Marzo 15th, 2014 Riccardo Fucile
UN CASO DI FANTASCIENZA PER L’ITALIA
Non mi considero un fan della rigidità tedesca, ma ci sono secoli di storia e di riforma protestante dietro le parole pronunciate da Uli Hoeness, campione del mondo di calcio nel 1974 e presidente del Bayern Monaco condannato in primo grado a tre anni e mezzo di carcere per evasione fiscale.
«Ho chiesto ai miei avvocati di non presentare appello, in linea con la mia idea di decenza, comportamento e responsabilità personale. Evadere le tasse è stato l’errore della mia vita. Affronto le conseguenze di questo errore».
Letto da qui, sembra uno squarcio di fantascienza, ma questo signore ha dato davvero le dimissioni e ora si accinge a entrare in carcere.
Con un esercizio di fantasia proviamo a supporre che un personaggio altrettanto popolare in Italia, magari anche lui presidente di un club, si ritrovasse coinvolto in un processo per evasione fiscale. Intanto esperirebbe tutti i gradi di giudizio, compreso il quarto che non esiste, utilizzando ogni espediente per procrastinare la resa dei conti.
Nel frattempo attaccherebbe i giudici, prevenuti e corrotti, indossando i panni della vittima.
Poi troverebbe un deputato, un avvocato, una commercialista o una sciampista, possibilmente imparentata con un Capo di Stato estero, in grado di testimoniare la sua completa estraneità ai fatti.
Dopo di che si appellerebbe al popolo dei tifosi, rivendicando il diritto a un trattamento speciale. Infine si candiderebbe alle Europee, senza perdere fascino agli occhi di molti connazionali.
E chi osasse criticarlo verrebbe bollato come moralista, quando in certe lande desolate del Nord Europa passerebbe banalmente per morale.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)
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Marzo 15th, 2014 Riccardo Fucile
LA SINDROME DA “JEKYLL & HYDE” DEL CAMPIONE PIU’ AMATO DAI TEDESCHI… L’EROE DEL CALCIO VENUTO DAL BASSO, SEDOTTO DAL GIOCO FOLLE DEL DENARO
È un uomo venuto dal basso, da origini umili, come Gerhard Schroeder, e un uomo dilaniato dalle contraddizioni, lo Uli Hoeness sedotto dal denaro e dall’evasione di cui voglio narrarvi.
E al tempo stesso, è anche lui parte di questa Germania dove, molto più che in Italia o in diversi altri paesi, la gente è unita da un certo senso della responsabilità verso la legge e l’interesse collettivo.
Adesso, davanti alla gente, Uli Hoeness è un uomo bifronte.
È da tempo noto per la sua generosità : ha donato molto denaro in beneficenza, ha aiutato le squadre dei poveri, e se un calciatore entrava in crisi o si trovava in difficoltà , era sempre al suo fianco.
E d’altra parte è stato l’uomo che a lungo ha giocato d’azzardo con speculazioni in Svizzera, con enormi somme non dichiarate, fino ad accumulare un debito enorme con il fisco.
Nessuno capisce cosa sia accaduto nel suo animo, nessuno comprende come un manager esperto comelui abbia potuto perdere il controllo diquei suoi affari.
Dalle umili origini, alla carriera folgorante, alla caduta: è il dramma in cui lui, self-made manbavarese, si è cacciato da solo.
Uli Hoeness, come Gerhard Schroeder e in parte Joschka Fischer, è stato un volto di quei sottoproletari saliti al vertice dell’establishment.
È una realtà particolare, diversa da altri paesi, e segna una generazione, oggi tra i 60 e i 70 anni, che – forse con la parziale eccezione di Joschka Fischer – si è trovata psicologicamente impreparata ad affrontare un enorme successo e potere personale. Più ancora del denaro, l’enorme potere che si sono trovati in mano ha sconvolto in loro criteri e ordini di misura.
Pensiamo a Schroeder, oggi obbediente servitore del padrone Putin. Nasce nell’animo un rapporto speciale col potere.
Nel caso dell’ex cancelliere, affascina il mostruoso potere in mano a Putin. Nell’animo di Hoeness, il potere di giocare con quelle somme enormi lo ha spinto a un gioco folle.
Ma la storia di Hoeness ha anche a che fare con la crisi finanziaria mondiale, e con le cifre gigantesche che oggi sembra normale pagare ai calciatori, o ai leader delle società calcistiche.
Dobbiamo chiederci, guardando al dramma di Hoeness, anche che cosa sia diventato il calcio. Basta pensare a quanto le squadre pagano per comprare i calciatori per capire che la società intera ha perso senso di misura.
Hoeness non era un cinico, quando nei talk-show attaccava il capitalismo neoliberale privo di scrupoli: era ed è una personalità sdoppiata, un po’ Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Non mi stupirebbe se adesso, quando avrà molto tempo, lancerà – magari scrivendo un libro – un j’accuse contro il sistema del denaro che ha sedotto lui stesso, lui che provava sempre empatia per i poveri, gli sfortunati, e coesisteva con l’altro Hoeness che giocava d’azzardo con fondi neri in Svizzera.
Evadeva, ma conservava un cuore per i poveri.
Io non sono mai stato un suo fan, perchè ho sempre visto nella politica del Bayern, l’acquisto dei migliori calciatori d’ogni altra squadra a ogni prezzo, la metamorfosi del calcio da sport autentico a competizione capitalista.
Eppure, qualcosa in Germania funziona in modo diverso, per cui per la sua scelta di accettare la condanna in nome della dignità e della responsabilità merita rispetto. Quanto è diverso questo self-made man Uli Hoeness da un Berlusconi che si dichiara sempre innocente e insulta i giudici come una banda di comunisti.
No: Hoeness si pone di fronte alle sue responsabilità , si piega a un sistema che accetta il potere della giustizia, in modo sconosciuto in Italia ma anche altrove.
Hoeness che chiede di andare in prigione è un cittadino della Germania dove molti ministri si sono dimessi “soltanto” perchè accusati di aver copiato le tesi di dottorato. Quanti politici, secondo criteri del genere, dovrebbero sparire dai Parlamenti di altri paesi?
È un esempio di accettazione del potere giudiziario, che in Italia e altrove sarebbe auspicabile.
Da noi vige un consenso civico costitutivo: la maggioranza dei cittadini pensa che sia giusto pagare le tasse, anche perchè lo Stato ti rende qualcosa.
È terribile quando viene meno la fiducia nello Stato e pensi che chi ti tassa ti deruba. E quando, come in Italia o in Francia, si cerca sempre d’incolpare gli altri, o lo Stato, invece di chiedersi, come invitò a fare Kennedy, cosa puoi fare tu per lo Stato e la collettività .
Il consenso civico ha piegato anche Hoeness. Ha preso lui l’iniziativa di lasciare ogni incarico nel Bayern, e di rinunciare a ricorrere in appello.
È un uomo d’azione, e sono certo che quando avrà scontato la pena come ha chiesto, tornerà alla ribalta ai vertici del Bayern. I bavaresi lo hanno già perdonato, e pur condannando la frode vedono in lui ancora un eroe.
Proprio la sua disfatta in tribunale, per il modo in cui l’ha accettata, potrebbe trasformarsi in prologo di una sua riscossa.
Peter Schneider
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Marzo 15th, 2014 Riccardo Fucile
CARRAI MINIMIZZA: “MA IO LO OSPITAVO COME AMICO”… PERO’ ALLORA ERA AD DI FIRENZE PARCHEGGI, SOCIETA’ IN RAPPORTO CON IL COMUNE
«L’ho pagato io quell’affitto. Ma l’appartamento non l’avevo preso per Matteo. Era il posto dove stavo io e l’avevo affittato molto prima che Renzi ci si trasferisse, che male c’è?»
L’imprenditore Marco Carrai ammette: il contratto d’affitto dell’attico di via Alfani, in pieno centro, era a suo nome.
Matteo Renzi, già sindaco di Firenze, ci ha vissuto dal 2011 per quasi tre anni prendendoci la residenza.
«Nel periodo in cui Renzi è stato sindaco ha avuto prima un appartamento in affitto. Non riuscendo poi a mantenerne il costo, quando dormiva a Firenze dormiva a casa di un amico», spiega lo staff di Renzi.
«L’ospitalità che gli ho dato gli ha consentito di mantenere appoggio e residenza a Firenze», dice del resto Carrai nella lettera apparsa ieri su Libero.
Da giorni però il quotidiano punta i riflettori sui cambi di residenza di Renzi e anche sulla C&T Crossmedia, la società che lavora per Palazzo Vecchio e che, indirettamente, vede proprio Carrai come comproprietario.
È nel novembre 2009 che Renzi, sindaco da cinque mesi, sposta la residenza da Pontassieve, dove abita con la famiglia, a Firenze.
Affitta una mansarda di 80 metri quadrati in via Malenchini, a 200 metri da Palazzo Vecchio: il proprietario è Luigi Malenchini, marito di Livia Frescobaldi che sarà poi nominata con Carrai nel maggio 2012 nel Cda del Gabinetto Vieusseux quando Giuliano Da Empoli ne diventa presidente. È direttamente Renzi a firmare il contratto da 12mila euro l’anno per via Malenchini.
Dove resta fino a marzo 2011, quando si trova un’altra sistemazione: «Lo sfruttava poco, forse non gli conveniva. Ma è sempre stato lui a pagare, mai fatto sconti», conferma Frescobaldi
Per Renzi la nuova sistemazione è proprio l’alloggio di Carrai.
L’imprenditore grevigiano a fianco di Renzi fin dai tempi della Margherita. Per il premier era ed è ancora oggi «Marchino», l’imprenditore e amico fidato che lo aiuta nelle relazioni internazionali e nel fund-raising.
Proprietario dell’attico è però un altro imprenditore, Alessandro Dini. Carrai affitta da lui e Renzi ci trasferisce la residenza.
In quel momento ‘Marchino’ è ad di Firenze Parcheggi: nel Cda però non viene nominato dal Comune ma dal Monte dei Paschi.
Ed è alla fine di quello stesso anno, il 2011, che l’associazione dei musei comunali Muse affida a C&T Crossmedia il servizio di audio e videoguide per i visitatori di Palazzo Vecchio.
Lo fa in seguito a una procedura (indagine di mercato) prevista dal Codice dei contratti pubblici. Da quel momento la Crossmedia incassa dal noleggio dei tablet ai turisti e riconosce all’amministrazione delle royalties
Carrai, al momento dell’affidamento, non ha alcuna carica operativa in C&T Crossmedia. Ma indirettamente ne è comproprietario: il 50% di Crossmedia è nelle mani di D&C, la società di Carrai e Federico Dalgas.
Solo il 29 marzo 2013 Carrai diventerà presidente di C&T.
Avere a che fare con Palazzo Vecchio e pagare l’affitto al sindaco non configura però già un conflitto d’interesse? «In Italia non è impedito fare impresa. È tutto regolare e se non c’è reato non c’è niente di male. Dove sarebbe il conflitto d’interessi? C’è una legge che lo vieta? Ho diritto come gli altri a fare impresa », replica stizzito Carrai.
Renzi intanto non è già più residente a Firenze: da gennaio è nei registri anagrafici di Pontassievee.
Ernesto Ferrara e Massimo Vanni
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