Dicembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
SI E’ MESSA A PIANGERE DISPERATA IN UN MARKET DI VIGONZA. “SONO SOLA, DISOCCUPATA, SENZA UN SOLDO E HO DUE BAMBINI”
Ladra per disperazione scoperta in flagranza. 
Disoccupata, senza soldi e con due figli piccoli da sfamare, almeno per il giorno di Natale.
Colta dalla disperazione una donna moldava di 42 anni di Vigonza, il 24 dicembre è entrata al supermercato Ipercoop di via Regia 86.
Mancavano pochi minuti alle 20.
Tentando di agire inosservata si è impossessata di un paio di confezioni di carne, di due scatole di sugo e di due confezioni di pasta.
Ha nascosto tutto sotto il giubbotto.
Poi si è recata alla cassa, sperando che nessuno si accorgesse della sua presenza.
Nulla da fare, durante le festività anche all’Ipercoop sono stati potenziati i servizi antitaccheggio e, puntualmente l’ex badante moldava è stata fermata. La donna non ha opposto alcuna resistenza, si è messa a piangere, ha raccontato di aver lavorato per qualche anno come assistente domiciliare, ma di essere attualmente senza un lavoro e di avere a casa due bambini da accudire. «Ho rubato per sfamare i miei figli», ha detto la donna.
Come da prassi, il personale dell’Ipercoop ha chiamato il 112.
Sul posto sono intervenuti i carabinieri della locale stazione al comando del luogotenente Massimo Andreozzi.
I militari hanno identificato la donna, che non ha mai avuto problemi con la giustizia.
Piangeva, era disperata, ha più volte riferito che i suoi figli il giorno di Natale non avrebbero avuto nulla da mangiare.
Di aver tentato di rubare colta dallo sconforto.
La refurtiva è stata riconsegnata ai responsabili del centro commerciale. adesso per la quarantaduenne potrebbe scattare la denuncia per tentato furto.
Vista la gravità della situazione in cui versa la donna, disoccupata e con figli a carico, i vertici dell’Ipercoop di Vigonza potrebbero anche ritirare la denuncia, ma quello che in cuor suo spera la donna moldava è che il nuovo anno le porti un lavoro onesto da fare.
Per non ritrovarsi mai più in futuro a ricorrere al furto per mettere qualcosa di caldo nel piatto ai propri figli il giorno di Natale.
Commento del ns. direttore
Una mamma che ruba cibo per i figli, italiana o straniera non ha importanza: nell’Europa ricca e civile rubare per mangiare non deve essere ammissibile.
La politica non si rende conto che le eccezioni rischiano di diventare prassi consolidate e creare gravi scontri sociali.
Le statistiche dicono che oltre il 10% delle famiglie italiane e’ sotto la soglia di povertà , vi sono intere regioni al punto del collasso economico e non basta più la solidarietà tra poveri.
Se il nostro Paese recuperasse i 150 miliardi di evasione fiscale annua e i 60 di corruzione nella Pubblica Amministrazione, diminuendo contestualmente le aliquote fiscali, saremmo il primo Paese d’Europa.
Si creerebbe occupazione e si porrebbe fine al precariato, si potrebbe intervenire sulla prevenzione delle calamità naturale che finiscono per costarci tre volte tanto che se si fosse intervenuti a tempo.
Solo recuperando questi 210 miliardi l’anno (una cifra enorme) il nostro Paese potrà uscirne.
E allora vorremmo sentire, al primo punto dei programmi delle varie coalizioni politiche, un semplice impegno nel primo mese di governo: introdurre la pena detentiva di 10 anni di carcere duro come per i mafiosi a chi evade, a chi corrompe e a chi si fa corrompere.
E poi applicare la norma senza pietà , facendo capire che lo Stato fa sul serio.
State certi che già il primo anno rientrerebbe la metà dell’evasione totale, rispetto alla prospettiva di 10 anni di galera, non un giorno di sconto o di permesso.
Ma siamo in Italia e nessuno avrà mai le palle di proporre una misura del genere, meglio dilettarsi con le alchimie politiche.
Siamo nel Paese dove le Coop fanno spot sul “mercato solidale” ma poi, di fronte a una “mamma vera” che ruba un pezzo di carne per sfamare i propri figli, la coop chiama i carabinieri invece che regalarle mezzo chilo di vitellone.
Il mondo è questo: diviso ideologicamente tra pezzi di carne e pezzi di merda.
I Fiorito a casa, la mamma che ha perso il lavoro costretta a rubare un chilo di pasta.
L’Italia come lo slogan “la coop sei tu, chi puo’ darti di più”.
Ma andate a fanculo.
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Dicembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
L’OSTACOLO E’ CASINI CHE PUNTA A OTTENERE LA META’ DEI CANDIDATI
Ora è Mario Monti ad attendere un convincente endorsement da parte dei partiti. Certo, per come si sono messe le cose e anche per quel tweet così impegnativo, è molto difficile che il Professore oramai possa negarsi un impegno personale in una operazione che ha già un logo pronto (”Monti per l’Italia”), ma è pur vero che in certi dettagli potrebbero nascondersi insidie.
A cominciare dalla questione delle liste, che si profila più intricata di quanto appaia in superfice.
Al punto che Mario Monti, confidandosi con uno dei suoi interlocutori politici, ha espresso così il suo pensiero: «Vorrei fare una lista unica, ma non so se ci riuscirò».
Un’istantanea che racconta due cose interessanti.
La prima: Monti sta decisamente dentro all’operazione, al punto da preoccuparsi di questioni pratiche e non solo di massimi sistemi.
Secondo: se neppure Monti, che è una sorta di Papa di questa area, non sa se ce la farà a far passare la sua linea, questo significa che le resistenze sono forti. Resistenze di due tipi: c’è chi preferisce più liste.
Ovvero: pur sposando quella unica, c’è chi punta a garantirsi un ruolo preminente.
E’ il caso di Pier Ferdinando Casini: nelle trattative informali con i maggiorenti delle altre anime (Monti, Riccardi, Montezemolo, ex Pdl), il leader dell’Udc lo ha fatto capire: noi puntiamo ad avere il 50 per cento dei candidati.
Un modo per alludere alla successiva richiesta: anche metà dei posti sicuri nel listino devono andare all’Udc.
Una richiesta che Casini fonda su ragioni politiche ed organizzative che non sembrano aver convinto i suoi interlocutori.
Tra i promotori si agitano molte pulsioni tra loro contrapposte, anche all’interno dei singoli partiti.
Nell’Udc, dove Casini non disdegnerebbe la lista unica ma contro l’opinione di Lorenzo Cesa, che è il “capomacchina” e il referente di tanti notabili del territorio. Stessa dialettica nel piccolo di Fli di Gianfranco Fini: l’Udc non lo vuole nella stessa lista.
I finiani sembrano costretti a contarsi e a fare liste che rischiano qualche sguardo occhiuto da parte dei partner.
Anche alla luce di una considerazione più generale di Andrea Romano, “player” di “Italia Futura”: «L’offerta elettorale dovrà essere molto esigente rispetto alle persone candidate».
In definitiva la scelta dipenderà da Mario Monti, anche per effetto di un superpotere che è lo stesso Casini a definire, quando attribuisce alla presenza del Professore un «valore aggiunto enorme».
Ieri sera la soluzione più accreditata prevedeva la coesistenza di quattro liste: una di società civile Monti-Montezemolo-Riccardi, una Udc, una Fli e una sostenuta dagli ex Pdl in uscita o già usciti.
La decisione finale di Monti in qualche modo sembra legata anche alla natura della sua ambizione, che ancora oggi resta oggetto di domande senza una risposta univoca. Una personalità come la sua può correre, rinunciando in partenza a vincere?
E se invece si contentasse di un “piazzamento”, cosa lo muove?
«Un personaggio come lui – sostiene il capogruppo Fli Benedetto Della Vedova, che col premier ha avuto di recente un incontro – è mosso dall’etica calvinista di chi si mette in gioco e non accetta “regali”, allo scopo di contribuire a salvare l’Italia e di segnare la storia d’Europa: questi obiettivi si possono raggiungere vincendo le elezioni e in via subordinata, anche realizzando una “media-coalizione” col Pd.
Se non altro per una ragione: non si governa un Paese come l’Italia col 35% dei consensi, anche se si hanno i numeri parlamentari».
E dalle prime mosse, la culla del montismo potrebbe rivelarsi la Lombardia.
Non soltanto perchè Monti è lombardo, ma perchè in questa regione insistono diversi personaggi destinati a moltiplicare i consensi: la candidatura di Gabriele Albertini (amico del premier e allievi dello stesso liceo) a presidente della Regione Lombardia “contro” il Pdl sta riscuotendo significativi riscontri nei sondaggi; lombardi sono alcuni dei montiani già in politica: Pietro Ichino, l’ala ciellina che appoggia Mario Mauro, il finiano Della Vedova, alcuni di coloro che sono già usciti dal Pdl (Gaetano Pecorella e Giorgio Stracquadanio), mentre nei prossimi giorni sono destinati a moltiplicarsi gli appelli per il Professore da parte della Milano che conta.
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
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Dicembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE: “NON CAPISCO PERCHE’ ABBIA LASCIATO IL PDL, DEVONO AVERGLI PROMESSO QUALCOSA”… IL PRESIDENTE DELLA CAMERA: “MI HA CACCIATO PERCHE’ MI SONO RIFIUTATO DI DIFENDERE I SUOI INTERESSI PERSONALI”
Durissimo botta e risposta tra Berlusconi e il presidente della Camera Gianfranco Fini. 
Con Berlusconi che attacca duramente: “Non si capisce perchè Fini abbia lasciato il Pdl per formare un partitino dell’uno per cento. Qualcuno deve avergli promesso un premio importantissimo”.
E il leader di Fli che replica sfidando l’ex presidente del Consiglio a un confronto diretto che sa di ring, ancorchè verbale: “Le menzogne di Berlusconi sono spudorate. Tutti sanno che non ho lasciato il Pdl, bensì che mi ha cacciato perchè non volevo difendere i suoi personali interessi giudiziari. Se Berlusconi si vuole confrontare pubblicamente con me su questi temi, anche sulle reti Mediaset, sono a disposizione”.
Ora spetta al Cavaliere scegliere se fuggire o fissare data e luogo del duello.
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Dicembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
“BERSANI INSULTA COME FACEVANO I COMUNISTI”
Ennesima dose di piccolo schermo per Berlusconi.
La strategia di doping televisivo del Cavaliere, che negli ultimi giorni è tornato a imperversare sui media nazionali e che ha portato il Pd a chiedere all’Agcom un intervento di controllo, non si arresta.
Dopo l’intervento al “suo” Tg4 a Santo Stefano, il Cavaliere sceglie la rete ammiraglia della Rai e compare sullo schermo già di buon ora.
Ospite del contenitore Unomattina, Berlusconi torna a parlare di Monti, Bersani e della Lega.
Riguardo a una possibile futura alleanza con il Carroccio, il leader del Pdl conferma di essere in contatto con Bossi: “Siamo amici, ci stimiamo”.
E approfitta dell’argomento per attaccare ancora una volta i giornali: “Non mi fido più di loro e delle agenzie. Quando ho lasciato il governo non sono apparso in tv per un anno, eppure loro continuavano a riportare mie dichiarazioni. I giornali fanno solo disinformazione”.
E tornando alla Lega: “Dobbiamo stare insieme, sono amico di Maroni e dobbiamo fare in modo di continuare la nostra alleanza. Non ho offerto il posto di vicepremier specificamente a lui, ma in una logica di alleanza mi sembra giusto che un partito abbia il presidente del Consiglio e l’altro il vicepresidente. Saranno loro a scegliere l’uomo giusto”.
Interrogato su quale sia il rivale che teme di più alle elezioni Berlusconi ostenta, come sempre, grande sicurezza: “Non temo Monti, se scende in campo diventa uno qualunque. Lui dice che ‘sale’ in politica perchè prima aveva un rango inferiore, quando l’ho fatto io prima avevo un rango superiore e quindi sono ‘sceso’”.
Secondo il Cavaliere la ‘cura’ di Monti contro la crisi è stata “assolutamente sbagliata”: “E’ stato come nel Medioevo, quando i malati si curavano con un salasso dopo l’altro, finchè, alla fine, non morivano. Che la cura, germanocentrica, di Monti sia sbagliata non lo dico io ma alcuni premi Nobel per l’economia. Il percorso verso la recessione si può invertire anche dando fiducia agli italiani, perchè quando hai paura consumi di meno. L’equazione del benessere è sempre la stessa: meno tasse sulle famiglie, sul lavoro, sulle imprese uguale più lavoro, più produzione, più consumi, più fondi nelle casse dello Stato per aiutare chi è rimasto indietro e ha più bisogno”.
Non manca la solita frecciata al Pd, etichettato di veterocomunismo: “Il modo di fare politica di Bersani, con insulti e disinformazione, è vecchio e tipico del comunismo. Io sono l’unico baluardo degli italiani contro le sinistre, oggi come nel ’94. Renzi è stato fatto fuori dal comunismo ortodosso. In Inghilterra e Germania il comunismo è stato cancellato un secolo fa, noi ce l’abbiamo ancora. In Europa, per fortuna, ci sono i socialdemocratici. In Italia, che non è ancora una vera democrazia, tutti i moderati hanno paura se i comunisti raggiungono il governo”.
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Dicembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
LA FONDAZIONE DI MONTEZEMOLO SARA’ LO ZOCCOLO DURO DEL MOVIMENTO
Ci vorranno 10-15 milioni di euro per la campagna elettorale della lista Monti. 
Soldi che solo in parte arriveranno dal finanziamento pubblico ai partiti, quello al quale possono accedere l’Udc di Pier Ferdinando Casini e Fli di Gianfranco Fini, ma non ancora Italia Futura di Luca di Montezemolo con le altre associazioni della società civile di Verso la Terza Repubblica.
Una parte importante delle risorse, dunque, sarà raccolta tra i privati.
Tra chi, imprenditori in testa (ma con il limite di 10 mila euro come prescrive la nuova legge sul finanziamento ai partiti), deciderà di sostenere il nuovo movimento, che sorgerà dalle ceneri da Italia Futura, nata think tank tre anni fa e divenuta quasi movimento politico.
Dopo l’anomalia di Forza Italia nel 1994, quello Luca di Montezemolo, Andrea Riccardi, Andrea Olivero e Raffaele Bonanni è il nuovo tentativo (esclusi il Movimento, anch’esso anomalo, di Beppe Grillo e prima quello dell’Idv dell’ex pm Antonio Di Pietro) in circa un ventennio della seconda Repubblica, di presentare alle elezioni un nuovo partito, con ambizioni di governo, che non rappresenti un maquillage di uno già esistente.
E che quindi non erediti risorse, strutture organizzative, immobili, personale e vantaggi
competitivi come quello di non dover raccogliere le firme per la presentazione delle liste.
Servono soldi, quindi. «Ma non tantissimi. Non faremo una campagna elettorale miliardaria», dicono dalla sede di Italia Futura nel quartiere borghese romano di Prati. Senza aggiungere per ora nulla di più.
Perchè tutto dipenderà da come l’alleanza per Monti andrà alle elezioni: con una sola lista, che avrà il pregio pure di dimezzare i costi, dal momento che sarà più facile veicolare un unico messaggio; oppure con più liste, nel quale caso gli investimenti per i nuovi arrivati sono destinati ad aumentare.
A Italia Futura dicono di essere pronti, ma non danno alcun’altra informazione, nemmeno sulle attuali disponibilità finanziare della Fondazione movimento e sui suoi principali sostenitori.
Ma i conti sono stati fatti se uno dei promotori del nuovo partito stima, off the record, in «dieci, quindici milioni» le risorse necessarie.
Considerando che sarà una campagna elettorale piuttosto breve e soprattutto in un contesto recessivo.
Benzina e manifesti saranno le spese principali, tenendo conto pure che gli spazi con più appeal (quello delle grandi stazioni ferroviarie, per esempio) sono già stati prenotati dai vecchi partiti, Pd in particolare.
E non costerà usare i social network come dimostra la recente “salita” del senatore Monti su twitter.
Italia Futura sfiora i 70 mila iscritti. La quota minima di iscrizione è di 20 euro annuali, 100 per il cosiddetto aderente, 500 per il sostenitore.
Di certo in tanti, soprattutto imprenditori, hanno sborsato molto di più. In tutte le convention in giro per l’Italia, Montezemolo ha raccolto finanziamenti.
Italia Futura è il nocciolo duro del nuovo partito perchè nè Olivero, che si è dimesso da presidente in vista della sua prossima candidatura, nè Bonanni, che ha ormai fatto un passo indietro e non parteciperà personalmente alla campagna elettorale, possono schierare rispettivamente le Acli e la Cisl.
Singoli militanti e iscritti ci saranno, ma è evidentemente un’altra cosa.
Discorso identico per la Comunità di Sant’Egidio di Riccardi.
E le risorse per questo che appare un nuovo partito trasversale della borghesia, tanto più dopo l’abbraccio tra Sergio Marchionne (la Fiat è proprietaria della Ferrari di cui è presidente Montezemolo) e Monti davanti agli operai della fabbrica di Melfi, arriveranno soprattutto da imprenditori.
Ce ne sono alcuni già in prima fila, altri più defilati, tra questi in molti indicano il patron di Tod’s, Diego Della Valle, che però ha sempre smentito.
Certo c’è Gianni Punzo presidente dell’Interporto campano di Nola, e socio di Montezemolo, insieme, tra gli altri, allo stesso Della Valle, in Ntv, il treno ad alta velocità .
C’è poi Maria Paola Merloni, deputata Pd, ora presidente di If Marche e figlia di Vittorio Merloni, ex presidente di Confindustria, presidente onorario della Indesit.
C’è il proprietario e presidente della Ferrarelle, Carlo Pontecorvo che presiede If della Campania; Salvatore Matarrese, costruttore, presidente dell’Ance pugliese, che guida If Puglia; Cinzia Palazzetti, imprenditrice del settore edile, già presidente degli industriali di Pordenone; Federico Vecchioni, imprenditore agricolo, dimessosi recentemente da coordinatore di If dopo essere stato rinviato a giudizio con l’accusa di truffa dalla procura di Grosseto.
Insomma, «i soldi non sono proprio un problema», sintetizza uno degli esponenti della Fondazione che entro la fine di questa settimana si trasformerà formalmente in movimento politico, con i vincoli di legge in termini di democrazia interna e di trasparenza dei finanziamenti.
Roberto Mania
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
IN CORSA ANCHE GENTILONI, REALACCI E SCALFAROTTO…TRA I PAPABILI ANCHE IL RE DEL CACHEMIRE
«La corsa continua », ripetono i candidati renziani a caccia di voti per un posto in parlamento.
Le primarie si tengono domenica 30 in Toscana e non c’è tempo di celebrare Santo Stefano.
Si corre, si telefona, si organizzano aperitivi con gli elettori.
Matteo Renzi invece no, il suo Santo Stefano è con gli sci ai piedi sui pendii dell’Abetone: l’accordo con Bersani sulla ‘quota nazionale’, cioè sui posti in lista blindati, in fondo ce l’ha già .
Sono 17 in tutto, secondo l’ultima versione: 17 caselle ancora da attribuire nella geografia delle regioni, ma da riempire con nomi di suo gradimento.
Non c’è ancora stato un faccia a faccia Renzi-Bersani. E neppure una trattativa con il segretario del Pd, che si è riservato cento posti di ‘quota nazionale’ al di fuori delle primarie.
Si sono però sentiti, Bersani gli ha offerto 17 caselle in bianco e Renzi l’ha accettate. «Se davvero ci fosse stata una trattativa il segretario avrebbe dovuto partire dal 40 per cento, che è la quota raggiunta al ballottaggio», rivendicano i suoi.
E invece neppure il venti per cento, perchè un tira e molla sui posti sarebbe stato devastante anche per l’immagine del sindaco-rottamatore.
Chi saranno i 17 candidati in quota Renzi? Il sindaco aveva pensato allo scrittore Alessandro Baricco, che considera una delle sue muse ispiratrici e che sente spesso. Solo che, a quanto pare, lo scrittore non è convinto.
Frena davanti all’idea di sedersi a Montecitorio.
Pietro Ichino, a cui deve tanta parte del suo programma sul tema del lavoro, se n’è andato dal Pd.
Anche l’ex Mediaset Giorgio Gori sembra fuori gioco: ha scelto di correre presentandosi direttamente alle primarie. E nel suo entourage si dà per certa la presenza nelle quote garantite del suo capo staff Roberto Reggi, che quando c’è da alzare la voce «è sempre un asso».
Si fanno pure i nomi del costituzionalista Francesco Clementi, docente a Perugia, del vicepresidente del Pd Ivan Scalfarotto, dell’ex ministro Paolo Gentiloni, che si è schierato da tempo con il sindaco di Firenze, e di Ermete Realacci, l’ambientalista eletto l’altra volta in Toscana che non ha ancora ottenuto nessuna rassicurazione.
C’è chi giura che tra le 17 caselle potrebbe finire anche lo scrittore Giuliano Da Empoli che, dopo aver lasciato la carica di assessore alla cultura di Firenze, è rimasto a fianco di Renzi come l’uomo del programma.
Solo che anche Da Empoli non pare entusiasta all’idea di trovarsi «a schiacciare bottoni» in parlamento.
Mentre la ex responsabile del tour elettorale Simona Bonafè, assessore a Scandicci e stretta collaboratrice di Renzi, sembra ormai assodata.
Una candidatura, la sua, alla quale potrebbe affiancarsi anche quella del capogruppo Pd a Palazzo Vecchio Francesco Bonifazi.
Renzi in realtà non ha ancora deciso. In fondo, c’è ancora tempo dal momento che le ‘quote nazionali’ saranno decise ben dopo la conclusione delle primarie.
Perfino dopo la Befana. Il sindaco però ha già chiaro di voler puntare su almeno un paio di nomi ‘di peso’, un paio di esponenti della ‘società civile’ che incarnino credibilità e innovazione allo stesso tempo.
Tra questi, magari, un imprenditore come il ‘re del cachemire’ Brunello Cucinelli, che lo stesso Renzi ha voluto al suo fianco come testimonial durante la campagna delle primarie per la premiership.
Massimo Vanni
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
NEI VARI PARTITI AUMENTANO I RUMOR SU CHI STA VALUTANDO IL PASSAGGIO ALLA COALIZIONE DEL PREMIER USCENTE
Alfredo Mantovano, ex An ed ex sottosegretario del governo Berlusconi, ha deciso: «Passo
nella lista Monti. E spero che molti altri colleghi mi seguano».
Dall’altra parte, dopo il caso di Pietro Ichino, c’è un altro piccolo drappello che studia il da farsi, aspettando di capire se avrà una poltrona garantita o se dovrà giocarsi la partita pericolosa delle primarie.
Nell’attesa che Mario Monti e i suoi alleati sciolgano gli ultimi dubbi su come si presenteranno – se con una lista unica o più liste separate – gli ex parlamentari fanno i conti con la propria coscienza, con le proprie opinioni politiche (spesso mutevoli) e con la speranza di essere ricandidati (e il timore di non farcela).
Monti confida in una squadra che contenga anche un drappello di ministri: si parla tra gli altri di Renato Balduzzi e Mario Catania (forse in quota udc).
Nel Pdl, invece, il quadro sembra abbastanza chiaro.
Hanno deciso di abbandonare il partito riberlusconizzato Franco Frattini (che però si ricandiderebbe solo in una lista montiana separata, non con Casini e Fini), Giuliano Cazzola e Beppe Pisanu.
Insieme a loro, sono pronti a indossare la casacca montiana gli ex an Mantovano e Gennaro Malgieri. Ma anche l’eurodeputato Mario Mauro, uno degli uomini più potenti di Cl, che avrebbe già depositato due simboli: «Italia popolare» e «Costituente popolare».
Un modo per non dover raccogliere le firme ed essere pronti, nel caso (improbabile) che si optasse per una lista di ex pidiellini.
La pattuglia dei dirigenti pdl che sembrava irrequieta – Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi e Raffaele Fitto – si è invece ricompattata con il Cavaliere.
Gianni Alemanno non ha sciolto la riserva ma sembra intenzionato a restare.
Cazzola la vede così: «Ho l’impressione che Berlusconi abbia calamitato tutti. Io pensavo di non ricandidarmi, poi è arrivata questa novità di Monti che mi ha attizzato».
Curiosità che deve convivere con la perplessità : «Mi chiedo se Monti si renda conto di cosa voglia dire presentarsi in tutte le circoscrizioni. Ho l’impressione che ci sia scarsa organizzazione. Tra l’altro mi pare che non ci siano ancora referenti stabili, è tutto per aria».
Nel Pd, la fuoriuscita di D’Ubaldo (e di altri tre parlamentari) ha accresciuto i sospetti che non sia finita qui tra i popolari: «Ho sentito Enrico Letta usare la sgradevole espressione “campagna acquisti”: davvero volgare. Mi sembra del tutto legittimo per noi popolari scegliere. Nel Pd ci sentivamo quasi ospiti: ci stavamo come risposta emergenziale al berlusconismo. Ora si è sciolto il ghiaccio della cortina di ferro. Monti ha fatto una grande operazione: ha costruito un’alternativa democratica, tenendo ben fermo il confine a destra».
a non sfugge a nessuno che qualche tentazione riguardi una questione meno ideale: la poltrona sicura.
I garantiti, cioè i parlamentari nominati dalla segreteria del Pd, saranno solo un centinaio. Gli altri dovranno cavarsela con le primarie.
In molti casi – se non hanno appoggi sul territorio o non sono in sintonia con la maggioranza del partito – sono battaglie perse in partenza.
Perchè non provare con Monti? «So che alcuni ci stanno pensando – conferma D’Ubaldo – ma facciano attenzione a dare motivazioni serie».
Bosone ha deciso di non ricandidarsi: «Vedo che c’è il tana liberi tutti, ma io resto presidente di Provincia e non cerco poltrone. Anche perchè mi chiedo come si faccia a conciliare l’economicismo montiano con il solidarismo cattolico».
C’è un’altra pattuglia sotto osservazione: i renziani.
Stefano Ceccanti, uno dei deputati più attivi, confida nella segreteria: «Spero che il Pd voglia utilizzare ancora le mie competenze».
Se non fosse tra i garantiti, andrebbe con Monti? «Se non servissi al Pd, tornerei all’università . Credo che convenga anche a Bersani che nel partito ci sia una minoranza che faccia da trait d’union con Monti».
Quanto agli altri, Giorgio Tonini è quello che ha le maggiori chance di essere inserito nel «listino»: anche perchè, essendo uomo di Veltroni oltre che deputato molto attivo, dopo l’addio di Walter sarebbe uno sgarbo non ricandidarlo.
Enrico Morando resterà fuori un giro, mentre Salvatore Vassallo, deputato prezioso al Pd anche per le sue competenze tecniche, ha deciso di combattere la battaglia delle primarie: «Voglio essere legittimato dai cittadini».
Alessandro Troncino
(da “Il Corriere della Sera“)
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Dicembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
“FARE IL TICKET SIGNIFICA SOLO PORTARE ACQUA AL SUO MULINO”
Sindaco Tosi, di lei si continua a parlare come possibile candidato premier del Carroccio in caso di rottura con il Pdl. Ma adesso che Berlusconi lancia il ticket (vicepresidente alla Lega) sarebbe disposto a correre?
«Sono due cose completamente diverse, e non vanno confuse. Un conto è andare da soli e presentare un nostro candidato alla presidenza del Consiglio, sapendo benissimo che non vinceremo noi. Un altro fare il ticket: significherebbe solo portare acqua al mulino di qualcun altro».
Potreste vincere, almeno così dice Berlusconi…
«Io faccio il sindaco e, sondaggi a parte, so benissimo quali sono gli umori della gente».
E cioè?
«L’alleanza tra Lega e Pdl non è vista affatto bene, e anche se fosse riproposta alle politiche sarebbe inutile, e forse anche dannosa: c’è qualcuno davanti, e questo qualcuno si chiama Bersani».
Insomma si può perdere: ma con Berlusconi in campo è meglio perdere da soli. Non fa una grinza, se non fosse per il fatto che di mezzo c’è la Lombardia…
«Già . Un fatto è certo: per noi la Lombardia è fondamentale, abbiamo provato in tutti i modi, stando al governo con Berlusconi, a cambiare le cose. Non ci siamo risusciti, ed è per questo che adesso concentriamo i nostri sforzi sul territorio«.
Dunque?
«La questione del ticket è irrilevante, sapendo di andare incontro alla sconfitta alle politiche, conta avere le migliori chance in Lombardia. La domanda da porsi è un’altra: insieme al Pdl in Regione si vince?».
La sua risposta?
«Davvero non so quanto valore aggiunto possa portare a Maroni questo tipo di alleanza. Oggi non si vince più con gli schemi del passato: c’è un 40 per cento che potrebbe non votare, e c’è Grillo, verso il quale convergerà un voto rispettabilissimo, ma solo “contro”, non di adesione convinta. Vince chi riesce a intercettare quei voti, che rappresentano la metà , o più, dell’elettorato».
Tornare con Berlusconi penalizzerà Maroni in Lombardia?
«Il rischio è quello. Una parte dei voti li perdiamo perchè in campo c’è anche Albertini. Forse insieme al Pdl perderemmo anche consensi che oggi sono liberi e che potrebbero arrivarci se Maroni corresse da solo. Comunque deciderà il segretario, al quale peraltro mi legano sentimenti di stima per avermi difeso dagli attacchi di una parte del movimento, quando il capo era Bossi».
Il suo collega di partito Calderoli lancia Tremonti candidato premier, con Berlusconi a capo della coalizione. Dice che l’ex ministro del Tesoro non è compromesso con Monti come il Cavaliere…
«Purtroppo ad essere compromesso con Monti è l’intero Pdl. Ci si allea con un partito, non con una persona: e quel partito Monti lo ha voluto e sostenuto»,
E se ci fosse Alfano al posto di Berlusconi fareste l’accordo?
«Difficile. Apri la matrioska con le sembianze di Silvio e dentro c’è lui, Angelino. Che cosa cambia?».
Rodolfo Sala
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
I CAPI CORRENTE DEL’UDC IN SUBBUGLIO PER LA PAURA DI ESSERE TAGLIATI FUORI… OGGI MONTI A COLLOQUIO CON CASINI E FINI
Ufficializzata la «salita» in politica con un tweet mandato in rete quasi allo scoccare della
mezzanotte, la sera di Natale, dopo una cena milanese con figli e nipoti, Mario Monti entra nel vivo dell’organizzazione.
Il premier è meticoloso, sta pianificando la campagna elettorale, le sue uscite in tv, e sa bene che il primo compito, urgentissimo, è dare forma compiuta al suo movimento. Anche perchè entro metà gennaio qualcuno si dovrà presentare al Viminale con le liste complete di firme.
La linea la detta al telefono in attesa del rientro questo pomeriggio nella capitale: «Servono serietà e coerenza».
L’appuntamento decisivo è invece per domani, quando Monti incontrerà a palazzo Chigi i ministri più direttamente coinvolti nell’operazione elettorale — da Riccardi a Passera — e, successivamente, chiamerà a raccolta anche Casini e i rappresentanti di Italia Futura.
Di fatto il primo vero summit del «Movimento per l’Agenda Monti». Montezemolo, in partenza per l’estero, non potrà essere presente ma ha in programma per oggi un colloquio con il leader dell’Udc e con Fini.
Tutti si sentono, in una girandola di incontri e telefonate che dovrebbe portare domani a una decisione definitiva sull’assetto di battaglia: una lista unica? Più liste federate tra loro? La questione resta aperta.
Si sa che Monti sta spingendo perchè ci sia un’unica lista sia alla Camera che al Senato. «Solo così — ha spiegato — daremmo un vero segnale di rinnovamento e di forza».
Ma è chiaro che l’Udc e, in misura minore, anche Italia Futura, non vedono di buon occhio questa soluzione.
Non c’è soltanto il vantaggio elettorale di presentare più simboli. Il problema principale è anche stabilire in base a quali quote dividersi i posti in lista, quali ruoli distribuire nel neonato movimento.
Inoltre, visto che le Politiche saranno abbinate alle Regionali, l’Udc e Fli non intendono rinunciare ai loro simboli nelle regioni.
Anche tra i “terzorepubblicani” di Montezemolo e Riccardi l’idea di mescolarsi con i “politici” non suscita grandi entusiasmi. Tanto più che la previsione unanime è che, in caso di lista unica, «scorrerà molto sangue» e le liti interne non sarebbero un buon viatico per tenere a battesimo la nuova creatura.
Insomma, più si avvicina l’ora delle decisioni e più la situazione si fa pesante.
Tanto più che nell’Udc, il partito più grande e che avrebbe più da perdere da una fusione indistinta, in molti stanno facendo pressione su Casini per evitare lo scioglimento.
E, tra questi, alcuni capi locali con consistenti doti elettorali: da Pasquale Sommese in Campania a Luciano Ciocchetti nel Lazio, da Angelo Cera in Puglia a Mario Tassone in Calabria.
Tutte teste che potrebbero rotolare se si andasse a un filtro stretto affidato a Monti. Così proprio nell’Udc sta maturando una proposta da sottoporre al premier.
Una formula che faccia salve le diverse liste, con la sottoscrizione di un patto per formare un gruppo parlamentare unico e l’impegno a dar vita a un unico soggetto politico. Insomma un fidanzamento in vista di un futuro matrimonio.
Ma è difficile, fa notare chi parla spesso con il premier, che Monti possa accettare una soluzione al ribasso.
Piero Ichino, il senatore (ex) Pd che è diventato l’ideologo del movimento, ieri ha messo in guardia chi volesse tentare l’assalto alla diligenza: «Sarà una forza nuova con alcune figure che vengono dalla scorsa legislatura, ma saranno poche e attentamente filtrate dal presidente Monti».
Il premier, ha detto Ichino al Tg4, avrà un ruolo attivo «per il solo fatto che sarà lui a controllare la composizione di queste liste e a dare il suo consenso solo alla lista che risponda ai criteri che ha enunciato in modo netto in conferenza stampa».
Ormai Monti, scegliendo di impegnarsi e rischiare in prima persona, ha il coltello dalla parte del manico.
Tanto più che un sondaggio riservato, commissionato da Montezemolo e arrivato caldo caldo il 24 sera (quindi successivo alla conferenza stampa di Monti), assegna al neonato movimento una forza notevole, con una forchetta dal 19 al 21 per cento. Insomma, la lista del premier sarebbe già oggi il secondo partito, prima del Pdl e di Grillo.
La lista unica avrebbe il 20 per cento, la formula con liste multiple appena l’un per cento di più.
Ma c’è un altro dato che ha fatto sorridere i seguaci del Professore.
Di questo 20 per cento di elettori disposti a votare Monti, la quota in arrivo dal Pdl è pari al 9-12 per cento.
La metà insomma dei futuri elettori montiani è composta da cittadini delusi dal Cavaliere. «Deve essere per questo — ironizzano nel quartier generale del premier — che Berlusconi ha dato ordine di attaccare a testa bassa usando il ciclostile».
Nei piani alti del movimento circolano anche i bozzetti del simbolo, che saranno esaminati domani nel vertice a palazzo Chigi.
Molti contengono la parola «centro», altri la dicitura «per l’agenda Monti».
Ieri Ichino l’ha chiamato «movimento per l’agenda Monti».
E chissà che non stesse dando una notizia.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
argomento: elezioni, Monti | Commenta »