Settembre 21st, 2013 Riccardo Fucile
SLOGAN A CARATTERI CUBITALI E POCA INTERAZIONE: PREVALE L’EFFETTO RETRO’
Il paradosso è tutto qui: il «Signore delle televisioni» si affida al Web per lanciare la nuova Forza Italia.
«È l’era di Internet», sentenziava l’altro ieri Silvio Berlusconi, inaugurando la sede romana del partito.
L’ordine era stato perentorio: «Serve una massiccia presenza sui social network. Attraverso questi strumenti dobbiamo comunicare i nostri ideali, le nostre idee».
Ecco spiegato perchè in rete la grancassa mediatica berlusconiana lavora a tutto spiano.
Da tre giorni è resuscitato il sito forzaitalia.it, mentre pdl.it cesserà presto di esistere.
«Scendi in campo anche tu, dai vita a un club Forza Italia», è l’appello che campeggia sui portali del centrodestra.
L’intento è quello di lanciare la volata alla campagna di tesseramento del nuovo partito.
Le adesioni apriranno a giorni. Il costo della tessera resta avvolto nel mistero: «Non così alto da scoraggiare i giovani e non così basso da innescare i “signori delle tessere”», spiega un deputato Pdl.
Ma la novità – rivelatrice della svolta 2.0 abbozzata dal Cavaliere – è che i gazebo virtuali anticiperanno quelli reali.
Il via libera è arrivato dallo stesso Berlusconi: il tesseramento sarà possibile da subito attraverso la rete, e solo in un secondo momento nelle sezioni sul territorio.
Forza Italia intanto ha aperto un account ufficiale su Twitter (65 mila followers, la maggior parti «trasmigrati» dalla pagina Pdl) e un profilo su Facebook.
I numeri non sono un granchè: 48 mila amici. Basti pensare che la pagina ufficiale di Cavaliere ne ha oltre mezzo milione. Berlusconi invece continua a tenersi alla larga dai cinguettii. C’è il profilo «Berlusconi2013», ma i tweet non sono riconducibili all’ex premier.
«Viene aggiornato da un gruppo di giovani simpatizzanti», spiega Antonio Palmieri, responsabile della comunicazione online del partito.
Chi sono questi ragazzi? «Preferiamo mantenere la loro identità segreta per proteggerli da ritorsioni e insulti», taglia corto il deputato.
Resta il fatto che sempre più spesso il Cavaliere interroga i suoi più stretti collaboratori, sorpresi a twittare o a navigare su Facebook.
Il sentimento è un misto di curiosità a stupore: «Stando chiusi in una stanza attraverso un telefonino o un iPad si riesce a vedere tutto di una persona».
Sul Web la neonata Forza Italia è già in campagna elettorale.
Nelle ultime ore i parlamentari si sono visti recapitare una mail con le «indicazioni operative». Deputati e senatori sono invitati a rilanciare il sito forzasilvio.it e ad arredare con il logo di Forza Italia i profili personali.
Il problema è che la comunicazione del Cavaliere sul Web è quella di fine Anni Novanta.
Slogan a caratteri cubitali, «banner» a tutto spiano e compito a casa per il militante diligente: «Fai conoscere la nuova pagina ufficiale dei Forza Italia».
Di interazione con gli utenti ben poca.
Il tentativo, nemmeno troppo velato, è quello di ottenere (gratis) una sorta di pubblicità diffusa sui social network.
I siti berlusconiani per ora restano la versione virtuale dei manifesti sei per tre che tappezzano le città .
Gabriele Martini
(da “La Stampa“)
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Settembre 21st, 2013 Riccardo Fucile
IL LEADER IN MISSIONE DA CASALEGGIO: SUL TAVOLO LE STRATEGIE IN LOMBARDIA
Lo spunto, forse, è tutto in un messaggio (recente) di Beppe Grillo, un post in cui invita a scelte di campo nette.
«Mai più moderati», scrive. «Supereremo i limiti», avverte.
Parole che fanno presagire scelte estreme. In Parlamento, ma non solo.
Decisioni che potrebbero rivelarsi ancor più sorprendenti nei fatti, anche a livello di strategie politiche.
L’orizzonte non si limita alla situazione contingente, ma va oltre, mirando dritto alle prossime consultazioni elettorali.
Da qualche giorno tra i militanti Cinque Stelle si sta discutendo sull’opportunità o meno di essere presenti alle Europee del 2014.
Il Movimento potrebbe non figurare sulle schede elettorali: uno shock, un sacrificio che molti attivisti sono pronti ad accettare per indicare il loro «no» secco all’Europa e alle regole – spesso criticate sul blog – che Bruxelles impone.
Il dubbio sulla partecipazione alle Europee si è insinuato tra le maglie dei pentastellati al punto da coinvolgere nel discorso i parlamentari.
Posizioni differenti, spesso contrastanti. Molti vedono nella possibilità di ottenere seggi nelle istituzioni europee la possibilità di amplificare la voce del Movimento, di portare le istanze fuori dai confini nazionali: «Impossibile non partecipare», il ritornello.
Tra gli incerti su una eventuale defezione alle urne c’è anche Vito Crimi.
Che argomenta così il suo punto di vista: «Pur essendoci un movimento transnazionale vicino ai Cinque Stelle e pur avendo gruppi ovunque, mi domando: a cosa serve il Parlamento europeo? Rischiamo forse di trovare un’altra scatola vuota?».
«Siamo sicuri che abbia un ruolo preponderante sulle scelte della politica europea o anche in quel caso le decisioni sono prese altrove come succede in Italia?», prosegue l’ex capogruppo al Senato.
Interrogativi che non rimangono isolati. «Noi abbiamo già dimostrato che non partecipiamo alle elezioni per avere i rimborsi elettorali: e ciò vale a maggior ragione anche in questo caso – spiega un altro parlamentare –. Oltretutto, con altre Politiche alle porte, potrebbe esserci un’emorragia di candidati».
Già , perchè tra Regionali (Basilicata e Abruzzo), Provinciali (Trento e Bolzano), altre amministrative e con lo spettro del voto anticipato in Italia, c’è un’altra incognita che pesa sui Cinque Stelle: la possibilità di trovarsi con un bacino di aspiranti eurodeputati alquanto ridotto, a meno di non aprire a criteri di selezione più ampi, che coinvolgano un numero crescente di persone.
Primo passo in questa direzione, ampliare la base di votanti «certificati» sul blog.
Un passo che appare comunque fondamentale per il Movimento, così come il giudizio di Grillo e Casaleggio sulla vicenda-Europee (le pratiche burocratiche sono state comunque avviate, ndr ). Intanto, ieri a Milano il leader del Movimento ha incontrato insieme allo stratega i consiglieri regionali lombardi pentastellati.
La capogruppo, Paola Macchi, ha commentato: «Penso sia molto importante avere un rapporto diretto con il territorio» e Grillo e Casaleggio «ci hanno detto che sul territorio, decide il territorio».
Emanuele Buzzi
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 21st, 2013 Riccardo Fucile
“E’ SOLO UN BATTUTISTA, ALLA LUNGA STANCA”
Lo osserva, lo compulsa, lo vede e lo rivede nelle sue performance in tv.
E naturalmente lo testa, in modo maniacale. Forse avrà commissionato più sondaggi lui su Renzi dello stesso Renzi.
E sebbene il sindaco di Firenze svetti nei report di ogni istituto di ricerca, Berlusconi è convinto che non vincerà : «L’ho studiato, è solo un battutista che alla lunga stanca».
Sarà perchè l’hanno preso per matto molte volte nel suo partito prima di doversi ricredere, sarà perchè alla fine il capo è sempre il capo, ma nel Pdl in molti iniziano a credere all’ultima profezia del Cavaliere, secondo cui per Renzi il destino si è ribaltato, e al contrario di un anno fa stavolta trionferà nel Pd ma perderà nel Paese.
Forse servirebbe Esopo per raccontare questa conversione di Berlusconi, che pure era rimasto colpito dal giovanotto, capace di sbaragliare nella sua città il potente apparato della «ditta» e conquistare la poltrona di palazzo Vecchio. In effetti un principio di infatuazione ci fu, lo riconosce il Cavaliere, ricostruendo la storia del famoso pranzo di Arcore con l’esponente democratico: «Lo volli incontrare perchè mi aveva incuriosito, e pensavo potesse essere una persona su cui investire. Scoprii invece che era solo un ambizioso».
O forse l’uva era posta troppo in alto, se è vero che – subito dopo la vittoria di Bersani alle primarie del Pd – il leader del centrodestra disse che «la porta per Matteo è sempre aperta»
Di certo la versione dell’appuntamento offerta da Berlusconi è diversa da quella che a suo tempo fornì Renzi, crocifisso per anni dai suoi stessi compagni di partito per il rendez vous riservato con «il nemico», che pure a maggio gli sbarrò la strada per palazzo Chigi, preferendogli Enrico Letta per le larghe intese.
E ora che il governo inizia a vacillare, e tutti si tengono pronti in vista eventualmente delle urne, l’ex premier è tornato ad applicarsi sul rottamatore che promette di asfaltare il centrodestra e intanto cerca di asfaltare i suoi rivali nel Pd.
Renzi è più di una minaccia, è un pericolo, il timore nelle file dei berlusconiani è che davvero riesca a sfondare nel loro territorio.
E chissà se Berlusconi dissimuli per nascondere la sua preoccupazione, visto che persino Signorini – potente direttore del mondadoriano Chi – si è invaghito del sindaco di Firenze.
In pubblico, cioè nelle riunioni riservate, il Cavaliere invita però alla calma, perchè – a suo dire – «per ogni voto che Renzi cercherà di prendere al centrodestra ne perderà due a sinistra». La sua tesi sarà il frutto dei sondaggi, magari confortati da una chiacchierata con D’Alema, comunque il capo del Pdl ritiene di essere nel giusto.
La sua analisi si fonda sul fiuto ma anche – così dice – sui numeri, parte dal presupposto che il potenziale candidato premier sia vissuto nella pubblica opinione come una personalità divisiva, «anche nel suo stesso campo», e che la campagna elettorale – quando sarà – lo costringerà a muoversi nel recinto retorico della sinistra, vincolato dalla base e dalle strutture che sono la cinghia di trasmissione del consenso democratico.
A quel punto – secondo Berlusconi – Renzi dovrà scegliere se indossare il giubbotto di Fonzie o la tuta di Cipputi.
La cosa curiosa è che ne parla e si comporta come dovesse essere ancora lui a sfidare l’avversario, un dettaglio che non è sfuggito ad alcuni dirigenti del Pdl, preoccupati che i falchi si trasformino in sirene e lo convincano di potersi ancora presentare all’appuntamento delle urne.
Non è dato sapere se davvero il Cavaliere coltivi questa idea, sicuramente non sottovaluta il competitore, tanto da avere portato avanti un piano in gran segreto, per porre un argine al tentativo di invasione del suo campo.
Così, oltre alle centinaia di pagine che fotografano Renzi e il suo rapporto con gli italiani, Berlusconi sta facendo testare una serie di personalità esterne alla politica, da lanciare quando verrà il momento delle urne, così da dimostrare che il centrodestra non è solo composto dall’apparato di partito, ed è capace di attrarre i famosi «uomini del fare».
Nel frattempo tiene Renzi nel mirino, e ripete che «è solo un battutista».
Chissà se in cuor suo teme di dover assaggiare l’uva e di scoprirne il sapore aspro della sconfitta. Per ora osserva le mosse del Pd, il modo scomposto con cui si approssima al congresso, e che – secondo i suoi amatissimi sondaggi – sta dando agli elettori l’impressione di un partito dove si litiga per spartirsi un bottino che si ritiene già dato per scontato, come se stessero già apparecchiando il pranzo per palazzo Chigi.
Dimentica le risse nel suo partito Berlusconi, che è stato costretto a parlare (anche) per non far sentire i piatti che si rompono nel retrobottega del Pdl.
Francesco Verderami
(da “Il Corriere della Sera“)
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Settembre 21st, 2013 Riccardo Fucile
NELLA TERRA DI BERSANI I TESSERATI NON ARRIVANO A 300, IN DUBBIO IL CONGRESSO… TENSIONI TRA RENZIANI ED EX BERSANIANI
E’ l’incubo di ogni partito: avere più dirigenti che iscritti.
E nonostante sia vincente da oltre un decennio, — quindici contando che il sindaco Paolo Dosi ha appena festeggiato solo un anno e mezzo di mandato e in provincia può contare su una trentina di primi cittadini su 48 — al Partito Democratico di Piacenza, quando si contano le tessere nel cassetto, tremano i polsi.
Tanto che potrebbe essere a rischio il Congresso, che era previsto proprio in autunno.
E non manca chi, in vista dell’atteso appuntamento, ironizza: “Sono più i dirigenti e gli eletti che non gli iscritti”, battuta che circola tra i corridoi della sede di viale Martiri della Resistenza.
Così, se fino a qualche tempo fa era quasi impossibile venire a conoscenza del numero esatto di chi ha una tessera del partito, ora il vento è cambiato: sono 270, tra capoluogo e sedi provinciali.
Pochi, pochissimi, secondo la segreteria regionale, che da Bologna ha paventato persino il rischio commissariamento.
Il dibattito, per non parlare di numeri, per ora si basa sui candidati.
Il giovane sindaco di Vernasca, Gianluigi Molinari, o l’altrettanto fresca segretaria di Gossolengo, Betty Rapetti, tra i più accreditati.
Oppure l’attiva consigliera comunale Giulia Piroli, o lo sportivo ex Capogruppo in Consiglio, Cristian Fiazza. Quel che non si dice è che il prossimo segretario del Pd piacentino, se riuscirà ad essere eletto, si troverà di fronte ad una situazione disastrosa.
Lo sa bene l’attuale segretario Vittorio Silva, che già prima dell’estate aveva rimesso il mandato.
Un po’ perchè era stato convinto dalle sirene che gli arrivavano dalla Provincia, retta dal centrodestra — e sempre in bilico sulla possibile soppressione — ma dove può contare su un posto fisso prestigioso e remunerativo.
Aveva creduto che la segreteria potesse costituire il viatico per incarichi di maggior prestigio. I fatti non gli hanno dato ragione.
L’aver scommesso su Pier Luigi Bersani, come appariva naturale vista la sua “piacentinità ”, non gli ha portato fortuna. Anche per questa ragione Silva ha già deciso di tornare al ruolo di dirigente di via Garibaldi e solo la Direzione provinciale, lo scorso 9 luglio, è riuscita a “congelarlo” almeno fino al Congresso “perchè il partito avrebbe rischiato di scoppiare”, si era lasciato scappare l’assessore comunale Silvio Bisotti durante la riunione.
Ora però la questione non è più rinviabile. Per le spinte dei renziani, o dei nuovi gruppi che si sono formati e che basano molto della loro spinta sulla trasparenza (Open Pd, per esempio), ma soprattutto perchè la segreteria regionale, dopo aver visionato il numero degli iscritti al Pd di ogni provincia, ha rilevato come a Piacenza — città e provincia — faticano ad arrivare a quota 300.
Naturalmente non esiste una norma dello statuto che imponga un numero minimo per celebrare il congresso, anche se appare evidente lo scollamento con il territorio.
Come ricordato, il Pd locale è vincente, forse uno dei pochi in Italia con questa continuità negli ultimi anni (a sola guida Pd) e alle ultime elezioni ha sfiorato il 30%.
Può contare sul sindaco del capoluogo da tre mandati consecutivi e moltissimi amministratori sparsi su tutto il territorio. Eppure, tra i vertici, si rincorre la domanda: come mai così pochi iscritti?
Il timore, sia a livello locale che regionale, è quello di eleggere un segretario debole (al Congresso votano i tesserati), dopo che si è usciti da una stagione, quella di Silva, che ha portato la sua figura ad indebolirsi strada facendo, tra faide interne (in particolare con l’ex sindaco Roberto Reggi, in rotta dopo aver sostenuto Matteo Renzi alle primarie ma non essere stato inserito nel listino bloccato per il Parlamento) e la “non vittoria” di Bersani alle ultime elezioni nazionali.
L’indirizzo dalla segreteria regionale è stato chiaro: gli iscritti devono aumentare.
E potrebbe essere semplice per un partito che a Piacenza è così forte e radicato. E invece è tornato a dividersi persino sui banchetti, con i dirigenti storici che hanno accusato i renziani di scarso impegno sul territorio.
La resa dei conti è attesa per lunedì 23 settembre, quando vis à vis i segretari comunali si ritroveranno per discutere di questo e molto altro e cercare di scongiurare di essere rimasti gli unici con in tasca una tessera del Pd.
Gian Marco Aimi
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Settembre 21st, 2013 Riccardo Fucile
UN ALTRO VERTICE CON I BIG: DIVISO TRA LA ROTTURA E LA STABILITA’
Un lungo vertice giovedì sera con tutto lo stato maggiore del partito, uno più ristretto oggi a pranzo con segretario, coordinatori, capigruppo.
E alla fine delle riunioni, i partecipanti concordano sull’interpretazione delle intenzioni di Silvio Berlusconi: «Il governo non lo entusiasma, tutt’altro, ed è ancora molto arrabbiato per quello che gli hanno fatto in Giunta. Ma la decisione di staccare la spina non l’ha presa. Per ora».
Raccontano che il Cavaliere, partito ieri sera per Arcore e forse presente oggi al lancio a Milano della nuova Forza Italia (dove ci saranno sia la leader dei falchi Santanchè che quello delle colombe Alfano), abbia ascoltato le ragioni di tutti.
Di chi proprio non riesce ad accettare l’idea di rimanere al governo con una sinistra che oltre a volerlo «abbattere per via giudiziaria» propone solo «tasse su tasse senza riuscire a imprimere alcuna svolta all’economia» (su questa posizione continuano a stare Santanchè, Verdini, Capezzone, Bondi, ma negli ultimi giorni anche Ghedini, in parte Brunetta), e di chi invece ritiene un errore imperdonabile rendersi artefici di una rottura che gli italiani non capirebbero oggi (tutta l’ala governativa più i moderati come Letta, Schifani).
Alla fine, dicono, ha retto l’urto situandosi su una posizione mediana: si va avanti «combattendo le nostre battaglie, dalla giustizia alle tasse».
Poi si vedrà , anche perchè «il Pd ha più problemi di noi a sostenere l’esecutivo…».
Così si capiscono i toni alti di Brunetta, che annuncia la rottura se verrà alzata l’Iva, ma anche quelli più soft ma altrettanto decisi della Gelmini, secondo la quale «per evitare che l’economia abbia un colpo drammatico si tagli la spesa».
E si capisce come per tutti, di qualsiasi area, si navighi a vista.
Gaetano Quagliariello fissa il momento della verità «a gennaio, febbraio», confidando che «finchè le categorie produttive lo sosterranno, il governo non cadrà ».
Maurizio Gasparri è più tranchant: «Prima di gennaio viene il primo ottobre, e l’Iva… E poi il 4 ottobre, quando la Giunta vedrà una seduta pubblica, e il 15 ottobre, quando l’Aula voterà la decadenza: la strada è lastricata di ostacoli».
In questo clima, dopo l’accelerazione mediatica del lancio di Forza Italia è il momento di fermare i motori: decisioni sui gruppi e sulle gerarchie sembrano sospese, in attesa che Berlusconi decida quale strada imboccare.
Dicono che Alfano stia recuperando posizioni (sono piaciute al Cavaliere le ultime uscite televisive del segretario), e al momento non si toccano organigrammi.
Piuttosto, l’emergenza oggi è «raccogliere le firme per i referendum sulla giustizia» e tutti gli altri proposti dai Radicali, dice Luca D’Alessandro, e infatti Verdini sta stressando i coordinatori regionali perchè portino «risultati importanti» , sulla base dei quali verranno giudicati anche per il futuro.
Ma nel Pdl-FI lo scontro sotterraneo continua in tutte le forme.
Mercoledì prossimo si dovrebbe votare finalmente per il vicepresidente della Camera in quota Pdl, e ufficialmente la candidatura della Santanchè non è stata ritirata, nonostante sia difficilissimo, con l’aria che tira, che a scrutinio segreto venga eletta.
Anche per questo, e visto il suo impegno a tempo pieno nel partito, lo stesso Verdini starebbe convincendola al passo indietro, ma si discute su chi potrebbe sostituirla.
Se una candidatura di moderate come la Gelmini o la Carfagna passerebbe senza problemi ma verrebbe vista come un atto di guerra interno, quella della Prestigiacomo, a lei vicina (e piuttosto ostile ad Alfano), potrebbe andar bene alla Santanchè.
A meno che non si arrivi a un’ipotesi di mediazione sulla quale si sta ragionando, rappresentata da Simone Baldelli, grande esperienza d’Aula e sponsorizzato da Brunetta.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera“)
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Settembre 21st, 2013 Riccardo Fucile
RENZI: “AL GOVERNO DA SOLI”, CUPERLO: “ANCHE IL MIGLIORE NON PUO’ VINCERE DA SOLO”… SCONTRO SULLA NORMA CHE DISTINGUE SEGRETARIO E PREMIER
È caos nella giornata conclusiva dell’Assemblea nazionale del Pd.
È arrivato l’accordo per la data e le regole del prossimo Congresso ma è saltata la modifica dello statuto.
Nella fattispecie non si è trovata l’intesa sulla modifica dell’articolo 3, che voleva eliminare l’automatismo di ruoli tra il segretario del Pd e il candidato premier (in Assemblea c’e’ stato a riguardo il forte dissenso di Rosy Bindi).
L’intesa raggiunta a fatica in interminabili riunioni della commissione sulle regole non ha retto del tutto alla prova del voto finale dell’Assemblea.
Riassumendo: congresso nazionale e primarie per l’elezione del segretario aperte a iscritti e non iscritti si terranno l’8 dicembre; saranno preceduti dai congressi di Circolo e provinciali; entro la fine di marzo si terranno i congressi regionali.
I candidati alla segreteria dovranno infine ufficializzare la propria discesa in campo entro l’11 ottobre.
C’è accordo pure sulla norma che prevede che a sostenere i singoli candidati siano solo liste riferite al loro programma, in questo modo si cerca di arginare l’ulteriore frazionamento in correnti e di evitare che si formino gruppi di pressione che poi confluiscono sulle candidature.
Il tutto dovrebbe essere approvato definitivamente dalla riunione della Direzione del Pd che si terrà il 27 settembre.
Il primo match tra candidati svoltosi nell’Assemblea ha esaltato le particolarità di ognuno.
Gianni Cuperlo ha svolto un discorso che è apparso alla platea dei delegati il più “costruito” con molteplici riferimenti culturali alla tradizione della sinistra e alla necessità di profondo rinnovamento di quest’ultima.
Ha parlato di “destra” e di “sinistra”, di necessità di pensare il futuro e di distinguersi sui valori e sulle scelte dai propri avversari pur nel difficile compito di governare assieme al Pdl.
Quanto al Pd, Cuperlo ha ribadito di privilegiare la separazione di ruoli tra segretario e premier: «Da solo il migliore di tutti noi non ce la fa».
A chiudere ha usato una dotta citazione di Norberto Bobbio: solo discutendo sulla natura di se stessi, si avrà chiaro il nostro destino.
Matteo Renzi, forse un po’ spiazzato dal discorso di Cuperlo, ha usato la sua abilità oratoria per ricordare al competitor: «La crisi non e’ crisi solo del modello della destra. La crisi della politica interpella tutti noi. In questi vent’anni abbiamo governato anche noi, ci siamo stati anche noi. Se non siamo in grado di interpretare il cambiamento, è un nostro problema. Proprio questo è ciò che non ha funzionato in anni recenti nella politica del Pd».
Renzi ha poi rinunciato a presentare una propria piattaforma politica con ambizione programmatica. Ha preferito distinguersi bacchettando il governo e ricordando a Enrico Letta: «Se si e’ sforato il tetto del 3,1% del debito pubblico, o si ha il coraggio di dire che quei parametri vanno rimessi in discussione o si ha il coraggio di dire che l’Imu lo rimetteremo a posto. Non e’ giusto dare la colpa all’instabilita’ politica, sostenendo l’idea che sia sempre colpa di qualcun altro».
Arriva in conclusione la promessa che il suo Pd sarà «completamento diverso da quello attuale». Alla fine dell’intervento di Renzi c’è stato l’abbraccio con il rivale Cuperlo, interpretato come dichiarazione di lealtà nella sfida appena avviata per la conquista del vertice del partito.
Gli altri due candidati, Pippo Civati e Gianni Pittella, sono apparsi schiacciati in un ruolo marginale dalla forza di consenso che possono suscitare Cuperlo e Renzi.
Civati ha confermato di essere il più a sinistra tra gli sfidanti: ha ricordato le battaglie sui diritti e il rapporto con Sel di Nichi Vendola, ha chiesto rinnovamento al partito sia nelle sue forme organizzate, sia nei suoi gruppi dirigenti.
Ora Civati dovra’ trovare ulteriori argomenti di differenziazione più da Cuperlo che da Renzi, se vuole rosicchiare consensi nell’area dalemiana e bersaniania.
Pittella è quello che con più forza ha chiesto al Pd di collocarsi sul fronte dell’Internazionale socialista e del Partito del socialismo europeo, chiarendo cosi’ quali sono identita’ e collocazione internazionale del Pd.
Il vicepresidente del Parlamento europeo ha chiesto con forza di battersi senza indugi per allentare la pressione del Patto di stabilita’ a livello europeo che pesa come un macigno sugli atti del governo guidato da Letta.
Il Congresso del Pd ha quindi tagliato oggi il suo nastro d’avvio.
Da domani i quattro candidati se le daranno di santa ragione, pur confidando in regole condivise e di garanzia democratica per ognuno.
Renzi e’ il favorito, Cuperlo e’ l’outsider.
Il primo assicurerebbe al Pd l’approdo post-ideologico a una formazione inedita per base sociale e collocazione politica, il secondo manterrebbe il partito profondamente ancorato nella nuova sinistra che vuole contribuire a costruire.
(da “La Stampa”)
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Settembre 21st, 2013 Riccardo Fucile
“I SOLDI PROMESSI SE LI E’ TENUTI LAVITOLA”….”GRATITUDINE DI BERLUSCONI? NE FACCIO A MENO”
Da un lato Silvio Berlusconi è un uomo che “distrugge” chi gli sta accanto, dall’altro, l’ex premier non ha nulla da temere sulle eventuali rivelazioni di Gianpi Tarantini, che lo vede ancora come un “padre” e un “amico”.
È la versione di Nicla Devenuto, 35 anni, moglie di Tarantini.
L’abbiamo incontrata di fronte al portone di casa, un distinto palazzo nel cuore dei Parioli, per capire se anche Tarantini, come ventilato — salvo fare marcia indietro — da Valter Lavitola, ha intenzione di presentare memoriali o rivelare qualcosa sull’ex premier
“Lavitola è quello che è… è un brutto personaggio, anzi, neanche brutto, è un personaggio molto ambiguo, ho avuto a che farci…”
Dagli atti d’indagine pareva che foste amanti…
No, le assicuro che non rientrava nel mio target di persone da frequentare. Ci ha portato dei guai tremendi.
Le dichiarazioni di Lavitola nei giorni scorsi sembravano un segnale a Berlusconi. O no?
Saranno fatti suoi.
Negli ambienti politici si vocifera: se parlano Lavitola e Tarantini, per Berlusconi, sono guai. L’ex premier deve temere che Gianpi dica qualcosa di inedito?
Ma che è matto? E poi mica Gianpi, con Berlusconi, aveva lo stesso rapporto di Lavitola. L’ha conosciuto, si sono frequentati un inverno, insomma per un po’ e poi ha perso tutta la sua vita… E poi Gianpi non ci ha mai fatto affari insieme.
Ma voleva farli. Con la Protezione civile e Finmeccanica.
Conosci un amico che può darti una mano…E poi non gliel’ha data…Per Gianpi era un padre. Era il presidente del consiglio.
Per Gianpi è ancora un amico?
Lui l’ha sempre visto come un amico.
Tra Lavitola e Gianpi chi ci ha rimesso di più?
Beh, anche Lavitola ha i suoi guai.
Ora come vivete?
Io lavoro come avvocato, in uno studio legale civile e societario, mio marito fa il ‘mammo’. Fino a quattro anni fa avevamo una vita normale.
E da Berlusconi non v’aspettate alcuna gratitudine?
Della gratitudine di Berlusconi ne avrei sempre fatto volentieri a meno. Se tornassi indietro, a mio marito, consiglierei di comportarsi diversamente.
Quanto paga d’affitto per questa casa?
È di una mia amica. Non paghiamo nulla. Stiamo anche andando via… Deve venire ad abitarci lei…
Ora vivete solo con il suo stipendio da avvocato
Un avvocato può guadagnare mille euro oppure ventimila.
Berlusconi vi aveva promesso 500mila euro: ricevuti?
Neanche un centesimo. Niente. Intanto io sono finita in carcere, tre giorni e tre notti a Poggioreale, poi il tribunale del riesame ha deciso che non me lo meritavo. E nel frattempo voi giornalisti mi avete distrutto. Mi sono laureata a 23 anni con 110 e lode, a 25 anni ero già avvocato, ho sempre lavorato, sono cresciuta in una famiglia per bene. Non meritavo tutto questo.
Quei soldi doveva darveli Lavitola… In cambio Gianpi doveva mentire dinanzi ai magistrati per tutelare Berlusconi
Gianpi, quello che doveva dire ai magistrati, l’aveva già detto un bel po’ di anni prima. E poi quei soldi non sono mai arrivati. E le dirò di più: chi li vuole!
Erano il prezzo delle menzogne ai pm.
No. Erano un aiuto per mettere su un’azienda… Poi, le modalità , sono state quelle di Lavitola…
Che non ve li ha dati
Se li è tenuti lui. Può tenerseli e spenderli tutti in medicine.
Gianpi non ha più nulla da dire, quindi, ai magistrati?
Non ha più nulla da dire.
Berlusconi non s’è fatto più sentire? Nessuna notizia recente?
Non lo so e non mi interessa. Più gli stiamo lontano e meglio è. Anche se involontariamente, Berlusconi distrugge le persone che gli sono vicine.
Sta dicendo che vi ha abbandonato?
Ma guardi come sta messo! Ha più guai Berlusconi di Gianpi, vuole che stia pensando a noi? E poi: tutto quello che poteva succedere è successo, ci sono andata di mezzo pure io…
Per colpa di chi?
Superficialità nostra, che non abbiamo valutato bene chi avevamo davanti, ma è dura dover spiegare ai nostri figli quello che è successo. La serenità dei figli è lo specchio di una famiglia. Gianpi ha pagato in maniera sproporzionata: ha perso tutto, non ha più niente, non ha un soldo, non ha un lavoro, non ha le sue aziende… Mio marito l’hanno massacrato tutti. Definito come un pappone…
Ci dica un pregio di Gianpi e lo scriviamo.
È un padre meraviglioso ed è una persona generosa.
Però le donne a casa di Berlusconi le portava.
Ma Berlusconi non aveva bisogno di Gianpi! Quando frequentava le olgettine, Gianpi dov’era? Lui andava a cena, Berlusconi gli diceva porta qualche amica… Ha fatto i suoi errori, ma non è che facesse il pappone di mestiere, lui faceva l’imprenditore…
Antonio Massari
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 21st, 2013 Riccardo Fucile
IL GOVERNO PRESENTA I NUMERI (UN PO’ ABBELLITI) PER LA LEGGE DI STABILITà€
Ieri mattina il governo ha presentato la cosiddetta nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2013 (Def), cioè i numeri su cui da oggi verrà impostata la legge di Stabilità che definisce il bilancio dello Stato dei prossimi tre anni.
E i fatti sono questi: al momento l’Italia non rispetta il vincolo europeodeldeficital3percento del Pil (dopo mille ricalcoli la cifra indicata è 3,1), non ha mantenuto l’impegno preso dal governo Berlusconi nell’estate 2011 di raggiungere il pareggio di bilancio strutturale quest’anno (il deficit strutturale, cioè depurato dalle spese dovute solo alla recessione, è 0,7 invece che 0 o 0,5 come previsto).
Terzo problema: l’Italia rischia di essere fuori da ogni parametro anche nel 2014, visto che l’apparente equilibrio nei conti si regge su un’ipotesi di ripresa troppo ottimistica, con un Pil che il prossimo anno dovrebbe impennarsi dell’1 per cento.
Lo ammette anche il ministro Saccomanni: “È una stima leggermente superiore a quella stimata dai principali previsori internazionali”. La Commissione europea, per esempio, per l’anno prossimo indica +0,7, e potrebbe presto rivederla al ribasso.
Questo è il quadro della finanza pubblica “a legislazione vigente”, cioè lo stato dell’arte.
Poi ci sono gli obiettivi da raggiungere, quello che Letta vuole ottenere con la legge di Stabilità : un deficit al 3 per cento nel 2013 e al 2,5 nel 2014, già comprensivo di spese che di solito si nascondono fino all’ultimo tipo missioni militari e cassa integrazione in deroga.
“Il 15 ottobre presenteremo la legge di Stabilità che sarà il cuore dell’attività di governo e che scriviamo noi, senza costrizioni, ma dentro gli impegni presi. Sarà questo il documento su cui vogliamo essere giudicati”, dice il premier.
E da Bruxelles arriva subito l’incoraggiamento del portavoce del commissario europeo Olli Rehn, il guardiano della soglia del 3 per cento.
I sorrisi di Letta e Saccomanni, da soli in conferenza stampa, sono un po’ tirati.
Dietro le dichiarazioni di ottimismo, tradotte in numeri ad alto rischio, c’è la consapevolezza della valanga di problemi in arrivo.
Il primo ottobre scatta l’aumento dell’aliquota Iva dal 21 al 22 per cento, che vale un miliardo nel 2013 e forse la fiducia del Pdl all’esecutivo.
All’improvviso Letta non se la sente più di darlo per certo e dice solo: “Ne parleremo nei prossimi giorni”. Tanta prudenza si capisce meglio poche ore dopo quando il segretario del Pd Guglielmo Epifani ribalta la linea del partito e dall’assemblea dei democratici dice: “Chiedo al governo che non scatti l’aumento dell’Iva”.
Forse per non lasciare la bandiera della lotta contro l’Iva al Pdl, forse perchè vuole davvero sfidare Berlusconi suggerendo a Letta la soluzione proposta da Stefano Fassina (prendere soldi dall’Imu, per bloccare l’imposta sui consumi).
Ma il miliardo dell’Iva è solo il primo dossier.
Poi ci sono i 2,4 della seconda rata Imu prima casa 2013.
Il presidente dell’Anci Piero Fassino avverte: i soldi devono cominciare ad arrivare da Roma ai sindaci entro domenica o “molti Comuni al 30 settembre non saranno in grado di pagare gli stipendi ai dipendenti”.
Allarme forse un po’ eccessivo ma efficace, Letta promette che arriveranno lunedì.
Peccato che il governo non abbia mai trovato una copertura finanziaria all’abolizione della seconda rata Imu e anche i soldi per la prima sono molto virtuali (a cominciare dai proventi del condono cui le società di gioco d’azzardo non vogliono aderire).
Letta e Saccomanni hanno rifatto molte volte i calcoli in questi giorni per racimolare qualche miliardo dalla spesa per interessi, scommettendo sul calo dello spread.
Questa ennesima professione di ottimismo si è tradotta in un taglio di qualche decimale: il costo del debito peserà sul 2014 per il 5,4 per cento del Pil e nel 2015 per il 5,3 (le stime precedenti erano 5,6 e 5,8).
Ma è lo stesso Letta a ricordare che “l’instabilità politica” è costosa e rischia di far salire il costo del debito.
La Banca d’Italia è subito corsa in aiuto del suo ex direttore generale Saccomanni, comunicando l’avvio di un comitato di esperti per “una valutazione delle quote di partecipazione al proprio capitale”.
Lo scopo è questo: con un tratto di penna si alza il valore delle azioni della Banca d’Italia, oggi in mano alle banche vigilate ma anche a Inail e Inps.
Gli istituti di credito ottengono un beneficio perchè i loro bilanci risultano più solidi, ma pagano una tassa sulla plusvalenza, almeno un miliardo.
Anche questo non basterà . Soprattutto se Letta vuole davvero — come annunciato — tagliare le tasse in busta paga ai lavoratori dipendenti per almeno 4 miliardi.
La partita è appena cominciata ma sarà breve: tutta la legge di Stabilità deve essere pronta il 15 ottobre per spedirla a Bruxelles.
Quando è salito al Colle a presentare il Def a Giorgio Napolitano Letta ha ripetuto: “Non mi farò logorare”. Pensando al Pdl. Ma anche al Pd.
Stefano Feltri
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Settembre 21st, 2013 Riccardo Fucile
I CONTI DEL TESORO: SERVONO ALMENO 3,4 MILIARDI PER COPRIRE GLI IMPEGNI
Non si rischia solo l’aumento dell’Iva.
I numeretti del Documento di Economia e Finanza approvato ieri dal governo rendono ben chiaro quello che il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ed il suo ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, cercano di far capire da qualche settimana alla maggioranza: per il 2013 i soldi sono finiti.
La ricerca continua e non si dispera di poter, magari, rinviare il rincaro della tassa per ancora qualche settimana.
Ma l’operazione è estremamente difficile a due mesi dalla chiusura dell’esercizio. E con l’Iva balla anche la seconda rata dell’Imu sulla casa d’abitazione.
A oggi, dicono i numeri del Def, non ci sono fondi con cui coprire l’eventuale mancato gettito dell’aumento dell’Iva (un miliardo da qui a fine anno), e la cancellazione della seconda rata Imu (2,4 miliardi).
Ci sono solo i soldi, poco più di 300 milioni recuperati tagliando ogni spesa non indispensabile, per finanziare da qui alla fine dell’anno le missioni di pace e l’intervento umanitario in Siria.
Il decreto arriverà la prossima settimana ma all’orizzonte, dicono al Tesoro, per il momento non c’è altro.
Contando sul pieno appoggio della Commissione Ue, che è tornata a farsi sentire anche ieri, il governo proverà a tener duro, difendendo il limite del deficit del 3% e, se possibile, cercando di dare un segnale anche sulla riduzione del debito pubblico, con alcune dismissioni entro fine anno.
Per il 2013 «ogni intervento aggiuntivo sull’economia – ribadiscono al Tesoro – dovrà essere finanziato».
Un principio che vale anche per l’anno prossimo
Nel 2014 il rapporto tra il deficit e il pil scenderebbe naturalmente al 2,3% del pil, senza necessità di manovre correttive, ma bisognerà rifinanziare la cassa integrazione in deroga e le missioni di pace del 2014.
Poco più di 3 miliardi di euro, che spingeranno il deficit al 2,5%, fissato come obiettivo «programmatico».
Ne consegue che anche i soldi per la riduzione del cuneo fiscale, per la riforma delle imposte sulla casa ed eventualmente per il riordino dell’Iva dovranno essere trovati.
Nella Legge di Stabilità che il governo presenterà a metà ottobre saranno delineati alcuni interventi per creare un margine di cinque-sei miliardi di euro, la dimensione minima che dovrebbe avere lo sgravio sul cuneo fiscale del 2014.
Le risorse arriveranno da alcuni tagli alla spesa pubblica, dalla revisione delle agevolazioni e degli sconti fiscali (dove si possono recuperare subito un paio di miliardi) e da uno spostamento della pressione fiscale verso le imposte indirette.
Se il Parlamento vorrà fare di più trovando altre risorse, libero di farlo. E lo stesso vale per la riforma dell’Imu, che dovrà essere “compensativa”, cioè garantire lo stesso gettito, ed eventualmente per la revisione dell’Iva.
Una volta varato, il programma antideficit potrà beneficiare nel 2014 della blindatura data dall’obbligo del pareggio in Costituzione, che difenderà ogni scostamento dall’obiettivo di spesa con correzioni automatiche e la destinazione alla riduzione del disavanzo di un eventuale extra-gettito.
E portare in dote, se il tetto di deficit del 3% sarà mantenuto, 6 miliardi l’anno in più da spendere, già dall’anno prossimo. Il «bonus» del risanamento, 6 miliardi che Letta e Saccomanni mettono sul piatto chiedendo l’appoggio della maggioranza alla manovra.
Spuntarla non sarà facile. Ieri anche il segretario del Pd ha chiesto lo stop all’aumento dell’Iva preteso dal Pdl.
Ma in fin dei conti, dicono al Tesoro, è più facile dire «no» a tutti che a uno solo.
Mario Sensini
(da “il Corriere della Sera“)
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