Settembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
OGGI LA RIUNIONE DELLA GIUNTA. CRESCE IL FRONTE DEL RINVIO A OTTOBRE, MA I NUMERI SONO SFAVOREVOLI AL CAVALIERE
Il Colle, Mediaset e le colombe berlusconiane e democratiche possono trattare e promettersi garanzie all’infinito, ma se domani — nella Giunta delle Elezioni del Senato — i commissari del Pd non sentiranno ragione e velocizzeranno al massimo il percorso della decadenza di Silvio Berlusconi, tutto sarà stato inutile.
I numeri in campo sono gli stessi da settimane: il Cavaliere ha nove voti a favore e 14 contro.
Rinvii alla Consulta e a Strasburgo sono improbabili, dunque, ma il nostro ci prova: ieri, come annunciato qualche settimana fa, è stato depositato il ricorso presentato dai legali del Cavaliere alla Corte europea dei diritti dell’uomo: “Berlusconi contro l’Italia”. Vi si sostiene che la legge Severino sulla incandidabilità sia da bocciare perchè applicabile anche retroattivamente e questo comporta anche la violazione del “diritto a libere elezioni” e del “divieto di discriminazione” (“L’espulsione” di Berlusconi dalla politica “avrebbe l’effetto di avvantaggiare i partiti avversari”), come pure del diritto “a un ricorso interno effettivo” (vale a dire che Berlusconi sostiene che in Italia non ha la possibilità di accedere a un tribunale davanti al quale rivendicare i diritti di cui sopra).
“Niente di nuovo, non sono impressionato”, manda a dire il democratico Felice Casson.
D’accordo il presidente Dario Stefà no (Sel): “Da un punto di vista procedurale non cambia nulla. Si tratta di un evento esogeno che non incide sulle procedure della Giunta”.
“Un ricorso corposo e importante che pone elementi di ulteriore approfondimento”, sostiene invece il socialista Enrico Buemi. Anche la revisione del processo o il tentativo di coinvolgere in un ricorso alla Consulta il giudice di esecuzione della pena — l’ultimo magistrato che separa il capo del Pdl dall’applicazione della condanna — sono tentativi di condizionare o congelare il dibattito che comincia domani, 9 settembre, alle 15 in Giunta.
Difficilmente, però, questi stratagemmi avranno effetto: a Palazzo Madama la partita non si gioca sulla decisione finale che — vista pure l’imminente condanna all’interdizione dai pubblici uffici — è scontata, ma sui tempi, sul calendario, sul modo più soft possibile di arrivare alla cacciata di B.
Quel che succederà domani
Quasi niente, in sè. L’unica cosa certa è che domani pomeriggio il relatore del caso Berlusconi, Andrea Augello, senatore del Pdl, riassumerà i termini della questione davanti ai suoi colleghi: pare che anche lui punterà — oltre che sui dubbi costituzionali presentati dalla difesa attraverso sei pareri pro veritate — anche sulla presunta incompatibilità della legge Severino col diritto comunitario.
Invito finale: meglio chiedere a Consulta o Corte Ue lumi sulla decadenza del Cavaliere prima di decidere.
Qui finiscono i fatti sicuri. L’accordo sul calendario in vigore prevede che, chi vuole e si sente pronto, possa prendere la parola già domani per aprire la discussione generale: il regolamento del Senato prevede che in questa fase si possa parlare al massimo per un’ora a gruppo.
Il Pdl chiede che sia così e probabilmente sarà accontentato: la scelta tocca al presidente della Giunta, Dario Stefà no di Sel.
Alla fine di questa prima tornata di interventi, dovrà riunirsi di nuovo l’Ufficio di presidenza per decidere il calendario dei lavori.
Elogio della lentezza
Dentro lo schieramento anti-B. in Giunta ha cominciato a diffondersi l’opinione che sarebbe preferibile concedere qualcosa in termini di tempi per non dare la scusa a Berlusconi di suonare la grancassa del “processo politico” (tanto più che il Colle è della partita).
Tradotto: potrebbe passare la richiesta del Pdl di aggiornare la discussione generale al lunedì successivo, 16 settembre.
Calcolando un’ora di interventi a gruppo, poi, difficilmente si potrà concludere il tutto in una seduta.
Il centrodestra, peraltro, potrebbe chiedere delle audizioni e non è escluso che gli saranno concesse, ma è verosimile che nell’arco di quella settimana o all’inizio di quella successiva si giunga al voto: la relazione Augello sarà bocciata.
Nella nostra simulazione siamo alla settimana che parte lunedì 23 e finisce il 30 settembre.
A quel punto, il presidente Stefà no dovrà nominare un nuovo relatore tra quanti hanno votato “no” e riaprire i termini temporali del processo: la difesa può presentare nuovi documenti e chiedere di essere audita.
La nuova seduta pubblica per discutere il caso, da regolamento, non può essere fissata prima di dieci giorni dall’incarico, il che significa però che può essere fissata anche dopo. E siamo, senza forzare, a metà ottobre: il centro di tutto, quando Berlusconi dovrà cominciare a scontare la sentenza.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
IL COSTITUZIONALISTA CECCANTI: “NON SONO AMMISSIBILI RICORSI SE NON DOPO AVER ESPERITO TUTTI I RIMEDI INTERNI”
Tranne pochissime eccezioni per casi delicatissimi come quelli di tortura, i ricorsi a Strasburgo non sono ammissibili se non dopo aver esperito tutti i rimedi interni e qui la Giunta e l’Aula non hanno ancora deliberato.
Non sembra aver quindi molto senso partire, come fa il ricorso, dal carattere definitivo della sentenza per facilitare l’ammissibilità e poi ricorrere contro il decreto Severino, che non è stato ancora applicato al caso.
Anche per questo il ricorso non esime affatto la Giunta e l’Aula dal rispettare il decreto, in particolare il comma 2 dell’art.3, che impone di procedere “immediatamente” al voto sulla decadenza, ovviamente in modi e tempi doverosamente rispettosi della difesa, ma nel rispetto non rientrerebbe un tale tipo di rinvio.
Per di più la giurisprudenza di Strasburgo in materia di elettorato passivo è chiara, come si capisce anche solo dal caso Paksas contro Lituania, dove il requisito per la candidatura di non essere stato destituito per impeachment fu inserito dopo l’impeachment stesso ma prima delle elezioni: scelta ritenuta in sè legittima, purchè proporzionata con un limite temporale di durata del limite, che non potrebbe essere perpetuo ed infatti il decreto Severino lo limita a sei anni.
Di retroattività non si può parlare, dice Strasburgo, quando la legge che stabilisce i requisiti è precedente alle elezioni.
Esattamente come ha sostenuto il nostro Consiglio di Stato nella sentenza sul caso Molise, il primo successivo al decreto Severino.
Anche alcune note condivisibili del ricorso, che sottolineano come il fatto che a decidere sulla base dell’art. 66 della Costituzione sia solo il Parlamento e non un giudice terzo, non sono comunque risolutive: rinviano alla nostra responsabilità da esercitare in materia di revisione costituzionale, ma la procedura vigente è già stata ritenuta legittima da Strasburgo.
Pertanto la decadenza non si può comunque evitare nè rinviare passando per Strasburgo.
Stefano Ceccanti
costituzionalista
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Settembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
TIMORI TRA I SOSTENITORI DI CUPERLO
È una percentuale, adesso, a turbare i sonni già non propriamente tranquilli di quel che resta della maggioranza del Pd.
L’ha rivelata un sondaggio riservato che è girato sulle scrivanie di alcuni dirigenti del Partito democratico.
Un sondaggio che non lascia spazio ai dubbi, tant’è vero che ha convinto più d’uno a saltare in corsa sul carro di Renzi e ha spinto altri, come D’Alema, per esempio, ad ammettere pubblicamente, davanti a militanti e iscritti, che il sindaco di Firenze vincer�
Quel numero che ha convinto molti e infastidito tutti i bersaniani ha due cifre: 78 per cento.
Sì, è proprio questa la percentuale che il sondaggio dà a Renzi in caso di primarie per il segretario.
È chiaro che si tratta di una rilevazione fatta a bocce ferme, quando ancora Gianni Cuperlo non è entrato nel pieno della sua campagna elettorale.
Al candidato di D’Alema (e ora anche di Bersani e di Marini) mancano ancora degli «endorsement» eccellenti, come quello che gli verrà a tempo debito dall’ex ministro Fabrizio Barca.
Il quale, ancora fino a pochi giorni fa, ha subito il pressing di Rosy Bindi che lo vorrebbe candidato alla leadership
Ma per il momento Barca non si muove.
È convinto che sia da «presuntuosi» aspirare a quel ruolo quando si è iscritti al Pd solo da quattro mesi.
L’ex ministro intervistato l’altro ieri alla Festa di Genova da uno dei volti più noti di La 7, Alessandra Sardoni, è stato prodigo di apprezzamenti nei confronti del documento di Cuperlo.
Del resto, per uno come Barca, che non nasconde le proprie tradizioni («sono un socialcomunista» ha detto) è naturale che l’approdo sia quello e non il porto renziano. Che, peraltro, è molto affollato.
Tanto da suscitare in Beppe Fioroni un interrogativo:«Non è che siamo passati dal collante dell’antiberlusconismo a quello del vincerismo? Non è, cioè, che si va tutti solo con chi vince senza pensare ai programmi e alle politiche?».
Fioroni è uno di quelli che, probabilmente, si schiererà con Renzi, ma, come ha detto a qualche amico vuole farlo «a schiena dritta» e per questo intende prima capire quali siano le intenzioni del sindaco.
Renzi, com’è ovvio, non può non essere soddisfatto dello smottamento della maggioranza del Pd, però teme che ci sia chi voglia condizionarlo e chi punta ad avere un posto di dirigente anche nel dopo-Bersani.
Perciò continua a dire a tutti: «Io non intendo trattare non dico le poltrone, ma nemmeno le seggiole»
Nel frattempo gli avversari del sindaco masticano amaro.
Il terrore è quello di non riuscire a coagulare attorno a Cuperlo un congruo numero di consensi.
Tant’è vero che già il 30 per cento viene considerato una vittoria. «Gianni – spiegava giorni fa Davide Zoggia – non è abbastanza conosciuto e dovremo assolutamente porre rimedio a questo problema».
L’ipotesi, circolata in questo ultimi giorni alla Festa di Genova, che Pippo Civati possa alla fine stipulare un patto con Renzi e non candidarsi più (come Pittella, del resto) è vista come un’ulteriore conferma del fatto che ormai il sindaco di Firenze non ha avversari.
Anche quella sulle regole, del resto, sembra una partita persa.
Infatti è impossibile per i bersaniani ottenere il quorum per cambiare lo statuto. Quindi tutto potrebbe restare tale e quale (proprio come vuole Renzi): la platea elettorale delle primarie, il fatto che segretario e candidato premier coincidano e la norma secondo la quale i segretari regionali vanno eletti insieme al leader nazionale.
I bersaniani, quindi, non hanno la forza per imporre le loro condizioni.
Perciò hanno a disposizione una sola strada, fin quando saranno comunque loro a dirigere il Pd, cioè quella di applicare pedissequamente – e lentamente – lo statuto per la convocazione del Congresso.
Potrebbero così ottenere di far svolgere le assise nazionali a cavallo tra febbraio e marzo.
E di qui a quella data possono accadere molte cose.
La seconda operazione per tentare di bloccare Renzi è quella, già messa in cantiere, di indire un referendum in tutti i circoli del Pd (cioè, tra gli iscritti) in cui si chiede la distinzione tra le figure di segretario e candidato premier.
Ma altre strade a disposizione degli avversari del sindaco non ci sono.
E soprattutto non c’è un altro nome vero da contrapporgli al di là di quello di Cuperlo.
Maria Teresa Meli
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
IL FONDO ISTITUITO DAL GOVERNO RIESCE AD AIUTARE SOLO UNA MINIMA PARTE DI CHI E’ IN DIFFICOLTA’
Più di ventimila famiglie in affanno per il pagamento delle rate del mutuo rischiano di rimanere senza paracadute.
Si è ormai conclusa da tempo l’iniziativa di Abi e Associazioni dei consumatori che aveva dato un po’ di respiro a 100mila famiglie, a cui era stato sospeso per un anno il pagamento del mutuo.
E ora le banche cercano di correre ai ripari di loro iniziativa per evitare che le morosità pesino sui bilanci
Secondo Bankitalia, circa il 25% di questi mutuatari non sarebbe riuscito a riprendere con regolarità il pagamento delle rate in scadenza.
In questi casi, chi possedeva i requisiti poteva richiedere al Fondo di Solidarietà un “allungamento” della sospensione per altri 6 mesi.
La moratoria Abi è stata “sostituita” dal Fondo di Solidarietà per l’acquisto della prima casa che, in circa un mese e mezzo, ha permesso a 2.200 famiglie di sospendere per 18 mesi il pagamento delle rate dei mutui.
Purtroppo, i 10 milioni di euro rimasti potrebbero esaurirsi entro la fine dell’anno.
Con il recentissimo decreto legge, le risorse sono state incrementate di 20 milioni di euro rispettivamente per il 2014 e il 2015.
E’ evidente, quindi, la necessità di un ulteriore e robusta iniezione di risorse finanziarie alle dotazioni del Fondo di Solidarietà .
La moratoria Abi si applicava ai mutui, garantiti da ipoteca sugli immobili residenziali a prescindere dalla tipologia di tasso di interesse contrattuale, erogati a chi possiede un reddito imponibile non superiore a 40.000 euro annui, per un importo non superiore a 150.000 euro. Poteva fruire della moratoria chi aveva perso il posto di lavoro, per insorgenza di condizioni di non autosufficienza, sospensione o riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno 30 giorni.
Al Fondo di Solidarietà può presentare domanda chi possiede un immobile adibito ad abitazione principale, titolare di un mutuo non superiore a 250.000 euro ed in possesso di indicatore ISEE non superiore a 30.000 euro.
Situazioni “coperte” dal Fondo: perdita del posto di lavoro e insorgenza di condizioni di non autosufficienza o di handicap grave.
Durante la moratoria, il Fondo rimborsa alle banche gli interessi corrispondenti al parametro di riferimento del tasso applicato. La domanda deve essere presentata alla banca che provvederà ad inoltrarla a Consap.
Gli istituti di credito sono corsi ai ripari, dedicando al problema “morosità ” iniziative specifiche. Intesa Sanpaolo permette di abbinare al Piano Base l’opzione “sospensione rate” che consente, dopo aver pagato 24 rate mensili, di sospendere il pagamento delle rate
L’abbinamento dell’opzione comporta un costo una tantum di 150 euro.
Unicredit ha lanciato Mutuo Italia Valore che, nelle formule Più e Top, prevede un interessante tris: “taglia rata” che permette di rimandare, tutto o in parte, il pagamento della quota capitale della rata per un massimo di 12 mesi: “Sposta rata” per posticipare la rata fino a 3 volte, anche non consecutive, nel corso della vita del mutuo; “Riduci rata” per diminuire in via definitiva la rata del mutuo tramite l’allungamento del piano di ammortamento fino ad un massimo di 4 anni. Questo tris è cumulabile fino al prolungamento massimo del piano di ammortamento di 5 anni.
Rosa Serrani
(da “la Repubblica”)
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Settembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
ANCORA QUALCHE GIORNO FA DICEVA CHE BERLUSCONI AVEVA DIRITTO DI DIFENDERSI, MA A GENOVA L’EX PRESIDENTE DELLA CAMERA PRECISA I TERMINI GIURIDICI
Qualche giorno fa diceva che Silvio Berlusconi aveva diritto di difendersi.
Oggi, a Genova, Luciano Violante, ex presidente della Camera e da sempre ipergarantista ritiene, in punta di diritto, che il ricorso dei legali di Berlusconi alla Corte di Strasburgo, depositato in Giunta dalla difesa del leader del Pdl, sia infondato per una questione meramente tecnica.
“Secondo me il ricorso è infondato — ha spiegato l’ex magistrato intervenuto sul tema domenica pomeriggio parlando con i giornalisti alla Festa del Pd a Genova – Perchè per essere fondato dovrebbe presupporre che la decadenza sia stata applicata. In questo caso non è stata applicata e quindi non credo sia ammissibile il ricorso”.
Il deputato Pd, già saggio nominato da Napolitano prima del governo Lteta, non si pone neppure il problema della retroattività della legge Severino applicata alla vicenda di Berlusconi.
“Secondo me — ha affermato — non c’è questo problema, è la mia opinione, aspettiamo che decida la Giunta tranquillamente. Io dico lasciamo libera e tranquilla la Giunta di decidere secondo le regole. Sono già state espresse troppe opinioni in questa fase”
In realtà molti giuristi negano la funzione giurisdizionale della Giunta che non avrebbe neanche la possibilità di sollevare, per esempio, un conflitto di attribuzione davanti alla Corte della Costituzionale come invece è potere della Camere.
Mentre l’ex magistrato parlava con i giornalisti un uomo sui 40 anni gli ha versato addosso il contenuto di una bottiglietta d’acqua.
L’individuo, noto per avere disturbato altri personaggi politici, è fuggito inseguito dagli agenti della Digos. Violante ha continuato a parlare con i giornalisti incurante della ‘doccia’ improvvisa.
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Settembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
ERA STATO RAPITO IN SIRIA AD APRILE
Domenico Quirico è stato liberato.
L’inviato de La Stampa, rapito in Siria in aprile, è in volo verso l’Italia.
La sua odissea era iniziata appena passato il confine libanese, il 6 aprile. Quattro giorni più tardi aveva inviato un sms a una collega della Rai. Poi il silenzio.
Rotto il 6 giugno nel primo pomeriggio con una breve telefonata alla moglie Giulietta. La voce lontana diceva di stare bene e di essere stato rapito.
Da quel momento sono passati altri tre mesi, un tempo lunghissimo fatto di segnali ma anche di nuovi lunghi silenzi.
Un tempo di lavoro intenso, costante e prezioso delle nostre autorità , coordinate dall’Unità di crisi della Farnesina che già il 15 aprile era stata allertata dalla Stampa, d’intesa con la famiglia, del prolungato silenzio di Domenico.
In questi 150 giorni senza Domenico tantissimi sono stati i segni di solidarietà : associazioni, giornali, siti, televisioni, il sindacato giornalisti e molte persone hanno manifestato la loro vicinanza esponendo – come sul sito de La Stampa – un nastro giallo che significa semplicemente “ti aspettiamo” .
Il 1° giugno il momento più emozionante: l’appello video delle figlie Metella ed Eleonora fa il giro di tv e web del mondo arabo.
Oggi, infine, la notizia più attesa: l’incubo è finalmente finito.
Domenico Quirico torna a casa.
Bentornato.
(da “La Stampa“)
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Settembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
DA “AMICI” ALLE MARMOTTE, FILA AL COLLE DEI QUESTUANTI
Non so esattamente con quale mazzo giochi a poker Silvio Berlusconi, ma una cosa è certa: ha una collezione completa di “ultime carte” da buttare sui tavoli del Quirinale. Già si parlò di un’ultima carta Letta (zio), poi venne l’ultima carta Angelino Alfano. Poi si giocò — ma da lontano — un’ultima carta Luciano Violante.
Poi, ecco l’ultima carta, Fedele Confalonieri, in visita rispettosa e implorante.
Ora si mormora che tra palazzo Grazioli e il Colle sia stato istituito un servizio di bus-navetta per “ultime carte” incaricate di andare a pietire improbabili soluzioni politiche a una cosa che politica non è: una sentenza della Cassazione.
Dicono che il Presidente Napolitano stia addestrando delle controfigure per ricevere i pellegrini in cerca di indulgenze, dovranno solo somigliargli un po’, allargare le braccia e scuotere il capo.
Alcuni questuanti faranno la scalinata in ginocchio, altri si flagelleranno con piccole ma dolorose fruste fino al sanguinamento.
Cesare Cadeo giungerà al Colle con un set di pentole antiaderenti per illustrare al Presidente come sia ingiusto condannare chi ha fatto tanto per le massaie italiane.
In cambio di un gesto di clemenza potrebbe lasciare al Quirinale anche due materassi con federe e copripiumone, più un forno microonde in omaggio.
Le star più popolari delle tivù Mediaset potrebbero essere mobilitare già questa mattina.
Frank Agrama e l’avvocato Mills potrebbero presentarsi come vincitori di Amici, mentre il rapper Moreno giungerebbe direttamente dalla festa del Pd, dimostrando così concretamente il valore delle larghe intese.
Dopo aver perso tempo con falchi e colombe, poi, il Cavaliere potrebbe puntare sui paperi: Qui, Quo e Qua sono già pronti e citano a memoria articoli del Manuale delle Giovani Marmotte sulla legge Severino, ben più di quanto sappia fare Quagliariello.
Il centrocampo del Milan, infortunati compresi, potrebbe salire al Colle, aggredendo gli spazi e coprendo le fasce, già nel primo pomeriggio , aggirando la difesa a zona dei corazzieri.
Poi sarà finalmente il momento del giudice di Forum, preceduto da un mesto corteo composto dai direttori delle testate di famiglia, ma senza Sallusti perchè un infarto del Presidente sarebbe in questo momento disastroso.
Una delegazione della FederDandy guidata da Carlo Rossella dovrebbe consegnare cravatte di Hermes con scritto “amnistia” in piccoli caratteri dorati, mentre — una volta individuata la finestra della camera da letto di Napolitano — toccherebbe a Mariano Apicella suonare una toccante serenata.
Sabina Began, che ha tatuato il nome di Silvio su un piede, avrebbe promesso di farsi tatuare il nome di Giorgio sull’altro, ma questo solo in cambio della grazia sulle pene accessorie.
Dopodichè si giocheranno le vere e definitive ultime carte nella più pura tradizione italiana: i figli, i piezz’e core, le criature, che potrebbero salire al Colle a chiedere pietà per il babbo, come da copione della sceneggiata napoletana.
Loro in lacrime, e il Presidente buono e paterno.
E ‘o malamente, che aspetta trepidante ad Arcore.
Alessandro Robecchi
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Settembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
ULTIMI GIORNI: CONSULTA, CORTE DI STRASBURGO, CORTE DI LUSSEMBURGO PER BLOCCARE LA LEGGE SEVERINO. OPPURE GRAZIA CHIESTA DAI FIGLI AL QUIRINALE… MA LE BASI GIURIDICHE SONO DEBOLI
Grazia, commutazione della pena, revisione del processo, pareri pro veritate contro la legge Severino, ricorsi alla Corte costituzionale e a due Corti europee.
Uno c’è già , è quello di “Silvio Berlusconi contro l’Italia”, presentato ieri a Strasburgo e depositato alla Giunta del Senato.
Avvocati, famiglia, amici, parlamentari e giuristi in soccorso del leader del Pdl, le provano tutte per evitargli la decadenza da senatore e l’incandidabilità per effetto della legge Severino.
Ma tutte le strade appaiono senza via d’uscita, a meno che il Pd deciderà di salvarlo. Comunque sarebbe una salvezza politica fugace, dato che entro l’anno scatterà l’interdizione dai pubblici uffici.
Domani è il grande giorno della Giunta del Senato che dovrà votare sulla decadenza dell’ex presidente del Consiglio.
Il piano berlusconiano per la sua agibilità politica prevede tante strade.
STRASBURGO
Il Cavaliere ieri ha depositato in Giunta il ricorso presentato alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo: “Silvio Berlusconi contro l’Italia… si chiede un cortese riscontro”.
Per scongiurare gli effetti della Severino, viene invocato l’articolo 7 sulla irretroattività della legge meno favorevole per l’imputato-condannato.
Si cita anche l’articolo 13 che verrebbe violato in quanto l’ordinamento italiano non consente a Berlusconi alcun rimedio “accessibile ed effettivo” per ricorrere contro l’incompatibilità della legge Severino con la Convenzione europea dei diritti umani.
Ma la via di Strasburgo è in salita, deve superare il filtro dell’ammissibilità .
Il cuore del ricorso è la presunta violazione dell’articolo 7, lo stesso invocato da Cesare Previti per il processo Imi/Sir-Lodo Mondadori, nel febbraio scorso.
In quel caso, il ricorso è stato dichiarato “irricevibile” .
LUSSEMBURGO
C’è un’altra via europea che il Pdl chiederà alla Giunta di intraprendere: la Corte di Giustizia del Lussemburgo.
Dovrebbe sostenere che la decadenza automatica, prevista dalla legge Severino, vale per gli amministratori e i politici locali, ma non per i parlamentari, sulla base dell’articolo 66 della Costituzione (“Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità ”). Anche in quella sede, verrebbe sottoposto il problema della retroattività .
LA CONSULTA.
È il motivo principe, secondo i berluscones, che la Giunta deve sottoporre alla Corte costituzionale: il reato di frode fiscale per cui Berlusconi è stato condannato, è stato commesso prima che la normativa venisse approvata.
Non la pensano così moltissimi costituzionalisti: la norma non è un effetto penale, ma una sanzione amministrativa, dunque il problema della retroattività non si pone.
Dieci di loro, tra i quali il professor Alessandro Pace, interpellati dall’associazione Avaaz, hanno firmato un documento perchè Berlusconi decada “immeditaamente” da senatore: “Non è ammissibile nessun rinvio”.
La Giunta, in ogni caso, potrebbe rivolgersi sia alla Consulta che alla Corte di Giustizia europea solo se venisse riconosciuta come organo giurisdizionale. Non è scontato: è una delle pregiudiziali che verrà affrontata.
LA GRAZIA
Le altre strade disperate: quella della grazia, o commutazione della pena e quella della revisione del processo Mediaset.
I figli di Silvio Berlusconi sarebbero pronti a chiedere un provvedimento di clemenza al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Ma se anche il Quirinale firmasse o la grazia o la commutazione della pena per frode fiscale (4 anni, di cui 3 indultati la pena principale) resterebbe la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
La Cassazione, infatti, ha solo ordinato alla Corte d’appello di Milano un ricalcolo degli anni perchè ha ritenuto che dovesse essere applicata la legge tributaria, che prevede una pena da 1 a 3 anni.
I giudici d’appello, a maggio, avevano applicato un’altra normativa, come il Tribunale, e avevano inflitto 5 anni. Il ricalcolo dovrebbe avvenire in autunno.
Contro quella decisione, la difesa Berlusconi potrà ricorrere in Cassazione. In quel caso, verosimilmente, l’interdizione sarà effettiva verso la fine dell’anno. E se l’eventuale atto di clemenza del Quirinale cancellasse anche la pena accessoria, resterebbe valida la legge Severino che non ha escluso i graziati dagli incandidabili.
Gli avvocati di Berlusconi starebbero pensando anche di rivolgersi alla Corte d’appello di Brescia per chiedere la revisione del processo Mediaset.
Un tentativo che sembra avere innanzitutto l’obiettivo di prendere tempo: i giudici hanno la facoltà , ma non l’obbligo di sospendere l’esecutività della pena, in attesa della decisione di accogliere o respingere la richiesta di riaprire il processo.
Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
PROSEGUE LA TRATTATIVA STATO-MEDIASET: NUOVE VISITE AL QUIRINALE… L’EX PREMIER PERà’ TEME LA FREGATURA
Per il momento la tregua tiene e la trattativa tra il Colle e l’entourage di Silvio Berlusconi va avanti: in ambienti del centrodestra circola voce che altri passaggi al Colle siano alle viste, forse proprio domani, il giorno in cui la Giunta delle elezioni comincerà a discutere della decadenza del Cavaliere.
Forse salirà al Colle Gianni Letta, forse altri, poco importa.
L’interessato, l’unico che conti, continua invece l’autoreclusione a Villa San Martino, dove ieri sono arrivati di nuovo i suoi figli: i virgulti del capo, com’è noto, sono la punta di diamante delle colombe, saranno loro — se del caso — a firmare la richiesta di grazia al capo dello Stato, ma il capofamiglia non è ancora convinto.
L’offerta di Giorgio Napolitano, infatti, prevede che Berlusconi scelga la via del ritiro dalla politica attiva: dimissioni da senatore, niente velleità di ricandidatura o di ritorno a Palazzo Chigi attraverso una battaglia legale al Tar contro la legge Severino.
Potrà rimanere il capo del suo partito, questo è ovvio, ma non fare politica direttamente: al Quirinale, insomma, indicano al nostro un futuro da Beppe Grillo.
Il problema è che il Cavaliere non è affatto convinto: teme la fregatura, teme l’arresto quando non avrà più lo scudo del seggio a Palazzo Madama, fa fatica a mettere d’accordo la presa d’atto della realtà col suo ego educato alla grandezza.
Il ricorso a Strasburgo, già annunciato, non cambia di molto la questione: il Pd gli può al massimo concedere un “processo” più lungo in Giunta, gli può cioè dare tempo fino a quando non scatterà la pena ai domiciliari o ai servizi sociali.
Metà ottobre, non di più. Sta a lui scegliere e lui tentenna
Che però la temperatura si sia abbassata in quel di Arcore è un dato di fatto: Berlusconi ha scelto di stare in silenzio, ha rimesso nel cassetto il video-messaggio e disdetto l’intervista con Alessandro Sallusti, ora aspetta qualche segnale.
La cosa, ovviamente, ha indispettito i cosiddetti falchi, per cui ogni giorno senza crisi è un giorno buttato.
Dopo Denis Verdini, che ha ribadito le sue ragioni andando di persona ad Arcore (“puntano solo a farti fuori”), ieri è stato il turno di Daniela Santanchè, ospite della kermesse organizzata a Sanremo dal Giornale.
La pitonessa è sembrata quasi lottare contro i fatti, rivolgere una specie di preghiera ad una divinità che lei chiama Silvio Berlusconi.
La cosa emerge nettamente dalle formule linguistiche utilizzate: “Lui ha davanti solo due cose: onore e coraggio. Non può mollare”.
E ancora: “Non voglio credere che possa farlo”.
E di nuovo: “Voglio ancora avere fiducia che non lo faccia”.
Infine la preoccupazione per sè: “Questi (i comunisti cattivi, ndr) te la fanno pagare. A parlare come parlo io in questo paese si rischia la libertà ”.
Visto, però, che della divinità si fida, ma non si sa mai, Santanchè invita il popolo del centrodestra alla rivolta per strada: “Dove siete? Se quel che accade fosse successo a un leader del centrosinistra c’erano le barricate, gli scioperi generali. Scendete in piazza, fatevi sentire. Dal primo agosto avete fatto poco. Ricordatevelo — è la chiusa strappacuore — La patria è di chi la ama e di chi si impegna”
C’è un altro indizio, paradossale in verità , che la trattativa Stato-Mediaset abbia consegnato una speranza di durata al governo: ieri, dopo settimane di indiscrezioni, molti dei senatori del Pdl citati come possibili sostenitori di un eventuale “Letta bis” deberlusconizzato hanno trovato il tempo di smentire.
Da Riccardo Villari a Pietro Langella, da Vincenzo D’Anna ad Antonio Milo, gli eletti campani si sono tutti schierati come un sol uomo con Silvio Berlusconi: “Basta con le illazioni!”, hanno messo a verbale in veementi comunicati ora che è più probabile che non ce ne sia bisogno.
Il Partito democratico, dal canto suo, non pare volersi intromettere tra il Quirinale e lo scomodo alleato di governo.
Anzi, per quanto può facilita le cose: dopo aver ribadito che la legge è uguale per tutti e verrà applicata in Giunta con tempi regolamentari, il segretario Guglielmo Epifani ieri ha lasciato la porta aperta su un provvedimento di clemenza.
La grazia, ha detto, è una “prerogativa che spetta al capo dello Stato e tocca al capo dello Stato valutare. Io ho fiducia in quello che ha fatto, sta facendo e che farà ”.
La palla, insomma, resta ancora nelle mani del Cavaliere, che però non è ancora l’agnellino che servirebbe a chiudere la famosa trattativa: se domani vedrà che la Giunta procede veloce, farà saltare il tavolo senza pensarci un attimo.
Marco Palombi
(da il Fatto Quotidiano”)
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