Settembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
“POLITICA FATICOSA, SPESSO BISOGNA MORDERSI LA LINGUA”… “PROSEGUIRE CON LE RIFORME, IL PORCELLUM E’ INCOSTITUZIONALE”
Preceduto dalla dichiarazione di stima e leale sostegno del leader di Sel e presidente della Puglia Nichi Vendola, ma anche dall’impietosa osservazione del sindaco di Bari riguardo sogni che si infrangono sulla debolezza della coalizione di governo, il presidente del Consiglio Enrico Letta a Bari si è rivolto alla platea della Fiera del Levante nel giorno della sua inaugurazione.
Nel suo discorso, in cui ha intrecciato i destini dell’Italia con quelli del Sud, il presidente del Consiglio ha risposto riaffermando la sua determinazione.
“Non ho accettato l’incarico per operare la ‘manutenzione ordinaria’, ma per cambiare il Paese. Per farcela, il successo deve partire dal Sud, dove la difficoltà è più evidente. Pensare di farcela senza il Sud è strategia che combatto con tutte le mie energie. E qui che vanno affrontati i nodi. L’Italia si salva se il Sud diventa europeo e vincente”. E ancora: “Per farcela serve la serietà di dire che non servono annunci choc, ricette miracolistiche e soprattutto uomini della provvidenza”.
Quello di premier “è un ruolo che non ho cercato ma che perseguo con determinazione crescente”, le prime parole di Letta, che poi, citando il presidente Napolitano, affronta il tema del Sud.
“Dietro alla arretratezza cronica di certi territori, dietro le opportunità mancate, vecchi sperperi e nuove forme di disperazioni, dietro queste cose c’è un problema di classe dirigente, politica e non politica”.
Un problema non solo di istituzioni, di classe dirigente, che abbraccia in realtà l’intero Paese. “Nessuno di noi può sentirsi assolto, perchè non riusciamo a operare come comunità nazionale”.
“Di fronte allo stravolgimento delle vite portato dalla tremenda crisi, c’è un altro cambiamento, che non arriva, impalpabile, che porta frustrazione, spinge i più bravi ad andarsene e gli altri nel limbo. L’unica strada per uscire da impasse è togliere la testa da sotto la sabbia, liberarci dalla sindrome dello struzzo: ce la possiamo fare, oggi più che mai, a patto che usciamo dagli alibi e che la colpa è sempre di altri”.
Bisogna confrontarsi, contribuire tutti al futuro, pietra su pietra. “Nessuno ha la bacchetta magica” ma le soluzioni, per l’Italia e per il Sud, “si possono trovare”. “Tutte le eccellenze che ci sono in Italia hanno bisogno di una guida, di un navigatore. Accettiamo con umiltà che il navigatore siano i giovani del Sud. I ragazzi del Sud possono essere non il freno, ma la marcia per guidare e ricostruire”.
Ricordando le iniziative del governo nella scuola (“è lì che nasce e deve essere ridotto il divario”) e nella lotta alla povertà , Letta ha ribadito: “Ci sono quelli che raccontano altre storie su questi cinque mesi. Ma questi che io dico sono fatti, non annunci”.
E “la legge di stabilità la scriviamo noi, non Bruxelles, perchè siamo usciti dalla procedura di deficit eccessivo”.
Il tema del lavoro conduce Letta a parlare del caso Ilva di Taranto: “Lunedì mattina una riunione per trovare soluzioni in linea con quanto fatto con il commissariamento per decreto. Il commissariamento ha evitato che quello che è successo mettesse in ginocchio Taranto. La prima responsabilità è verso la vita delle persone e la tutela del lavoro”.
Emiliano: “Elezioni al più presto”.
Alla presenza di Letta, invece, il sindaco della città , e collega di partito, Michele Emiliano ha affermato: “Dobbiamo andare al più presto alle elezioni per far validare le scelte di governo agli elettori” perchè “rispetto a ognuno dei sogni che abbiamo davanti, si frappone la debolezza della attuale coalizione di Governo che, di fronte a veti anche di natura provinciale e personale, sembra essere incapace di portare a termine i propri pur volenterosi intendimenti. Attendere ancora può mettere il nostro Paese in grave pericolo”.
Nel pomeriggio alla festa dell’Udc.
Più tardi il premier è invervenuto alla festa dell’Udc a Chianciano terme: “Le questioni sono molto complesse, la vita politica è faticosa. Devo interpretare il mio ruolo come un voto di concetto. Bisogna mordersi la lingua molto…” ha commentato il premier, anche rispetto ai movimenti sul congresso del Pd.
Sul quale ha aggiunto che “non esiste un problema che si chiama Matteo Renzi” e che non prenderà posizione “a sostegno di un candidato segretario”.
Quanto allo scenario economico, il presidente del Consiglio ha ripreso il discorso aperto in mattinata alla Fiera del Levante e ribadito che credibilità e affidabilità sono essenziali per il governo: “Non è che faremo di tutto per rispettare il tetto del deficit, lo rispetteremo e basta” ha assicurato.
Per poi aggiungere su Imu e coperture: “Se il governo dovesse cadere dovremo pagarla e la legge di stabilità la scriveranno a Bruxelles”.
Fra le priorità che saranno inserite nel provvedimento, il taglio del costo del lavoro.
Neanche l’appuntamento sul voto in giunta al Senato per decidere della decadenza da senatore di Silvio Berlusconi sembra preoccupare il premier: “Dopo mercoledì – ha detto Letta – non succederà nulla alla tenuta dell’esecutivo. Mandare all’aria il governo è una responsabilità troppo grossa e poi bisognerà spiegare agli italiani perchè non si faranno tutte queste cose. Ma io non faccio giochi politici per un governo bis”.
Un percorso che deve andare avanti anche per “mettere la parola fine sul tema delle riforme costituzionali e istituzionali”, compresa la legge elettorale, “palesemente incostituzionale”.
Senza tutto ciò “i cittadini continueranno ad avere un atteggiamento di diffidenza per il sistema politico: il M5s è ancora al 20 per cento nonostante un’azione politica non particolarmente rilevante. Se sommiamo quel 20 per cento e quelli che non vogliono votare, abbiamo almeno il 40 per cento degli italiani che fanno una scelta di rifiuto”.
(da “la Repubblica”)
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Settembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
IN VISTA DEL CONGRESSO PARTONO I COLPI BASSI PADAGNI… AL SENATUR NON APPREZZA NEANCHE SALVINI: “CHI DIVIDE NON VA BENE”
Nella Lega, in vista del congresso che dovrebbe tenersi entro Natale, continuano a volare gli stracci tra bossiani e maroniani nelle diverse anime.
Ad alzare i toni però è sempre il Senatur.
Parlando durante un comizio sul Monviso, Umberto Bossi ha attaccato nuovamente il sindaco di Verona, Flavio Tosi, rispolverando il miglior repertorio del “celodurismo” d’antan.
Sul palco, Roberto Calderoli era intento a discutere delle “giovani d’oggi”, che a suo giudizio andrebbero in giro troppo svestite, quando il Senatur lo ha seguito, inscenando un siparietto a tema sessuale.
Le donne “ti son sempre piaciute”, ha detto Bossi avvicinandosi al microfono dell’ex ministro, “non dirmi che sei anche tu come Tosi…”.
Intanto proseguono i movimenti verso la resa dei conti congressuale che probabilmente contrapporrà Matteo Salvini e lo stesso Tosi dopo l’annuncio di Roberto Maroni di lasciare la guida del partito.
Due profili diversi che legano i candidati ad aree piuttosto differenti dell’elettorato: secondo Antonio Noto, di Ipr Marketing, per esempio, “due sono sostanzialmente i profili dell’elettore leghista: quello nostalgico della Lega di dieci anni fa, di lotta più che di governo, che è quello che si avvicina più alle posizioni di Bossi e di Salvini e chi invece guarda al futuro e quindi a Maroni e a Tosi”.
Le cose in realtà non sono così semplici e i movimenti all’interno della base risentono degli umori localistici, ma anche del quadro politico nazionale.
Lo stesso Bossi ha infatti riservato parole al vetriolo per il segretario della Lega Lombarda: “La qualità che deve avere il segretario deve essere quella di tenere insieme la Lega. Chiunque fa casino non va bene”, ha detto commentando la possibilità che Matteo Salvini diventi il prossimo segretario del Carroccio.
Quanto a un suo ritorno in scena, il senatùr ha ricordato che “a decidere sono i leghisti”.
“Non si possono fare nomi – ha detto – è la gente che viene al congresso che decide chi fa il segretario”. Nel corso dell’evento è saltato fuori anche il nome di Giancarlo Giorgetti: “E’ un bravo ragazzo”, si è limitato a rispondere Bossi.
Prima dell’interruzione del fondatore, Calderoli stava parlando di Berlusconi.
Il Cavaliere, ha riconosciuto, “alla fine a me è simpatico”. “Io gli do solo una colpa: l’aver usato le sue tv commerciali per omologarci tutti”, ha detto Calderoli, parlando delle mode in voga tra gli adolescenti: minigonne molte corte e creste alla Balotelli.
E’ stato in questo frangente che si è inserita la battuta di Bossi su Tosi.
Il Senatur ha poi proposto di organizzare nelle regioni del Nord una catena umana sul modello di quella organizzata in Catalogna per chiedere l’indipendenza dalla Spagna.
“Vorrei vedere quel calore e quella gagliardezza che c’era allora”, ha rincarato Calderoli, ripercorrendo le tappe della fase secessionista del movimento. “A me il Monviso funziona più del Viagra, dobbiamo tornare a casa avendocelo duro”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
I DIKTAT DELL’UOMO VOLUTO DA CASALEGGIO E CHE COSTA 6.098 EURO AL MESE
Basta leggere la busta paga di Claudio Messora per capire che non si tratta di un grillino qualunque.
Con i suoi 6.098 euro lordi al mese — per 14 mensilità , più rimborsi spese — guadagna più dei senatori, in teoria suoi datori di lavoro.
Se per gli eletti vale la regola dei 5 mila euro lordi al mese di stipendio, per il blogger chiamato da Gianroberto Casaleggio ad occuparsi della comunicazione dei grillini al Senato l’imperativo anticasta non vale.
In realtà , Messora più che comunicare detta la linea.
Nel post del 22 agosto sul suo blog ByoBlu — poi ripreso dall’organo ufficiale beppegrillo.it — il comunicatore attaccava i parlamentari cosiddetti dialoganti.
Quelli che avevano osato sollevare timide obiezioni alla linea del “mai al governo con il Pd”. È solo «vecchia politica», tagliava corto Messora. Per poi aggiungere: «Nessuno giochi al piccolo onorevole». Parole e toni da “manganello di Casaleggio”, hanno reagito alcuni senatori.
Di certo Messora, classe 1968, ha fatto carriera in fretta.
Nel suo curriculum pubblicato fino a poco tempo fa sul suo blog (poi cambiato con una versione light), mister ByoBlu ricostruisce la sua ascesa.
Inizia come “autore pop”, vantando un primo posto al Festival di Castrocaro del 1991, “con un brano composto per Luisa Corna” (in realtà la cantante nella sua biografia parla di un secondo posto nel 1992).
La carriera di canzonettista prosegue negli anni Novanta, con “brani dance distribuiti in molti paesi del mondo”.
Nel 2000 la svolta digitale, con l’incarico di manager della divisione musicale dell’azienda It Galactica. Nel 2005 Messora va a lavorare a Dubai per un’azienda di mobili.
La conversione alla “informazione libera in Rete”, arriva nel 2008 con ByoBlu.
A dargli notorietà televisiva sono invece le ospitate a “L’ultima Parola”, il talk show di Gianluigi Paragone, dove Messora cavalca i temi cari ai grillini.
Quanto basta per guadagnarsi la stima di Casaleggio. E per far dimenticare un errore del recente passato: il voto a Berlusconi in due diverse elezioni.
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Settembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
RISPETTO A TRE ANNI FA L’IMPOSTA SUI REDDITI PIU’ CARA DI 89 EURO PER UN OPERAIO, DI 117 EURO PER UN IMPIEGATO E DI 280 EURO PER UN QUADRO
Un operaio, rispetto a tre anni fa, deve pagare in media 89 euro in più di Irpef, un impiegato 117 e un quadro 284.
E a causa dei continui tagli dei trasferimenti agli enti locali, le trattenute fiscali rischiano di diventare sempre più onerose.
Questo è il quadro restituito dall’ultimo studio della Cgia di Mestre, che ha analizzato, dal 2010 ad oggi, gli effetti degli aumenti dell’imposta sul reddito sulle retribuzioni di queste categorie di lavoratori.
L’indagine si è focalizzata sui residenti nei 40 comuni capoluogo di Provincia che hanno già fissato l’aliquota dell’addizionale Irpef comunale per l’anno in corso.
Ne esce che per un operaio con uno stipendio netto di 1.240 euro, e quindi un reddito annuo di 20mila euro, l’aggravio fiscale maturato tra il 2010 ed il 2013 è di 89 euro. Rispetto a quanto deciso dal governo quest’anno, nel 2014 dovrà versare ben 401 euro.
La situazione non migliora per chi lavora in ufficio.
Un impiegato con un reddito annuo di 32mila euro (che corrisponde a 1.840 euro mensili) la maggiore trattenuta fiscale avvenuta sempre tra il 2010 ed il 2013 è stata di 117 euro.
Alla luce delle decisioni prese nel 2013, l’anno prossimo il peso delle addizionali Irpef sarà di 664 euro.
Anche i colletti bianchi hanno visto aumentare in maniera considerevole l’addizionale sull’imposta sul reddito. Un quadro che può contare su una retibuzione annua di 60mila euro (pari ad uno stipendio mensile netto di quasi 3.100 euro), la maggiore trattenuta fiscale verificatasi sempre nello stesso periodo di tempo è stata pari a 284 euro.
Mentre l’anno venturo saranno 1.328 gli euro che dovrà versare alla Regione e al suo Comune di residenza.
E il rischio è che l’impennata delle addizionali Irpef non sia finita, complici i nodi che gli enti locali dovranno sciogliere nei prossimi mesi, tra cui quello dell’abolizione dell’Imu e della nuova Service Tax introdotte dal governo Letta.
“Sono molteplici”, ricorda Giuseppe Bortolussi, segretario dell’associazione degli artigiani di Mestre, “le incertezze e le problematiche che i sindaci devono affrontare, si pensi all’Imu e alle risorse compensative che dovrebbero ricevere dall’erario, al delicato passaggio alla nuova Tares e al fatto che non si è certi su come si ripartiranno i 2,2 miliardi di euro di tagli del fondo di solidarietà comunale decisi dalla Spending review e dalla Legge di Stabilità del 2013″.
Bortolussi sottolinea perciò il concreto rischio di ulteriori aumenti dell’imposta sul reddito: “Di fronte a queste problematiche, la tentazione di ritoccare all’insù le aliquote delle addizionali comunali Irpef è molto forte. Per l’anno in corso sono 40 i Comuni capoluogo di provincia che hanno già deliberato l’aliquota. Undici l’hanno aumentata e gli altri 29 hanno confermato l’aliquota del 2012 che in 13 casi era già stata innalzata al livello massimo dello 0,8%”.
Il sistematico aumento delle addizionali Irpef è, però, una logica conseguenza delle politche fiscali di Roma.
“Lo Stato risparmia tagliando i trasferimenti, le Regioni e i Comuni si difendono alzando il livello delle imposte per mantenere in equilibrio i propri bilanci“, fa notare il segretario della Cgia veneta.
“Speriamo che il governo Letta riprenda in mano il tema del federalismo fiscale, altrimenti tra Irap, la nuova tassa sui rifiuti, l’Imu sui capannoni e le addizionali Irpef i cittadini e le imprese si troveranno a pagare sempre di più senza avere un corrispondente aumento della qualità e della quantità dei servizi offerti”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
STABILIZZARE I PRECARI CI FAREBBE SFORARE IL 3%…. IL SECONDO DECRETO DEL FARE RINVIATO: NORME TROPPO COSTOSE
La tensione sui conti pubblici, attestati nelle stime del governo per quest’anno a quota 2,9 per cento, può innescarsi da un momento all’altro.
Lo testimoniano l’allarme della Bce, le preoccupazioni di Bruxelles ma anche il continuo braccio di ferro, sul quale devono vigilare i tecnici della Ragioneria generale dello Stato, e che può dar corso da un momento all’altro ad un preoccupante sforamento del deficit.
E’ il caso del cosiddetto decreto del «fare 2», circolato in bozze ieri abbondantemente, ma decisamente smentito dal ministero per lo Sviluppo economico.
Al di là del merito il «giallo» sul decreto riguarda proprio i conti pubblici: una norma prevede infatti la stabilizzazione dei 350 mila precari della pubblica amministrazione (già prorogati fino a giugno e dunque fino al 31 dicembre) il cui costo (circa 30 mila euro ciascuno) raggiungerebbe i 3 miliardi.
Si tratta in termini di Pil di circa lo 0,2, cifra in grado di portare il rapporto di quest’anno oltre la fatidica soglia del 3 per cento fissato a Maastricht.
Il rischio manovra che avrebbe generato la norma, ha procurato il rinvio del decreto. Ma il pericolo è sempre in agguato
Il cronoprogramma delle prossime settimane ci dirà molto di più. Lo stesso Saccomanni ieri ha ricordato che il 20 settembre sarà presentata la «nota di aggiornamento» del Documento di economia e finanza: cioè il primo aggiornamento dei conti pubblici (giacchè l’ultimo Def era di Monti-Grilli) e che il 15 ottobre la legge di Stabilità finanziaria dovrà arrivare in Parlamento e, per la «bollinatura», a Bruxelles.
«Il ministro dell’Economia, con la presentazione del Def deve dire la verità al paese: non possiamo disinteressarci dell’andamento dei conti in corso d’anno», ha dichiarato ieri a Repubblica, Marco Causi, economista e capogruppo del Pd in Commissione Finanze della Camera
Sul tavolo ballano una serie di cifre.
Per quest’anno sono necessari circa 4 miliardi: le risorse per l’Iva (1 miliardo entro fine mese), per l’Imu (2 miliardi entro dicembre), per la cassa integrazione in deroga circa 550 milioni e altri 400 per le missioni militari.
Il buon andamento dello spread e il maggior gettito Iva per l’operazione «crediti-imprese », potranno essere di aiuto, ma non potranno chiudere la partita per la quale sono necessarie nuove coperture.
Altre risorse potranno venire dalla spending review e dalla cessione del patrimonio immobiliare. Tutto verrà tuttavia giocato sul pericoloso filo del 3 per cento.
Il quadro del prossimo anno è altrettanto denso: la manovra destinata a trovare risorse potrebbe raggiungere i 10-15 miliardi (dopo i 4 miliardi della Finanziaria 2013).
Ebbene il problema Imu-service tax si riproporrà e costerà intorno ai 3 miliardi (insieme al patto di stabilità per i Comuni), se non si vorrà l’aumento dell’Iva bisognerà mettere sul tavolo 3,8 miliardi, per evitare l’aumento dei ticket ci vogliono altri 2 miliardi.
Poi c’è la questione del cuneo fiscale: la Confindustria chiede 5 miliardi per l’Irap e i sindacati altri cinque per l’Irpef: magari ci si fermerà a metà strada, ma le risorse necessarie si gonfiano e si raggiungono i 10-15 miliardi per la legge di Stabilità del prossimo anno. Facendo sempre attenzione a non mettere un piede in fallo.
Ultimo snodo sul piano economico, prima della Finanziaria, resta il «fare 2» che rischia così di essere il veicolo di micromisure in quanto con tutta probabilità finirà «collegato» alla legge di Stabilità .
Per ora si annunciano 80 milioni per la circonvallazione di Lucca, il bando per una centrale a carbone nel Sulcis (Sardegna), l’istituzione di una anagrafe dei benzinai (misura anche prevederebbe la chiusura di 3 mila distributori non in regola entro il prossimo anno).
Roberto Petrini
(da “La Repubblica”)
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Settembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
IL NOME DI DI PIETRO SPARISCE DAL SIMBOLO, LUI RESTA PRESIDENTE ONORARIO
Non c’è più il nome di Antonio Di Pietro nel simbolo dell’Italia dei Valori.
Effetto visivo della svolta annunciata dopo il fallimento, al seguito di Rivoluzione civile, delle ultime politiche.
Perchè alla guida del partito, dopo il passaggio del testimone consacrato dal congresso di fine giugno, Ignazio Messina ha raccolto l’eredità dell’ex pm di Mani pulite.
Che pure, nei panni del padre nobile, continua ad infiammare la platea della festa dell’Idv a Sansepolcro, proprio dove, quindici anni fa, diede vita alla sua creatura politica. «Siamo qui per tornare allo spirito delle origini», assicura tra gli applausi dei sostenitori.
Non ci sono più neppure le telecamere di Report ad aggirarsi, come accadde un anno fa a Vasto, tra sostenitori e parlamentari del movimento.
Preludio della celebre puntata della trasmissione di Rai 3 che per l’Italia dei valori fu l’inizio della fine. Per ripartire, allora, non guasta neppure un po’ di autocritica.
«Perchè Rivoluzione civile è stata un errore — ammette Di Pietro —. L’intera coalizione ha finito per prendere meno voti della sommatoria dei singoli partiti».
La rotta è chiara: «Puntiamo ad un centrosinistra basato sui programmi, sulla qualità delle persone e su un’etica della politica».
Sebbene, a ben vedere, resta da sbrogliare l’intricata matassa dei rapporti, tutt’altro che idilliaci, con il Pd. E la revoca della delega all’assessore all’Ambiente in quota Idv, Sabrina Freda, da parte del governatore dell’Emilia Romagna, Vasco Errani, è solo l’ultima delle storie tese disseminate sull’accidentato percorso del dialogo.
Come pure non passerà certo inosservato il giudizio tranchant sull’esecutivo delle larghe intese. «I cittadini non hanno scelto una convivenza di necessità con il governo Letta — attacca l’ex leader dell’Italia dei valori —. Prima si torna alle elezioni, meglio è».
Perchè, ribadisce Messina, «sta solo galleggiando sulle spalle e sulla pelle dei cittadini».
Senza contare l’ultimo attacco al Quirinale per la scelta di Napolitano di nominare Giuliano Amato giudice della Corte costituzionale.
«E’ la persona che, in diverse vesti, più di ogni altro, ha contribuito a varare le leggi che oggi dovrebbe giudicare — accusa Di Pietro —. Anche fingendo di non ricordare che proprio lui ha fatto, per ordine di Craxi, la prima legge (la Mammì, ndr) ad personam a favore di Berlusconi consentendogli di tenersi le Tv, sulla sua nomina c’è un problema di natura tecnica: i controllati non possono diventare i controllori». Nomina accolta con sarcasmo anche da Messina: «Mi piacerebbe sapere se il pensionato d’oro Giuliano Amato adesso cumulerà alla pensione anche lo stipendio di giudice costituzionale».
Il percorso è segnato: prima tappa le Europee del 2014.
Non prima di aver archiviato il caso Berlusconi. «Perchè, da cittadino, l’idea che una sentenza della magistratura debba essere messa ai voti, è del tutto inaccettabile — sbotta Di Pietro —. E se il voto andasse in suo favore vorrebbe dire che la sentenza viene annullata? Un’aberrazione». Poi, archiviate le larghe intese, una nuova legge elettorale prima di tornare al voto. «Ritorno ai collegi con relative primarie, si viene eletti col 51% dei voti o si va al ballottaggio come avviene per i sindaci e se il 5% ritenesse che l’eletto non sta facendo il suo dovere può promuovere un referendum confermativo: se sfiduciato, torna a casa», prosegue l’ex pm.
Sicuro che la staffilata dell’ex collega Ilda Boccassini contro chi, in magistratura, ha usato la toga per lanciarsi in politica non fosse rivolta a lui: «Sono assolutamente sicuro, non ce l’ha con me ma con Antonio Ingroia».
Di Pietro più tardi però ha smentito «di aver rilasciato alcuna specifica dichiarazione al riguardo e ciò per il rispetto e la stima che ho sia nei suoi confronti che nei confronti dei magistrati o ex magistrati a cui l’ex collega potrebbe essersi riferita».
Riparte dalla piazza la battaglia per la difesa dell’articolo 138 della Costituzione (12 ottobre) e quella referendaria contro i quesiti promossi dai Radicali sulla giustizia.
«Siamo d’accordo solo su quello che riguarda i magistrati fuori ruolo, è giusto che anche loro decidano cosa vogliono fare — spiega Messina —. Ma siamo contrarissimi a quelli sulla separazione delle carriere e sulla responsabilità civile delle toghe».
Antonio Pitoni
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Settembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
ACCUSATI DI CONCORSO IN TRUFFA AGGRAVATA PER UN CORSO DI FORMAZIONE MAI TERMINATO
Il presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna Gerardo Bombonato è indagato per falso in atto pubblico e concorso in truffa aggravata insieme all’assessore democratico all’Integrazione di San Lazzaro di Savena (Bologna) Raymond Dassi.
L’indagine, partita da un esposto anonimo arrivato alla Procura di Bologna nel 2012, riguarda l’attività del presidente dell’Ordine quando lavorava come capo dell’ufficio stampa del Consiglio regionale. I fatti risalgono ai primi mesi del 2009.
Secondo il sostituto procuratore Morena Plazzi, che ha inviato gli avvisi di fine indagine nei giorni scorsi, Bombonato pagò Dassi, esperto web e allora collaboratore informatico della Regione, per un corso di formazione indirizzato ai giornalisti e agli impiegati dell’ufficio.
Un progetto che doveva portare alla costruzione del software e del sito del Consiglio regionale e alla sua successiva utilizzazione da parte dei dipendenti stessi dell’ufficio.
Secondo l’esposto, e ora secondo l’accusa, dopo le prime lezioni il corso non fu mai portato a termine.
Nonostante ciò Bombonato firmò perchè comunque i 10mila euro fossero pagati.
“Abbiamo saputo dell’indagine solo pochi giorni fa, con la notifica. Ora chiederemo di essere sentiti dal pm, pensiamo di preparare una memoria difensiva e depositeremo della documentazione. Abbiamo gli strumenti per dimostrare che il corso di formazione è stato fatto, tutto per intero”, ha spiegato Maria Grazia Tufariello, legale di Bombonato.
L’equivoco, secondo l’avvocato, sarà molto semplice da risolvere: “Era un corso che comprendeva una serie di attività e non solo la parte relativa alle lezioni in aula. Secondo me nell’interpretazione della Procura si confonde un corso con le ore di lezione in aula di un corso. Ma erano previste anche attività pratiche di applicazione e sperimentazione su un sito internet che si andava a costruire”, spiega la legale del presidente dell’Ordine. “Il monte ore è stato rispettato”.
“Il corso fu fatto eccome — ha detto anche lo stesso Bombonato, intervistato dal Resto del Carlino — anche se ovviamente io non partecipavo alle lezioni personalmente. Comunque Dassi non doveva fare solo il corso, ma anche collaborare a realizzare il sito. E ha onorato entrambi gli impegni. L’avviso del pm mi ha sorpreso, ma sono tranquillo. Tramite il mio avvocato, chiederò di essere sentito quanto prima dal pm”.
Bombonato è stato recentemente rieletto presidente dell’Ordine dei giornalisti. Dassi invece, originario del Camerun, è stato il primo assessore di origine straniera in Emilia Romagna ed è membro del Forum nazionale del Pd per l’integrazione.
David Marceddu
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
PD, CINQUESTELLE, LEGA E UDC PER LA TRASPARENZA IN AULA
La Lega rompe il fronte di centrodestra sul caso Berlusconi e si schiera contro il voto segreto in Aula sulla decadenza: “La Lega Nord – annuncia il capogruppo leghista al Senato, Massimo Bitonci – chiederà la votazione palese quando arriverà in Aula al Senato il voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Su questa vicenda riteniamo che ogni partito debba assumersi in maniera limpida le proprie responsabilità davanti ai cittadini senza sotterfugi o giochi politici”.
Ieri era stato il Movimento cinque stelle (M5S) a chiedere il voto palese sulla vicenda.
Sulla richiesta di voto palese è intervenuto dalla festa dell’Udc Renato Schifani, capogruppo Pdl al Senato: “Il regolamento è chiaro e prevede il voto segreto a meno che non si realizzino nuove maggioranze anche in termini di regolamenti, ma non vi sarebbero i tempi. Sinora – ha aggiunto – la prassi è stata ampiamente violata, le regole procedurali per fortuna no”.
“Si è sempre votato con voto segreto – precisato poi a Sky Tg24 -. Credo che i parlamentari debbano essere lasciati liberi nel segreto dell’urna quando deliberano e votano su argomenti che riguardano la persona. Questo è il nostro regolamento, è stato sempre applicato così, non vedo per quale motivo possa essere modificato”.
Scontro Schifani-Latorre.
Alla festa dell’Udc a Chianciano, Schifani ha avuto un serrato e anche teso confronto con il senatore Pd Nicola Latorre, che a un certo punto ha “suggerito” che Berlusconi dia le dimissioni prima del voto del Parlamento sulla sua decadenza perchè “aiuterebbe il Paese” e sarebbe un “atto di generosità “.
Piccatissima la replica dell’ex presidente del Senato. “Le tue provocazioni confermano la volontà del Pd di soffiare sul fuoco, di rompere quest’esperienza che ha voluto Silvio Berlusconi. Siamo diversi caro Latorre. Non me ne vado solo per rispetto a questa platea”.
Dal canto suo, dopo essersi detto “esterrefatto” dalla reazione di Schifani davanti alla stessa platea, il democratico Latorre si è spinto fino ad augurarsi “che si voti con voto palese, bisogna avere il coraggio delle proprie posizioni, ancor più in passaggio così delicato. So bene quello che prevede il regolamento: il voto palese sarebbe un segnale importante perchè in un momento così delicato tutti devono prendersi le proprie responsabilità “. Latorre si è poi detto “assolutamente tranquillo, il Pd è compatto su questo”.
Dello stesso avviso il senatore Udc Pier Ferdinando Casini: “Il regolamento del Senato è inequivocabile e prevede voto segreto. Sotto il profilo personale mi augurerei la trasparenza di un voto palese perchè è giusto che in quella sede ciascuno si assuma la propria responsabilità , in Senato, davanti agli italiani”.
Alla festa nazionale dell’Udc c’era anche il ministro della Difesa, Mario Mauro, che ha definito una “farsa” quella costruita da Pdl e Pd attorno al caso Berlusconi: “Se non vogliono più il governo Letta, se ne assumano la responsabilità di fronte a famiglie e imprese”.
“No al voto segreto in aula del Senato sulla decadenza di Berlusconi” anche da Antonio Di Pietro, direttamente dalla festa dell’Idv.
“Chi non ha il coraggio di votare palesemente – ha detto l’ex pm – che cosa ci sta a fare in Parlamento? Abbiano la dignità di rinunciare alla segretezza del voto”.
Ancora dalla festa dell’Udc, un altro membro del governo, il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, predica “serenità e rispetto della legge”.
“Non dobbiamo avere paura della verità , dobbiamo andare fino in fondo ma dopo aver fatto tutto” evidenzia il ministro intervenendo sul caso Berlusconi.
“Io sono stata firmataria con entusiasmo della legge Severino”, ricorda la Cancellieri, sottolineando come, essendo la sua prima applicazione, la legge “va discussa e soppesata” concernendo anche un leader di un grande partito.
E nel caso in cui la Corte europea accogliesse le ragioni del ricorso presentato da Berlusconi, “il governo italiano – ha assicurato Cancellieri – trarrebbe le conseguenze e si difenderebbe con la massima fierezza”.
Dalla Festa di Scelta civica, in corso invece a Caorle, il senatore Pd Felice Casson ha escluso di poter diventare il nuovo relatore sul caso Mediaset in giunta nell’eventualità che dal voto di mercoledì sulle pregiudiziali derivino le dimissioni di Augello. Secondo Casson, “per mercoledì non ci sarà nessuna sorpresa nel voto in giunta”. “Direi che i giochi sono fatti – ha aggiunto – nel senso che i temi sono stati sviscerati. La materia è molto chiara, la Costituzione è chiara e la legge è molto chiara. E quindi si voterà per passare alla fase successiva per la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore”.
“Non credo che si tratti di definire tempi lunghi o corti, ma di definire un processo nel rispetto dei regolamenti, quindi, anche del diritto di difesa”.
Così il presidente della Giunta per le elezioni del Senato, Dario Stefano. “Credo che non sia necessario spingere sull’acceleratore in una procedura fine a se stessa, ma sia necessario assumerci la responsabilità di essere rigorosi, seri e nel rispetto della legge”.
“Mercoledì – ha continuato Stefano – è una giornata in cui proseguiremo un procedimento avviato già da qualche settimana, ovvero nello spirito della legge Severino immediatamente dopo la notifica di una sentenza da parte del Tribunale di Milano. Eviterei di caricare però quella data e quell’appuntamento di significati eccessivi, se non quelli di un procedimento che stiamo realizzando all’interno di un recinto di regole e procedure che dobbiamo ossequiare per rendere la decisione più seria”.
(da “La Repubblica“)
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Settembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
PIZZAROTTI: “NON FARO’ IL SOTTOSEGRETARIO”…. MA E’ UN TUTTI CONTRO TUTTI
Minacce, fotografie, sms, “oscuri e segreti informatori”.
L’aria intorno al Movimento Cinque Stelle è piuttosto tesa. Le notizie sul progetto — ancora in divenire e in balìa degli eventi — di un nuovo gruppo al Senato e del suo corrispettivo alla Camera scatenano un coro di smentite.
Prendono le distanze i tre friulani eletti in Parlamento: il senatore Lorenzo Battista e i deputati Aris Prodani (“Mai, dalla mia bocca, è uscita un’ipotesi del genere. Sono stato eletto con il M5S. E con il M5S terminerò il mio mandato”) e Walter Rizzetto (“Vado avanti dritto per la mia strada. Il contraddittorio non è dissidenza come del resto il solo dialogo non è tradimento” ). Si tirano fuori Alessio Tacconi, Ivan Catalano, Gessica Rostellato e Paola Pinna (“Fantasie”), mentre Francesco Campanella manda a dire alla “fonte di quelle voci” che “può rosicare fino allo spasimo”: lui non se ne va.
Ormai è guerra tra bande.
E lo dimostra l’ultima puntata della crisi di nervi a Cinque Stelle.
Si tratta di una foto, scattata con un cellulare l’altro ieri nell’aula del Senato. Ritrae tre dei senatori “indiziati” (lo stesso Campanella, Battista e Fabrizio Bocchino) intenti a leggere qualcosa sul computer.
La paranoia interna ha raggiunto livelli tali che la considera la prova madre della “cospirazione”: pochi minuti dopo quello scatto, Battista pubblicherà su Facebook un post condiviso dal fuoriuscito Zaccagnini e dai colleghi Luis Orellana, Monica Casaletto, Alessio Tacconi, Fabrizio Bocchino in cui, tra le altre cose, si chiedeva: “Mesi fa ebbi modo di chiedere se il M5S si sarebbe fatto trovare pronto quando B. avrebbe staccato la spina al governo. Siamo pronti? ”.
Federico Pizzarotti pare di no.
Ieri ha risposto agli “oscuri informatori” che lo “avrebbero avvisato della certa caduta dell’attuale governo”, secondo i quali “il primo ottobre mi dimetterei da sindaco pronto per essere chiamato a un incarico da sottosegretario in un ipotetico Letta bis, oppure che mi candiderei a futuro premier”.
“Tranquillizzo i detrattori — dice Pizzarotti — sono stato eletto sindaco di Parma e non c’è altro a cui penso”.
È un clima che scatena gli istinti più bassi e retrivi della Rete, tanto che molti degli eletti denunciano inaccettabili minacce ricevute sui profili Facebook e Twitter.
Hanno chiesto a Beppe Grillo in persona di abbassare i toni, perchè l’aria è pesante.
Lui ha risposto ieri aprendo sul blog la tanto attesa sezione dedicata all’attività dei parlamentari e rendendo pubblico il discusso intervento di Gianroberto Casaleggio a Cernobbio.
Il guru agli imprenditori ha parlato dell’avvento della democrazia diretta: “Si diffonderà in futuro grazie all’aumento dell’informazione libera dovuto a Internet”.
Poi ha ricordato la prima apparizione di Nixon e Kennedy in tv: “Allora si disse: ‘mostratemi un politico che non capisce la televisione e vi mostrerò un perdente’, oggi vale la stessa cosa: ‘mostratemi un politico che non capisce Internet e vi mostrerò un perdente
Paola Zanca
(da “il Fatto Quotidiano”)
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