Giugno 4th, 2013 Riccardo Fucile
“A ME NON MI AMMAZZA NESSUNO, ORA MI RIPRENDO IL PARTITO”
Il vecchio guerriero medita la rivincita circondato dai suoi ritratti a olio che tappezzano le pareti
della casa di Gemonio, rievocando ben altre stagioni di gloria: Umberto adamitico con la mela in mano; crociato con l’armatura; Braveheart con lo spadone.
Poi l’orologio con lui in camicia verde assieme a Gipo Farassino, la statua lignea a figura intera, piatti di ceramica, targhe di ogni misura, la foto con papa Woytjla, il Duomo di Milano con la bandiera della Lega… perfino la porta che dà sul tinello foderato di verde reca inciso sul vetro un Sole delle Alpi.
Ma oggi è solo, Umberto Bossi, in mezzo ai suoi cimeli.
Nella penombra, accanto a lui, non resta che la moglie Manuela: “Sarei io la guardiana del cerchio magico? Mi guardi, fatico a farmi dare retta anche in casa. A inventare sono capaci tutti, ora. Ma la scuola Bosina di Varese per cui dicono che la Lega si sarebbe svenata non mi ha mai versato un centesimo, io sono sempre stata una maestra volontaria”.
E lui di rincalzo: “Sia ben chiaro, quella scuola è nata su ordine della Lega”.
Umberto Bossi indica la grande Madonna bianca dietro al divano: “Me l’ha portata da Medjugorje la moglie di Castelli, la metteremo in campagna dove Renzo alleva maiali e capre, ha imparato a fare il formaggio. La casa gliel’ha disegnata Roberto Libertà , lui s’è diplomato ragioniere. E’ bello vedere i fratelli così uniti. Ho sbagliato a portare Renzo nel consiglio regionale lombardo?…”.
Lo interrompe Manuela: “Col senno di poi, è stata un’ingenuità ”.
“Che poi s’è dimesso per motivi da niente”, ricomincia Umberto, “così come era solo una gran balla dei nostri diffamatori che Riccardo si fosse comprato una barca”.
Tempi duri, caro Bossi. Ma sulla famiglia torneremo dopo. Prima deve fare i conti con la sua rivoluzione mancata. Dopo 25 anni come fa a crederci ancora?
“Ci credo perchè la questione settentrionale non è un’invenzione e il bisogno di libertà non si può sopprimere. Certo mi fa rabbia che Maroni cancelli la Padania e si rammollisca con ‘Prima il Nord’ proprio quando era maturo il tempo di farci forza del diritto internazionale. Nell’Europa in crisi torna attuale l’indipendenza dei popoli attraverso i referendum, come in Scozia e in Catalogna. Superando la fase del federalismo. Lo faremo anche in Padania”.
Maroni dove sta portando la Lega?
“Lui non ha i nostri ideali. Quando uno tradisce una volta — e Maroni quando ruppi con Berlusconi nel 1994 gli sedeva di fianco, si opponeva- poi tradisce sempre. Si illude di diventare il plenipotenziario di Berlusconi al Nord, ma il Pdl non rinuncerà mai a presentare le sue liste in casa nostra, come fa la Cdu tedesca con la Csu in Baviera”.
Pentito di essersi sottomesso a Berlusconi?
“No perchè lui è stato un moltiplicatore di consenso per noi, ci ha fatto dei favori, e poi quando hai subìto una persecuzione che si assomiglia si genera anche una specie di affetto. Ma la destra è nazionalista, l’autodeterminazione è più facile che si realizzi con la sinistra. Perciò se per l’indipendenza si deve rompere con la destra, pazienza”.
E’ più quel che ha ricevuto o quel che ha dato a Berlusconi?
“Secondo me alla fine Berlusconi ci ha alzato i voti. E se arriveremo almeno al federalismo fiscale lo dobbiamo a quell’alleanza. Certo, me lo ricordo Bersani che mi fermava lamentandosi: ‘Ma cosa ci stai a fare tu con quel miliardario!’. Intanto però la sinistra sul federalismo fiscale non ci sentiva, l’abbiamo dovuta trascinare. Però il rapporto di Maroni con Berlusconi è un’altra storia. Lui all’indipendenza non ci crede e quindi rimane sottomesso”.
In effetti sull’indipendenza Maroni non la segue di certo.
“Maroni sta distruggendo la Lega, butta fuori la gente. Quel mio colpo di genio con cui avevamo preso la guida di Veneto e Piemonte, con Zaia e Cota, di questo passo al prossimo giro ce lo sogniamo. Tosi in Veneto porta via i voti alla Lega e fa accordi con i fascisti: il suo progetto Verona non mi è mai piaciuto. In Piemonte vogliono mettere a capo del partito Gianna Gancia, la moglie di Calderoli, brava amministratrice, ma io dubito che abbia le doti per guidare il movimento”.
Calderoli a che gioco gioca?
“E’ un gran lavoratore ma ora si barcamena un po’, cosa vuole”.
A 72 anni, malato, forse dovrebbe arrendersi. Tanto più dopo quella sera delle ramazze alla Fiera di Bergamo, il 10 aprile 2012, quando si era appena dimesso da segretario e in lacrime ha chiesto scusa per i danni provocati “da chi porta il mio cognome”.
Guarda la moglie Manuela che scuote la testa: “No, quella umiliazione è stata troppo, un’ingiustizia troppo grande…”.
Umberto si rianima: “Non lo rifarei mai, non ripeterei quelle parole. A Bergamo mi ci avevano trascinato in manette. E ora mi hanno tolto gli autisti e le guardie del corpo per cercare di impedirmi di andare in giro a parlare con i militanti, a dire la verità . Espulsioni, espulsioni, mandano a rotoli la mia Lega!”.
Però quando i suoi fedelissimi l’hanno implorata di fondare un partito alternativo, lei s’è rifiutato.
“Io sarei stato dell’idea di non fare nessuna battaglia, ma a furia di buttare fuori gente e tradire gli ideali della Lega la pressione su di me s’è fatta irresistibile. Devo per forza rimettermi alla guida del partito”.
Il congresso è fra un anno, Maroni ha in mano il consiglio federale. E nel frattempo?
“Venga qui tra dieci giorni e le dò la prima copia del nuovo giornale che stiamo preparando. Titolo: La lingua padana. Ricominciamo dalla nostra identità , ce n’è un bisogno enorme, e allora le assicuro che il traditore dovrà fare i conti con noi”.
Intanto però le tagliano i fondi, dicono che la Lega non può più permettersi di passarle 800 mila euro l’anno.
“Sono tutte balle, difatti nessuno è venuto ancora a dirmi nulla. La Lega a me e alla mia famiglia non ha mai dato dei soldi che non servissero per la militanza”.
La sua segretaria Nicoletta Maggi a Roma non prende lo stipendio da marzo.
“Tranquillo che la Nicoletta la pagherò io, con i miei soldi”.
Dicono che il partito si è sobbarcato le sue spese sanitarie.
Guarda di nuovo Manuela, lei allarga le braccia: “Facciamo i controlli, le analisi, e li paghiamo come tutti i cristiani”.
Lui precisa: “Ho la mia mutua come tutti i parlamentari. Non ne posso più di tutte queste menzogne”.
Ci faccia capire, lo scandalo… Forse lei considerava il partito talmente una sua creatura da non fare troppe distinzioni fra bilancio della Lega e bilancio familiare. Li identificava…
“La smetta, semmai è vero il contrario. Quando la Lega è nata e magari c’era da comprare un’automobile, i soldi ce li mettevo io di tasca mia. A questo partito ho dato tutto, nessuno osi dire il contrario. Le sembra una casa di lusso, questa? Ha le pareti che vanno in rovina, ci ho anche dovuto fare dei lavori. I disonesti stanno altrove”.
Quel suo tesoriere Belsito, per esempio. Dice che lei voleva costituire una riserva di denaro all’estero nell’eventualità di fondare un nuovo partito.
“Ma va là … A Belsito i magistrati gli fanno dire quello che vogliono, ha paura. Io avevo in mano la Lega, mica avevo bisogno di un’altra cassa. Glielo ripeto, i ladri sono altrove, non si permettano”.
Personaggio ambiguo, però, Belsito.
“Si era messo al fianco di Maurizio Balocchi, il nostro tesoriere, finchè è morto nel 2010 e così me lo sono ritrovato. Belsito aveva lavorato prima per quell’avvocato del Pdl… Alfredo Biondi. Chissà che giri aveva, mica era un mio uomo”.
Scusi se insisto, Bossi, ma lei ce l’ha la salute e l’energia per rimettersi a battagliare?
“Ce l’ho, ce l’ho la forza io. A me non mi ammazza nessuno, e stavolta mi hanno fatto davvero incazzare. Il capo della Lega resto io”.
Butta il toscano nel camino, si alza scuro in volto e se ne va con quei suoi piccoli passi incerti. Resto in imbarazzo ad aspettare qualche minuto il guerriero di 72 anni che fatica a parlare ma non si rassegna al tramonto.
Torna indietro accompagnato da Manuela e dal figlio Roberto Libertà : “L’importante è che i miei ragazzi restano uniti, si aiutano l’un l’altro”.
Scende a fatica gli scalini per uscire con me sulla via di Gemonio, stretta e in discesa. Ricorda i bei tempi delle serate in tv, quanto si divertiva.
Ricorda il nostro comune amico Guido Passalacqua.
Si rivolge ancora a Manuela: “A Gipo Farassino è morta la moglie, non sta bene, devo andarlo a trovare”.
Accarezza gli ornamenti floreali della casa: “Una volta qui fuori c’era sempre qualcuno a vigilare, ora può passare un pazzo e buttare una bomba in giardino. Ma se pensano di mollarmi così…”.
Gad Lerner
(da “La Repubblica”)
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Giugno 4th, 2013 Riccardo Fucile
LE SOCIETA’ OFFRONO I LORO SERVIZI DI RISCOSSIONE CHIEDENDO UN AGGIO A DUE CIFRE
Venti euro per ogni appuntamento con il contribuente, novanta centesimi per ogni comunicazione inviata ai cittadini (più 20 centesimi a foglio aggiuntivo), un aggio del 23% sulle somme incassate a seguito di accertamento e del 9% sulle riscossioni, che però scatta dopo appena un mese dall’ingiunzione (e non due come nel caso di Equitalia).
E poi, ancora, l’1% sull’Imu pagata con bollettino postale, 1 euro per ogni versamento Imu con l’F24, il 9% per la riscossione spontanea delle multe stradali, che può arrivare al 21% se il debitore è straniero, il 23% più 20 euro a pratica per ogni ravvedimento operoso.
Un tariffario “pesante” quello della società che incassa le tasse locali e le contravvenzioni per i comuni della Provincia di Trento.
E Trentino Riscossioni è un’impresa a capitale interamente pubblico, anche se la società lavora esattamente come un privato.
I privati veri, gli imprenditori della riscossione a caccia degli appalti dei comuni che hanno deciso di abbandonare Equitalia, «il mostro pubblico», praticano tariffe ancor più onerose.
Qualche caso?
Il comune di Sperlonga, in provincia di Latina, ha fissato l’aggio per la riscossione coattiva al 18%, a Sora, in provincia di Frosinone, la base d’asta per l’appalto della riscossione fissata dal comune è del 15%. Più il rimborso delle spese.
A Sannicandro, provincia di Napoli, la riscossione dei tributi costa il 15% se è volontaria, il 30% se avviene dopo un atto ingiuntivo. In altre città più grandi, dove il servizio di riscossione è gestito da privati, l’aggio è più basso.
A Prato ed in alcuni comuni della Sicilia dove opera la Serit la percentuale è del 10%. Equitalia pratica un aggio del 9% sull’incasso dei vecchi ruoli e dell’8% su quelli emessi a partire da quest’anno, un costo che va interamente a carico del contribuente se il ritardo del pagamento supera i 60 giorni, altrimenti viene diviso con l’ente creditore.
Ridurre ancora le tariffe della riscossione pubblica, come ha intenzione di fare il governo, si può.
C’è già una legge che consentirebbe la progressiva riduzione dell’aggio fino al 4%. Ma questo non risolve il problema dei privati, per i quali la tariffa è libera. E la normativa in vigore non offre grandi garanzie ai contribuenti.
Passare da Equitalia al privato, alla «riscossione dal volto umano» come promettono i sindaci, non significa automaticamente pagare meno.
C’è una legge del 2011 che trasforma l’aggio in un «rimborso» commisurato ai costi. Si dice che questo non dovrà comportare oneri aggiuntivi per i contribuenti, ma rispetto a che cosa, nella legge, ovviamente non c’è scritto.
In ogni caso mancano i regolamenti ministeriali di attuazione, sicchè il decreto 201 non è mai stato applicato.
È dunque il mercato che determina il costo del servizio: come in passato, saranno gli enti locali a stabilire le condizioni, quando metteranno il servizio di riscossione all’asta, e la concorrenza a fare il «prezzo».
Alcuni comuni della provincia di Napoli hanno appena spuntato un 7,17% (lo stesso praticato dalla Soris a Torino) dai tre concorrenti che si sono qualificati per l’appalto, e attendono ulteriori ribassi. Dove c’è concorrenza ci può essere un vantaggio, ma non è detto neanche questo.
A Tortona, comune dell’alessandrino di 30 mila abitanti, la gestione, dopo una gara pubblica, è passata da una municipalizzata a una società privata, e gli incassi si sono impennati del 62%.
Il privato ha vinto la gara offrendo un aggio del 30% sul coattivo, del 3% sull’ordinario.
«In media il 25%. Certo, non è poco, ma il Comune – dice il sindaco Massimo Berutti – non ha più avuto un problema con le tasse». Tanto che al privato presto darà anche l’esattoria delle multe stradali. E ci mancherebbe.
L’Aipa, il privato, gli ha assunto 9 dipendenti dell’ex municipalizzata che gestiva la riscossione, e che è stata liquidata.
E in attesa di gestire le multe hanno dato al Comune, pagandoli loro, due ausiliari del traffico. Intanto cominciassero a fare le contravvenzioni. E non è mica finita qui. «Stiamo valutando anche l’affidamento della riscossione dei canoni ricognitori» dice Berutti. La maggior parte dei sindaci non sa neanche cosa sono. I diritti sul suolo pubblico, cavi sotterranei compresi, che quasi nessuno finora ha riscosso, e che gli esattori privati, in queste settimane, reclamizzano con le brochure inviate ai sindaci di mezza Italia. «Ci darebbero il 70%. degli incassi..» dice Berutti.
Mario Sensini
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 4th, 2013 Riccardo Fucile
PER LE COMUNALI DI ROMA FRANCESCO DE SALAZAR SI E’ CANDIDATO CON FRATELLI D’ITALIA (PER ALEMANNO) E CON LA LISTA MARCHINI (PER MARCHINI), RISULTANDO ELETTO IN DUE MUNICIPI DIVERSI… IN PASSATO AVEVA ADERITO AD ALTRI DUE PARTITI
Il politico eletto contemporaneamente in due partiti diversi non l’aveva previsto nessuno, va
oltre la fantasia di Pirandello, ridicolizza il teatro dell’assurdo, travalica le peggiori invettive di Grillo. Eppure è successo davvero.
Due poltrone per uno.
La vita supera l’arte, la politica si fa beffe dell’antipolitica.
Francesco De Salazar ha avuto un colpo di genio mai venuto in mente neppure al quasi omonimo dittatore del Portogallo, autocrate ma poco attento al culto della personalità .
Si è candidato in due liste: con Fratelli d’Italia, per Alemanno; e con la lista Marchini, per Marchini.
Al II Municipio (Parioli-Nomentano), e al XII (Monteverde-Portuense).
Con un notevole exploit, è stato eletto in entrambi i consigli.
L’hanno votato sia i sostenitori del sindaco di destra, sia gli elettori di «Arfio», rampollo di una storica famiglia della sinistra romana.
Ma in campagna elettorale come avrà fatto?
Il mattino era a Villa Borghese con i volantini di Alemanno e la sera dall’altra parte della città a Villa Pamphili con quelli di Marchini?
Al ballottaggio voterà il sindaco uscente o seguirà le indicazioni di «Arfio», che si è pronunciato per la discontinuità , quindi per Marino?
E di quale municipio sarà consigliere?
Intervistato da Francesco Di Frischia sulla cronaca romana del Corriere, De Salazar, che deve essere anche un tipo simpatico oltre che ingegnoso, ha sdrammatizzato: «È stata una leggerezza. Prima ho avuto contatti con la lista di Marchini, poi molti cittadini del II Municipio mi hanno chiesto di candidarmi con Fratelli d’Italia… Ho fatto la campagna solo lì, e solo lì siederò. Ho scoperto della doppia candidatura quand’era troppo tardi. Io ho sbagliato, ma c’è un vuoto normativo evidente…».
È quindi una storia esemplare di come funziona la politica, non solo a Roma: regole astruse che consentono un simile pasticcio, controllori disattenti, elettori tratti in inganno, eletti bulimici, si spera soltanto di voti.
E comunque De Salazar (che a 33 anni è riuscito già a cambiare quattro partiti: An, La Destra, adesso contemporaneamente Fratelli d’Italia e lista Marchini) spalanca orizzonti finora imprevedibili: tifare al derby sia Roma sia Lazio (quando si candidò al Campidoglio per il Ppi, il prefetto Caruso si disse in effetti tifoso di entrambe le squadre), sedere sia sulla panchina del Milan che su quella della Roma (Allegri ci è andato vicino), vivere insomma molte vite insieme: una sola vita, e una sola poltrona, è troppo poco.
Aldo Cazzullo
(da “il Corriere della Sera)
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Giugno 4th, 2013 Riccardo Fucile
IL TESTO INTEGRALE DELL’ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE IN CUI IL PENTITO LI NOMINA COME REFERENTI DEL CLAN DEI CASALESI
Qualche big della destra accostato ai clan.
È il contenuto bollente della testimonianza del collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo.
Al processo in corso a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) a carico di Nicola Cosentino, il pentito, nella seconda udienza fiume dedicata al suo esame dopo quella del 22 aprile 2013, ha parlato dei rapporti tra i Casalesi e la politica.
Il suo racconto è stato ricco di «non ricordo», tanto che il pm della Dda Alessandro Milita è stato costretto a leggergli numerosi passi degli interrogatori resi dopo l’inizio della collaborazione (2008).
«In uno degli incontri che ebbi con Raffaele Bidognetti (figlio del boss Francesco Bidognetti ed ex reggente del clan, ndr), quando era latitante, era il 2007, lui mi fece i nomi di quattro politici che erano vicini alla nostra organizzazione. Si trattava di Nicola Cosentino, Gennaro Coronella, Mario Landolfi e Italo Bocchino».
Riportiamo integralmente l’ordinanza cautelare emessa dal GIP Dr. Raffaele Piccirillo nei confronti di Cosentino, dove il pentito Gaetano Vassallo nomina come referenti dei casalesi specificamente Italo Bocchino, Mario Landolfi e Gennaro Coronnella
N. 36856/01 RG.N.R
N. 74678/02 RG. GIP
TRIBUNALE DI NAPOLI
Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari
SezioneXXI
ORDINANZA CAUTELARE
Il Giudice dr. Raffaele Piccirillo,
sulla richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere presentata dai Pubblici Ministeri dottori Alessandro Milita e Giuseppe Narducci in data 17 febbraio 2009, integrata con trasmissione atti in data 27 febbraio 2009, 13 maggio 2009, 7 luglio 2009, 27 ottobre 2009 nei confronti di:
COSENTINO Nicola, nato a Casal di Principe il 2 gennaio 1959, ivi residente in Corso Umberto I n.44
INDAGATO
del delitto di cui all’artt. 110, 416 bis – I, II, III, IV, V, VI ed VIII comma, c.P., perchè non essendo inserito organicamente ed agendo nella consapevolezza della rilevanza causale dell’apporto reso e della finalizzazione dell’attività agli scopi dell’associazione di tipo mafioso denominata “clan dei casalesi” – promossa e diretta da Antonio BARDELLINO (fino al 1988),da Francesco SCHIAVONE di Nicola, detto “Sandokan “, da Francesco BIDOGNETTI e da Vincenzo DE FALCO (dal 1988 al 1991) e infine da Francesco SCHIAVONE di Nicola e da Francesco BIDOGNETTI – dopo l’arresto di questi ultimi due, da Michele Zagaria e Iovine Antonio, quali esponenti di vertice, tuttora latitanti, della fazione facente capo alla famiglia Schiavone e da Bidognetti Domenico, Bidognetti Aniello, Bidognetti Raffaele, Guida Luigi, Alfiero Nicola, Setola Giuseppe e Cirillo Alessandro, quali componenti apicali che si avvicendavano alla guida della fazione facente capo alla famiglia Bidognetti (Ilei cui confronti si procede separatamente) che, operando sull’intera area della provincia di Caserta ed altrove, si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà clte ne deriva, per la realizzazione dei seguenti scopi:
– il controllo delle attività economiche, anche attraverso la gestione monopolistica di interi settori imprenditoriali e commerciali;
– il rilascio di concessiani e di autorizzazioni amministrative;
– l’acquisizione di appalti e servizi pubblici;
– l’illecito condizionamento dei diritti politici dei cittadini (ostacolando il libero esercizio del voto, procurando voti a candidati indicati dall’organizzazione in occasione di consultazioni elettorali) e, per tale tramite, il condizionamento della composizione e delle attività degli organismi politici rappresentativi locali;
– il condizionamento delle attività delle amministrazioni pubbliche
Nell’interrogatorio del l° luglio 2008 VASSALLO Gaetano intrattiene gli inquirenti sul tema dei rapporti del gruppo BlDOGNETTI con esponenti politici di rilievo nazionale, come potè apprenderli dalla viva voce di BlDOGNETTI Raffaele, all’epoca reggente del gruppo camorristico, in una riunione avvenuta nel 2007, poco prima dell’arresto dello stesso BlDOGNETTI:
“Mi sono ricordato di una riunione tenuta nel 2007 presso il domicilio di un parente di Raffaele Bidognetti, e più in particolare presso l’abitazione ave Raffaele Bidognetti è stato arrestato in occasione della sua ultima latitanza. In questa abitazione mi sono recato più volte proprio per incontrarmi con Raffaele. Si tratta di una casa sita nei pressi della piazza Padre Pio di Casal di Principe, di piccole dimensioni, dove peraltro avevo già accompagnato i Carabinieri di Caserta per indicargli il luogo dove si nascondeva Raffaele Bidognetti.
Nel corso di questa riunione, che peraltro avvenne nello stesso giorno, poche ore prima, dell ‘arresto di Bidognetti Raffaele, io parlai della circostanza che mio fratello Salvatore voleva cedere le quote del Park Hotel di sua spettanza a Ventre, di cui non ricordo il nome, e a Nicola Gargiulo ‘o capitone, entrambi di Lusciano. (omissis)
Tornando alla riunione in cui venne arrestato Bidognetti Raffaele, ricordo che si fecero i nomi anche di alcuni politici nazionali.In particolare, Bidognetti Raffaele alla mia presenza e alla presenza di Di Tella Antonio, riferì che gli onorevoli Italo Bocchino, Nicola Cosentino, Gennaro Coronella e Landolfl facevano parte del “nostro tessuto camorristico”.
Devo dire che non era la prima volta che, con riferimento a queste personalità politiche, sentivo parlare in tal senso e cioè come politici che potevano favorire gli interessi del clan camorristico e che per questo stavano a nostra disposizione.
Ricordo che Landolfi, in occasione della penultima campagna elettorale, aveva chiesto l’assunzione presso l’EC04 di diverse persone da lui indicate tramite Peppe Valente e Sergio Orsi che poi lo avrebbero dovuto votare.
In cambio Landolfi era a disposizione del clan al fine di consentire l’aggiudicazione di appalti intervenendo su politici locali, ovvero per i trasferimenti di affiliati detenuti.
(. ..) A proposito del trasferimento di detenuti, ricordo che una figlia di Sergio Orsi a nome Flora è amica della sorella di “Carusiello”, di cui non ricordo il nome, e spesso l’accompagnava a fare i colloqui con “Carusiello”.
Sergio Orsi mi ha raccontato di aver mandato dei soldi a “Carusiello” in carcere, ammontanti a circa cento milioni di lire. Ciò avveniva alla fine degli anni ’90. Inoltre il “Carusiello” aveva chiesto di intervenire sa qualche politico locale per avere un trasferimento dal carcere. Sergio Orsi parlò con Nicola Cosentino per il trasferimento di Cantiello Salvatore, alias Carusiello in un altro carcere e il Cosentino si mise a disposizione per la richiesta di Orsi. Non so se il trasferimento si è avverato”.
Nella memoria depositata presso l’ufficio di Procura il 12.11.2008 l’indagato segnala l’implausibilità della raccomandazione di Cantiello Salvatore per un trasferimento carcerario, rimarcando come il Dipartimentodell’Amministrazione Penitenziaria sia costituito in gran parte da magistrati.
Deve osservarsi che questo passaggio delle dichiarazioni di Vassallo non risulta riscontrato, nè smentito da risultanze obiettive.
Pertanto ad esso non si attribuirà rilievo nella presente decisione. Tanto più che si tratterebbe di un favore personale promesso da Cosentino a Sergio Orsi, i cui esiti sono sconosciuti allo stesso collaboratore
(da “Lettera43“)
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