Novembre 26th, 2013 Riccardo Fucile
MEDIASET, LE PROVE ESIBITE DAL CAVALIERE NON REGGONO. LA TESTIMONE MENTE, GIà€ NEL 2005 FECE RICORSO CONTRO UNA ROGATORIA: SAPEVA TUTTO
Aveva annunciato che avrebbe portato prove schiaccianti della sua innocenza, capaci d’incenerire la sentenza definitiva di condanna per frode fiscale al processo Media-set-diritti tv. Invece, ieri, un Berlusconi disperato ha estratto dal cilindro un “affidavit”, cioè una dichiarazione giurata che ricorda quelle esibite, tanti anni fa e inutilmente, da un Michele Sindona a fine corsa.
Alla comferenza stampa affollata di giornalisti in attesa della prova ammazza-sentenza, ha letto la testimonianza della signora Dominique Appleby che non ribalta proprio nulla, anzi è già stata smentita dai documenti processuali.
Eppure ora il leader di Forza Italia chiede che, grazie alle nuove prove, si apra a Brescia un nuovo processo, quello di revisione, che possa annullare la sentenza di condanna a 4 anni di carcere (di cui 3 indultati) e a 1 anno d’interdizione dai pubblici uffici.
Dominique Appleby è una manager delle società del gruppo di Frank Agrama, il produttore condannato al processo Mediaset come socio occulto di B.
Nella sua dichiarazione giurata, racconta di essere stata interrogata dal fisco americano “a febbraio, aprile e giugno 2013” e di avere solo allora appreso (poichè evidentemente non segue le questioni italiane e neppure la stampa internazionale) di un processo in Italia a carico di Berlusconi e del suo capo Agrama.
“Ho espresso il mio choc perl’incriminazione di mister B”, scrive nell’affidavit.
Ed espone la sua versione dei fatti: “Io lavoravo nello stesso ufficio di Agra-ma e ho assistito a conversazioni con Gordon e Lorenzano”. Bruce Gordon è il gran capo della Paramount, Daniele Lorenzano è un manager di Berlusconi, con lui imputato e condannato.
“Questa era la procedura”, scrive Appleby, “Gordon per conto di Paramount vendeva a società di Agrama a prezzi inferiori rispetto a quelli che venivano passati a Mediaset. Lorenzano diceva in Paramount che Agrama rappresentava Mediaset e Gordon lo confermava. Così le persone di Paramount pensavano che Agrama rappresentasse Mediaset e le persone di Mediaset che Agrama rappresentasse Paramount”.
Dunque, secondo questa testimonianza, è solo una questione di “creste”: i truffatori sarebbero stati Agrama, Brown e Lorenza-no, che gonfiavano i prezzi all’insaputa del povero Berlusconi. Niente di nuovo.
Intanto la signora Appleby,che dice di aver saputo dell’indagine solo cinque mesi fa, in realtà mente, perchè già nel 2005 aveva fatto ricorso contro una rogatoria in Svizzera dei pm milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro su un conto indagato per l’inchiesta Mediatrade.
Il suo nome (Dominique O’Reilly-Attleby) compare poi anche in una relazione della Kpmg (perito per conto della procura di Milano) da cui risulta lei stessa intestataria di soldi di Agrama: 4 milioni di dollari.
Già dalle carte del processo definito il 1° agosto in Cassazione emerge che Lorenzano era stato redarguito dal suo capo di allora dentro Fininvest, Carlo Bernasconi, per aver fatto la “cresta” su un cliente.
La ruberia privata non esclude però che Lorenzano fosse parte integrante, secondo i giudici del processo, del sistema orchestrato da Berlusconi per gonfiare i costi della compravendita dei diritti tv, al fine di accantonare fondi neri al-l’estero.
La signora Appleby sostiene anche non le risulta alcuna conoscenza tra Agrama e Berlusconi nè “alcun contratto” fra loro: “Sivio Berlusconi non ha mai ricevuto nessun pagamento da Agrama, Gordon o Lorenzano, nè da qualsiasi altra persona loro connessa. Berlusconi non ha mai partecipato allo schema da loro ideato per spartirsi i profitti”.
Scrivono invece i giudici del Tribunale di Milano, poi confermati anche da quelli d’Appello e Cassazione: “Vari testi hanno riferito che Agrama quando veniva in Italia si recava sistematicamente ad Arcore o comunque incontrava B. Non è dunque verosimile che qualche dirigente di Fininvest/Mediaset abbia organizzato un sistema come quello accertato e, soprattutto, che la società abbia subito per vent’anni truffe per milioni di euro senza accorgersene”.
Ancora la manager americana: “Era perfettamente chiaro dalle loro parole e dalle loro azioni che nè Agrama nè Gordon avessero conoscenza con B”.
Invece per Gordon, si legge negli atti processuali, Agrama e Berlusconi sono “sovrapponibili”. Della condanna di Berlusconi, che ha fatto il giro del mondo, la signora Appleby ha saputo — dice — solo a ottobre, con il risultato di essere di nuovo “scioccata”.
Le sue parole e quelle di altri “12 testimoni” annunciati da Berlusconi sono dunque l’arma segreta per ottenere la revisione del processo, o almeno il blocco della decadenza da senatore. Due partite difficili da vincere, però, specie se giocate con carte truccate.
Gianni Barbacetto e Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 26th, 2013 Riccardo Fucile
TRA GLI ATTI UN DEPLIANT NEL QUALE L’EX PREMIER ABBRACCIA LO “SCONOSCIUTO” BOSS DI PARAMOUNT BRUCE GORDON…LA APPLEBY HA RILASCIATO LA DICHIARAZIONE 6 GIORNI FA, IL 20 NOVEMBRE, MA BERLUSCONI PARLA DI CARTE AMERICANE DA CIRCA UN MESE: COME FACEVA A SAPERLO?
Tra gli atti un depliant nel quale l’ex premier abbraccia lo «sconosciuto» boss di Paramount
Una spettacolare piroetta rovescia e butta a mare la linea difensiva tenuta da Silvio Berlusconi nell’intero processo sui diritti tv Mediaset.
E anche tutti i milioni spesi in consulenze contabili, e tutta la legione di testi citati dalla difesa, per sostenere strenuamente che i prezzi d’acquisto dei film Paramount, comprati da Mediaset con la mediazione di Agrama, fossero di puro mercato e non «gonfiati» per frode fiscale; che Agrama fosse un agente indipendente e non il prestanome o il socio occulto dell’ex premier; che il manager Mediaset Lorenzano facesse l’interesse del Biscione.
Di colpo ieri, 4 mesi dopo la condanna definitiva, ecco che la ricostruzione della Cassazione (e in origine della Procura) diventa esatta anche per Berlusconi: davvero i prezzi venivano «gonfiati» dall’interposizione di Agrama tra Paramount e Mediaset. Solo che – rivela – accadeva ai suoi danni e insaputa, perchè per truffare Mediaset si erano accordati Agrama, Lorenzano e Bruce Gordon, allora presidente della distribuzione estera di Paramount.
Questo nuovo altare difensivo, sul quale viene immolata la precedente linea, poggia sull’affidavit che a suo favore – racconta Berlusconi – è stato rilasciato 6 giorni fa, il 20 novembre, da una manager ex collaboratrice di Agrama, Dominique Appleby, «choccata» dall’aver appreso «solo nel giugno 2013», nelle more di tre audizioni davanti al Fisco americano, che Berlusconi in Italia era da anni ingiustamente processato per colpa del terzetto che l’aveva raggirato.
Una novità del 200
Già il 13 luglio 2004, interrogato a Monaco, il coimputato Alfredo Cuomo (poi morto) collegava il boom di contratti di Agrama ai dubbi su un «accordo tra Lorenzano, Agrama e Gordon per spartirsi fondi occulti legati agli acquisti dei diritti tv».
E già la condanna di Berlusconi in primo grado nel 2011 dava «pure ipotizzabile che Agrama avesse cointeressenze con Gordon: ma quel che è certo è che, anche quando Gordon fuoriuscì da Paramount, i rapporti Paramount/Agrama/Mediaset rimasero inalterati».
La foto con Bruce Gordo
Nuova è invece la teste che accredita la tesi, anche se due circostanze agli atti non paiono giovarle. Appleby – di cui Berlusconi ha scandito solennemente la dichiarazione – giura che in base «alle parole e alle azioni di mister Gordon e mister Agrama», di cui si descrive testimone diretta, nessuno dei due «aveva alcuna relazione o conoscenza con mister Berlusconi».
Affermazione spericolata se tra gli atti del processo si guarda una foto in cui Gordon abbraccia Berlusconi nella residenza dell’ex premier: foto sul depliant «Bruce Gordon & friends» che il boss di Paramount si era fatto stampare per accreditarsi con potenziali investitori.
I 4 milioni in Svizzera nel 2006
Poichè la revisione di una condanna definitiva può essere chiesta solo per prove decisive ignote al momento del processo, è cruciale che Appleby dica di parlare ora perchè «solo nel giugno 2013» ha appreso dell’inchiesta su Berlusconi.
Ma questa premessa pare contraddetta dalla nota con cui il 28 febbraio 2007 il Tribunale Federale svizzero comunicò alla Procura di avere respinto il ricorso di Agrama e Dominique O’Reilly-Appleby contro la chiusura nella banca Ubs il 2 novembre 2006 del conto Ragtime/Gander , ottenuta proprio nell’inchiesta su Berlusconi dal pm Fabio De Pasquale perchè i suoi consulenti Kpmg avevano scoperto che sul conto erano finiti 4,3 milioni: dollari provenienti da due società di Agrama a Hong Kong, Wiltshire Trading e Harmony Gold, sponde dei pagamenti Mediaset per i diritti tv Paramount acquistati con l’interposizione di Agrama.
Peraltro il bancario Ubs Luca Dermitzel il 10 gennaio 2008 spiegò che quel conto, con i 4 milioni attorno ai diritti tv Mediaset, «apparteneva effettivamente a O’Reilly», restando Agrama solo come «garante».
(da “il Corriere dela Sera”)
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Novembre 26th, 2013 Riccardo Fucile
LE DATE, IL PRESUNTO SHOCK, LA FOTO, IL GIRO DEI DIRITTI, I TESTIMONI
«Le carte americane» è un buon titolo per raccontare una truffa, quella che lui stesso – nella concitata versione di ieri pomeriggio nella sede del partito – avrebbe ingenuamente, continuamente, «assolutamente » subito.
Perchè la sintesi della conferenza stampa di Silvio Berlusconi è che per molti anni sia Frank Agrama, sia gli stessi manager del Biscione, e cioè i suoi stipendiati, avrebbero gonfiato, ovviamente a sua insaputa, i prezzi dei diritti cinetelevisivi. Una versione che non regge.
«Quando ci porteranno le carte, valuteremo», dicono i magistrati, da Milano e Brescia.
LE DATE E IL PRESUNTO SHOCK
«Contiamo di avere dodici testimonianze, sette del tutto nuove», dice ieri Berlusconi, e cita ampiamente la principale, quella di Dominique Appleby. Appleby afferma che solo «nel 2013, avendo saputo del rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi », ha chiesto di incontrarne gli avvocati, senza successo.
Era «certa» che «nessuna prova» ci fosse e che sarebbe stato «revocato il rinvio a giudizio». Invece «fui scioccata» – dice – quando, dopo la conferma della sentenza, capii che Berlusconi «era a rischio di perdere il posto in Parlamento per un crimine che sapevo che non aveva commesso».
Perciò, «preparai questo affidavit e lo sottoposi ai legali di mister Berlusconi».
Ma – domanda – questa Appleby che nel 2013 si allarma e si dà da fare per uno straniero innocente, è la stessa Dominique Appleby O’ Really che il 16 febbraio 2007, insieme a Frank Agrama, presenta un ricorso contro la rogatoria svizzera del dottor Fabio De Pasquale, sostituto procuratore di Milano, che da anni indaga sui magheggi contabili di Silvio Berlusconi, dell’avvocato David Mills, e dei vari faccendieri internazionali come Agrama? Sì, è lei, che ci racconta di questo shock a scoppio ritardato, di ben sei anni rispetto alla rogatoria.
Ma a che cosa si opponeva Appleby? A vedersi frugare in un conto, chiamato Ragtime, e poi Gander, intestato a lei e – sarà un caso? – ad Agrama.
Vi sono transitati circa 4 milioni di dollari. Se questa è la teste principale, nonostante l’avvocato Niccolò Ghedini ne sostenga la bontà , si capisce quanto corte e traballanti siano le gambe della nuove carte americane.
UNA FOTO DI TROPPO
Berlusconi cita ieri all’infinito sia Frank Agrama, un egiziano trapiantato a Roma e poi negli Usa, sia «mister Gordon », ex dirigente della Paramount.
Sarebbero loro il Gatto e la Volpe, perchè «È chiaro che nè mister Agrama nè misterGordon avessero relazione alcuna con mister Berlusconi», legge sempre l’ex premier, riportando la testimonianza della manager con conto svizzero.
Negli atti del processo milanese, purtroppo per lui e per la teste Appleby, ci sono smentite a go go.
Come una bella fotografia: Gordon sta nientemeno che insieme a Berlusconi, che non conoscerebbe, accanto a una fontana. Non è stata individuata, ma «potrebbe essere quella della villa di Arcore», dice la Procura. Molte anche le testimonianze sul legame e i rapporti tra Berlusconi e Agrama, definito persino «un amico di famiglia».
IL GIRO DEI DIRITTI
«Posso affermare che non c’è stato nessun pagamento di mister Agrama e mister Gordon (…) a mister Berlusconi», il quale «non era stato informato del sistema organizzato per spartirsi i profitti dai prezzi Paramount», è dunque la versione dell’affidavit americano spedito ad Arcore. E Berlusconi la diffonde a piene mani. Forse lo fa perchè nè lui nè i suoi avvocati ricordano più alcuni passaggi cruciali delle sentenze provate sino alla Cassazione? Ricordiamo alcune prove italiane.
Innanzitutto c’è quella «orale e documentale, che Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale dell’enorme evasione fiscale realizzata con le società off shore».
Spicca anche la testimonianza che arriva dall’interno dell’ufficio contratti del Biscione: una manager brianzola sentiva dire dal suo capo «Picchia giù con i prezzi», perchè, secondo il suo verbale, si fabbricavano contratti fasulli, con somme altissime, mentre «il costo dei diritti – testimonia la gonfiatrice di prezzi, ed ex dipendente di Berlusconi – era di meno, sensibilmente di meno».
LA CENA DELLE BEFFE
Nell’estremo tentativo di evitare la sua cacciata dal parlamento, Berlusconi punta molto sulla parte di testimonianza Appleby che descrive il raggiro, quasi fosse un film di Martin Scorsese: «Cenai – dice lei – più di 30 volte con mister Gordon e mister Agrama». E «in ripetute occasioni » i due compari «ripetevano lo schema che avevano messo in piedi (…) ho sentito almeno dieci volte, e spesso in coro, come Agrama fosse stato povero» e come, grazie ai trucchi apparecchiati con Gordon, «avesse fatto i milioni».
Mentre il Gatto e la Volpe brindavano alla salute del pollo di Arcore, sarebbe stato meglio fare i conti con la realtà e con i milioni veri, perchè la somma in ballo ammonta a ben «368.510.462 dollari (di cui 197 milioni di dollari riconducibili al 1994)».
Questo, secondo i finanzieri italiani, è infatti il flusso di denaro sottratto da Berlusconi ai bilanci ufficiali grazie al giro dei diritti Mediaset taroccati.
Nella versione americana, Berlusconi non si sarebbe mai accorto di aver sganciato l’iperbolica cifra in cambio di aria fritta. Ci si può credere?
LA LOGICA PROCESSUALE
Ora, quest’immagine di Berlusconi perdente e truffato non contrasta solo con quanto sappiamo di Berlusconi e del suo senso per gli affari.
Non contrasta solo con la serietà aziendale, perchè – domanda – una simile montagna di soldi può davvero scomparire senza che Fedele Confalonieri e i vari top manager alzino un sopracciglio?
Ma osserviamo i fatti. Berlusconi, come sappiamo, è stato accusato e condannato per aver frodato il fisco italiano. Per questa frode, senza appello dallo scorso agosto, rischia disparire dal Parlamento (domani) e finire agli arresti (in primavera).
Come lui stesso sottolineava ieri, rischia anche la «damnatio memoriae» della sua «storia di imprenditore e uomo di stato».
Nuova domanda: è credibile che uno come lui abbia dovuto aspettare che un’amica americana di Frank Agrama tornasse sulla terra (da chissà quale galassia) per apprendere di essere lui il truffato?
«Ma perchè non ha denunciato Agrama per i soldi spariti?», è la domanda di un magistrato. Insomma, se questa neonata trincea americana fa già a pugni con la logica processuale, il rischio di k. o. immediato è altissimo.
LE TRE CONCHIGLIE
D’altra parte, come diceva al suo boss il contabile della casa cinematografica Fox (dicembre 1994, è agli atti), «L’impero di Berlusconi funziona come un elaborato «shell game»». Come il gioco delle tre conchiglie, «con la finalità di evadere le tasse italiane».
Ecco perchè, soprattutto dopo la conferenza di ieri, sembra difficile che la Volpe di questa storia sia da cercare oltre Oceano.
Piero Colaprico
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