Settembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
ERA IL 6 DICEMBRE 2012, PER ALFANO LA NORMA NON ERA PENALE E AVEVA QUINDI VALORE RETROATTIVO
“L’incandidabilità riguarda i condannati passati in giudicato e Berlusconi siamo certi che sarà assolto”.
E’ la che prova della malafede di Angelino Alfano e del Pdl, oggi impegnati in una furiosa battaglia per sostenere che la legge non vale nei confronti di chi ha commesso reati prima della sua entrata in vigore.
Una strategia tesa a mandare il caso Berlusconi, del quale si vuole evitare la decadenza da senatore, davanti alla Corte costituzionale o a quella dei diritti dell’uomo.
E’ il 6 dicembre 2012, dopo una riunione fiume durata quasi sei ore, il Consiglio dei ministri del governo Monti dà il via libera al decreto legislativo per le liste pulite che introduce il divieto di ricoprire “cariche elettive e di governo” legato a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.
Un decreto che si applica anche per le cariche di governo.
Parlando con i giornalisti in un video realizzato dall’agenzia Vista e postato su Youtube, il segretario del Pdl Angelino Alfano rivendica a sè e a Silvio Berlusconi la paternità del decreto.
E di fronte ai giornalisti che gli fanno notare come Berlusconi corra il rischio di subirne gli effetti, Alfano spiega che non ci saranno problemi perchè il Cavaliere “ha la certezza di essere assolto”.
Alfano dice testualmente: “L’approvazione del provvedimento sulla incandidabilità nasce dall’attuazione di una legge il cui primo firmatario è il sottoscritto. Questa legge prevedeva una delega che oggi è stata attuata. Non abbiamo alcuna difficoltà a riconoscere il decreto incandidabilità e — continua Alfano — non vi è alcun nesso con il nostro presidente che è colui il quale ha voluto questo ddl e che ha la certezza di essere assolto perchè non ha nulla a vedere con i processi che lo interessano”. Insomma la volontà del legislatore, anche di centrodestra, era chiara: tenere fuori i condannati dal Parlamento.
In base a una norma che non è penale, ma stabilisce solo un requisito.
E che quindi ha valore retroattivo.
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Settembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
SI SAREBBE ATTIVATO PER LIMITARE L’AZIONE DEI MAGISTRATI SUI FONDI NERI A HONG KONG
Un nuovo tassello che si aggiunge al mosaico del caso Mediaset.
L’ex senatore Sergio De Gregorio, già imputato a Napoli per la vicenda della compravendita di parlamentari per fare cadere il governo Prodi, è stato sentito in qualità di testimone dai pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, titolari dell’inchiesta che ha condannato Silvio Berlusconi a quattro anni di carcere per frode fiscale.
I magistrati chiederanno a De Gregorio di spiegare nel dettaglio quanto raccontato da lui stesso alla trasmissione Piazza Pulita su La7, dove ha raccontato di avere bloccato le indagini sul Cavaliere e sull’uomo dei diritti tv di Mediaset, Frank Agrama, a Hong Kong.
Nello stesso periodo in cui Hong Kong si schierava contro i pm su input dell’ex premier e di De Gregorio, i cinesi chiedevano facilitazioni sul regime fiscale e altri favori.
E i berlusconiani in missione in Asia, come il deputato Ferruccio Saro, peroravano l’uscita di Hong Kong dalla black list.
Le autorità cinesi avevano collaborato con i pm italiani annullando in primo grado i ricorsi di Agrama.
Dopo l’intervento di De Gregorio la situazione si ribalta.
Le carte vengono restituite con tante scuse a Agrama e parte addirittura una contro-inchiesta sui pm italiani.
L’operazione Hong Kong (dice De Gregorio) è un successo e parte grazie a una soffiata, nero su bianco, di Alessandro De Pedys, il console di Hong Kong in carica nel 2007, oggi capo segreteria del vice ministro agli Esteri Marta Dassù.
Puntuale ieri sera la smentita della Farnesina: “De Pedys non ha mai consegnato documenti o carte riguardanti l’inchiesta su Mediaset”.
In un’intervista al Fatto De Gregorio aveva già descritto per sommi capi la vicenda ma ieri durante la prima puntata di Piazza Pulita, l’inviata Francesca Biagiotti ha mostrato i verbali di interrogatorio della Procura di Napoli e gli allegati, pieni di particolari inediti.
A partire dall’amicizia tra Sergio De Gregorio e l’attuale Segretario di Stato del Vaticano, monsignor Piero Parolin, l’uomo scelto da Papa Francesco per portare aria nuova nelle stanze di Oltretevere.
Nel 2008, proprio per ingraziarsi le autorità di Hong Kong che avevano aiutato Berlusconi, De Gregorio organizzò un’udienza con Benedetto XVI per il primo ministro di Hong Kong.
E fu proprio monsignor Parolin, che non immaginava nemmeno la trama filoberlusconiana nella quale si infilava quell’incontro, a ottenere l’udienza.
Questi i passi salienti del verbale con i pm della procura di Napoli.
Sergio De Gregorio racconta a verbale: “Andai ad Hong Kong e il console italiano, che si chiama Alessandro De Pedis, mi rilasciò un appunto in cui mi informava che i Pm milanesi Spadaro e De Pasquale erano andati ad Hong Kong a fare perquisizioni avendo il sospetto che due società di Agrama, servissero semplicemente da punto di riferimento per gonfiare i costi delle pellicole tv (..) e frodare il fisco (…) Il console mi disse:’ma, che lei sappia,il presidente Berlusconi, questa cosa la sa o no?’. Berlusconi non sapeva nulla, perchè quando io tornai, andai a Palazzo Grazioli, e dissi: “Guarda, Presidente, mi hanno detto di questa indagine dei pm, ne sai niente? Lui chiama Ghedini che dice no. Berlusconi dice: ‘Che si può fare?’ E io dico: ‘Tu sei il capo dell’opposizione e puoi rivendicare presso il Governo di Hong Kong il tuo diritto a veder tutelate delle informazioni che riguardino atti giudiziari relativi ad un parlamentare’. Io sono stato lì, ho parlato con il Ministro degli Affari Costituzionali “Lam”, ho parlato con il ministro delle Finanze “Zeng” (…).
Chiesi al rappresentante speciale presso l’Ue, Mary Chow di venire a Roma, la incontrai e le dissi: ‘Guardi che è improponibile che le autorità di Hong Kong non rivedano questa decisione relativamente ai fatti che riguardano Agrama, perchè Berlusconi mi incarica di dirle che si sente illegittimamente coinvolto in una vicenda in cui la decisione politica prescinde da quella giudiziaria, in cui sono stati commessi degli illeciti; la prego di riferire che Berlusconi vuole che le sue autorità intervengano.
Poi andai a Palazzo Grazioli e dissi a B. che forse era il caso che lui intervenisse sull’ambasciatore cinese.
Lui disse: vai tu dall’ambasciatore cinese e vagli a portare la mia contrarietà rispetto a questa decisione e chiedigli di intervenire perchè tutto venga ristabilito sempre come parlamentare, mica privatamente, eh. Io andai all’ambasciata cinese e dissi che il capo dell’opposizione in Italia riteneva grave che in territorio cinese avessero consentito un’aggressione ai suoi danni, peraltro senza una rogatoria. L’ambasciatore cinese mi disse che non era possibile e che si sarebbe informato, e chiese di porgere le sue scuse a Berlusconi. Andai da Berlusconi, gli dissi: secondo me è il caso che lo inviti a pranzo da te”.
Il risultato fu ottenuto. “All’atto della mia andata ad Hong Kong — spiega De Gregorio — il console mi informa che (…) la difesa di Agrama, avendo fatto istanza di primo grado alla corte di Hong Kong, si era vista respingere le sue osservazioni”. Dopo l’intervento però: “C’è prova che le autorità cinesi in secondo grado rividero la decisione a tal punto che il Tribunale ha annullato il provvedimento di sequestro; ed il Governo cinese ha chiesto una rogatoria per interrogare i pm De Pasquale e Spadaro”. N
ulla si fa per nulla, però. Spiega De Gregorio:“Il Governo di Hong Kong si diede un gran da fare per quella vicenda che riguardava Berlusconi, ma ovviamente chiedeva anche dei nostri interventi politici, per esempio, il Ministro delle Finanze (di Hong Kong, ndr) ci chiese di incidere sul Governo perchè rimuovesse Hong Kong dalla “black list” (…) il Senatore Saro fece una dichiarazione pubblica in cui chiedeva che Hong Kong fosse rimossa dalla ‘black list’”.
In questo quadro si inserisce l’incontro con il Papa: “Il premier “Donald Sang”, chiedeva di essere ricevuto riservatamente dal Papa. Io mi misi in moto e andai a trovare insieme con il defunto mio amico Saverio Valente, monsignor Pietro Parolin, che era sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri, era uno dei vice del cardinale Bertone, e riuscii a conseguire che Sua Santità accettasse di incontrarlo. Consegui l’appuntamento fra Sua Santità e il Santo Padre, anche contro il parere del Nunzio Apostolico ad Hong Kong, però poi il premier Sang non fu autorizzato a venire dalle autorità cinesi. Saltò l’opportunità , io profittai per chiedere a monsignor Pietro Parolin un’udienza privata con sua Santità . Questi accettò di erogare la benedizione a me e alla mia famiglia; se volete ho le foto”.
Valeria Pacelli
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
ALFANO E GIANNI LETTA PER UNA CRISI DI GOVERNO “PILOTATA”, I MINISTRI MANTERREBBERO LA CARICA E SILVIO POTREBBE CHIEDERE LA GRAZIA CON QUALCHE SPERANZA, MA BERLUSCONI NON SI FIDA… VOCI CHE LAVITOLA E TARANTINI SIANO DIVENTATI LOQUACI
È l’ultima mediazione per evitare la rottura.
Prevede un rinvio dei tempi, per far arrivare la decadenza di Silvio Berlusconi in Aula quando la finestra elettorale per il voto a novembre è pressochè chiusa, il che significa a inizio ottobre.
E una specie crisi di governo “pilotata”. Col Pdl che ritira i ministri ma vengono subito riconfermati. È un’azione che si sviluppa in una duplice direzione. Con Gianni Letta impegnato a convincere Silvio Berlusconi della bontà dell’operazione, perchè a quel punto dopo la decadenza, una volta che Napolitano ha visto “cammello”, per Letta (Gianni) ci sono le condizioni per una commutazione della pena e un atto di clemenza.
E Angelino Alfano che offre la mediazione al Pd.
Con questa argomentazione: se lo schema, complicato e ad alto rischio, va in porto ognuno ha il suo vantaggio.
Il Pd ha lo scalpo di Berlusconi, il Pdl fa il casino che deve al suo elettorato ottenendo una crisi.
Ma soprattutto il governo va avanti con Berlusconi che fa lo “statista”.
È l’ultimo tentativo. Con l’obiettivo di evitare che l’assemblea dei gruppi possa trasformarsi nello show down sul governo.
Quando il segretario del Pdl e ministro dell’Interno Angelino Alfano riunisce a palazzo Chigi tutti i ministri, il Quirinale — preoccupato dal precipitare degli eventi — è già stato informato del “piano”.
Per sminare il primo ostacolo della Giunta la proposta è quella di derubricare le pregiudiziali di costituzionalità in semplici questioni preliminari. Significa che non si vota.
Detto in modo semplice: se la giunta votasse le pregiudiziali di fatto cadrebbe anche l’impianto della relazione Augello, poi cambierebbe il relatore e si arriverebbe alla decadenza di Berlusconi in tempi celeri.
E invece sulle questioni preliminari si evita la conta. E succede che la giunta ne prende atto e poi prosegue con la relazione di Augello.
Il Pd salverebbe la faccia, perchè non uscirebbe sconfitto. Epperò il punto è che Augello resta relatore. Quindi ha il boccino in mano per rallentare e chiedere approfondimenti.
Tempo. La parola d’ordine è guadagnare tempo.
Anche mettendo in conto quello che le colombe del Pdl chiamano “un tasso fisiologico di casino”. Fisiologico però.
E allora vediamo i passaggi successivi della proposta. Su cui, dicono fonti certe del Pdl, è arrivato un serio interesse dal Colle.
Che, proseguono, sarebbe molto infastidito dalla linea dura del Pd. Quando la strategia dilatoria di Augello non va più avanti è chiaro che in Giunta si vota e si cambia relatore.
Il quale a quel punto può mandare tutto in Aula. È questo lo snodo fondamentale.
Su cui non c’è ancora il via libera di Berlusconi. Col Parlamento che vota la decadenza.
E si consuma un rituale da prima Repubblica: le dimissioni dei ministri vengono respinte e si va avanti con la stessa compagine.
Secondo Gianni Letta e Angelino Alfano superato l’ostacolo di stasera si può tornare alla linea diplomatica che Confalonieri ha esposto a Giorgio Napolitano.
E questa proposta, più o meno, riporta lì.
Fonti del Pdl degne di questo nome raccontano che la via maestra per arrivare a una clemenza sarebbero le dimissioni di Berlusconi, non un voto sulla decadenza.
Ipotesi che Berlusconi al momento continua a respingere. La sua obiezione è sempre la stessa: guadagnato tempo e messo in sicurezza il governo, che assicurazioni ho?
Le colombe pensano che arrivi la grazia. Berlusconi pensa di no.
E lo pensa ancora di più nel giorno in cui ad Arcore è arrivato lo spiffero che oltre a De Gregorio anche Tarantini e Lavitola sono diventati piuttosto loquaci.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
DA DETENUTO DOVREBBE CHIEDERE IL PERMESSO PER QUALUNQUE INCONTRO
Quando l’avvocato Franco Coppi ha provato a spiegarglielo, la settimana scorsa ad Arcore, Silvio Berlusconi mostrava di non crederci.
«Ma com’è possibile?». «È possibile perchè c’è una condanna definitiva, e per quanto la consideriamo ingiusta è valida e dev’essere applicata», ha risposto il legale.
Quindi, se l’ex premier prima del prossimo 15 ottobre non chiederà l’affidamento in prova ai servizi sociali, l’indomani si presenteranno da lui due carabinieri, lo porteranno nella stazione più vicina, gli faranno le foto segnaletiche di faccia e di profilo, prenderanno le sue impronte digitali e poi lo accompagneranno di nuovo a casa, nella veste di detenuto agli arresti domiciliari.
Tutto questo avverrà in automatico se nel frattempo il Senato avrà votato la decadenza di Berlusconi in base alla cosiddetta «legge Severino» (di qui il tentativo del Pdl di prendere tempo in commissione).
Se invece l’ex capo del governo fosse ancora un senatore in carica, ci vorrà la ratifica dell’arresto da parte dell’assemblea di Palazzo Madama.
Ma il voto non riguarderà più l’interpretazione della legge, la sua costituzionalità o i ricorsi alle corti europee; si tratterà solo di votare l’applicazione della sentenza, e sarà difficile trovare argomenti per convincere la maggioranza a respingere l’esecuzione della pena.
Dopodichè, l’idea di un Berlusconi che esercita l’attività di leader politico dagli arresti domiciliari – preconizzata da qualcuno in questi giorni con viavai di politici in casa, telefonate continue, proclami televisivi e iniziative d’altro tipo – non sembra di semplice realizzazione.
Tutt’altro.
È stato ancora Coppi a illustrare la situazione all’incredulo condannato: da detenuto, anche per incontrare i suoi figli dovrà chiedere il permesso al giudice.
Perchè sono residenti altrove, e dunque potranno parlargli solo previa autorizzazione, in giorni predefiniti e per tempi limitati.
Saranno interdetti i contatti con chiunque non abiti nella casa-prigione, a parte due avvocati di fiducia.
Anche il fido Gianni Letta, per dirne uno, dovrà rivolgersi al magistrato di sorveglianza specificando i motivi dell’incontro, come ogni altro consigliere, amico, esponente politico (deputati e senatori normalmente possono entrare in carcere in virtù del sindacato ispettivo che compete al loro ruolo, ma non nelle abitazioni dei reclusi ai domiciliari).
La schiera dei domestici, probabilmente, dovrà essere ridotta e selezionata rispetto all’attuale composizione.
E il luogo della detenzione, verosimilmente, non potrà essere Arcore dove c’è un hangar con relativo elicottero pronto a levarsi in volo, bensì la residenza romana di palazzo Grazioli.
O qualche altra casa dove non ci siano tentazioni di fuga così a portata di mano.
Tutto questo consiglierebbe Berlusconi a scegliere quanto prima la strada del lavoro socialmente utile, alternativo alla detenzione, che il leader del Pdl ha finora mostrato di non gradire poichè la considera una forma di accettazione della condanna che lui insiste nel voler rifiutare.
Inoltre l’affidamento in prova – che in ogni caso dev’essere accordato dal giudice – significherebbe cominciare a scontare la pena (un anno, grazie all’indulto, ridotto a nove mesi dall’ulteriore sconto garantito dalla legge penitenziaria).
Un pre-requisito necessario, in teoria, all’eventuale concessione della grazia, unico rimedio rispetto all’altra spada di Damocle che pende sul capo di Berlusconi: l’interdizione dai pubblici uffici che la corte d’appello di Milano si appresta a rideterminare secondo le indicazioni ricevute dalla corte di cassazione.
Indipendentemente dall’esito della procedura per la decadenza, l’interdizione – che arriverà tra poco più d’un mese, e si prevedono spazi molti stretti per un ulteriore ricorso di legittimità – riproporrà il tema dell’uscita di Berlusconi dal Senato.
Legata anch’essa a un voto di ratifica che, considerati i rapporti di forza a Palazzo Madama, pare abbastanza scontato.
Senza la grazia e senza immunità parlamentare, insomma, Berlusconi tornerà ad essere un condannato come gli altri.
E un imputato e indagato come gli altri, nei procedimenti ancora aperti.
Con tutti i rischi del caso: non solo gli ipotetici arresti preventivi, da più parti paventati, ma anche perquisizioni e possibilità di intercettazioni dirette.
(da “il Corriere della Sera“)
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Settembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
LA MOSSA “BRUCEREBBE” LA GRAN CASSA DEL PDL E METTEREBBE ALL’ANGOLO CHI HA FACESSE CADERE IL GOVERNO
Dario Franceschini lo avrebbe confidato anche ai militanti della festa Pd di Bologna, a cena dopo il dibattito: “Giovedì potrebbe aprirsi la crisi di governo…”.
E’ quanto vanno dicendo fonti Dem alla Camera, ma, al di là dell’esattezza di quanto viene riferito, è evidente che i venti di crisi in arrivo da Palazzo Madama spirano ormai forte su Palazzo Chigi.
Tanto che Enrico Letta ha annullato il suo intervento alla ‘Summer school’ del Pdl a Frascati, ma soprattutto, si apprende, i Dem al governo si stanno attrezzando in vista di uno showdown considerato vicino.
Infatti, hanno già abbozzato un piano B, di cui anche Giorgio Napolitano sarebbe al corrente, naturalmente.
Il piano sarebbe questo: se dovesse davvero succedere il peggio, se si consumasse l’incidente in giunta immunità al Senato e se il Pdl ritirasse la propria delegazione dall’esecutivo, allora il caso verrebbe portato subito in aula al Senato.
Lì Enrico Letta chiederebbe il rinnovo della fiducia sulla base di un ragionamento semplicemente: “Con chi state, con l’Italia o con Berlusconi?”.
E’ un’azione forte, s’intende. Che prefigura la consumazione di una rottura insanabile con il Cavaliere: la fine delle larghe intese o della loro attuale conformazione.
In ogni caso, a Palazzo Chigi non considerano la giunta del Senato come l’organo deputato a stabilire che il governo è in crisi.
Perchè così non è: organo deputato è l’aula dove nascono e muoiono i governi, in genere.
E poi i guai giudiziari devono restare separati dal governo: è il mantra del quale il premier Enrico Letta e gli altri dirigenti Dem restano tuttora convinti.
Quindi, se il Pdl alzasse il tiro, se compiesse azioni che legano la decadenza di Berlusconi alle sorti dell’esecutivo, magari dopo la riunione con Berlusconi annunciata per mercoledì 11 settembre, allora si andrebbe in aula per verificare se davvero la maggioranza attuale non c’è più.
E lì i senatori verrebbero invitati a scegliere tra il paese e il Cavaliere.
La ‘parlamentarizzazione’ della crisi non presuppone che il premier e i suoi abbiano già in tasca i numeri di un’altra maggioranza.
Visto da Palazzo Chigi, il gruppo pidiellino di Palazzo Madama sembra granitico, compatto intorno a Berlusconi. O per lo meno, a Letta non sono pervenute notizie di fughe massicce, tali da consentire al governo di andare avanti tranquillo.
E’ solo a queste condizioni infatti che Letta si renderebbe disponibile per un bis, solo con una maggioranza stabile, composta da un blocco moderato magari nato dalla scissione da Berlusconi.
Non se ne parla invece se si tratta di raccattare voti qui e là , tra grillini pentiti e responsabili alla Scilipoti. E, a quanto apprende Huffpost, di questa sua posizione il premier avrebbe messo al corrente anche lo stesso capo dello Stato, il quale però non ne vuole sapere di rimandare il paese al voto con il Porcellum.
Cosa succederebbe dunque se in Senato l’esecutivo non avesse i numeri, ancora non è dato sapere.
Potrebbe nascere un governo di scopo con il compito di approvare la legge di stabilità e la legge elettorale.
Per ora, l’interrogativo oscura i palazzi istituzionali. Però l’operazione di chiedere il voto di fiducia in Senato, ragionano fonti di governo, avrebbe tutto un senso politico pieno.
E cioè quello di mettere il Pdl di fronte alle proprie responsabilità , che è poi il messaggio sul quale insistono i Dem fin dall’inizio di questa storia.
“Se il Pdl facesse cadere il governo, se ne assumerebbe la responsabilità ”, sono le parole di Guglielmo Epifani.
Basta immaginare per un attimo la scena: Letta che legge il discorso in aula, “o l’Italia o Berlusconi!”, Palazzo Madama affollatissimo, diretta televisiva su tutto il dibattito.
Il governo magari non si salva, ma il Pdl non farebbe una bella figura di fronte agli italiani, ti dicono i governisti Pd.
(da “l’Huffingtonpost”)
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Settembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
“BERLUSCONI E’ DESTINATO A USCIRE COMUNQUE DALLA SCENA POLITICA QUANDO VERRA’ RICALCOLATA LA SUA INTERDIZIONE”…. “LA LEGGE SEVERINO E’ COSTITUZIONALE”… “NAPOLITANO SARA’ COERENTE: NIENTE GRAZIA TOMBALE E NIENTE VOTO CON IL PORCELLUM”
Le eccezioni sollevate in Giunta dal Pdl?
«Possono anche essere approfondite, così il Pd non offre l’alibi del plotone di esecuzione già schierato. I tempi non sono poi così essenziali. Vedrete, Berlusconi all’ultimo istante si dimetterà ».
Il Cavaliere che spera sempre nel Quirinale per la grazia tombale?
«Tutte balle. Napolitano è stato chiarissimo: niente clemenza sulle pene accessorie».
E i falchi berlusconiani che vogliono rovesciare il tavolo del governo?
«Nessuno si illuda. Il decreto di scioglimento delle Camere non lo firmano certo nè Brunetta ne la Santanchè. Napolitano non scioglierà finchè resta in piedi il Porcellum ». Emanuele Macaluso, grande vecchio del Pci e grande amico del Colle, osserva il braccio di ferro e va controcorrente.
Senatore, il Pdl non sta cercando di far saltare le decisioni sulla decadenza?
«Battaglia persa. Lo ha spiegato perfino l’ex avvocato di Berlusconi, Pecorella, e ormai c’è anche la data per il processo: il 19 ottobre a Milano sarà ricalcolato il “quantum” di interdizione dai pubblici uffici per Berlusconi. E a quel punto finirà comunque fuori dalla scena politica».
E la guerra scatenata nella giunta per le elezioni?
«Una campagna politica. Una dichiarazione di esistenza in vita. Berlusconi spedisce l’ultimo messaggio ai suoi elettori: ci sono ancora, sono qui. Poi, un attimo prima che il presidente apra le votazioni, il Cavaliere si dimetterà ».
Ne è sicuro?
«Berlusconi non darà mai al centrosinistra la soddisfazione di finire sotto i colpi di una votazione che lo dichiari incandidabile».
Il Pd fa muro contro le richieste del relatore Augello.
«Io penso che, se non servonosolo a perdere tempo, le questioni si possano discutere e approfondire. Compresa la storia della retroattività . Per me, che non sono giurista ma ho 41 anni da parlamentare sulle spalle, la Severino è pienamente costituzionale. Ma visto che ci sono illustri giuristi che sollevano dubbi… Sono d’accordo con Violante: consentire a Berlusconi di difendersi, non dare l’impressione di una decisione già presa».
Al Cavaliere non resta che insistere con Napolitano per un atto di clemenza tombale. Può ottenerla?
«No. Il capo dello Stato, nella sua nota del 13 agosto scorso, lo ha spiegatocon estrema chiarezza. In quella dichiarazione, reagendo anche ad una campagna di falsificazioni e illazioni in cui si è distintoil Fatto, Napolitano ha spiegato che lui una grazia estesa anche alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, non la concederà mai. Non è materia di discussione. Una eventuale valutazione sarebbe circoscritta, quando e semmai dovesse arrivare una domanda di Berlusconi al Quirinale, alla condanna principale».
Il capo dello Stato «confida» nel sostegno dichiarato da Berlusconi al governo.
«Un riconoscimento alle parole pronunciate dal leader del Pdl, alle assicurazioni che sono state fornite al Colle, e di cui evidentemente è stato preso atto».
Però nel Pdl sono pronti ad affondare Letta se passa la decadenza.
«Un ricatto al Pd, ma sbagliano. Nel Pd sono divisi su tutto ma nel mettere fuori gioco il Cavaliere dentro il partito, dal “fiorentino” al “piacentino”, si ritrovano in totale sintonia».
Ma se Letta cade?
«Il decreto di scioglimento delle Camere non lo firmano certo i falchi del Pdl. Il presidente della Repubblica seguirà sempre gli interessi generali del paese, e non scioglierà mai senza una riforma del Porcellum»
Troppo alto il costo politico di tenere in vita il governo?
«Le larghe intese sono uno stato di necessità . Vittorio Sermonti ha torto nella sua lettera a Napolitano sul costo della difesa del governo, sono d’accordo con quel che gli ha risposto Scalfari».
Umberto Rosso
(da “La Repubblica“)
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Settembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
SPAZIO AD ALTRI PERSONAGGI CHIACCHIERATI
Il ministro della Sanità , Beatrice Lorenzin (Pdl) ha indicato ieri il Consiglio superiore di sanità che sarà in carica per i prossimi tre anni: “Ho nominato i componenti basandomi su requisiti di altissima professionalità e sulle competenze maturate nelle diverse discipline di interesse per la sanità pubblica italiana”.
Niente da dire sui curricula scientifici, i profani notano però altre caratteristiche dei nominati: per esempio c’è Alberto Zangrillo, il medico personale di Silvio Berlusconi, leader del partito cui appartiene la Lorenzin, il Pdl.
Professore al San Raffaele che fu di don Verzè, sempre a fianco del Cavaliere, prodigo di dichiarazioni pubbliche quando c’era da spiegare perchè l’ex premier imputato non poteva presentarsi in aula ai processi causa “uveite” (la malattia che imponeva a Berlusconi anche gli occhialoni neri stile Blues Brothers).
Zangrillo però non è un oculista e quando i guai sanitari di Berlusconi riguardavano gli occhi, il Cavaliere coinvogeva tra gli altri pure il professor Mario Stirpe, anche lui nominato dalla Lorenzin nel Consiglio superiore di sanità .
Subito prima delle elezioni 2013, quando Berlusconi disertò il comizio conclusivo a Napoli, una nota di palazzo Grazioli precisò che si trattava di un problema oculistico e non della paura di trovare la piazza vuota: e la diagnosi di Zangrillo, si leggeva nel comunicato, era confermata anche “dal professor Mario Stirpe di Roma”.
Ovviamente non sono questi gli unici meriti di Stirpe, che ha una carriera lunga e prestigiosa, oltre che rapporti di reciproca stima con tanti politici (come l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno).
Il Consiglio superiore di sanità è l’organismo che consiglia il ministro, che si pronuncia sulle materie più sensibili, per esempio di recente ha dovuto stabilire se le sigarette elettroniche erano dannose per la salute.
I membri di un consesso così influente dovrebbero essere al di sopra di ogni sospetto e con la massima autorevolezza possibile, l’identikit di persone come Silvio Garattini, il direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano.
Ma la Lorenzin, concentrata sui curricula accademici, non ha dato peso ad altri dettagli.
Per esempio che il neonominato Adelfio Elio Cardinale, già sottosegretario del governo Monti, è anche il marito di Annamaria Palma, già capo di gabinetto di Renato Schifani, quando era presidente del Senato.
Ma soprattutto Cardinale è imputato a Bari per un’inchiesta su concorsi truccati in diverse università italiane.
Lui smentisce ogni coinvolgimento e il suo avvocato ha spiegato che l’imputazione è frutto di un pasticcio giuridico (all’indagato non sarebbe stata notificata la convocazione del-l’udienza preliminare).
Il ministro Lorenzin deve essere dello stesso parere dell’avvocato, e quindi ha nominato Cardinale senza problemi.
Le parentele, come quella di Cardinale con l’ex capo di gabinetto di Schifani, sono sempre difficili da contestare, chi fosse in cerca di indizi di familismo potrebbe notare che nel Consiglio superiore di Sanità c’è anche Roberto Bernabei, geriatra di fama che è anche figlio di Ettore Bernabei, l’inventore della Rai moderna, da tempo vicino all’Opus Dei.
Ma se c’è il curriculum, la parentela non può essere un ostacolo. A meno che non implichi questioni di opportunità : è il caso di Giovanni Simonetti, direttore della cattedra di Radiologia all’università di Tor Vergata ma anche marito di Micaela Ciarrapico.
Cioè la figlia di Giuseppe Ciarrapico, imprenditore andreottiano dalle mille vite che oggi, a quasi 80 anni, è uno dei protagonisti della sanità privata del Lazio.
A Roma il suo gruppo Eurosanità controlla quattro tra le strutture più importanti: la clinica Quisisana, Villa Stuart, il Policlinico Casilino e Sant’Elisabetta.
Niente da dire sul professor Francesco Bove della Sapienza di Roma, ma qualcuno alla sua nomina ha ricordato i cori con cui lo salutavano i simpatizzanti quando si era candidato con Forza Italia nel 1994: “Bove, Bove, è quello che ci vuole! Bove, Bove, è quello che ci vuole!”.
Il nome meno scontato nel nuovo Consiglio superiore di sanità sembra essere quello di Roberto Iadicicco, di mestiere giornalista, direttore dell’agenzia di stampa Agi, che a lungo ha scritto di temi sanitari.
La Lorenzin deve aver giudicato requisiti sufficienti la sua laurea in Medicina e un trascorso come portavoce del-l’ex ministro della Sanità , Girolamo Sirchia.
Stefano Feltri
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Settembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
PER “NON LASCIARE INDIETRO NESSUNO” (DI QUELLI CHE PAGANO), PER “L’ACCESSO ALLA CONOSCENZA” (METTENDO MANO AL PORTAFOGLIO), ECCO I “NEMICI” DELLA TV FIUTARE L’AFFARE: DECODER A 60 EURO, ULTIMA TROVATA DI GRILLO DI E CASALEGGIO CHE SARANNO TITOLARI DEI DIRITTI
Grillo e Casaleggio, finora nemici giurati della televisione vecchio stampo, sono pronti a entrare nel magico mondo del tubo catodico.
Le web tv del MoVimento, infatti, è pronta per il grande salto: diventare una televisione vera e propria.
Il nome resterà lo stesso — “la Cosa” – ma nelle prossime settimane verrà commercializzato un decorder che permetterà , al modico prezzo di 60 euro, di seguire tutti i principali eventi politici e gli approfondimenti dei Cinque Stelle attraverso un canale digitale dedicato.
I diritti di immagine — scrive oggi l’Unità — saranno riservati esclusivamente all’impresa Grillo, Casaleggio & Co.
È la stessa web tv a spiegare la sua imminente trasformazione: “L’abbiamo pensata per far arrivare a tante persone che non vanno su internet i nostri contenuti”. Come per ogni tv commerciale serve un palinsesto…
Eccolo. Si va dalle dirette streaming delle riunioni dei gruppi parlamentari, a quelle degli interventi in aula dei deputati 5 stelle (lo potremmo definire Parlamento Reality, peccato che lo stipendio dei partecipanti lo paghiamo noi), alle puntate settimanali di approfondimento, agli interventi di Grillo, sino agli show di massa, appunto i VDay e, newentry in co-produzione con FattoTv, “le notti della Costituzione”, happening di artisti e nomi noti dello spettacolo.
Il decoder — spiegano dalla Casaleggio Associati — potrà essere acquistato solo individualmente direttamente dai siti che vendono la Raspberry, come un normale acquisto online.
Per l’acquisto si pensa al sito modmypi.com. Quasi tutto deciso, dunque.
Ora si tratta solo di capire come i sostenitori e i simpatizzanti del MoVimento prenderanno questo nuovo cambio di rotta della coppia guru-leader.
Quando il popolo del nuovo guru si sveglierà sarà sempre troppo tardi.
(da “Huffington Post”)
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Settembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
UNA PERCENTUALE DOPPIA RISPETTO A REGNO UNITO, FRANCIA E GERMANIA
Un italiano su dieci in condizione di “gravi privazioni materiali”.
E’ quanto afferma un rapporto della Commissione europea, secondo cui l’11% della popolazione non ha accesso a beni di prima necessità , tra cui il riscaldamento e la carne.
Questa percentuale, relativa al 2011, è pari al doppio rispetto alle altre grandi nazioni dell’Unione come Regno Unito, Francia e Germania.
Nonostante le rassicurazioni del governo sui miglioramenti della nostra economia, appaiono quindi critiche le condizioni di vita di una fetta considerevole della popolazione.
Il commissario alla sanità Tonio Borg ha pubblicato una relazione dedicata alle disuguaglianze in materia di salute tra gli Stati membri che evidenzia come i fattori socioeconomici contribuiscono a determinare le disuguaglianze: vanno dal livello del reddito al tasso di disoccupazione al livello di istruzione di una popolazione, a cui si aggiungono fattori di rischio come il tabagismo e l’obesità .
Sul fronte sanitario, nonostante le difficoltà economiche, l’Italia esce a testa alta dalla relazione di Bruxelles. I dati parlano da soli. L’Italia in 10 anni è riuscita a ridurre ulteriormente — rispetto a Francia, Germania e Regno Unito — la mortalità infantile, portandola da una media nel 2001 di 4,4 decessi per mille nati vivi, a 3,2 nel 2011.
Calo che pure si registra a livello europeo dove nello stesso periodo si è passati in media da 5,7 a 3,9 decessi.
Incoraggiante è anche la situazione in Europa che, secondo le conclusioni di Bruxelles, continua a fare passi avanti nella lotta alle disuguaglianze in materia di salute.
Infatti, oltre alla diminuzione della mortalità infantile si riduce tra gli Stati membri anche la differenza sulla speranza di vita dei loro cittadini.
Differenza che purtroppo resta ancora elevata. Un solo esempio: nel 2011 la Lituania ha registrato un tasso di mortalità maschile sotto i 65 anni tre volte più elevato di quello dell’Italia, che si pone al secondo posto nell’Ue dopo la Svezia per minor numero di decessi. Borg non ha dubbi: “colmare le disuguaglianze sanitarie in Europa deve rimanere una priorità a tutti i livelli”.
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