Destra di Popolo.net

I LEGHISTI VENETI FANNO SALTARE L’INCIUCIO DI MARONI: “BASTA SILVIO, ANDIAMO DA SOLI”

Dicembre 11th, 2012 Riccardo Fucile

MARONI PRENDE TEMPO: “NON SO SE SILVIO ALLA FINE SI CANDIDERA'”

Moderatamente possibilisti in Lombardia, sulle barricate nel Veneto.
Dilemma amletico, per la Lega, all’indomani dell’aut aut del Pdl, che prima di dare il via libera alla corsa di Maroni verso il Pirellone, pretende che il Carroccio si impegni a ricostituire la vecchia alleanza alle elezioni politiche, che si terranno lo stesso giorno delle regionali lombarde. E perdipiù con Berlusconi candidato premier.
Una prospettiva che i veneti vedono come il fumo negli occhi, come dice la miriade di messaggi arrivati ai dirigenti: sono attivisti, militanti e anche semplici elettori infuriati.
Che del Cavaliere non vogliono proprio saperne.
E tanto basta a non escludere strappi dolorosi nel caso in cui Maroni dovesse cedere al ricatto del Cavaliere. Lo fa capire Federico Caner, vicesegretario federale e capogruppo della Lega in Regione Veneto: «Posso anche ammettere che qualche amico lombardo sia tentato da questo scambio, ma per avere la Lombardia non possiamo essere disposti a tutto ».
Insomma: «Se noi ci alleassimo di nuovo con il Pdl, e con Berlusconi ancora in campo, la Lega sarebbe finita, e questo da noi lo dicono tutti, ma proprio tutti; per questo alle politiche dobbiamo andare da soli».
Già , non è solo il solito Flavio Tosi a recitare l’ormai (per lui) consueta litania sul Berlusca da evitare come la peste.
Ieri si è scomodato di nuovo il governatore Luca Zaia («Fino a prova contraria correremo da soli»), evidentemente preoccupato dai venti di rivolta che soffiano nella Liga veneta.
Fosse per loro, il “federale” della Lega che si riunirà  in via Bellerio per rispondere al prendere o lasciare del Pdl dovrebbe fare una cosa sola: una pernacchia al Cavaliere.
Ancora Caner: «Per la sua storia e per quello che rappresenta Maroni è un ottimo candidato, io sono convinto che gli elettori lombardi premieranno il suo coraggio se rinuncerà  a ragionare in termini di tornaconto » – E se così non fosse? «Temo che nel Veneto il partito ci scappi di mano».
Lui, il segretario, rimanda tutto a lunedì.
Nell’attesa sceglie di avvolgere nei dubbi l’annunciata ridiscesa in campo del Cavaliere: «Non sono sicuro che la candidatura di Berlusconi verrà  mantenuta ».
E si affida a quello che lui stesso definisce «un sogno»: «Ho la sensazione che alla fine prevarrà  la voglia di rinnovamento».
Dunque anche “Bobo” sa di correre qualche rischio, se dovesse accettare un nuovo matrimonio elettorale con Berlusconi. Glielo ha detto un sondaggio dell’Swg: in Lombardia l’appoggio del Pdl aggiungerà  10 punti percentuali alla sua candidatura, ma con il Cavaliere di nuovo in pista per la leadership si registrerebbe un calo del 20.
Per questo Maroni ieri ha annullato la consueta segreteria politica del lunedì, sostituendola con una riunione informale in via Bellerio.
Nessuna dichiarazione, tutto rimandato a lunedì, ma intanto “Bobo” vuole vederci più chiaro.
E così ha commissionato nuovi sondaggi, e chiesto altro tempo per tastare la sempre più inquieta base.
Particolare degno di nota, segretario in Lombardia è quel Matteo Salvini che in questi giorni si sta esponendo al massimo per scongiurare l’ipotesi di un ritorno dell’alleanza con il Cavaliere: «Pensiamo solo alla Lombardia, con Maroni siamo sicuri di vincere; a oggi non sono state decise alleanze, nè accordi, nè ticket o scambi di alcun tipo».
Con buona pace del tandem già  immaginato dal signore di Arcore: Mariastella Gelmini vice di Maroni.
Quella di Salvini è una voce autorevole, ma tra i fedelissimi di Maroni c’è anche chi, come il sindaco di Varese, suona un’altra musica: «Dobbiamo ottenere la presidenza della Regione a qualsiasi costo; il nostro progetto di tornare al territorio è troppo importante, e siccome a Roma le abbiamo provate tutte senza portare a casa nulla, dobbiamo concentrarci sulla Lombardia, il teatro della nostra battaglia per la vita».
La tentazione è forte: ma anche le controindicazioni lo sono.
«Forse – si sfoga un fedelissimo di “Bobo” – in Lombardia da soli perderemo, ma il partito ne uscirà  più forte perchè avremo compiuto una scelta di coerenza; se invece perdessimo con Berlusconi non ci risolleveremmo più».

Rodolfo Sala
(da “la Repubblica”)

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RABBIA E DUBBI SULLE PRIMARIE DI GRILLO: “UN IMBROGLIO”

Dicembre 11th, 2012 Riccardo Fucile

CIRCA 32.000 VOTANTI PER 1,400 CANDIDATI… SUL WEB CRESCE L’INDIGNAZIONE PER I NUMERI E LE PROCEDURE POCO TRASPARENTI

Una «presa in giro stratosferica», una «farsa», un autogol imperdonabile.
A quattro giorni dalle «parlamentarie» del Movimento 5 stelle, cresce sul web il tam tam dei delusi, che tra rabbia e amarezza si scagliano contro quelle primarie 2.0 celebrate da Grillo come un’iniezione di democrazia per designare i candidati alle prossime politiche.
Una traccia d’indignazione che s’ingrossa persino sul blog del comico genovese.
«E questa sarebbe la democrazia dal basso? Siete uguali agli altri, anzi peggio. Fate finta di farci fare le scelte, ma decidono solo due persone…», s’indigna Giuseppe C. che grida all’imbroglio. «Più che un flop. Non ci si è avvicinati neanche lontanamente alla partecipazione alle primarie del Pd, in cui ci si doveva recare fisicamente a votare», contesta Daniele F., che riflette: se il voto attraverso il web non coinvolge più votanti di quelli che si prendono la briga andare fisicamente ai gazebo (e fare pure file e trafile), che senso ha?
«Per chi sperava nella vera partecipazione dal basso è veramente una sconfitta».
Per non parlare di numeri ancora avvolti dal mistero.
Chiuse le urne ai click, Grillo aveva parlato di 95.000 voti disponibili per 1.400 candidati. Senza però ricordare che ogni votante aveva tre preferenze da esprimere, nè rendendo noto il numero effettivo dei votanti.
Ed ecco allora che già  si va a spanne: considerato che le circoscrizioni erano 31, la media sarebbe di circa 1.000 voti ciascuna, per un totale di circa 32 mila votanti.
Insomma, quanto a partecipazione è un eufemismo dire che le parlamentarie grilline non hanno brillato.
Ma pure a trasparenza non sono messe bene.
Nessuno può certo dire che i dati siano stati manomessi, ma non sarebbero state messe in atto le minime cautele per evitare che qualcuno potesse farlo.
«La trasparenza e serietà  delle parlamentarie è ben rappresentata dal fatto che persino su questo blog la maggior parte continua a parlare di 95 mila votanti. Molti capilista hanno preso meno della metà  delle preferenze del mio rappresentante d’istituto delle superiori», protesta Luca C., con lo stesso tenore delle polemiche che corrono su facebook e forum vari.
Tanti i passi falsi elencati da un ormai ex simpattizzante, Francesco Vito Tassone («In questo modo avete perso il mio voto», «per mandare gente in Parlamento un poco di serietà  in più non avrebbe guastato»), che consiglia, nell’ordine, di indicare i voti ricevuti da ogni candidato, stabilire un numero minimo di preferenze da prendere per essere candidati, «minimo 1000 non sarebbe male», e poi rifare tutto: «con 32.000 votanti per 1400 candidati si rasenta il ridicolo». Ma soprattutto sarebbe stato il caso di «rendere pubbliche le procedure di sicurezza. Con un “tor” parola d’ingegnere si fanno miracoli».
In assenza di numeri ufficiali, quelli stimati parlano di candidature scelte con delle manciatine di voti. In Emilia Romagna, roccaforte del M5S, avrebbero votato in 1.774 e la più gettonata, Giulia Sarti, ha vinto con 374 preferenze.
Altrove i candidati sono finiti in cima alle liste con appena qualche decina di voti.
In realtà , per chi non ha votato, il numero delle preferenze ricevute da ognuno resta un mistero. Consultando gli elenchi sul blog, infatti, compaiono solo nome, cognome e posizione in lista.
Ma le informazioni appaiono se si accede al portale con le credenziali utilizzate per votare.
Nel Lazio 1 la capolista Federica Daga ha preso 390 voti. In Umbria invece, su 311 votanti, per la Camera è capolista Tiziana Ciprini, impiegata, 84 preferenze, e poi giù a scendere vertiginosamente, in una lista in cui scorrono nomi, età  e professioni dal libero professionista all’artigiano, l’operaio, il disoccupato, lo studente, il pensionato di candidati scelti un pugno di voti.
Ma l’amaro in bocca l’ha lasciato anche la presenza, tra gli aspiranti candidati, di parenti e fidanzate di altri esponenti grillini, di cui Corriere.it nei giorni scorsi ha fatto l’elenco.
Però, scusate tanto, «perchè penalizzare qualcuno solo perchè è parente?
Le persone sono state votate dagli iscritti», replica Vito Crimi, candidato 5 stelle al Senato. «Nessun nepotismo, mia sorella è stata candidata perchè ne ha i requisiti», assicura dalla Sicilia Giancarlo Cancelleri, leader grillino all’Ars e fratello di Azzurra, in corsa per la Camera. Mentre Valentino Tavolazzi, epurato della prima ora da Grillo, contesta il «Casaleggium» e prega: almeno, ci dicano in quanti hanno votato.

Alessandra Rubenni

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BERLUSCONI- CHOC: “LO SPREAD? UN’INVENZIONE, MA CHE C’IMPORTA?”

Dicembre 11th, 2012 Riccardo Fucile

E ANNUNCIA: “SOLO IL 10% DEI PARLAMENTARI USCENTI SARA’ RIPRESENTATO”… SE GLI EX AN SE NE ANDASSERO, SI RITORNA A FORZA ITALIA

«Ma a noi che ci importa dello spread? È un imbroglio, un’invenzione» Silvio Berlusconi-choc all’indomani del crollo dei mercati italiani che hanno reagito con un pesante ribasso alle dimissioni di Mario Monti e all’annuncio del ritorno in campo del Cavaliere.
LA UE E MONTI
Durante la Telefonata su Canale Cinque l’ex premier ha risposto con un «neanche per sogno» a chi gli ha chiesto se il suo ritorno in scena preoccupi l’Ue. «Fin quando a rappresentare Italia ero io, ero uno tra i due o tre capi di governo più autorevoli, l’unico che veniva dalla trincea del lavoro. Certo – osserva – mi opponevo alle richieste tedesche come quelle che hanno quasi portato la Grecia alla guerra civile». Per Berlusconi, l’economia italiana «è molto peggiorata» con il governo «germanocentrico» di Mario Monti. «Il Pil è sceso del 2% con questo governo, tutti gli indicatori sono peggiorati».
LA TESI
«Siamo andati avanti da quando c’è l’euro a pagare il 4,3% – ha osservato Berlusconi – la Germania il 3,3%. Poi però la Germania ha deciso di fare una cosa nel suo interesse, ordinando di vendere tutti i titoli del tesoro italiani. A quel punto, i fondi americani e internazionali hanno pensato che se la Germania vende, ci sarà  sotto qualcosa e hanno iniziato a vendere anche loro».
«Gli investitori, dunque, per investire nel nostro debito pubblico e in quello dei paesi “cicala” hanno ritenuto di chiedere un premio per il rischio, anche solo teorico, che correvano, chiedendo il 14% alla Grecia, il 7% al Portogallo ed il 6% a noi. La Germania ha approfittato di questo e forte del suo debito sovrano solido ha abbassato i tassi dell’1%. Ma a noi – ha ribadito – cosa importa?»
IL NOME E I SIMBOLI
«Pdl è un bel nome ma non viene mai usato per esteso scegliendo sempre l’acronimo che non suscita emozioni» ha detto poi Berlusconi che ha ventilato il ritorno a FI e ai simboli del ’94.
«Se dovesse accadere che gli ex An dessero vita ad una loro formazione allora cadrebbe il veto a che il Pdl non cambiasse nome, potremmo sottoporre alla nostra Direzione un altro nome, oppure mantenere questo con un simbolo diverso e cioè quello glorioso di Forza Italia usato nel 1994».
LISTE E ALLEANZE
«Abbiamo deciso di presentare un movimento con una forte immissione di forze nuove con un 50% di candidati del mondo delle imprese, del lavoro e delle professioni, un 20% di amministratori locali rieletti e che hanno saputo ben lavorare e un 10% di nuove persone del mondo della cultura, dell’università  e dell’arte. Ci sarà  infine un 10% dai nostri parlamentari attuali».
Berlusconi ha quindi annunciato un incontro con Roberto Maroni in serata per discutere dell’alleanze con la Lega.

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IL CAVALIERE ATTACCA MONTI: “E’ LUI IL MANDANTE DEGLI ATTACCHI EUROPEI CONTRO DI ME”

Dicembre 11th, 2012 Riccardo Fucile

I DISSIDENTI PDL CERCANO CONTATTI CON MONTI IN VISTA DELL’ADDIO AL PDL

È il giorno del Cavaliere in trincea. «Mi stanno mettendo contro le cancellerie di mezza Europa, ma io non mi arrendo, vuol dire che facciamo ancora paura».
È un assedio, nel giorno in cui giornali, governi e mercati gli addossano la responsabilità  della crisi italiana, del nuovo segno meno in borsa e dello spread tornato a impennarsi.
Silvio Berlusconi ribalta, denuncia la «manovra speculativa » in una nota, ma nei colloqui privati alza il tiro, è ancora più esplicito. E chiama in causa Monti.
Questa mattina nuova riunione a Arcore, prima di spostarsi a Roma per riunire ancora una volta i suoi a Palazzo Grazioli.
I breafing si susseguono, campagna iniziata, attacchi da respingere. «Vogliono intimorirmi, ma io non cedo » va ripetendo. Il sospetto, che si guarda bene dal rendere pubblico, è che il premier Monti non sia affatto estraneo al fuoco di fila scatenato in mattinata contro di lui. Guarda caso – ragionava ieri ad Arcore – tutto accadeva nelle stesse ore in cui il presidente del Consiglio dimissionario si trovava ad Oslo al fianco di Merkel, Holland, Barroso per il Nobel all’Ue.
«È la dimostrazione che lo spread più che un indicatore finanziario è una clava, che usano a fini politici, come un anno fa» è il refrain di Berlusconi.
Pronto a denunciare le «storture» di Bruxelles, in una campagna tutta da giocare in chiave nazionalista, in difesa di interessi e aziende italiane.
Intanto, giovedì 13 a maggior ragione intende prendere parte al vertice dei leader Ppe che a Bruxelles precederà  il Consiglio europeo. Intenzionato più che mai a «metterci la faccia» sul suo ritorno, anche in Europa, a dispetto dello scetticismo e delle ostilità  dei partner dello stesso Partito popolare.
Ma è un altro genere di offensiva che preoccupa il Cavaliere in queste ore.
Quella delle «Procure», per dirla col suo linguaggio.
Due i segnali che ha registrato dal fortino di Villa San Martino. La nuova inchiesta a carico del fedelissimo – e regista della nascitura Forza Italia 2 – Denis Verdini. E poi, la reazione dei pm milanesi alla «irreperibilità  » di Ruby nel processo omonimo. «Hanno iniziato anche loro la campagna elettorale, è la giustizia a orologeria, puntuale » si è sfogato nel pomeriggio Berlusconi col suo inner circle.
Invece a preoccupare lo stato maggiore del Pdl a Milano è la scarsa tenuta della Lega sull’ipotesi dell’alleanza in Lombardia.
Sono tornati a parlarne, dopo il vertice a casa Berlusconi di domenica sera, in una nuova riunione Formigoni, Gelmini, La Russa, Ravetto, Santanchè, Corsaro, tra gli altri.
Tutti poco inclini a fidarsi del Carroccio al punto da «regalare » il Pirellone. Berlusconi al contrario appare convinto.
La strategia già  pianificata dal Cavaliere prevede, con l’accordo al Nord, anche il via libera a una Lista Sud da affidare a una schiera di amministratori meridionali, guidata dai governatori Caldoro e Scopelliti.
Assieme a un’eventuale (al momento per nulla sicura) squadra di ex An.
Più liste per la rinnovata coalizione di Centrodestra nazionale.
Più posti in lista con cui soddisfare i troppi appetiti.
Il leader è sempre più galvanizzato dai sondaggi, raccontano. L’ultima rilevazione de “La7” riconosce il 16 al Pdl, in crescita di un punto.
Ma anche i report di Alessandra Ghisleri, ha confidato ai suoi Berlusconi, registrerebbero un trend in costante «crescita» da quando lui ha rotto gli indugi.
Non ne sono altrettanto convinti i cattolici e alcuni liberal del Pdl.
In tanti si stanno muovendo in altre direzioni. «Grave errore ignorare le reazioni estere e dei mercati, serve autocritica» attacca di nuovo Franco Frattini.
Ma anche il governatore friulano Renzo Tondo, cattolico, vicino all’ex ministro Sacconi, sostiene che «Berlusconi ha sbagliato a non favorire il ricambio e a non aver fatto un passo indietro».
Pisanu non fa più mistero di non condividere più nulla.
Il deputato Cazzola è su quella linea, continua a tacere Quagliariello, Mario Mauro in rotta ha incontrato due giorni fa Monti.
E poi Albertini, in corsa per la Lombardia: «Berlusconi ormai lontano dalla realtà , si sente Zeus».
Col Pdl che cambia nome ma non leader, in tanti stanno cercando nuove sponde.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)

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IL RITORNO DELLA MUMMIA: SULLA STAMPA ESTERA SCATTA L’ALLARME

Dicembre 11th, 2012 Riccardo Fucile

DAGLI USA ALLA GERMANIA, BERLUSCONI IN PRIMO PIANO

«Sotto il segno del populismo» scrive Le Figaro: e pazienza.
«Ombre sul futuro dell’Italia » titola El Pais: vagli a dare torto.
È «farsa italiana» per la Frankfurter Allgemeine Zeitung: ecco, ci risiamo.
Il ritorno di Berlusconi, secondo il Times, è «l’ultima cosa di cui l’Italia ha bisogno ». Mentre con un’immagine più forte, il Guardian sostiene che del medesimo evento il nostro paese ha necessità  «come di un colpo di rivoltella in testa».
«Aiuto! Berlusconi torna » si allarma perfino La Nouvelle Republique di Tours.
Ma è doloroso, a fine giornata, leggere, raccogliere e montare tutto ciò che all’estero sta venendo fuori sull’Italia.
Ed è ancora più triste trovargli un senso e non solo perchè sembra di essere ripiombati nell’autunno del 2011.
Titolacci, suggestioni, foto emblematiche, presto arriveranno le vignette: «Il ritorno della mummia» scherza già  Liberation.
O forse nemmeno scherza — e allora è anche peggio.
«L’organizzatore di party» scrivono a Londra.
«L’eterno macho» leggeranno domani i tedeschi sullo Spiegel.
A Madrid il sito di Abc ha organizzato un sondaggio istantaneo con la seguente domanda: «Crede che le dimissioni di Monti aggraveranno la crisi in Italia e in Europa?».
E fa male, e un po’ anche paura sapere che per quasi il 95 per cento la risposta è sì. Negli Stati Uniti la caduta del governo suscita reazioni che finiscono quasi per rimuovere la figura di Berlusconi.
«Esce Monti il tecnocrate, arriva Monti il politico?» s’interroga il New York Times come auspicando la riconversione di un premier che tanta credibilità  aveva conquistato nelle due Americhe che contano: la Casa Bianca e Wall Street.
Al di là  dell’oceano scrutano l’orizzonte, o meglio si sforzano di cogliervi delle possibili novità .
Il quotidiano della finanza (e di Murdoch) dedica un ampio reportage a Pier Luigi Bersani. Nel titolo gli attribuisce «una mano ferma», nel sottotitolo evidenzia la promessa di rispettare «gli impegni economici presi dall’Italia».
Se qui avviene il patatrac, ormai, è peggio per tutti.
El Mundo fa notare che la relativa calma dello spread spagnolo si è già  alterata dopo le dimissioni del governo tecnico.
E in Germania sperano che, buttandosi certo il Cavaliere alla rincorsa del voto di protesta, l’impegno politico Monti porti a raccogliere intorno a sè gli elettori moderati e di centrodestra delusi.
Ma poi, al di là  delle analisi ragionevoli e delle legittime convenienze, cadono le braccia e sale la vergogna per il modo — informato sui fatti e impeccabile nello stile con cui Le Monde si sofferma sulle ultime mosse di Berlusconi in un lungo articolo che non tralascia nulla del grottesco tramonto del Cavaliere, la perdurante smania calcistica, le condanne giudiziarie, l’affare Ruby, la villa sontuosa acquistate a Dell’Utri e la «bicoque» dal «compositeur et guitariste napolitain Mariano Apicella»; e lo stipendio alle olgettine, il rapimento Spinelli, i guai di Mediaset, il grillo parlante Letta, addirittura l’«amazzone» Biancofiore che ancora lo definisce «Superman», i soffietti del Tg5…
E anche qui ci sarà  sincera preoccupazione per il destino d’Italia.
Ma dinanzi alla figura incredibile di Berlusconi, e oggi ancora più pazzesca per via della sua disperata rincorsa elettorale contro tutti e contro tutto, insomma, chi ha esperienza, per non dire praticaccia di giornalismo, capisce al volo che all’estero sentono odore di fiamme, di buffonate e di cenere, di commedia e di melodramma, una partitura ed è la nostra una storia che va scrivendosi da sè con tutti i crismi, i generi e anche gli inesorabili stereotipi che in giro per il mondo fanno sorridere, e insieme fanno alzare gli occhi al cielo e scuotere la testa: ah, questi italiani, ah, questo Berlusconi!
Così unico e così italiano.
Sempre pronto ad accusare i corrispondenti esteri di essere comunisti o di farsi rifornire di notizie e interpretazioni dai comunisti.
Ma senza alcuna allegria, adesso, anzi con qualche sgomento, viene da ripensare alla copertina dell’Economist che segnalando l’inadeguatezza presidenziale implicitamente poneva sotto accusa il popolo che quel leader «unfit» aveva innalzato a quel ruolo.
E si capisce anche come nel corso di questi ultimi quattro anni certi segni, certe osservazioni, certi rimbrotti, certe spiritosaggini siano uscite con sollievo dalla disponibilità  della memoria.
Passi per i disegnini satirici e l’attualizzazione degli imperatori romani, Nerone soprattutto, che suonava la cetra mentre Roma bruciava.
Passi addirittura, all’estremo limite della pazienza, per aver Berlusconi spiegato in una cena alla stampa estera che quelle sue feste erano davvero eleganti, nessun toccamento, figurarsi, oltretutto «per trovare il pisello di Fede, che ha 80 anni, devi fare la caccia al tesoro», come riportò il Times.
Ma forse oggi è bene ricordare che nel pieno della bufera finanziaria che da Roma stava destabilizzando l’euro, il Financial Times, che pure sarebbe un quotidiano abbastanza compassato, mise in pagina questo titolo: «In nome di dio e dell’Italia, vattene».
E che qualche giorno prima un importante editorialista del New York Times, James Stewart, aveva iniziato così il suo articolo: «Di colpo mi sono reso conto che il valore del mio fondo pensione potrebbe dipendere da Silvio Berlusconi».
All’altro capo del mondo, del resto, venuta a sapere dei giochini con le ragazze vestite da infermiere ad Arcore, una tv giapponese aveva realizzato dei Manga in 3D in cui i pupazzi si muovevano con gestualità  molto lente, orientali, a noi sconosciute.
Ecco, il presidente Monti e ancora di più i suoi ministri avranno anche combinato dei guai, ma cartoni animati, e cacce al tesoro, e ombre, e mummie, e farse no, quelle sembravano archiviate.
Ma evidentemente non era così anche se è molto duro e penoso accettarlo.

Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica“)

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SCAMBIO DI CORTESIE TRA ALFANO E DELL’UTRI: “UN POVERO DISGRAZIATO”, “NON HA LE PALLE”

Dicembre 11th, 2012 Riccardo Fucile

NEL PDL TRA I DUE ESPONENTI SICILIANI FINISCE A INSULTI

La nuova discesa in campo di Silvio Berlusconi rischia di provocare una nuova resa dei conti all’interno del Pdl.
Come dimostra questo scontro verbale, rapidamente salito di tono fino agli insulti, tra il segretario Angelino Alfano e il senatore (amico fraterno di Berlusconi) Marcello Dell’Utri.
DELL’UTRI
Alfano, «è persona brava e capace, ma non ha la maturità  per aspirare al premierato», ha detto Dell’Utri in un’intervista rilasciata a Repubblica.
«La segreteria Alfano non è mai esistita. Poveretto, non ha potuto cambiare niente, se siamo ridotti in questo stato è perchè il partito è imploso, non si è rinnovato», ha spiegato il senatore siciliano.
ALFANO
Non si è fatta attendere la replica del segretario del Pdl: «Dell’Utri – ha detto durante la trasmissione tv “Porta a porta” – è un povero disgraziato per quello che gli sta succedendo. E parla a ruota libera permettendo agli osservatori di pensare che il suo sia il pensiero di Berlusconi e questo nuoce al presidente. Credo che Berlusconi debba porsi seriamente il problema della composizione delle liste».
LA NUOVA REPLICA
Passano pochi minuti ed arriva la controreplica di Dell’Utri: «Io ho già  detto chiaramente quello che penso del segretario, un povero disgraziato l’ho detto io prima di lui e lui mi risponde con le stesse parole… Ho detto meno di quello che penso… Non mi va di replicare, Alfano si è già  qualificato da sè per questa risposta piccata e fuori luogo. I guai del Pdl, purtroppo – insiste il senatore – vengono tutti dalla sua incapacità , dalla sua insipienza. Non ha le palle, non c’entra niente con noi».

(da “il Corriere della Sera“)

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INVECE CHE SIGILLARE L’ILVA, CLINI VUOLE DEPORTARE IL QUARTIERE TAMBURI

Dicembre 11th, 2012 Riccardo Fucile

PER NON DANNEGGIARE GLI INTERESSI DELL’ILVA, SI PENSA DI TRASFERIRE GLI ABITANTI: E’ LA LOGICA DEL BELPAESE… POI CI CHIEDIAMO PERCHE’ NON SIAMO CREDIBILI A LIVELLO INTERNAZIONALE

Evacuare il quartiere Tamburi, quello più vicino all’Ilva, e trasferire i 20mila residenti in una nuova zona della città , una new town.
A lanciare la proposta è stato il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. «L’evacuazione – ha detto – è una delle possibilità . Sappiamo che le caratteristiche abitative del quartiere sono tali per cui alcune aree risultano più esposte. Queste possono essere evacuate, ovviamente se gli abitanti sono disponibili ».
Quella di Clini non è esattamente una boutade.
Nel senso che fa riferimento a un’idea già  strutturata dal sindaco, Ippazio Stefano, nei mesi scorsi. «L’idea – aveva detto Stefano – è quella di mettere a disposizione del Comune le aree di proprietà  demaniale, un tempo a disposizione della Marina Militare, ormai in disuso ».
Il progetto riguardava in particolare le cosiddette case parcheggio, un enorme condominio a pochi passi dalle ciminiere del siderurgico.
«In quei tuguri – spiega il sindaco – vivono più di duecento famiglie in condizioni di enorme disagio. L’inquinamento nel loro caso è un’aggravante. Se il governo accogliesse la mia proposta ci vorrebbe poco per regalare una casa dignitosa a questa gente».
Ora Clini è andato oltre, proponendo uno spostamento dell’intero quartiere.
Dietro l’idea in realtà  c’è anche una paura che l’Ilva e gli enti locali hanno ben chiara da qualche settimana a questa parte.
La storia è quella delle 149 cause civili presentate da cittadini del Tamburi contro l’Ilva lamentando il deprezzamento delle loro abitazioni.
Cifra richiesta, nove milioni di euro.
Nel giro di pochi giorni si è aggiunta un’altra trentina di cittadini, il giudice ha nominato un perito esterno per valutare il danno effettivo: se fosse confermata la tesi dei denuncianti (ed è difficile che possa accadere il contrario, viste le perizie chimiche e sanitarie che documentano che a causare l’inquinamento sia stato proprio lo stabilimento siderurgico) Ilva sarebbe chiamata a un importantissimo sforzo economico.
E non potrebbe essere la sola.
Lo stabilimento ha già  chiamato nel procedimento la Provincia e lo stesso potrebbe fare con gli altri enti: «Noi – dice l’Ilva – abbiamo sempre lavorato con tutte le autorizzazioni in regola».
Quindi, la difesa, se abbiamo creato danni, la colpa non è nostra ma al massimo di chi ci ha autorizzato.
La cifra del risarcimento è destinata a salire in maniera importante: secondo una stima dell’associazione ambientalista Peacelink, sino a sei miliardi.
«Ma se pensano di evacuare il quartiere Tamburi – attacca l’avvocato Filippo Condemi, che sta seguendo la causa civile – vuol dire che non hanno alcuna intenzione di coprire i parchi naturali. Quindi, ci stanno prendendo in giro. E una mossa del genere non li salverebbe dal risarcimento civile che devono ai tarantini».
La proposta di Clini non piace nemmeno all’assessore regionale all’Ambiente, Lorenzo Nicastro.
«Non so se il ministro è in possesso di dati diversi da quelli in possesso della Regione Puglia. Francamente io trasecolo. Si crea così – afferma Nicastro – un allarmismo assolutamente ingiustificato rispetto ai dati in nostro possesso. Se poi il ministro ha dati diversi lo deve dire. Allora facciamo evacuare il rione Tamburi, poi Taranto e poi la Puglia…».
Duro anche il commento delle associazioni ambientaliste: «Ma Clini è lo stesso che diceva che con l’Aia il problema inquinamento a Taranto sarebbe stato risolto? Le sue dichiarazioni sono molto gravi e preoccupanti».
Resta la nostra considerazione finale: l’Ilva va chiusa e risanata, ci vorrà  il tempo che ci vorrà  ma potrà  tornare a produrre solo quando non determinerà  morte.
Nel frattempo lo Stato deve garantire il pagamento degli stipendi: semplicemente sequestrando tutti i beni della famiglia Riva, in Italia e all’estero, e attingendo quindi ai soldi che la proprietà  ha lucrato sulla pelle di esseri umani.
Tutto il resto è muffa.

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SERVE UN POOL DI GIUDICI ANTI STALKING

Dicembre 11th, 2012 Riccardo Fucile

PER EVITARE ALTRE VITTIME TRA LE DONNE OCCORRE CAMBIARE REGISTRO

Lisa Puzzoli poteva essere salvata.
Bastava che un magistrato esaminasse la sua richiesta di tenere lontano da lei e dalla sua bambina Vincenzo Manduca, l’ex fidanzato che l’aveva molestata e picchiata più volte soltanto perchè non le perdonava di averlo lasciato.
E che tre giorni fa, al culmine dell’ennesima discussione, l’ha uccisa a coltellate.
Era il padre della piccola, ma questo non è bastato a placare la sua ira nei confronti della giovane donna. Anzi, negli ultimi tempi era diventato ancor più aggressivo e violento.
Per questo Lisa non voleva più avere alcun contatto con lui. Aveva paura e lo aveva raccontato ai familiari e agli amici.
Poi lo aveva detto al suo avvocato e la scelta era stata fatta: chiedere un provvedimento previsto dalla nuova legge sullo stalking che gli impedisse di avvicinarsi.
Fa impressione sentire adesso le parole del procuratore di Udine Antonio Biancardi che quasi se la prende con le vittime «che devono stare attente e tutelarsi» mentre dice che i magistrati possono fare poco o nulla perchè «in questi casi serve soltanto l’arresto, ogni altro atto è inutile».
In realtà  il suo ufficio non ha neanche provato a tutelare Lisa: nonostante le botte, le denunce e le istanze presentate dalla donna contro Manduca, non risulta sia mai stata presa in considerazione alcuna ipotesi di misura restrittiva.
È arrivato il momento di intervenire perchè in nessuna parte d’Italia si sia costretti a piangere un’altra Lisa.
E sono proprio i capi degli uffici giudiziari a doverlo fare, organizzando gruppi – anche esigui – di pubblici ministeri che si dedichino esclusivamente a questa materia, che si occupino di difendere le vittime e punire i carnefici.
Creando corsie preferenziali affinchè i giudici esaminino in via di urgenza le richieste di interdizione o di cattura.
Non servono nuove leggi, basta applicare quelle che ci sono.
Ma bisogna farlo davvero, senza nascondersi dietro difficoltà  procedurali o carenza di mezzi e risorse.
Si deve ascoltare il grido di aiuto di quelle donne che sempre più spesso si ritrovano a lottare da sole contro l’aguzzino.
E proteggerle senza esitazioni.

Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere delal Sera“)

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I MIRACOLI ELETTORALI DEL GRANDE ILLUSIONISTA: DAI BONUS ALL’IMU ABOLITA

Dicembre 11th, 2012 Riccardo Fucile

IL RE DEGLI ILLUSIONISTI TENTA L’ULTIMA RIMONTA

Attenti, che Berlusconi le campagne elettorali le sa fare.
Come presidente del Consiglio, come si è capito, è un disastro. Ma quando si tratta di attizzare la curiosità , conquistare l’attenzione, imporre temi, vendere promesse e alla fine anche raccattare voti, accidenti, è un mostro, nel senso latino di monstrum, un fenomeno, un prodigio, un leader rapace e soprattutto capace di produrre autentici miracoli elettorali.
Se ne può chiedere dolorante conferma a Occhetto, a Veltroni, a Rutelli e anche al professor Prodi che nel 2006 sembrava avesse stravinto, e invece in quella interminabile notte ebbe paura, come tutti gli elettori del centrosinistra, che la più pazzesca rimonta della Cdl riportasse di slancio Berlusconi al primo posto.
Ancora una settimana di invasioni televisive, manifestazioni affettive, maledizioni psico-emotive e con la dovuta complicità  degli errori della sinistra, che s’era messa a invocare più tasse, il sorpasso, per non dire lo sfondamento, sarebbe stato ineluttabile. Garantì allora bonus-bebè alle mamme e carte-oro ai pensionati, cui pure fece intravedere dentiere gratis (“Operazione Sorriso”) e perfino un cagnolino, pure gratis. Nell’arco di un mese si proclamò Napoleone, Giustiniano, Churchill e Gesù.
Fece visita a un giovane uscito dal coma, sembra ascoltando una sua perorazione su nastro.
Fece capire che il gasolio arrivava grazie all’amicizia con Putin e incurante delle proteste diplomatiche arrivò ad accusare i comunisti, nel caso specifico cinesi, di utilizzare i bambini come concime nei campi.
In un empito di intimità  disse (a un sacerdote sardo) che praticava una forma di astinenza sessuale, una sorta di offerta votiva pre-elettorale e pur afflitto da una terribile sciatalgia lombare, durante un talk-show scattò in piedi riempiendo d’improperi Diego Della Valle.
E pareggiò una partita che era persa.
Non gli mancano l’esperienza, la tempra, il tempismo e specialissime male arti che in queste occasioni diventano buonissime.
Guarda caso, ha fatto partire l’odierna campagna proprio nel momento in cui gli italiani debbono pagare l’Imu, salatissima.
E’ questa la sua quattordicesima campagna elettorale, essendosi battuto in cinque elezioni politiche, quattro europee e quattro regionali.
Un record che gli impone la corona spettante a uno dei più grandi affabulatori del mondo.
Ha promesso le grandi opere, il ponte di Messina, meno tasse per tutti, perfino la vittoria sul cancro.
L’imperatore degli illusionisti, certo, ma pur sempre il numero uno.
Il più grande cinico specialista delle emozioni; uno straordinario tecnico del consenso al quale si deve il seguente motto, terrificante nella sua efficacia predatoria: “Se un messaggio pubblicitario impiega più di tre secondi per essere capito, vuol dire che non è chiaro, se non addirittura sbagliato”.
Questo consigliava ai suoi venditori Berlusconi quando il fondatore di Twitter, Jack Dorsey, era ancora alla scuola materna.
Non ha paura di niente e di niente si vergogna. Nel 2008 ha aperto un comizio parlando per sette minuti di Mamma Rosa, che se n’era appena andata, e ha concluso: “Giovani, state vicini alle vostre mamme!”.
Nel corso del ventennio ha regalato telefilm, euro-convertitori, opuscoli apologetici sulla sua vita, ma anche pacchi di pasta.
Nel 1994 si è offerto come se fosse già  presidente; l’ultima volta si è consentito il lusso di aggiungere: “La mia condanna è definitiva: dovrò fare il presidente del Consiglio”.
In primavera è uscito un libro, comprensibilmente patinato e illustrato, che gli ultimi sviluppi rendono molto più interessante di quanto fosse apparso allora.
S’intitola: “Come Berlusconi ha cambiato le campagne elettorali in Italia” e l’hanno scritto l’onorevole Antonio Palmieri, responsabile Internet del Pdl, e altri tre tecnici di marketing politico – Gianni Comolli, Cesare Priori e Massimo Maria Piana – le cui competenze sono state al servizio del partitoazienda fin dai tempi dalla discesa in campo.
Berlusconi firma una prefazione niente affatto di circostanza che si conclude: “Ne abbiamo pensate e realizzate tante e, come dimostra la nuova, grande avventura del Pdl, non intendiamo fermarci qui…”.
In quelle pagine, più che la teoria, c’è la storia, l’evoluzione e soprattutto la pratica che ha rivoluzionato le forme e in qualche modo l’arte della politica e anche del potere.
Dai fondali dei comizi con cielo e nuvolette al Contratto con gli italiani, dall’uso dei sondaggi a quello degli inni e degli spot nelle loro molteplici versioni, dal kit del candidato all’opuscolo-fotoromanzo, dalla nave “Azzurra” al “presidente operaio” fino al premio “Berluskaiser” per i migliori taroccamenti on line, ecco, il marketing si celebra con l’orgoglio di chi non solo ha fatto sembrare di colpo la propaganda degli avversari ferma all’età  delle pietra, ma nell’arco di un ventennio li ha spinti a scimmiottarla, a farla propria, a estenderla, magari adesso anche a rinnovarla.

Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica”)

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