Settembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
UNA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO “PREMIA” LA BPBLUS DI CORALLO: ADESSO È ANCORA MENO PROBABILE CHE IL GOVERNO LETTA RIESCA A INCASSARE I 600 MILIONI DI EURO PREVISTI
Il governo Letta ci aveva sperato: incassare dai concessionari delle slot machine 600 milioni di euro.
Nel decreto approvato pochi giorni fa che abolisce l’Imu sulla prima casa, c’era infatti una norma che riguardava i colossi del gioco d’azzardo: i concessionari che in passato hanno ricevuto una multa (più precisamente una penale per violazione del contratto con i Monopoli di Stato) di 2 miliardi e mezzo, possono sanare la propria posizione pagando il 25 per cento della quota da versare entro il 15 novembre.
Un condono che doveva fornire parte delle coperture necessarie per cancellare la prima rata dell’Imu da due miliardi di euro.
I ministri però non hanno tenuto conto nè delle difficoltà dei concessionari a pagare — pochi infatti si potranno permettere di sanare la propria posizione — nè della situazione particolare della BPlus, ex Atlantis World Group of Companies, società gestita un tempo dall’ex latitante Francesco Corallo, accusato di associazione a delinquere dalla Procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta sui prestiti elargiti dalla Banca popolare di Milano quando alla guida c’era Massimo Ponzellini.
Pochi giorni fa, infatti, la posizione della BPlus è cambiata: con una sentenza del consiglio di Stato il colosso del gioco d’azzardo potrà non rispettare i requisiti richiesti dalle nuove norme inserite per le concessioni, come previsto dalla legge 220 del 2010, e potrà persino evitare di pagare 9 milioni di euro che avrebbero dovuto versare.
Le quote della Bplus che un tempo deteneva Francesco Corallo (figlio di Gaetano, che era amico del boss mafioso Nitto Santapaola, e che è stato condannato per fatti degli anni 80 per associazione a delinquere nel processo per la scalata dei catanesi ai casinò del nord Italia, con il quale Francesco sostiene di non avere nulla a che fare da decenni), sono finite in un blind trust, un fondo guidato da un fiduciario, l’avvocato olandese Jeroen Veen, gradito alla proprietà .
Il 4 settembre scorso però il Consiglio di Stato ha emesso una sentenza che favorisce molto la concessionaria.
Davanti al Cds era aperto un contenzioso che riguardava le concessioni.
Con una legge del 2010 sono stati stabiliti i nuovi requisiti per concedere le concessioni in ambito slot (era già scoppiato il caso Corallo).
La BPlus non vuole perdere la fruttuosa concessione quindi presenta ricorso prima al Tar, che lo respinge, poi al Consiglio di Stato che invece emette un parere favorevole. I giudici di Palazzo Spada hanno stabilito che BPlus può continuare ad operare sul mercato italiano degli apparecchi senza adeguarsi alle nuove convenzioni, in virtù della concessione acquisita nel 2004.
Questo creerà non pochi problemi nei rapporti tra i diversi soggetti attivi nel settore del gioco, perchè ci sono altri nove concessionari che invece hanno rispettato la legge 220/2010 che prevede requisiti molto più stringenti.
Tra gli obblighi rispettati dai vecchi operatori per partecipare a un bando c’era il pagamento una tantum di 100 euro per ognuna delle 350 mila slot all’epoca attive sul territorio: dopo la sentenza lo Stato dovrà rassegnarsi a non incassare i circa 9 milioni di euro previsti per le 90 mila macchinette collegate a BPlus.
E ora si vedrà cosa faranno gli altri, perchè a questo punto tutte le società potrebbe tentare il ricorso.
Insomma, sembra che il governo Letta in tema di slot abbia fatto male i conti.
Per non parlare poi delle difficoltà nel sanare la propria posizione da parte di molti concessionari.
BPlus, pagando entro il 15 novembre, potrebbe versare allo Stato 200 milioni di euro. Una bella cifra che però i pretendenti pronti a comprare la società di Corallo (valutata 450 milioni circa) sborserebbero volentieri per chiudere ogni contenzioso.
Incontreranno maggiore difficoltà a pagare le penali, nonostante lo sconto dei tre quarti, le altre società .
La Sisal Slot, dell’omonimo gruppo quotato in borsa, potrebbe sanare la propria posizione pagando 61,2 milioni di euro.
Altre concessionarie che dovranno pagare penali simili non possono contare su grandi gruppi alle spalle.
La piccola Gamenet dovrebbe dare allo Stato 58, 7 milioni di euro, la HBG deve 50 milioni e anche la Snai, quotata in borsa, incontrerebbe difficoltà a pagare 52 milioni di euro.
Il presidente di Confindustria sistema gioco Italia, Massimo Passamonti ha infatti dichiarato che il condono è destinato al flop: “Preferiamo aspettare il giudizio d’appello, siamo sicuri che ci darà ragione”.
La maxi-multa da 2,5 miliardi potrebbe essere cancellata in appello. Perchè pagare subito il condono?
Se questa copertura del decreto Imu dovesse svanire, scatterebbe la cosiddetta clausola di salvaguardia, con un aumento degli acconti di Ires, Irap e accise.
O pagano le concessionarie delle slot o pagano tutti gli italiani con le tasse.
Valeria Pacelli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
L’IMPRENDITORE CONDANNATO E IN RAPPORTO CON LA CRIMINALITA’ LO AVEVA ANNUNCIATO… ERA LATITANTE NELLA REPUBBLICA DOMINICANA
«Prima o poi la verità su Schifani la racconterò tutta fin dal primo giorno in cui l’ho conosciuto».
Parola dell’imprenditore Giovanni Costa catturate da “l’Espresso” nel settembre 2010. Sono passati due anni da quello sfogo, nel frattempo l’imprenditore palermitano, condannato dalla Cassazione nel maggio scorso per riciclaggio e bancarotta fraudolenta, si era dato latitante.
Martedì però la sua villeggiatura forzata e dorata a Santo Domingo è finita con l’arresto. Mesi di lavoro del reparto criminalità organizzata della squadra Mobile di Bologna hanno portato alla sua cattura.
La polizia domenicana e l’Interpol hanno fatto il resto.
Gli hanno messo le manette mentre usciva da un resort di lusso nella terza città più grande del paradiso caraibico, La Romana.
In una zona, Casa de Campo, nota per le ville hollywoodiane di attori e personaggi dello spettacolo.
La stessa zona dove ha comprato casa Marcello Dell’Utri. Tra qualche giorno dovrebbe arrivare l’ok delle autorità per l’estradizione in Italia.
Dall’Emilia a Santo Domingo passando per Cuba, Costa è riuscito a far perdere le tracce. Ma lui non aveva intenzione di vivere da recluso.
E proprio la sua passione per la bella vita l’ha tradito.
Continue richieste di denaro ai figli in Italia e il profilo Facebook “Gio Costi”(con foto delle spiagge bianche di Santo Domingo) hanno messo sulle sue tracce i detective bolognesi.
A Santo Domingo ha stretto amicizia con un altro siciliano trapiantato sull’Isola da molti anni.
E si sarebbe inserito in una serie di affari immobiliari. Non era solo Costa. Ha condiviso il periodo caraibico con una ragazza dell’Est Europa, ufficialmente segretaria di una società panamense.
Insomma a Costa la vita da latitante gli stava stretta.
L’imprenditore palermitano è arrivato a Bologna negli anni ’90.
Qui attira l’attenzione degli investigatori che lo indagano per riciclaggio e mettono sotto sequestro il suo patrimonio.
Molti anni dopo arrivano le confische definitive delle società e degli immobili di pregio sotto le Due Torri. Per uno strano scherzo del destino alcuni degli appartamenti sottratti a Costa si trovano nella galleria intitolata ai giudici Falcone e Borsellino.
Uno di questi è ancora occupato dai familiari e perciò non riutilizzabile dalla collettività come prevede la legge.
E’ un romanzo la vita di Costa. La trama si dipana tra affari, viaggi e trasferimenti.
Inizia a Villabate negli anni ’80. Racconta dei servizi prestati (e per questo è stato condannato) a Giovanni Sucato, personaggio legato alla mafia di Villabate.
Il suo resoconto si intreccia con la vita, come lui stesso dichiara, dell’ex presidente del Senato Renato Schifani, indagato dalla procura di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa.
Per il fedelissimo di Silvio Berlusconi i pm palermitani avevano chiesto di archiviare il caso, ma il gip ha chiesto un supplemento di indagini.
Agli atti anche i racconti del misterioso Costa.
Giovanni TIzian
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Settembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
FLESSIONE DELLO 0,7% …PRODUTTIVITA’ IMMUTATA, STIPENDI RIDOTTI
Dopo un anno e mezzo, cala il costo del lavoro in Italia.
Il dato è in flessione dello 0,7% nel secondo trimestre del 2013 rispetto ai primi tre mesi dell’anno.
La rilevazione è stata fatta dall’Ocse, che segnala come il dato sia legato al forte calo delle retribuzioni (-0,7%) a fronte di una produttività rimasta immutata.
La flessione del costo del lavoro è meno accentuata nell’intera area Ocse, dove scende dello 0,2% rispetto al trimestre precedente: un risultato, spiega l’organizzazione, che emerge dalla crescita della competitività (+0,4%) che ha superato la crescita delle retribuzioni (+0,2%).
Ma è tutta l’Eurozona che — per la prima volta dal primo trimestre 2011 — fa registrare un calo (-0,3%).
Su base annua il costo del lavoro nell’area Ocse è salito dello 0,9%, rispetto al +1,3% tendenziale del primo trimestre 2013.
Intanto l’Istat pubblica i dati sulle ore lavorate per dipendente in Italia, che nel secondo trimestre 2013 calano dello 0,3% su base annua mentre aumentano dello 0,4% rispetto ai primi tre mesi dell’anno.
Nel secondo trimestre 2013, i dipendenti dell’industria hanno lavorato per un numero di ore in aumento dello 0,1% rispetto all’anno scorso, che sale allo 0,7% su base congiunturale.
In particolare, nel settore delle costruzioni, il dato è in calo dell’1,9% in confronto allo stesso periodo del 2012, mentre aumenta dell’1,6% rispetto ai primi tre mesi dell’anno. Nei servizi, le ore registrano un calo dello 0,5% su base annua e un incremento dello 0,3% rispetto al primo trimestre.
L’incidenza delle ore di cassa integrazione utilizzate è pari a 39,6 ore ogni mille lavorate, con un aumento, sul secondo trimestre 2012, di 0,8 ore ogni mille.
Il peso delle ore di cig scende a 68 ore ogni mille lavorate nell’industria e sale a 15,2 ore nei servizi.
Gli straordinari incidono per il 3,4% delle ore lavorate, in calo di 0,2 punti percentuali sul secondo trimestre 2012.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI FEDERCONSUMATORI E CONFCOMMERCIO: “TIMORE DI TENSIONI SOCIALI”
Per le famiglie italiane, l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% verrà a costare 207 euro in più all’anno.
Lo afferma l’Osservatorio nazionale Federconsumatori. In dettaglio, spiegano le associazioni dei consumatori, a causa dell’incremento dell’Iva, dell’aumento dei costi di trasporto e dei maggiori costi energetici di impresa, le famiglie dovranno sborsare 81 euro in più nel settore dell’abbigliamento, 25 euro per le calzature, 12 euro per vini e liquori.
Le ripercussioni sui costi dei carburanti sono invece stimabili in un rincaro di 1,7 centesimi al litro.
“Aumenti che faranno lievitare i costi di trasporto di tutti i beni e servizi — precisano Federconsumatori e Adusbef -, incrementando inevitabilmente il prezzo al dettaglio, anche per quei beni la cui aliquota Iva non sarà soggetta a ritocchi”.
Per questo, concludono i rappresentanti dei consumatori, “è indispensabile eliminare l’incremento Iva, senza ricorrere, però, al solito gioco delle tre carte, sostituendo cioè l’aumento di tale imposta con un altro incremento, altrettanto nocivo. Il pensiero va immediatamente al ritocco delle accise sui carburanti, il cui effetto deleterio per l’economia e per i consumi già si è fatto sentire pesantemente negli anni passati”. Negli ultimi due anni, secondo l’associazione dei consumatori, la spesa delle famiglie è calata del 7,8 per cento.
Numeri e stime sugli effetti del balzello sono arrivati anche dalla Confcommercio.
Per l’associazione degli esercenti, il ritocco dell’imposta avrebbe due effetti finora sottovalutati: “Il primo, depressivo, sul sentimento delle famiglie e delle imprese che si vedranno private di quella fiducia a breve termine che aveva dato segnali di risveglio. Il secondo è che andando a colpire le fasce più deboli della popolazione, si potrà aggravare la crisi economica ingenerando gravi tensioni sociali che fino ad oggi sono state scongiurate”.
Confcommercio propone una soluzione per evitare l’aumento dell’Iva: “Riduzione e riqualificazione della spesa pubblica, processo che fino ad ora è stato condotto con troppa timidezza”.
“Gli effetti recessivi dell’eventuale aumento dell’Iva — prosegue l’associazione degli esercenti — ovvero contrazione di consumi, produzione e occupazione e aumento dell’inflazione, non esauriscono quelli che possono essere gli effetti indiretti”.
I commercianti, infine, sono convinti che lo stop all’aumento dell’aliquota e il taglio del cuneo fiscale “non siano in alternativa”.
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Settembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
LA NUOVA SEDE SEMBRA PIU’ UN MAUSOLEO CON FOTO DEL CAVALIERE OVUNQUE… GLI EX AN ORMAI SONO OSPITI
Nel momento più atteso, scompare l’audio.
E pure l’immagine: “Bisogna aprire le porte a chi vuole impegnarsi per il futuro di tutti gli italiani. Dobbiamo darci da fare per garantire democrazia in questo paese”. Stop.
Quando alle 17,37 Silvio Berlusconi inizia il discorso della rifondazione azzurra il maxi schermo si impalla. Segnali di decadenza.
Nel partito di plastica del Berlusconi condannato e extraparlamentare qualcosa non funziona.
Delusi i pochi chiamati ad adorare il capo di fronte alla nuova sede di San Lorenzo in Lucina. Pallottoliere alla mano, tolti un centinaio di giornalisti, qualche decina di cameramen, i collaboratori dei parlamentari a cui era vietato l’ingresso, i cinesi usciti da Luis Vitton, qualche piacione di ritorno da Ciampini, i militanti duri e pure non superavano le cento unità .
Età media, alta. Parecchi coetanei del Cavaliere, con le bandiere odoranti di naftalina.
Torna l’audio: “Vent’anni dopo siamo qui e guardando e salutando coloro che furono con me nel ’94 devo dirvi che l’impegno che ci abbiamo messo fa molto bene, siamo tutti più belli”.
Il pathos non scatta nè dentro nè fuori.
E qualcuno inizia ad uscire insofferente dal mausoleo berlusconiano.
Matteoli esce con l’aria di un claustrofobico dopo un’ora di ascensore. Perchè va bene la fedeltà ma neanche a Predappio ci sono tante immagini del capo.
Ovunque quadri di Berlusconi, e tutti con foto scattate prima del 2008.
Con Putin e Bush, nelle piazze, in casa, all’Onu, nei vertici internazionali, a Napoli.
Scompare il Pdl, e gli ex An sono ospiti in casa altrui:
Menomale che Silvio c’è, e basta. L’audio va sempre peggio. L’ex premier si sta dipingendo come responsabile, ed elenca gli atti di buona volontà compiuti: le dimissioni su pressione del Colle, nel 2011, il sostegno al governo dei tecnici — quello che ha tirato giù dopo la sentenza di Appello del processo Mediaset, per intenderci — e poi il governo Letta, lo spirito di sacrificio di chi ha solo cinque ministri su 23.
Poi avvisa, ed è l’unica cosa che l’audio decadente trasmette con chiarezza: “Staremo in questo governo finchè rispetta i patti su Imu e su Iva”.
I toni sono da brindisi aziendale, con le dipendenti fresche di parrucchiere, e prosecco e tartine nella stanza accanto.
Prima di un brindisi, si sa, ogni imprenditore brianzolo che si rispetti, non fa dichiarazioni di guerra. È così che l’avvertimento suona pacato, il ricatto felpato, la voce calda come gli sguardi delle parlamentari adoranti, vestite proprio come piace al Capo: “Abbiamo dato prova di disponibilità straordinaria — prosegue lui – nonostante quello che sentiamo dire dai signori della sinistra”.
Ormai si è capito, il gioco del cerino, con l’obiettivo di scaricare sui “signori della sinistra” la responsabilità della crisi.
Il Cavaliere parla di “stabilità ” e di “responsabilità ”, ma poi annuncia che a breve saranno convocati i gruppi per decidere a maggioranza sul da farsi.
Dice che la crisi farebbe male al paese, ma al tempo stesso spiega che il Pdl, anzi Forza Italia, non tratterà su Iva e Imu. E poi il chiodo fisso: “Le sentenze si rispettano quando sono emesse da un giudice imparziale, quando questo non avviene è giusto criticarle”.
Applausi e tartine. E sul video riparte per l’ottantesima volta l’inno di Forza Italia, con le immagini di una manifestazione dei tempi che furono.
Il Cavaliere ha meno capelli, e pure un bel po’ di chili in meno. Buttiglione invece ha più capelli, unico ad avere il privilegio di avere un’inquadratura col Capo. Rigorosamente cassati i traditori, Fini e Casini.
Nella noia mortale del nuovo inizio succede che le telecamere assaltano le griffatissime Ravetto e Prestigiacomo, per una dichiarazione che dia un titolo e interrompa lo sbadiglio.
Berlusconi si affaccia dal portone, saluta, qualche scatto e via. I tempi dei fuochi d’artificio e delle promesse di miracolo sono passati.
Ognuno dice la sua, sperando che sia quella giusta.
Mariastella Gelmini, a proposito dell’eventualità che Berlusconi si dimetta, taglia corto: “Per me assolutamente no”.
Pochi metri più in là c’è Paolo Romani: “Le dimissioni sono una possibilità . Deve decidere lui”. Segnali di decadenza.
Appunto, Forza Italia
(da “Huffingtonpost)
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Settembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
DA ANNI ROBERTO VIVEVA IN VIA DI MONTE FIORE COL SUO CANE BRENDA, BENVOLUTI DA TUTTO IL VICINATO… SI ERA COSTRUITO UNA PICCOLA DIMORA DOVE C’ERANO CUCINA E COMPUTER, ORA GLI HANNO PORTATO VIA TUTTO
“Se ho avuto la disgrazia di assistere alla morte dei miei genitori, secondo il Comune di Roma, dovrei anche stare sotto la pioggia, senza coperta, senza vestiti.. e senza spaghetti?”.
Questa mattina Roberto, che da oltre 15 anni vive a via di Monte Fiore, a Trastevere, con il suo fedele cane Brenda, si è visto “portar via tutto”, ma non l’ironia.
Alle 8.30 circa la polizia municipale e alcuni funzionari dell’Ama, hanno fatto “incursione” nella casa a cielo aperto che Roberto, ormai un’istituzione nel quartiere, aveva “costruito”, dopo essersi ritrovato a vivere per strada in seguito alla morte dei suoi genitori.
“Mi ero creato il mio mondo e adesso lo stavo abbellendo con i fiori – racconta con un velo di tristezza Roberto – Io sono una persona costruttiva, guardo ciò che mi sta intorno e quello che non va bene lo sistemo”.
In quell’angolo di via di Monte Fiore, “Roberto aveva chiuso tutto con dei teli – racconta Elena, che con suo marito, da quindici anni, vive pochi metri più avanti – teneva tutto pulito, aveva allestito un salottino con due poltroncine rosse di velluto, un comodino con il computer, grazie al quale ogni tanto vedeva le partite con i suoi amici senzatetto, poi un cucinino, con il fornello da campeggio e le provviste di viveri. Aveva un letto arrangiato, costruito con due paletti di legno e, fuori, aveva messo un tavolino con delle piantine aromatiche”.
Nessun problema con i “vicini di casa”, anzi, da questa mattina c’è un continuo via vai di residenti e commercianti di Trastevere che scendono per assicurarsi che Roberto stia bene e per aiutarlo ad affrontare lo sgombero.
Era ben voluto, raccontano e “non aveva mai creato alcun problema di ordine pubblico.
E anche il cane non è aggressivo nè intontito da farmaci o droghe.
Negli anni questo spazio l’ha curato e ha fatto lavori che l’Ama a volte non fa”. Elena ha regalato 50 euro a Roberto e due coperte: “Mi serviranno per mangiare ed iniziare a riorganizzarmi”, ringrazia lui.
“Computer, pacchi di pasta, olio, coperte, comodino, tutti i vestiti, il letto, la poltrona, mi hanno tolto tutto, ma io sono solo con il mio cane, non è un problema grave, si risolve, ma ci sono anche barboni con la famiglia, loro come avrebbero fatto?”.
La storia di Roberto: ha studiato elettrotecnica, classe ’66, dice di saper parlare quattro lingue. “Sono un tecnico, avrei le carte in regola per essere un cittadino modello”. Circa quindici anni fa lavorava all’aeroporto di Zurigo, occupandosi del sistema informatico.
Dopo la morte dei genitori decise di tornare in Italia: “Non avevo alcuna ragione per restare in Svizzera”. Si stabilì inizialmente sotto gli archi di Porta Pinciana, fino a quando non “l’hanno cacciato, murando il posto che si era allestito, poi è andato a vivere sotto i ponti del Tevere”, aggiunge una residente, infine è approdato a Trastevere.
Appena arrivato in Italia si è iscritto all’ufficio di collocamento, racconta, ma non ha trovato facilmente lavoro: l’unica officina a San Lorenzo che lo ha assunto, ha chiuso senza averlo mai pagato.
Nessun familiare lo ha aiutato e i pochi soldi messi da parte grazie al lavoro in Svizzera “li ho buttati nelle caparre delle case dove poi non sono più andato”.
Roberto cura anche un suo blog personale, dove racconta tutto ciò che gli succede, “adesso aggiornerò, scrivendo cosa mi hanno fatto oggi, ma sarà un’impresa ardua, mi hanno tolto anche l’antenna”.
Il blog si chiama “Vivere senza fissa dimora”, l’ha aperto su Blogspot.com. Roberto, però, ha bisogno di sfogarsi anche con le persone, non solo con un pc: “Mi hanno detto che non va bene stare qui col comodino ma solo col cartone, però non devo farmi vedere dai turisti e, ogni tanto, devo cambiare posto. Qui in Italia non ci date la possibilità di organizzarci la vita”.
Rivolge un appello anche alle istituzioni, in particolar modo si rivolge al sindaco Ignazio Marino: “Dovete mettere i bagni pubblici e le strutture di accoglienza devono essere fatte anche per accogliere gli animali, perchè quasi tutti noi barboni abbiamo un cane ed è come un fratello. Nei punti più frequentati, dove la gente dorme per strada, ci deve essere un presidio fisso come punto informazione per barboni che si trovano in difficoltà , dovete stare sul campo perchè, per capire il problema, lo dovete vedere. Anche gli zingari hanno la rappresentanza in Comune, i barboni hanno solo Sant’Egidio che ci campa su di noi. Poi è necessario cambiare la legge sull’occupazione del suolo pubblico: io devo sentirmi libero di scegliere dove stare, sennò non chiamatelo suolo pubblico e se io lo curo, è più mio che di altri”.
(da “la Repubblica”)
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Settembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SI DIMETTE: “I COLLEGHI RINVIANO SEMPRE IL TAGLIO DI 2.000 EURO”
Undicimilacento euro lordi, per dodici mesi, per cinque anni di legislatura, sono troppo pochi. Almeno per i deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana, che dall’inizio dell’anno si riuniscono per tentare di tagliarsi lo stipendio.
Un taglio minimo, di appena duemila euro lordi al mese, come previsto dal decreto Monti, ma che evidentemente deve essere sembrato troppo corposo ai parlamentari siciliani.
“Come si permettono da Roma a mettere il naso nella nostra busta paga?” si saranno chiesti i deputati della commissione sulla spending review, creata appositamente per recepire il decreto legge numero 172 del 2012, che impone un taglio agli stipendi di tutti gli amministratori.
Autotassarsi però è sempre difficile, soprattutto in periodo di crisi, anche se attualmente in Sicilia i deputati regionali non sono esattamente al verde, dato che portano a casa ben 13 mila euro lordi al mese.
La commissione per la spending review ha avuto quindi vita difficile.
E il presidente, il deputato del Pd Antonello Cracolici, ha ben pensato di dimettersi, evitando di prestare la faccia alla cupidigia dei colleghi.
“Qualcuno voleva traccheggiare, si riunivano prima della seduta della commissione e cercavano il rinvio” ha detto il parlamentare democratico. A far saltare il tavolo è stato, come spesso capita sull’isola, il nodo della famosa Autonomia della Regione Sicilia.
Concetto troppo spesso levato a mo’ di scudo per difendere prebende e privilegi che in altre regioni semplicemente non esistono.
In Sicilia, infatti, una legge del 1965 equipara l’Assemblea parlamentare al Senato della Repubblica, e anche lo stipendio dei deputati è equiparato a quello dei senatori: che tra diaria, gettoni e indennità possono arrivare a guadagnare anche 15 mila euro lordi al mese.
Potevano gli onorevoli deputati rinunciare a tutto ciò, accontentandosi di “appena” undicimila euro e spiccioli? Ovvio che no.
“Io ho avanzato l’ipotesi che il deputato regionale siciliano guadagnasse quanto un consigliere regionale della Lombardia o dell’Emilia Romagna. Altrimenti sarebbe passato solo il messaggio che lo Statuto siciliano è fonte unicamente di privilegi” ha spiegato Cracolici, che si è dimesso dopo che ieri pomeriggio era arrivato sul suo tavolo un emendamento firmato dall’onorevole Riccardo Savona, recentemente migrato dai banchi dell’opposizione a quelli della maggioranza di Rosario Crocetta.
Oggetto dell’emendamento di Savona era la proposta di sganciare la riforma sul taglio degli stipendi dal decreto Monti, facendo invece riferimento proprio alle buste paga del Senato.
In pratica i deputati erano d’accordo ad abbassarsi lo stipendio fino a undicimila euro, ma rimanendo sempre agganciati alla situazione di Palazzo Madama.
Un taglio momentaneo dato che, passato questo periodo di vacche magre, a Roma gli stipendi potrebbero ricominciare a salire.
E così anche a Palermo. Dove undicimila euro al mese sono pochi e i parlamentari hanno imparato a salvaguardarsi il futuro anche quando debbono tagliarsi lo stipendio.
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
DOPO CAVALLI, IL SINDACO DI FIRENZE A PRANZO ANCHE CON IL DIRETTORE DI “CHI”: LA RIPRESA E’ VICINA
Pensiamo a un nuovo business plan facciamolo durante un briefing o con un brainstorming.
Pensiamo a cos’è cool facciamolo per la community.
Parola di Renzo Mattei, ovvero il Fake Twitter di Matteo Renzi.
Sui social network impazzano le prese in giro (o le prese per il “cool”) che dir si voglia sull’ultima definizione del Pd targata Matteo Renzi (con gli altri candidati alla segreteria, Civati e Cuperlo intenti a condannarla seriamente).
Ma non c’è giorno che l’”asfaltatore” non riservi qualche sorpresa.
Non pago delle uscite mondane di questa settimana (presentazione dell’autobiografia di Roberto Cavalli, apparizione in veste di guest star alla conferenza stampa dei mondiali di ciclismo su strada di Firenze con il presidente del Coni, Giovanni Malagò), ieri è andato a pranzo con Alfonso Signorini, direttore di testate del gruppo berlusconiano Mondadori, nonchè conduttore di trasmissioni di cronaca rosa per Mediaset. Un fedelissimo del Cavaliere.
I due si vedono in un ristorante al centro di Firenze, e la notizia esce su Dagospia. Signorini si dà un gran daffare a confermarla.
“Di Renzi non si butta niente”, commenta.
E in effetti è stato il direttore di Chi a volere un appuntamento col Sindaco, visto che ieri era a Firenze.
Peraltro, i due si conoscono da anni, sono in ottimi rapporti.
“Per me è stata un’ottima occasione di approfondire la conoscenza con Renzi”, dice Signorini. Due ore di pranzo.
E poi giù complimenti: “Riconosco la sua grande capacità di leadership”.
Di più: “Non è come la maggior parte dei politici italiani. Finalmente uno che sta in mezzo alla gente, che ha rapporti con tutti. Uno che sa comunicare”.
In effetti il Sindaco veniva dalla presentazione di un progetto per le bici riciclate dai detenuti.
Signorini è pronto al tradimento, vuole Renzi a Palazzo Chigi? “No, io sono berlusconiano”. Però, “lui non è come gli altri”.
Il giovane Matteo è una miniera d’oro per un settimanale di gossip. Una copertina con lui e suo padre Chi già l’ha fatta.
Poi, questa estate, l’ha paparazzato a torso nudo e pantaloncini. E poi con indosso una maglietta-bandana in stile berlusconiano.
Le mosse del sindaco di Firenze fanno sempre sorgere sospetti: non è che ha accettato di incontrare il direttore di Chi perchè lui è in possesso di materiale scottante? Signorini nega: “Per quel che ne so io è un monaco”.
Wanda Marra
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Settembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
E UNO DEI SELEZIONATI ACCOMPAGNAVA IN AUTO IL PROFESSORE
L’ultimo concorso universitario predeterminato, con una scelta preventiva dei candidati che possono proseguire nella carriera di studio e accedere al mondo del lavoro, si è consumato in piena estate alla Cardiologia della Sapienza di Roma, abituata a questo genere di contestazioni.
È l’ateneo del rettore Frati, della famiglia Frati.E la prova pubblica è quella per l’accesso alla scuola di specializzazione della Cardiologia del Policlinico Umberto I, l’ospedale collegato all’università più grande d’Europa.
Alle 11,44 dello scorso 13 giugno a Repubblica è arrivata una mail in cui si segnalavano sei nomi dei vincitori del “concorso che consentirà l’ingresso di sei nuovi cardiologi all’ottavo padiglione del Policlinico”.
Concorso pilotato, assicurava la mail: “Un mese prima sappiamo già chi entrerà “. Entreranno, sosteneva la segnalazione, quattro donne e due uomini tra i 26 e i 33 anni, indicati nel testo con cognome e nome.
Abbiamo messo da parte quella posta elettronica, firmata da “un medico deluso”, l’abbiamo fatta registrare e abbiamo atteso.
Il concorso “Malattie dell’apparato cardiovascolare” (codice 14.252, 15 posti disponibili) si articolava in due date e due prove, a partire dal 7 luglio.
Ai sei vincitori romani segnalati si sarebbero aggiunti, sosteneva la fonte, sei candidati scelti per la seconda cattedra della Sapienza (Cardiologia 2) e tre per la cattedra di Latina, sede distaccata.
Di questi successivi nove vincitori, nella mail, non si faceva nome: l’attenzione di chi segnalava era concentrata su Cardiologia 1, diretta dal professor Francesco Fedele.
La mail indicava anche i sei aspiranti medici (anche qui quattro donne e due uomini) che sarebbero rimasti fuori nonostante i curricula con punteggi alti: “La prova scritta sarà valutata con voti bassi, per compensare”, rivelava la mail.
Il primo agosto sono usciti i risultati del “14.252”. I fogli che li illustravano sono stati appesi al piano terra dell’ottavo padiglione del Policlinico e a fianco dell’auletta Valdoni, dove si allarga la stanza di Giacomo Frati (il figlio del rettore diventato ordinario di Cardiochirurgia a 35 anni).
Le previsioni segnalate dal “medico deluso” erano tutte centrate: vincitori ed esclusi. Gli ultimi due posti utili della graduatoria erano occupati da due candidati che grazie a un’eccellente seconda prova – l’unica su cui la commissione diretta dal professor Fedele aveva potuto esprimersi – erano riusciti a colmare il gap del loro scarso curriculum. Entrando nel dettaglio, si scopre che il sesto piazzato (posizione utile) era uno studente di 27 anni di grande abnegazione: per tre anni aveva accompagnato in auto il professor Fedele a Fiumicino, ai convegni, a far spese. L’aspirante cardiologo era diventato il suo autista e al terzo tentativo ce l’aveva fatta.
Di fronte a queste evidenze abbiamo incontrato l’autore della segnalazione.
Abbiamo verificato la sua conoscenza del tema e l’attendibilità .
Ci ha portato documenti, spiegato nuovi dettagli e indicato pediatrie e cardiologie di altri atenei che usano gli stessi sistemi, quindi ci ha offerto il contatto di due testimoni.
Abbiamo allora raggiunto la Cardiologia e chiesto spiegazioni del concorso al suo dominus, il professor Francesco Fedele.
“Il medico deluso” ci ha raccontato: “Me l’hanno detto in modo esplicito: ‘È inutile che vieni alla Sapienza, abbiamo già i nostri. C’è una lista d’attesa, devi aspettare il terzo concorso’. Perchè non ho denunciato tutto al preside di facoltà , all’Ordine dei medici? Mi avrebbero risposto: ‘Resta in fila, resta muto, è sempre stato così'”.
Corrado Zunino
(da “La Repubblica“)
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