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“MIO PADRE EZRA NON ABITA A CASA POUND”: INTERVISTA CON LA FIGLIA MARY DE RACHEWILTZ

Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile

LA SCONFESSIONE: “SONO DISONESTI, TRAVISANO LE SUE IDEE: LUI SOGNAVA L’INCONTRO DELLE CIVILTA'”

Mary de Rachewiltz contro Casa Pound.
La figlia di uno dei più importanti poeti americani del ‘900 non ci sta a vedere accomunato il nome del padre a quelli che si considerano «i fascisti del terzo millennio». Mary compirà  90 anni il 9 luglio, circondata dai massimi esperti di Ezra Pound provenienti da tutto il mondo.
Il suo castello di Brunnenburg, un piccolo maniero arroccato sui monti tirolesi sopra Merano, sarà  la sede della prestigiosa International Pound Conference, una settimana di conferenze e dibattiti dedicati al Miglior Fabbro, come lo definiva T.S. Eliot.
In ottima forma grazie a una singolare dieta fatta di torte al cioccolato, formaggio e passeggiate su e giù per la ripida stradina che porta al villaggio di Tirol, Mary non nasconde il disappunto per il fatto che il nome del padre venga associato a un movimento di estrema destra.
Una ferita aperta che, nonostante le cause legali e i tanti appelli, non è stata ancora rimarginata: «Questi ragazzi non hanno nulla a che fare con noi. Travisano le idee di mio padre. Pound l’aveva già  detto chiaramente nella famosa intervista a Pasolini: “Non è il mio sistema quello di scendere in piazza”. Sbandierano parole d’ordine, menano le mani, agiscono con violenza: come si può essere più antipoundiani di così?».
«Sfruttano il suo nome»
Certo il vecchio Ezra, il pacifista fautore dell’incontro tra civiltà  e culture, mai avrebbe immaginato che un giorno sarebbe stato strumentalizzato da ragazzi che cercano lo scontro, vogliono innalzare muri, sbraitano contro gli immigrati.
«Sono dannosi», ribadisce la Mary de Rachewiltz, «hanno sfruttato il nome di Pound per fare colpo. In questo sta la loro disonestà ».
Che fare dunque?
«La causa legale per ora non va avanti», osserva, «eppure dovrebbe muoversi anche l’ambasciatore americano. Ezra Pound era un cittadino statunitense, si riteneva un patriota anche se fu trattato da traditore per aver trasmesso alcuni discorsi pacifisti da Radio Roma durante la Seconda guerra mondiale. Io ho la doppia cittadinanza, americana e italiana, e la mia famiglia è parte offesa in questa triste storia».
Ma perchè stupirsi se le rappresentanze statunitensi non si pronunciano? Basta ricordare come fu trattato dal governo americano il grande poeta, ingabbiato e rinchiuso per 13 anni in un manicomio criminale per aver urlato le sue ragioni contro la guerra, seppure incautamente da una radio nemica, l’Eiar mussoliniana.
Un errore pagato caro.
Mary preferisce dimenticare le polemiche dei nostri giorni. «Quella di mio padre è una poetica dell’incontro tra civiltà , lingue, religioni. Nei suoi Cantos troviamo l’antichità  cinese, greca, egizia e romana, la luce del Medioevo e del Rinascimento e i drammi della modernità . Inoltre fu un pioniere nella valorizzazione della cultura orientale, soprattutto grazie al richiamo costante agli insegnamenti confuciani».
La sacralità  del grano
Il tema della conferenza internazionale è «Pound ecologista», un aspetto poco conosciuto della poetica di questo maestro del modernismo letterario, che pure aveva ideato un’originale filosofia contadina basata sulla sacralità  del grano e che già  negli Anni 30 parlava di raccolta differenziata dei rifiuti.
«Considerava lo spreco un peccato mortale. Indro Montanelli lo prendeva in giro perchè insisteva sull’importanza del burro di arachidi e sul valore del mangiare sano. Ora, in tempi di Expo, sappiamo quanto sia importante riflettere sulle disuguaglianze che non permettono di nutrire a sufficienza il pianeta. Un pianeta che va rispettato. Non a caso tra gli eroi dei Cantos troviamo il pagano Apollonio di Tiana e il cristiano san Francesco d’Assisi, due ecologisti ante litteram. Pound tradusse il Cantico del sole di Francesco: lo riteneva un esempio mirabile di poesia e un modello di saggezza».
Alla «Ezuversity»
Mary de Rachewiltz, lei stessa poetessa raffinata, vive per una missione: trasmettere a più persone possibili il pensiero di suo padre.
«Già  durante la guerra ha cominciato a istruirmi nel suo mestiere, la poesia. “Ho creato la mia traduttrice in italiano”, diceva. E così mi ha instillato questo senso del dovere». Lavorare sui Cantos è un impegno immane, potenzialmente infinito, visti i continui riferimenti ai più diversi personaggi, scritti, eventi che costellano il poema.
«La tecnica di mio padre nell’educarmi», conclude Mary, «non contemplava l’università , istituzione verso cui non aveva alcuna considerazione. Alla “Ezuversity”, come la chiamava, era fondamentale interagire con persone interessanti, che potevano darti qualcosa, come i Fitzgerald o Robert Lowell. D’altronde è proprio l’incontro, con scrittori, mondi lontani e personaggi del passato e del presente, il cardine della sua visione del mondo».

Andrea Colombo
(da “La Stampa”)

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“SE DE LUCA NOMINA UN VICE RISCHIA LA DENUNCIA”: INTERVISTA ALL’AVV. PELLEGRINO

Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile

IL REBUS DI UN GOVERNATORE ELETTO MA SOSPESO PER LEGGE   E “CONGELATO”

Innanzitutto, da quando effettivamente decorre la sua sospensione ?
A differenza di altri decreti di sospensione dello stesso Renzi, quello di De Luca non riporta la specifica indicazione della data del suo congelamento. Retrodatandolo, poteva essere quella del giorno della proclamazione, il 18 giugno. Il decreto è datato 26 giugno, è già  stato notificato in Regione, il Consiglio ne prenderà  atto domani. In quel momento la sospensione diventerà  operativa.
La mancata indicazione è un “aiutino” a De Luca per fargli fare la giunta?
Potrebbe essere solo una svista, perchè ormai De Luca entrerà  in consiglio regionale già  da sospeso.
De Luca può chiedere al tribunale di sospendere la sospensione. Poteva già  farlo ieri?
A notifica avvenuta poteva farlo. Ma forse spera ancora di poter fare domani giunta e vicepresidente.
Domani De Luca può presentare il suo “governo”?
Da sospeso non può farlo. Anzi, non appena il Consiglio prende atto della sua sospensione, De Luca dovrebbe lasciare la sala, nella quale non ha più il titolo per rimanere.
Il parere dell’Avvocato generale dello Stato Massella Ducci Teri gli consente di restarci e ufficializzare la giunta?
L’avvocato Gianluigi Pellegrino replica così: «È come se un automobilista, cui è stata ritirata la patente, continuasse a guidare. Ancora: che cosa diremmo se un condannato per mafia, poi sospeso, continuasse ad agire?».
Il parere dell’Avvocatura mette in guardia dal rischio «paralisi».
Ma se De Luca, domani, prentasse di fare la giunta, rischierebbe di compiere un atto illegale. Che scatenerebbe, a sua volta, altri ricorsi.
È necessario che prima la sua sospensione sia sospesa?
Sì, a questo punto il suo destino di governatore è nelle mani della magistratura. Del resto, proprio Renzi gli ha consigliato la strada: presentare un ricorso come hanno fatto altri prima di lui, come De Magistris.
Che chance ha De Luca di ottenere dal tribunale la sospensione?
I fan del governatore sospeso ne sono certi, i giuristi sono divisi. È un fatto che molti amministratori, prima di lui, si sono visti bocciare la richiesta dal Tar, dal Consiglio di Stato, dallo stesso tribunale. Ma dopo De Magistris, la pronuncia del Tar (sospensiva e ricorso alla Consulta) – confermata dal giudice civile poichè la Cassazione ha inibito il Tar – le chance di ottenerla sono maggiori. Anche se nella sentenza di De Magistris è scritto che «non costituisce un precedente».
Se De Luca presenta il ricorso domani quanto tempo passa per il verdetto dei giudici?
Una settimana, dieci giorni.
Con la sospensiva può fare la giunta?
Sì,e può anche governare, finchè la Consulta, attivata dal tribunale, non decide sulla legge Severino.
E senza sospensiva?
La palla torna a Palazzo Chigi. Lo scenario si divide tra un commissario ad acta per la Campania e la prospettiva di nuove elezioni.

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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CASO DE LUCA: RENZI MIRA A RIDURRE IL DANNO A NAPOLI E ROMA PER SILENZIARE GRILLO

Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile

IL PREMIER HA EVITATO IL RISCHIO DI UNA LEGGE AD PERSONAM

Come si concluderà  lo psicodramma della Campania forse non è chiaro nemmeno a De Luca.
È noto che il neo presidente è stato sospeso senza indugi da Renzi, in ossequio alla legge Severino.
Ma è anche certo che le polemiche proseguiranno e diventeranno molto aspre nel momento in cui De Luca, pur sospeso, formerà  la giunta e nominerà  un vice “facente funzioni”.
In altre parole, il pasticcio non è risolto e non lo sarà  fino a quando la Corte Costituzionale non prenderà  posizione, si suppone in autunno.
Dal punto di vista politico, tuttavia, il presidente del Consiglio ne esce con il minor danno.
Restano tutti gli interrogativi sull’opportunità  di una candidatura messa in campo (potenza delle primarie…) quando era già  evidente che l’eletto non avrebbe potuto prendere possesso della carica.
Detto questo, Renzi è stato abile nel togliere il piede dalla trappola.
Vale a dire che non ha ceduto alla tentazione di un decreto “ad hoc”, una norma “ad personam” per risolvere il caso.
Avrebbe reso meno intricato il groviglio giuridico e politico in cui si dibatte il centrosinistra a Napoli, ma avrebbe attirato su di sè gli strali delle opposizioni.
Che infatti lo aspettavano al varco.
Adesso invece persino Grillo concorda con la procedura seguita da Palazzo Chigi, pur rivendicando a suo merito – è ovvio – il senso della decisione.
In verità  il presidente del Consiglio sta cercando di dipanare la matassa di questa calda estate in cui c’è di tutto: non solo la Campania, ma il caso Marino a Roma; e poi, come un’onda sismica, il terrorismo, l’immigrazione, il caos in Grecia.
Renzi ha afferrato il bandolo dei governi locali. Non è il più grave dei problemi, ma sul piano degli equilibri politici interni è certo il più insidioso.
È chiara la strategia: prosciugare un po’ dell’acqua in cui nuotano i Cinque Stelle, togliendo loro argomenti.
A Napoli si lascia De Luca a sbrogliarsela, senza alcun ombrello confezionato su misura. A Roma si spinge il sindaco Marino a uscire di scena, con le buone o con le cattive, in modo da disporre di un lasso temporale discreto, dai sette ai nove mesi, per ricostruire il rapporto con la città  (attraverso un commissario) prima del voto nelle grandi città , capitale compresa.
Esposto su tutti i fronti, privo di una convincente politica dell’immigrazione e con un’Europa in sostanza sorda alle istanze italiane, Renzi cerca di tamponare la falla dei “grillini”, la più pericolosa al momento sul piano elettorale.
Ma la vera sfida si vince o si perde sullo sfondo di uno scenario assai più ampio.
È una sfida che richiede un’autentica capacità  di coinvolgimento del Parlamento da parte del premier.
Come ha detto il presidente della Repubblica, il terrorismo nell’area mediterranea e di nuovo in Francia consiglia uno sforzo di “coesione nazionale”.
Ovvio che Mattarella non auspica un governo di unità  nazionale; ma forse tra le righe sta suggerendo a Renzi di rivolgersi con un linguaggio nuovo sia alla minoranza del Pd sia all’opposizione capace di ascoltare.
In fondo allo stesso Berlusconi, trascinato sempre più da Salvini verso orizzonti estremisti, farebbe comodo tornare a vestire per un attimo – magari il tempo di una foto – i panni dell’uomo delle istituzioni.
E poi, non è Renzi che in questi giorni drammatici ripete: “non accetteremo di vivere nel terrore”? Un proposito che implica una strategia, si deve immaginare.
Di “intelligence” e anche militare verso l’esterno.
Ma segnata da un nuovo grado di consapevolezza politica all’interno. L
a coesione fra maggioranza e opposizione contro una grave minaccia fa parte della storia delle democrazie.
Non si tratta di far rivivere alcun tipo di Nazareno, ma di riconoscere che le grandi forze politiche, quelle che sentono di appartenere a un destino nazionale, sono in grado di convergere sulle scelte fondamentali quando è in gioco la vita dei cittadini.

Stefano Folli
(da “La Repubblica”)

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GRILLO: “RESTO AI MARGINI DEL MOVIMENTO, STARO’ DA PARTE”

Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile

E LANCIA LA NUOVA CLASSE DIRIGENTE

Non è certo un abbandono ma sicuramente è il segnale che M5s piano piano si “degrillizzerà ” sempre più.
A dirlo non è Renzi nè Berlusconi ma lo stesso Beppe Grillo in persona.
“Figurati se io me ne vado dal Movimento, è nel mio Dna. Resto però ai margini”. Parole di facile interpretazione quelle che il comico ha pronunciato a Ostia in occasione della fiaccolata dell’onestà .
“Starò un po’ da parte perchè loro, parlamentari e attivisti, devono diventare il volto del movimento”, ha aggiunto, confermando la volontà  di dare sempre più spazio alla classe dirigente del partito, a partire dal Direttorio formato da Di Battista, Di Maio, Ruocco, Sibilia e Fico.
“Abbiamo dato anni della nostra vita, non lo riescono a capire. Non l’abbiamo fatto per aver profitto, ma solo per affetto nei vostri confronti”, ha concluso.
“Ho un orgoglio straordinario per questi ragazzi, che magari a volte ho anche danneggiato gridando, sbraitando” ma “quello che ci tiene uniti è l’affetto. Noi ci vogliamo bene”.
Grillo poi rivolge un pensiero al suo amico-fondatore del Movimento. “Casaleggio è una delle persone più straordinaria che conosca. Pensano chissà  cosa ci sia dietro”

(da “Huffingtonpost“)

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ARMATI DI MACHETE, SEQUESTRANO E RAPINANO UNA DONNA: PECCATO, ERANO ITALIANI, NON FANNO NOTIZIA

Giugno 28th, 2015 Riccardo Fucile

GENOVA: SEQUESTRATA IN CASA PER TUTTA LA NOTTE, BOTTINO DI 30.000 EURO…E A SALVINI VA DI TRAVERSO LA FOCACCIA DI RECCO

Sequestrata in casa tutta la notte da quattro uomini armati di machete. L’hanno sorpresa così, mentre dormiva.
«Mi ripetevano di stare tranquilla che non volevano farmi del male», racconta la donna. Che però è stata costretta, dopo una notte di terrore, ad aprire la cassaforte di casa ai banditi e a consegnargli denaro, oro e preziosi per un valore complessivo di 30 mila euro.
L’incubo di Loredana (nome di fantasia per tutelarne la privacy), impiegata di 40 anni che vive in via Rocca dei Corvi a Teglia, è cominciato nel cuore della notte tra venerdì e ieri. Non era un sogno, però.
La donna sente dei rumori in casa, apre gli occhi e si trova quattro uomini intorno al letto. Sono armati di machete, hanno il volto scoperto. Loredana ha un sussulto, vorrebbe gridare ma si trattiene. Ha troppa paura. Con gli occhi, però, cerca il telefono cellulare che è sul comodino.
Uno dei banditi, a questo punto, spacca il cellulare e poi taglia i cavi del telefono. È come un film dell’orrore, Loredana viene sequestrata in casa, l’appartamento isolato. Intanto i minuti si trasformano in ore, mentre due uomini passano al setaccio l’intero appartamento, gli altri due tengono sotto tiro la donna. Loredana viene fatta scendere dal letto.
Un uomo l’afferra per il braccio e la fa sedere a terra. Il machete le passa vicino al volto, lei è terrorizzata. I banditi però continuano a ripeterle che non hanno intenzione di farle del male, che deve solo stare ferma lì, in silenzio.
Parte del commando mette a soqquadro la casa ma non trova nulla. Nel frattempo Loredana è sempre lì, terrorizzata, chiude anche gli occhi dalla paura.
«A un certo punto hanno visto la cassaforte e mi hanno ordinato di aprirla». La donna non può fare nulla se non alzarsi e, scortata da due banditi, prendere le chiavi del tesoriere e aprirlo.
Dentro ci sono contanti, oro e alcuni orologi uno dei quali Rolex. È quasi l’alba quando i banditi raccolgono tutto e fuggono, lasciando la donna sola e sotto choc.
“Erano quattro uomini italiani” ha spiegato l’impiegata ancora sotto choc alla polizia “avevano il volto scoperto, sembrava un film dell’orrore”
Un vero peccato per Salvini che poche ore fa a Recco avrebbe potuto sfruttare la vicenda per la solita speculazione contro gli immigrati.
Stavolta la focaccia gli è andata di traverso.

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“SENZA EURO ANNI DIFFICILI, MA POI MARGINI DI SVILUPPO”: INTERVISTA AL GIORNALISTA GRECO TRIANTAFILOPOULOS

Giugno 27th, 2015 Riccardo Fucile

SECONDO IL NOTO GIORNALISTA TV “TSIPRAS HA SPRECATO TEMPO” MA ANCHE I CITTADINI HANNO COLPE: “I RAGAZZI NON VOGLIONO FARE LAVORI FATICOSI E HANNO LASCIATO I VECCHI MESTIERI AGLI IMMIGRATI”

Euro o dracma? Europa o Russia? Con la moneta unica “saremo pakistani per 50 anni, con la dracma torneremmo al dopoguerra ma forse ci salveremmo”, ammette con ilfattoquotidiano.it Makis Triantafilopoulos, uno dei volti più noti del giornalismo investigativo greco, creatore tra l’altro del programma tv Zougla e autore di numerose trasmissioni sugli scandali ellenici, che gli sono valse anche non poche denunce.
In un buon italiano, frutto degli anni trascorsi all’università  di Bologna, Triantafilopoulos analizza vizi e virtù del governo di Alexis Tsipras accusandolo di aver “perso troppo tempo”.
Qual è la situazione sociale al momento in Grecia?
Dipende dalle condizioni economiche del Paese. Quindi se non ci sono soldi non c’è lavoro e se non c’è lavoro restano solo problemi. I cittadini sono divisi tra pro euro e pro dracma. Secondo me con la moneta unica saremo destinati ad essere pakistani per i prossimi cinquant’anni, invece senza l’euro torneremmo agli anni del dopoguerra e della fame. Sarà  molto difficile.
Con la dracma come valuta interna che cosa cambierebbe?
Sarebbe dura, ma solo all’inizio. Dopo i primi due anni di difficoltà  ci potranno essere margini di sviluppo con un’economia basata sul lavoro della gente e sulla possibilità  di eliminare la vera disgrazia greca: la mafia politica.
Come giudica i primi centocinquanta giorni del governo Tsipras?
Il governo ha solo sprecato tempo perchè ha fatto un discorso politico mentre gli altri a Bruxelles portavano numeri e conti. L’unico risultato di Tsipras è stato di perdere giorni.
Con quali conseguenze per il paese e i cittadini?
Che il debito aumenta. Che senso ha per i poveri del sud Europa andare a discutere con i ricchi che comandano il continente? Di che cosa dovrebbero parlare, della loro ricchezza o della nostra povertà ? Credo sia la stessa cosa per l’Italia, che conosco bene. Voi vi salvate solo perchè avete l’industria pesante. La Grecia non ha più neanche l’agricoltura.
Perchè non si è riusciti a strutturare una politica industriale in settori favorevoli al Paese, come l’agricoltura o l’enogastronomia?
Moltissimi immigrati, come pakistani e indiani, sono giunti in Grecia per salvarsi e a loro i greci hanno lasciato tutti i mestieri di un tempo. Dove sono oggi i ragazzi greci? Preferiscono stare al caffè e non cercare lavori faticosi. Un mio amico albanese venuto in Grecia per cercare lavoro ha iniziato come operaio e oggi possiede due palazzi interi a Salonicco e tre in Albania. Sono cose pazzesche. Non so come, ma qui si è riusciti a rovinare tutto.
Quanti greci fanno il tifo per un nuovo accordo con i creditori, anche a costo di nuove misure?
La maggior parte aspetta una soluzione del genere perchè teme di tornare alla dracma. Il motivo? Tornare alla Grecia degli anni ’50 significherebbe rimettersi in discussione ed è molto difficile per quei greci che oggi sono abituati al benessere e alla globalizzazione. La gente qui è maleducata e pensa che nei campi debbano lavorare solo gli albanesi.
Quanto è verosimile un nuovo rapporto tra Grecia e Russia?
Non ci credo, anche se sono uno di sinistra. Ma sinistra alla bolognese e non alla greca, così come non ci ha creduto neanche Togliatti a Salerno. I russi guardano solo i propri confini e aiuteranno la Grecia solo se per loro è conveniente. Altrimenti la abbandoneranno: questo è poco ma sicuro.

Francesco De Palo
(da “il Fatto Quotidiano“)

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“L’OBIETTIVO DELL’ISIS E’ EUROPEI CONTRO MUSULMANI”: INTERVISTA AL POLITOLOGO GILLE KEPEL

Giugno 27th, 2015 Riccardo Fucile

L’ESPERTO DEL MONDO ARABO: “MA LA NOSTRA VITA QUOTIDIANA RESTA SICURA”

«Ora hanno superato una linea rossa che non dovevano varcare. Oggi ero in una importante moschea di Tolosa: l’imam ha condannato con forza l’episodio di Grenoble ».
Questo teneva a dire Gilles Kepel, politologo, accademico e grande esperto del mondo arabo. Che avvisa: «Non mi stupirei se ci fossero presto altri episodi».
Professor Kepel, abbiamo visto colpire in spiaggia, in una fabbrica, nell’auto di un uomo ucciso dal proprio dipendente. C’è un’immagine di grande fragilità .
«La nostra vita quotidiana resta ugualmente sicura. Però la fragilità  è la rappresentazione mediatica che emerge. E l’Is vuole proprio questo, creare paura in Europa e mobilitare gli europei contro i musulmani, per provocare radicalizzazione fra i musulmani, una loro reazione e infine una guerra civile, come spiegava già  nel 2004 l’”Appello alla resistenza islamica globale” che il portavoce di Bin Laden, nome di guerra Abu Mussab Al Suri, pubblicò su internet. Lì si teorizzava l’uso della minoranza di musulmani europei “non assimilabili” alla cultura occidentale. Mi lasci però dire che questi attentati sono nell’anniversario della nascita del Califfato e dimostrano sia la volontà  di festeggiarlo che quella di farsi vedere capaci di colpire ovunque, in un momento nel quale hanno vari problemi».
Sta dicendo che si tratta anche di un segnale di paura?
«Hanno bisogno di non mostrarsi indeboliti. Il cosiddetto califfo Abu Bakr al Baghdadi e il suo portavoce Abu Mohammad al Adnani hanno detto più volte che avrebbero festeggiato in tutto il mondo. Volevano dimostrare la loro capacità  competitiva fra le varie potenze sunnite. Dall’altro lato ci sono Arabia Saudita, Qatar, Turchia, che finanziano i gruppi di Jesh al Fatah contro Assad e mai vorrebbero che l’Is arrivasse a Damasco. Ma l’Is adesso è ferma a Palmira, mentre sul retro ha perso il controllo della frontiera turca, quindi molti guadagni del contrabbando. E i raid aerei hanno successo. Li guidano i microchip piazzati da spie che due giorni fa, in un video diffuso solo in arabo, venivano punite con immersioni in gabbia sottacqua o mozzando loro la testa con l’elettricità . E ora, oltre all’attacco sulla spiaggia tunisina, siamo davanti a una moschea sciita colpita in Kuwait- e alla prima decapitazione in Europa».
Con quale meccanismo si scatenano questi episodi?
«Questa organizzazione non è piramidale: non c’è una decisione presa dall’alto. Si tratta di un meccanismo che parte dal basso, autonomo. Un modo del tutto nuovo di essere da parte di quella che è la terza generazione di jihadisti. Facilmente indottrinabili, poco identificabili, mobilitati via social network a migliaia e con un terreno di guerra raggiungibile con un volo low cost via Istanbul».
C’è una componente sociale, di sentimenti di emarginazione?
«Anche, ma i 1600 francesi coinvolti con il jihadismo non sono certo tutti emarginati. Diciamo che al posto delle vecchie visioni alternative, di destra o sinistra, ora c’è l’islamismo radicale ».
Quale ruolo possono avere gli altri musulmani?
«Sono a Tolosa, il posto dove Mohammed Merah compì la strage della scuola ebraica. Oggi ero in una delle moschee più importanti della città , punto di riferimento dei salafiti. L’imam era sconvolto. Ha definito i fatti di Grenoble come “particolarmente orrendi” perchè compiuti durante il Ramadan. Si è detto “offeso” da quel che è accaduto: credo che l’Is ha passato un confine che non doveva superare.
E la grande sfida è stare tutti uniti, come nella manifestazione dopo gli attentati di Parigi».
Oltre a questo e ad aumentare la sicurezza, cos’altro si può fare?
«La cosa principale è essere in grado capire il fenomeno. Ma gli studiosi specializzati sono pochissimi e i servizi segreti sono incapaci di esaminare questo nuovo terrorismo, che è una vera rivoluzione culturale, fatta dall’effetto dei social media combinato con quello di un terreno di battaglia molto vicino».

Alessandra Baduel
(da “La Repubblica”)

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GLI IMPRENDITORI BOCCIANO IL JOBS ACT: “LE ASSUNZIONI NON SONO AUMENTATE”

Giugno 27th, 2015 Riccardo Fucile

SECONDO UN SONDAGGIO DEI CONSULENTI DEL LAVORO, PER IL 70% I NUOVI CONTRATTI SONO TRASFORMAZIOMI DI CONTRATTI GIA’ IN ESSERE

Il Jobs Act ha incrementato il lavoro a tempo indeterminato ma nella gran parte dei casi si tratta di stabilizzazione di contratti precari e non di un incremento dell’occupazione.
Il dato emerge dal sondaggio “Il Jobs Act a 4 mesi dall’entrata in vigore” della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro realizzato in occasione della sesta edizione del Festival del lavoro secondo cui solo il 40% degli intervistati pensa che il Jobs Act abbia ricadute economicamente e socialmente significative sul proprio territorio.
E alla richiesta di assegnare un voto il risultato è un risicato 5.
Oltre il 70% del campione ritiene che non siano aumentate le assunzioni ma si tratti di trasformazone di contratti già  in essere.
Appena il 10% dei datori di lavoro si ritiene pienamente soddisfatto dei contenuti del Jobs Act, tanto da definirlo uno strumento essenziale per lo sviluppo dell’impresa.
Un terzo afferma invece che avrebbe preferito un’altra tipologia di intervento o addirittura lo trova inutile.
La preoccupazione maggiore degli intervistati riguarda cosa accadrà  alla scadenza degli incentivi previsti dalla legge di stabilità  2015 e che consente ai datori di lavoro di non pagare i contributi Inps per tre anni fino a poco più di 8 mila euro.
Il 71% del campione ritiene che alla fine del periodo si tornerà  ai livelli, anche perchè ben il 73% degli intervistati non vede alcun segnale di ripresa economica.
Il 29% del campione stima invece che nel prossimo futuro potranno aumentare le assunzioni, ma, nella quasi totalità , chi ha una percezione positiva del futuro (miglioramento economico generale e quindi aumento dell’occupazione) appartiene alle aree del centro-Nord.
Il 75% del campione infine non ha notato particolari cambiamenti nello svolgimento delle proprie attività  professionali dal momento dell’entrata in vigore del provvedimento.

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BERSANI INCORONA SPERANZA COME LEADER ANTI-RENZI

Giugno 27th, 2015 Riccardo Fucile

OBIETTIVO RIFONDARE IL PARTITO

“Il Pd non è solo Matteo Renzi, e non può essere il megafono di palazzo Chigi. Tocca a noi rispondere a chi ci chiede un altro Pd, un’altra visione del centrosinistra”. Roberto Speranza scalda la platea della minoranza dem riunita a Roma a due passi da via Margutta.
Cinquanta minuti di relazione in cui l’ex capogruppo alla Camera demolisce 18 mesi di renzismo e s’incarica di prendere sulle spalle quel che resta della sinistra nel Partito Democratico.
Non alza i toni, il mite Speranza, però è molto duro su un partito “diventato somma di comitati elettorali, che s’illude di potersi affidare a un leader, che ha asfaltato tutte le forze intorno e infatti ai ballottaggi i nostri voti non aumentano”.
Dal lavoro all’Italicum, dalla scuola alle riforme istituzionali, passando per l’idea di un nuovo centrosinistra, Speranza s’intesta la leadership della minoranza.
Alla fine del suo intervento molti delegati si alzano in piedi, lui viene colto in contropiede, si rialza e saluta con la mano, visibilmente emozionato.
In prima fila Bersani annuisce, “relazione perfetta, io non ho nulla da aggiungere”. C’è un patto di ferro tra il vecchio leader e il suo delfino, la famosa “ruota che gira”. “E’ il giorno di Roberto”, commenta Bersani, soddisfatto del suo (per ora mezzo) passo indietro.
Speranza ha appena finito di demolire il Pd renziano, “basta picchiare sui corpi intermedi, non esiste un modello con un leader e una moltitudine informe di cittadini”.
Usa parole sconosciute all’altro Pd, come “umiltà ”, ricorda che oltre a Fassina e Civati “nei territori il fenomeno della scissione è molto più profondo”, lancia a Renzi un avvertimento sui prossimi appuntamenti parlamentari: “Non si può abusare all’infinito del nostro senso di responsabilità , non si può governare dividendo il Paese”.
Nelle prime file Gianni Cuperlo, l’ex sfidante di Renzi alle primarie.
Con Speranza sta costruendo una partnership sempre più forte, fino a immaginare un grande evento in autunno per dar vita a una nuova area unificata della minoranza.
Un processo ancora in corso, per ora le due correnti non si sciolgono, Cuperlo ipotizza un “patto di coordinamento tra i parlamentari”, poi si vedrà . “Ma il tempo stringe”, avverte.
Per entrambi la decisione di restare nel Pd ormai è assodata, e non più in discussione. L’orizzonte è il congresso del 2017, la costruzione di una alternativa a Renzi, prima sui contenuti e poi sulla leadership, ma è chiaro che in pole position per ora c’è Speranza, classe 1979.
E’ proprio lui a lanciare la sfida a Renzi, quella di un appuntamento in autunno per “rilegittimare le scelte che stiamo facendo al governo”.
Non è una richiesta di congresso, ma ci si avvicina. “Bisogna chiamare i nostri iscritti a dire come la pensano sui temi principali, dal fisco all’immigrazione alla scuola. C’è uno scollamento tra il nostro popolo e quello che fa il governo, nessuno ha dato a Renzi una delega in bianco fino al 2017”.
Il premier-segretario ha già  risposto a queste sfide, “dovete aspettare il congresso”. Ma D’Attorre incalza: “Non ha avuto il mandato da nessuno per fare quello che sta facendo, non dagli elettori e neppure dalle primarie”.
La sfida è lanciata e ad oggi appare quasi una mission impossible.
Sul tavolo resta il tentativo di una “ripartenza” del Pd, del recupero di ”quella fetta di elettori che ci ha voltato le spalle”.
Più che ripartenza, sembra la conferma di un partito nel partito, un Pd 2 che si richiama alle parole d’ordine dell’Ulivo.
”Facciamo come Gianni Rivera, lanciamo la palla in una parte del campo dove ora non c’è nessuno e proprio lì potrebbe arrivare un popolo”, suggerisce Cuperlo dal palco.
“Il partito della nazione si è spento nelle urne, è stato un errore di calcolo e di visione. E ora abbiamo una leadership fragile e in difficoltà . Tocca a noi indicare la strada, a una sinistra larga che sta dentro e fuori il Pd”.
Nei vari interventi, dall’ex ministro Zanonato a Epifani fino ad Alfredo Reichlin, si coglie la diagnosi di una parabola di Renzi ormai in fase discendente.
E di una minoranza cui tocca ricostruire sopra le macerie, tra mille difficoltà . A partire da “un partito da rifondare e un centrosinistra da ricostruire”, spiega Cuperlo. Durissimo Reichlin, che accusa Renzi di “ignoranza e stupidità ”, quando ha pensato a “un partito indistinto, personale e trasformista”.
“Se asfalti i valori del centrosinistra poi la gente non ti vota più. Ha giocato con la destra come il gatto con il topo per poi scoprire che nel paese del fascismo non esiste una destra moderata, ma c’è la barbarie”.
Reichlin ne ha anche per la minoranza: “Dobbiamo mettere in campo oltre alle proteste e ai voti contrari qualcosa in più, un pensiero politico, che non è un semplice documento programmatico. Bisogna scardinare il blocco sociale che ci governa, che non è Renzi. Serve una forza larga di popolo di centrosinistra, capace di grandi alleanze sociali”.
La ripartenza della minoranza dem dunque è solo all’inizio.
Un vagito che può essere facilmente travolto e zittito. Il rischio all’orizzonte è quello dell’impotenza, dei penultimatum.
Peggio ancora, quello di finire, fuori dal Pd, “nel ribellismo e nell’irrilevanza”. Speranza avverte: “L’Italicum è pericoloso e va cambiato, altrimenti è necessario un Senato delle garanzie eletto dai cittadini”.
Dopo la scuola, sarà  questa la battaglia più dura della minoranza prima della pausa estiva. E con Renzi ancora un’intesa non c’è, e neppure una trattativa aperta.
In sala c’è anche Vasco Errani. Dal palco Speranza lo indica come “buon esempio” per le due dimissioni anche di fronte a una condanna poi cancellata.
Applausi, lui sorride, si parla di un suo ritorno nelle prime fila della politica dem.
Ma l’interessato svicola: “ Dare una mano? Sono qui per questo, lo vedete no?…”. Bersani lascia la sala congressi prima della fine.
In strada un gruppo di militanti campani lo accoglie con calore e foto dai cellulari. Si avvicina un ragazzo: “Facciamo un selfie, e scusa se è una cosa un po’ renziana…”. Lui sorride e s’infila in via Margutta: “Questa è la giornata di Roberto…”.

(da “Huffingtonpost”)

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