Settembre 11th, 2013 Riccardo Fucile
BERLUSCONI VUOLE L’IMPUNITA’ ASSOLUTA, TEME DI ESSERE ARRESTATO PER LA CORRUZIONE DEI PARLAMENTARI DELLA PROCURA DI NAPOLI
“Io non mi dimetto. Mi dimetto solo se Napolitano mi concede uno scudo su tutto, anche sulle inchieste in corso. Se mi dà assicurazioni su Napoli. Altrimenti non se ne parla di passo indietro ora che mi puntano la pistola alla tempia”.
È quando dalla Giunta arrivano le notizie che l’accordo sul calendario è saltato che, al tempo stesso, saltano anche i nervi di Silvio Berlusconi.
Perchè la strategia dilatoria del Pdl non ha funzionato. E ora c’è una data certa. Vissuta come una ghigliottina. Un voto che non si può rinviare.
Martedì si saprà , e l’esito è scontato, se la relazione di Augello sarà bocciata dalla Giunta.
Di fatto, è un voto sulla decadenza di Berlusconi. E’ la dimostrazione che il Pd sta accelerando per “cacciare dal Parlamento” il leader di “dieci milioni di italiani”.
Che il “partito di Napolitano” ha perso contro i duri. E che è partita la macchina per farlo a pezzi.
E’ apparso come un segnale sinistro l’emendamento di Sel alla Camera per impedire ai “condannati di finanziare i partiti”.
Ecco perchè l’ex premier chiede ad Alfano, la colomba, di spiegare bene, nel corso della sua intervista a Sallusti a Controcorrente, che di passi indietro non se ne parla: “Non si dimetterà e si farà sentire”.
Anzi, Alfano aggiunge: “Non ce n’è ragione e non glielo chiederemo come partito, ha diritto di difendersi”.
Nessun passo indietro. È questa l’unica certezza, nell’ambito di una strategia che, semplicemente non c’è. La condizione è sempre la stessa.
È inconcepibile, nell’ottica del Cavaliere, il ritiro dalla politica senza contropartite adeguate e senza un “salvacondotto” chiaro nei desideri ma di cui non si ravvisano gli estremi giuridici.
Soprattutto ora che le antenne del Cavaliere hanno intercettato movimenti sinistri dentro certe procure.
L’incubo si chiama Napoli. E l’inchiesta sulla compravendita. Ghedini ormai lo ripete una volta al giorno: “Lì la richiesta di arresto è già scritta”.
Scatterebbe il minuto dopo la “cacciata” dal Parlamento. Ma non è l’unica paura.
Pare che anche Lavitola e Tarantini giorno dopo giorno diventino più loquaci e meno affidabili.
Non è un dettaglio, la paura. Perchè, nel cangiante umore del Cavaliere, che uno come Vittorio Feltri ha descritto come bollito in una perfida intervista al Fatto Quotidiano, la paura dell’arresto è uno dei pochi punti fermi.
Ecco perchè tocca proprio ad Alfano affermare, nell’intervista a Sallusti nella kermesse Controcorrente, che si resisterà a oltranza: “il nostro partito è un monolite compatto attorno al suo leader”. Qualunque decisione prenda.
E’ il ritorno della linea dura. Che le colombe continueranno a frenare, di qui a martedì, nella consapevolezza che “se non si rompe martedì non si rompe più e si va avanti con questo governo”.
E’ la linea su cui Schifani sta facendo un grande lavoro per convincere quelli del Pd a non accelerare perchè così salta tutto e invece, se si scavalla martedì, a quel punto il governo è salvo.
È la partita feroce che, in questi giorni, si sta consumando attorno al capezzale del Cavaliere quasi interdetto.
È un congresso tra due disegni.
Con le colombe che suggeriscono un passo indietro, l’operazione statista, pensano che Napolitano possa aiutare Berlusconi e gli spiegano che altrimenti gli massacrano le aziende.
E così si apre la strada un Ppe italiano senza Berlusconi, all’ombra della grande stabilizzazione del governo Letta.
I falchi, quelli del “non ti fidare di Napolitano”, che suggeriscono la prova di forza, il ritorno all’opposizione, la rinascita di una Forza Italia di lotta all’insegna della lotta alla persecuzione del Capo.
Ora c’è una data certa: “Se è così torniamo all’opposizione” ha ripetuto Berlusconi ai suoi.
Certo che tutti i filistei seguiranno Sansone.
Almeno per ora.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 11th, 2013 Riccardo Fucile
PREVEDE SANZIONI DISCIPLINARI PER LE TOGHE “COLPEVOLI” DI COMPORTAMENTI E DICHIARAZIONI NON IMPARZIALI: E CHI DECIDE QUALI SAREBBERO? GLI AMICI DEL PREGIUDICATO?
Primo sì della commissione Giustizia del Senato al ddl Palma che prevede nuove “disposizioni in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati e di trasferimenti d’ufficio”.
Una proposta che già al momento della presentazione aveva provocato molte proteste.
E contro cui si schierano M5S e Pd.
Oltre alla reazione immediata dell’Anm che parla, per voce del suo presidente Sabelli, di “grave limitazione della libertà di espressione dei magistrati” e rischio di “condizionamento” delle toghe per la “genericità ” delle sue previsioni.
Il disegno di legge proposto dall’ex ministro configura un possibile procedimento disciplinare per i magistrati che con dichiarazioni o comportamenti fanno trasparire “mancanza di imparzialità e d’indipendenza di giudizio”.
Illecito viene considerato – all’art. 1 – “ogni altro comportamento idoneo a compromettere gravemente l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza, nel contesto sociale o nell’ufficio giudiziario in cui il magistrato esercita le proprie funzioni”.
Inoltre, tutti i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della legge “sono rimessi al Ministro della Giustizia e al Procuratore generale della Cassazione per le proprie determinazioni in ordine all’eventuale esercizio dell’azione disciplinare e restano, conseguentemente, sospesi per sei mesi”.
Si prevede anche che il magistrato possa essere trasferito d’ufficio nel caso in cui, “per qualsiasi situazione non riconducibile ad un comportamento volontario del magistrato”, non possa, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni “con piena indipendenza e imparzialità “.
Pd e M5S battuti.
A votare sì al ddl sono stati Pdl, Lega, Gal, Scelta Civica-Udc. Contrari invece M5S e Pd. Nove a nove il risultato finale, ma il pareggio, come da regolamento, non è bastato per far passare l’emendamento abrogativo.
Hanno pesato alcune assenze.
Il ddl, infatti, è stato approvato, mentre era in corso l’Ufficio di presidenza della giunta delle elezioni dell’immunità del Senato di cui fanno parte anche alcuni esponenti della Commissione Giustizia del Pd, tra cui lo stesso Felice Casson, relatore del provvedimento.
“Una nuova legge vergogna – commenta il grillino Enrico Cappelletti – contro la magistratura passa in Commissione Giustizia al Senato con il voto di Pdl-Lega-Gal-Scelta Civica. Ma in aula sarà battaglia totale e la affosseremo”.
Critico anche Danilo Leva, responsabile giustizia del Pd. “Il disegno di legge lede la libertà di espressione dei magistrati, dal momento che la formulazione del testo è troppo generica nell’indicare i comportamenti punibili”.
Oltre al problema della discrezionalità , Leva sottolinea come: “Sul piano politico, il tempismo e i comportamenti resi punibili dalla norma, rendono forte il sospetto che si tratti di una vera e propria rappresaglia nei confronti della magistratura per aver fatto il suo dovere”.
In molti hanno già ribattezzato la norma “anti-Esposito”: se fosse stata in vigore il giudice del processo Mediaset sarebbe stato oggetto di un procedimento disciplinare per la sua intervista al Mattino.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 11th, 2013 Riccardo Fucile
LA DELEGATA DELLA REGIONE CALABRIA ALL’INFANZIA LITIGA CON LA PREFETTURA: “MI CHIAMI ONOREVOLE”…E BLOCCA LA VISITA AI BAMBINI DA TUTELARE
Lei non sa chi sono io.
«Offesa» per la mancata attribuzione del titolo di «onorevole», Marilina Intrieri, ex deputato dell’Ulivo (nella breve legislatura 2006-2008) e attuale Garante per l’infanzia della Regione Calabria, ha rispedito al mittente i documenti che il funzionario della Prefettura di Crotone le aveva inviato per autorizzarla a visitare il Cara, Centro accoglienza e richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto.
Si è presa la briga di mettere nero su bianco il suo disappunto.
Quando ha visto che il pass mandato dall’ufficio governativo si limitava a definirla «dottoressa», quasi fosse un insulto, ha protestato con una pesante lettera per l’«inconveniente».
E ha bloccato (non si sa per quanto tempo) la procedura che avrebbe dovuto portarla a ispezionare la struttura che ospita bambini immigrati, cioè a svolgere uno dei compiti per i quali è stata nominata dal presidente del consiglio regionale «Garante»
Nella comunicazione ufficiale, vergata su carta intestata del Garante per l’infanzia e datata 7 settembre, Intrieri spiega al funzionario della Prefettura di Crotone di restituire le lettere «che mi ha inviato perchè voglia cortesemente integrarle col pertinente titolo istituzionale. Ho constatato, infatti, dalla lettura delle note a sua firma che mi viene attribuito il titolo accademico (verosimilmente “dottoressa”, ndr ) e non anche quello di onorevole che mi compete nella mia qualità di deputato della XV legislatura».
«Mi sorprende – conclude il Garante calabrese per l’infanzia – che l’inesattezza rilevata provenga dal massimo ufficio dello Stato sul territorio. Attendo quindi le note corrette».
Insomma, senza la parola «onorevole» non si va da nessuna parte.
Intrieri, nominata Garante in «quota» centrodestra nel dicembre 2010 dal presidente del consiglio regionale calabrese Franco Talarico, non è pentita per quanto ha scritto: «Confermo tutto e aggiungo pure che un’articolazione dello Stato deve rispettare quanto impone il protocollo. Il titolo “onorevole” rimane anche quando non si riveste più l’incarico di parlamentare».
L’unico rammarico per l’ex rappresentante del Pd transitata a ridosso delle elezioni regionali del 2010 nell’Udeur di Clemente Mastella (di cui è stata presidente nazionale), riguarda la diffusione della sua lettera che «doveva restare riservata».
«Per questo motivo – annuncia Intrieri – chiederò che venga aperta un’indagine interna per capire chi ha divulgato queste notizie».
Quello di Intrieri non è un caso isolato.
Nell’ottobre dello scorso anno un episodio simile aveva creato non poco clamore. Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, si rivolse al prefetto di Caserta, Carmela Pagano, chiamandola «signora» e non «signora prefetto».
A quel punto l’allora prefetto di Napoli, Andrea De Martino, perse le staffe pretendendo dal sacerdote «il giusto rispetto» per la rappresentante del governo.
Il video dell’accaduto fece il giro del web scatenando una pioggia di attestati di solidarietà nei confronti del prete
Chi avrà ragione? Il Garante o la Prefettura?
Proprio in questi giorni, un rappresentante dell’assemblea regionale che ha nominato Intrieri, Mimmo Talarico (eletto con l’Idv), ha consegnato alle stampe il libro «Onorevole sarà lei», per raccontare come in Calabria ancora imperi un «retaggio spagnolesco» nell’attribuzione di titoli in realtà non riconosciuti.
Antonio Ricchio
(da “il Corriere della Sera“)
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Settembre 11th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX SENATORE CONFERMA: “ABBIAMO IMPEDITO LA ROGATORIA AD HONG KONG”
Arriva in procura l’ex senatore Sergio De Gregorio, quello che aveva denunciato di essere stato «comprato» da Silvio Berlusconi, che è già stato condannato a Napoli dopo il patteggiamento. E porta ai sostituti procuratori milanesi una novità : ha collaborato con l’ex presidente del Consiglio per far arenare, così assicura ieri un De Gregorio tranquillo e preciso, una rogatoria internazionale che loro, i pubblici ministeri milanesi, avevano rivolto ad Hong Kong.
Era una rogatoria che puntava alle società — fasulle, e questo non è un aggettivo, ma un dato di fatto — usate da Faruk Agrama, detto Frank, per «schermare» un fiume di denaro(nero, estero su estero, frodando il fisco italiano) e farlo finire nelle tasche, in Svizzera, del beneficiario finale, Silvio Berlusconi.
Per il momento, nessuna iscrizione nel registro degli indagati.
Ma è evidente che l’inchiesta è partita e che Berlusconi può finire di nuovo tra gli indagati dei pubblici ministeri Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro.
LA FRODE FISCALE
Siamo tornati, insomma, di fronte alla stessa questione che è costata a Berlusconi, lo scorso primo agosto, la prima condanna definitiva della sua vita da imputato in fuga da processi e interrogatori.
Vediamo i fatti.
Mediatrade è una società della galassia berlusconiana e la Wiltshire Tradingè una società di Agrama, che gira a vari conti svizzeri i fondi neri che accumula, e lo fa sino al 2002, grazie ai contratti sui diritti tv.
Se Silvio Berlusconi due anni fa venne prosciolto dal gup Maria Vicidomini (conferma in Cassazione), il processo Mediatrade non si è fermato per gli altri imputati, tra i quali c’è, appunto, Agrama.
Ed è dunque nell’aula di un processo che procede tra polemiche che saranno depositate, tra una settimana circa, le nuove testimonianze di De Gregorio (sentito come indagato in procedimento connesso).
LA POSSIBILE PRESCRIZIONE
Quei suoi verbali, sottoscritti a Napoli, sono stati inviati a Milano: e qui, ieri, per quattro ore, nesono stati sviscerati i numerosi dettagli, in cerca di possibili riscontri.
Quello che De Gregorio conferma è, in estrema sintesi, questo: nel 2007 la rogatoria milanese venne soffocata ad arte e anche lui se ne occupò.
La manovra aveva lo scopo di far rimandare grazie alle autorità di Hong Kong (dominio cinese) -sine dieladecisione sulle carte che, conosciute in Italia, avrebbero danneggiato Berlusconi. Infatti, dopo quattro anni, nessuna risposta arrivò a Milano.
Se queste circostanze risalgono a sei anni fa e le prescrizioni — ragionano in procura — sono dunque alle porte, non vanno sottovalutate: anzi, l’impianto accusatorio che riguarda Agrama e i faccendieri dei diritti cine e tv, ne uscirebbe rafforzato.
LA LETTERA DI AGRAMA
Chi è in fondo Agrama, che Berlusconi quasi fingeva di non conoscere, ma per il quale avrebbe fatto pressioni a Hong Kong? Un imprenditore privato?
«Egregi signori, dal 1976, anno in cui ebbe inizio la collaborazione con le vostre società , di adoperiamo in qualità di vostri rappresentanti facilitandovi nell’acquisto di film per tutte le vostre emittenti (…) Abbiamo sempre collaborato con il dottor Silvio direttamente e anche con il compianto signor Carlo Bernasconi».
Questa lettera, datata 29 ottobre 2003, è firmata dallo stesso Agrama.
La procura l’ha recuperata in una perquisizione. E sembra un asso nella manica, perchè il clou del discorso è che — come si legge -con «Silvio direttamente» Agrama parlava, eccome.
LE INCHIESTE AVANZANO
Varie leggi ad personam, i lodi Schifani-Alfano, il legittimo impedimento sono stati per Berlusconi un formidabile scudo contro le possibili sentenze in arrivo già dagli anni ’90 (ilprocesso Mills è stato esemplare per i ritardi salva-premier).
Ma adesso, che la prima condanna è arrivata sta dettando il calendario politico, gli scudi giudiziari di Berlusconi si sono disintegrati e le varie inchieste, che letteralmente lo circondano, nascono le une dalle altre.
Non c’è infatti solo l’ex senatore De Gregorio, che cambiò casacca a pagamento e ora spiffera della rogatoria bloccata.
I processi Ruby e Ruby-bis in primo grado hanno portato, si sa, alla condanna dell’ex presidente del consiglio a sette anni, e dei suoi «aiutanti» Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti a cinque anni: ci sarà l’appello, certo, ma dalle due sentenze sta germogliando il Ruby-ter, che riguarda — ancora una volta — come Berlusconi potrebbe aver pilotato una quarantina di false testimonianze.
Fatti simili si profilano dall’inchiesta barese sulle escort. E la perdita dello scudo ha una conseguenza precisa: se oggi Berlusconi esce dal parlamento, e non ha più l’immunità , può, come ogni cittadino, essere arrestato.
Perchè truccare i processi è un reato grave.
Piero Colaprico
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 11th, 2013 Riccardo Fucile
VERONA OSPITERA’ UN CONVEGNO CONTRO LA PARIFICAZIONE DEI DIRITTI, CON STUDIOSI SECONDO I QUALI L’OMOSESSUALITA’ E’ UNA PATOLOGIA DA CURARE
Verona capitale dell’omofobia?
Il sindaco Flavio Tosi, figura emergente della Lega e del centrodestra nazionale, sembra proprio intenzionato ad avanzare questa particolarissima “candidatura”.
Il primo cittadino ha infatti deciso di sostenere ufficialmente un convegno organizzato da due associazioni di integralisti cattolici, dal titolo “La teoria del gender: per l’uomo o contro l’uomo?”, che il 21 settembre porterà nel capoluogo veneto i campioni della lotta contro la parificazione dei diritti.
Tosi ha dato il patrocinio all’iniziativa, così come il presidente della Provincia Giovanni Miozzi: i due politici apriranno i lavori, insieme al vescovo di Verona, Giuseppe Zenti. Ancora: il Comune ha messo a disposizione per l’evento la sala convegni e il loggiato della Gran Guardia.
Siamo al lancio, insomma, di una vera e propria piattaforma culturale e politica, che si oppone agli ormai sempre più diffusi “queer studies” e “gender theories”, ovvero gli studi sulla differenza e complessità dei generi, di cui tra l’altro l’Università di Verona rappresenta uno dei poli di eccellenza.
I teorici della kermesse omofobica, come i relatori invitati a parlare, sono noti per sparate e invettive anti-gay.
Gli organizzatori sono l’associazione “Famiglia domani”, che si dichiara per la “promozione dei valori familiari naturali e cristiani minacciati dalla degradazione culturale e morale del nostro tempo”, e il Medv, Movimento europeo difesa della vita, impegnato nella difesa della famiglia “intesa come stabile e cosciente relazione di vita, spirituale e materiale, tra un uomo e una donna”: i due gruppi, tra l’altro, sono promotori della Marcia nazionale per la vita, nemica giurata della legge 194 sull’aborto.
Ma non basta, perchè scorrendo tra i nomi dei professori che parteciperanno, si vengono a scoprire altre “chicche” sicuramente non di secondo piano: una delle teorie più in voga nel consesso è quella “riparatrice”, ovvero la concezione secondo cui l’omosessualità è una patologia da cui si può guarire.
Tra le relatrici c’è ad esempio Chiara Atzori, infettivologa dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano: chiamata a intervenire in una trasmissione di Radio Maria, l’esperta ha spiegato a una ascoltatrice che in effetti “la normalizzazione dell’omosessualità , nei paesi in cui è avvenuta (si intende la parificazione sostanziale con le famiglie eterosessuali, ndr), ha portato risultati sanitari devastanti: si evince sia dagli studi epidemiologici degli Stati Uniti, e direi ancora di più dai dati inglesi, in cui la prevalenza delle infezioni nella popolazione omosessuale sono estremamente elevate ma soprattutto dove, purtroppo, anche la propagazione di una normalizzazione dell’omosessualità non fa altro che incrementare i comportamenti cosiddetti esplorativi”.
La teoria è insomma questa: riconoscere i diritti favorisce la promiscuità e i comportamenti “esplorativi” di chi magari, in una società senza parificazione, neanche ci penserebbe a sondare le proprie pulsioni omosessuali, contribuendo così a diffondere le malattie infettive.
Diversi altri relatori vengono dall’Università europea di Roma, istituto fondato nel 2005 dalla Congregazione dei legionari di Cristo.
Due di loro sono editorialisti di spicco di “Radio Maria”.
C’è Roberto De Mattei, docente di Storia della Chiesa e già vicepresidente del Cnr, noto per le sue posizioni antievoluzioniste, per la sua critica al relativismo e alle linee di pensiero affermatesi nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II.
Famosa sul web la sua interpretazione delle catastrofi naturali come “castigo divino”: in occasione del terremoto del 2011 in Giappone ha dichiarato che le catastrofi naturali possono essere, e talora sono, esigenza della giustizia di Dio.
C’è poi Mario Palmaro, docente di Filosofia del Diritto, collaboratore tra l’altro de ‘Il Foglio’ e ‘Il Giornale’, presidente del Comitato Verità e Vita, membro dell’Associazione Giuristi per la Vita, che in un articolo ha dichiarato: “L’omosessualità è una condizione patologica. Dalla quale, se si vuole, si può uscire”.
Il titolo dell’intervento di Matteo D’Amico, docente di Filosofia all’Aespi, non lascia dubbi: “Ideologia del gender e omosessualismo: verso un nuovo totalitarismo?”.
Per Dina Nerozzi, docente di Psiconeuroendocrinologia all’Università Tor Vergata di Roma, “l’ideologia di genere è il tentativo di cancellare le leggi della biologia, della genetica, delle scienze naturali: utilizza il potere giudiziario per imporre una precisa agenda politica”.
Al convegno dà risalto anche Patrizia Stella, editorialista di “Io amo l’Italia”, sito di Cristiano Magdi Allam: la militante spiega di non volere che “gay, lesbiche e transessuali vadano nelle scuole a insegnare il libertinaggio sessuale”.
Il tema del “gender/genere” non è soltanto accademico, o limitato a una nicchia di esperti, ma è stato quest’anno al centro di almeno due episodi della politica nazionale: a fine luglio i parlamentari Pdl Carfagna, Gelmini, Lupi e Sacconi hanno chiesto una moratoria sui temi etici proprio perchè una delle proposte di legge contro l’omofobia e la transfobia utilizzava il concetto di genere.
Ancora: all’atto della ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, lo scorso giugno, è passata in Parlamento la clausola di esclusione dell’articolo 3, chiesta da Paola Binetti.
Questo perchè quell’articolo introduce la definizione di “genere”, visto come il fumo negli occhi perchè offusca la rigida divisione binaria dei sessi in maschile e femminile.
Antonio Sciotto
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Settembre 11th, 2013 Riccardo Fucile
LA POLITOLOGA GUALMINI: “L’ELETTORATO E’ VOLATILE, BASTA UN ERRORE E SI PAGA CARO”… “I SONDAGGI CON DUE PARTITI SENZA LEADER SONO INAFFIDABILI”
Il Pd è in una sorta di vicolo cieco.
La legge impone una scelta e i Democratici non possono che prenderne atto, votando la decadenza di Berlusconi”.
Elisabetta Gualmini, presidente dell’Istituto Cattaneo, docente di Scienza Politica all’Università di Bologna, parla da un osservatorio privilegiato.
E spiega: “L’elettorato è molto mobile, volatile. Non esistono più i criteri di fedeltà di una volta, per cui si tende a votare sempre lo stesso partito”.
Uno scenario, dunque, molto poco prevedibile.
“I sondaggi, con due partiti senza leader (Berlusconi è praticamente in esilio, e Renzi non è stato ancora eletto) sono del tutto inaffidabili”.
Professoressa, in una situazione come questa una mossa sbagliata sembra particolarmente grave, potenzialmente letale
Il Pd non può sbagliare. E questa volta sembra averlo capito.
Si va verso un allungamento dei tempi. Non è un errore?
Sì, se i tempi si dilatano troppo, e questo rinvio è solo l’inizio di altre giravolte, si avrebbe subito l’impressione che il Pd sta tergiversando.
I Democratici sentono anche elettoralmente il fiato sul collo dei Cinque Stelle?
Nella Giunta il Movimento sta dicendo che “il re è nudo”. Il Pd non può perdere la faccia di fronte ai grillini. E rispetto alla base a questo punto dovrebbe votare la decadenza di Berlusconi. Di fronte al suo elettorato deve giocare la carta della coerenza.
Che senso ha questo continuo alzare il tiro da parte del Pdl, se poi il 19 ottobre comunque arriva l’interdizione dai pubblici uffici a Berlusconi?
Il Pdl continua a fare minacce sapendo di non poterle mantenere. È un modo per allungare il brodo: non sanno se far saltare il banco, o stare lì senza Berlusconi. Tra l’altro, la questione dell’eccezione di costituzionalità sulla legge Severino non sta in piedi, visto che loro non solo l’hanno votata, ma hanno anche insistito per accelerare.
Il governo quante possibilità ha di resistere?
Premetto che per me la stabilità non può essere un alibi. Sono tre settimane che un giorno sì e un giorno no si dice che il governo deve cadere. È evidente che non viaggia su basi solide, e non è certo in grado in questa situazione di fare le grandi riforme istituzionali. Trovo paradossale anche il fatto che il Pd dica che le vicende giudiziarie di Berlusconi vanno distinte da quelle del governo.
Come si incrocia la situazione del governo con quella del congresso?
Mentre sulla decadenza di Berlusconi il Pd è stranamente compatto, rispetto al congresso le cose sono più complesse. a data ancora non c’è. Nonostante il salto collettivo sul carro del vincitore, Matteo Renzi, assuma fattezze tragicomiche. È abbastanza normale che alcuni vedendo la possibilità di vincere cambino bandiera, ma questi voltafaccia di 360 gradi sono pericolosi per chi li fa e per lo stesso Renzi.
Il congresso alcuni vorrebbero evitarlo
C’è una parte del partito che spera si arrivi alle elezioni, così si saltano le primarie per la segreteria e si arriva direttamente a quelle per la premiership. Questo sarebbe un boomerang, dopo il risultato elettorale che c’è stato.
Qual è lo scenario che lei vede più probabile?
Il voto subito mi sembra un’ipotesi remota. La possibilità più concreta mi pare — se questo esecutivo cade — un altro governo del Presidente, un governo di scopo, non guidato da Enrico Letta. Napolitano per le larghe intese si è speso moltissimo, non permetterebbe maggioranze diverse. Le urne si aprirebbero in primavera
E questo converrebbe al Pd e a Renzi?
Questo sarebbe per loro lo scenario migliore: permetterebbe ai Democratici di fare un congresso vero e a Renzi di stabilizzarsi alla guida del partito. Non fare il congresso sarebbe sbagliatissimo.
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Settembre 11th, 2013 Riccardo Fucile
CI SAREBBERO I NUMERI PER UN ALTRO GOVERNO…. LA PATTUGLIA DI SICILIANI E CAMPANI CON IL SEGGIO A RISCHIO
«Presidente, guarda che i numeri per una nuova maggioranza al Senato ci sono già ». Silvio Berlusconi se l’è sentito ripetere più volte, negli ultimi giorni.
L’ha ascoltata pazientemente a più riprese, la storia del nuovo fronte che potrebbe nascere a Palazzo Madama nel caso in cui lui staccasse la spina.
Soltanto che ieri mattina, dopo un rapido consulto interno al gruppo pidiellino del Senato, il calcolo s’è fatto ancora più preciso.
E l’indicazione inviata ad Arcore ancora più delineata: «Almeno 16 senatori del Pdl e 8 del Movimento Cinquestelle uscirebbero dai rispettivi gruppi per sostenere un governo che allontani definitivamente lo spettro delle elezioni anticipate».
E già da soli, uniti ai 137 senatori (senza contare il presidente Piero Grasso) del blocco Pd-Scelta civica e ai quattro ex grillini che oggi si trovano nel Gruppo misto (Fabiola Antinori, Paola De Pin, Adele Gambaro e Marino Mastrangeli), basterebbero per tirar su una nuova maggioranza.
A cui si aggregherebbero, senza neanche avere il tormento di risultare indispensabili, i quattro nuovi senatori a vita nominati la settimana scorsa dal capo dello Stato
Quando da Arcore hanno chiesto lumi su cui fossero i 16 possibili transfughi del Pdl, la prima risposta arrivata da Roma è stata di quattro parole: «Innanzitutto, la valanga siciliana».
E cioè la pattuglia di cui farebbero parte, condizionale d’obbligo, Salvatore Torrisi, Bruno Mancuso, Marcello Gualdani, Pippo Pagano, Giuseppe Ruvolo e Francesco Scoma.
Tra di loro, è la spiegazione che è stata data anche a Berlusconi, c’è anche chi mesi fa s’è dimesso dall’Assemblea regionale siciliana per tentare la fortuna verso un posto al sole del Senato.
«Ed è stato un colpo di fortuna che non ricapiterà mai più. Visto che», come recitano i messaggi cifrati che da Roma hanno raggiunto Arcore, «nel caso in cui si andasse alle elezioni anticipate e il centrosinistra candidasse Renzi, il sindaco di Firenze, che nell’Isola s’è rafforzato moltissimo, potrebbe avere già in tasca il premio di maggioranza in Sicilia».
Con tanti saluti agli attuali eletti che, in quel caso, rimarrebbero tagliati fuori anche nel caso di ricandidatura.
Il coordinatore del Pdl siciliano Giuseppe Castiglione, che «controlla» molti di questi senatori siciliani, lo lascia intendere senza troppi di giri di parole. «La crisi di governo non ci deve essere. Questo Paese, adesso, non può permetterselo»
Ma non c’è solo la «valanga siciliana».
Anche nel Pdl campano si registra l’insofferenza verso la crisi di governo di senatori che rispondono ai nomi di Antonio Milo, Pietro Langella e Ciro Falanga.
Senza dimenticare le fughe in avanti verso un «Letta bis» già messe a verbale da Domenico Scilipoti. Tutte persone che, in caso di fine anticipata della legislatura, difficilmente si ritroverebbero al Senato dopo il voto.
Come molti degli eletti del centrodestra che hanno trovato riparo nel gruppo «Grandi autonomie e libertà » (Gal), di cui fa parte il cossighiano calabrese (eletto con la Lega) Paolo Naccarato, il primo a parlare apertamente di nuove maggioranze.
Diverso il discorso che riguarda il più celebre degli iscritti al gruppo «Gal». Che si chiama Giulio Tremonti.
Per quanto non veda di buon occhio la fine anticipata della legislatura, l’ex ministro dell’Economia avrebbe spiegato a più di un amico che «non perderò la mia coerenza». Traduzione: non ha votato la fiducia al governo Monti, non l’ha votata al governo Letta e, di conseguenza, non la voterebbe neanche a un eventuale «Letta bis».
Al contrario dei sei senatori Cinquestelle che, stando ai calcoli del Pdl, seguirebbero i «dialoganti» Alberto Orellana e Lorenzo Battista verso una nuova maggioranza.
Già , ma quale maggioranza?
Dentro il Pd escludono che Letta si faccia carico di formare un governo che, per dirla col deputato Gero Grassi, «si poggerebbe su qualche Scilipoti».
Se il margine fosse minimo, i Democratici si limiterebbero a cercare la strada di un governo che si ponga due soli obiettivi: legge di Stabilità e riforma elettorale.
A quel punto, il nome in pole position per guidare un governo-lampo, secondo l’esponente ex ppi, sarebbe quello del presidente del Senato Pietro Grasso.
Sempre che il pallottoliere di Palazzo Madama non spinga Berlusconi a tentare l’ennesima mediazione.
E ad evitare la crisi. Anche ai tempi supplementari.
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera“)
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Settembre 11th, 2013 Riccardo Fucile
PRIMA O DOPO CHE LA CORTE D’APPELLO RICALCOLI L’INTERDIZIONE ?
“Initium sapientiae timor domini”. Sull’altare di Sant’Ivo alla Sapienza, onnipresente nelle cronache di questi giorni non per la cupola di Borromini o per lo splendido cortile di Giacomo della Porta, ma per la concomitanza con i locali della Giunta delle elezioni del Senato, campeggia un’incisione che suona come monito per i commissari che stanno decidendo le sorti di Silvio Berlusconi.
Che oggi sono tornati a dividersi, con Pd e M5s che spingono per arrivare al voto sulla relazione di Andrea Augello già martedì e il Pdl, che aveva proposto uno spostamento di due settimane, su tutte le furie.
Alla fine si voterà tra mercoledì e giovedì. Ma, superata la confusa fase delle schermaglie procedurali, la strada che porta all’allontanamento del Cavaliere dall’emiciclo di Palazzo Madama appare inequivocabilmente segnata.
Gli allibratori di Palazzo hanno concentrato le proprie scommesse su un nuovo tema: sarà il voto politico dell’Aula a decretare la decadenza del leader del Pdl o la decisione della Corte d’appello di Milano, che si riunirà il prossimo 19 ottobre per ricalcolare i termini dell’interdizione dai pubblici uffici che escluderà de iure il Cav dalle aule parlamentari?
Regolamento alla mano, senza ulteriori dilazioni dei tempi la scure della politica dovrebbe precedere, anche se di poco, la mannaia delle toghe.
È previsto per domani alle ore 15.00 l’avvio della discussione della relazione di Andrea Augello.
Il senatore pidiellino ha proposto la convalida di Berlusconi nel suo seggio.
Una richiesta che, prima del voto, dovrà essere dibattuta con dovizia di particolari. Proprio per questo il regolamento prevede tempi d’intervento ampi: 20 minuti per membro, più 60 minuti finali per ogni gruppo. Il calcolo è presto fatto.
Se ognuno dei ventidue componenti e ciascuno degli otto gruppi decidesse di sfruttare appieno il minutaggio a disposizione, se ne avrà per un totale di 920 minuti, poco più di 15 ore.
Le prime cinque verranno esaurite domani, e per il voto serviranno probabilmente altre due sedute, che dovrebbero essere fissate entrambe per la prossima settimana o poco oltre.
Intorno al 20 settembre, la proposta di Augello risulterà comunque bocciata. Un nodo politico di non poco conto, che ha già messo in fibrillazione i falchi del Pdl: “In quel caso si certificherebbe la morte dell’attuale maggioranza e la nascita di un equilibrio alternativo”, hanno tuonato in coro Renato Brunetta e Daniele Capezzone.
Se si aprirà o meno la crisi è presto per dirlo. Di sicuro sarà quello il primo vero voto politico dirimente per le sorti del governo.
I governisti di entrambi gli schieramenti saranno interessati a far slittare di qualche giorno la decisione sulla proposta di Augello.
Più ci si avvicina al 15 ottobre, data della chiusura della finestra elettorale d’autunno, più sarà complicato per il Pdl arrivare in tempo allo scioglimento delle Camere per arrivare ad un voto a novembre, e tutto sarebbe rimandato ai primi mesi dell’anno nuovo.
Dalla bocciatura della relazione di Augello la strada sarebbe segnata, ma le sorprese potrebbero essere dietro l’angolo.
Il presidente, Dario Stefano dovrà nominare uno nuovo relatore, scelto nella maggioranza che avrà votato contro la proposta del senatore pidiellino (dunque, verosimilmente, tra Pd, M5s e Scelta civica).
L’iter ripartirebbe daccapo, ma con tempi più brevi. Soprattutto Democratici e 5 stelle rinuncerebbero a parte dello spazio a loro disposizione: sarebbero sufficienti un paio di sedute per arrivare ad un altro voto, intorno al 25-27 settembre, questa volta avverso al Cavaliere.
La sua elezione risulterebbe tecnicamente “contestata”.
A questo punto Berlusconi avrebbe cinque giorni per presentare ulteriori elementi che dovranno essere valutati in una seduta pubblica, fissata entro dieci giorni dal voto di contestazione.
Tra la fine della prima e l’inizio della seconda settimana di ottobre – quando i tempi per andare al voto saranno ormai sfumati – avrà dunque luogo una riunione a porte aperte nella quale lo stesso Berlusconi (o un suo legale, ad eccezione di Nicolò Ghedini, anch’egli senatore e dunque incompatibile nel ruolo) avrà il diritto di essere ascoltato. Immediatamente dopo la Giunta dovrà riunirsi e trasmettera all’aula (entro venti giorni, ma i tempi, assicurano fonti interne, sarebbero in quel caso brevissimi) la decisione della decadenza del Cavaliere dal suo seggio di Palazzo Madama.
A quel punto Pietro Grasso dovrà fissare la data della seduta dell’Aula in cui, a scrutinio segreto, si sancirà ufficialmente l’allontanamento del Cav dalle aule parlamentari.
E, per anticipare i magistrati di Milano, il presidente del Senato avrà a disposizione all’incirca due settimane, fino al 17 ottobre.
C’è un codicillo, però, che potrebbe far guadagnare ancora qualche giorno sia a Berlusconi che ai teorici del dilatamento dei tempi.
Un codicillo del regolamento della giunta recita infatti: “Nell’ipotesi in cui la decisione della Giunta sia in tutto o in parte non definitiva, si riaprono i termini di cui all’articolo 15”. Si ripartirebbe, in pratica, dalla procedura prevista per la seduta pubblica.
Insomma, altri dieci giorni di tempo, forse proprio quelli ‘utili’ a far slittare il voto dell’Aula a dopo la sentenza meneghina.
Al netto di colpi di scena dell’ultimo momento, ovviamente.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 11th, 2013 Riccardo Fucile
LA RIVELAZIONE DEL “CORRIERE DELLA SERA”: ALTRO CHE REVISIONE DEL PROCESSO, IL DOCUMENTO DE “IL GIORNALE” E’ UNA PATACCA: NON SOLO AGRAMA NON E’ MAI STATO ARCHIVIATO, MA BERNA GLI TIENE ANCORA SOTTO SEQUESTRO 130 MILIONI DI DOLLARI… E TRE MANAGER FININVEST SI SONO SALVATI SOLO GRAZIE ALLA PRESCRIZIONE
Uno spettro si aggira per gli uffici degli avvocati di Silvio Berlusconi: una “sentenza di archiviazione” emessa dalla magistratura svizzera in favore di Frank Agrama, condannato insieme al leader del Pdl nel processo sui diritti tv.
Il documento sarebbe la prova del nove per chiedere la revisione del processo e neutralizzare la pena di quattro anni di reclusione, insieme ai gravi danni collaterali dell’interdizione dai pubblici uffici e della decadenza da senatore.
Ma si tratta, appunto, di uno spettro: “Peccato che una siffatta sentenza svizzera di archiviazione non esista“, scrive Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera.
Esiste invece una semplice relazione del giudice istruttore federale Prisca Fisher, inoltrata ai colleghi pubblici ministeri nel momento in cui in Svizzera la figura del giudice istruttore è stata abolita.
E’ vero, scrive il Corriere, che la relazione “valorizzava molto la teste Silvana Carminati, responsabile acquisti della tv svizzera, convinta che Agrama fosse un reale agente cinematografico” della Paramount.
E’ stata una delle argomentazioni forti della difesta di Berlusconi al processo dei diritti tv, ma i giudici hanno ritenuto credibili, fino al terzo grado di giudizio, documenti e testimonianze che dimostravano anche un rapporto occulto tra Agrama e Berlusconi.
Non basta. Le carte svizzere — di cui ha scritto per primo il settimanale Tempi il 2 settembre – non parlano affatto di una ‘archiviazione’, come scrive invece il Giornale il 9 settembre.
Nel 2011, racconta ancora Ferrarella, i giudici elvetici archiviarono la posizione di tre manager di Mediaset accusati di autoriciclaggio per aver ricevuto soldi da Agrama, ma non quest’ultimo.
E l’archiviazione fu disposta per prescrizione di quasi tutti i reati, mentre per altri si stava già procedendo in Italia, anche con il processo sui diritti tv Mediaset.
Tanto è vero, sottolinea ancora il Corriere, che “dall’ottobre 2005 a oggi” la Svizzera mantiene “sotto sequestro (al netto di 15 milioni restituiti nel tempo) ben 130 milioni di dollari della società di Agrama al centro dei processi italiani a lui e a Berlusconi”. Se davvero i legali del leader Pdl acquisissero questa sentenza (che comunque non riguarda Agrama) per chiedere la revisione del processo, si troverebbero per le mani un documento in cui i giudici tendono “a escludere la liceità delle transazioni economiche degli indagati”.
Con buona pace di Sandro Bondi, secondo il quale ”questo documento getta una luce nuova su un processo viziato fin dal primo momento da una ipotesi mai provata e confutata da tutti i testi del dibattimento”.
E di Renato Schifani che lo ha citato davanti al folto pubblico di Porta a porta a riprova del fatto che Silvio Berlusconi non possa decadere da Senatore a seguito di una sentenza ingiusta.
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