L’INTERVISTA CHE DIMOSTRA LA MALAFEDE DI ALFANO: “LA NORMA SEVERINO RIGUARDA I CONDANNATI PASSATI IN GIUDICATO. BERLUSCONI SARA’ ASSOLTO”
ERA IL 6 DICEMBRE 2012, PER ALFANO LA NORMA NON ERA PENALE E AVEVA QUINDI VALORE RETROATTIVO
“L’incandidabilità riguarda i condannati passati in giudicato e Berlusconi siamo certi che sarà assolto”.
E’ la che prova della malafede di Angelino Alfano e del Pdl, oggi impegnati in una furiosa battaglia per sostenere che la legge non vale nei confronti di chi ha commesso reati prima della sua entrata in vigore.
Una strategia tesa a mandare il caso Berlusconi, del quale si vuole evitare la decadenza da senatore, davanti alla Corte costituzionale o a quella dei diritti dell’uomo.
E’ il 6 dicembre 2012, dopo una riunione fiume durata quasi sei ore, il Consiglio dei ministri del governo Monti dà il via libera al decreto legislativo per le liste pulite che introduce il divieto di ricoprire “cariche elettive e di governo” legato a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.
Un decreto che si applica anche per le cariche di governo.
Parlando con i giornalisti in un video realizzato dall’agenzia Vista e postato su Youtube, il segretario del Pdl Angelino Alfano rivendica a sè e a Silvio Berlusconi la paternità del decreto.
E di fronte ai giornalisti che gli fanno notare come Berlusconi corra il rischio di subirne gli effetti, Alfano spiega che non ci saranno problemi perchè il Cavaliere “ha la certezza di essere assolto”.
Alfano dice testualmente: “L’approvazione del provvedimento sulla incandidabilità nasce dall’attuazione di una legge il cui primo firmatario è il sottoscritto. Questa legge prevedeva una delega che oggi è stata attuata. Non abbiamo alcuna difficoltà a riconoscere il decreto incandidabilità e — continua Alfano — non vi è alcun nesso con il nostro presidente che è colui il quale ha voluto questo ddl e che ha la certezza di essere assolto perchè non ha nulla a vedere con i processi che lo interessano”. Insomma la volontà del legislatore, anche di centrodestra, era chiara: tenere fuori i condannati dal Parlamento.
In base a una norma che non è penale, ma stabilisce solo un requisito.
E che quindi ha valore retroattivo.
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