Giugno 5th, 2017 Riccardo Fucile
I LEGALI: “ERA DA UN’ALTRA PARTE, ABBIAMO 40 TESTIMONI, LE TELECAMERE DELLA ZONA E UNA PATTUGLIA DELLA POLIZIA CHE ERA ENTRATA AL CAMPO POSSONO CONFERMARE”… SE IL DNA FOSSE NEGATIVO, SETTIMANE DI INDAGINE A SENSO UNICO E COLPEVOLE ANCORA IN LIBERTA’
È stato scarcerato Serif Seferovic, il rom accusato di aver dato fuoco al camper nel quale persero la vita le tre sorelle Elisabeth, Francesca e Angelica Halilovic.
Il gip di Torino, Alessandra Danieli, ha disposto la scarcerazione di Serif. «Quella notte non ero li, ero lontano assieme alla mia famiglia», si era difeso nel corso dell’interrogatorio di ieri in carcere Seferovic, assistito dall’avvocato Gianluca Nicolini, ribadendo che quella notte non si trovava nella zona del rogo, ma in una area di sosta a Prati Fiscali assieme a tutta la sua famiglia.
La difesa del giovane aveva chiesto, quindi, di acquisire le immagini a circuito chiuso della zona affermando, inoltre, che in quelle ore alcuni agenti delle forze dell’ordine erano intervenute per controllare proprio la zona dove si trovava la famiglia del fermato. Una versione, quella ribadita durante l’interrogatorio dal giovane rom, avvalorata dalle parole del padre che ha spiegato: «Quella notte Serif ha dormito in una area di parcheggio nella zona di Prati Fiscali, eravamo una quarantina di persone. Non è stato lui». «Sicuramente in quella zona ci saranno state delle telecamere — spiega il penalista Nicolini – che potrebbero confermare la presenza della famiglia Seferovic».
Per i pm il movente sarebbe stato la vendetta contro il padre delle tre sorelline, Romano Halilovic, così le indagini si erano orientate esclusivamente verso l’ipotesi di un regolamento di conti all’interno della comunità nomade, tralasciando completamente l’altra pista che le deliranti affermazioni sul web potevano suggerire: l’intolleranza razziale a causa dei continui furti nella zona e del rovistaggio compiuto dai rom nei cassonetti.
Secondo il gip di Torino dunque il fermo di polizia è avvenuto correttamente, ma non ci sarebbero «gravi indizi di colpevolezza» tali da giustificare la detenzione in carcere di Serif.
Domani sono inoltre previsti gli accertamenti tecnici irripetibili con il prelievo di un campione biologico e si vedrà se le impronte sono quelle di Serif Seferovic.
In caso contrario vorrebbe dire che tutta l’indagine è stata condotta nella direzione sbagliata.
(da “La Stampa”)
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Giugno 5th, 2017 Riccardo Fucile
DALLA LEGGE SUL “PARLAMENTO PULITO” DEL 2007 ALLA LEGGE TRUFFA DI OGGI: SI SONO RIMANGIATI TUTTO PER DIFENDERE UNA POLTRONA
Era il 2007, in scena andava la legge di iniziativa popolare “Parlamento Pulito” e Beppe Grillo era chiarissimo nel dire NO ai parlamentari scelti dai segretari di partito e sì alle preferenze dirette che avrebbero permesso la scelta degli onorevoli ai cittadini.
O tempora, o mores! Erano tempi belli, belli, bellissimi. Peccato che siano passati.
Ieri infatti il MoVimento 5 Stelle non ha appoggiato l’emendamento alla legge elettorale che permetteva il ritorno delle preferenze.
Ma per fortuna Danilo Toninelli, che ha condotto per i grillini la trattativa con quei cattivoni dei partiti con cui non scenderemo mai a patti e gli venisse un colpo ai piddini se ci rimangiamo la parola, ci spiega in un’intervista alla Stampa che le preferenze per loro sono un mantra, ci mancherebbe:
Le preferenze non sono più una vostra priorità ?
«Ci sono equilibri politici da tenere in considerazione. E poi mi sembra chiaro che a loro le preferenze non piacciano. Ciò che va sottolineato, però, è che noi siamo di fronte a un bivio: o una legge costituzionale o una anticostituzionale».
Se il risultato di una legge costituzionale è sempre un Parlamento di nominati, il problema non resta?
«Per noi le preferenze sono un mantra. Però dall’altra parte abbiamo una legge incostituzionale, ricordiamocelo. Noi abbiamo fatto una valutazione responsabile. Stiamo applicando il metodo tedesco, e nel metodo tedesco non ci sono le preferenze. E allora, di cosa stiamo parlando?»
De te fabula narratur, bello di zio.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 5th, 2017 Riccardo Fucile
IL 63% DEL PARLAMENTO SARA’ DI NOMINATI… IL M5S ORA E’ DIVENTATO CONTRO LE PREFERENZE DOPO AVER FATTO I V-DAY CONTRO I NOMINATI
Come un gioco delle tre carte. Tre carte e quattro giocatori che fanno finta di abolire i “nominati”, ma in verità li aumentato.
E preparano un Parlamento composto per il 63 per cento da deputati e senatori scelti dai quattro: Renzi e Di Maio, Salvini e Berlusconi.
Ecco Danilo Toninelli, braccio destro (e sinistro) di Di Maio in materia, uscire dalla Sala del Mappamondo. Ha appena votato contro, in commissione, sulla proposta di rimettere le preferenze, vecchio cavallo di battaglia contro il Parlamento dei nominati, quello — per intenderci — dei vaffa nei V-Day.
Sembra già un ministro, nella domenica degli scravattati alla Camera.
Aspetta che i cronisti si avvicinano, ingessato in un abito stirato, cravatta, scarpa nera che pare nuova. Gira la carta: “Finalmente — dice — possiamo dire che non ci sono più le candidature e i capilista bloccati”.
Insomma, pare dire a Travaglio che ha bollato questa legge come Merdinellum, con grande enfasi tra i suoi lettori e tra gli elettori pentastellati: abbiamo fatto una modifica, perchè prima vanno in Parlamento gli eletti negli uninominali, poi quelli del proporzionale, eletti nelle liste bloccate.
Arriva Ettore Rosato, il tosto capogruppo del Pd, che per tutto il giorno ha parlato fitto fitto con Toninelli. Radioso: “Abbiamo abolito i capilista bloccati”.
È questo il messaggio su cui si cercano titoli di giornali e siti, sperando che qualcuno abbocchi. La modifica va bene anche a Forza Italia, tanto — come vedremo non cambia nulla. E anche alla Lega, per lo stesso motivo.
Ed effettivamente la logica non cambia. La modifica consiste in questo.
Nel testo base prima passava il capolista del proporzionale, poi gli eletti nei collegi. Ora, invece: prima scattano gli eletti nei collegi, poi si passa alla lista bloccata. Cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia.
Per due motivi.
Prima: la lista resta bloccata – senza preferenze — e con tanto di capolista, al netto delle truffe semantiche, perchè il primo scritto in alto in una lista bloccata si chiama capolista bloccato.
Secondo: non è stato inserito il voto disgiunto, dunque la dinamica reale resta la stessa. Ovvero si vota il partito — prendere o lasciare – che decide liste e candidati come comanda il cuore del capo.
Cambia solo, rispetto al testo base, che invece di scattare per primo, il capolista bloccato scatta dopo chi vince i collegi.
Il che blinda il meccanismo evitando di esporlo al rischio di incostituzionalità .
Perchè nella precedente versione c’era l’eventualità che uno vincesse il collegio ma non venisse eletto. Per un partito come Forza Italia, per intenderci, non cambia nulla. Eleggeva solo nominati prima, elegge solo nominati ora.
E i “nominati” aumentano al punto che i listini sono stati allungati da quattro nomi a sei.
E resta il paracadute anche se, invece delle tre candidature multiple, si lavora a una sola: ti candidi, ad esempio, in un collegio a Roma, ma per stare sicuro ti metti anche nel listino bloccato in Emilia Romagna.
C’è di più. Tutto questo va incrociato, con la modifica del giorno prima, che ha ridotto il numero dei collegi.
Nel testo base erano 50 e 50. Ora i collegi scendono da 303 a 225 (232 se si considerano quelli del Trentino e valle d’Aosta dove si vota col Mattarellum): è il 37 per cento della Camera.
Al Senato quelli eletti nei collegi sono 122, il 36 per cento.
Il che significa che il restante 63-64 per cento sarà eletto nelle liste bloccate del proporzionale.
E infatti, per accogliere la numerosa truppa, le circoscrizioni sono aumentate da 27 a 28 e le liste allungate da quattro a sei.
In Germania, tanto per ricordare, sono 50 e 50 (e con voto disgiunto).
Il gioco delle tre carte è questo. Ognuno mette qualche punto di distinguo, ma al dunque nessuno presenta alcunchè per blindare l’accordo che ha come punto di caduta il voto al più presto.
Tanto che, udite udite, per fare presto sono stati inseriti — nel silenzio di tutti — i collegi direttamente nell’emendamento Fiano.
C’è scritto che li disegna il ministero, ma se finisce in anticipo la legislatura si usano quelli disegnati ai tempi del Mattarellum.
Gli abili giocatori spiegano che “è tutto normale” e che non è una forzatura estromettere il Viminale dal calcolo ed utilizzare dati fondati sul censimento del 1991, ben due censimenti fa.
In altri tempi i Cinque Stelle avrebbero urlato alla truffa. Ora va tutto bene, nella forsennata corsa verso il voto: 63 per cento di nominati, collegi di un quarto di secolo fa.
Martedì in Aula. Giovedì, al massimo venerdì — assicurano i quattro giocatori — la Camera approva.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 5th, 2017 Riccardo Fucile
LA PENOSA GIUSTIFICAZIONE DI TONINELLI: “BISOGNA TENER CONTRO DEI MOTIVI POLITICI”, OVVERO MANTENERE LA SUA POLTRONA
No alle preferenze e no al voto disgiunto.
In commissione vanno in scena i 5Stelle che non ti aspetti: trattativisti ed estremamente politici.
I grillini, in nome dell’accordo stretto con il Pd, Forza Italia e Lega Nord, non hanno votato la modifica alla legge elettorale che prevedeva l’introduzione delle preferenze e la doppia scheda. Dunque: “Respinto, respinto, respinto”.
Gli emendamenti depositati dal Movimento democratici e progressisti, da Sinistra italiana e Fratelli d’Italia vengono bocciati uno dopo l’altro, anche quelli che un tempo rappresentavano i cavalli di battaglia dei pentastellati.
A farlo notare è Alfredo D’Attorre di Mdp, che prende la parola in commissione Affari costituzionali e fa un commento durissimo: “Sono stupito da come, sulla base di una convenienza partitica si ribaltino convinzioni portate avanti da sempre, anche con severi giudizi nei confronti di chi non la pensa allo stesso modo. I Cinquestelle sono evidentemente scesi dal piedistallo e assistono o silenti e imbarazzati o conniventi”.
La sfida è rivolta a Danilo Toninelli, colui che per i 5Stelle ha trattato sulla legge elettorale.
Il deputato grillino, prima che fosse messa al voto la proposta di D’Attorre per l’introduzione del voto disgiunto e delle preferenze, ha fatto mettere agli atti: “Nel merito, il M5S è a favore del voto disgiunto, ma si deve tenere conto anche dei motivi politici. Sottolineo inoltre che il voto disgiunto è perfetto per il sistema tedesco che è diverso dall’assetto italiano. Si potrebbe infatti verificare il caso che un candidato vincente nell’uninominale non entri. Mi pare poi che il relatore Fiano abbia anticipato che non ci sarà più il capolista bloccato, ma che ci saranno i vincitori degli uninominali. E io penso che tutti i vincitori dei collegi uninominali avranno un seggio assegnato, avendo diminuito i collegi da 330 a 225, più Trentino e Val d’Aosta”.
Questo è vero, ma le preferenze, per le quali i 5Stelle sono scesi in piazza nel giorno del famoso V-day, sono un’altra cosa.
Nel nuovo accordo rimane invece il listino bloccato, anche se il capolista non avrà più la priorità sugli eletti nei collegi.
Secondo D’Attorre “il voto disgiunto e le preferenze nel listino proporzionale avrebbero rafforzato enormemente il potere di scelta dei cittadini. È chiaro che Grillo si appresta a dire agli elettori per le selezione dei parlamentari ciò che ha già detto per le elezioni comunali di Genova: ‘Fidatevi, decido io'”.
La polemica va avanti, in mezzo c’è anche Ignazio La Russa che per protesta parla in tedesco, e poi c’è Toninelli che si sgola e lo farà anche sui social per far passare il messaggio che i grillini faranno le primarie online per scegliere i candidati e i posti in listi.
Sta di fatto che le preferenze per i grillini appartengo al passato. Ormai ci hanno rinunciato in nome dei “motivi politici”.
Poi basta un attimo e in commissione scoppia la bagarre.
Il deputato di Mdp Arcangelo Sannicandro dà dei “quattro ladroni” ai partiti (Pd, Fi, M5S, Lega) che hanno siglato l’intesa. “Con questa legge elettorale, apri il Parlamento come una scatola di sardine e ci trovi i nominati! Grazie ai quattro ladroni della democrazia”, si fa sentire l’ex esponente di Pci e Rifondazione.
Il relatore Emanuele Fiano del Pd lo interrompe e chiede l’intervento del presidente di commissione Andrea Mazziotti pretendendo le scuse del deputato Mdp.
Dopo una concitata discussione, Sannicandro conclude: “Chiedo scusa ai dispensatori di democrazia”.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 5th, 2017 Riccardo Fucile
CONVINTO DI AUMENTARE I SEGGI, MA PUNTA SUGLI UNDER 40 E SU GALLIANI
Ora che la nuova legge elettorale prende forma e si prepara a sbarcare in aula, Silvio Berlusconi si staglia sempre più come il “padrone” incontrastato delle liste, le sue, ben più di Renzi, Grillo e Salvini nei rispettivi partiti.
Grazie al “tedesco” all’italiana infatti il Cavaliere avrà potere di vita e di morte — politica s’intende — data la pressochè matematica certezza che tutti i parlamentari di Forza Italia entreranno attraverso i listini proporzionali e quasi nessuno dai collegi (ad appannaggio della Lega al Nord e di Pd e M5S al Centro e al Sud).
L’ultimo studio che mercoledì scorso hanno compulsato a pranzo ad Arcore Berlusconi coi capigruppo Romani e Brunetta, Letta, Ghedini e Giacomoni, disegnerebbe un partito al 14 per cento che, grazie allo sbarramento ammazza-piccoli, lieviterebbe di fatto al 18, conquistando un’ottantina di deputati e una quarantina di senatori (120 a fronte dei 91 attuali).
Tutti scelti da quei sei al tavolo.
E tra i forzisti di seconda e terza fila la tensione è infatti altissima. Non è un caso, fanno notare, se in questi giorni non si sia registrata una sola dichiarazione di entusiasmo (con l’eccezione dei capigruppo) in favore del “tedesco” voluto dal loro leader.
In Forza Italia è già panico da posto, i più sentono cigolio da ghigliottina.
Anche perchè le notizie che filtrano in queste ore da Villa San Martino non sono le più rassicuranti per i 41 senatori e i 50 deputati.
Il capo va ripetendo che confermerà «al più una trentina: voglio una ventata nuova, come nel ’94, gente della società civile, imprenditori, amministratori».
E la ghigliottina sarebbe già allestita, sotto forma di sbarramento interno per tutti coloro che abbiano maturato già tre o più legislature. «Salvo alcune deroghe giustificate», viene fatto presente.
Va detto che il refrain non è nuovo, era stato già proposto nel 2013 e ancor prima nel 2008, poi è finito tutto in deroga.
Ma stavolta manca il “mediatore” Verdini. E se è vera la lista dei quindici fedelissimi disposti a votare il “tedesco” (e in odor di salvataggio a Palazzo Madama), se ne vedranno delle belle: Messina e Sciascia in quota Fininvest, Romani e Ghedini, Marin, Mandelli, Rizzotti, Bernini, Malan, Rossi, Giro, Carraro, Gasparri, Caliendo, Schifani.
E poi ci sarebbe la sorpresa Adriano Galliani: Berlusconi vuole un seggio al Senato per l’ex amministratore delegato del Milan, da sempre al suo fianco.
Fuori, il girone dei dannati. I quali infatti minacciano di scatenare l’inferno.
Hanno una sola arma per farla pagare: mettersi di traverso in occasione dell’approvazione a tappe forzate della legge elettorale.
Tanto più che a Palazzo Madama ogni voto pesa piombo e i tempi non possono essere contingentati come alla Camera.
Ora e non dopo pretendono tanto per cominciare una garanzia piena di ricandidatura “blindata”, dal capo. I primi iniziano a venire allo scoperto.
“Si provveda immediatamente alla correzione, qualunque legge con questi collegi è invotabile” attacca il senatore Remigio Ceroni, coordinatore delle Marche.
Ce l’ha con la distribuzione nella sua regione, ma dà voce anche ad altri malpancisti. “Se io sono morto, vuoi che non combatta prima dell’ultimo respiro?” chiedeva con tono di sfida a un collega demoralizzato Domenico De Siano, senatore anche lui e coordinatore campano.
L’ex grillina, convertita sulla via del berlusconismo, Serenella Fucksia, ha bussato alla porta di Arcore qualche giorno fa, pur di essere rassicurata (invano, sembra).
Qualcun altro, come il senatore Giovanni Bilardi, eletto in Fi, transitato in Ncd e ora rientrato a ceduto in “prestito” al nuovo gruppo di Quagliariello, ha preteso di poter sentire al telefono Berlusconi prima di dire sì al transito temporaneo.
Qualcuno vorrebbe lettere scritte del leader con impegno sulle future liste, accettando solo così di piegarsi al “tedesco”, ma hanno fatto notare loro che sarebbero prive di qualsiasi valore giuridico. I “dannati” non si rassegnano.
Alla Camera, dove la maggioranza sulla legge elettorale è più ampia, i 50 forzisti sono ininfluenti.
Ma sono ancor più preoccupati per l’operazione “restyling” minacciata dal capo. Perchè è proprio a Montecitorio che sarà paracadutata la folta squadra di under 40 di cui si parla.
Anche qui, salvo le 15-16 “deroghe” per gli uscenti. Brunetta e Brambilla, Gelmini e Carfagna, Giacomoni e Longo, Valentini e Crimi, De Girolamo e Calabria, Angelucci e Baldelli. Cesaro e Fontana, Occhiuto e Ravetto.
Altri se ne aggiungeranno, se è vero che alcuni minacciano di incatenarsi davanti Palazzo Grazioli piuttosto che mollare il seggio.
Ma per tanti della prima ora, da Antonio Martino a Elio Vito, il “Big Ben” ha detto stop.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 5th, 2017 Riccardo Fucile
“IL PD SI FERMI O NON SARA’ PIU’ IL MIO PARTITO”
“Tutto quello per cui noi democratici abbiamo combattuto sin dagli anni Novanta, viene smantellato: questa legge elettorale proporzionale è solo un patto di convenienze. Ed è la fine del Pd”.
Rosy Bindi, presidente della commissione Antimafia, dice in un’intervista a Repubblica che non le piace “che si torni al proporzionale con un Parlamento in gran parte di nominati”.
Sull’ipotesi di un patto Renzi-Berlusconi, Bindi osserva
“Mi pare sia l’unico scenario possibile. Sono convinta che i 5Stelle siano terrorizzati dall’idea di andare al governo e accettando l’accordo sul proporzionale lo dimostrano. Questa è la loro convenienza. La convenienza di Berlusconi è di sedersi di nuovo al tavolo e non rimanere schiacciato sotto la Lega. Incomprensibile è la scelta del Pd”.
Non condivide poi l’accelerazione verso il voto: “Questa mi pare la convenienza del leader del Pd, Renzi. Di certo non quella del partito nè del paese”.
“In questi sei mesi – rimarca – si devono ultimare alcune riforme: lo Ius soli, il testamento biologico, il processo penale”, e “la manovra deve farla questo governo”.
In merito alla sua posizione rispetto al partito, Bindi chiarisce:
“Io ho ancora la tessera. Ho votato Andrea Orlando al congresso. Ma se il Pd sarà quello che rischia di diventare sarà tutto più difficile”.
Non si sbilancia quindi sulla possibilità di lasciare per fondare il nuovo Ulivo con Bersani e Pisapia: “Nè lascio nè vado. La legge elettorale è lo spartiacque della mutazione del Pd”.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 5th, 2017 Riccardo Fucile
CRITICHE ANCHE A BERSANI E A GRILLO: “VOTARE COSI’ PROVOCHERA’ INSTABILITA’ E DIFFIDENZA IN EUROPA”
Parole che trasmettono amarezza.
Romano Prodi rilascia un’intervista al Fatto Quotidiano e non nasconde la sua preoccupazione, ma anche la delusione per quanto avviene nel mondo politico italiano, a cominciare dal Pd.
Non cela neanche i timori per la piega che stanno prendendo gli eventi internazionali, a cominciare dai nuovi attacchi di Londra fino alla nuova strategia di Washington.
“Vediamo come vanno le cose, l’Italia corre molti rischi”.
Il proporzionale non piace al Professore. Non consente di sapere già la sera delle elezioni chi ha vinto, slogan spesso utilizzato da Matteo Renzi. Rende inoltre “impossibile un governo stabile”.
“Quello del segretario del Pd Matteo Renzi è un cambiamento di rotta. Con la legge in discussione ci si obbliga a cercare alleanze fra partiti con diversità inconciliabili. Vi è un’infima possibilità di un governo stabile: la conquista della maggioranza assoluta. Mi pare improbabile ma è pur vero che viviamo nel mondo dove Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti”.
O me o Silvio. Romano Prodi ha detto in una recente intervista al Corriere di collocarsi politicamente in una tenda accanto al Pd.
La metafora della tenda si chiarisce ulteriormente ora quando gli chiedono cosa farebbe in caso di alleanza post elettorale con Silvio Berlusconi.
“È una tenda canadese, pratica. Si può infilare nello zaino e rimettersi in cammino per spostarsi. Certo non ho dedicato la mia vita politica a costruire alleanze con obiettivi talmente disomogenei da diventare improduttivi”.
La campagna elettorale a Ferragosto sarebbe ridicola. E le elezioni in ottobre senza l’approvazione della legge di bilancio faranno aumentare la diffidenza nei nostri confronti e, tra l’altro, renderà molto più difficile esercitare un ruolo attivo nella strategia franco-tedesca.
Secondo Prodi le colpe non sono soltanto di Renzi. Definisce “un enorme errore” la scelta di Pier Luigi Bersani di lasciare il Pd, una decisione “che contribuisce a cambiarne la natura”. Vede come un “rischio” la possibile ascesa del Movimento 5 Stelle al Governo.
“Grillo? Una cosa è fare teatro, un’altra è governare”
“Gli spettacoli di Grillo mi piacevano molto. Mi sottopose un paio di volte i suoi testi teatrali, si documentava con rigore sull’esattezza delle battute di economia. Poi è andato per la sua strada fino alla politica. Una cosa è fare teatro, un’altra è governare. Il rischio è l’indefinitezza della proposta: come si fa a prendere decisioni se non si hanno principi che siano di destra o di sinistra? La forza di Grillo è non avere radici, ma questo produce il rischio di non avere linea di governo. Per i “nuovi movimenti” non avere radici produce voti: Le Pen padre legato al fascismo arrivava al 12%. La figlia Marine, slegata da quella storia, raddoppia i suoi voti. Salvini, mantenendo le sue radici, ha limiti elettorali. Grillo non ne vuole avere. Ma destra e sinistra esistono, almeno fino a che esistono modi diversi di intendere la vita e obiettivi diversi di governo. Tra l’avere e non avere la sanità per tutti c’è una bella differenza”.
“Trump aumenta livello di tensione, Europa assediata”. Romano Prodi vede un possibile risveglio europeista nelle parole di Angela Merkel, diffidente nei confronti della nuova amministrazione di Washington. Definisce l’Europa “assediata da Ovest come da Est”.
“Da un lato è necessario difenderci con tutti gli strumenti possibili, dall’altro la vendita di armi in Arabia Saudita da parte di Trump è l’ultimo episodio che spinge ad aumentare il livello di tensione in Medio Oriente e rende più complicato il contrasto al terrorismo”
“Fa un certo effetto pensare che sia Trump a risvegliare il patriottismo europeo ma è così. La Merkel ha ragione, non c’è più l’America che ha come priorità il legame con l’Europa. In Trump gli aspetti di tensione con noi finora prevalgono sulla distensione. Siamo assediati da Ovest come da Est. Per fortuna qualche reazione sembra esserci. Adesso, però, deve trasformarsi in un cambiamento di strategia. Macron ha fatto la campagna su questa linea e deve andare avanti. Certo non mi sembra essere coerente con il suo europeismo l’ostilità all’acquisto della Stx France da parte di Fincantieri dopo che Parigi ha fatto shopping in tutti i settori dell’economia italiana”.
(da”Huffingtonpost”)
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Giugno 5th, 2017 Riccardo Fucile
IERI HA FATTO SCENA MUTA A CHI LE CHIEDEVA PERCHE’ NON AVESSE VIETATO LE BOTTIGLIE IN PIAZZA….L’ORDINANZA CHE NON C’E’, UN SOLO MAXISCHERMO INVECE CHE DUE, VENDITORI AMBULANTI DI BIRRE IN VETRO E VIE DI FUGA CHIUSE
Chi ride quando le cose vanno male ha già trovato qualcuno a cui dare la colpa, diceva una delle leggi di Murphy.
Purtroppo la raccolta di paradossi più famosa del mondo non ci fornisce alcuna indicazione su chi fa lo gnorri, e quindi non possiamo utilizzarle per spiegare il comportamento del Comune di Torino e della sindaca Chiara Appendino.
La prima cittadina infatti non si trovava in città nel momento in cui a piazza San Carlo è scoppiato il caos, ma era a Cardiff a vedere la partita. Nulla di male, anzi, se la prossima volta la Appendino potesse portare con sè anche il senatore della Repubblica italiana Alberto Airola, che ha inventato complotti sulle cifre dei feriti, e il suo collega Michele Mario Giarrusso, che ha insultato chi criticava Airola, non sarebbe male.
La Appendino, riferisce Marco Imarisio sul Corriere della Sera, ha tra l’altro scaricato con molta eleganza il collega di partito: «Non esiste alcun complotto contro di me. Come al solito Airola parla a titolo personale. Sono opinioni sue, dalle quali noi prendiamo le distanze».
E dalle sue parole scorgiamo molte indicazioni sottese sull’attendibilità del senatore.
A parte gli originaloni che inventano complotti mentre sono pagati con i soldi delle nostre tasse, però, c’è da segnalare che anche la Appendino non ci ha fatto una grande figura.
Ieri quando i giornalisti le hanno chiesto perchè non fosse stata fatta alcuna ordinanza di divieto per il vetro ha fatto scena muta, esibendosi nell’arte tutta grillina di governare cambiando discorso, dicendo che si dovevano invece ringraziare i soccorsi e invitando a solidarizzare con i feriti.
Poi, in serata, il comune di Torino ha finalmente ritrovato la voce rilasciando una nota stampa molto interessante: “In relazione ai fatti di piazza San Carlo, la Città di Torino precisa che il soggetto organizzatore, Turismo Torino, ha operato con le medesime modalità messe in atto nel 2015 in occasione della finale proiettata il 6 giugno. Anche in quel caso, la Città , con propria delibera, aveva incaricato Turismo Torino quale soggetto organizzatore e non era stato approvato alcun provvedimento di ulteriore limitazione nella vendita di vetro e metallo oltre a ciò che è previsto dal regolamento di polizia urbana”.
La nota è interessante in primo luogo perchè, così come nel bilancio e nel governo della città , la giunta Appendino ha confessato di rifarsi a tutte le scelte dei predecessori, alla faccia di chi l’aveva votata per esprimere un cambiamento.
In secondo luogo la nota del comune NON segnala che in occasione della finale del 2015 i maxischermi erano due, piazzati ai due lati opposti della piazza, allo scopo di prevenire qualsiasi assembramento: forse se si fosse fatto così anche sabato i danni sarebbero stati minori.
Nel merito della questione, però, c’è anche qualcos’altro da dire.
Maurizio Tropeano sulla Stampa di oggi ricorda che a Capodanno, quando già soffiava sull’Europa il vento sinistro della paura per il terrorismo islamico, si è era fatta una scelta netta: divieto di vendita di bevande alcoliche in vetro.
L’altro ieri, invece, l’ordinanza comunale predisposta in vista delle proiezioni in piazza della finale di Champions, ha stabilito la chiusura delle strade e la viabilità . Nessun cenno esplicito al divieto di portare in piazza bottiglie di vetro.
Adesso, da più parti, in prefettura e Comune, si parla dell’esistenza di un’ordinanza quadro, adottata alcuni anni fa e tuttora in vigore, che prevede un divieto di mettere in vendita bottiglie di vetro in occasioni di eventi di piazza. Divieto che, andrebbe richiamato espressamente, proprio per predisporre interventi mirati.
In attesa che il ministero dell’Interno si svegli dal torpore e ci spieghi come sia stato possibile che venditori abusivi entrassero in piazza per vendere bottiglie di vetro in una situazione del genere, ancora la Stampa ricorda le differenze tra 2017 e 2015:
Nel 2015 il monumento simbolo della città era stato «blindato» per proteggerlo da eventuali assalti, la piazza era stata divisa in settori e c’erano anche due maxi-schermi. Questa volta è stata fatta una scelta diversa con un unico mega schermo.
Una soluzione che impediva di fatto un facile accesso alle ambulanze e alle forze dell’ordine in caso di necessità , e che ha creato un imbuto quando il panico ha scatenato la fuga della gente e poi nell’evacuazione dei feriti.
Insomma, se proprio tocca copiare quanto fatto da Fassino, almeno lo si faccia bene.
L’ordinanza che non c’è
In più c’è da segnalare che l’ordinanza quadro del 2010, quella a cui si rifà il comune per sostenere che il divieto di portare bottiglie di vetro era già in vigore, è stata di fatto cassata dalla Corte Costituzionale eliminando parte degli articoli del decreto sicurezza Maroni, racconta Diego Longhin oggi su Repubblica Torino.
Il Corriere della Sera inoltre segnala che il quadrilatero nel centro di Torino presenta solo cinque vie di fuga.
Una, situata al vertice opposto a quello in cui si trovava il maxischermo, era aperta, altrettanto due strade lì vicino. Altre due vie invece erano ostruite da transenne: barriera necessaria a evitare il ripetersi di attentati come quello di Nizza ma che di fatto hanno impedito il deflusso della folla terrorizzata dallo scoppio. Inoltre all’interno di spazi come le piazze vengono ormai abitualmente riservati dei «cuscinetti di sicurezza»: spazi vuoti che impediscono proprio scene di panico generalizzate.
Le vie di fuga e gli spazi di sicurezza potevano e dovevano dunque essere predisposte in modo diverso? Tutte domande a cui dovrebbe rispondere la sindaca insieme al ministro dell’Interno.
Ma Appendino non c’era. E se c’era, dormiva.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 5th, 2017 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DELLA NOTTE DEL DIRETTORE DEL “FATTO”
Per una volta la politica può essere messa da parte, la vis polemica accantonata per lasciare spazio al coinvolgimento personale e all’affetto paterno.
Marco Travaglio racconta sul Fatto Quotidiano quanto accaduto alla figlia Elisa,18 anni, finita nel lunghissimo elenco dei feriti nella calca di Torino.
Per fortuna una ferita non grave, ma sono in tanti ad affollare i pronto soccorso della zona.
Erano andati tutti a vedere Juventus-Real Madrid in piazza San Carlo a Torino, poi è successo qualcosa che ha scatenato il panico. E Travaglio analizza proprio degli effetti del panico sulla folla, le voci incontrollate che si sono diffuse nella piazza e hanno fatto perdere ai più il controllo della situazione, ma anche le responsabilità di chi ha consentito che decine di ambulanti potessero vendere la birra in bottiglie di vetro: “Tutto virtuale, tranne il sangue”.
“Alle 22.15, subito dopo il terzo gol del Real, mi appare il suo numero sul cellulare. Provo a rincuorarla: “Dà i, pazienza, è andata così…”. Ma la voce dall’altro capo non è la sua. È quella del suo amico, che assicura: “Elisa sta bene, ma non può parlare, ha male a una gamba”. Brivido gelato nella schiena. Me la faccio passare a forza: ansima, piange, ripete “vienimi a prendere, voglio andare subito via di qui, c’è stato un attentato, una bomba, non so, mi hanno calpestata, mi hanno camminato sopra, non mi sento più la gamba sinistra, e gli scoppi continuano, stiamo scappando verso piazza Vittorio”. La prego di calmarsi e di restare collegata, intanto salto in macchina con mia moglie e voliamo a prenderla, appena in tempo prima che anche in piazza Vittorio Veneto si scateni il panico per l’ondata dei fuggitivi che, attraverso via Po e le strade laterali, sciamano via dal luogo della non-partita e del non-attentato. La carico in auto che trema ancora come una foglia e fatica a parlare. E mi fiondo al pronto soccorso più vicino.
Ci sono già i primi feriti, altri ne arrivano fino ad affollare il piccolo ospedale. Sanguinano, “mai visto tanto sangue, neppure in un film di Dario Argento” scrive il direttore del Fatto Quotidiano. Nessuno ha capito cosa sia successo.
Molti sono scalzi, a piedi nudi: nella calca hanno perso le scarpe, figurarsi le infradito. Altri hanno smarrito borse e zainetti, documenti e telefonini compresi: chiedono in prestito quelli superstiti per chiamare casa e rassicurare. Dicono che solo un petardo e uno scherzo da teste di cazzo è impossibile: qualcosa di grave dev’essere successo per forza. Chi ha sentito dire di una bomba, chi di un balcone crollato, chi di un’auto esplosa nel parcheggio sotterraneo, chi ha udito le raffiche di una mitragliatrice. E poi le voci di attentato, accompagnate dai rituali “una bomba, una bomba!” e dall’immancabile “Allah u akbar”.
Una folla scomposta di persone, la gran parte non è di Torino ma è arrivata da lontano per vedere la partita in un maxischermo in piazza e provare la sensazione di vivere la finale di Champions League come allo stadio con migliaia di altre persone.
Si è trasformata in una “folle serata”, prosegue Travaglio, che va poi ad analizzare le cause di quanto è accaduto.
Cause ben chiare a chi in quella piazza c’era, di cui “prefetto e questore dovrebbero rispondere”. C’erano bottiglie di vetro ovunque, perchè superati i controlli di sicurezza decine di ambulanti vendevano la birra in vetro, “una follia”.
“Tutto quel sangue si spiega solo con l’enorme quantità di bottiglie di vetro finite in frantumi durante il fuggi-fuggi. Un tappeto di cocci taglienti su tutta la piazza. I testimoni sanguinanti non parlano d’altro: “La polizia ha transennato la piazza per farci entrare solo dopo averci perquisiti e controllato gli zaini e le borse, a caccia di armi e bottiglie di vetro. Poi, appena dentro il recinto, decine di ambulanti coi carrelli vendevano birre in vetro”.
Così le transenne si sono rivelate non solo inutili, ma dannose, facendo da tappo all’onda di fuga, frenando il deflusso e aggravando a dismisura il bilancio.
Una follia di cui il prefetto e il questore dovrebbero rispondere. Alle 2 Elisa è ancora in sedia a rotelle col ghiaccio sulla gamba, nessuno ha potuto visitarla, ci sono casi più urgenti. Vuole andare a casa. La carichiamo in spalla e ce ne andiamo, sperando che non abbia nulla di fratturato.
“Non andrò mai più in piazza per una partita, e nemmeno allo stadio”, dice lei alla fine della più lunga serata della sua vita. In macchina, la radio informa di un attentato a Londra. Un attentato vero. Ma che differenza fa. Ormai i terroristi, anche quando non ci sono, è come se ci fossero.
(da “NextQuotidiano”)
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