Settembre 15th, 2013 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE AVEVA PROMESSO QUATTRO MILIONI DI FIRME, MA NESSUNO HA VISTO NULLA
Avevano promesso “almeno un milione entro la fine di settembre 2013 — è stata la parola di Renato Brunetta il 19 agosto scorso — perchè la giustizia italiana va riformata da cima a fondo”. E Berlusconi era addirittura arrivato a parlare di 4 milioni.
Qualcosa, però, sembra essersi un po’ inceppato nell’entusiasmo del popolo pidiellino all’indomani della scelta di Silvio Berlusconi di firmare tutti e 12 i referendum radicali promettendo di mobilitare il suo intero elettorato per raggiungere lo scopo.
Mancano, ormai, poco più di 15 giorni al fatidico 30 settembre, quando si chiuderà il tempo per la raccolta e nessuno sa bene quanto e — soprattutto — come sta andando la raccolta delle firme nei banchi del Pdl.
“Recentemente — racconta Maurizio Turco, tesoriere dei Radicali — dal Pdl hanno richiesto nuovi moduli per le firme, il che dovrebbe essere un dato positivo, ma in questi casi, finchè non si contano le firme non si può sapere. Mi risulta che, in alcune parti d’Italia, il Pdl è partito in ritardo, su alcuni quesiti ho saputo che hanno raccolto 150mila firme ciascuno, ma sono un po’ numeri a caso. Ripeto, fino a quando non si contano, non possiamo dire nulla”.
I moduli vengono raccolti nel garage di via San Silverio a Roma, è lì che verranno accatastati gli scatoloni con le firme per i controlli: “Al momento — sostiene Rita Bernardini proprio dal garage – è difficile capire a che punto stiamo; gli ultimi giorni sono sempre importanti, possiamo solo sperare che se non l’hanno fatto fino ad oggi, almeno mobilitino il loro popolo, come promesso, all’ultimo tuffo; comunque, mi chiedo, che fine ha fatto anche la sinistra? Qui sono spariti tutti, dal Pd a Sel passando per i socialisti, e anche loro avevano detto tutti che avrebbero dato una mano…”.
Il Pdl, però, con Berlusconi, si è esposto veramente tanto. E se, alla fine, all’appello mancheranno quei 4 milioni di firme promesse almeno sui 6 referendum sulla giustizia, che premevano più di altri al Cavaliere, vorrà dire che anche l’abbraccio con Pannella nel nome di una giustizia più giusta sarà stata solo l’ennesimo spot di Silvio a fini elettorali.
Ovviamente, i suoi.
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 15th, 2013 Riccardo Fucile
AFFITTI E CONSULENZE DEI GRILLINI: VOCI GENERICHE SENZA DETTAGLI
Un cruccio se lo sono tolti. Volevano sapere quanto guadagnasse Claudio Messora, il loro capo della comunicazione al Senato e lui, ieri, ha pubblicato on line la sua busta paga: 6.099 euro lordi, comprensivi di rimborso “ad personam variabile” per le spese di vitto a Roma.
Eppure, la diffusione del bilancio dei primi quattro mesi di attività dei gruppi parlamentari ha creato nuovi grattacapi tra gli eletti del Movimento.
Troppo generiche le voci che parlano di consulenze e di locazioni.
Mentre senatori e deputati, la settimana prossima, dovranno pubblicare il resoconto dettagliato delle spese sostenute con la diaria (non basta la cifra totale del bonifico per giustificare le uscite), qui si parla di contratti ed affitti senza specificare nè per chi nè per cosa.
Spulciando le 56 voci di spesa del bilancio (consultabile on line) effettivamente non si hanno le idee molto chiare.
È vero che i Cinque Stelle hanno rinunciato a 42 milioni di euro di finanziamento e restituito un milione e mezzo solo nei primi tre mesi di legislatura, ma la trasparenza è a costo zero.
E soprattutto è una delle “colonne del Partenone” che lo stesso fondatore del Movimento, una settimana fa, ha illustrato agli imprenditori del Forum di Cernobbio.
Eppure il bilancio pubblicato ieri — dopo la segnalazione de l’Espresso — è piuttosto generico. Risponde ai requisiti richiesti dalla legge, è vero.
Però da M5S ci si poteva aspettare qualcosa di più: per esempio a chi sono destinati i tre immobili presi in affitto dal gruppo.
O chi siano e cosa abbiano fatto i consulenti retribuiti (domanda: c’è anche la Casaleggio associati?).
Oppure, vista la campagna sui consumi “low cost”, perchè si siano spesi quasi 12 mila euro in tre mesi per la telefonia mobile.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 15th, 2013 Riccardo Fucile
LA CONTROMOSSA, IL TRUCCO DELL’INDICE E FOTO SUL WEB
Rendere palese il voto segreto. Non con una nuova legge e la modifica dei regolamenti ma con un trucco. Bastano una mano, la sinistra; un dito, l’indice e un gruppo di fotografi compiacenti.
Può essere questa la strada scelta dal Partito democratico per affrontare il giorno chiave della legislatura, quando la decadenza di Silvio Berlusconi arriverà nell’aula del Senato e ci sarà il voto decisivo per espellerlo dal Parlamento.
L’appuntamento è lontano, preceduto dal voto della giunta mercoledì.
Intorno al 10 ottobre secondo i calcoli degli esperti, ma il Pd ha cominciato a discuterne. Perchè il clima nelle feste democratiche sparse per l’Italia è «brutto, brutto davvero », rivela Miguel Gotor, ex spin doctor di Bersani e senatore alla prima legislatura.
Pesa la maledizione dei 101 franchi tiratori che affossarono Prodi.
Un peccato mortale che i militanti non perdonano.
Continuano a chiedere ai dirigenti del Pdl i nomi, la testa dei traditori. E temono che la catastrofe possa ripetersi, in termini ancora più drammatici visto che in ballo c’è la sorte dell’avversario ventennale.
Il “trucco dell’indice” perciò racconta la drammaticità del passaggio. Per il Pdl e anche per il Pd.
Sembra un modo per controllare i senatori, una mancanza di fiducia preventiva.
Ma la vera paura di Largo del Nazareno non è quella delle serpi in seno.
Il gruppo di Palazzo Madama appare compatto. Lo dice anche Felice Casson, ex magistrato, considerato il giustizialista della compagnia.
«Mai visti i miei colleghi così uniti – garantisce – . Non spunteranno traditori, la pensiamo tutti allo stesso modo».
La legge Severino dice che il condannato decade e la legge va rispettata. No, la grande paura è che Beppe Grillo voglia far saltare il pentolone Pd, suggerendo ai suoi senatori o a una parte di essi di votare a favore del Cavaliere.
Nel segreto del voto. Per dare la colpa al partito di Letta e Epifani.
«Io lo proporrò all’assemblea dei miei colleghi – annuncia Gotor – . I 108 senatori del Pd devono mettere nella buca dello scranno solo l’indice della mano sinistra. In quel modo è fisicamente impossibile esprimere un voto diverso dal “sì”.
Ci mettiamo d’accordo con alcuni fotografi che riprendono la scena, postiamo tutto sui social network ed evitiamo guai».
È uno stratagemma già usato dal gruppo alla Camera durante la votazione per l’arresto di Alfonso Papa. Il presidente dei deputati era Dario Franceschini.
«Sapevamo che la Lega avrebbe votato contro il carcere per poi addossare la responsabilità a noi. Fummo costretti», ricorda adesso il ministro dei Rapporti con il Parlamento.
“Processarono” i democratici per aver violato il segreto, si convocarono riunioni su riunioni. Ma l’onore era salvo, la base soddisfatta.
La replica potrebbe andare inscena a metà ottobre.
È iniziata una guerra dei nervi tra il Pd, pilastro delle larghe intese, e il Movimento 5stelle.
La richiesta del voto palese e di una modifica dei regolamenti avanzata dal grillino Morra è il primo atto del conflitto.
«Sono sicuro che Grillo dirà a 20 dei suoi di votare per Berlusconi. Vuole sputtanarci, farci esplodere. La Lega fece lo stesso per l’arresto di Craxi. Agitavano il cappio ma organizzarono i voti che salvarono il segretario socialista – spiega Gotor –. La Seconda repubblica crollò e giunse l’ora di Bossi ».
Venti senatori non bastano a evitare la decadenza. Ne servono almeno 43. Un numero enorme, difficile da organizzare. Ma sarebbero sufficienti a gettare nel panico il mondo dei democratici.
Anche Casson e il capogruppo Luigi Zanda si aspettano le provocazioni dei grillini. Mettono invece la mano sul fuoco per i colleghi Pd.
«Qualche scantonamento è fisiologico, anche tra i nostri – dice Casson –. Nulla di decisivo, però. Temo invece i grillini e la Lega».
E con i 101 di Prodi, come la mettiamo? «Il Pd al Senato ha già votato l’arresto di Lusi…», risponde Casson.
Zanda para l’affondo dei 5stelle, chiedendo anche lui il voto palese. «Ma basterà la richiesta di 20 del Pdl e verrà autorizzata la votazione segreta. Per cambiare il regolamento ci vogliono mesi, i grillini non sanno di cosa parlano».
Eppure con il blog si può creare un alone di sospetto sul Pd.
Per questo alcuni, come Gotor, pensano alle misure drastiche, ad aggirare l’ostacolo. Sempre che non sia Berlusconi a farsi da parte prima evitando le forche caudine di Palazzo Madama.
«Il timore del Cavaliere – dice un senatore democratico – sono i franchi tiratori della sua parte, quelli che non vogliono mollare la poltrona. Il Pdl sta bollendo da mesi. Berlusconi farebbe bene a guardarsi dai suoi».
Goffredo De Marchis
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Settembre 15th, 2013 Riccardo Fucile
CERCANDO UNA VIA D’USCITA, I SUGGERIMENTI DEI SUOI FEDELISSIMI SU GOVERNO, GRAZIA E DOMICILIARI
L’ultimo consiglio a Silvio Berlusconi – forse il meno interessato e senz’altro il più praticabile – l’ha dato Ilona Staller, in arte Cicciolina: «Accetti la condanna e faccia sesso a go go».
Il sesso, ha spiegato l’ex pornostar (forse non informatissima sugli hobby notturni del destinatario), è «gioia». E poi la vita «è breve».
Purtroppo per Berlusconi, è stato lunghissimo quest’ultimo mese e mezzo: da che ha ricevuto la condanna definitiva per evasione fiscale (1 agosto), metà mondo esulta e l’altra metà si spende in suggerimenti senz’altro amorevoli, talvolta originali, ma raramente ingegnosi.
Anche perchè si trascura un dettaglio: che a seguirli dovrebbe essere un altro.
Per esempio: è con sforzo laico che si riconosce la presunzione della buona fede a Daniela Santanchè, la quale, col battagliero spirito di cui gira armata, ha detto di non trovare calzanti al personaggio gli arresti domiciliari: «Lo vedo in carcere perchè è persona che ha amore e coraggio».
Lei lo vede in carcere. Chissà come ci si vede lui.
E infatti altri più prudenti si sono trattenuti proprio sull’alternativa dei domiciliari. Giuliano Urbani dice che da lì potrebbe fedelmente «sostenere il governo», e questa pare la soluzione migliore anche a Ennio Doris e Flavio Briatore, mentre Antonio Martino sostiene che, dal salotto, Silvio condurrebbe una «campagna elettorale formidabile».
Molto viva l’ipotesi dei servizi sociali, che per il professor Giovanni Sartori costituirebbero «un’onorevole ritirata».
Con dei vantaggi, nell’opinione del deputato pidiellino Paolo Romani: «Gli consentirebbero l’agibilità politica».
I benefici non sarebbero soltanto personali ma un po’ per tutta l’umanità , secondo Francesco Nitto Palma: «Spronerebbe i ragazzi a rinunciare alla droga».
Se poi l’ex premier fosse indeciso, c’è sempre la richiesta della grazia, caldeggiata da un po’ tutte le colombe e osteggiata da un po’ tutti i falchi, qui sostenuti dal boss. Dunque siamo in una posizione prodigiosamente illustrata dal leghista Roberto Calderoli: «Se fossi in lui non chiederei mai la grazia a nessuno, soprattutto a Napolitano, non chiederei i domiciliari, non chiederei i servizi sociali».
E così si torna al lodo Santanchè. A meno che non si voglia prendere in considerazione una linea curiosamente lanciata dalla coppia Beppe Grillo-Giancarlo Galan (con un diverso grado di sarcasmo): «Scappa!».
Sul lato grillino, ha approfondito il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti: «Antigua potrebbe essere per lui una località adatta».
Sul lato di centrodestra ha provato a fare dignità alla soluzione il presidente di F.lli d’Italia, Guido Crosetto: Berlusconi conduca una battaglia politica dall’estero «alla Pertini o alla De Gasperi».
Però, se la cosa non lo attirasse, la conduca dalla cella «alla Havel o alla Mandela».
E così, di nuovo, siamo punto e a capo.
Altro dilemma: aspettare le decisioni della Giunta sulla decadenza o mollare prima, con gesto virile?
Di questo avviso è Marco Pannella: «Silvio, ti chiedo di dimetterti per sbaragliare i tuoi nemici, i Robespierre “epifanici”».
È un po’ la sollecitazione che arriva dalle colombe alla Fabrizio Cicchitto, che non per nostalgia vedrebbero benissimo il capo a Palazzo Madama mentre pronuncia un discorso storico, in stile Bettino Craxi.
Giuliano Cazzola, ex pidiellino ora in Scelta civica, il discorso gliel’ha pure steso (e l’ha pubblicato su Formiche): ho combattuto i comunisti perchè non usurpassero il potere, ma mi hanno fermato le toghe rosse; e poi: «Aveva ragione mia moglie Veronica, quando scrisse che io ero un uomo malato» a causa «della mia ossessione per le donne, soprattutto se giovani e belle».
Alla fine, conclude Cazzola, il condannato dovrebbe dimettersi con piglio plateale e garantire fedeltà all’esecutivo.
Anche qui l’unanimità è improbabile. Sandro Bondi ieri ha scritto un commento sul Giornale titolato: «Stacchiamo la spina».
Non in caso di decadenza: comunque, e subito.
È quello che sostiene il segretario leghista, Bobo Maroni: «Silvio, stacca la spina o ti faranno fare la fine di Craxi». Per questo, forse, c’è chi come il ministro Mario Mauro l’ha buttata lì: «E l’amnistia?».
E un altro vecchio sodale, l’avvocato Raffaele Della Valle, ha proposto di sollecitare al Quirinale la «commutazione della pena» con una giustificazione cara a Napolitano: «Salverebbe la pacificazione» (questa è di Cicchitto).
Ogni tanto, nella vertiginosa babele, fanno capolino anche quelli del Pd e dell’opposizione intera, stretti in una rara concordia.
Matteo Renzi: «Se ne vada a casa» («per sempre», aggiunge prudentemente Famiglia Cristiana). Walter Verini: «Faccia un passo indietro». Nicola Latorre: «Faccia un passo indietro». Nichi Vendola: «Faccia un passo indietro».
Massimo D’Alema: «Faccia un passo indietro». Rosi Bindi: «Faccia un passo indietro».
Leggermente più sfumata la posizione del segretario, Guglielmo Epifani: «Faccia un passo di lato».
Mattia Feltri
(da “La Stampa“)
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Settembre 15th, 2013 Riccardo Fucile
“GIU’ PER LARGHE INTESE E VOTO ANTI-PRODI”… LA SEGRETERIA: “RECUPERO IN AUTUNNO”
Dimezzati. Rispetto al 2012 gli iscritti del Pd che finora hanno rinnovato la tessera sono 250 mila mentre alla fine dello scorso anno superavano il mezzo milione.
La tendenza non è omogenea, in Emilia le adesioni toccano il 70 per cento, in Piemonte e Liguria il 60, in Toscana, Veneto e Lombardia sfiorano il 50, in Sardegna arrivano al 40mentre dalle regioni del Sud ancora non sono neppure stati trasmessi i dati, visto che la campagna per il tesseramento sta partendo solo in questi giorni, in grandissimo ritardo rispetto al Centro-Nord.
Sulla carta geografica del Pd, già piena di ombre, spicca la voragine di Roma, dove appena il 30 per cento dei quindicimila iscritti ha confermato l’adesione.
Numeri che indicano una disaffezione, che sarà difficile da recuperare.
E invece la lettura del dato fornita dal vertice del Pd è tutt’altro che negativa, anzi.
«Ora si apre la fase dei congressi, la gente correrà nei circoli a rinnovare la tessera, gli anni congressuali sono da sempre quelli in cui facciamo il boom degli iscritti», sostiene senza esitazioni Tore Corona, responsabile nazionale del tesseramento e dell’anagrafe, l’uomo a cui il capo dell’organizzazione Davide Zoggia ha affidato il compito di attaccarsi al telefono senza sosta per dare la sveglia ai segretari regionali e provinciali per riattivare la macchina del consenso appesantita dalle ruggini estive.
«Tradizionalmente il picco delle iscrizioni è tra settembre e novembre», spiega Corona, «quindi nessuna preoccupazione.
Le tessere sono arrivate nei circoli con un ritardo di mesi rispetto alla norma, tutto è andato lento a causa delle elezioni politiche e dopo, a marzo, il contesto era abbastanza depresso ».
Tra i 101 franchi tiratori di Prodi e il governo delle larghe intese, insomma, l’entusiasmo nei confronti del Pd si sarebbe parecchio raffreddato.
In Toscana (dove solo 25mila delle 58mila tessere sono al momento confermate) il segretario Ivan Ferrucci promuove due giorni di campagna per il tesseramento, con banchetti per le iscrizioni e circoli aperti non stop.
I prezzi sono invariati, 15 euro per il Pd e 5 per iscriversi ai Giovani Democratici.
Da qualche giorno è anche partita la novità del tesseramento on line ma qui le cifre sono più alte: «Proponiamo un «pacchetto» che include l’abbonamento alle edizioni digitali di Europa, Unità , Left e Tam Tam», dice Corona, «il costo complessivo è di 50 euro (25 per chi ha meno di 30 anni) e abbiamo già ricevuto duemila richieste».
Segna un calo anche l’Emilia, compresa la federazione di Bologna, sulla carta una delle più forti d’Italia.
Ad agosto nell’intera provincia il tesseramento è arrivato al 61%, 14.058 tessere contro le circa 23mila del 2012.
Dalla sede Pd di Bologna, già arrivata all’89 per cento di conferme, il segretario Raffaele Donini è ottimista ma è difficile non notare come la tessera di Romano Prodi sia una tra le più illustri a mancare quest’anno all’appello.
L’esodo però non comincia adesso, basti pensare che nel 2009, l’anno del congresso che incoronò Bersani, gli iscritti della federazione erano 35mila, circa 12mila più del 2012.
E il confronto diventa impietoso se si va ancora più indietro: ai circa 65mila iscritti dell’era Pds, fino ai 120mila iscritti del Pci a Bologna.
Le cose vanno un poco meglio a livello regionale: «Siamo a circa 56mila iscritti e partivamo da 82mila», spiega il segretario Stefano Bonaccini, ex bersaniano di ferro oggi vicino a Renzi.
Torino ha rinnovato il 60 percento delle 12.500 tessere e in Piemonte la quota 2012 da raggiungere è di 19.835 iscritti.
«Siamo partiti tardi», dice il segretario regionale Michele Paolino, «con tutto quello che è accaduto, il tesseramento non è stato tra le priorità ».
Più ottimisti in Liguria e a Genova (oltre il 60% di riconferme), dove il Pd trae beneficio dalle oltre 500mila presenze della festa organizzata al Porto antico: tanto positiva che si sta pensando di mantenere Genova come sede fissa della kermesse nazionale.
Il sud è il fanalino di coda: «In Sicilia abbiamo dei tempi diversi ma siamo certi di superare i 37mila iscritti del 2012», dice il segretario Giuseppe Lupo, franceschiniano. Enzo Amendola in Campania, dove le tessere erano 41mila, ammette: «Trovarsi in coalizione col Pdl non ha aiutato. Molti dei nostri aspettano di capire quali scelte farà il Pd sulla decadenza di Berlusconi e sul congresso».
Scadenze vicine ormai, che potrebbero fare la differenza.
Silvia Bignami e Simona Poli
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Settembre 15th, 2013 Riccardo Fucile
TRA COLPO DI STATO, GIUNTA CAMERA A GAS, CHICCHITTO-MACCHIETTA, NAPOLITANO-PONZIO PILATO: LE LARGHE INTESE SECONDO I FALCHI DEL PDL
Il governo Grandi Intese, si fa per dire, di Enrico Letta ha molte ragioni di passare alla storia, alcune non proprio esaltanti. Di certo non avrà l’onore della Crusca.
I suoi giorni più drammatici sono segnati, dal punto di vista del lessico, dai falchi di Arcore e dal loro linguaggio chiodato.
Non parole ma randellate. Non dichiarazioni ma mine anti-uomo.
Nelle riunioni del partito a dare la linea tosta, eccome se tosta, il falcone Denis Verdini, mediaticamente muto anzi così affabile da far paura. A metterci ovunque la faccia, gli artigli da rapace e le spire da pitonessa Daniela Santanchè. E dietro di loro uno stormo chiassoso di gheppi, sparvieri, poiane. Aquile? Non avvistate.
GRANDI INTESE
«I falchi esultano per la rottura. Io no. Anzi. Ma non mi sono mai illuso su natura Pd: giustizialisti al posto dei comunisti» (Augusto Minzolini).
«Bersani, per decenni nel Pci diretto da Mosca dai tiranni dei gulag, che ha applaudito Pol Pot, vorrebbe ci vergognassimo di Berlusconi?»(Lucio Malan).
«Guglielmo Epifani è un provocatore, giustizialista, che gronda felicità da tutti i pori e che farebbe meglio a tacere» (Maurizio Bianconi).
«Dal Pd mi aspettavo il peggio ma questo è il peggio del peggio» (Lucio Malan).
«L’ingiunzione rivolta da Bersani al Pdl di separarsi dal suo leader, dà la misura del grado di irresponsabilità , di cinica spietatezza e di cecità a cui giungono Pd e la sinistra italiana» (Sandro Bondi).
PONZIO PILATO
«Enrico Letta sta scegliendo la via indicata da Ponzio Pilato. Non credo che questa direzione di marcia gli gioverà . Le conseguenze, se questa sarà la scelta definitiva, sono ormai chiare a tutti» (Daniele Capezzone).
«Dopo Nap-Ponzio Pilato ora è il Pd che deve dire se vuole trovare una soluzione politica-pacificazione al caso Cav o assumersi responsabilità della crisi» (Augusto Minzolini)
«Sbagliano gli esponenti del Pd, novelli Ponzio Pilato, ad ostinarsi nel linciaggio di Berlusconi» (Michaela Biancofiore).
DELITTI E CASTIGHI
«Al 75 enne che si faceva bambina di 5 anni, condanna a 3 anni, a Berlusconi per la 17enne Ruby 7 anni. Se ti fai una maggiorenne, ergastolo?» (Lucio Malan).
«Il pedofilo scarcerato a Roma è stato condannato a tre anni di carcere. Non interdetto, godrà dei diritti politici. Non si chiama Silvio, non è del Pdl…» (Vincenzo D’Anna).
RISPETTO ISTITUZIONALE
Non voglio essere irrispettosa, ma la giustizia è come un cancro. E i magistrati sono come una setta segreta» (Daniela Santanchè).
«Abbiate le palle di mettere Berlusconi in galera» (Daniela Santanchè).
«Questo Paese era famoso per essere la culla del diritto. Oggi ne è diventato la tomba, gestita da una corporazione di becchini in toga che hanno consumato il delitto perfetto di eliminare dal panorama politico per via giudiziaria il leader di un intero popolo eletto democraticamente» (Luca D’Alessandro).
L’ARMATA DI SILVIO
«Siamo come il battaglione sacro di Tebe, straordinario per l’amore che legava i suoi soldati. La nostra grande forza è l’amore per Berlusconi, e questo vince su tutto. Siamo l’armata di Silvio» (Simone Furlan).
«Compatti a fianco del presidente Berlusconi. Non lasceremo l’Italia sotto dittature che siano magistocratiche o comuniste» (Simona Vicari).
«Non so se ve ne siete accorti, ma il primo agosto si è compiuto un colpo di Stato» (Daniela Santanchè).
COLLE MATATO
Ma Napolitano non ce l’aveva con “il Parlamento dei nominati” (che peraltro l’ha eletto, lui nominato senatore a vita, e al Viminale nel ’96)?» (Lucio Malan).
«Ci dimetteremo dal Parlamento in duecento, voglio vedere Napolitano che fa» (Daniela Santanchè).
«Leggo che finalmente se ne sono accorti tutti che la nota di Napolitano era ostile e insidiosa e che in molte parti fa anche a pugni con la Costituzione. Leggo anche che Berlusconi non si piegherà . Ecco… dobbiamo dire chiaro che non faremo cadere il governo, ma che la nostra pazienza se la sono mangiata tutta Esposito e Napolitano. Toro infuriato, toro matato» (Maurizio Bianconi).
«Che cos’è quella del capo dello Stato? Una provocazione. Che cosa pretende Napolitano? Che il Pdl continui a governare con chi vota la decadenza di Berlusconi?». «Napolitano attribuisce alla magistratura il controllo di legalità del sistema, una cosa da vero somaro. Lo vedi che gratta gratta il comunista, anzi lo stalinista viene fuori? Può il capo dei banditi fatto sceriffo salvare il buono dalla forca?» (Maurizio Bianconi).
«Se Napolitano non darà la grazia a Silvio, ci sarà una rivolta di popolo (Simone Furlan).
GIUNTA A GAS
«Il Pd non può pensare di trasformare arbitrariamente la Giunta in una sorta di Tribunale Speciale o in un plotone d’esecuzione contro Berlusconi e poi chiedere al Pdl di continuare ad appoggiare il governo» (Fabrizio Cicchitto).
«La Giunta per le Elezioni non si trasformi in un plotone di esecuzione con l’unico fine di eliminare dalla scena politica un leader che rappresenta milioni di italiani» (Renata Polverini).
«In Giunta il Pd ha preparato camera a gas» (Renato Schifani).
SILVIO GUEVARA
“Noi termopiliani, berlusconiani eroici, di fronte al tentativo di annientare il loro capo rispondiamo ai vari Serse che ci intimano di gettare le armi “Molon Labè” venite a prenderle, se ne siete capaci» (Michaela Biancofiore).
«Silvio Berlusconi è il Che Guevara della Libertà » (Luigi Amicone).
«Silvio ai lavori socialmente utili? Certo! Lui sarebbe capace di convincere un giovane a rinunciare alla droga. Proprio per le sue capacità maieutiche lo vedrei bene, la sua sensibilità per i problemi dei più deboli è molto alta. Le dirò di più: Berlusconi troverebbe argomenti e modalità convincenti per spronare i ragazzi a rinunciare alla droga» (Nitto Palma).
«Mi toglie il fiato anche solo sentirle pronunciare, queste parole. Condanna… reclusione… a lui, a un leader come lui…” Fino al colpaccio: “A una personalità politica che ai militanti del Pdl scatena le stesse identiche sensazioni che Enrico Berlinguer scatenava nei comunisti italiani…» (Sandro Bondi).
«Berlusconi non può andare in prigione perchè nel giro di una settimana sarebbe allenatore della squadra di calcio dei detenuti… E nel giro di due settimane sarebbe presidente della squadra di calcio delle guardie. E questo sarebbe oggettivamente eversivo» (Bruno Vespa).
«L’esempio di Cristo evidenzia l’esigenza del giusto processo e i limiti della giustizia popolare, delle giurie popolari» (Angelino Alfano).
MACCHIETTE DI COLOMBE
«Cicchitto è una macchietta, uno che fa ridere. Quando lo vedo sono baci e abbracci. Davanti a me non ha mai osato fare una critica» (Daniela Santanchè).
«Questa polemica sui Ministri del Popolo della Libertà non la comprendo. Ovvio che nessun ministro resterebbe, anche perchè, se sono lì, lo devono esclusivamente a Berlusconi» (Laura Ravetto).
«Di falchi e colombe nel Pdl non ce ne sono più. Ci sono solo uccelli paduli» Giancarlo Galan).
«C’hanno scassato o’cazz!» (Alessandra Mussolini).
Marco Damilano e Denise Pardo
(da “L’Espresso“)
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Settembre 15th, 2013 Riccardo Fucile
“PETROLIO, ENI, AFFARI CON PUTIN, LAVITOLA SA TUTTO, SE PARLA BERLUSCONI RISCHIA GROSSO”
Erano soci, amici, socialisti e berlusconiani. Inseparabili.
Una coppia solerte e ineffabile, napoletanissima. Valter Lavitola e Sergio De Gregorio.
Poi il secondo decise di raccontare tutto ai magistrati e il primo resistette in carcere. Adesso, però, anche Lavitola spedisce strani messaggi contro il Cavaliere Condannato.
De Gregorio, decifriamo i pizzini di Lavitola.
Ma quali pizzini. Ormai è troppo tardi.
Non è mai troppo tardi.
Secondo lei, Berlusconi con tutti i chiodi che adesso ha in fronte pensa a quelli che lo ricattano?
Il momento è topico
Appunto. Non è più il tempo di quelli che gli corrono dietro per avere soldi in cambio del silenzio. La situazione è senza controllo.
Lavitola da cosa è mosso? Ma chi glielo fa fare questo immenso sacrificio di rimanere in silenzio?
Chi glielo fa fare Solo la verità può far finire questa storia e sarebbe molto interessante e bello se Valter confermasse la mia verità .
Vi siete ravvicinati
L’ho incrociato in un’udienza e mi ha raccontato che ha passato 13 mesi d’inferno.
Il carcere.
A Poggioreale era in un cella con altre sei o sette persone. Lo picchiavano tutti i giorni.
Una tortura
Valter non ha un carattere facile. È uno che risponde alle provocazioni.
E giù mazzate, tante
Poi è stato trasferito a Secondigliano ed è finito con un extracomunitario malato di mente che defecava e spalmava le feci per tutta la cella. E Valter ogni volta puliva.
Era meglio quando stava peggio.
Lo hanno spostato di nuovo e ha trovato un giovane presunto camorrista, che pure lo picchiava spesso.
Lavitola è una calamita di mazzate. Per fortuna, adesso è agli arresti domiciliari.
E per ottenere la revoca dei domiciliari non c’è che un modo.
Dire la verità .
Da Lavitola mi aspetto un clamoroso colpo di scena.Potrebbe raccontare tanto.
Sulla compravendita che fece cadere Prodi lui ne sa molto più di me. Faceva parte della task force del senatore Comincioli buonanima, che era un fedelissimo di Berlusconi.
Ben oltre i tre milioni che ha avuto lei.
Aspettiamo. Proprio sui soldi, Valter si sbaglia, dice che me li diede per l’Avanti.
Due milioni in nero, più quello “ufficiale” per il suo movimento di Italiani nel mondo.
Io e Lavitola abbiamo chiuso i conti dell’Avanti nel 2006, con la compensazione di debiti e crediti. Quei due milioni erano per il passaggio con Berlusconi. Se lui parlasse darebbe un riscontro blindato alle mie dichiarazioni.
Non è più il tempo dei pizzini.
Sarei ancora in Senato se avessi scelto di farmi premiare per il mio silenzio. Non l’ho fatto e so di aver fatto la cosa giusta. Come quando consigliai a Valter di consegnarsi alla giustizia. Glielo dissi pur non avendo questo genere di cultura giuridica.
Se Lavitola parla sono altri guai per il Cavaliere.
Nelle intercettazioni di Valter ci sono riferimenti al petrolio, all’Eni e Scaroni, agli affari con Putin.
Altro che grazia per la condanna Mediaset
Io non plaudo mai alle disgrazie altrui, ma Berlusconi avrà un tracollo epocale. A Milano, a Napoli potrebbero pure arrestarlo .
Siamo a Salò.
La partita è finita, la valanga è appena iniziata. Che Dio gliela mandi buona.
Ad Arcore si mormora anche su Tarantini. Altre strane voci, come nel caso di Lavitola
Non conosco Tarantini, l’ho incrociato solo qualche volta al supermercato.
Domani, dunque, c’è questo memoriale di Lavitola sugli appalti con B. a Panama
Non so a chi lo consegnerà , domani c’è lo sciopero degli avvocati.
Lei non ci sarà .
A Napoli, nel processo per la compravendita del 2008 in Senato ho chiesto il patteggiamento. Restano B. e Lavitola. Spero che Valter non si sacrifichi più. (Tra i motivi per cui Lavitola vorrebbe la revoca dei domiciliari ci sarebbero anche i litigi a casa con la moglie. Dagli atti dell’inchiesta risulta una figlia naturale del faccendiere a Panama.
Fabrizio d’Esposito
(da Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 15th, 2013 Riccardo Fucile
PREVISTO PER GIOVEDI UN INTERVENTO IN TV DEL CAVALIERE, MA NON ROMPERA’: I SONDAGGI CONSIGLIANO PRUDENZA
Gli ultimi giorni di silenzio. Silvio Berlusconi prepara il ritorno in scena che si consumerà teatralmente dopo il primo voto sulla decadenza di mercoledì in giunta al Senato.
Ma dopo quasi 45 giorni di eclissi, seguiti alla «piazza» del 4 agosto, la ricomparsa non sancirà l’apertura della crisi. «Non attendono altro che scaricare su di noi la responsabilità , è una trappola e non sono così sprovveduto da caderci» raccontava ieri il Cavaliere a chi lo ha sentito ancora dalla sua «clausura».
L’unica cosa certa ora è l’imminente lancio di Forza Italia. Destinato ad aprire una lunga, forse lunghissima campagna elettorale.
Le uscite di ieri del premier Letta non gli sono piaciute affatto, anche il leader come qualche “falco” ha parlato di «ricatto inaccettabile » (su Imu e intervento Ue sui conti italiani), di un presidente del Consiglio che sembra volersi tirare fuori dalla mischia, disinteressarsi dei destini di chi guida il partito che contribuisce a tenere in vita il governo.
E allora ce n’è abbastanza per reagire.
Il silenzio sarà rotto con molta probabilità da un intervento in tv (forse un talk-show) – spiega uno dei suoi consiglieri – ancora da definire.
Nelday after, giovedì o in quello stesso mercoledì sera. Dettagli.
Quel è che è scontato è che l’apparizione in video non coinciderà con il fatidico distacco della spina.
Non è ancora il momento, ripete l’ex premier che pure in privato non fa mistero del disinteresse per questo esecutivo.
Il pressing dei figli ha prodotto i suoi effetti. Solo non vuole restare pericolosamente col cerino in mano della crisi.
Anche perchè le elezioni in autunno, come gli hanno ripetuto tutti a eccezione di falchi alla Verdini, «sono ormai tramontate ».
E poi i sondaggi (oltre che l’andamento dei titoli Mediaset inBorsa) glielo sconsigliano.
Sta valutando allora se aprire piuttosto, a sorpresa, a un gesto di responsabilità , dichiarando di voler tenere in vita il governo «nonostante la persecuzione e il tentativo di farmi fuori, per il bene del Paese».
Almeno per qualche altro mese.
Del resto, le parole di ieri di Letta a Bari e poi a Chianciano, spiegano dirigenti del Pdl, lasciano già intendere che genere dicaccia al colpevole si scatenerebbe in caso di crisi.
Allora a Berlusconi «non resterà che prendere tempo e lo farà ancora una volta» spiega un amico della vecchia guardia che lo ha sentito fino a ieri.
Il primo obiettivo dunque sarà quello di «stanare i senatori del Pd» intenzionati a votargli contro in giunta: quel voto lo attenderà .
Poi prenderà la parola per difendersi e tirare le somme in aula, in una data ancora da definirsi nella prima decade di ottobre, quando l’assemblea di Palazzo Madama dovrà pronunciarsi in via definitiva sulla decadenza.
Fino ad allora, spiegano i suoi interlocutori quotidiani, il senatore in procinto di lasciare lo scranno non si dimetterà .
Lo potrebbe fare solo nell’imminenza della votazione (il precedente è di Previti) se il pallottoliere, come sembra, non lascerà scampo.
La strategia in ogni caso è quella di tenere alta la pressione sui democratici fino a mercoledì.
È l’ordine di scuderia al quale nessuno si sottrae nel partito.
E così, ieri non è stata solo Daniela Santanchè a metterein guardia Letta, accusandolo di passare «di ricatto in ricatto, dallo spread alla stabilità », ma anche esponenti più moderati come il ministro Lupi a parlare di toni «inaccettabili» o Mariastella Gelmini ad avvertire che «se lo eliminano, sarà un colpo mortale al governo».
Come pure Schifani, Alfano, Brunetta.
Tutti in ogni caso si tengono pronti per l’«evento» che si consumerà comunque a giorni, prima della fine di settembre: il lancio ufficiale di Forza Italia, dopo mesi di annunci.
Ora diventa una necessità farlo, per il capo, fare del movimento rinato il suo scudo personale. Nessuna kermesse in grande stile, anche lì sarà un «predellino 2» in stile berlusconiano.
Che non coinciderà tuttavia con lo sfogo delle prossima settimana in tv sulla vicenda giudiziaria e il voto del Senato.
Operazione comunque necessaria per tenere buoni i falchi del partito, dato che la crisi resterà congelata per qualche tempo, magari all’inverno.
Meno probabile la convocazione dell’assemblea dei gruppi parlamentari giovedì: Berlusconi dovrebbe comunicare decisioni finali e sarebbe prematuro. E poi non vuole rivederli. Perchè come racconta ancora l’amico di vecchia data, il Cavaliere «non ne può più della processione ad Arcore e delle telefonate di tutte le solite facce del partito per dargli consigli non richiesti ». Si è sfogato: «Lo fanno perchè pensano tutti che io sia politicamente già morto e cercano di capire che fare, ma dimostrerò ancora una volta che non è così».
Lui non si sente ancora decaduto dal Senato, figurarsi morto.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Settembre 15th, 2013 Riccardo Fucile
ALFANO CHIEDE A MONTI DI NON ABBATTERE IL NEMICO. LUI: “APPELLO ACCOLTO”
Undicesimo comandamento: “Contemperare il rispetto delle regole con la rinuncia alla guerra civile”.
Applicato ai giorni nostri, quelli del voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi, sembrerebbe un atteggiamento complicato da mettere in pratica.
Invece, basta fare come Scelta Civica: mandare avanti — è l’unico eletto in Giunta — uno come Benedetto Della Vedova ed affidarsi poi al voto segreto dell’aula per dare sfogo alle posizioni più “rasserenanti”.
Ora che il centrodestra trema, hanno di fronte un’occasione unica per rifarsi del tragico risultato elettorale di sei mesi fa.
Per il Pdl “fanno i conti senza l’oste” (B.). Loro replicano: “Nessuno dice che deve morire”. O meglio, nessuno deve accorgersi che l’hanno ucciso loro.
Così, è tra i 20 senatori centristi che l’ex premier, dopo il voto della Giunta (pare scontato che sarà a suo sfavore) potrebbe pescare almeno un po’ dei 47 voti che gli servono per salvarsi dalla decadenza: nonostante le richieste di Pd e M5S, in Aula il voto non sarà palese.
Renato Schifani ha tuonato contro i “blitz”, ma il presidente Grasso aveva già fatto salvo il Regolamento del Senato: “Quando si vota per una persona, il voto è segreto”. Dunque è tra le fila di Udc, Montezemolo e Sant’Egidio che il plotone di esecuzione può abbassare le armi.
Tutto è stato chiaro la settimana scorsa, quando Benedetto Della Vedova ha suggerito al relatore Andrea Augello la carta vincente per uscire dal vicolo cieco: Pd e M5S avevano ottenuto che il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità richiesto dall’esponente Pdl diventasse il voto sulla relazione stessa.
Significava bruciare i tempi in maniera fulminante. Della Vedova tirò fuori “l’articolo 10, comma 1 del Regolamento” e trasformò le pregiudiziali in questioni preliminari. Il voto tornava ad essere uno spauracchio dei giorni venturi, la tagliola sul governo si rialzava almeno un po’.
“Era la cosa giusta da fare — spiega ora Della Vedova — Che senso aveva scannarsi sulle pregiudiziali?”.
Giusto, che senso aveva? È quello che dai piani alti di Scelta Civica si domandavano tutti. Raccontano fonti interne alla coalizione centrista che “le posizioni più dure” illustrate all’inizio dal senatore eletto in Giunta fossero molto meno condivise del “contributo rasserenante” fornito poi con i “preliminari”.
Perchè la posizione per cui “non ci sono alternative alla decadenza” (quella espressa più volte da Della Vedova, per intenderci) è decisamente minoritaria tra la settantina di parlamentari di Scelta Civica.
Preferiscono parlare di “libertà di coscienza”, dicono che “se tanti giuristi hanno dubbi, non ci sarebbe nulla di male a chiedere un parere alla Consulta”.
Posizioni note al senatore che voterà in Giunta: “Ne abbiamo discusso più volte — dice — ma è tutto chiarissimo. Lo ha ribadito anche oggi Monti: la Severino è una legge della modernità ”.
Già , Monti. Pure lui, nelle scorse settimane, ha evocato la grazia per Silvio.
Ieri era a Caorle, alla festa di Scelta Civica: il ministro Angelino Alfano in videocollegamento ha chiesto di non considerare Berlusconi “un avversario da abbattere”. Monti ha risposto: “È come se avessimo accolto l’appello”.
Pier Ferdinando Casini, invece, si trovava a Chianciano, alla festa Udc. Lì, erano ospiti Enrico Letta, il Pd Nicola Latorre e il Pdl Renato Schifani.
Hanno battibeccato, gli ultimi due. E la platea ha applaudito il secondo.
Scelta Civica ha sempre detto che in una maggioranza con Sel e 5 Stelle non ha intenzione di sedersi. Di poltrone, al governo ne hanno già una discreta serie.
C’è anche quella di Mario Mauro, ministro e senatore. Ieri anche lui ha mandato messaggi: “Credo che il grado di consapevolezza nei singoli parlamentari saprà corrispondere a questo senso di responsabilità ”.
Paolo Zanca
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