Dicembre 14th, 2014 Riccardo Fucile
LA SECONDA REPUBBLICA E’ PIENA DI ANNUNCIATORI E PROMETTITORI CHE A PAROLE CI HANNO SALVATI CENTO VOLTE, MA NEI FATTI CI HANNO ROVINATO
Il Metodo Supercazzola, tutto chiacchiere e distintivo, non l’ha certo inventato Renzi: la cosiddetta seconda Repubblica è piena di annunciatori, promettitori, declamatori che a parole ci hanno salvati non una, ma cento volte, poi nei fatti ci han rovinati. Renzi l’ha solo affinato ed elevato alla massima potenza.
Funziona a tappe.
1. Scoppia uno scandalo o giunge una notizia negativa.
2. Il piè veloce Matteo lancia subito un messaggio di segno opposto — via Twitter, Facebook, slide, conferenza stampa, Leopolda, video — per scacciare o declassare il precedente dai titoli di tg e giornali.
3. La stampa più credulona del mondo abbocca compiacente e strombazza la reazione del premier oscurando l’azione che l’ha provocata: “svolta”, “stretta”, “giro di vite”, “linea dura”, “così cambierà ”, “rivoluzione”, “subito”, “ora”, “scatta”, “spunta”.
4. Le rare volte in cui la tradizione orale diventa scritta, e cioè il messaggio si traduce in testo di legge, tg e giornali ripetono paro paro i titoli già fatti sull’annuncio renziano. Chi legge si divide fra due possibili reazioni: “ah, allora era proprio vero, questo Renzi è un uomo di parola”, oppure “ah, credevo che la legge ci fosse già , vabbè comunque ora c’è”. Naturalmente la legge non c’è nemmeno ora: è solo un ddl che il governo lancia come un aeroplanino di carta nell’oceano delle aule parlamentari e va a marcire sui fondali senza lasciar traccia di sè.
5. Al primo nuovo scandalo o fatto negativo, la maggioranza ripesca quel che resta dell’aeroplanino e annuncia che il ddl è in discussione e verrà presto approvato, anzi adesso, subito. I giornali riannunciano: è fatta. Intanto il Parlamento ha altro da fare (di solito qualche decreto o legge delega da approvare alla svelta con la fiducia: roba perlopiù inutile tipo le ferie dei giudici o dannoso come il Jobs Act), o comunque la maggioranza si spacca (di solito per le norme davvero utili o urgenti, tipo contro la corruzione e la mafia); segue bombardamento di emendamenti e il ddl torna sul binario morto.
6. All’ennesimo nuovo scandalo o fatto negativo, confidando nella smemoratezza generale e nella complicità della stampa, Renzi riannuncia lo stesso annuncio già annunciato qualche mese prima, strappando gli stessi titoli nei tg e sui giornali, e riparte la rumba. Risultato: zero, nessuna legge sulla Gazzetta Ufficiale. E, anche nel caso rarissimo in cui la legge venga approvata, dopo mesi o anni si scopre che: a) nessuno s’è curato di varare i decreti delegati o le norme attuative, dunque il provvedimento è rimasto lettera morta e nulla è cambiato; b) oppure la legge contiene un codicillo infilato all’ultimo momento che la rende inapplicabile o sortisce l’effetto opposto a quello annunciato (vedi legge Severino e voto di scambio).
Ora torna di gran moda l’anticorruzione. Martedì: “Renzi: non lasceremo la Capitale ai ladri, chi sbaglia paga” (La Stampa). Mercoledì: “Corruzione, pene più dure” (Corriere), “Stretta sui corrotti: carcere più duro e soldi restituiti”, “Il giro di vite di Renzi” (Repubblica). Venerdì: “Ecco il piano anticorruzione: pene aumentate del 50% e prescrizione più lunga” (Repubblica), “Pene più alte e beni da restituire” (Corriere). Sabato: “Corruzione, pene più dure. In cella anche chi patteggia”, “Sì alla stretta anticorruzione: pene più alte e beni confiscati. Il premier: ora processi veloci” (Repubblica), ”Stretta del governo sulla corruzione”, “Corruzione, così aumenta la pena” (Corriere), “La svolta di Renzi: ‘Pronto a mettere la fiducia’”, “Renzi: ‘Non daremo tregua’” (La Stampa).
Leggendo meglio, si scopre che gli ora e i “subito” sono balle: non è un decreto, è il solito ddl che non ha i numeri in Parlamento, perchè Ncd e FI non lo voteranno mai e, se Renzi chiedesse aiuto ai 5Stelle, farebbero cadere il governo.
Un’altra pera di droga ed estrogeni nelle vene esauste del Paese, aspettando che passi la nuttata.
Come diceva Sabina Guzzanti ai tempi di un altro celebre supercazzolaro: “Il canale di Sicilia è pieno di auto di cittadini convinti che il Ponte sullo Stretto sia stato costruito”.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 14th, 2014 Riccardo Fucile
“OCCORRE ESTENDERE ALLA LOTTA ALLA CORRUZIONE GLI STRUMENTI UTILIZZATI NELLA LOTTA ALLA MAFIA”
L’affondo non è arrivato subito, ma Matteo Renzi lo ha detto con veemenza ai magistrati: “Più sentenze, meno interviste”.
Bruciano al premier e segretario del Pd, oggi impegnato nell’assemblea di partito, le critiche arrivate dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, che intervistato dal Messaggero ha detto: “Secondo me bisogna applicare alla corruzione gli stessi strumenti che oggi usiamo per il contrasto alle mafie. È per questo che a mio avviso i provvedimenti messi in cantiere dal governo non sono sufficienti”.
A Renzi per ora risponde il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli, interpellato dall’Adnkrono: “I magistrati fanno la loro parte con il lavoro quotidiano, ma la magistratura associata non può rinunciare a fornire il proprio contributo che viene dall’esperienza qualificata di chi si confronta con il lavoro giudiziario nei tribunali italiani. I nostri interventi vanno considerati uno stimolo e una collaborazione perchè dall’applicazione delle leggi possano derivare i migliori risultati. Chi meglio di chi lavora sul campo può indicare quali siano le reali esigenze legate all’organizzazione del lavoro giudiziario? Quando ad esempio segnaliamo che servono interventi per l’organico dei cancellieri, quando diciamo che occorrono norme adeguate sulla prescrizione, quando sottolineiamo che occorre estendere alla lotta alla corruzione gli strumenti utilizzati nella lotta alla mafia, non facciamo altro che dare indicazioni su quali possano essere sul piano concreto gli strumenti normativi più adeguati, in base all’esperienza che ci deriva dal nostro lavoro quotidiano”.
A deludere i “tecnici del diritto” l’uscita dal pacchetto anti corruzione il “sistema premiale” per i collaboratori di giustizia nelle inchieste sulla corruzione, come già accade per quelle sulle organizzazioni criminali da 416 bis.
Un provvedimento invocato oltre che da Roberti anche da Giuseppe Pignatone e Raffaele Cantone.
Eppure l’ex procuratore capo di Palermo e Reggio Calabria che, con l’inchiesta Mafia Capitale, ha liberato la Procura di Roma dalla nebbia che l’ha quasi sempre avvolta, era stato chiarissimo il giorno prima del Cdm: “Non mi permetto di parlare delle misure annunciate dal presidente del Consiglio. Dico solo che, insieme alle iniziative sulla prescrizione, sarebbe estremamente utile qualche forma di sistema premiale. Se con la mafia grandi risultati sono stati ottenuti anche grazie ai sistemi premiali, con i collaboratori di giustizia, forse qualche provvedimento legislativo anche in questo campo è necessario; se lasciamo tutto intatto è più difficile”.
Anche l’ex pm anti camorra da qualche mese mister Anti corruzione aveva auspicato “sconti di pena per chi collabora”. Ma il premio per i “pentiti” non è stato più inserito.
Nell’intervista al quotidiano romano Roberti ha anche elogiato timidamente i provvedimenti governativi: “Credo che l’iniziativa del governo sia apprezzabile ma ancora troppo timidi gli interventi normativi nel contrasto alla corruzione. Anche perchè questi interventi, apprezzabili ma minimali, potevano essere affidati a un decreto legge. Se si è scelta la strada del disegno di legge, con tempi più distesi, allora si può fare di più”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 14th, 2014 Riccardo Fucile
RENZI SMITIZZA L’ULIVO E BACCHETTA I MAGISTRATI… FASSINA: “SIAMO DIVENTATI IL PARTITO DELLA TROIKA, NON TI PERMETTERE DI FARE CARICATURE DI CHI DISSENTE DA TE”
Alle 11.15, con circa tre quarti d’ora di ritardo rispetto all’orario previsto, si è aperto all’hotel Parco dei Principi di Roma l’assemblea nazionale del Partito democratico. Parte l’Inno di Mameli e sul banco della presidenza tutti si mettono in piedi a cantarlo, a partire dal segretario e presidente del Consiglio Matteo Renzi, che indossa una camicia bianca senza cravatta.
“Pretendo lealtà ” è il messaggio di Renzi al suo partito, tra voglia di resa dei conti, la scissione minacciata da Pippo Civati (“Se si va alle elezioni, vedremo di creare qualcosa di diverso” ha dichiarato entrando) e la tentazione dei renziani di andare allo scontro finale.
Niente beghe, cambiamo l’Italia. “Grazie al Pd Grillo è sparito – esordisce il segretario nel suo discorso – Anche i Forconi potrebbero andare solo a Chi l’ha visto”.
E invita il partito a pensare al posto dell’Italia nel mondo e a non perdersi “nelle beghe interne”: “Questo partito vuole bene all’italia e non si accontenta di vedere i sogni dell’italia stuprati da anni di mal governo e da politiche assurde. Vi rendete conto – chiede all’assemblea – che stiamo affrontando la più gigantesca trasformazione? Voi siete qui non per discutere tra una corrente e l’altra. Siete qui per cambiare l’Italia”.
“Noto un certo richiamo all’Ulivo molto suggestivo e nostalgico – prosegue Renzi – ricordo cosa diceva l’Ulivo sul bicameralismo, quello che non ricordo è come si possa aver perso 20 anni di tempo senza aver realizzato le promesse delle campagne elettorali. Noi allora stiamo realizzando quelle promesse”.
La polemica con l’Anm.
E, riferito allo scandalo di mafia capitale, precisa: “Deve essere chiaro che chi è disonesto, non può camminare con noi. Non tutti gli onesti votano il Pd, ma tutti quelli che stanno nel Pd devono avere l’onestà come elemento fondamentale. Niente sconti su questo”.
Rivolto ai magistrati, attacca: “Quando leggo numerose interviste di magistrati che commentano le leggi che stiamo facendo, vorrei ringraziarli, ma credo che debbano parlare un po’ di più con le sentenze e non con le interviste”.
Frase, quest’ultima, che scatena la reazione di Rodolfo Sabelli, presidente dell’Anm (Associazione nazionale magistrati): “Parliamo per avere leggi migliori”.
No ai diktat della minoranza.
Poi, rivolto ai dissidenti, parla chiaro: “Non facciamo le riforme a colpi di maggioranza, ma non ci facciamo nemmeno bloccare le riforme dai diktat della minoranza. Non staremo fermi nella palude per guardare il nostro ombelico”.
E risponde a chi punta su nuovi equilibri nel partito (come Gianni Cuperlo e Stefano Fassina) e a chi vorrebbe un nuovo esecutivo (come Massimo D’Alema e Rosy Bindi, che a Sky Tg 24 dichiara: “Non siamo gufi e nessuno vuole lasciare il paese nella palude, ma il Parlamento non è uno scendiletto del governo”.): “Chi vuole cambiare segretario si metta il cuore in pace – ribadisce Renzi – ha tempo da qui al 2017. Chi vuole cambiare il premier si metta il cuore in pace: ha tempo da qui al 2018”.
Gli risponde il bersaniano Alfredo D’Attorre, che in assemblea chiarisce: “Non si deve parlare di trucchetti o giochini. Stiamo parlando della Costituzione. Nessuno ha lavorato per frenare, anche se capisco che il topos dei frenatori può far comodo. Basta nemici immaginari, segretario devi ringraziarci”.
Mentre Francesco Boccia taglia corto: “La conta non conta perchè i numeri sono quelli. L’assemblea di oggi dirà se siamo un partito riformista”.
Gli fa eco Gianni Cuperlo: “Saremo leali, ma pretendiamo autonomia. Nessuno cerca il fallimento delle riforme, nessuno vuole la palude. Il punto è aiutare il Paese con le riforme giuste. Non si tratta di mugugnare, ma di migliorare – conclude Cuperlo nel suo intervento dai toni concilianti – Dobbiamo indicare tutti insieme una via d’uscita a un’Italia lacerata dalle divisioni sociali”.
L’attacco di Fassina.
Durissimo l’intervento di Stefano Fassina che parte dallo sciopero generale di venerdì scorso per arrivare ad affermare che il Pd è diventato il “partito della Troika”: “Milioni di lavoratori venerdì hanno perso una giornata dei loro stipendi per dire al governo che la politica economica che porta avanti non va bene. E’ grave che il segretario non abbia detto una parola sullo sciopero – afferma Fassina – Significa che al Pd non importa nulla di quelle persone che hanno scioperato. Stiamo cambiando idendità , stiamo cambiando funzione politica. Stiamo diventando il partito dell’establishment che mette in atto l’agenda della Troika, non il partito della nazione”. E, rivolto al segretario, gli intima: “Non ti permetto più di fare le caricature di chi la pensa diversamente da te. E’ inaccettabile. La minoranza non fa diktat: se vuoi andare a elezioni dillo chiaramente e smettila di scaricare le responsabilità sulle spalle di altri”.
Assente la vecchia guardia.
E’ l’assemblea dei grandi assenti: manca D’Alema, che ha dichiarato alla stampa di non avere intenzione “di farsi minacciare da Renzi”. E non c’è nemmeno Pier Luigi Bersani, bloccato a casa dal mal di schiena.
Proprio con la minoranza meno oltranzista dell’ex segretario e di Roberto Speranza i renziani stanno tentando di trovare un accordo per portare a casa le riforme nei tempi previsti. Il voto finale di ieri notte in commissione dovrebbe allontanare una rottura drammatica.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 14th, 2014 Riccardo Fucile
DOPO UNA VITA DA ANTICOMUNISTA, “SORELLA GARBATELLA” APPRODA ALLA CORTE DELL’EX AGENTE DEL KGB, DIVENUTO MILIARDARIO SULLA PELLE DEI RUSSI… GODRA’ DELL’APPOGGIO DEL NULLAFACENTE MATTEO, UNA VITA AL SERVIZIO DELL’OLIGARCA UMBERTO SENZA ACCORGERSI CHE RUBAVA AL PARTITO
Se non fosse tragico, ci sarebbero persino dei risvolti umoristici nella annunciata candidatura di Giorgia Meloni a sindaco di Roma.
E non solo perchè il sindaco Marino pare tuttora saldamente in sella alla maggioranza capitolina, nonostante abbia ricevuto dalla cricca di Buzzi contributi elettorali registrati per diverse migliaia di euro.
Non solo perchè, se Marino reggesse al caos romano, elezioni in vista non ce ne sono, ma anche perchè l’alternativa sarebbe rappresentata da una navigata “politica” che ha convissuto a Roma fianco a fianco per anni, prima in An, poi nel Pdl e infine in FdI con l’ex sindaco Alemanno senza accorgersi di nulla e senza avere nulla a che ridire con la gestione parentale e amicale dell’ex destro sociale.
La Meloni fa un bel paio di “smemoranda” con il suo fratello acquisito, il Matteo specializzato nel piazzare ex mogli e conviventi in Comune e Regione Lombardia a chiamata diretta, quel Matteo che per anni ha frequentato le segrete di via Bellerio dove re Umberto e la sua corte rubavano milionate a sua insaputa.
Pompati ad arte dalle Tv per sopperire ai silenzi di Silvio, più interessato al destino delle sue aziende che a fare opposizione a Renzi, i due “frequentatori di imputati a loro insaputa” ora si alleano per continuare a fare quello che hanno sempre fatto: vivere grazie alla politica.
Ma la candidatura della Meloni finora ha avuto solo l’appoggio di Salvini, non di Ncd ( che punta su Marchini) e Forza Italia (che sta alla finestra).
Ricordiamo che Fdi alle ultime europee a Roma città ha avuto il 5,3%, la Lega l’ 1,4%, Forza Italia il 13,4% e Ncd il 3,7%.
Giusto per la cronaca il Pd veleggia al 43,1% e il M5S al 25%.
L’intero centrodestra raggiunge a malapena il 24% e chi vuole presentare?
Una che vale il 5% e il cui partito ha espresso come capolista alle Europee un imputato per associazione mafiosa?
La Meloni sostiene che non era a conoscenza delle vicende di Alemanno e dei contributi alle sue associazioni.
Eppure sua sorella e suo cognato risultano indagati per corruzione e per una vicenda che riporterebbe a finanziamenti all’associazione di Alemanno come appena due mesi fa riportava la stampa e che in sintesi è spiegata da Affari Italiani
Giovedì, 16 ottobre 2014
Correva l’anno 2012 quando Franco Fiorito, in piena bufera per le spese regionali, voleva accreditare la tesi del ‘così fan tutti’. Fu allora che l’ex Batman di Anagni tirò in ballo Arianna Meloni, sorella dell’ex presidente della Camera Giorgia Meloni, che alla Regione Lazio non era legata da un contratto di lavoro ma da contratti di collaborazione: lei e il marito, l’ex assessore regionale Francesco Lollobrigida, avrebbero favorito il costruttore Paolo Marziali.
I pubblici ministeri Gianfranco Cirielli, Ilaria Calò e Roberto Felici, già titolari dell’inchiesta sui Grandi Eventi di Angelo Balducci, secondo quanto anticipato dal Corriere della Sera avrebbero individuato utilità /favori nei confronti della sorella del presidente di Fratelli d’Italia e dell’ex assessore alla mobilità dietro la contabilità societaria del Gruppo Marziali.
Si tratta di fatture per vari importi -12 mila 383 euro; 816,89; 14mila 691 euro; 5.997 e altro – che sarebbero state emesse per lavori mai fatti e che, dunque, nasconderebbero tangenti. Con questa ipotesi i finanzieri del Tributario hanno effettuato perquisizioni a fine maggio. In seguito nuovi sviluppi hanno portato a indagare il dirigente di Ama Servizi Cimiteriali, Fabrizio Mericone.
Tutto sembra ruotare attorno agli ambienti della Nuova Italia, la fondazione di Gianni Alemanno di cui Marziali è socio, amministrata da Franco Panzironi (grande sponsor di Mericone). Il costruttore avrebbe così ottenuto appalti importanti. Il suo nome, già noto per le opere dei Grandi Eventi di Diego Anemone e Angelo Balducci, era circolato per gare all’Ater e in alcuni ospedali. Il decreto dei magistrati parla espressamente di una sua ‘attività corruttiva’ “.
Evitiamo in questa sede qualsiasi giudizio politico (che abbiamo già espresso a tempo debito) su una alleanza innaturale con un partito antinazionale, secessionista, razzista e antimeridionale, coinvolto in ripetuti scandali e il cui attuale segretario ha persino rinunciato a costituirsi parte civile contro quel Belsito che lo aveva accusato di aver intascato una mazzetta di 20.000 euro (di cui ora non si parla stranamente più).
Se poi l’ex anticomunista della Garbatella vuole inseguire anche lei il nuovo mito dell’ex agente del Kgb, libera di farlo, ma allora si candidi a sindaco di Mosca.
Avrebbe certamente maggiori possibilità di farcela e libererebbe la destra italiana di un grosso equivoco.
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Dicembre 14th, 2014 Riccardo Fucile
MARTEDI’ AL SENATO CONVEGNO DEL SINDACO DI VERONA SU “SPORT E GRANDI EVENTI”
È una sorta di partita a scacchi.
Dove ognuno studia le mosse dell’avversario e risponde con le proprie.
E così, mentre Matteo Salvini prepara nome e simbolo del «partito gemello» che proverà a fare incetta di consensi al Centro-Sud, Flavio Tosi ha deciso di far debuttare la sua nuova fondazione «Ricostruiamo il Paese», proprio a Roma.
E non scegliendo un argomento qualsiasi, ma un tema particolarmente caldo: «Sport e grandi eventi – Una sfida per il Paese e il sogno Olimpico».
E il tema è una sfida lanciata indirettamente al «suo» segretario Matteo Salvini, che quando il presidente del Consiglio Matteo Renzi paventò la possibilità di una corsa per l’assegnazione dei Giochi, attaccò duramente il premier definendolo addirittura «un uomo pericoloso».
Una posizione, quella di Salvini, che almeno apparentemente contrasta con l’operazione di «sdoganamento» dai temi padani che ha portato avanti negli ultimi mesi.
E così Tosi ha individuato un varco e ci si è infilato, come peraltro aveva già fatto intervenendo a un convegno del Foro753, un altro dei centri sociali di destra presenti a Roma.
Non che il sindaco di Verona sia diventato improvvisamente un fan della Capitale. L’occasione gli è stata offerta anche dalla riforma approvata dal Cio solo pochi giorni fa, che ha aperto alla possibilità di organizzare Olimpiadi «diffuse», che siano ospitate da più realtà territoriali in uno stesso Paese.
E infatti Tosi, nel comunicato che anticipa il convegno, fa riferimento al coinvolgimento di «alcune delle più importanti Regioni, specialmente dell’Italia settendrionale».
Non mancherà , peraltro, anche una certa visione critica del modo in cui Renzi e Malagò, presidente Coni, hanno gestito finora la vicenda.
Annunciando «novità importanti» (proprio per lunedì 15 dicembre) senza aver mai coinvolto – sostengono gli organizzatori del convegno – organismi del governo o del Coni per studiare la fattibilità economica del progetto.
Come che sia, si tratta comunque di un «sì» significativo.
Come significativa è anche la composizione del tavolo dei relatori. Accanto a Tosi, a Fabio Venturi (coordinatore nazionale della Fondazione) e a Jacopo Costanzo (Warehouse Architecture & Research), ci sarà anche Claudio Barbaro, presidente di ASI (associazioni Sportive e Sociali Italiane).
Lo stesso Barbaro che partecipò alla scissione finiana di Fli e che, stando ai rumors, non esclude un futuro percorso politico comune proprio con Tosi.
Se una parte del vecchio mondo di An guarda a Salvini, ce n’è un’altra, insomma, che predilige il profilo più «moderato» del sindaco di Verona.
Che, da parte sua, ha già più volte ammiccato a Corrado Passera e al suo progetto Italia Unica e si è smarcato dalle critiche più dure di Salvini ad Alfano.
L’aspetto paradossale è che la «scacchiera» sia quella Roma che, da «ladrona», è diventata terreno di conquista.
Carlantonio Solimene
(da “Il Tempo“)
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Dicembre 14th, 2014 Riccardo Fucile
L’AUTORE DE “LA CASTA”: “LA MALATTIA NON E’ CERTO IMPUTABILE AL MEDICO CHE LA DIAGNOSTICA”
Parlando delle degenerazioni della politica in antipolitica come “patologia eversiva”, il capo dello Stato ha spiegato che a quest’azione eversiva non si sono sottratti “infiniti canali di comunicazione, a cominciare da giornali tradizionalmente paludati, opinion makers lanciati senza scrupoli a cavalcare l’onda, per impetuosa e fangosa che si stesse facendo, e anche, per demagogia e opportunismo, soggetti politici pur provenienti della tradizioni del primo cinquantennio della vita repubblicana”.
Nessuno si stupirà , dunque, leggendo qui di seguito un’intervista a Gian Antonio Stella, autore insieme al collega del Corriere della Sera Sergio Rizzo, de La casta, best-seller da un milione di copie (Rizzoli, 2006).
Il punto è: chi crea l’antipolitica?
Premessa: c’inchiniamo di fronte a Giorgio Napolitano, che tanti meriti ha avuto come presidente della Repubblica. Ma messa così non va bene: la censura nei confronti della cattiva politica, nell’economia generale del discorso, secondo me non era abbastanza forte. Dobbiamo chiederci chi genera l’antipolitica: i forconi o la cattiva politica? Io credo che le responsabilità siano soprattutto della cattiva politica. Attorno, certo, ci sono — ci sono sempre stati — i mestatori: penso all’Uomo qualunque di Giannini, al Partito della bistecca di Corradi, ai vari movimenti che negli anni si sono succeduti. Più recentemente possono essere i 5Stelle o, appunto, i forconi. Ma chi è responsabile? Restando nella metafora del morbo, la malattia non è imputabile del medico che la diagnostica.
Così sembra un po’ guardare il dito e non la luna. Soprattutto se la questione dell’antipolitica viene sollevata mentre a Roma è stato scoperchiato l’ennesimo vaso di Pandora.
Massimo D’Alema, nel 2011, è arrivato a dire che ‘bisognerebbe liberare il lessico dalle parole anti-democratiche. Ne dico una di parola antidemocratica, capisco che è un po’ forte, ma è la verità . La parola ‘Casta’ non è stata inventata da due brillanti colleghi. ‘Casta dei politici’ compare nel dibattito pubblico italiano per la prima volta in un documento delle Br e ha mantenuto quell’impronta; ogni qualvolta la si usa, bisognerebbe pagare una royalty agli ideatori, e lo si fa culturalmente”. Con ciò tracciava un parallelo tra chi sparava alla nuca — assassini — e quelli che come me, Sergio e tanti colleghi di altri giornali che hanno fatto una campagna contro le storture della politica in nome della democrazia.
La paternità della parola era veramente delle Br?
Ma no! Il primo è stato don Luigi Sturzo, l’11 agosto 1950, sul giornale 24 ore, parlando dell’ipotesi di aprire una cassa pensioni a favore dei deputati. E scrive: “A me sembra aberrante fare del mandato elettorale qualche cosa che confini con la carriera impiegatizia, ovvero il mandarinato, e sbocchi, infine, a uno stato di quiescenza a carico del pubblico erario”. Poco più avanti: “Più si consolida la professione e più si forma lo spirito di corpo, la casta, e più si rende difficile l’avvicendamento, sul quale è basata ogni sana democrazia”. Io credo che don Sturzo avesse ragione: evidentemente già intravedeva i segnali di alcune deviazioni della cattiva politica che hanno portato ai guai di oggi. Forse sarebbe il caso di imputare l’ondata di antipolitica più a chi ha creato regole in base alle quali Claudia Lombardo, consigliere regionale della Sardegna, può andare in pensione a 41 anni con oltre cinquemila euro netti di pensione. Sarà mica colpa di chi ha raccontato questa storia?
D’Alema non è stato l’unico politico a prendersela con voi.
L’ex tesoriere di Forza Italia, Maurizio Bianconi, ha definito me e Rizzo “il cancro di questo Paese”. Vorrei precisare che non abbiamo mai usato parole come magna magna o forchettoni, abbiamo semplicemente cercato di fare una battaglia civile per il bene della politica e dei politici. La denuncia è stata resa necessaria dal marcio che c’era.
C’è ancora, come si vede.
Con grave ritardo, alcune cose sono state fatte. Teoricamente dalla prossima legislatura non ci saranno più i vitalizi per i consiglieri regionali, è stato tolto il finanziamento pubblico ai partiti, anche in maniera esagerata. Sul versante della corruzione è tutto come prima.
E i costi della politica?
La cosa fondamentale sarebbe cambiare il modo di fare i bilanci. Abbiamo sotto gli occhi il caso di Roma. Il Comune di Roma ha messo on line il suo bilancio, ormai qualche anno fa: 1800 pagine, assolutamente incomprensibili. Ma questa non è trasparenza, è una presa in giro. Spiace dirlo, ma sappiamo tutto della regina Elisabetta — compreso quante bottiglie di champagne ha in cantina — e nulla di così dettagliato del bilancio del Colle.
Silvia Truzzi
(da“il Fatto Quotidiano”)
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