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INTERVISTA A VITTORIO FELTRI: “BASTA VECCHI BIGOTTI, IL CENTRODESTRA SI SVEGLI”

Luglio 2nd, 2014 Riccardo Fucile

“L’ELETTORATO DI CENTRODESTRA E’ RIMASTO NELLE CAVERNE, DEVE SMETTERLA DI STARE DIETRO A VECCHI RONZINI COME GIOVANARDI”…” “CON LE PORCHERIE CHE ACCADONO NELLE FAMIGLIE TRADIZIONALI CI STIAMO A PREOCCUPARE DELLE UNIONI GAY?”

Qualcuno gli rinfaccia qualche vecchia battuta «omofoba». Ma basterebbe fare una ricerca su google per scoprire che le posizioni di Vittorio Feltri a favore dell’estensione di tutti i diritti civili agli onosessuali non sono certo una novità .
A sorprendere, semmai, è stata l’iscrizione all’Arcigay sottoscritta insieme a Francesca Pascale. E il fatto che, il giorno dopo, ad associarsi alle posizioni «libertine» di Feltri sia stato niente poco di meno che Silvio Berlusconi
Direttore Feltri, è sincera l’apertura di Berlusconi? O magari è un altro «dispettuccio» all’Ncd?
«Io non metto mai in dubbio la sincerità  di nessuno fino a prova contraria. Non so perchè Berlusconi l’abbia fatto, so perchè l’ho fatto io».
Ecco, perchè l’ha fatto lei?
«Perchè sono sempre stato favorevole a estendere a tutti ogni diritto e credevo fosse necessario sollevare questo problema in un centrodestra che finora si è adagiato su un cattolicesimo antico e bigotto».
Scettico sul matrimonio tradizionale, favorevole a quelli gay. Un controsenso?
«Beh, sono convinto che gli omosessuali quando potranno sposarsi smetteranno di farlo… Per il resto, non si capisce perchè vietare una cosa che all’estero tutti possono fare».
Feltri «libertino» ma con il vizio della battuta omofoba. È una contraddizione anche questa?
«Io sono stato condannato, pensi un po’, per una battuta. Successe qualche tempo fa, un parlamentare omosessuale pronunciò un discorso laudatorio sui disertori e io, in una trasmissione satirica, dissi che forse agli omosessuali piacevano tanto i disertori perchè quando fuggono mostrano le terga. La verità  è che il diritto di satira dovrebbe valere per tutto. Si deve poter ironizzare sulle donne, sugli animali e sugli omosessuali. È chi ha paura di certe battute il vero omofobo».
Non crede che questo tema rischi di dividere ulteriormente il centrodestra?
«Questo rischio c’è, ma tanto più divisi di così… In un centrodestra che si fossilizza su posizioni tardivamente cattoliche che Forza Italia faccia delle battaglie più avanzate non può che essere un bene. E questo non vale solo per i diritti degli omosessuali, ma per tutti i cosiddetti temi etici. Penso anche alla procreazione assistita, con la Corte Costituzionale che ha bocciato la legge del centrodestra. Il mondo va avanti, bisogna saper cambiare le proprie convinzioni».
Concederebbe quindi tutti i diritti agli omosessuali? Anche i matrimoni e le adozioni?
«Ma certo. Guardi che le schifezze avvengono anche nelle famiglie tradizionali. Conta l’atteggiamento affettivo nei confronti dei figli, non certo il sesso dei due genitori».
L’elettorato moderato si spaventerà …
«Me ne rendo conto. Purtroppo è un elettorato rimasto nelle caverne. Se però si vuole allargare il proprio consenso il centrodestra deve cambiare temi e atteggiamenti e smetterla di stare dietro a vecchi ronzini come Giovanardi».
Non è che alla svolta di Berlusconi ha contribuito anche la «moral suasion» di Francesca Pascale?
«Questa mi è sembrata un’interpretazione eccessiva. Berlusconi non è mai stato un bigotto. Per molti anni si è attenuto ai consigli di quella parte del partito più legata al vecchio mondo cattolico. Ora che si è liberato di lacci e lacciuoli può dare libero sfogo al suo temperamento che è molto più liberale che conservatore».
Solo un caso che il suo comunicato sia arrivato il giorno dopo la vostra iscrizione all’Arcigay?
«Lo ha scritto senza che noi ne sapessimo nulla. Ora qualcuno prova a sminuirlo ma a me sembra molto chiaro. Berlusconi è molto vicino alle posizioni mie e di Francesca Pascale».

(da “il Tempo“)

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MATTEO RENZI BALLA DA SOLO

Luglio 2nd, 2014 Riccardo Fucile

CDM SEMPRE PIÙ BREVI, SEGRETERIE DEL PD RIUNITE SU WHATSAPP (E NON PIÙ ALL’ALBA)… NOMINE DECISE DAVANTI A UNA PIZZA… IL GOVERNO COME UN CONSIGLIO COMUNALE

“Non lo so”, “decide Matteo”, “il Presidente non l’abbiamo visto”: capita spesso di provare a informarsi su provvedimenti di Palazzo Chigi, o sulle mosse prossime venture del governo e del Pd e di sentirsi rispondere così.
In genere non è reticenza: è che proprio Renzi “balla da solo”, per usare la metafora di un dirigente Dem.
E dunque, tende a fare tutto lui, delega il meno possibile, vuole l’ultima parola su qualsiasi cosa, non si fida praticamente di nessuno.
Luned’ ha incontrato all’ora di pranzo Andrea Orlando, il Guardasigilli che aveva pronti una serie di provvedimenti, e gli ha chiarito non solo che la riforma della giustizia era rimandata, ma che poi nel merito avrebbe deciso lui.
Per chiudere la bozza d’entrata in Cdm del provvedimento sulla Pa, il ministro Madia ha dovuto aspettare che lui tornasse dal Vietnam.
E fino a quando Napolitano non ha firmato i decreti, i diretti responsabili non sapevano neanche cosa ci sarebbe stato esattamente nella loro riforma.
“Renzi ha leadership ed è giusto che i ministri intorno a lui non siano figure forti. Potrebbero essere solo elementi di disturbo”, commentava qualche corrispondente straniero il giorno del giuramento.
Uno spunto che Renzi segue alla lettera. “Maria Elena, hai le slide? Ah, ma queste sono slide da secchiona”.
Così prendeva in giro la Boschi durante la conferenza stampa di presentazione della riforma del Senato.
“Poi Marianna domani vi spiega tutto”, diceva nel Cdm dedicato alla Pa. Quel domani non è mai arrivato.
I Cdm sono brevissimi e neanche troppo tesi: c’è poco da discutere.
Renzi i ministri competenti li vede prima, sente cosa hanno da dire, poi decide lui.
“Non è vero che Matteo non ascolta: ascolta tutti. Magari per pochissimo. Poi sintetizza”, raccontano.
Il “Presidente” vuole avere l’ultima parola anche “tecnica” sulle leggi.
Ecco l’imbuto, l’ingorgo. E le incomprensioni: capita che chi lavora con lui neanche sappia esattamente i contenuti dei testi.
Gli unici a cui delegasono quelli del “Giglio magico”: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti gestisce le trattative per suo conto, magari ci mette la faccia, quando il premier preferisce evitare.
La Boschi è la punta di diamante alle riforme: lei ha il mandato, lui ratifica ogni cosa.
Il direttore del Dagl, Antonella Manzione, è quella che deve tradurre in legge le volontà  del premier.
Graziano Delrio, Sottosegretario alla presidenza del Consiglio, diverso per carattere ed esperienza dai fiorentini ha avuto un ruolo centrale politico nel portare il premier alla guida del governo, ma ora preferisce dedicarsi a gestire una serie di partite amministrative centrali (tipo Alitalia).
Molti lo vedono pronto per il Colle. Chiunque ha una certa autonomia fa fatica a sopravvivere accanto a Renzi.
A Palazzo Chigi il premier non ha neanche una segretaria: si appoggia alla struttura, per molte cose fa da solo.
Al partito, viceversa, Renzi è quasi assente. La segreteria praticamente non esiste.
Da quando è diventato premier, la metà  si è trasferita con lui al governo (Boschi, Lotti, Madia). Matteo ha nominato due vice segretari, Guerini e Serracchiani.
Soprattutto al primo delega ogni pratica complicata e diplomatica. Perchè poi il segretario è il lavoro che gli interessa di meno. Tutti gli altri sono sostanzialmente lasciati a loro stessi.
Finiti i tempi delle riunioni all’alba. Anzi, le riunioni non si fanno neanche più. “Ma siamo perennemente convocati su Whatsapp”, raccontano loro.
Sono mesi che si aspettano nuove nomine per la segreteria. Sempre rimandate perchè lui “non ci ha messo la testa”.
Quando poi ce la mette, fa quello che vuole: il giorno della chiusura delle liste per le europee, alle 2 di notte, ha mandato sms alle 5 prescelte per comunicare che sarebbero diventate capoliste, azzerando in un istante settimane di trattative.
Lacrime delle ragazze, strepiti degli esclusi. La sera prima dell’Assemblea nazionale del Pd ha mangiato una pizza con i fedelissimi e ha ratificato una decisione che aveva preso da settimane: il presidente sarebbe stato Matteo Orfini.
Il 17 giugno in un vertice a Palazzo Chigi con governo e Pd ha praticamente scritto l’ultima versione della riforma del Senato, immunità  compresa.
L’uomo è così: non propone, ma dispone. E se qualcuno prova a contrastarlo c’è lì quel 40,8%. I voti, tipo memento mori. Accentrava quando era presidente della Provincia di Firenze, lo faceva da Sindaco, continua da premier.
Il problema, che molti cominciano a notare, è che più il perimetro dell’azione è largo e l’imbuto è stretto, più rischia di strozzarsi.

Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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“IL GOVERNO E’ FAVOREVOLE”. EVVAI CON L’IMMUNITA’ AL SENATO

Luglio 2nd, 2014 Riccardo Fucile

LO SCUDO PASSA IN COMMISSIONE… POTRà€ SERVIRE ANCHE A NAPOLITANO…   LE NORME SULL’ANTICORRUZIONE SLITTANO ANCORA (DOPO LA METà€ DI LUGLIO)

Venti minuti, poche obiezioni, un assenso convinto e la commissione Affari costituzionali approva l’emendamento di Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli, i relatori di una riforma che trasforma la Carta: viene introdotta (o confermata) l’immunità  per i futuri senatori, che poi senatori non sono, ma consiglieri regionali, sindaci e nominati.
Il Partito democratico ha votato compatto, assieme ai berlusconiani (con l’eccezione di Augusto Minzolini), ai leghisti e ai centristi-alfaniani misti.
Sel e M5s contrari.
Il ministro Maria Elena Boschi, presente in Commissione, ha concesso al tema un centinaio di secondi, in tre ha riassunto: “Il governo è favorevole”.
Scomparso l’imbarazzo; pareva asfissiante un paio di settimane fa. Poi s’è scoperto che la protezione ai senatori aveva il timbro di Matteo Renzi, di un gruppo di democratici e, ricordano, di svariati costituzionalisti consultati in Commissione.
Il bersaniano Miguel Gotor ha assistito a questi venti minuti, che avranno tempi supplementari in aula.
Convinto, per nulla pentito: “Il Senato che aveva pensato Renzi non aveva poteri, noi abbiamo ripristinato le funzioni legislative, di controllo e di garanzia e abbiamo bisogno di un ombrello”. Perchè, Gotor?
“Per — chè? Io sono quasi sicuro di essere ascoltato in questo mo mento. Viviamo in un paese con precedenti eclatanti di spionaggi illegali”.
E i politici locali che non saranno tra i fortunati 100, non sono discriminati?
“La questione è stata aperta, ma non era possibile trovare una soluzione”.
Con disprezzo per il pericolo, e per il cortocircuito normativo, la Commissione voleva coinvolgere la Consulta: in via informale, ma non interlocutoria, la Corte ha fatto sapere che non vuole cadere in impicci politici.
E non vuole sbrigare questioni che non le competono: creare una sezione per accogliere o respingere le richieste dei Tribunali non avrebbe senso. Non è possibile.
Per il governo non c’era neanche l’esigenza di disturbare la Consulta: l’immunità  non è “dirimente” per le ri- moforme.
Anna Finocchiaro è in perfetta sintonia con Palazzo Chigi e il cosiddetto patto del Nazareno (allargato ai leghisti- alfaniani): “L’immunità  non c’entra nulla con il mezzo di elezione. Non è cambiato niente rispetto alla Costituzione vigente, così come riformata nel ’92”.
Ma il Senato sta per cambiare. I Cinque Stelle dicono che l’immunità  è uno sfregio al dialogo dei cittadini: “Non sanno neppure se i componenti saranno eletti o meno”.
Il governo non vuole cedere sul Senato elettivo nè tantomeno l’alleato Silvio Berlusconi è ricettivo.
Renzi ha spedito una missiva, un elenco di buoni propositi ai Cinque Stelle e rimette i contrasti in sospeso.
Ancora qualche giorno in Commissione, poi la settimana prossima la riforma sarà  in aula.
E in aula, però, non ci sarà  il disegno di legge anticorruzione.
Precedenza al Senato che corregge se stesso. Il ripristino (o la tutela) di una guarentigia costituzionale di Palazzo Madama potrebbe tornare utile anche a Giorgio Napolitano che, dimissionario a breve o dimissionario più tardi, potrà  usufruire dell’ar — ticolo 68 quando non alloggerà  più al Colle.
Ai magistrati di Palermo che lo volevano interrogare in qualità  di testimone della trattativa Stato- mafia, il presidente della Repubblica inviò una lettera: “Non ho nulla da riferire”.
E nulla ha riferito.
Da senatore a vita senza immunità  avrebbe riferito. Adesso non più. O mai più.

Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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BACI ALLA FRANCESE: RENZI SUPERCAZZOLA E LO SPOT SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

Luglio 2nd, 2014 Riccardo Fucile

UNA LISTA DI SLOGAN E FRASI FATTE CHE AVREBBE MERITATO SOLO RISATE E PERNACCHIE

Che cos’abbia spinto un ragazzo sveglio come Renzi a inscenare l’imbarazzante conferenza stampa sulle “linee guida” della giustizia, cioè sul nulla mischiato con niente, in mezzo alle statue di cera del duo Orlando & Alfano, è noto: anche sulla giustizia, come su tutto, il premier non ha alcunchè di pronto, di scritto, di pensato e soprattutto di concordato con il partner privilegiato B. (che ieri la Cassazione ha definito complice del “socialmente pericoloso Dell’Utri” nel “patto con la mafia”). Siccome però Matteo Supercazzola aveva promesso e ripromesso la riforma della giustizia entro e non oltre giugno (luglio è già  impegnato dal fisco, come no), presentarsi a mani vuote pareva brutto.
Avrebbe dato ragione ai “gufi” e “professoroni” che ancora si permettono di dubitare di lui.
Dunque ha messo giù, col consueto trust di cervelli, una lista di slogan e frasi fatte, tipo pensierini da scuola elementare, spostando avanti di due mesi la scadenza del ddl: intanto “si apre un grande dibattito fino a settembre”, anche “in rete”, pure “con i direttori di giornale”, all’insegna della “democrazia partecipata”.
Tanto aveva l’assoluta certezza che i giornalisti in sala, anzichè sommergerlo di risate e pernacchie, avrebbero preso buona nota tutti compunti e trasformato quello spettacolino avvilente in un momento solenne sui loro giornali e tg.
Poi, siccome si crede molto spiritoso, ha condito il tutto con sapidi calembour, e tutti giù a ridere, batti un cinque, fatti un selfie.
Il punto di partenza è già  una balla: “per 20 anni la giustizia è stata tabù” per quello che lui definisce “il derby berlusconismo-antiberlusconismo” (cioè l’attacco ventennale dei politici alla legalità ).
Forse gli sfugge che dal ’94 a oggi non c’è stata materia più “riformata” della giustizia, con ben 120 leggi che l’han ridotta all’agognata paralisi: altro che tabù.
Ed ecco le 12 slide, simili ai cartigli dei Baci Perugina, subito tramutate dalla stampa in “grande riforma” o “rivoluzione in 12 punti”
1) “Giustizia civile: riduzione dei tempi. Un anno in primo grado”.
È l’uovo di Colombo, eppure nessuno ci aveva pensato prima: ora arriva lui, fa una legge di un solo articolo che dica “sbrigarsi”, “fare presto”, “un anno non un giorno di più”, e oplà , è fatta. Ma che dico “un anno”? Un mese, signori, in un mese!
2) “Giustizia civile: dimezzamento dell’arretrato”.
Un gioco da ragazzi: basta una norma che dica “dimezzare l’arretrato” e la metà  eccedente delle cause, come per incanto, evapora.
3) “Corsia preferenziale per imprese e famiglie”.
Giusto: prima le donne, i vecchi e i bambini. E mi raccomando: non parlare al conducente e non calpestare le aiuole.
4) “Csm: più carriera per merito e non grazie all”appartenenza’”. Fantastico.
5) “Csm: chi giudica non nomina, chi nomina non giudica”. Perbacco.
Poteva aggiungere “chi entra non esce e chi esce non entra”, “chi bagna non asciuga e chi asciuga non bagna”, per dire.
6) “Responsabilità  civile modello europeo”: giusto, i fautori del modello africano o neozelandese sono sistemati.
E così via, a colpi di “riforma del disciplinare”, “falso in bilancio e autoriciclaggio”, “accelerare il processo penale” (se no resta indietro sul civile), “riforma della prescrizione”, “intercettazioni: diritto all’informazione e tutela della privacy”, “informatizzazione integrale”.
Siamo al punto 11, che però non è cifra tonda. Ci vuole pure il 12, che fa tanto Mosè sul Sinai.
Che ci mettiamo? Ritinteggiatura aule? Lucidatura pavimenti? Sostituzione serramenti? Nuovo design per le toghe?
Ma no, dai: “Riqualificazione del personale amministrativo”, fa più fico.
Non è dato sapere se il “modello europeo” cui si ispira il Renzi comprenda il sistema francese: quello che ieri ha portato al fermo (“garde a vue”) dell’ex presidente della Repubblica Sarkozy, finito in guardina nel bel mezzo di un interrogatorio, dopo mesi di intercettazioni sui telefoni suoi e dei suoi avvocati e compari per uno scandalo di finanziamenti illeciti.
Ma pare proprio di no: in Italia gli ex presidenti diventano ipso facto senatori, sia nel vecchio sia nel nuovo Senato, che proprio ieri si è regalato un’altra volta l’impunità . Europei sì, fessi no.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)

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PIERSILVIO BERLUSCONI FA IL TIFO PER RENZI E HA LE VISIONI: “HA FATTO UN GRAN LAVORO”

Luglio 2nd, 2014 Riccardo Fucile

“CHI NON SOSTERREBBE UNO CHE FA IL 40%? HA UNA CHANCE UNICA”… E SUL PADRE: “HA INTERESSE A FAR CAMBIARE IN MEGLIO IL PAESE”

Tra i tifosi del premier Renzi, c’è anche il vicepresidente di Mediaset Piersilvio Berlusconi: “Da italiano e da imprenditore tifo per le riforme subito e per la fretta del governo. La crisi è lunga, il nostro Paese è in difficoltà  da troppo tempo, non c’è più un minuto da perdere”.
“Renzi – aggiunge Berlusconi jr – ha una chance unica e una grandissima responsabilità “. L’endorsement, a sorpresa, arriva alla   presentazione dei palinsesti Mediaset della prossima stagione.
E’ Piero Chiambretti, cerimoniere della serata, a tirare in ballo il presidente del Consiglio con una battuta: “Lei crede nel governo della Ruota della fortuna?”, chiede alludendo al fatto che Renzi era stato concorrente del quiz di Mike Bongiorno.
Ma Piersilvio Berlusconi alla provocazione risponde serissimo: “Il governo ha chiesto alla Rai di tagliare 150 milioni di euro, noi abbiamo tagliato 620 milioni in due anni. Queste sono le cifre, la crisi non dà  tregua. Faccio il tifo per la fretta del governo”.
Ha l’aria rilassata, ma nella serata destinata alla nuova stagione televisiva di Canale 5, Rete4, Italia 1, tra calcio, reality, talent, dati e percentuali, è la politica a tenere banco: “Avete visto? Ho usato le slide dopo che le ha usate Renzi… Chi non farebbe il tifo per uno che fa il 40%?”.
Un entusiasmo che sembra sincero: scusi ma in famiglia tifano Renzi come lei? “Penso che mio padre abbia tutto l’interesse di far cambiare in meglio il Paese, per esperienza e senso di responsabilità . Avevo messo in conto che facendo questa dichiarazione su Renzi avrei sorpreso un po’ tutti. Facciamo impresa, non ci sono segnali veri neanche negli investimenti pubblicitari. La stabilità  è un bene prezioso. Abbiamo bisogno di riforme – certo bisogna vedere come saranno fatte, e devono essere fatte bene – ma sono indispensabili, partendo dal lavoro alle tasse alla giustizia”.
Il giovane presidente del Consiglio Renzi, 39 anni, che va veloce per la sua strada, affascina Berlusconi jr, 45 anni, che non ha dubbi: “E’ il più grande comunicatore dopo mio padre. La fiducia se la merita perchè ha fatto un gran lavoro. Che posso dire? Speriamo ce la faccia: la cosa peggiore è deludere le promesse”.
Lui, più volte tirato in ballo come possibile successore del padre insieme alla sorella Marina per risollevare le sorti di Forza Italia, prima fa una battuta: “La politica? Mai dire mai”.
Poi un passo indietro: “Per carità , stavo solo scherzando. La politica è una cosa seria, bisogna studiare, prepararsi, la devi sentire come una passione. Ci vuole il carattere. Non basta avere il cognome, non si diventa politico per osmosi. Io faccio l’imprenditore, è già  un bell’impegno e mi basta. E poi sarebbe da cretini candidarsi adesso, con il più forte di tutti in campo”.
“Parliamoci chiaro, in giro non c’è nessuno, se non succede qualcosa – aggiunge sorridendo – Renzi vince per vent’anni”.

(da “La Repubblica”)

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SARKOZY IN STATO DI ACCUSA PER CORRUZIONE DOPO 15 ORE DI INTERROGATORIO

Luglio 2nd, 2014 Riccardo Fucile

RICONOSCIUTO L’IMPIANTO DI ACCUSE DEI MAGISTRATI CHE INDAGANO SUGLI AFFARI DELL’EX PRESIDENTE

L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy è stato messo in stato d’accusa da un giudice istruttore di Parigi per corruzione, traffico di influenze e violazione del segreto istruttorio.
Lo ha reso noto la procura nazionale per i reati finanziari, che ha chiesto e ottenuto il provvedimento, adottato nella notte dopo 15 ore di fermo. Ieri il lungo interrogatorio di Sarkozy.
La procura nazionale per i reati finanziari scrive in un comunicato che “a seguito del loro fermo, Nicolas Sarkozy, Gilbert Azibert (giudice di Cassazione, n.d.r.) e Thierry Herzog (avvocato dell’ex presidente, n.d.r.) sono stati presentati ai due magistrati istruttori incaricati dell’indagine aperta il 26 febbraio 2014 per le accuse di traffico di influenze e violazione del segreto istruttorio… Conformemente alle richieste della procura, sono stati messi sotto accusa”.
Le accuse.
Nicolas Sarkozy secondo la procura è accusato di ricettazione della violazione del segreto professionale (la ricettazione indica la disponibilità  di un oggetto proveniente da reato, in questo caso le informazioni sulle inchieste, n.d.r.), corruzione attiva e traffico di influenze attivo.
Il giudice Azibert è accusato di ricettazione della violazione del segreto professionale, traffico di influenze passivo e corruzione passiva.
Per l’avvocato Herzog l’accusa è di violazione del segreto professionale, ricettazione della violazione del segreto professionale, corruzione attiva e traffico di influenze attivo.
Il “traffico di influenze”.
Il reato di “traffico di influenze” è tipico del diritto francese, dove è stato introdotto già  alla fine dell’Ottocento, ma è estraneo alla tradizione italiana. E’ stato inserito nel nostro codice penale solo nel 2012, all’articolo 346 bis, a seguito dell’adesione dell’Italia a convenzioni internazionali dell’Onu e del Consiglio d’Europa.
Il “traffico di influenze” consiste nella mediazione illecita volta al compimento di atti contrari al dovere d’ufficio di un pubblico ufficiale.
Altolà  al ritorno in politica.
A 59 anni Sarkozy voleva tornare a guidare il partito e il Paese. Erano mesi che maturava la decisione, domenica l’informato Journal du Dimanche l’aveva quasi ufficializzata: prima tappa, Sarkò avrebbe ripreso in mano il partito allo sbando, poi la lunga rincorsa verso il 2017 e la riconquista dell’Eliseo. Ma prima il fermo e poi l’apertura ufficiale dell’inchiesta per corruzione, mai successo a un ex presidente, sembrano ora fermare il ritorno di Sarkò.
Da Gheddafi a Tapie.
La scintilla è scoccata a dicembre, dopo mesi di indagini su tre diversi filoni: lo scandalo Bettencourt (le bustarelle con i bigliettoni dell’ereditiera dell’impero L’Oreal per la campagna elettorale vittoriosa del 2007), i finanziamenti illeciti piovuti anche dalla Libia dell’ex amico poi diventato nemico, Muammar Gheddafi (Sarkozy fu protagonista dell’intervento occidentale che mise in crisi il regime libico).
E infine anche il ruolo avuto dal governo, sotto la presidenza Sarkozy, nell’arbitrare la disputa fra il miliardario Bernard Tapie e la banca Credit Lyonnais, finita con la decisione di risarcire il primo con oltre 400 milioni di euro.
Le telefonate.
Nelle telefonate intercettate, Sarkozy-Bismuth e Herzog parlavano molto e sempre degli stessi argomenti: le agende, soprattutto quelle agendine, con i segreti di tre inchieste che bruciavano, anche se in quella Bettencourt per il presidente è arrivata nel frattempo l’archiviazione.
Sarkozy voleva sapere ogni giorno, più volte al giorno, cosa stava decidendo la Cassazione, alla quale si era rivolto per farle secretare.
E in Cassazione “l’amico” era Gilbert Azibert, che lo informava. E che sognava di prendere “l’ascensore”, cioè di farsi spedire – grazie agli amici dell’ex presidente – nel Principato di Monaco.
Ad informare Sarkozy ed Herzog di come andavano le cose, compresa la decisione di mettere sotto intercettazione i telefoni di entrambi, erano Azibert e il collega togato Patrick Sassoust.

(da “La Repubblica”)

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