Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEL “SECOLO XIX”: QUANDO DOPO VENTI COMMENTI DA GALERA QUALCUNO LEGGE FINALMENTE L’ARTICOLO E AVVISA CHE ERA UNO STRANIERO FINISCE LA SOLIDARIETA’
Ieri mattina abbiamo pubblicato sulla pagina Facebook del Secolo XIX la notizia dell’uomo di 38 anni che ha cercato di darsi fuoco a Sarzana dopo avere perso casa e lavoro, ma senza specificare che si tratta di un cittadino marocchino.
Abbiamo scritto semplicemente che «un uomo di 38 anni, sfrattato e senza lavoro, tenta di darsi fuoco davanti alla moglie e ai figli».
Il primo commento è arrivato 4 minuti dopo la pubblicazione del post: «Diamo lavoro agli altri…», con tanto di “mi piace” di un’altra persona che evidentemente ha la medesima opinione; poi, un diluvio: «(con gli immigrati non lo fanno», «aiutiamo gli italiani come il signore», o anche, in rapida sequenza, «per lui non esistono sussidi, alberghi e pranzi pagati, vero?» e «aiutiamo gli altri, noi carne da macello», «come mai non gli hanno dato un albergo a tre stelle come ai suoi fratelli migratori?», e i vari «ma noi… pensiamo a ‘sti maledetti immagrati » e «invece agli immigrati… » o il più articolato «ma perchè, perchè… basta andare a Brindisi, imbarcarsi per l’Albania e fare ritorno a Brindisi il giorno dopo… vestito male… e il gioco è fatto!».
È solo quasi 4 ore dopo la condivisione del post che qualcuno legge la notizia e si accorge che il 38enne è in effetti un cittadino straniero, e lo fa notare agli altri: «24 commenti e nessuno ha letto l’articolo, viste le risposte!».
Proprio così: sino a quel punto, evidentemente, moltissimi avevano commentato basandosi solo sul titolo, senza nemmeno sapere su che cosa stavano esprimendo la loro opinione.
Da quel momento, il tenore degli interventi cambia, c’è chi fa notare a molti dei primi commentatori che «guardate che è marocchino» e comunque il post perde rapidamente d’interesse: il 38enne non è italiano e quindi, come fa notare qualche irriducibile, «non avremo perso nulla…».
(da “il Secolo XIX”)
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Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
GLI IMPIANTI AVREBBERO DOVUTO ESSERE VIGILATI DALLA MURARO, RESPONSABILE FINO AL 30 GIUGNO DEI TNB DELLA CAPITALE
Fortini, numero uno dimissionario della municipalizzata, cinque ore in procura. Inchiesta a tutto
campo. Nel mirino gli impianti vigilati da Paola Muraro. A Rocca Cencia e in via Salaria si sarebbe smaltita meno immondizia di quella prevista dal contratto di servizio
Mentre l’immondizia sta soffocando Roma e i proclami della giunta Raggi di una città pulita “il prossimo mercoledì” (ovvero tre mercoledì fa) sono caduti nel vuoto, ieri altri due impianti per lo smaltimento dei rifiuti della municipalizzata Ama sono finiti sotto inchiesta.
Si procede per truffa nei confronti di nuovi indagati, funzionari dell’azienda, proprio ieri iscritti nel registro dalla procura.
I loro nomi sono al momento top secret. Le centinaia di carte sequestrate in mattinata dai carabinieri del Noe nei due Tmb – impianti di trattamento meccanico biologico – Ama di Rocca Cencia e di via Salaria raccontano che si sono smaltiti meno rifiuti di quanto prescritto dalla normativa e dal contratto di servizio.
Se questo sia avvenuto con la complicità o con la sciatteria di responsabili dell’azienda non è dato ancora saperlo.
Ma che l’assessora all’Ambiente Paola Muraro, sia stata per 12 anni consulente e fino al 30 giugno scorso responsabile proprio dei Tmb capitolini con la mansione specifica di controllare il rispetto delle prescrizioni Aia (autorizzazione integrata ambientale) è un dato inoppugnabile.
E ora i riflettori sono puntati proprio su quegli impianti su cui lei vigilava.
Già la prima polemica si era scatenata sulla Muraro qualche giorno fa, quando si presentò armata di telefonino nel quartier generale Ama, immortalando in streaming la strigliata ai vertici dell’azienda a cui ha imposto a gran voce che si usi il tritovagliatore di Rocca Cencia, di proprietà del plurindagato re delle discariche Manlio Cerroni: “Deve essere utilizzato!”.
Peccato che quell’impianto sia al centro di un’altra inchiesta i cui indagati sono accusati di reati pesantissimi: truffa, frode e associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti.
Ma questo, malgrado gli anni passati nella municipalizzata, lei non lo sospettava.
Ieri non è stata solo la giornata dei nuovi sequestri di carte e degli indagati.
Alle 15 si è chiuso nella stanza del pm Alberto Galanti il numero uno di Ama, ora dimissionario, Daniele Fortini.
La sua audizione-fiume, come persona informata sui fatti, è durata cinque ore. Un tempo infinito che la dice lunga sulle cose da spiegare che hanno portato una città al collasso.
Non solo Mafia Capitale, che ha prosciugato il Campidoglio con appalti assegnati alle cooperative di Buzzi e Carminati, ma anche funzionari e responsabili di settori nevralgici di Ama che hanno contribuito allo sfacelo.
Tanto che Fortini, pochi mesi dopo il suo insediamento, ha raccolto documenti e ha tirato fuori 14 dossier degni di essere sottoposti all’attenzione della magistratura. Su quei 14 esposti è stato ascoltato fino alle 20.
“Ho rappresentato una situazione anomala e per certi versi stravangate. C’erano dissintonie nella consequenzialità degli atti. Mai un contratto tra Ama e Colari (socio di Cerroni, ndr) per l’uso del tritovagliatore di Rocca Cencia, mai una gara d’appalto”.
Fortini ha spiegato di aver depositato un’ulteriore documentazione al pm a sostegno dell’esposto che presentò nella primavera del 2015. “Quando una cosa non torna dal punto di vista del procedimento amministrativo o dei rapporti finanziari o nelle relazioni dell’azienda con fornitori e partner è opportuno che intervenga la magistratura”.
E sulle responsabilità della Muraro? Fortini si trincera dietro un “non posso dire niente”.
Dopo il tritovagliatore di Rocca Cencia, fortemente voluto dall’assessora all’Ambiente grillina, nel giro di 48 ore sono finiti nel mirino della magistratura anche i due Tmb Ama più gli altri due di Cerroni che sono Malagrotta 1 e 2.
Un’inchiesta monstre che ormai coinvolge tutti e quattro gli impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti, realizzati dalla stessa azienda, la società Sorain Cecchini riconducibile al re della spazzatura.
E intanto, tra scarti non a norma e anomalie sui quantitativi di pattume smaltiti, i romani continuano a navigare nella sporcizia.
(da “La Repubblica“)
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Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
“HO PIU’ VOLTE CONDANNATO IL GOLPE, RIFIUTO OGNI ACCUSA”
Nella sua abitazione americana, dove è in esilio, Fethullah Gulen ha rilasciato un’intervista al Corriere della sera dove spiega il suo punto di vista sul tentato golpe turco contro il presidente Erdogan.
Erdogan stesso ha individuato proprio in Gulen la mente del colpo di stato e ha richiesto agli Stati Uniti la sua estradizione in Turchia. Richiesta che l’imam turco commenta così:
“Finora il governo degli Stati Uniti non ha confermato di aver ricevuto una richiesta ufficiale di estradizione dal governo turco. È evidente che si tratta di una richiesta politicamente motivata e sono sicuro che i fatti lo dimostreranno. Ho più volte criticato il colpo di stato e rifiuto con forza ogni accusa di un mio coinvolgimento. Le autorità del governo degli Stati Uniti hanno detto chiaramente che seguiranno le procedure legali nel rispetto della legge e del diritto. Non sono preoccupato e coopererò con le autorità americane”.
A proposito del suo passato rapporto con Erdogan, Gulen spiega:
“Durante la campagna elettorale del 2002, il partito di Erdogan promise di portare avanti il tentativo di ingresso della Turchia nell’Unione europea, di difendere i diritti umani e le libertà e di porre fine alla discriminazione dei cittadini sulla base della loro visione del mondo e appartenenza a gruppi sgraditi. Nessun altro partito portava avanti riforme democratiche e per l’ingresso nell’Ue quanto il partito di Erdogan. Durante il suo primo mandato, Erdogan applicò davvero alcune riforme democratiche e fu elogiato per questo dai leader europei. Ma sembra che, dopo essere rimasto al potere troppo a lungo, il presidente Erdogan e il suo partito siano stati affetti dal veleno del potere. Non mi pento di aver appoggiato le riforme democratiche. Se fosse stato un partito diverso a promuoverle, lo avrei sostenuto ugualmente. Adesso, col senno di poi, mi rendo conto di avergli dato troppa fiducia. Mi pento di aver creduto che fossero sinceri sulle cose che promettevano di portare a termine”.
L’imam poi nega decisamente il suo coinvolgimento nel tentato golpe:
“La mia posizione, i miei scritti, i miei discorsi, le mie idee, sono pubblici e chiari. In tutta la mia vita, sono stato vittima di colpi di stato, ho sofferto durante i regimi militari, e ho criticato l’intervento dell’esercito nella politica locale. Se degli individui che leggono le mie opere o che ascoltano i miei discorsi o simpatizzano con le mie idee sono stati coinvolti nel colpo di stato, allora quello che hanno fatto è un tradimento dei miei valori di base”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
AL GOVERNATORE DELLA TOSCANA LA SOLIDARIETA’ DI MATTEO RENZI
Ha raggiunto il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che partecipava ad un dibattito alla
festa dell’Unità di San Miniato, in provincia di Pisa, e gli ha rovesciato addosso un secchio di letame.
Protagonista del gesto, poco fa, un imprenditore della macellazione, Giovanni Cialdini, nemico giurato di una norma regionale che impone un limite il numero degli animali da macellare.
Rossi era alla festa per presentare il suo libro ‘Rivoluzione socialista’.
L’uomo si è avvicinato, ha aggredito il governatore spingendolo a terra e gli ha rovesciato addosso il secchio di letame. Rossi ha reagito e l’uomo ha tentato di allontanarsi ma è stato riconosciuto e bloccato dalle forze dell’ordine.
Qualche minuto perchè Rossi potesse lavarsi e cambiarsi e la presentazione del libro è ripresa davanti al pubblico della festa che ha espresso solidarietà al presidente della Regione.
Il gesto compiuto dall’imprenditore che ha rovesciato un secchio di letame addosso al presidente della Regione Toscana è stato condannato dai dirigenti del Pd.
Tra i primi ad esprimere solidarietà , pubblicando sul suo profilo facebook anche la foto del luogo in cui è avvenuto il maleodorante agguato il vicesegretario regionale del partito, Antonio Mazzeo “L’aggressione subita questa sera a San Miniato da Enrico Rossi è vergognosa e inaccettabile. E’ un atto gravissimo. Si possono avere idee diverse, si può contestare e protestare. Ma il rispetto – scrive Mazzeo – è e deve essere alla base di tutto. La mia piena e totale solidarietà al presidente della Regione e la più ferma condanna a chi ha compiuto un gesto, semplicemente, inqualificabile”.
Anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha telefonato per esprimere la sua “solidarietà e vicinanza” al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi.
Rossi ha commentato l’accaduto in un post sulla propria pagina Facebook: “Sono stato aggredito da un violento alla festa dell’Unità di San Miniato: mi ha scaricato addosso un secchio di letame. Mi sono lavato e rivestito con abiti prestati dai compagni e ho ripreso il dibattito in altro luogo della festa, che purtroppo era disturbato dalla musica del ballo. Se pensano di fermarmi così si sbagliano di grosso. Ai compagni di San Miniato dico che ci rivedremo a settembre per discutere insieme il mio libro ‘rivoluzione socialista’”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
FIGLIA DI UN CASELLANTE E DI UNA MONDINA, AVEVA SPOSATO IL CONTE UMBERTO… GLI AMORI PER GUTTUSO E LUCIO MAGRI
E’ morta Marta Marzotto. La stilista si è spenta stamattina a Milano, aveva 86 anni.
A darne notizia la nipote Beatrice Borromeo, con un tweet di addio alla amata nonna. “Ciao nonita mia”, ha scritto pubblicando una foto.
Marta Marzotto era malata da tempo. Già da diversi giorni era ricoverata nella clinica La Madonnina, dove è morta.
Nata a Reggio Emilia nel 1931, esuberante, estroversa, è stata la signora dei salotti, dall’arte, della politica, della moda, del charity.
Aveva appena pubblicato la sua ultima autobiografia, in cui raccontava la sua vita: l’infanzia povera, il lavoro da mondina, il matrimonio da fiaba.
E poi l’amore per Guttuso e Lucio Magri. La mondanità . Craxi, Pertini, il Pci.
Stilista ed ex modella, disegnatrice di gioielli, musa, ha lasciato un segno profondo nella vita culturale del Paese.
Nata Marta Vacondio, figlia di un casellante delle ferrovie e di una mondina, vive i primi anni della sua vita a Mortara, in Lomellina.
Comincia a lavorare molto giovane, per poi muovere i primi passi nel mondo della moda, a Milano. Conosce così il conte Umberto Marzotto, uno dei fratelli eredi della dinastia industriale tessile vicentina dei Marzotto.
Dalla loro unione nascono cinque figli: Paola, Annalisa (morta per una malattia), Vittorio Emanuele, Maria Diamante e Matteo.
Anche dopo il divorzio, la contessa Marta Marzotto continuerà a usare il cognome del marito.
Nel 2006 gli eredi di Guttuso la portano in tribunale per una vicenda che riguardava 700 riproduzioni dei opere del maestro, per il quale Marta Marzotto è la sua “dolce libellula d’oro”, e anche “miele, sangue, respiro, amore”.
Viene prima condannata a otto mesi, poi tre anni dopo la Corte d’appello di Milano annulla la sentenza. Il rapporto tra i due cessa improvvisamente dopo circa venti anni.
“Io alla vita ho sempre sorriso, lei a me non sempre”, diceva pensando alla morte della figlia.
E sulla sua età , sul tempo che passava tagliava corto: “Io no ho età , sono immortale. Bloccatemi se siete capaci”.
(da “La Repubblica”)
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