Destra di Popolo.net

INTERVISTA A UMBERTO BOSSI: “MARONI E SALVINI HANNO DISTRUTTO LA LEGA”

Luglio 22nd, 2014 Riccardo Fucile

“RENZI E’ UN LEONCINO NELLO ZOO, BERLUSCONI L’HA MESSO IN GABBIA”

Lui sorride, con l’immancabile sigaro Garibaldi tra le dita.
Accasciato su una sedia di plastica in un pratone alla periferia di Treviglio (Bergamo), Umberto Bossi è tornato a essere il Capo.
“Son matti, non sono più tollerabili” bofonchia scuotendo la testa guardando Matteo Salvini scendere dal palco e andarsene verso un altro comizio. Bossi rimane.
Intorno decine di persone fanno a gara per stargli accanto. Una signora gli piazza davanti una torta verde col simbolo della Lega, lui la taglia.
Il Senatùr ha ritrovato la sua gente, quella che nell’ultimo anno lo aveva un po’ evitato in attesa di definire il giudizio sulle sue reali responsabilità  nel suicidio della Lega.
Lo scandalo Belsito, le spese dei figli, il cerchio magico.
E a vedere la processione di militanti che gli si para davanti per chiedere una foto con lui, un autografo, la conclusione è evidente. Per accontentare tutti rimane fino alle due del mattino.
E per la prima volta parla di ciò che ormai può declinare al passato come una “prova superata”.
Hanno assolto Berlusconi su Ruby…
“Sono contento per lui, ha dimostrato di essere forte, devo fargli i complimenti. Quando capitano cose negative ti metti alla prova. È stato molto bravo, perchè è riuscito a usare persino questo Renzi qui, l’ha messo in gabbia”.
In gabbia?
Berlusconi è una volpe, un fuoriclasse. Renzi è giovane, spavaldo, troppo sicuro. È arrivato a Roma convinto di essere il padreterno. Lo abbiamo lasciato agitare. Ancora lo ricordo le prime volte che veniva, lo aspettavamo come i bambini aspettano i leoni allo zoo: sono pericolosi, fanno paura ma si sa che sono innocui e per quanto si agitino non possono far nulla.
Quindi niente riforme?
Sì, qualcosa certo Renzi riuscirà  a farlo, ma lo farà  come vogliono tutti, mica come dice lui. Pensava di fregare i senatori sulle preferenze. Fregare i senatori…. da ridere.
Con Berlusconi ha stretto il patto del Nazareno.
Sono vent’anni che stringo patti con Berlusconi. Il primo governo lo abbiamo fatto insieme nel 1994, lo conosco. Lui ha capito che gli conviene fare il bravo, mantenere un basso profilo, ma un’aquila rimane un’aquila e a Renzi ormai conviene stare al gioco.
Vent’anni fa eravate al governo, dieci anni fa, nel 2004, lei è stato colpito dalla malattia..
E sono ancora qui?
Beh, sì… poi Belsito…
La Lega è nata con me e con questi qui che vede attorno a me. Vuole sapere la verità ? Io me lo ricordo quando mi sono svegliato in ospedale, i primi che mi hanno parlato sa chi erano?
No…
Maroni e Calderoli. Dopo poco c’erano le elezioni, loro erano terrorizzati e mi chiesero di candidare Riccardo, mio figlio… Io dissi di no, assolutamente: non era roba per lui.
Riccardo?
Già … E quando anni dopo presentammo Renzo tutti a dire di sì, evviva… Sempre loro mi dicevano che dovevamo metterlo nel listino bloccato, fui io a pretendere che prendesse i voti con le preferenze. Vado avanti?
Io non la fermo di certo.
In due anni hanno distrutto tutto questi qui, prima Maroni poi Salvini… Tutto sputtanato. Matteo è in gamba, viene a trovarmi, chiede consigli poi magari fa di testa sua, ma lui è un combattente, poi magari è mal consigliato e lo vedo molto solo… ma quell’altro…
Maroni?
Eh… ora l’avviso di garanzia… con me duravano due ore quelli che finivano indagati… perchè se ci sono le regole si rispettano, poi certo se la magistratura sbaglia sono dolori, ma il passato è storia… me lo ricordo il mio primo tesoriere finito in Mani Pulite per 120 milioni: lui l’ho cacciato subito e i soldi li abbiamo restituiti tutti.
Dicevamo di Maroni.
Secondo me non c’è niente, però dopo appena un anno che è in Regione, presa a fatica… se non era per Berlusconi che si mise d’accordo con Formigoni… Ma poi il partito, io ho lasciato i conti in attivo, ora non c’è più un euro… ho la fila di gente che ha dato la vita per noi che mi racconta cose assurde…
Tipo la Regione in mano a dirigenti di origini meridionali? Le assunzioni dei parenti, come la compagna di Salvini?
Circondarsi di persone fidate è bene, ma qualcuno del Nord, almeno… Prima il Nord…
Era lo slogan…
Gli stessi che ci hanno messo in croce… Ma la gente mica è scema. Io, la mia famiglia, stiamo venendo fuori dalle accuse, una a una… serve pazienza. Senza non vai da nessuna parte.
Affossati dalla magistratura…
Io credo ci fosse un disegno. Le indagini sono indagini, per carità , ma poi qualcuno le usa. I magistrati fanno il loro lavoro ma è chiaro che come i politici devono rispettare la legge, loro dovrebbero indagare solo su prove certe, la storia sarebbe stata diversa.
Marco Milanese, arrestato nell’inchiesta sul Mose, agli inquirenti ha detto che c’era un accordo tra voi e Tremonti per farlo diventare premier al posto di Berlusconi.
Cazzate. Tremonti era bravo a far di conto, ma in politica…
In politica?
Troppo isterico, tirava dritto… Me lo chiese, avrebbe voluto ma gli ho sempre detto di lasciar stare, non era roba per lui.
Ma Milanese sostiene che Tremonti non voleva sbloccare i fondi alla Regione Veneto perchè c’era Galan e voleva aspettare l’arrivo di Luca Zaia.
Una buffonata, Tremonti forse non amava Galan… Ma anche lui, come si fa? Era solo, abbandonato da tutti, è riuscito persino a tradire se stesso.. Ora vogliono mandarlo in galera, vediamo. Comunque è finita un’epoca, stiamo guardando il sole diventare rosso e non capiamo che è il tramonto.
Dieci anni fa esatti lei era ricoverato in gravi condizioni. La leggenda della notte in cui ebbe il malore racconta che fosse in compagnia di Luisa Corna, conosciuta a Miss Padania.
Ricordo… Col tempo la memoria ritrova i pezzi. Ho avuto una grande donna accanto, mia moglie. Il resto è leggenda? Lasciamolo nella leggenda.
Anche la sua Lega è leggenda? Cosa è quella di oggi che va a cercare voti al sud, che si è dimenticata dell’indipendenza, della Padania?
Ora c’è Matteo. So che dentro molti gli fanno la guerra, tutto si sistemerà , ma i malumori principali sono dovuti a quell’altro lì… Macbeth…
Spinto a tradire il suo re. Lo disse anche alla notte delle scope…
Macbeth poi ha fatto una brutta fine.

Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano”)

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RAZZI: “SI CHIAMA GIA’ PALAZZO MADAMA, FACCIAMOCI UNA BELLA CASA CHIUSA”

Luglio 22nd, 2014 Riccardo Fucile

“MINCHIA, CI SAREBBE LAVORO PER TUTTI, SAREBBE UNA CASA D’APPUNTAMENTI FENOMENALE”

«Minchia, qua ci starebbe proprio una bella casa chiusa, una casa per appuntamenti fenomenale. Ci sarebbe lavoro per tutti. E visto che si chiama Palazzo Madama, anche il nome…».
È l’ultima battuta-gaffe di Antonio Razzi, senatore di Forza Italia, a La Zanzara su Radio 24.
Per Razzi il palazzo del Senato può essere trasformato in un bordello: «Sicuramente darebbe migliaia di posti di lavoro in questo momento molto delicato. Tanto gli italiani in vacanza vanno all’estero a prostitute e spendono all’estero. È la prima esportazione di valuta».
«Senza i senatori da eleggere- dice Razzi- Renzi sta levando mille posti di lavoro a giovani che assistono i senatori, se se ne vanno i senatori devono andare via anche loro. Proprio ora che c’è bisogno di posti di lavoro. Ma io voto come dice Berlusconi- aggiunge il senatore abruzzese- lui dice quello che devo fare e lo faccio. Sono un fan, un suo dipendente, un fanatico. Schiavo? Sì, anche schiavo. È lui il capo, è che mi paga e sono al suo guinzaglio. A Scilipoti dico: fatti i cazzi tuoi e vota con Berlusconi».
Nella stessa trasmissione il senatore abruzzese si è reso protagonista di un’altra battuta con gaffe: «Razzi a Gaza? I miei colleghi dicono “ma non sei lì, nella Striscia?”, e io dico “sono stato stanotte e sono già  tornato”. Ah, ah, ah… E comunque i palestinesi stanno approfittando del mio nome. Devo chiedere i diritti d’autore… Ah, ah, ah».
Poi ha aggiunto: “Non posso andare in missione perchè poi “arriva Razzi e so’ cazzi”… Ah, ah, ah…».
Il senatore FI, segretario della commissione Esteri di Palazzo Madama, ribadisce anche che «solo Berlusconi può riuscire a portare la pace tra israeliani e palestinesi, lui è un genio» e che dunque «devono far uscire Berlusconi dall’Italia. Ma in che mondo viviamo? Devono restituirgli non uno ma due passaporti. Solo lui può liberare tutti, solo lui può far fare la pace ai palestinesi e agli israeliani. Risolve tutti i problemi».
«Se c’era Berlusconi – ha detto ancora Razzi – si era fermata tutta la guerra. Lui c’ha la mano santa. Quando c’era lui – ha analizzato, nostalgico – non è scoppiato mai nessuno di questi casini. I marò sono ancora in India: con Berlusconi da mo’ che stavano con le loro famiglie…. Potrebbe fare anche il mediatore per l’Onu – ha aggiunto il senatore – andrebbe solo per dialogare e fare la pace» a quei Paesi che l’esponente “azzurro” definisce «in vibrazione».
Chiusura con due domande di geografia.
Ma lei sa dov’è Gaza? «Lì, in Medio Oriente. Tra Israele e Palestina…».
E con chi confina Israele? “Adesso mi prendi all’improvviso… Sicuramente – ha osservato il politico abruzzese – non con Pescara… Mo’ mi hai preso all’improvviso…».

Guido Farò

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I FUTURI SENATORI GIA’ PENSANO AI LORO PORTABORSE

Luglio 22nd, 2014 Riccardo Fucile

LA RIFORMA PREVEDE IL TAGLIO DELLO STIPENDIO DEI PARLAMENTARI, NON DEGLI ASSISTENTI… DALLA LEGA AL PD TUTTI CHIEDONO CHE SIANO CONFERMATI I “COLLABORATORI”

Una volta li chiamavano portaborse. Il bilancio del Senato li inquadra con un’espressione più neutra: «Personale delle segreterie particolari».
Tutti assunti a tempo determinato e legati ai senatori da un rapporto fiduciario.
Sul loro numero esatto, il mistero è assoluto (in passato, un’indagine dell’Ispettorato del lavoro portò alla luce un vasto sottobosco di lavoratori in nero).
Si sa però quanto sono costati gli stipendi dei «collaboratori» nel 2013: 12 milioni e 150 mila euro
È una delle voci di spesa contenute nel bilancio del Senato: una torta da 541,5 milioni di euro.
L’esborso è articolato in decine di rivoli: dagli stipendi ai vitalizi, dalla rappresentanza al personale ai servizi informatici.
Un flusso che la spending review collegata alla riforma del Senato certamente ridurrà  ma non riuscirà  a prosciugare di colpo
«L’unica certezza è che con la riforma spariranno gli stipendi dei senatori», dicono negli uffici di palazzo Madama.
La nuova Aula sarà  infatti composta da 95 tra sindaci e consiglieri regionali (più 5 membri nominati dal Colle) che non prenderanno alcuna indennità  aggiuntiva. E già  questo comporterà  un risparmio annuale di 80 milioni e 151 mila euro.
Fin qui tutto bene. È sul resto che le certezze svaniscono.
Perchè, pur senza stipendio, i futuri senatori avranno comunque bisogno di alcune figure di supporto.
Difficile dunque che spariscano dal bilancio annuale le spese attualmente previste per i portaborse (i 12,1 milioni di euro di cui sopra), le consulenze (2,2 milioni) e l’attività  dei gruppi parlamentari (21 milioni e 350 mila euro, in parte destinati ad altri contratti a termine).
Questa, almeno, è l’aria che tira tra gli addetti ai lavori
Ne è convinta anche Valentina Tonti, specializzata in gostwriting, vicepresidente dell’associazione Collaboratori parlamentari che da tempo si battono per essere contrattualizzati dall’istituzione Senato (sul modello dell’Ue) e non dagli eletti: «Visto che i futuri senatori non lavoreranno a Roma a tempo pieno – dice Tonti – credo proprio che avranno necessità  di qualcuno che segua per conto loro i lavori dell’Aula».
Una richiesta condivisa anche dai consiglieri regionali, ai quali la riforma assegnerà  il ruolo aggiuntivo di senatore.
Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega Nord alla Regione Lombardia, ne fa una questione di efficienza: «Il doppio incarico sarà  impegnativo: andare a Roma, viaggiare… Per questo sarà  importante avere qualcuno che ci possa dare una mano ai gruppi».
Idem la capogruppo pd dell’Emilia-Romagna Anna Pariani: «Ancora è prematuro parlarne, ma credo che qualche collaboratore ci sarà  utile, altrimenti l’istituzione non riuscirà  a funzionare bene».
Il consigliere dem siciliano Giuseppe Lupo suggerisce piuttosto di utilizzare al meglio gli assunti a tempo indeterminato di palazzo Madama: «Anche perchè al Senato ci andremo di tanto in tanto»
Già , gli assunti a tempo determinato. In Senato sono un esercito di 829 persone (da non confondere con i portaborse): segretari, stenografi, assistenti e coadiutori. Nel 2013 sono costati 130,8 milioni di euro.
Un’altra voce che non potrà  sparire.
Così come, naturalmente, saranno confermate le pensioni degli ex dipendenti: ogni anno 115 milioni e 200 mila euro.
E i vitalizi concessi agli ex senatori: 82 milioni di euro.

Pierpaolo Velon
(da “il Corriere della Sera”)

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SUONA L’ADUNATA IN CASERMA, PRONTA LA LETTERA DI SILVIO AI LEADER DEL CENTRODESTRA: “ORA POSSIAMO RIUNIFICARCI”

Luglio 22nd, 2014 Riccardo Fucile

BERLUSCONI CHIEDE UN INCONTRO A NCD, LEGA, UDC E FDI… ALFANO: “DISCUTIAMO MA NON IN UNA DIMENSIONE BERLUSCONIANA”

Una lettera sta per essere recapitata da Palazzo Grazioli a tutti i leader di quel che è stata la vecchia Casa delle libertà .
Alla galassia del centrodestra che fu, ora polverizzata in tante sigle.
Ad Angelino Alfano, certo, ma anche a Pier Ferdinando Casini e il suo Udc, come a Giorgia Meloni dei Fratelli d’Italia, al leghista Matteo Salvini fino all’ex ministro Mario Mauro.
«Ci sono le condizioni per tornare insieme », sarà  il cuore della missiva che Silvio Berlusconi ha già  messo a punto. Una vera e propria mozione degli affetti alla quale il leader farà  appello nella sua nuova veste di «assolto e riabilitato»
Il ruolo di «riaggregatore» o «federatore», come lo ha definito a più riprese lui in questi giorni nel chiuso di Arcore, è la missione che si è intestato.
E sulla quale intende mostrarsi subito operativo. Anche per fare il punto su questa delicata mission ha intenzione di convocare a sorpresa i gruppi parlamentari di Camera e Senato. Potrebbe farlo addirittura entro questa settimana.
Un po’ per riaprire e chiudere il capitolo riforme e archiviare una volta per tutte le obiezioni dei dissidenti. Anche se ieri Augusto Minzolini, Cinzia Bonfrisco, Vincenzo D’Anna si sono visti per fare il punto, intenzionati a portare avanti la loro battaglia sugli emendamenti e convinti di restare compatti, «non meno di 17-20», assicurano.
Con loro l’ex Cavaliere vuole evitare i toni da “editto” della settimana scorsa e le minacce di epurazione, ma allo stesso tempo convincerli a rinunciare.
Ma il secondo e non meno importante tema all’ordine del giorno dell’incontro dovrebbe essere proprio quello: annunciare la nuova fase, quella che nei suoi disegni porterebbe a riabbracciare tutto il centrodestra.
Il tutto, neanche a dirlo, per tornare ad affermare, più forte di prima, la sua leadership indiscussa. Ieri come oggi. Tanto più dopo l’assoluzione in appello nel processo Ruby.
Berlusconi ha sentito in questi giorni Pier Ferdinando Casini, Ignazio La Russa, ha visto Mario Mauro, si è rimesso a tessere la tela del ragno.
Sa bene tuttavia che i veti, soprattutto in casa del Nuovo centrodestra, sono quasi insormontabili.
I toni della telefonata di domenica con Angelino Alfano sono stati affettuosi, ma non si è andati al di là  della cordialità . Di un possibile incontro al momento, confermano dai due staff, non vi è traccia. «È stato già  tanto farli sentire al telefono per pochi minuti» racconta chi ha lavorato a un minimo riavvicinamento tra i due. Del resto, il ministro degli Interni è più che cauto.
«Io continuo a giocare la partita del 2018 e non sono disponibile a fare una cosa in chiave berlusconiana» sono le considerazioni fatte ai parlamentari più vicini.
«Io ho interesse ad avviare una riunificazione del centrodestra – premette il leader di Ncd – ma che non ci riporti indietro nel tempo. Anche la nostra ambizione è costruire una coalizione diversa, alternativa a Renzi e alla sinistra, ma solo se esistono le condizioni ».
È tutto un percorso da costruire, insomma. E sul quale in parecchi, tra i suoi, nutrono perplessità .
Se la condizioni che porrà  Berlusconi sarà  l’abbandono del governo, per essere chiari, ecco su quella strada non lo seguiranno. Anche Alfano, come il premier, ha in mente la scadenza del 2018, un orizzonte lungo, per non farsi risucchiare dalla rinata Forza Italia.
Al partito degli scettici nel Ncd sono iscritti in tanti, restii a voltarsi indietro, dalla ministri Beatrice Lorenzin a Fabrizio Cicchitto, passando per Gaetano Quagliariello e Renato Schifani. Ben più disposti al dialogo col vecchio leader forzista invece l’altro ministro Maurizio Lupi, Luigi Casero, Barbara Saltamartini, per non dire della capogruppo Nunzia De Girolamo, che con Berlusconi non ha mai interrotto il dialogo e il rapporto personale.
È stata tra le mediatrici della telefonata di domenica, per altro, dopo essere stata a cena con l’amica Francesca Pascale quale sera addietro.
L’assemblea Ncd di sabato sarà  un bel banco di prova per misurare le forze in campo.
Ma se l’ex Cavaliere ha fretta, suoi fedelissimi di un tempo la pensano diversamente. «Berlusconi non pensi di essere lui ancora il leader della coalizione, facendo derivare l’investitura dalla conclusione della vicenda giudiziaria che lo coinvolgeva» ragiona senza tanti giri di parole Cicchitto.
Con Schifani che rincara: «Se qualcuno pensa che questo verdetto ci restituisca Berlusconi nuovamente leader incontrastato del centrodestra, magnete attorno al quale ricostruire un’alleanza, si sbaglia. Una sentenza non sposta indietro le lancette della storia, nè tantomeno quelle del centrodestra»
Oggi il capo di Forza Italia rimetterà  piede a Roma per la prima volta dopo la sentenza di venerdì.
Cancellati gli incubi giudiziari, vuole tornare a esercitare appieno la sua leadership, offuscata negli ultimi tempi, e soprattutto curare di persona la lealtà  dei suoi alla linea pro riforma al Senato.
Tra gli appuntamenti in agenda, anche un faccia a faccia – l’ennesimo – con Raffaele Fitto, l’eurodeputato pugliese, capofila in pectore dei dissidenti sulle riforme (e non solo).
Berlusconi vorrebbe chiudere anche con lui la partita, promettere le primarie (ma solo per scegliere gli amministratori) e aprire il cantiere della nuova coalizione di centrodestra.
Ma anche una vecchia volpe come Pier Ferdinando Casini ieri a Palazzo Madama confidava ai colleghi più di un dubbio, sull’ennesima “Costituente popolare” dal sapore centrista, ma anche sul ritorno al passato ventilato dall’ex Cavaliere, figurarsi alla vecchia Casa delle libertà .

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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GLI ITALIANI BOCCIANO LA RIFORMA RENZUSCONI

Luglio 22nd, 2014 Riccardo Fucile

I PRINCIPALI SONDAGGISTI UNANIMI: I CITTADINI VOGLIONO L’ELEZIONE DIRETTA

La luna di miele del governo Renzi con gli italiani potrebbe schiantarsi sullo scoglio del Patto del Nazareno.
Almeno secondo i principali sondaggisti. Boschi e novelli padri costituenti vari, da Mister Porcellum Calderoli in giù, non paiono interessati ad ascoltare nessuno e tirano dritto per la loro strada.
Eppure i numeri pubblicati sono allarmanti per il consenso mancante attorno alla Grande Riforma
Lo conferma in pieno Antonio Noto, direttore di Ipr marketing: “Bisogna fare una premessa, la maggioranza degli italiani, il 53 per cento, vorrebbe l’abolizione di una delle due Camere. Ma non vogliono il Senato di consiglieri regionali e sindaci proposto dal governo Renzi: il 55 per cento del nostro campione ha riposto che se Palazzo Madama deve rimanere tanto vale votarlo direttamente”.
Un surrogato di Senato non sarebbe accettato, insomma.
“E, badate bene — continua Noto — che questo parere è trasversale, non c’è differenza tra elettori di centrosinistra e centrodestra”
Concetto ribadito anche dalla Ipsos di Nando Pagnoncelli domenica scorsa sul Corriere della Sera.
Per Ipsos addirittura il 73 per cento degli italiani vorrebbe il mantenimento del Senato eletto direttamente dai cittadini.
Tra gli elettori del Partito democratico è di questo stesso parere il 60 per cento, tra quelli di Forza Italia l’80 per cento e l’83 tra chi alle ultime politiche ha votato il Movimento cinque stelle.
Ieri mattina la trasmissione di Rai3 Agorà  Estate ha pubblicato una “sentiment analysis”: non si tratta di un sondaggio tradizionale, ma dell’elaborazione di dati aggregati intercettando l’opinione espressa in rete su un determinato argomento.
Per il governo della generazione 2.0 tutta web e distintivo di Matteo Renzi, quindi, un dato da tenere in grande considerazione: l’85,87 per cento — secondo questo rilevamento — è contrario al Senato voluto dal Patto del Nazareno
Una lancia per Renzi la spezza, però, Roberto Weber di Ixè: “Credo che l’85 per cento a favore del Senato elettivo sia un numero corrispondente al vero, ma credo anche che importi poco di questa riforma e che la stragrande maggioranza degli italiani darebbe in questo momento carta bianca a Renzi su qualsiasi cosa. Il premier può consentirsi tutto, bisogna solo capire quanto durerà ”.

Giampiero Calapa’
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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BOSCHI, I BUGIARDI E I PIZZINI

Luglio 22nd, 2014 Riccardo Fucile

LA “MADRE COSTITUENTE” CONTESTATA IN AULA MENTRE NEGA LA SVOLTA AUTORITARIA: “È UN’ALLUCINAZIONE”… IL GOVERNO VUOLE CORRERE MA L’APPROVAZIONE SLITTA ANCORA

La Boschi è serena… pardon, volevo dire tranquilla”. Ore 16, Palazzo Madama. “Sereno” nell’era Renzi, da quel famoso #Enricostaisereno, vuol dire esattamente il contrario del significato semantico della parola.
E il lapsus di un senatore dem descrive bene il clima che si respira: per l’ennesima volta, il voto annunciato sulle riforme costituzionali neanche inizia.
Per l’ennesima volta, regna l’incertezza sui tempi e sui modi: 7800 emendamenti, molti dei quali ammissibili, sono troppi per pensare di chiudere rapidamente.
E allora? Allora, o si trova una mediazione politica, che per ora non s’intravede, oppure il governo potrebbe scegliere il contingentamento dei tempi, con tanto di accuse di anti-democraticità  garantita.
Tocca a Maria Elena Boschi, nelle vesti di “Madre costituente”, dare la linea, replicando a nome del governo.
Tailleurino pantalone grigio-sobrio, top nero, capello biondo lunghissimo e un certo pallore, il ministro delle Riforme tira fuori toni insolitamente duri per lei. Niente sorriso angelico, ma un discorso che ha il sapore dell’ultimatum.
Tanto deciso che sa di rabbia repressa, mentre rivendica il lavoro fatto per arrivare alla riforma che — ove mai venisse approvata — porterebbe il suo nome
Fanfani, Pier Ferdinando e la contestazione grillina Maria Elena ricorre pure alle citazioni. La più importante è dedicata ad Amintore Fanfani: è l’ex segretario della Dc, l’ex presidente del Consiglio, il grande padre chiamato in causa.
Un riformatore che perse la battaglia contro il divorzio: il referendum scelse un’altra direzione. “Ho sentito parlare di svolta autoritaria: è una allucinazione che non può esser smentita con la forza della ragione perchè resta una allucinazione”, dice la Boschi in Aula.
Dai banchi dei Cinque Stelle si levano urla e fischi. Lei continua: “Un grande statista che è stato anche presidente di questa assemblea, Amintore Fanfani, ha detto una grande verità : le bugie in politica non servono. Si può essere d’accordo o meno, votare o meno, ma parlare di svolta illiberale è una bugia; e le bugie in politica non servono”. La contestazione continua, ma lei riceve pizzini con proposte di patti da Casini e va avanti per la sua strada.
La linea l’ha data il premier, che ha parlato di “sassi sulla strada delle riforme”. E le critiche diventano “bugie”.
Chi sperava in una vera trattativa sentendo la Boschi si è dovuto ricredere . “Sono 30 anni che prendiamo a calci la possibilità  di cambiare noi per cambiare le cose”, dice. Poi, un’altra citazione. Stavolta da Fabrizio De Andrè, Se ti tagliassero a pezzetti: “Sono 30 anni che aspettiamo domani per avere nostalgia. Oggi è il tempo delle scelte, il tempo didecidere”.
Sel ha presentato da sola seimila emendamenti. Loredana De Petris ha annunciato: “Non li ritiriamo”. “Se va avanti così, la riforma la approviamo per Ferragosto 2015”, commentano i senatori.
Anna Finocchiaro ha chiarito che ci sono una serie di punti su cui si può trattare: “I referendum e le leggi di iniziativa popolare. Ma anche la partecipazione del Senato alle decisioni europee e all’approvazione del bilancio. E poi il capitolo delle nomine delle istituzioni di garanzia, a iniziare da quella del presidente della Repubblica”.
Nessuno tocchi l’immunità  parlamentare
Il cuore della riforma, dalla non elettività  in giù non si tocca. E anche la modifica dell’immunità  è uscita dall’agenda delle trattative.
Basterà  la (poca) disponibilità  del governo a far ammorbidire l’opposizione?
“Ci potrà  essere un ostruzionismo che ci può portare a lavorare una settimana di più e sacrificare un po’ di ferie ma manterremo la promessa di cambiare”, chiarisce la Boschi.
Il punto, ancora una volta, sono i tempi. Ad ora imprevedibili. Tanto che al Ministro arrivano “consigli” in forma di pizzini, come quelli di Casini.
Lei chiarisce: “Le riforme sono l’ultima chance di credibilità  per la politica tutta”.
In nome di questo assioma, se le resistenze non rientrano, Palazzo Chigi valuterà  il contingentamento dei tempi.
Che potrebbe non bastare per approvarle prima di settembre. D’altra parte, esiste sempre il piano B.
Dice la Boschi: “Il governo ha legato in modo indissolubile il proprio cammino al percorso delle riforme”.
Insomma, restano le elezioni anticipate.

Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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