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SALVINI METTE LA GIACCA, MA A SANTA FA UN “BAGNO”: I GIOVANI INDUSTRIALI LO ACCUSANO DI POPULISMO

Giugno 5th, 2015 Riccardo Fucile

NON C’E FEELING CON IL TRASFORMISTA… AUTOGOL DI SALVINI: “I ROM SONO L’ULTIMO PROBLEMA ITALIANO”

Un alieno nel salotto degli industriali.
Al convegno dei Giovani imprenditori di Confindustria a Santa Margherita Ligure, giunto alla sua 45° edizione, arriva Matteo Salvini.
Il leader del Carroccio abbandona la felpa per l’insolita veste in camicia e giacca, non la cravatta perchè “fa troppo caldo”.
Il trasformista cambia look a seconda dell’occasione.
È uno degli ospiti principali e sale sul palco per il suo intervento, ma ben presto si capisce che non è la sua platea.
I Giovani imprenditori lanciano un messaggio al Governo e alla politica chiedendo un maggiore coinvolgimento nelle strategie politiche.
“Ci interessa” è lo slogan del convegno, le nuove leve dell’imprenditoria chiedono di diventare “il consigliere indipendente del Cda” Italia, di “contribuire a scriverne il business plan.
Il presidente dei giovani industriali Marco Gay si rivolge direttamente a Matteo Renzi – assente al convegno così come all’Assemblea annuale di Confindustria della scorsa settimana — e dice: “Sfruttateci per le idee e non solo per le tasse”.
Per gli imprenditori under-40 è “finito il tempo del piove governo ladro”, Gay sottolinea che “non ci basta svolgere al meglio solo il nostro lavoro di imprenditori. Vogliamo partecipare, fare la nostra parte. Noi ci siamo. Sporchiamoci le mani”.
Davanti alla platea di imprenditori e politici, il discorso di Marco Gay vira poi verso la critica ai populismi. “Dobbiamo avere il coraggio di dire che il populismo è la più subdola delle tentazioni e non possiamo farcene scudo” afferma, senza far riferimento a questo o quel politico.
Ricorda poi che “dopo 20 anni, corruzione, scandali appropriazione indebita di risorse, tornano sulle cronache”, ma “questo mondo parallelo non appartiene a chi fa impresa rispettando le regole”.
Poi tocca a Salvini: ” oggi comincia un discorso che coinvolge ciascuno di voi, se volete sporcarvi le mani io ci sono perchè Salvini non si occupa solo di Rom e immigrati, che costituiscono solo l’ultima delle mie emergenze”, spiega sperando che all’esterno nessuno di chi l’ha votato in funzione anti-rom ascolti.
“Vorrei che se mio figlio che ha 12 anni decidesse di fare impresa la facesse qui, in Italia”, dove “chi fa impresa è colpevole, tassato, indagato a prescindere”.
Quando prende la parola, però, si capisce subito che la reazione della platea è freddina.
Salvini ribadisce la sua ostilità  all’Unione Europea e all’euro così come sono concepiti oggi. Contro l’Europa che è “un enorme centro commerciale, con 29 negozi diversi, con tassazioni diverse, tutto diverso”, in cui “sono sempre meno quelli che si fermano al negozio Italia “. Contro l’Europa che “è nata con criteri economici e commerciali che odiano l’impresa italiana”. Contro l’euro che “è anti Confindustria, anti Italia, anti buon senso”.
Dalla platea, un imprenditore lo definisce “populista” e Salvini gli risponde: “Mi inorgoglisco quando mi danno del populista, lo considero un valore aggiunto”.
Nelle domande degli industriali emerge lo scetticismo per le sue tesi economiche “lontane dalle esigenze del Paese”, specie per la battaglia anti-euro.
“Il patrimonio immobiliare si svaluterebbe del 30% se non ci fosse più l’euro”, gli contestano.
Finisce con un tiepido applauso di cortesia l’intervento al Miramare del trasformista a cui non resta, dopo “il bagno” in sala, che indossare il costume e farsene un secondo in mare.
Anche perchè comincia a fare troppo caldo per le felpe multiuso.

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GRAMAZIO STORY, DAL “PINGUINO” A CASAPOUND

Giugno 5th, 2015 Riccardo Fucile

ABITI ELEGANTI PER IL LAVORO E BICIPITI POMPATI PER SFILARE

A papà  Pinguino portano via il cucciolo in manette (del soprannome da National Geographic che Domenico Gramazio, 67 anni, ex parlamentare del Pdl, satrapo della destra romana, si porta addosso con una certa rassegnazione, parleremo tra un po’).
Suo figlio Luca, a 34 anni, è già  stato capogruppo in consiglio comunale per il Pdl e alla Regione Lazio per Forza Italia: la barba curata, i Ray-Ban e tutto il resto, sempre in ghingheri per avere l’aria destrorsa seria e affidabile, più il bicipite pompato per poter sfilare se necessario insieme ai camerati di CasaPound, viene definito dai carabinieri del Ros una persona di «straordinaria pericolosità ».
È accusato di associazione di stampo mafioso con compiti precisi.
«Svolge – scrive il Gip Flavia Costantini – una funzione di collegamento tra l’organizzazione criminale, la politica e le istituzioni…».
Papà  Pinguino lo adora.
Se dopo essere stato eletto con 18 mila voti, tuo figlio riceve la telefonata di congratulazioni di un criminale come Massimo Carminati, dovresti un poco impensierirti. Papà  Pinguino, no. Anzi, va a festeggiare.
Trattoria «Dar Bruttone», via Taranto, quartiere San Giovanni, sera del 23 luglio 2013. I due Gramazio e, a capotavola, «Er cecato».
Brindisi e progetti, un vassoio di rigatoni con la pajata e la voce dei tre che, improvvisamente, s’abbassa (trucchetto buono per i tempi in cui Carminati cenava con la Banda della Magliana, ma adesso inutile: perchè quelli del Ros hanno ormai apparecchi sensibilissimi).
Scrive, ancora, il Gip Flavia Costantini.
«Luca Gramazio riceveva costantemente erogazioni di denaro da parte di Salvatore Buzzi – il ras delle cooperative – che agiva di concerto con Carminati. Tra le altre: 98 mila euro in contanti e 15 mila con bonifico di finanziamento al comitato Gramazio; più l’assunzione di 10 persone e la promessa del pagamento di un debito per spese di tipografia».
Luca Gramazio, dopo essere stato indagato nella prima fase di Mafia capitale, lo scorso dicembre decide di dimettersi da capogruppo: e, va detto, dentro Fi le sue dimissioni vengono accettate come se si stesse dimettendo allo scopo di avere più tempo per giocare a golf.
Invece, Luca ingrassa, si gonfia. E diventano sempre più evidenti i suoi sbalzi di umore: tipo che lo incontravi ed era preoccupato, triste, stanco, e dopo un minuto ti tornava positivo, ottimista, euforico. Aspetta anche il primo figlio. Nonno Pinguino, scriveranno.
Per l’anziano Gramazio una gioia che si mischia a dolore e, forse, paura.
Lui che non l’ha mai conosciuta. «Sono stato arrestato tre volte e nel 1976, dopo una manifestazione, un gruppo di autonomi mi accoltellò. Però io non mi sono mai lamentato. Anche perchè, non è per dire, ma le ho sicuramente più date che prese».
Le dava anche se le braccia erano un filo corte (ecco l’origine del soprannome). E comunque le gambe erano forti e in più aveva il vezzo di farsi fare i tacchi delle scarpe in ferro.
Di lui si occupa la Bbc , sono suoi i primi raid contro gli accampamenti nomadi, organizza marce riparatrici contro il Gay Pride, va a Gerusalemme e afferma che il fascismo non ha avuto responsabilità  nell’Olocausto, Berlusconi lo fa eleggere al Senato e lui – il 24 gennaio del 2008, quando cade il governo Prodi – si esibisce in quella celebre penosa gazzarra (Gramazio urla come un pinguino in amore e beve spumante, il collega Nino Strano addenta felice una fetta di mortadella).
Hai un padre così, e non puoi farci niente. Però lui ti fa frequentare la sua sezione (a piazza Tuscolo, storica base missina): e allora ti metti a fare politica e hai subito un gran successo, il cognome è già  famoso, sei figlio d’arte, e ti ci vuole poco a capire che i saluti romani sono anche un modo per fare affari. Soprattutto nella Sanità .
Perchè papà  è stato presidente dell’agenzia per la Sanità  della Regione quando governatore era il suo ex allievo Francesco Storace (con il quale poi ha litigato), vicepresidente della commissione Sanità  del Senato e delegato alla Sanità  quando il sindaco di Roma era Gianni Alemanno.
Un amore di papà  che, attraverso la sua rete di amicizie, finanziatori e faccendieri, porta consensi al suo cucciolo.
Sì, dev’essere terribile vedersi poi portare via il proprio cucciolo in manette.

Fabrizio Roncone
(da “il Corriere della Sera”)

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SONDAGGIO SWG DOPO LE REGIONALI: PD 35%, M5S 20,7%, LEGA 16,1%, FORZA ITALIA 13,9% FDI 4%, SEL 3,4%, NCD 3%

Giugno 5th, 2015 Riccardo Fucile

CON L’ITALICUM IL BALLOTTAGGIO SAREBBE TRA PD E CINQUESTELLE

Swg ha aggiornato le intenzioni di voto con un sondaggio effetto il 4 giugno, 4 giorni dopo il voto per le Regionali.
Il Pd segna il passo, anche se resta di gran lunga il primo partito con il 35 per cento (meno 2,5 in 20 giorni).
A seguire ci sono M5s con il 20,7 (più 2,5), Lega Nord con il 16,1 (più 2,,2), Forza Italia con il 13,9.
Supererebbero la soglia di appartenenza anche il Nuovo Centrodestra (3), Fratelli d’Italia (4) e Sel (3,4).
Da segnalare che l’Italicum prevede una corsa tra partiti e non tra coalizioni.
In caso di ballottaggio quindi andrebbero a testa a testa il Pd e il Movimento Cinquestelle.
Tuttavia se il centrodestra si unisse contro il centrosinistra in un’unica lista metterebbe insieme il 37 per cento dei voti.
Il Pd, qualora si unisse a Sel, sarebbe però ancora avanti con il 38,4%

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MAFIA CAPITALE, INDAGATO IL SOTTOSEGRETARIO CASTIGLIONE, RENZI FA IL GARANTISTA MA E’ FURIOSO

Giugno 5th, 2015 Riccardo Fucile

IL BRACCIO DESTRO DI ALFANO RITENUTO “INDIFENDIBILE”… POTREBBE LASCIARE ENTRO 48 ORE, MA PER ALFANO SAREBBE PERDERE IL CONTROLLO DELLA SICILIA

Il ministero dell’Interno si trasforma in una trincea di resistenza per Angelino Alfano. A metà  pomeriggio da Palazzo Chigi è partito un tentativo di moral suasion per ottenere un passo indietro da Giuseppe Castiglione, diventato nell’immaginario collettivo già  “l’impresentabile” sul business dell’immigrazione.
Per Renzi Castiglione è “indifendibile”. Il caso è “politicamente imbarazzante”.
Però Angelino resiste: “Castiglione non si tocca”.
E a fine giornata da Palazzo Chigi trapela: “la linea è garantista, aspettiamo di vedere quello che succede”.
Ecco: da un lato Angelino Alfano. Dall’altra Renzi. Come sul caso Lupi.
La differenza, fanno notare dentro Ncd, è che Castiglione non è uno qualunque.
È il braccio destro di Alfano, colui che nelle zone dove prolifera il business dell’accoglienza rastrella un consenso del 40 per cento per Ncd.
Per un partitino come quello di Alfano, dicono i ben informati, Castiglione e suo suocero, l’ex parlamentare Firrarello, altro rastrellatore di voti, sono figure vitali.
Gli portano l’uno per cento di voti su scala nazionale grazie ai voti in quelle zone.
Per questo, per tutta la giornata i senatori siciliani di Ncd, il grosso della pattuglia, si è attaccata a telefono: “Angelino, Castiglione non si tocca, va difeso”.
Non si contano le dichiarazioni di Schifani sul “polverone mediatico” attorno al sottosegretario.
Il panico però c’è. Perchè, dicono a microfoni spenti quelli che hanno parlato con Alfano, “Castiglione è un punto di attacco che rende vulnerabile Angelino”.
E già  prevedono un “sacrificio”, magari non subito, magari tra 48 ore, per salvare la ditta. Anche perchè l’assedio è partito.
Con Sel che ha già  annunciato una mozione parlamentare “di censura” al sottosegretario.
Pure i Cinque Stelle stanno valutando una mozione di sfiducia. E l’imbarazzo dentro il Pd è tangibile. Gianni Cuperlo, ospite dell’Aria che tira, ci va giù duro. “La posizione di Castiglione è insostenibile. Penso che sia una conseguenza abbastanza logica che rimetta le sue deleghe e il suo mandato”.
Pure Civati è pronto a dare fuoco alle polveri: “Renzi — dice – non si può voltare dall’altra parte. La vicenda di Cara Mineo è grave e già  arrivare dopo la magistratura è stato un errore della politica e del governo. Ora che cosa si deve su Castiglione? Mi auguro che si dimetta immediatamente”.
Per ora i fedelissimi del ministro dell’Interno lasciano trapelare la linea del momento: Castiglione sarà  difeso fino alla morte.
Ma, al tempo stesso, si capisce che c’è un problema che riguarda lo stesso Alfano: “Avrà  la forza di difenderlo?” è la domanda che aleggia.
Perchè davvero mai il ministro è stato in una posizione così difficile. Il titolare del Viminale, responsabile della sicurezza nazionale, colui che col prefetto dovrà  gestire l’eventuale scioglimento di Roma, si ritrova indagato tutto il suo “cerchio magico”, tutto siciliano.
Simona Vicari, sottosegretaria allo Sviluppo Economico, è indagata, come rivelò il Fatto, per concorso in falso dal momento che avrebbe fatto favori all’ex presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro, in carcere.
Indagato per corruzione Francesco Cascio, ex presidente dell’Ars e oggi segretario regionale del partito di Alfano.
Indagato Castiglione nell’ambito di quella che dentro Ncd viene vissuta come “la madre di tutte le inchieste”.
Nelle carte proprio attorno Castiglione si configura un intreccio stretto tra Ncd e il “sistema Odevaine”.
È stato proprio Castiglione, quando era presidente delle province italiane (Upi), a nominare Odevaine come esperto al Tavolo di coordinamento nazionale per l’emergenza Nord Africa 2011 aperto presso il ministero dell’Interno.
Fu sempre Castiglione a nominarlo consulente del centro di accoglienza di Cara Mineo. E Castiglione è indagato per turbativa d’asta e turbata libertà  del procedimento di scelta del contraente, in quanto soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo.
E adesso Alfano rischia di uscire azzoppato davvero dalla vicenda. Con le opposizioni che già  gli chiedono di riferire in Aula.
Chi lo conosce dice: “Rispetto al caso Lupi dove ci fu una frizione, con Castiglione non è immaginabile. Castiglione e Alfano sono una cosa sola. Giuseppe sarà  costretto a lasciare perchè altrimenti il bersaglio diventa Alfano, ma la mossa sarà  concordata”. 48 ore. Per Renzi di più non si può andare avanti.
E dentro Ncd in parecchi scommettono che Castiglione, prima della direzione del Pd, avrà  già  mollato.

(da “Huffingtonpost”)

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RENZI NON VA DA “AMICI”: MAFIA CAPITALE A UNA COSA ALMENO E’ SERVITA

Giugno 5th, 2015 Riccardo Fucile

LE VICENDE GIUDIZIARIE E IL CASO DE LUCA INDUCONO IL PREMIER AD ANNULLARE LE INIZIATIVE POP

Non lo hanno fermato gli scontri con i sindacati, men che meno con la minoranza Pd. Anzi, il premier ci ha sempre sguazzato dentro. Non lo hanno fermato nemmeno le regionali di domenica scorsa, test elettorale che il Pd ha vinto “5 a 2”, continua a ripetere Matteo Renzi, pur ammaccato dalla dolorosa sconfitta in Liguria e dall’affare Vincenzo De Luca ancora tutto da gestire.
Ma fin qui il premier avrebbe confermato la sua presenza stasera alla finalissima di ‘Amici’.
L’aveva anche annunciato la conduttrice Maria De Filippi: Renzi era atteso negli studi Mediaset. Quanto meno per recuperare il ‘trono’ che di recente gli è stato sottratto da Roberto Saviano, vissuto come ‘nemico’ a Palazzo Chigi, almeno ultimamente.
E invece no. Stavolta il premier si ferma.
A metà  giornata decide di annullare la sua presenza dalla ‘Maria nazionale’.
Sul suo tavolo è piombato anche il dossier su ‘Mafia capitale’ con quell’avviso di garanzia al potente sottosegretario all’Agricoltura, il siciliano Giuseppe Castiglione di Ncd.
Caso ancora tutto da gestire, anche questo come De Luca, che peraltro il premier ha ricevuto per un’ora oggi a Palazzo Chigi: urge formare al più presto giunta e vicepresidente per avere in governo Pd in regione prima che il governatore venga sospeso dalla legge Severino.
Motivi di opportunità  l’hanno tenuto lontano dal salotto tv di ‘Amici’, dicono nella sua cerchia.
Renzi stavolta ha optato per un’immagine decisamente più sobria, lontano dal popolare show che nel 2012, in piena campagna elettorale per le primarie del centrosinistra, lo vide protagonista spumeggiante, giovane leader tutta verve e giubotto di pelle.
Stasera non era il caso di pronunciare le prime parole di commento sulle elezioni di domenica scorsa nella cornice ovattata e pop di Maria De Filippi.
Finora infatti Renzi non ha mai parlato in tv del voto di fine maggio, lo ha fatto solo attraverso indiscrezioni diffuse con note stampa.
Ma ad ogni modo, non era il caso: non per l’esito del voto, che si sarebbe rivendicato anche e maggior ragione tra i giovani della De Filippi, ma per via dell’inchiesta ‘Mafia capitale’ e le nubi che lascia soffiare sul governo.
Perchè l’affare Castiglione, indagato e accusato di aver truccato la gara di affidamento della gestione del Cara (centro immigrati) di Mineo in Sicilia, è una piccola mina sotto la maggioranza di governo. Se non viene gestita con cura.
Castiglione è il luogotenente di Angelino Alfano in Sicilia, controlla le truppe dei senatori siciliani di Ncd, in quella maggioranza di governo sempre più risicata al Senato.
Insomma è un caso spinoso che certo non libera energie per gestire l’altro caos: quello campano. Anzi.
Oggi il premier ha incontrato per un’ora a Palazzo Chigi il vincitore delle regionali in Campania, Vincenzo De Luca. L’incontro era nell’aria da giorni.
Urge nominare quanto prima giunta e vicepresidente, colui o colei che faranno le veci di De Luca quando verrà  sospeso ai sensi della legge Severino per la condanna in primo grado per abuso d’ufficio.
E che sia una giunta con un’immagine pulita, fresca e in grado di risollevare la reputazione del Pd tra gli elettori a livello nazionale.
Renzi ha voluto analizzare da vicino la faccenda, a quattr’occhi con De Luca nella sede del governo.
Obiettivo: tentare di rimettere a posto tutti i cocci che rischiano di diventare schegge impazzite contro il governo.
Non è più aria di play station, il passatempo usato la notte delle regionali. Non è più aria di ‘Amici’. Meglio la cornice più istituzionale di Repubblica: domattina il premier parlerà  alla festa del quotidiano diretto da Ezio Mauro, nella difficile piazza di Genova.

(da “Huffingtonpost“)

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IL CLANDESTINO SALVINI NON SUPERA IL TEST D’ITALIANO. “MIGRANTE E ‘ UN GERUNDIO”

Giugno 5th, 2015 Riccardo Fucile

RESPINTO NELLA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA, DOVE BELSITO GLI OFFRIRA’ UN GELATO DA “BALILLA” IN RICORDO DEI BEI TEMPI ANDATI

Fu proprio la Lega Nord a richiedere un test d’italiano per gli stranieri che giungono nel nostro paese: dovevano dimostrare di saper parlare la nostra lingua, prima di ottenere il permesso di restare in Italia.
Peccato che, adesso, il suo segretario, Matteo Salvini, si copra di imbarazzo per uno scivolone grammaticale.
Durante il suo intervento alla trasmissione Virus, su Rai 2, il leader del Carroccio ha infatti accusato la presidente della Camera Laura Boldrini, “rea” di aver “inventato” la parola migrante.
“Sono clandestini”, ha incalzato Salvini, “migrante è un gerundio”.
In realtà  migrante, oltre ad essere un aggettivo,   è il participio presente del verbo migrare.
Il gerundio dello stesso verbo è invece   migrando.
La gaffe corre veloce anche sui social: “Quindi se dai dell’ignorante a @matteosalvinimi, lo scambia per un gerundio”, scrive su Twitter Un caso cinico; “Se #migrante è un gerundio, #Salvini è un ignorando”, commenta Iris Tinuin .
Respinta la richiesta di asilo: il clandestino Salvini torni nella sua padagna del magna magna

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MAFIA CAPITALE, LE MANI DELLA CUPOLA SULL’EMERGENZA CASA

Giugno 5th, 2015 Riccardo Fucile

L’INDAGINE ORA PUNTA ANCHE SULL’ENTOURAGE DI ZINGARETTI

L’inchiesta su Mafia Capitale scava tra le carte e i corridoi della Regione Lazio e punta dritto verso l’entourage del governatore Nicola Zingaretti, scandagliando i modi in cui alla Pisana i suoi dirigenti hanno utilizzato i fondi per l’emergenza casa.
Tra le 21 perquisizioni effettuate ieri dai carabinieri del Ros, figura anche l’abitazione dell’ex capo di gabinetto del presidente, Maurizio Venafro.
L’ex braccio destro di Zingaretti si era dimesso il 24 marzo perchè iscritto nel registro degli indagati “in un’inchiesta relativa ad una gara d’appalto della Regione”, quella per l’acquisto del servizio Cup (il Centro Unico Prenotazione).
Il cerchio degli inquirenti tra gli uffici della Pisana continua a stringersi: in questa seconda tornata di arresti ai domiciliari è finito Guido Magrini, “potentissimo” direttore del dipartimento Politiche sociali, autore di una delibera che porta “al Comune di Roma 7,2 milioni di euro”.
Soldi su cui Salvatore Buzzi voleva mettere le mani in cambio del salvataggio della Cooperativa Deposito Locomotive Roma San Lorenzo, cara al Campidoglio.
L’ordinanza di custodia cautelare accende un altro faro sulla posizione dell’ex braccio destro di Zingaretti.
A chiamare in causa Venafro è lo stesso Magrini. L’11 dicembre 2013   il dirigente della Pisana è in compagnia di Salvatore Buzzi, braccio operativo della cupola, che gli passa al telefono Daniele Ozzimo, assessore alla Casa del Comune di Roma finito agli arresti, cui spiega per filo e per segno tutto l’iter amministrativo avviato per favorire il sodalizio.
In ballo c’è il Piano Straordinario Emergenza Casa: “Stamattina abbiamo chiuso con Maurizio Venafro e con De Filippis (Raniero, dirigente della Pisana, ndr) un po’ il pacchetto — racconta Magrini — loro stanno preparando per il 17 dicembre che è martedì, la prossima Giunta, una delibera quadro che riguarda l’accordo co’ Roma Comune sul tema generale della casa, i fondi alla cassa deposi… tutto quello di cui avete parlato, oh. Poi invece io vado in autonomia con una mia delibera…” che “porterebbe a Roma 7 milioni e 100/sette milioni e 2 più o meno”.
Somma che Ozzimo avrebbe dovuto far inserire nel bilancio 2014 del Comune. Risultato: il 17 dicembre 2013 la giunta di Zingaretti approvava la delibera 479 che stanziava 16,5 milioni di euro per l’emergenza abitativa. Il soggetto proponente è il Dipartimento Politiche sociali guidato da Magrini. Che con una successiva delibera stanziava altri 7.182.003,00 euro a Roma Capitale.
Perchè Mafia Capitale è interessata allo stanziamento?
E’ Buzzi in persona a fornire il quadro della situazione: “Guido Magrini c’ha in Regione i fondi per l’Emergenza alloggiativa che li girerebbe al Comune e dove io già  c’ho una convenzione in corso, hai capito?”.
In un’altra intercettazione il capo della 29 giugno entra nel dettaglio: “Magrini ce dà  sette milioni”, o meglio “da’ al Comune 7 milioni perchè noi dovemo fa’ l’operazione Cooperative San Lorenzo però non glie damo una lira”.
Di che operazione si tratta? Il 7 gennaio 2014 Buzzi aggiunge altri tasselli al puzzle: “La cosa segreta che nessuno deve sapere perchè sennò diventa quasi un reato è che noi abbiamo fatto un’operazione di salvataggio della cooperativa Deposito Cooperativa San Lorenzo, impegnandoci a comprare 14 appartamenti.. per un totale..32..32 appartamenti. Ne avemo venduti 18 e 14 noi. Questa è la cooperativa più antica di Roma, se non intervenivamo noi, falliva. Quindi c’ha chiamato Lega coop, c’ha chiamato. Magrini ha trasferito 7 milioni e 2 a Ozzimo, ha dato 7 milioni e 2 al Comune di Roma”.
Il 23 gennaio Buzzi torna sull’argomento: “Bisogna anda’ da Ozzimo, io c’ho preso appuntamento per mercoledì perchè dovemo fa’ un progettino pe i 7 milioni e 2..quindi Ozzimo ce ne da 5, noi gliene avemo portati 7..ce ne guadagnamo.. lui ce guadagna 2 milioni…”.
E la triangolazione si chiude.
Magrini fa un assist da 7,2 milioni al Comune di Roma. Ozzimo riceve palla e, si legge nella ricostruzione degli inquirenti, “ha posto in essere condotte finalizzate al rinnovo dei servizi per l’emergenza alloggiativa a favore della Eriches (cooperativa riconducibile a Buzzi, ndr), nonchè per l’adozione della memoria di Giunta Capitolina del 26.2.14 (…) con la finalità  di favorire i soggetti economici riconducibili a Buzzi”. In cambio la cupola salva la cooperativa San Lorenzo, cara al Comune: “Ponendo in essere detti atti contrari ai doveri dei loro uffici, gli stessi ottenevano da parte di Buzzi (…) a favore della Società  Cooperativa Deposito Locomotive Roma San Lorenzo, in gravi difficoltà  economiche (…) utilità  a contenuto economico, consistenti nell’acquisto di quattordici appartamenti al prezzo di 3.262.000 euro, dei quali erano erogati 120.000 euro come anticipo e parte del valore residuo ( 901.000 euro)”.
Il mosaico si va via via ricomponendo e l’inchiesta aggiunge nuovi tasselli all’identikit di quel “mister X” che, in cambio di 2.500 euro al mese, farebbe da tramite tra la cupola di Mafia Capitale e la Regione Lazio.
Era il 20 aprile 2013. Salvatore Buzzi stilava l’elenco delle persone che aveva a libro paga per controllare o fare da tramite con questo o quel politico: “Lo sai a Luca (Odevaine, ex vice capo di gabinetto dell’ex sindaco di Roma Veltroni e responsabile extradipartimentale della polizia provinciale, ndr) quanto gli do? Cinquemila euro al mese… ogni mese… (…) un altro che mi tiene i rapporti con Zingaretti duemilaecinque al mese”.
L’inchiesta lambisce la cerchia più ristretta dei suoi collaboratori, ma il governatore non si scompone: “Dalla Procura un lavoro importante e utile per fare chiarezza e rafforzare la legalità  nella Pubblica Amministrazione — si legge in una nota diramata da Zingaretti — da parte nostra, in Regione, in questi due anni, abbiamo fatto di tutto per governare bene, rafforzando la legalità  e la trasparenza. Andremo avanti così, sempre più determinati”.
Eppure il gruppo consiliare del M5S alla Pisana aveva chiesto spiegazioni.
Con una interrogazione a risposta immediata datata 5 marzo 2015, i consiglieri Perilli, Denicolò e Barillari chiedevano lumi al presidente del consiglio regionale Daniele Leodori circa i “rapporti tra il direttore regionale Guido Magrini e personaggi coinvolti nell’inchiesta Mafia Capitale in relazione a somme dallo stesso stanziate per l’emergenza abitativa”.
La giunta rispondeva parlando della “garanzia di una programmazione e di una gestione dei servizi stessi quanto più trasparente e vicina alle esigenze e alle peculiarità  dei territori della Regione”.

Marco Pasciuti
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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MAFIA CAPITALE, ALTRI 21 INDAGATI: C’E’ ANCHE L’EX ASSESSORE DI ALEMANNO, VISCONTI

Giugno 5th, 2015 Riccardo Fucile

DIRIGENTI COMUNALI, IMPRENDITORI E POLITICI… PERQUISITE SEDI DI NUMEROSE COOP DI DIVERSO ORIENTAMENTO POLITICO

C’è anche Marco Visconti, ex assessore all’Ambiente della giunta guidata da Gianni Alemanno. E nuovo provvedimento per Maurizio Venafro, ormai ex capo di gabinetto del governatore Zingaretti che si era già  dimesso tre mesi fa dopo aver appreso di essere indagato dalla Procura di Roma “in un’inchiesta relativa ad una gara d’appalto della Regione”.
E Calogero Salvatore Nucera, ex capo segreteria di Francesco D’Ausilio quando era capogruppo del Pd in consiglio comunale.
C’è Patrizia Cologgi, ex capo del dipartimento della protezione civile comunale.
Sono questi alcuni dei nomi dei ventuno indagati della seconda tranche di Mafia Capitale che ha portato ieri all’arresto di 44 persone.
Dirigenti comunali e politici che ieri sono stati perquisiti dai carabinieri del Ros su mandato del procuratore aggiunto Michele Prestipino e dei pubblici ministeri Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli.
Interrogatori di garanzia.
Intanto, è iniziata la prima tornata di interrogatori di garanzia per i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare. Oggi saranno sentiti dal gip Flavia Costantini tutti coloro che sono stati reclusi a Regina Coeli: tra questi Mirko Coratti, già  presidente dell’Assemblea Comunale; Francesco Ferrara, dirigente della cooperativa “La Cascina”; il dirigente comunale Angelo Scozzafava e l’ex assessore della giunta Marino, Daniele Ozzimo. Domani sarà  la volta di tutti gli indagati portati ieri nel carcere di Rebibbia.
Nuovi indagati.
Avvisi di garanzia anche a Clelia Logorelli, responsabile parchi e giardini di Eur Spa, e a Mirella Di Giovine, ex direttore del Dipartimento Patrimonio.
Indagato anche Silvio Praino, imprenditore alberghiero riconvertito da anni nelle strutture di accoglienza dei migranti: è accusato di avere usato la sua amicizia con Odevaine per trasformare il suo hotel in un centro di accoglienza.
Indagato pure Antonio Pulcini, padre del costruttore Daniele, ieri colpito da misura cautelare e Maurizio Marotta, presidente della cooperativa Capodarco.
E ancora: Fabrizio Amore, Ettore Lara e Gabriella Errico, presidente della cooperativa sociale “Un sorriso” finita nell’occhio del ciclone qualche mese fa in seguito alle tensioni nel quartiere romano di Tor Sapienza tra i residenti e gli immigrati del centro di accoglienza di via Morandi.
E che le cooperative, bianche o rosse, fossero la rete per aggiudicarsi una serie di appalti milionari era chiaro: non a caso, tra le società  perquisite compaiono sia diverse del gruppo La Cascina, storicamente vicina a Comunione e Liberazione, sia la Cooperativa Edilizia Deposito Locomotive Roma San Lorenzo, da sempre vicina al centrosinistra.
Anche Abitus, Casa della Solidarietà , Domus Caritatis, L’Oliveto Import-export, La Cascina Global service, Segni di Qualità . “La cooperativa La Cascina ritiene di dover evidenziare che i provvedimenti che hanno interessato alcuni propri dirigenti non riguardano in alcun modo reati di mafia”, afferma, in una nota, il presidente del Consiglio di amministrazione, Giorgio Federici.
Scrivono i pm: “Visconti era assessore all’Ambiente, assessorato che ha un contratto di servizio con Ama e un forte potere di indirizzo verso la stessa azienda municipalizzata. Nell’assessorato vi era un dirigente preposto ai rapporti con Ama. Franco Panzironi, nella sua qualità  di presidente di Multiservizi, si era recato presso l’assessorato per riunioni con Visconti e gli altri operatori, tra i quali, alcune volte, Buzzi. In uno di questi incontri, verso la fine di settembre 2012, il citato assessore lo aveva chiamato in forma riservata e gli aveva detto che Buzzi era interessato a contribuire per le campagne elettorali del sindaco Alemanno e di Visconti medesimo con una cifra complessiva di 400mila euro da dividersi tra Alemanno e Visconti. Originariamente Visconti gli aveva chiesto di far transitare tali somme attraverso la Fondazione Nuova Italia, della quale lui era segretario e Alemanno presidente.
A Visconti i soldi dovevano arrivare in contanti, in ragione del fatto che si sentiva attenzionato da organi investigativi per vicende legate alla moglie. I soldi Buzzi li avrebbe portati in Fondazione dove poi Visconti sarebbe passato a prenderli. Gli appuntamenti per le consegne avvenivano all’esterno della Fondazione, ma per telefono. Effettivamente, nel 2013 avvennero tali consegne, circa 10   –   probabilmente 9 in vista delle elezioni regionali, 1 in vista della comunali. La prima volta Buzzi gli aveva detto che nel plico che gli consegnava vi erano 15mila euro. La dinamica della consegna a Visconti era sempre identica. Veniva Buzzi, consegna i plichi e successivamente venivano Visconti, il suo capo segreteria o un suo rappresentante a ritirarlo”.
Su Venafro, invece, i magistrati scrivono: “La faccenda riguarda la gara d’appalto per i Cup (centralino unico di prenotazione) della Regione Lazio da oltre 1 milione di euro. Nel gruppo economico riconducibile a Buzzi, con azioni ispirate dallo stesso Buzzi, Testa e Carminati e direttamente condotte da Gramazio, lui è intervenuto sulle intese raggiunte (per l’assegnazione del bando) modificandole e ottenendo a garanzia da Venafro la nomina della commissione aggiudicatrice di Angelo Scozzafava, ormai interlocutore dell’organizzazione all’interno delle istituzioni, che ha comunicato a Buzzi il contenuto dei lavori della commissione e ne ha orientato le scelte per ottenere il risultato”.

Maria Elena Vincenzi e Giovanna Vitale
(da “La Repubblica”)

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IDENTIKIT DELLA MANGIATOIA, DESTRA, SINISTRA E CENTRO

Giugno 5th, 2015 Riccardo Fucile

TUTTI HANNO AVUTO UN PREZZO NEL SISTEMA MARCIO DI MAFIA CAPITALE

Tutti si possono comprare. Perchè tutti, quasi tutti, hanno o hanno avuto un prezzo tra il Campidoglio, i suoi 15 municipi e la sede della Regione Lazio.
C’è il sindaco di Castelnuovo che s’è fatto pagare 50 centesimi per ogni immigrato ospitato nel centro fatto costruire nel proprio territorio.
C’è l’ormai noto Odevaine che da Buzzi e Carminati è arrivato ad incassare fino a 20 mila euro per aver truccato la gara del Cara di Mineo e affidarlo all’amico Salvatore Menolascina e alla cooperativa bianca La Cascina.
C’è l’avvocato compiacente, ne abbiamo trovati nel romanzo criminale di Mafia Capitale, amministratore unico di una società  fantasma (La Cosma) proprietà  di Carminati che era diventato il bancomat di fatture false per un totale di 150 mila euro.
C’è il consigliere prima comunale poi regionale e anche figlio d’arte (Luca Gramazio) che faceva approvare delibere e debiti fuori bilancio in favore di Buzzi e Carminati da cui ha ricevuto 100 mila euro in tre tranches;15 mila euro per il comitato elettorale; una decina di assunzioni e anche il saldo delle spese di tipografia.
E poi ci sono tutti gli altri: sono diciassette i politici e gli amministratori arrestati stamani per la seconda puntata di Mafia capitale, assessori di maggioranza e minoranza, consiglieri comunali, dirigenti e tecnici.
Se si contano anche quelli coinvolti nella prima puntata dell’inchiesta, il totale fa quaranta.
Una “mangiatoia” di destra e di sinistra e di centro, “perchè la mucca deve essere continuativamente foraggiata per poter essere continuativamente munta” dice Salvatore Buzzi, il ras delle cooperative rosse Eriches 29 giugno, mentre parla con il suo socio in affari, l’ex terrorista nero Massimo Carminati.
E’ un’altra di quelle intercettazioni destinate a segnare la cronaca di una capitale, Roma, e di un paese, l’Italia, dove la corruzione è diventata sistema e si annidata ovunque assecondando di volta in volta maggioranze e minoranze politiche.
Il quadro di quello che il gip Flavia Costantini definisce “l’articolato sistema corruttivo continuato nel tempo” è raccontato nelle 428 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che giovedì all’alba ha raggiunto 44 persone.
Pagine che andrebbero lette insieme alle altre novecento che il 2 dicembre scorso raccontarono la prima puntata di Mafia capitale quando il procuratore Pignatone, l’aggiunto Michele Prestipino e i pm Luca Tescaroli, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini scoperchiarono un pentolone di corruzione che sembra aver infettato ogni angolo della vita pubblica, dalla raccolta delle foglie alle gestione degli immigrati passando per l’emergenza casa e dei campi rom.
Gli investigatori del Ros dei carabinieri, che ormai dal 2010 incastrano tra Firenze e Roma le tessere di un sistema così marcio che è francamente difficile trovare un punto da cui ripartire, questa volta puntano gli occhi anche sulle cooperative bianche (La Cascina, legata a Comunione e Liberazione e destinataria dell’appalto del Cara di Mineo, di cui è stato arrestato l’amministratore Salvatore Menolascina) e su uno dei servizi più delicati per i cittadini: il Cup, la centrale unica delle prenotazioni sanitarie. Mazzette anche sulla salute, su paure, necessità  e speranze legate a una visita medica specialistica.
Se il sistema corruttivo, aggravato dal metodo mafioso, è sempre lo stesso — appalti in cambio di favori, case, soldi, posti di lavoro — la seconda parte di Mafia Capitale merita di essere raccontata tirando il filo dei suoi insospettabili protagonisti. L’identikit della “mangiatoia”. Quello che segue è l’atto di accusa della procura. Saranno poi i processi a confermare o correggere l’ipotesi dei magistrati.
ANDREA TASSONE, L’UOMO DI OSTIA
Dal 2013 presidente del X municipio, il brillante giovanotto che viene dalla Dc e poi dalla Margherita per approdare convintamente nel Pd nel 2007, sarebbe stato a libro paga di Mafia capitale. E dire che Ostia è il nervo scoperto della giunta Marino, quello dove più che altrove il sindaco e l’assessore Sabella stanno investendo in termini di legalità  e di lotta ai clan.
Bene, secondo il gip Flavia Costantini, Tassone, tramite il suo collaboratore Paolo Solvi, avrebbe incassato “somme di denaro non inferiori a 30.000 euro” tra il 2013 e il 2014. La modica cifra sarebbe stato il prezzo di alcuni favori. Tassone, “con atti contrari ai suoi doveri di ufficio e in violazione dei doveri d’imparzialità  della pubblica amministrazione”, ha preteso “gli appalti per la pulizia delle spiagge, sulla stabilità  delle alberature stradali e per le potature”.
E avrebbe favorito le cooperative di Mafia Capitale nelle deliberazioni del 26 maggio e del 31 luglio 2014”. Dice Buzzi in un’intercettazione: “Tassone è nostro, è solo nostro, non c’è maggioranza o opposizione, è mio”.
MIRKO CORATTI, IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALE
L’uomo forte del Pd capitolino la cui parola d’ordine è “rigenerazione”, è stato arrestato “perchè — scrive il gip – ha posto il suo ruolo e la sua funzione di presidente del consiglio comunale al servizio di Mafia Capitale”.
Ha facilitato “sul piano politico e istituzionale” la gara Ama per la raccolta del multimateriale; “ha creato il consenso politico e istituzionale per confermare Giovanni Fiscon al vertice dell’Ama” compiacendo così gli interessi di Mafia Capitale ma andando contro i piani della giunta Marino “che voleva sostituirlo”.
Coratti s’è dato poi molto da fare “per sbloccare e destinare i fondi al X municipio” (quello di Tassone) e “sbloccare i fondi per il sociale, settore cui era interessato il gruppo Buzzi”. In cambio di queste a altre attività  (ad esempio “riconoscere i debiti fuori bilancio”) Coratti ha ricevuto 10 mila euro per la Fondazione Rigenera, la promessa di 150 mila euro e l’assunzione di una persona amica alla Cooperativa 29 giugno. In un sms del 7 agosto 2014 Buzzi scrive a Coratti: “Ho fatto una gara in Ati con Auxilium per la pref di Roma Abbiamo vinto 1005 posti (immigrati, ndr) per un controvalore annuo di 12 milioni. E l’uomo campa, male ma campa”. E siccome Mafia Capitale è molto attenta ai particolari, mille euro al mese erano garantite anche a Franco Figurelli, il segretario di Coratti.
DANIELE OZZIMO, “TESSERA DELLA TRASVERSALITA’ CORRUTTIVA”
Era l’altro uomo forte del pd romano. Si era dimesso a dicembre lasciando l’incarico di assessore alla casa. Giovedì è stato arrestato. Il gip scrive che “si metteva a disposizione di Buzzi prima come consigliere capitolino di opposizione, vicepresidente della Commissione Politiche Sociali e membro della Commissione Lavori Pubblici, Scuola e Sanità , poi, dal 2013, come assessore alla casa”. In cambio avrebbe ricevuto dal sistema mafia capitale “una costante erogazione di utilità  a contenuto patrimoniale”.
Nello specifico: il “posto di lavoro” per Tatiana Tomasetti e, “nel maggio 2013, l’erogazione di 20.000 euro, formalmente qualificati come contributo elettorale da parte di Buzzi che agiva in accordo con Carminati”.
In un’intercettazione in cui elenca le figure istituzionali a libro-paga, Buzzi fa riferimento a Ozzimo: “C’avemo…Ozzimo”. Il 29 luglio sempre Buzzi dice: “Gli unici seri lì che pigliano i soldi so Ozzimo ma dei nostri eh… parlo dei nostri… e pochi altri. Il contratto migliore che noi c’abbiamo è Ozzimo… basta che segue il lavoro s’è ripagato lo stipendio… C’avemo il 50 per cento su quel contratto”.
Scrive di lui il gip Costantini: “Le indagini svolte hanno evidenziato che Daniele Ozzimo, sia nel periodo in cui era semplice consigliere comunale di minoranza della giunta Alemanno, sia quando è stato in maggioranza con Marino, è stato una delle tessere di quella trasversalità  corruttiva che ha caratterizzato l’azione di Mafia Capitale nell’ultimo lustro”.
A DESTRA C’E’ GRAMAZIO, LUCA, “IL CAPITALE ISTITUZIONALE”
C’è il capitale umano. E c’è quello istituzionale. Ad esempio, Luca Gramazio. 34 anni, ex capogruppo del pdl nella giunta Alemanno e poi di Forza Italia alla Regione Lazio, Gramazio è, per il gip, “il collegamento tra Mafia Capitale e la politica e le istituzioni ponendo al servizio dell’organizzazione il suo ruolo politico”.
Rappresenta, nel sodalizio criminale, quel sistema di relazioni con uomini politici, apparati burocratici, soggetti appartenenti a vario titolo alle istituzioni, che costituiscono il contatto privilegiato dell`organizzazione con il mondo di sopra”. Il capitale istituzionale, appunto, colui che “elabora insieme ai vertici dell`organizzazione le strategie di penetrazione della pubblica amministrazione”.
Per fare questo gli sarebbero state versate mazzette per “98mila euro in contanti in tre tranches ( 50.000-28.000-20.000)”. Altri “15mila euro con bonifico per finanziamento al comitato Gramazio”. Poi “l’assunzione di 10 persone, cui veniva garantito nell’interesse di Gramazio uno stipendio”. E la “promessa di pagamento di un debito per spese di tipografia”.
Non solo. Gramazio jr è considerato dal gip “un asset di specifico peso” la cui crescita “politica e criminale, fa da contrappunto al progressivo eclissarsi dall’orbita criminale dell’organizzazione di Riccardo Mancini”.
A Gramazio è contestata l’aggravante mafiosa. In Mafia capitale prima parte lo si è visto spesso nei pranzi domenicali con Carminati e altri uomini legati alla destra storica romana.
MA C’E’ ANCHE TREDICINE
Giordano, il rampollo della famiglia di ex giostrai e ora proprietari di tutti i camion bar che punteggiano il centro di Roma. Ha fatto carriera il giovane (ha 33 anni), ed è entrato in consiglio comunale con Forza Italia.
E’ finito ai domiciliari per concorso in corruzione e concussione. Anche lui fa parte a piano titolo della “mangiatoia”. Buzzi e Carminati ne osservano interessati “la scaltrezza”. “Te dice na cosa, poi devi scende dal taxi perchè sennò gira sempre il tassametro…”. Per Carminati Tredicine è “uno che ricambia, che sta sul pezzo come nessun altro, serio, poi è poco chiacchierato nonostante faccia un milione di impicci”. In un’altra intercettazione Buzzi dice a Coratti: “A noi Giordano c’ha sposati e semo felici de sta co’ Giordano”.
L’APPALTO DEL CUP, LA REGIONE E IL CAPO DI GABINETTO
Maurizio Venafro è stato capo di gabinetto del governatore Nicola Zingaretti fino a un mese fa quando si dimise dopo un lungo interrogatorio in procura. E’ solo indagato per tentata turbativa d’asta ma è questo un filone che potrebbe portare ancora lontano. E creare qualche problema al presidente della Regione.
L’appalto della Centrale unica di prenotazione di tutta la regione Lazio era già  finito nel mirino della procura a dicembre scorso, poco dopo la sua aggiudicazione. Una gara da 92 milioni di euro vinta dalla cooperativa Manutencoop di Bologna. La cooperativa, visitata stamani dai carabinieri del Ros, si chiama fuori da tutto. “Noi non c’entriamo con mafia capitale”.
Alla fine della lettura dell’atto di accusa restano desolazione e rabbia. Comune e Regione restano simulacri di ciò che dovrebbero essere, la casa pubblica e trasparente della gestione di quel sistema di diritti e doveri che è la politica. E la speranza resta appesa a quel “quasi tutti” della prima riga.

(da “Huffingtonpost”)

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