Pierluigi Bersani, Antonio Di Pietro, Nichi Vendola, i movimenti, i sindaci progressisti.
Non sarà  una passeggiata per nessuno.
E il dato clamoroso è che se non ottenesse quello che chiede, una parte del gruppo dirigente non esclude di promuovere un cartello elettorale.
Così, per capire quale sia la posta in palio bisogna tornare all’ultimo comitato centrale del sindacatone rosso, meno di un mese fa, quando Giorgio Airaudo, il numero due della Fiom costruisce uno slogan che riassume mesi di discussioni: “In questi anni abbiamo fatto una battaglia per difendere i diritti, e per questo sempre inseguiti dall’accusa di fare politica. Da oggi in poi, visto che le nostre battaglie non hanno trovato sponda – dice – dobbiamo puntare a inserire i diritti e il lavoro nell’agenda della politica. Dobbiamo fare politica, quindi, a viso aperto, perchè il sindacato e i lavoratori non restino più soli”.
Anche chi non conosce il lessico sindacalese si può rendere conto che il teorema Airaudo apre una strada a una piccola rivoluzione.
Ma il fatto che nel parlamentino delle tute blu della Cgil nessuno quel giorno sollevi delle critiche, rende l’idea di quanto questa svolta sia maturata in profondità  nell’ultimo anno.
Lo scenario è quello delle battaglie legali, dei referendum nelle fabbriche, delle sentenze dei giudici disattese dalla Fiat, nel disinteresse pressochè generale dei dirigenti del centrosinistra.
“Dobbiamo riscrivere la lista delle priorità  – ama ripetere Landini – e i primi due punti più importanti si chiamano lavoro e diritti”.
Insomma, un mantra.
Quel giorno, nel comitato centrale non c’è più nemmeno Fausto Durante, leader dell’ala “Camussiana” della Fiom, la destra interna appena assurto ad un nuovo incarico confederale. Ma nessuno dei suoi eredi solleva dubbi.
Anche quelli abituati al gioco delle parti fra il gatto e la volpe, a cui Landini e Airaudo si sono specializzati in questi anni, restano stupiti quando Landini conclude dando la linea: “Dobbiamo costruire una iniziativa forte attorno alla Fiom che abbia un peso sulla politica”. Come, e in che modo?
In realtà , dal referendum Fiat fino al convegno di Monte Silvano Landini si sta arrovellando intorno a questa domanda.
La prima formula a cui la Fiom ha pensato è quella di un “Patto su lavoro e diritti” da proporre a tutti i candidati del centrosinistra nessuno escluso.
Una sorta di bollino di garanzia certificato dal sindacato, o – se volete un modello – un remake sociale di quello che fu il patto Segni nel 1993.
Al posto dei vincoli sulla riforma elettorale, la Fiom vuole organizzare un impegno su questi temi:
1) La riscrittura della riforma previdenziale sui lavori usuranti e sul riconoscimento differenziato della fatica del lavoro
2) Un pacchetto di leggi per il riconoscimento della democrazia sindacale
3) Una legge sui precari
4) La modulazione di un salario di cittadinanza
5) Un impegno del governo a sostenere un piano strategico sulle politiche industriali.
La prima notizia è che nessuno dei leader ha rifiutato l’invito o ha pronunciato un ‘no’ preliminare.
Anzi, il leader che potrebbe avere qualche problema alla sua “ala destra”, a sottoscrivere il patto – Bersani – non ha chiuso nessuna porta. Anzi, ha detto: “Ci sarò”.
La seconda è che la sortita Vendola-Di Pietro con l’ultimatum al Pd forse avviene anche perchè in questo scenario complesso sono molti i protagonisti che si muovono.
Non è un caso che Landini e Airaudo abbiano incontrato anche il gruppo dei professori de l’Alba (la Fiom era presente all’assemblea fondativa con il suo numero due) e il gruppo di MicroMega di Flores D’Arcais.
L’incontro con Vendola, fra l’altro è avvenuto subito dopo il primo turno delle elezioni francesi. Dove gli uomini della Fiom hanno osservato con molta attenzione il risultato di Jean Luc Melenchon, che con il suo Front de Gauche ha ottenuto un risultato a due cifre (federando tutte le sinistre radicali) e riuscendo nel risultato politico, per loro ancora più importante, di spostare “a sinistra” il baricentro della campagna di Francois Hollande.
Infine il rischio: con questa iniziativa la Fiom bypassa anche la Cgil della Camusso. Un leader storico delle tute blu come Gianni Rinaldini, ascoltatissimo padre politico di Landini, non nasconde la sua visione, molto critica sulle scelte di corso Italia: “La Cgil avrà  motivo per interrogarsi sui suoi rapporti di subalternità  ai partiti. Vedo grande agitazione e slogan – osserva l’ex numero uno della Fiom – ma un sindacato che alla fine ratifica le mediazioni della maggioranza”.
Anche Rinaldini sogna un ruolo propositivo: “Nel mondo dove la sinistra funziona i sindacati fanno questo: pensate al Brasile, dove nel Pt questo schema ha funzionato, eccome”.
Già . Perchè nella Fiom, e nei movimenti che ha aggregato, sono molti a credere che Landini possa essere un nuovo Lula.
Magari anche nelle prossime elezioni.

Luca Telese blog

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SALLUSTI E CICCHITTO LITIGANO SUL “FATTO”

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

ALL’EDITORIALE DEL DIRETTORE DE “IL GIORNALE” REPLICA MEZZO PDL: “UNA TESI CHE FA RIDERE I POLLI”

Nel partito berlusconiano dell’amore è il momento della vendetta travestita da surrealtà , se non sublime metafisica della Casta.
Ieri il direttore del “Giornale” Alessandro Sallusti ha fatto a pezzi Fabrizio Cicchitto, già  socialista e piduista, colpevole di andare a braccetto con Marco Travaglio e il “Fatto”.
In realtà , a Sallusti sono saltati i nervi la settimana scorsa quando ha letto uno sfogo telefonico rubato a Cicchitto sull’agonia del Pdl: “Non ci faremo sciogliere da Sallusti e dalla sua Ninfa Egeria” alias Daniela Santanchè, pasionaria del movimentismo di centrodestra.
Così il direttore del “Giornale” ha deciso di rispondere con un editoriale sulle “trappole della sinistra”.
Forse gli sarà  andato stretto il paragone con Numa Pompilio, il re di Roma cui la Ninfa Egeria dettava le riforme.
Vuoi vedere che la nuova Ninfa detta gli articoli a Pompilio Sallusti? Del resto i due formano un’affiatata coppia che con affetto Vittorio Feltri appellò come i nuovi Rosa e Olindo.
L’attacco di Sallusti a Cicchitto prende le mosse dal “complesso di inferiorità  culturale” del centrodestra nei confronti dei quotidiani di sinistra, “per cui se non esisti su quei giornali non esisti in assoluto”.
Ed ecco il colpo di genio pescato dal repertorio della cieca e furiosa vendetta: “Quel genio di Cicchitto va a braccetto con quelli de Il Fatto, che nella migliore delle ipotesi lo considerano un piduista e che alla prima occasione gli faranno un servizietto barba e capelli”.
Poi il capo d’accusa: “I nostri eroi (tra cui Cicchitto, ndr) tremano per i deliri di Scalfari, si bevono per vere le analisi dei tromboni sul Corriere, ma quotidianamente insultano i pochi giornali con loro (fin troppo) comprensivi per i i quali vanno a piangere tutti i giorni da papà  perchè licenzi questo direttore o faccia cacciare quel giornalista”.
Finale: Noi “raccontiamo la verità , checchè ne pensino Cicchitto e il suo amico Travaglio”.
La risposta del capogruppo del Pdl alla Camera è stata all’insegna della fantasia al potere, un classico del lessico di Cicchitto: “Caro Sallusti, la fantasia è una dote dei romanzieri, non dei giornalisti, che comunque, anche nella polemica, dovrebbero fare i conti con la realtà . Infatti solo uno sforzo sbrigliato di fantasia può portare a dire che vado ‘a braccetto’ con quelli del Fatto e che Travaglio è un mio ‘amico’”.
Cicchitto fa chiarezza sulla fantasia di Sallusti e arriva al nodo della questione, compresa la minaccia di fargli barba e capelli da parte nostra: “Già  da tempo tutto ciò è in atto nei miei confronti da parte di quel quotidiano che recentemente è arrivato anche a riportare in modo forzato e parziale brani di una mia telefonata privata. La cosa ovviamente non mi sorprende. Quello che è sorprendente è invece ciò che su questo terreno sostiene il Giornale che, avendo deciso di attaccarmi, casomai potrebbe scegliere altri argomenti: ad esempio che sono da rottamare come tutti i professionisti della vecchia politica, che mi permetto di mantenere una autonomia di giudizio nei confronti di tutti, anche nei confronti dello stesso Giornale; ma affermare che vado d’accordo con quelli del Fatto fa solo ridere i polli”.
Siamo d’accordo. Polli ma anche galli e galline.
In difesa di Cicchitto sono accorsi vari esponenti del Pdl che si sono detti sgomenti o sbigottiti o sorpresi della vendetta di Pompilio Sallusti.
Da Giro a Osvaldo Napoli passando per l’ex ministro Raffaele Fitto.
Tutti contro Sallusti.
A conferma che nel Pdl è in corso una guerra tra quelli che vorrebbero ancora Berlusconi sul ponte di comando (da king-maker ma anche da candidato premier) e chi invece pensa che lo scalpo del Cavaliere sia la garanzia migliore per attirare i famigerati moderati insieme con Casini e Montezemolo.
Tra i primi ci sono Sallusti e la Santanchè.
Per i secondi vale il caso di Cicchitto, che un mese fa a Orvieto parlò di carisma appannato del Capo.
A proposito, nella telefonata rubata al capogruppo, le liste civiche nazionali che la Santanchè vorrebbe fare sono definite come “le liste della Repubblica di Salò e delle mignotte”.
Testuale.
Lo garantiamo a Sallusti.

Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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“FORMIGONI SULLO YACHT OGNI SETTIMANA”: IL COMANDANTE SMENTISCE IL GOVERNATORE

Maggio 29th, 2012 Riccardo Fucile

L’IMBARCAZIONE E’ UNA FERRETTI DI 27 METRI, VALORE 2 MILIONI DI EURO…”MA CHE POCHI WEEK END, ERA UNA PRESENZA ABITUALE”

“Formigoni in barca era ospite fisso. E, aggiungerei, gradito. Veniva quasi ogni week end. Da giugno a settembre. Con Daccò, certo, ma non soltanto con lui. Per quanto mi riguarda del presidente ho un ottimo ricordo: averlo a bordo era un piacere, è una persona seria che stimo”. La voce dell’ex comandante di “Ad Maiora” arriva al telefono da un porto della Costa Azzurra. Ligure, oltre la quarantina, l’uomo che per tre anni – da giugno 2007 a ottobre 2010 – ha portato per mare Roberto Formigoni in Costa Smeralda accetta di parlare ma chiede che non si riveli il suo nome. “Adesso lavoro per un’altra società , su un’altra barca, mi capisca…”.
Due anni fa il faccendiere Pierangelo Daccò, o meglio, Eurosat, la società  titolare di “Ad Maiora”, gli ha dato il benservito sostituendolo con un comandante croato.
Lui dice che forse il collega “costava meno”, e però non serba rancore.
Ricorda comunque con piacere le tre estati sarde.
A partire da colui che sul panfilo – un Ferretti di 27 metri, due ponti, cabina armatoriale con tanto di gigantesco rosario e altarino, più altre quattro cabine, valore 2 milioni – era considerato l’ospite numero uno.
Il “presidente”.
L’ex comandante però smentisce Formigoni. Altro che “solo qualche week end”, come ha affermato domenica il governatore. “Tra tutti gli ospiti Formigoni era quello che veniva più spesso – racconta – . Si iniziava a giugno e si andava avanti fino a settembre. E lui non mancava praticamente mai”.
Portisco è un molo esclusivo a due passi da Porto Cervo.
D’estate qui sono attraccati gli yacht di chi a una casa galleggiante ne abbina anche una sulla costa: e i valori richiedono diversi zeri.
L'”Ad Maiora” ha sempre fatto base qui. Adesso non c’è, dicono sia in un cantiere ligure. Altri raccontano, ma non si trova conferma, che Eurosat, dopo l’arresto di Daccò, l’abbia venduta a chissà  chi.
“Non lo so, posso solo dire che quando la portavo io veniva usata, e anche molto. Le giornate di Formigoni in barca? Arrivava verso le undici o mezzogiorno. Si metteva sul ponte a lavorare al computer e al telefono. Era uno che in vacanza al divertimento sapeva abbinare anche il lavoro. Mi è sempre sembrato una persona seria. Dopodichè ditemi a chi non piace divertirsi in barca…”.
Già , soprattutto se si è ospiti di un munifico consulente (Daccò) che sa muoversi “nei mari della sanità¡” con la stessa disinvoltura con cui offre le vacanze in Costa Smeralda e ai Caraibi.
“Credo che il presidente alloggiasse nella villa del signor Daccò, ma non posso esserne sicuro. A bordo pranzavano, facevano il bagno e la sera scendevano per andare a cena. Chi pagava? Non so. So che le spese della barca erano tutte a carico della società¡. Per quanto riguarda gli ospiti deduco fossero ospiti”.
Al porto di Portisco ieri girava una voce che non trova conferma. “L’Ad Maiora è di Formigoni”.
L’ex comandante della barca la spiega così: “In tutti i porti, quando si vede un personaggio che sta sempre su una barca, si tende a dire che è di sua proprietà . Invece è solo ospite assiduo”.

Paolo Berizzi
(da “La Repubblica“)

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