Maggio 31st, 2016 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEI VERDI: “DIETRO C’E’ ANCHE LA MAFIA”…LA LIGURIA PRIMA, IN CAMPANIA 80 KM DI SPIAGGIA PRIVATA
È un muro lungo 1.050 chilometri: circa un quarto delle coste balneabili è stato concesso in uso a privati.
Gli stabilimenti, che nel 2001 secondo uno studio Doxa erano 5.369, sono arrivati a quota 12 mila. Sono i dati contenuti nel rapporto “Spiaggiopoli 2016: mare in gabbia”, curato dai Verdi.
“Nemmeno l’agenzia del demanio sa che superficie occupano questi stabilimenti, ma facendo un calcolo deduttivo prudenziale si può stimare una superficie di circa 2 mila ettari e uno stabilimento ogni 400 metri di costa balneabile”, afferma Angelo Bonelli, il responsabile del dossier. “In Italia sono state rilasciate concessioni demaniali sulle coste per 160 milioni di metri cubi, pari a 534.000 appartamenti da 100 metri quadrati. È un bel contributo alla cementificazione che deturpa il 60-70% dei nostri litorali, a fronte di una media mediterranea del 40%”.
Oltretutto, secondo il dossier, l’affitto riscosso dallo Stato per la concessione è modesto (101 milioni di euro, a fronte di incassi che i Verdi calcolano in 10 miliardi) perchè viene applicata la tariffa sui luoghi “a bassa valenza turistica”. Così, per fare un esempio, a Ostia ci sono stabilimenti che pagano tra i 500 e i 700 euro mensili per aree di qualche migliaio di metri quadrati: l’affitto di un appartamento popolare.
Al primo posto per numero di stabilimenti c’è la Liguria: su 135 chilometri solo 19 sono liberi e 3 attrezzati.
Segue l’Emilia Romagna con 80 chilometri su 104 occupati da bagni privati: la sola provincia di Rimini su 40 chilometri di costa ha la bellezza di circa 700 stabilimenti.
A Roma (lido di Ostia) l’85% delle spiagge è occupato da stabilimenti.
In Campania ci sono 80 chilometri di spiaggia privata. In Sicilia il caso simbolo è la cancellata della spiaggia di Mondello, mentre a Maiori, nel cuore della costiera amalfitana, una delibera comunale ha di fatto privatizzato tutto il litorale: 830 metri su 850.
“A questi problemi si sommano le infiltrazioni mafiose”, aggiunge Bonelli.
“In Italia negli ultimi 5 anni sono stati oltre 110 gli stabilimenti balneari sequestrati alle cosche. I motivi dell’interesse della malavita organizzata per i litorali sono infatti vari: vanno dalla possibilità di riciclare denaro di provenienza illecita all’alto livello di redditività degli stabilimenti considerato che il costo della concessione demaniale incide per meno dell’1% sul fatturato dello stabilimento. Questo è il motivo per cui la battaglia per il controllo del business delle spiagge prosegue con tutti i mezzi: solo sul litorale romano dal 2009 al 2013 ci sono stati circa 30 attentati incendiari e dinamitardi ai danni di strutture balneari. Il dato emerge anche dalle cronache giudiziarie: tra i beni sequestrati a Massimo Carminati c’erano alcuni stabilimenti balneari”.
Antonio Cianciullo
(da “La Repubblica”)
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Maggio 30th, 2016 Riccardo Fucile
DALLE FOTO DESNUDO PER “OGGI” ALLA PARTECIPAZIONE A “C’E’ POSTA PER TE”: TUTTO STUDIATO A TAVOLINO PER UNA POLITICA ORMAI SOLO SPETTACOLO
Nel ventre della “Bestia” si scopre che il “Salvini desnudo” sulla copertina di Oggi non fu vanità da celebrity, ma tecnica di social-comunicazione.
Nel ventre della “Bestia” si scopre che la partecipazione a C’è posta per te di Maria De Filippi fu ispirata agli stessi criteri.
E nel cuore della “Bestia” c’è lui: Luca Morisi da Mantova, 43 anni, gran sacerdote della“Bestia”, l’infrastruttura informatica che sostiene il Salvini Social club (non soltanto) su Facebook, fatta di software che monitorano, censiscono, rilanciano e coordinano .
Professione: amplificatore
Morisi trascorre 18 ore al giorno di fronte ai suoi cinque monitor per sovrintendere alla diffusione del verbo salviniano.
Guai a chiamarlo spin doctor: «Sono un amplificatore. Il mio lavoro è potenziare e rilanciare tutto ciò che riguarda Matteo».
Il primo step per diventare una social media star è «rompere l’algoritmo».
Il fatto è che Facebook taglia su di noi quello che ci mostra, seleziona dall’universo dei contenuti in base ai “mi piace” che abbiamo attribuito e ai post degli amici con cui abbiamo a che fare più spesso.
«Il problema – spiega Morisi – è che così i contenuti rischiano di rimbalzare dentro lo stesso perimetro».
Ecco, allora, la necessità di raggiungere nuovo pubblico.
La copertina di Oggi appare sulle timeline di un pubblico tutto diverso, così come i post sull’ospitata dalla De Filippi: «Viene raggiunta gente che non andrebbe mai sulla pagina di un politico».
Quando il social non basta
Ma Facebook, da solo, non basta. Bisogna innescare «il circolo virtuoso TRT», tivù-rete-territorio: «Gli ambiti si trainano a vicenda. Uno vede Salvini in televisione, scatta la curiosità e va su internet, dove scopre che magari tra pochi giorni è in piazza dalle sue parti».
A quel punto, va favorito il meccanismo «Salvini uno di noi».
Utilissimo allo scopo è il FacebookLive: con il telefonino, il capo leghista si autospedisce online con brevi video in diretta in cui commenta i fatti appena capitati («La tempestività è importante, questo è un negozio che non chiude mai») o quello che sta vedendo in quel momento: «In pochi minuti – racconta Morisi – facciamo sei, sette, ottomila “mi piace” e condivisioni».
Magari durante uno di quegli avvenimenti dal nome imbarazzante, «aperiselfie».
Il tutto per creare «engagement», il coinvolgimento che fa la differenza.
Tutto artificiale e studiato a tavolino
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 30th, 2016 Riccardo Fucile
L’ASSENZA DEL MARO’ AL RIENTRO DI GIRONE NON E’ PASSATA INOSSERVATA… IL PADRE DI GIRONE: “BASTA POLEMICHE POLITICHE”
C’è un’assenza che qualcuno ha notato, sabato pomeriggio a Ciampino, quando Salvatore Girone, dopo tre anni e tre mesi di soggiorno obbligato nell’ambasciata italiana in India, è riatterrato in Italia. Quella di Massimiliano Latorre.
Accomunati da un unico destino dal giorno in cui vennero arrestati, sono sempre stati «i due marò».
Gemellati nelle cronache e nell’immaginario, anche se il capo di prima classe Latorre, rispetto al sergente Girone, è tornato in Italia da due anni, a causa di problemi cardiaci.
Forse per questo qualcuno si aspettava di vederlo in trepidante attesa sotto l’aereo di Stato, magari con la sua nuova compagna Paola.
Invece a Ciampino non c’era. Michele Girone, il papà di Salvatore pare averlo rilevato.
L’ha chiamata Latorre?
«Assolutamente no».
Ma vi siete sentiti ultimamente?
«A dire il vero non lo sento da tempo. E mi auguro che stia bene, con le terapie. So che la situazione è stata anche piuttosto seria».
A Ciampino non c’era.
«Eh no, non è venuto…».
Siete rimasti sorpresi?
«Al momento abbiamo quello che abbiamo tanto voluto e per il quale abbiamo molto pregato: mio figlio è tornato. Dovete scusarci, ma noi vogliamo pensare a questo e vivere la nostra emozione enorme in privato».
Lei non voleva commentare la notizia del rientro di suo figlio. Diceva: prima lasciamolo arrivare. Ora che è qui?
«È stato meraviglioso l’altro ieri. E oggi stupendo. Bello, bello, bello… Come si fa a spiegare la gioia di una famiglia?».
Suo padre, «l’ultimo nonno» che Salvatore Girone ha trovato al suo rientro, ha commosso l’Italia. Ha abbracciato il nipote e poi ha avuto un mancamento.
«Sì, ma sta meglio. Avevamo provato a prepararlo. Ma sono emozioni troppo grandi».
Avete pranzato tutti insieme a casa vostra solo per sfuggire all’assedio delle telecamere?
«Anche. Stiamo cercando di ricostruire una normalità ».
Sua moglie cosa ha preparato per il primo pranzo italiano del figlio?
«Noi siamo in un quartiere di mare. E quindi pesce. E naturalmente cozze pelose».
Come sarà adesso la vita di Salvatore nel quotidiano?
«Questo non lo sa neanche lui. La situazione non è chiara. E la vicenda non è ancora conclusa».
E dunque?
«Intanto vorremmo ritrovare una vita come quella di tutte le famiglie. Ci aiuterebbe molto che politica e media non polemizzassero ancora su questa vicenda».
Girone e Latorre. Nessuno al momento sa dire se si rincontreranno. Non ne parla Vania, la moglie schiva e riservata di Girone: «Non c’è una frequentazione. Ciascuno fa la propria vita. Lui ha avuto problemi di salute molto gravi».
Paola, la donna che durante questa vicenda ha preso il posto della moglie di Massimiliano, non rilascia dichiarazioni.
Ma a chi l’ha sentita ha assicurato che non c’è «alcuna frattura», che i contatti con la famiglia «ci sono stati in questi anni. Insomma non c’è nessun problema». Massimiliano è «contento che Salvatore sia tornato. Per lui è stato un gran sollievo».
E allora perchè non andare a prenderlo in aeroporto? Per motivi di salute?
«La terapia procede e anche la riabilitazione», ma a dissuaderlo sarebbe stata «la cautela: la situazione è talmente delicata, e ancora non conclusa, che prudentemente si è scelto di capire prima cosa si possa e cosa non si possa dire e fare».
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 30th, 2016 Riccardo Fucile
L’INCIDENTE NELL’EX INTERCHIMICA DI SCARMAGNO… NEL 2013 UN ALTRO EPISODIO
Brucia l’ex-Interchimica a Scarmagno, azienda chimica nel comprensorio ex Olivetti. Al momento risultano sei persone ferite: quattro sono pompieri.
Due ustionati in modo più grave, sono stati trasportati al Cto. Gli altri stanno raggiungendo l’ospedale di Ivrea, tra questi anche un carabinieri che ha riportato la lussazione di una spalla.
Il rogo è divampato intorno alle 21. Chi abita in zona ha sentito diverse esplosioni, udite fino a 10 chilometri di distanza.
In cielo si è subito sollevata una colonna di fumo e fiamme. Sul posto sono accorse diverse squadre di pompieri e anche due ambulanze.
Impossibile avvicinarsi, l’area è presidiata e anche le squadre del soccorso fanno fatica a raggiungere il luogo dell’incendio.
Centinaia le persone che si sono fermate ad osservare l’incendio.
Non si sa se ci sia pericolo per le abitazioni vicine. Nel 2013 sempre nello stesso comprensorio bruciarono tre capannoni.
(da “La Stampa”)
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Maggio 30th, 2016 Riccardo Fucile
SOTTOPOSTA PER DUE ORE A RAFFICA DI DOMANDE DALLO STAFF
La decisione è già presa. Se durante il confronto tv a SkyTg24 le arriveranno attacchi diretti e lo schema sarà un tutti contro lei, Virginia Raggi reagirà ‘mordendo’.
Accusata di essere scappata dai confronti tv e di averli sempre evitati, la candidata del Movimento 5 Stelle, sempre pacata e sorridente, si sta allenando come un pugile.
Il suo staff la bombarda di domande, le peggiori e le più insolite, imponendole di rispondere in un minuto e mezzo, come previsto dal format televisivo.
Il team che le sta riscaldando le meningi e, nel caso, i muscoli è formato dal portavoce Augusto Rubei, dai responsabili comunicazione ed Enti locali Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi, e da Silvia Virgulti e Ghislana Caon .
Il quartier generale dove martedì, per un paio d’ore prima della diretta, si svolgeranno le prove vere e proprie è il comitato elettorale.
In questi giorni la candidata, che comunque sta proseguendo con gli appuntamenti già fissati, è sulla graticola.
Le viene raccomandato di concentrarsi sui temi e non sull’attacco diretto agli altri candidati salvo ovviamente ribattere agli affondi in maniera decisa.
Ogni candidato avrà la possibilità di utilizzare due volte nel corso della puntata il diritto di replica per trenta secondi.
Ed è già stato deciso che questo strumento non sarà utilizzato dalla Raggi per controbattere sui due temi principali usati durante la campagna elettorale dagli avversi, ovvero il “Raggi scappa” , dovuto al fatto che la candidata non si è presentata ai precedenti confronti tv, e il suo passato nello studio legale di Cesare Previti.
Raggi, viene spiegato, “vuole parlare ai romani”, quindi utilizzerà il diritto di replica per discutere dei temi inerenti la città . Potrebbe quindi anche annunciare alcuni nomi della Giunta, a cui sta lavorando in questi giorni: quattro su dieci sarebbero già stati decisi.
E poi ancora, nessun attacco alla stampa e ai giornalisti, come invece è solito fare il Movimento 5 Stelle.
Gli occhi sono tutti puntati su di lei, proprio perchè fra tutti i candidati al Campidoglio è la candidata pentastellata che fino a questo momento non ha avuto un confronto diretto con gli altri aspiranti sindaco a telecamere accese e poi perchè è la favorita in questo primo turno.
Il suo staff la descrive “abbastanza rilassata”, anche se — si apprende da parlamentari romani 5Stelle – si temono colpi bassi degli altri candidatil
Tra l’altro, i candidati si rivolgeranno “domande incrociate” e la sorte ha stabilito che sarà proprio Raggi a rivolgere la domanda a Meloni. E qui si prevedono scintille tra le due. Meloni invece si rivolgerà a Stefano Fassina di Sinistra italiana, quest’ultimo a Roberto Giachetti del Pd, Giachetti ad Alfio Marchini e infine Marchini a Raggi.
Durante il programma sarà previsto il “voting”, ovvero la possibilità per i telespettatori di esprimere la loro opinione.
Entreranno in campo tutti i social, da Facebook a Twitter attraverso i quali gli utenti potranno partecipare.
Alla fine i candidati lanceranno il loro appello finale agli elettori e si vedrà chi avrà la meglio dopo le durissime polemiche perfino sui sottopancia con i grillini contro Giachetti (“Non vuoi il simbolo del Pd perchè ti vergogni”) e i dem che a loro volta hanno replicato: “E tu invece dovresti avere la scritta ‘Casaleggio e associati’”
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 30th, 2016 Riccardo Fucile
INTERVISTA A FRANCA LEOSINI: “C’ERA CHI POTEVA SALVARLA E NON L’HA FATTO”
“Siamo davanti a un capolavoro orrendo di indifferenza”. Sono queste le prime parole di Franca Leosini, autrice e conduttrice del celebre Storie maledette su RaiTre, sentita da HuffPost a proposito dell’omicidio di Sara Di Pietrantonio.
La ragazza di 22 anni bruciata viva dall’ex fidanzato, Vincenzo Paduano, a Roma.
Di fronte a questo orrore, l’elemento che più ha colpito la giornalista è che nessuno si sia fermato o abbia lanciato l’allarme mentre la ragazza chiedeva aiuto, scappando per un tratto di via della Magliana, prima di essere ripresa dal suo carnefice.
Il procuratore aggiunto di Roma, Maria Monteleone, ha detto che se qualcuno degli automobilisti si fosse fermato davanti alle richieste d’aiuto della ragazza, probabilmente Sara non sarebbe morta
Il grande peccato del nostro secolo è l’indifferenza. Non avere alcun interesse per il destino degli altri è un peccato mortale. Stigmatizzo in maniera più assoluta chi poteva dare una mano e non l’ha fatto. Davanti a questa tragedia è proprio quello che più mi indigna.
Pare che le persone passate in quel momento sul luogo del delitto abbiano riferito agli inquirenti di non aver capito la situazione. Si poteva fare qualcosa di più?
Assolutamente sì. Non voglio dire che bisognava per forza fermarsi o intervenire fisicamente. Non sempre ce la si sente e soprattutto c’è il rischio di aggravare la situazione. Però tutti oggi possediamo un telefonino: quanto ci vuole a comporre il numero della polizia e denunciare una situazione perlomeno sospetta? Perchè diciamocelo, non è affatto normale che a quell’ora tarda una ragazza sia sola per strada.
Il capo della squadra mobile di Roma, Luigi Silipo, ha confessato che in 25 anni di lavoro non ha mai visto una cosa così atroce. Lei che nella sua carriera ha affrontato tante storie maledette, cosa ne pensa?
Rispetto le parole del capo della squadra mobile e nella conferenza stampa ha probabilmente voluto sottolineare il suo impatto personale sulla vicenda. Per quanto mi riguarda non voglio catalogare l’orrore o farne qualche gerarchia. Soprattutto perchè sarebbe sbagliato nei confronti degli altri casi di cronaca che racchiudono sempre nella loro specificità un certo tipo di orrore.
Oltre all’indifferenza, c’è un altro elemento che ha colpito. C’è stato di nuovo un omicidio passionale, dove un uomo non ha accettato la fine della propria relazione e, dopo aver perseguitato l’ex fidanzata, ha deciso di ucciderla.
Vorrei subito mettere in chiaro che la parola femminicidio non mi piace. Siamo davanti a una tipologia di delitto che esiste da sempre. Per fortuna negli ultimi anni c’è stata una maggiore sensibilizzazione a riguardo con sacrosante campagne informative ed educative. Detto ciò sono molto pessimista sulla prevenzione contro il reato di stalking che tante volte poi sfocia in tragedia. Questo perchè non si possono mettere delle guardie del corpo a tutte le donne che sono oggetto di attenzioni morbose. Non basterebbe l’esercito. Lo stalker è poi difficilissimo d’arginare, perchè ormai è una persona che non ragiona più, è in preda alla follia. Perciò, anche se so che può non bastare, alle donne consiglio sempre di non vergognarsi e di denunciare subito. E non al primo schiaffo, ma al primo gesto che può preludere lo schiaffo.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 30th, 2016 Riccardo Fucile
IL CSM HA SCELTO LA CONTINUITA’, AMPIA MAGGIORANZA
Dopo poche settimane dalla nomina di Piercamillo Davigo alla guida dell”Anm, un altro big di Mani Pulite conquista la procura di Milano, la più importante d’Italia.
Si tratta di Francesco Greco, 64 anni, napoletano d’origine ma a Milano da oltre trent’anni, uno dei più grandi esperti in Italia di reati finanziari.
Al di là dell’album dei ricordi — come il video del Pool nel 1994 contro il decreto Salva-ladri del primo governo Berlusconi in cui comparivano Davigo e Greco insieme a Di Pietro e Gherardo Colombo — la nomina del nuovo capo della Procura di Milano, decisa nel pomeriggio dal plenum del Csm, non ha il timbro del nuovo leader dell’Anm.
Basti pensare che tra i 17 voti che ha ricevuto Greco, un fronte bipartisan che comprende i togati di Area e Unicost e i laici di Forza Italia, Sel, Pd e centristi (il voto del dem Fanfani alla vigilia non era scontato), manca il rappresentante della corrente di Davigo “Autonomia & Indipendenza”, Aldo Morgigni, che ha votato un altro giudice milanese, Alberto Nobili, insieme ai colleghi di magistratura indipendente.
In corsa infatti sono rimasti solo in due, dopo che in giornata lo sfidante più forte di Greco, Gianni Melillo, capo di gabinetto del Guardasigilli Andrea Orlando, ha ritirato la sua candidatura.
Una maggioranza più ampia del previsto, quella per Greco, che da anni si occupa di reati finanziari e di evasione fiscale, dal processo Enimont a Parmalat, Antonveneta e i furbetti del quartierino, l’Ilva e le verifiche fiscali a carico dei colossi del web come Apple, Google, Amazon.
Un curriculum d’eccezione, per un magistrato che ha il compito di riportare la pace in una procura chiave che negli ultimi anni ha sofferto per gli scontri tra l’ex procuratore Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo e che è rimasta senza capo per sei mesi dopo che Bruti Liberati era andato in pensione.
Di Greco si comincia a parlare negli anni ’80, quando chiede l’arresto per l’allora segretario del Psdi Piero Longo, per avere intascato una bustarella.
Pochi anni dopo entra a far parte del pool Mani Pulite, ma non subito. Il suo contributo si rende necessario al pool quando le inchieste arrivano ai vertici di veri e propri colossi industriali.
Sono gli anni della maxi tangente Enimont, delle indagini e del suicidio di Raul Gardini, del processo Cusani. Tocca a lui prendere il posto del collega Di Pietro nel ruolo dell’accusa al processo Enimont, quando Tonino decide di lasciare toga.
La preparazione di Greco sui fronti finanziari emerge in quel momento. Non è mai stato considerato un giustizialista, o un patito delle manette: al contrario ha sempre puntato a svelare gli intrecci economici e a recuperare il ‘bottino’.
Per lui ha votato anche la consigliera laica di Forza Italia Elisabetta Alberti Casellati, che era relatrice delle proposta di nomina di Melillo.
“Ritengo che una Procura importante come quella di Milano debba essere guidata dal candidato su cui c’è maggiore convergenza da parte del plenum per dare legittimazione e autorevolezza al lavoro del neo procuratore”, ha spiegato.
Sulla stessa linea anche Piergiorgio Morosini, il consigliere togato di Area finito nelle scorse settimane al centro delle polemiche per un’intervista (smentita) al Foglio con pesanti critiche al governo.
“In questi anni il pool guidato da Greco ha ottenuto risultati eccellenti”, ha detto durante la riunione del Plenum.
Non ha partecipato al voto il vicepresidente Giovanni Legnini che ha lavorato in questi mesi per arrivare a una candidatura il più possibile condivisa e rispettando un cronoprogramma che ha permesso il voto per la Procura di Milano prima delle amministrative. Astenuti i vertici della Cassazione.
“L’evasione fiscale è la madre di tutte le tangenti” e insieme a “corruzione e riciclaggio” è all’origine del “declino dell’Italia”, alla quale ogni anno in vengono sottratti così milioni e milioni di euro, più di una Finanziaria: questo il concetto che Greco va ripetendo da anni e per questo nelle sue indagini punta a recuperare i capitali finiti nei paradisi fiscali
Dopo la ribalta di Mani Pulite, dalla seconda metà degli anni Novanta come pm coordina altre due indagini “simbolo” dello scontro tra potere politico e magistratura e che coinvolgono Silvio Berlusconi: All Iberian e quella sul consolidato Fininvest.
La prima, dopo 10 anni tra indagini e processo, nel settembre 2005 è stata cancellata con l’assoluzione dell’ex premier e di tre ex manager della holding di famiglia con la formula “perche’ il fatto non è più previsto dalla legge come reato” grazie alla normativa, allora appena varata, sui reati societari.
Due anni prima il Cavaliere venne, invece, prosciolto per prescrizione per la vicenda sul consolidato Fininvest. Greco fu anche colui che alla fine di luglio del ’95, con la collega Margherita Taddei, raccolse le prime dichiarazioni di Stefania Ariosto, la teste ‘Omega’ che con le sue rivelazioni portò ad aprire le inchieste, poi coordinate da Ilda Boccassini, Gherardo Colombo e Paolo Ielo, Sme e Imi-Sir/Lodo Mondadori. Inchieste in cui tra gli indagati c’era, oltre a Berlusconi, anche l’ex ministro Cesare Previti.
Durante la stessa seduta del plenum, è stata votata una promozione per il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo, nominato presidente di sezione in Cassazione: per lui 18 voti mentre il concorrente Antonio Prestipino, come lui consigliere presso la Suprema Corte, si è fermato a quattro preferenze.
Nelle stesse ore in cui il plenum era riunito, la giunta dell’Anm è salita al Quirinale per l’incontro di prassi col il Capo dello Stato.
Dopo la nomina in aprile, la nuova giunta guidata dal presidente Davigo ha già incontrato il Guardasigilli Orlando, i presidenti di Camera e Senato e il numero due del Csm Legnini. Incontri avvenuti nel pieno delle polemiche sul diritto dei magistrati a prendere parte alla campagna sul referendum costituzionale.
Durante l’incontro al Quirinale, la giunta Anm ha ribadito che la magistratura “ha come unico obiettivo la funzionalità della giustizia al servizio dei cittadini, rifuggendo da sterili polemiche che potrebbero essere strumentalizzate, con il rischio di offuscare la credibilità dell’ordine giudiziario”.
I magistrati hanno insistito sullo “spirito di dialogo e di collaborazione tra le istituzioni”, ma anche sul “diritto di intervenire sui temi relativi alla giustizia e su quelli aventi rilevanza costituzionale”.
Al Capo dello Stato i vertici dell’Anm hanno ripetuto i concetti già espressi negli incontri con gli altri vertici istituzionali, a partire dalle “gravi difficoltà ” in cui versa attualmente il sistema giudiziario e “l’urgenza di riforme strutturali, tanto nel settore civile quanto in quello penale”, come ad esempio la velocizzazione dei procedimenti e la carenza di risorse e di personale.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 30th, 2016 Riccardo Fucile
“SONO DUE GRANDI, MA EROE E’ CHI SALVA UNA VITA”
Giulia Latorre, figlia del marò Massimiliano, è intervenuta su Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, nel corso del format ECG Regione, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio.
Giulia Latorre ha espresso tutta la sua gioia per il rientro in Italia di Salvatore Girone: “Sono contentissima per il rientro di Salvatore. Quando l’ho saputo ero al settimo cielo, non me l’aspettavo. Poi mi sono emozionata vedendo l’incontro con la sua famiglia, il padre, il nonno, i figli, è stato davvero emozionante. Certo, ci sono voluti quattro anni, forse ha aspettato anche troppo a lungo, ma come si dice, meglio tardi che mai. Il cane di Girone? Non lo conoscevo, l’ho saputo da poco, non sapevo si potesse tenere in ambasciata. Speriamo possa tornare presto anche lui”.
Giulia Latorre, poi, ha detto cosa pensa del lavoro svolto da suo padre e da Salvatore Girone: “Se sono eroi? Ognuno ha il suo modo di pensare, io non sono nessuno per giudicare, ognuno la vede come vuole, è giusto che ognuno la pensi come meglio preferisce, l’importante è che non si superino i limiti. Qualcuno li definisce eroi? Dal mio punto di vista, un eroe è colui che salva una vita. Non so perchè vengono chiamati eroi. Un genitore è sempre un eroe, non vorrei che qualcuno strumentalizzasse le mie parole, ho sempre questo vizio di dire le cose come stanno, di dire come la penso. In un certo senso, direi che sono due grandi, ma che un eroe è altro, gli eroi sono altro. Questo è il mio pensiero”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 30th, 2016 Riccardo Fucile
PER DUE PERSONE SU TRE E’ INUTILE FARE PROGETTI A LUNGO TERMINE… CRESCE LA PERCEZIONE DI APPARTENERE A UNA CLASSE SOCIALE PIU’ BASSA
Siamo diventati pessimisti. Nonostante i nostri governi, da oltre vent’anni, cerchino di tirarci su di morale.
Prima Berlusconi: assimilava i pessimisti ai comunisti. Mentre oggi Renzi cerca di utilizzare le variazioni dell’economia e del mercato del lavoro, positive, per quanto lievi e contraddittorie, per sollevare il morale degli italiani e migliorare il clima d’opinione.
Eppure, nonostante tutto, la maggioranza degli italiani non ci crede. Non riesce a percepire – e ad “accettare” – questo cambiamento.
Lo suggeriscono i dati del sondaggio di Demos-Coop, condotto alcune settimane fa. Due italiani su tre ritengono, infatti, che sia “inutile fare progetti per sè e per la propria famiglia”. “Perchè il futuro è incerto e carico di rischi”.
Dal 2000 ad oggi, si tratta del livello più elevato registrato dai nostri sondaggi. Segnala un sentimento di inquietudine più acuto di quello osservato nel biennio 2008-2010.
Gli anni della crisi, quando l’indice di incertezza verso il futuro, in sensibile aumento, superò di poco il 55%. Oggi, però, l’insicurezza è cresciuta ancora. In misura particolarmente intensa. Soprattutto negli ultimi anni. Rispetto all’anno scorso: di circa 7 punti.
Non per questo viviamo tempi di ribellione. Di rabbia. Semmai, di delusione. Come abbiamo avuto modo di osservare in altre occasioni: ci siamo abituati al declino. Non siamo contenti di quel che avviene, ovviamente.
Ma “resistiamo”. Attaccati alla famiglia, alle reti sociali, distese sul territorio.
Pratichiamo “l’arte di arrangiarsi”, della quale, in Italia, siamo maestri. Tuttavia, il problema esiste e tende a riprodursi. A divenire patologico.
Soprattutto perchè riflette – e, a sua volta, moltiplica – un’altra sensazione, un’altra percezione, che abbiamo già registrato, negli ultimi anni. La “discesa sociale”.
Più di preciso, la perdita di posizione – in altri termini: lo scivolamento – nella scala di classe. La maggior parte degli italiani, infatti, oggi ritiene di appartenere a una classe sociale “bassa o medio-bassa”.
È una percezione condivisa dal 54% delle persone (intervistate da Demos-Coop): 12 punti in più rispetto al 2011.
Certo, come si è detto, è da alcuni anni che si osserva questa tendenza. Ma oggi ha raggiunto una misura superiore al passato.
Tanto più perchè, parallelamente, il peso di coloro che si collocano nel “ceto medio” non è mai stato così limitato: 39%.
Nel 2011 era il 50%. In seguito, era sceso, ma non così tanto. L’anno scorso, per esempio, si attestava intorno al 45%.
Le ragioni di questa “caduta” della posizione sociale – percepita – sono diverse. Ma una, in particolare, mi sembra importante. Emerge con chiarezza utilizzando, come chiave di lettura, la prospettiva della “professione”.
Il crollo della percezione riguardo alla posizione sociale – se escludiamo, ovviamente, i “disoccupati” – riguarda anzitutto e soprattutto gli “operai”.
Insieme ai pensionati – un tempo operai. E alle casalinghe – che, probabilmente, vivono in famiglie operaie. È presso queste categorie che il declino di classe è percepito in misura nettamente superiore che nel resto della popolazione.
Non solo perchè, come in passato, la quota di “operai” che si colloca nei settori più bassi della struttura sociale appare più ampia rispetto alle altre categorie professionali. Per la precisione: il 65%.
Oltre 10 punti sopra la media della popolazione. Ma, soprattutto, perchè è cresciuta in misura maggiore.
Molto maggiore rispetto alle altre categorie professionali. E ciò fa emergere una frattura sociale che, nel dopoguerra, si era ridotta.
Attraverso quella che Giuseppe De Rita ha definito la “cetomedizzazione”della società italiana. Gli italiani, infatti, si erano progressivamente addensati al centro della struttura sociale.
Nel 2006, giusto un decennio fa, 6 su 10 si definivano “ceto medio”. Ora non è più così. Anzi: lo è sempre di meno. E in questo modo il clima di fiducia nel futuro frena. L’ottimismo si raffredda. Soprattutto fra gli operai, i pensionati, le casalinghe.
Tra loro, la componente che si sente scivolare in basso, nella gerarchia sociale, negli ultimi anni è aumentata di 17 punti.
Dal 48 si è allargata fino al 65%. Quasi due operai su tre, dunque, si considerano ai margini della stratificazione sociale.
Mentre coloro che si sentono “ceto medio” sono diminuiti di 20 punti. Erano metà , nel 2011. Oggi sono il 30%.
Parallelamente, fra gli imprenditori e i lavoratori autonomi il processo di “cetomedizzazione” si è rafforzato. Ancor più, presso i liberi professionisti. Tra i quali, anzi, si è allargata la componente di quanti si sentono arrivati in cima alla scala.
Per questo la febbre elettorale che, da tempo, affligge e ancora per molto tempo affliggerà , gli italiani – amplificata dai media e dagli attori politici – mi pare inesplicata. Certamente, non sarà risolta dal voto amministrativo. Nè dal referendum.
Perchè il governo delle città è importante. Ed è importante la semplificazione istituzionale prodotta dal ridimensionamento del bicameralismo paritario.
Ma la frattura di classe che oggi è percepita da metà della società italiana resterà . Immutata. E, viste le tendenze degli ultimi anni, appare destinata ad allargarsi.
Chiunque vinca: a Milano, Roma, Napoli. A Torino, Bologna, Cagliari, Trieste. E altrove. Anche se il Senato verrà depotenziato da una riforma confusa. D’altronde, si tratta di una tendenza diffusa. Non solo in Italia. Come mostra il conflitto sociale esploso in Francia contro il Jobs Act.
Per questo, conviene fare attenzione al degrado che coinvolge il sentimento sociale.
E spinge verso il basso gli operai, per primi, facendoli sentire “ultimi”. Senza speranza di miglioramento.
Perchè così rischiamo davvero di perdere il futuro.
(da “La Repubblica“)
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