Gennaio 31st, 2014 Riccardo Fucile
LA MISURA E’ COLMA
Due sere fa si è giunti ad assaltare la presidenza della Camera, insultando persino altri parlamentari in quanto donne.
Ieri a impedire fisicamente il regolare svolgimento dei lavori delle Commissioni e a interrompere l’intervista di un capogruppo.
Oggi, in nome della “nuova resistenza” qualcuno piomba a Roma per congratularsi per gli atti illeciti compiuti “dai suoi guerrieri”.
Capisco che qualcuno in attesa dei “liberatori” a stelle e strisce che lanciavano Camel preferisca frequentare direttamente ambasciate straniere.
Capisco che il ruolo sia quello di destabilizzare il Paese per favorire altrui interessi.
Ma per la destra vera (non quella pataccara che vive di imitazioni e frustrazioni) la misura è colma.
La Boldrini deve trasmettere gli atti e le relazioni alla Procura della Repubblica in quanto siamo di fronte alla reiterazione di un preciso reato.
Quello previsto dall’articolo 289 del Codice penale: “Attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali”.
Che recita: “E’ punito con la reclusione da uno a cinque anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette atti violenti diretti ad impedire in tutto o in parte, anche temporaneamente”, non solo al presidente della Repubblica o al Governo l’esercizio delle prerogative attribuite per legge, ma anche – e sarebbe questa l’ipotesi del caso – a impedire “alle assemblee legislative o ad una di queste o alla Corte Costituzionale o alle assemblee regionali l’esercizio delle loro funzioni”.
Esattamente quello che è accaduto e che sta accadendo alla Camera.
Vanno perseguiti coloro che commettono direttamente un reato e i mandanti che istigano a delinquere.
Una destra vera non si confonde, si distingue.
Una destra vera propone, non distrugge.
Una destra vera non è il cavallo di troia di interessi stranieri.
Una destra vera fa opposizione con stile e senso dello Stato.
Ma una destra vera in Parlamento avrebbe impedito certi ignobili atti di violenza non porgendo l’altra guancia.
E saprebbe accogliere i “liberatori” con omaggio di ortaggi vari e calci nel culo.
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Gennaio 31st, 2014 Riccardo Fucile
SEQUESTRO DI PERSONA E VIOLENZA PRIVATA: LA MAGISTRATURA SI SVEGLI… O I GRILLINI SONO INTOCCABILI? FORSE HANNO IL PASSAPORTO DIPLOMATICO DELL’AMBASCIATA USA?
“Qui c’è una questione che riguarda l’agibilità democratica del Parlamento. Se questo è ancora il
Parlamento che ci racconta la nostra Costituzione. I resoconti di quel che è successo oggi sono sufficienti perchè la magistratura indaghi”.
È teso Francesco Sanna, parlamentare del Pd “sequestrato” in Commissione. Perchè, spiega, mai aveva visto in Parlamento episodi di tale violenza, come quelli di cui si sono resi protagonisti i grillini. Che hanno preso d’assalto la commissione Affari costituzionali.
Ecco perchè il riformista Sanna, democristiano di formazione, convinto parlamentarista, praticamente il braccio destro e sinistro di Enrico Letta in materia di riforme affida all’HuffPost la sua denuncia: “Per la legge italiana, i parlamentari sono pubblici ufficiali. E di fronte a fatti che somigliano molto a condotte di reato come violenza privata e tentato sequestro di persona dobbiamo riflettere se sporgere denuncia”.
Onorevole Sanna, proviamo a partire dall’inizio, ricostruendo ciò che è successo nella mattinata di oggi in commissione.
È successo che è stato impedito a molti parlamentari di esercitare i propri diritti nel modo in cui normalmente li si esercita in un Parlamento democratico. Molti colleghi in Aula hanno affermato di non essere riusciti ad entrare in commissione dove si doveva discutere di legge elettorale perchè l’accesso alla commissione era bloccato. Ed è successo effettivamente così. C’era un picchettaggio fisico dei Cinque stelle che a un certo punto ha impedito di entrare a parecchi parlamentari, anche se arrivati poco dopo l’ora di avvio dei lavori. Mentre dentro la commissione dove qualcun altro era entrato in anticipo, tra cui il sottoscritto, si è ripetuto lo schema dell’assalto alla presidenza sul modello di ieri in Aula e di ieri notte nella sala Mappamondo, con l’obiettivo di impedire i lavori della Commissione.
Però avete votato.
Siamo riusciti solo a fare quello, rispondendo per alzata di mano all’unico atto che si poteva fare in una aula occupata, tra urla e grida. Il presidente Sisto ha chiesto: “Volete che sia portata in Aula la proposta di testo base ?”. Noi tra le urla e gli assalti abbiamo detto sì.
Si può definire regolare questa votazione?
Tecnicamente sì, anche se avvenuta in condizioni estreme.
Può spiegare meglio le condizioni estreme?
I gruppi dei Cinque stelle ci insultavano e ci aggredivano verbalmente e poi ci hanno impedito di uscire dall’Aula. Non è esagerato dire che la Commissione è stata sotto sequestro per circa mezz’ora. Con i grillini che ci volevano sottoporre a una sorta di gogna. Così dicevano “ora ci dovete ascoltare, vi costringiamo ad ascoltarci”. E giù urla su Napolitano, sul governo Letta, sulla legge elettorale e su tutto quello che non hanno condiviso in questi mesi.
Lei ha parlato di “sequestro”. È sicuro del termine?
Sì, perchè per uscire io mi sono rifiutato di usare la forza fisica, e mi hanno costretto a rimanere dentro impedendomi di andare in un’altra Commissione, dove era chiamato a svolgere il mio lavoro di parlamentare. Insomma, non c’erano alternative. Dovevi stare dentro e sottoporti a questo tentativo di lavaggio del cervello di urla e slogan.
Scusi, ma i commessi perchè non sono intervenuti?
I commessi che potevano fare? Avrebbero dovuto usare la forza… Cosa che non possono fare se non invitati da chi dirige i lavori. A seduta conclusa, pro bono pacis, si è evidentemente deciso di non farlo.
Onorevole Sanna, lei sta dipingendo una situazione grave. Andiamo al dunque: sta dicendo che sono stati commessi reati penalmente rilevanti dai parlamentari grillini?
Guardiamo i fatti. Qui stiamo parlando di reati come la violenza privata, che significa costringere qualcuno a fare qualcosa con la violenza, e sequestro perchè eravamo impediti ad uscire attraverso l’uso della forza. Molti di noi, per un periodo non breve, sono stati gravemente limitati nella nostra libertà di movimento. Non è tollerabile questa limitazione della libertà dei deputati nel Parlamento. E chi tra i colleghi che hanno messo in scena questa bruttissima pagina crede di godere di una particolare immunità , sbaglia di grosso. Poichè l’articolo 68 della Costituzione rende il parlamentare immune solo per le opinioni espresse ed i voti dati nell’esercizio del proprio mandato, non c’è una zona franca a Montecitorio che renda non punibili altri reati. Secondo me lo sono. Ma se queste azioni organizzate continuassero, indipendentemente dai provvedimenti di giurisdizione interna alla Camera, andrei a vedere ci sono gli estremi per un’azione della magistratura ai sensi dell’articolo 289 del codice penale.
Spieghi meglio.
(Sanna lo cerca sull’I phone, per essere preciso nel testo) Glielo leggo: “È punito con la reclusione da uno a cinque anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali l’esercizio delle loro funzioni”.
Quindi, detta in modo rude, i grillini rischiano da uno a cinque anni. Sempre che la magistratura apra un’inchiesta.
I resoconti parlamentari di oggi e quelli dei giornali di domani sono già una notizia criminis. Però vorrei aggiungere un’altra riflessione che riguarda noi parlamentari.
Prego.
Per la legge italiana il parlamentare è un pubblico ufficiale e quindi ha l’obbligo di denuncia se vede reati.
Lei sporgerà denuncia?
Per oggi no, per non dare occasione di esibizione vittimistica ai Cinquestelle. Ma se domani mi impedissero di svolgere con la violenza la funzione per la quale sono stato mandato qui, credo che non ci si debba lasciare trascinare nella provocazione e reagire con gli stessi metodi, e che sia meglio far applicare la legge da giudici terzi. E con me dovremmo farlo in tantissimi. L’assalto ai banchi della presidenza della Camera e delle sue Commissioni non dobbiamo tollerarlo, anche per il bene degli assaltatori, piccoli Tejero senza pistola, ma forse non tutti a loro insaputa.
(da Huffingtonpost“)
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Gennaio 30th, 2014 Riccardo Fucile
L’ANALISI DEL COSTITUZIONALISTA STEFANO CECCANTI
La richiesta del Movimento 5 Stelle di messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica merita di essere commentata soprattutto per i suoi paradossi interni, che la fanno apparire quanto mai strampalata.
Il paradosso maggiore sta nel punto 4: si sostiene che la rielezione sia illegittima (richiamando solo l’articolo 85 secondo cui il Presidente è eletto per sette anni, quindi un elemento importantissimo come il divieto di rielezione sarebbe solo implicita!) e che mai Napolitano avrebbe dovuto accettarla.
Ma così si sta chiedendo agli stessi parlamentari che l’hanno rieletto di metterlo in stato di accusa per un atto a cui loro stessi hanno contribuito.
Anche il punto 1 contiene un evidente paradosso: Napolitano viene al contempo accusato di deriva presidenzialista a causa dell’eccesso di decretazione e però, se avesse voluto arginarlo con decisione, rifiutando di promulgare i decreti, sarebbe in realtà stato invasivo nei confronti del Governo, a cui va imputata la responsabilità per i decreti.
Insomma non si può al tempo stesso criticare Napolitano perchè omissivo e perchè presidenzialista.
Per inciso: l’eccesso di decretazione è l’effetto patologico di una curvatura parlamentare-assembleare che non riconosce come nelle altre democrazie parlamentari una corsia preferenziale al Governo per i propri provvedimenti.
Analogo paradosso sta nel punto 3: il ‘presidenzialista’ Napolitano è accusato di omissione perchè alcune leggi da lui firmate sono state poi dichiarate incostituzionale dalla Corte.
Questo ragionamento presuppone erroneamente che il controllo dl Presidente sia di uguale spessore di quello della Corte (come notoriamente non è) e che, soprattutto, il controllo preventivo e astratto sia equivalente a quello successivo e concreto.
Detto più semplicemente, la Corte si trova a decidere quando la legge deve essere applicata: è a quel punto, nel concreto, che si capiscono meglio le possibili lesioni della costituzione, spesso neanche immaginabili in precedenza.
Poco rilevanti gli altri 3 aspetti.
Il punto 2 accusa anzitutto il Presidente di aver avallato una procedura di deroga del 138 (peraltro non conclusa e di cui esistevano vari precedenti) e di aver sollecitato la riforma elettorale (peraltro in seguito a moniti della Corte).
Il punto 5 contesta l’uso concreto del potere di grazia che però è stato legittimato dalla Corte, nè si può pensare che le ragioni umanitarie possano essere normalmente scisse da quelle politiche.
Caso mai i 5 Stelle dovrebbero prendersela con la Corte per aver aperto quel varco.
Il punto 6 attacca Napolitano per il conflitto con la procura di Palermo omettendo il dato più rilevante, cioè che la Corte ha dato solennemente ragione a lui.
Insomma che dire di una denuncia fondata per lo più su presunte omissioni che però sarebbero imputate a un presunto presidenzialista se non che appare strampalata?
Stefano Ceccanti
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 30th, 2014 Riccardo Fucile
IL DEPUTATO DI SCELTA CIVICA HA SOLO FATTO IL SUO DOVERE: PROTEGGERE LA DIGNITA’ DEL PARLAMENTO… SE LA LUPO FOSSE STATA FERMA AL SUO POSTO NON AVREBBE AVUTO OCCASIONE DI PIAGNUCOLARE PER UNA BOTTA FORTUITA
Lo schiaffo di Stefano Dambruoso getta il Questore montiano nella bufera. 
Il Pd versione cacasotto nuovo corso, invece che trasmettere gli atti alla magistratura per la identificazione dei teppisti che hanno assaltato i banchi del governo, chiede le sue dimissioni ed è sostenuto perfino da una buona parte di Scelta Civica.
Intorno a mezzogiorno arrivano le scuse di Dambruoso alla deputata del M5S, Loredana Lupo, “involontariamente colpita”, scrive il Questore, “nel tentativo di impedire a lei e ai suoi colleghi di avventarsi, con furia, contro il tavolo della presidenza”.
Ai democratici le scuse non vanno proprio giù. Basta mezz’ora e arriva un tweet lapidario del portavoce della segreteria del partito, Lorenzo Guerini, che stigmatizza quanto successo ieri in Aula alla Camera mentre era il corso il voto finale sul decreto Imu-Bankitalia: “A Dambruoso dico: di fronte al gesto di ieri non bastano le scuse”.
Il non detto — come confermano fonti Pd – riguarda proprio le dimissioni da questore che il Pd si aspettava che arrivassero.
Non a caso anche il capogruppo Pd Roberto Speranza e il ministro Dario Franceschini avrebbero sottolineato a Dambruoso l’opportunità di abbandonare il ruolo di questore.
Il pressing affinchè Dambruoso lasci il posto è così forte che non arriva solo dal Pd ma anche dal suo stesso partito.
Viene riferito da ambienti parlamentari che il questore di Scelta civica ieri avrebbe fatto sapere di essere disponibile alle dimissioni tanto che questa mattina si pensava che la sua nota di scuse si concludesse con un passo indietro. Ma nulla di fatto.
Sul filo dell’ambiguità si muove anche la segretaria del partito Stefania Giannini: “Gli episodi drammatici che stanno trasformando il Parlamento italiano da luogo di confronto anche aspro in terreno di scontro e violenza fisica e verbale esigono una dura condanna. In questo contesto, grave e preoccupante, è inserita la reazione involontaria dell’onorevole Dambruoso, di cui abbiamo apprezzato il senso di responsabilità e le pubbliche scuse”.
Scelta Civica adesso però teme “la figuraccia”, così viene definita, che ha già fatto e che farà il partito dopo che l’Ufficio di presidenza pronuncerà il verdetto che con molta probabilità sarà una sospensione di due settimane dai lavori d’Aula.
Per scongiurare tutto ciò Sc avrebbe preferito che Dambruoso si fosse dimesso prima, cosa che probabilmente dovrà comunque fare.
In fondo il Questore è colui che decide le sanzioni e deve garantire l’ordine alla Camera, fanno notare in ambienti di Scelta civica.
Alla fine pagherà chi ha cercato di mantenere l’ordine, mentre nessuno ha le palle di denunciare chi l’ha violato.
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Gennaio 30th, 2014 Riccardo Fucile
LA CIFRA TOTALE CONTROLLATA DALLE MAFIE E’ DI CIRCA 170 MILIARDI L’ANNO, NEL 2013 NE SONO STATI RECUPERATI TRE
Come una metastasi, l’economia nera, quella che reinveste, riciclandolo, il denaro pompato dal crimine, divora il Paese con percentuali di crescita spettacolari.
Il denaro sporco immesso nel nostro circuito finanziario ed economico – secondo quanto documentato dalla Guardia di Finanza – ha abbondantemente superato nel 2013 il 10 per cento del Pil, ed è stimato in 170 miliardi di euro l’anno (75 dei quali sottratti al Fisco).
Con margini di ricavo che oscillano tra i 17,7 e i 33,7 miliardi di euro e con una divisione del mercato che, sempre su base annuale, vede in cima all’istogramma della redditività il narcotraffico (7,7 miliardi di euro), seguito dalle estorsioni (4,7 miliardi), lo sfruttamento della prostituzione (4,6 miliardi) e la contraffazione (4,5 miliardi).
Il lavoro della Finanza ha consentito negli ultimi dodici mesi di sottrarre a questa immensa torta 3 miliardi di euro (si tratta del valore dei beni sequestrati alla criminalità organizzata).
Un dato in sè lusinghiero e tuttavia infinitesimale se tradotto in percentuale (meno del 2%) rispetto a quel valore assoluto – 170 miliardi – che definisce appunto il perimetro dell’economia criminale.
Le mafie italiane e il loro fiorentissimo indotto di illegalità e riciclaggio nelle sue diverse forme – dall’usuraio di quartiere, alle società finanziarie, ai broker assicurativi – lavorano infatti in un mercato dei capitali aperto che cammina assai più rapido degli strumenti legislativi o amministrativi costruiti per aggredirlo.
E a dimostrarlo basterebbero le 86 mila segnalazioni di operazioni finanziarie sospette girate nel 2013 dall’Uif della Banca d’Italia alla Polizia valutaria, il 40 per cento in più del 2012.
Nel suo ufficio al Comando generale, Giovanni Padula, colonnello del III Reparto Operazioni della Guardia di Finanza, spiega: “Il controllo del territorio da parte delle organizzazioni criminali, ormai, è un dato di analisi e di indagine insufficiente. Oggi, esiste un controllo dell’economia tout court da parte delle associazioni mafiose intese in senso non solo tradizionale. Dunque, quando ci convinceremo che quel che siamo abituati a fare nel Mezzogiorno del Paese di fronte a Camorra, ‘Ndrangheta e Mafia va fatto sull’intero territorio nazionale non sarà mai troppo tardi. E’ inutile continuare a ragionare in termini di Regioni, provincie, comuni. L’economia criminale si muove lì dove l’economia legale manifesta urgenza di liquidità e in quei distretti produttivi dove la crisi consente, di fagocitare a prezzi di saldo, cannibalizzandole, imprese e società al collasso”.
A sostenere le parole del colonnello sono del resto i dati più recenti sui sequestri di beni in danno di famiglie ‘ndranghetiste.
Il 40 per cento della ricchezza riciclata dalle cosche calabresi è oggi reinvestito in tre regioni italiane: Liguria, Piemonte e Lombardia, in settori quali gli appalti pubblici, lo smaltimento dei rifiuti, i giochi e le scommesse.
E ancora: nel 2013, i patrimoni sequestrati alla criminalità organizzata nelle regioni del centro-nord sono raddoppiati rispetto all’anno precedente, arrivando a 900 milioni di euro. Insomma, il denaro dell’economia criminale va dove le occasioni e i margini di profitto sono più alti e dove gli schemi tradizionali del riciclaggio hanno conosciuto negli ultimi anni un livello di sofisticazione crescente.
Che si tratti di strutture societarie necessarie all’intestazione fittizia di depositi bancari e rimesse all’estero, piuttosto che garanti di linee di credito con le banche (è il cosiddetto “riciclaggio statico”.
Un sistema che non prevede la circolazione di capitali, ma lo scambio di strumenti di garanzia. In altri termini chi ha capitali illeciti da riciclare, si fa garante con quel denaro di linee di credito bancarie a vantaggio di un terzo soggetto che avrà così a disposizione liquidità fresca e pulita).
Va poi da sè, che in quadro di crescita dell’economia criminale di questa portata, abbia rotto ogni argine la forma più antica e odiosa del riciclaggio: l’usura.
Sul volume di denaro che è capace di muovere manca evidentemente un dato complessivo.
Ma se un una proiezione può essere fatta, è sufficiente stare ai 168,8 milioni di euro sequestrati agli usurai dalla Finanza nel 2013. Soprattutto è sufficiente spalancare gli occhi sulla percentuale di incremento di questa cifra rispetto all’anno precedente. Il 1250 per cento in più rispetto all’anno precedente.
Un Paese di usurai e di usurati, insomma. In cui prestare il denaro a strozzo – annota in un rapporto il III Reparto operazioni della Finanza – “non è più solo affare di antichi “cravattari”, ma ormai attività imprenditoriale nella forma di società finanziarie”.
Carlo Bonini
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 30th, 2014 Riccardo Fucile
NEL MIRINO ANCHE L’ACQUISTO DI 300 LIBRI SU SANT’AGOSTINO
Seimila euro per bevande, cialde di caffè, orzo e acqua: era un tipo generoso, l’ex presidente del
Consiglio regionale del Molise, Michele Picciano, indagato per peculato e abuso d’ufficio dalla procura di Campobasso.
Nel periodo in cui è stato al vertice di Palazzo Moffa, tra il giugno del 2009 e il dicembre del 2011, l’esponente politico dell’allora Pdl, secondo la ricostruzione fatta dal sostituto procuratore Fabio Papa, si è appropriato di ingenti somme di denaro e ha speso i soldi pubblici utilizzando carte di credito di rappresentanza e istituzionali, per circa 75 mila euro, facendone un uso «direttamente e indirettamente personale».
Nelle carte dell’indagine ci sono lunghissime e dettagliate liste di pranzi a ristorante, più di 60, e di acquisti di ogni genere.
Picciano era stato assolto a giugno dell’anno scorso dai giudici del tribunale di Campobasso dall’accusa di concussione.
Secondo l’accusa della Procura, sei anni prima, quando era assessore regionale, avrebbe concesso 75 borse di studio da 8.600 euro di sei mesi rinnovabili cercando in cambio un appoggio per la campagna elettorale del 2006.
Ma il tribunale lo ha assolto perchè «il fatto non sussiste». Imputato anche per voto di scambio, era stato assolto perchè il reato era prescritto.
I BUFFET DI AUGURI A CINQUEMILA EURO
L’elenco delle spese folli del politico, giustificate come spese istituzionali e quindi messe sul libro paga del Consiglio regionale, è incredibile: nel 2009, per un buffet organizzato per gli auguri di Natale, ha speso quasi 5 mila euro.
L’anno dopo, sempre in occasione del Natale, i buffet di auguri diventano tre: uno per i consiglieri regionali, uno per i dipendenti e uno per i giornalisti.
I pranzi al ristorante si sprecano: più di sessanta.
Per non parlare dei libri comprati , «in alcun modo pertinenti a finalità istituzionali», presumibilmente – scrive la Procura- «regalie a fini presumibilmente elettorali considerato anche che spesso gli acquisti effettuati risultavano essere stati richiesti dagli stessi soggetti interessati».
Tra questi 300 copie di «Sant’Agostino: discorsi sul Natale e l’Epifania», 100 copie di «Semplice-Spazio,tempo, poesia», 71 copie di «Tetralogia», 120 del «Sorriso del sole» e 83 di «Dal salotto al ring televisivo».
Non mancano pure i «contributi a pioggia». Sono quelli concessi «esaudendo le richieste» di varie associazioni, anche private (come la Fidapa). «Contributi – si legge nelle carte della procura – per iniziative del tutto prive di significato concreto sia pure solo per l’immagine della Regione» (c’è per esempio un contributo da 3.500 euro ad un convegno organizzato a Isernia da una compagnia di assicurazioni).
L’AIUTINO AL SEGRETARIO PERSONALE
Tra le spese contestate dalla procura di Campobasso all’ex presidente del Consiglio regionale, Michele Picciano, ci sono l’acquisto di arredamenti per il suo ufficio, come una lampada da tavolo da 936 euro e un tappeto color prugna da 2.160 euro, e diversi quadri: un’opera di Aldo Falso (3.240 euro), sei di Goffredo Luciani (4mila euro) e una di Giuseppe Eliseo (mille euro). Infine a Picciano vengono contestati episodi che coinvolgono il suo segretario personale al quale avrebbe procurato «ingiusto vantaggio» concedendo somme di denaro ad uso personale. In particolare si parla di un contributo da 6 mila euro ad una associazione onlus, un «Centro di carità », di cui era presidente proprio il suo segretario personale.
Per giunta le spese dell’associazione risultavano essere anche «gonfiate» rispetto alle somme realmente spese, con compensi corrisposti anche allo stesso presidente della onlus e ai suoi familiari.
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 30th, 2014 Riccardo Fucile
TROPPI GLI SCONTENTI DELLA NOMINA DI TOTI: CON FITTO E LA VECCHIA GUARDIA SONO SCINTILLE
«Io chiudo un accordo storico con Renzi, mi intesto le riforme, mi riapproprio del mio ruolo di protagonista della politica e questi litigano per incarichi e poltrone».
È quasi fuori di sè Silvio Berlusconi, a fine giornata.
Da Palazzo Grazioli è appena uscita una delegazione di dirigenti guidata da Raffaele Fitto e composta da Maurizio Gasparri, Altero Matteoli, Saverio Romano, Gianfranco Rotondi, Daniele Capezzone. E sono scintille, ancora una volta, nello studio al primo piano.
La mattinata il Cavaliere l’aveva trascorsa al fianco di Denis Verdini, in contatto telefonico col quartier generale dei democratici per chiudere la partita sulla riforma elettorale con Matteo Renzi e Maria Elena Boschi.
Telefonata a più riprese, poi l’intesa finale sulla soglia al 37.
Berlusconi al termine è soddisfatto, canta vittoria: «Tutti i piccoli, a destra, se vorranno sopravvivere dovranno unirsi e allearsi con noi» è la facile profezia.
Ma già in quelle ore, a rovinargli la mattinata, la nuova intervista con cui Fitto, a Repubblica, si lancia all’attacco del nuovo «consigliere politico» Giovanni Toti, sollecitando a Berlusconi la nomina dell’ufficio di presidenza previsto dallo statuto del partito.
A ruota, nel giro di poche ore, decine di parlamentari intervengono in sostegno del collega pugliese.
Capezzone, Romano, Rotondi, Sisto, Martinelli. Altri fedelissimi come Michaela Biancofiore quasi insorgono: «Basta lealisti e areatori (riferimento a chi come Toti invoca “aria fresca”,ndr)siamo tutti berlusconiani ».
Ma la miccia ormai è innescata con la notizia che lo stesso Toti sarebbe stato ospite in serata a Porta a Porta.
Consacrazione finale al ruolo di vertice al quale il capo lo ha destinato.
«Quasi quasi chiuderei il portone e non li farei entrare» confida Berlusconi velenoso a Verdini e a altri, dopo aver incassato l’accordo sulla riforma e aver saputo che quelli sarebbero venuti a trascinarlo negli affari di partito che ormai lo annoiano e lo indispongono alquanto.
Il confronto con Fitto, Capezzone e gli altri dura due ore e mezzo e si accende presto. Gasparri e Matteoli rivendicano un riconoscimento per la loro area di provenienza (ex An).
Ma è soprattutto l’ex governatore pugliese, con gli altri, ad alzare il tiro.
Portano al padrone di casa una rassegna stampa completa delle uscite di Toti, gli ribadiscono che «parla come se fosse lui il capo», che non può dettare la linea.
Il Cavaliere minimizza: «Ma no, è solo un consigliere, non gli ho affidato alcun ruolo politico, è solo uno dei miei uomini più fidati a Mediaset che mi sta dando una mano ». Loro ripetono che non si può «bistrattare l’intera classe dirigente, come se non fossimo stati al tuo fianco in questi anni».
Chiedono che tutto questo venga riconosciuto attraverso la nomina a breve dell’ufficio di presidenza che dovrebbe affiancare il leader. E non piuttosto del comitato ristretto pensato a quanto sembra da Berlusconi, da affidare magari alla guida di Toti.
Il capo a quel punto si inalbera e taglia corto: «Nominerò l’ufficio di presidenza presto, forse nelle prossime ore» ma la chiude lì.
Finito il “corpo a corpo” coi parlamentari confesserà che lui invece quel comitato lo ha davvero in testa: «Non voglio rottamare nessuno, ma bisogna rinnovare, come stiamo iniziando a fare».
Sullo sfondo c’è il timore della vecchia guardia che il pallino delle candidature passi proprio a quel comitato e a Toti.
La partita si gioca lì, sul terreno più delicato. A Berlusconi i «ricatti» non piacciono.
E quella visita, dirà poi, in quel senso l’ha interpretata. Una pistola posta sul tavolo in un momento assai delicato.
Fitto è a capo di almeno 17 deputati, poi ci sono gli altri. Nessuno minaccia di andar via. Ma la settimana prossima la legge elettorale si vota in aula e a scrutinio segreto in alcuni passaggi.
In tanti in Forza Italia avrebbero gradito le preferenze, al posto del listino bloccato. Berlusconi sull’intesa si gioca parecchio.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 30th, 2014 Riccardo Fucile
CINQUESTELLE OCCUPANO ABUSIVAMENTE COMMISSIONI E IMPEDISCONO LAVORI PARLAMENTO: LE ISTITUZIONI INCAPACI DI DIFENDERE LA LEGALITA’
Risse, spintoni, bagarre, commissioni occupate, polemica alle stelle. 
Da ieri sera le porte di accesso agli uffici della presidente della Camera Laura Boldrini a Montecitorio sono sbarrate.
Le porte a vetri blindati risultano chiuse a chiave: devono essere aperte dall’interno dai commessi dell’anticamera. Non era mai successo.
E intanto il Movimento 5 Stelle ha formalmente depositato in entrambi i rami del Parlamento la denuncia per la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accusandolo di «attentato alla Costituzione».
La richiesta di impeachment è lunga meno di dieci pagine e campata in aria come sempre: tutto serve a creare scontri.
Secca la replica del Colle. «Stato d’accusa? Faccia il suo corso», dice il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al termine della visita al Vittoriano “La Rai racconta l’Italia”.
«La richiesta di M5S di mettere sotto accusa il Capo dello Stato rappresenta un atto scellerato volto solo a far saltare le fondamenta del nostro sistema democratico». Lo dice il capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza.
Parole simili a quelle usate stamane da Matteo Renzi sulla bagarre pentastellata scoppiata ieri in aula : «I grillini, anzichè cercare di lavorare per il bene del Paese, hanno trasformato il Parlamento in un ring, facendo ostruzionismo e bloccando la democrazia», ha detto il segretario del Pd ospite di Maurizio Belpietro a La Telefonata su Canale 5. ‘
«Verso un’altra giornata di ”distruzionismo’ grillino. Il Parlamento della Repubblica è sequestrato da Casaleggio» scrive il capogruppo di Scelta Civica alla Camera, Andrea Romano, su twitter.
Anche la portavoce del gruppo Forza Italia alla Camera Mara Carfagnasi sfoga su twitter: « La democrazia a 5 Stelle: occupazioni, urla, spintoni e volgarità gratuite. Comprendiamo la sindrome di Peter Pan ma la Camera dei deputati non è un liceo, nè tanto meno un asilo».
Stamane è scoppiata la rissa in commissione Affari costituzionali della camera dove i deputati del M5s bloccano nell’aula i parlamentari delle altre forze politiche.
La commissione ha votato il mandato al relatore della legge elettorale tra le urla dei parlamentari 5 stelle.
Sono intervenuti i commessi. I deputati M5s hanno bloccato l’uscita dall’aula della commissione.
Stamattina i deputati M5S hanno di fatto occupato l’aula della commissione Giustizia e la presidenza dove si esaminava il dl carceri.
La presidente Donatella Ferranti ha cambiato sede di esame e messo direttamente in votazione il mandato al relatore che ha avuto l’ok con gli emendamenti tutti respinti per l’Aula.
Si attendono oggi nell’emiciclo nuovamente bagarre e disordini.
E’ incredibile che il Parlamento sia sequestrato senza che nessuna carica dello Stato intervenga con i mezzi previsti dal regolamento e dalla giustizia penale.
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Gennaio 30th, 2014 Riccardo Fucile
CONTRO IL DEPUTATO CINQUESTELLE PRESENTANO QUERELA SETTE PARLAMENTARI DEL PD… BEPPE IL MORALISTA CONDIVIDE O LO ESPELLE DAL GRUPPO? DA QUESTE COSE SI DISTINGUONO GLI UOMINI DAI CIALTRONI
Arriva una querela nei confronti del deputato M5S Massimo de Rosa, che nella «rissa» avvenuta mercoledì in commissione Giustizia si è rivolto alle parlamentari Democratiche con un: «Siete arrivate qui solo perchè sapete fare bene i pompini».
La prima a presentare la querela è stata la deputata Alessandra Moretti. insieme alle colleghe Micaela Campana, Fabrizia Giuliani, Maria Marzano, Assunta Tartaglione, Chiara Gribaudo, Giuditta Pini.
OFFESA
«Ha offeso la dignità delle donne del Pd e delle donne italiane», sottolinea la responsabile Giustizia dei Democratici Alessia Morani.
«Stanno impedendo l’esercizio delle democrazia», ha sottolineato la responsabile Giustizia del Pd. «Vanno oltre il diritto della minoranza», ha aggiunto la democratica Maria Chiara Gadda.
Morani ha proseguito: «Si può dissentire ma non impedire il lavoro del Parlamento». «È evidente che questo è un tentativo di ostacolare la legge elettorale – ha sottolineato ancora Gadda – hanno paura di una politica che inizia a “fare”».
Nella denuncia De Rosa viene descritto , al momento dell’insulto come molto agitato, con un casco in mano, trattenuto a stento dai commessi parlamentari. Vengono chiamati come testimoni, oltre che alcuni colleghi (tutti maschi) del Pd, anche due deputati della Lega.
GRILLO CONDIVIDE O LO ESPELLE?
Dal canto suo il movimento di Grillo ha spiegato che indagherà per verificare quale siano state le parole pronunciate da De Rosa.
Bene, aspettiamo la espulsione di De Rosa entro 24 ore, altrimenti gli italiani giudicheranno chi è cialtrone e chi no.
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