Settembre 7th, 2013 Riccardo Fucile
LA TRATTATIVA STATO-MEDIASET
La domanda è molto semplice e, nonostante la comicità della situazione generale, molto seria.
Se è vera la notizia — pubblicata da alcuni quotidiani e non smentita per tutta la giornata di ieri — del “colloquio riservato” di Fedele Confalonieri con Giorgio Napolitano per impetrare la grazia o altri salvacondotti sfusi per l’amico Silvio, a che titolo il presidente della Repubblica ha ricevuto il presidente di Mediaset?
Il 2 luglio scorso, quando Beppe Grillo, leader del M5S che aveva appena raccolto il 25% alle elezioni, chiese sul suo blog di incontrare il capo dello Stato, questi rispose piccato di non aver “ricevuto alcuna richiesta di incontro nei modi necessari per poterla prendere in considerazione”.
Resta ora da capire se, quando e come il signor Confalonieri, privato cittadino sprovvisto di qualsivoglia carica o politica — anzi da vent’anni dichiarato dal Parlamento ineleggibile ai sensi della legge 361/1954 per assicurare l’eleggibilità abusiva a B. — abbia formulato una richiesta di incontro col Presidente, e nei modi necessari per essere presa in considerazione dal destinatario.
Ma purtroppo non se ne sa nulla, come non è dato sapere a che titolo Gianni Letta, altro privato cittadino sprovvisto di qualunque carica elettiva o politica a parte la parentela diretta con il Premier Nipote, entri ed esca dal Quirinale, come riferiscono i giornali vicini a B. e N., anch’essi mai smentiti.
In qualunque democrazia, anche la più scalcinata, quando un’alta carica dello Stato riceve Tizio o Caio, lo comunica ufficialmente ai cittadini, spiegandone il perchè.
In Italia invece la clandestinità del potere è diventata normale anche sul Colle più alto, come insegnano le trame per assecondare le pretese del signor Mancino, indagato per falsa testimonianza sulla trattativa Stato-mafia.
E come dimostra l’incredibile nota diffusa l’altroieri, poco dopo l’incontro aumma aumma Napolitano-Confalonieri, non direttamente dal capo dello Stato, ma da non meglio precisati “ambienti del Quirinale” che nessuno ha mai capito in che cosa consistano, a chi rispondano, che valore abbiano, perchè parlino.
Un modo come un altro per dire e non dire, lanciare il sasso e ritrarre la mano, una via di mezzo fra ufficialità e ufficiosità (l’ufficialosità ) per poi, a seconda delle convenienze, poter dire “io l’avevo detto” o “io non l’avevo detto”.
Nella nota ufficialosa, si comunicava che il Presidente “non sta studiando o meditando il da farsi in casi di crisi” perchè “conserva fiducia nelle ripetute dichiarazioni dell’on. Berlusconi sul sostegno al governo”.
A parte l’involontaria assonanza con il “nutro fiducia” di Luigi Facta, ultimo premier democratico d’Italia prima del fascismo, nei giorni della marcia su Roma, quelle parole sanno di presa in giro degli italiani, visto che la visita di Confalonieri le smentisce platealmente: il Presidente sta studiando e meditando eccome, infatti prosegue la trattativa (ancora!) con gli emissari privati del noto ricattatore pregiudicato perchè tenga in piedi il governo Letta.
à‰ la trattativa Stato-Mediaset. Non è la prima volta che Confalonieri scende a Roma e consulta politici di destra, centro e sinistra: lo fa ogni qualvolta l’amico Silvio, e dunque la ditta, è in difficoltà .
Lo fece nel 2006 quando tentò di mandare l’amico D’Alema al Quirinale.
Lo rifece nel novembre 2011 quando le azioni Mediaset precipitavano nel gorgo della tempesta finanziaria e si trattava di pilotare la ritirata di B. in cambio del suo salvataggio politico e aziendale col governo Monti e le mancate elezioni anticipate.
E ora rieccolo — scrive il Corriere — “parlare di politica con i politici” in un “giro romano delle sette chiese” e “consultare amici e avversari, prima e dopo la sua salita al Colle”, convinto che “è necessario muoversi senza fare casino”. Per parlare di cosa? Dei nuovi palinsesti di Canale 5? Delle azioni Mediaset? Delle polizze Mediolanum? Della campagna acquisti del Milan?
No, secondo il Corriere ha parlato di “garantire l’agibilità personale per Berlusconi con un gesto di clemenza”.
Sarà un caso, ma appena il presidente di Mediaset è sceso dal Colle, i proclami guerreschi del Pdl si sono interrotti.
È l’apoteosi del conflitto d’interessi che, dopo avere privatizzato governi, parlamenti, codici, leggi e Costituzione, s’impossessa dell’ultimo arbitro, cancellandone definitivamente la terzietà e l’imparzialità .
Dopo Confalonieri e Letta, si attende con ansia il pellegrinaggio al Colle di Doris, Galliani, Marina e Pier Silvio, Allegri, Balotelli, Kakà¡ e Gabibbo (ma perchè non Dell’Utri?).
Poi sul campanile del Quirinale, al posto del Tricolore, garrirà giuliva la bandiera del Biscione.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 7th, 2013 Riccardo Fucile
PRONTO ANCHE IL RICORSO ALLA CORTE DI STRASBURGO
Adesso la parola magica che fa sperare Berlusconi è “revisione”. Del processo Mediaset, ovviamente.
Gli articoli 629, 630 e 635 del codice di procedura penale che disciplinano i casi di revisione di un processo già chiuso, ma che è possibile riaprire riconsiderando la sentenza già passata in giudicato, in presenza di un fatto nuovo.
Con l’obiettivo di ottenere dai giudici della Corte di appello di Brescia – grazie all’articolo 635 – anche la sospensione della pena.
Un atto discrezionale quest’ultimo, non obbligatorio, ma che le toghe non potrebbero negare all’ex premier, per via della sua età e della sua storia personale e politica.
Un passo possibile per via delle carte svizzere, mai acquisite in dibattimento, su Frank Agrama, che non sarebbe quel «socio occulto» nel commercio dei diritti televisivi disegnato nella sentenza Mediaset ma, come ha scritto il Giornale martedì 3 settembre pubblicando un atto giudiziario presentato come inedito, «l’intermediario ufficiale ed esclusivo tra la Paramount e molte tv europee». Un fatto nuovo che, per lo staff legale di Berlusconi, giustifica ampiamente il ricorso a Brescia.
Non è la grazia da chiedere, quasi come un’elemosina, a Napolitano. Bensì una mossa che avrebbe il vantaggio, qualora dovesse effettivamente risultare vincente, di cancellare del tutto la condanna, quella macchia sulla fedina penale che Berlusconi considera «insopportabile e ingiusta».
Mossa che, ancor prima di eliminare la condanna a 4 anni per il reato di frode fiscale, produrrebbe l’effetto di sospendere subito la pena liberando così il Cavaliere dall’incubo, ormai incombente, di dover scegliere entro il 15 ottobre se scontare l’anno che gli residua dopo l’indulto agli arresti domiciliari oppure con un affidamento ai servizi sociali.
Non solo: la richiesta di revisione del processo, nell’ottica di chi elabora le strategie difensive di Berlusconi, avrebbe anche l’obiettivo di congelare la procedura della decadenza nella giunta per le immunità del Senato.
Con un’istanza di questo genere, che potrebbe cambiare completamente la storia del processo fino ad annullarne le conclusioni, sarebbe arduo per la giunta andare avanti sulla decadenza come se niente fosse.
All’opposto – secondo la strategia elaborata ad Arcore – la giunta dovrebbe valutare l’importanza della mossa di Berlusconi e procedere subito alla sospensione della pratica.
Che resterebbe lì, congelata, in attesa che da Brescia arrivi la cancellazione della sentenza di condanna.
È nel pranzo ad Arcore tra Berlusconi, Schifani, Brunetta e Ghedini che si materializza l’ipotesi della revisione.
Succede quando, per l’ennesima volta dalla condanna, si esaminano quali potrebbero essere le vie per fermare l’esito e le conseguenze del processo Mediaset. Al ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, si aggiunge la strada impervia e difficile della revisione del processo, finora tenuta in secondo piano in assenza di fatti nuovi. Ma ora il verbale su Agrama cambia la situazione. Subito Berlusconi si entusiasma, anche al solo pensiero che l’odiata sentenza Mediaset possa essere cancellata perchè ingiusta.
Sa che il ricorso a Strasburgo – la legge Severino viola l’articolo 7 della Convenzione per i diritti umani perchè viene applicata retroattivamente – è pronto. Ieri sera lo stesso Ghedini stava apportando gli ultimi ritocchi, anche se è tutto da vedere se sarà presentato già oggi presso la giunta delle immunità , oppure lunedì mattina.
L’attesa di 48 ore sarebbe giustificata dal fattore tempo.
Spedita all’ultimo momento essa, nelle previsioni del Cavaliere, dovrebbe obbligare il relatore Andrea Augello, anche egli esponente del Pdl, a chiedere una moratoria per poter leggere le carte.
Lo stesso relatore, nel frattempo, sta preparando la sua mossa “anti-Severino”, nel suo caso rivolgersi alla Corte di giustizia del Lussemburgo (cosa che solo un giudice può fare) e alla Consulta (idem).
Ma i tre ricorsi non sono risolutivi, perchè la giunta a maggioranza potrebbe ignorare quello di Berlusconi a Strasburgo, anche qualora dovesse chiedere una sospensiva. Stesso discorso per le eccezioni di Augello che potrebbero essere bocciati dalla solida maggioranza Pd, M5S, Sel, Sc.
Ma la mossa risolutiva sarebbe quella della revisione del processo che il vice presidente della Giunta Giacomo Caliendo aveva ipotizzato nei giorni scorsi.
Fatta la richiesta alla Corte di appello di Brescia, il Cavaliere potrebbe chiedere di sospendere la pena e, nelle more, domandare anche alla giunta per le immunità se è possibile sospendere l’iter della decadenza in attesa del giudizio.
Ovviamente un ricorso del genere è tutto in salita e non è affatto detto che risulti possibile e non si risolva subito in una sconfitta.
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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