Giugno 14th, 2017 Riccardo Fucile
TOTI PRIMA NEGA POI AMMETTE IL CONTRIBUTO… UNA SOCIETA’ PUBBLICA AMMINISTRATA DAL CANDIDATO SINDACO LEGHISTA DI GENOVA CHE FINANZIA UNA INIZIATIVA CHE NON C’ENTRA UNA MAZZA CON LE FINALITA STATUTARIE… UN ELETTORE DI DESTRA DOVREBBE VOTARE UN PERSONAGGIO DEL GENERE?
L’ultima perla della corte dei miracoli forza-leghista del Gabibbo Bianco Toti, dell’efebico modello sotto processo per peculato e del neoacquisto candidato sindaco di Genova Mario Bucci, espressione della Lega di potere, è stata portata alla luce dal consigliere regionale Fabio Tosi del M5S, grazie a qualche soffiata locale (Fabio è di Rapallo) e alla sua richiesta di accesso agli atti.
Nel mirino un finanziamento al Comune di Rapallo (sindaco di Forza Italia) destinato al Red carpet, e partito dalla società pubblica Liguria Digitale: «Quasi 30mila euro da parte di Regione Liguria. Quello che due settimane fa Toti non ha confermato in Commissione Bilancio, ora è scritto nero su bianco su due fatture pagate da Liguria Digitale, di cui la Regione è azionista di maggioranza. È quanto risulta da un accesso agli atti” scrive il consigliere regionale Fabio Tosi del M5S .
Continua Tosi: «Per settimane Toti e la grancassa dei suoi giornali al seguito ci hanno ripetuto alla nausea che il Red carpet era una straordinaria operazione di marketing territoriale a costo zero, finanziata interamente da Carispezia. Ora scopriamo — fatture alla mano — che in realtà a pagare la scenografica passeggiata eravamo noi, e per giunta profumatamente. Ora è chiaro perchè Toti in Commissione era stato così vago. Ma cosa c’entra Liguria Digitale con il tappeto rosso di Rapallo? Cosa ha a che fare un’azienda informatica con l’iniziativa di propaganda politica di un comune? Stiamo parlando di soldi pubblici utilizzati da Toti, attraverso un gioco di scatole cinesi, per sovvenzionare lo spot all’amico, collega di partito e sindaco di Rapallo, Carlo Bagnasco”
Ma come sottolinea Tosi, il problema è ancora più grave per il candidato sindaco leghista di Genova: “cosa sapeva Marco Bucci, che fino a poche settimane fa era amministratore delegato proprio di Liguria Digitale e ora è in piena corsa per Palazzo Tursi? È questa l’idea di trasparenza e limpidezza che il centrodestra targato Toti e Salvini ha in mente per la Liguria e per Genova?»
A metà pomeriggio il governatore della Liguria ha ammesso che «il Red Carpet complessivamente è costato 30mila euro.
Questo “Red Carpet” consiste nello stendere un tappeto rosso per qualche chilometro sul lungomare fino a Santa Margherita: per capirci, Paolo Villaggio l’avrebbe definita in altro modo…
Le domande a Toti
1) Perchè, se non aveva nulla da nascondere, in Commissione Bilancio non ha ammesso che la Regione ha sovvenzionato di tasca propria il Red carpet di Rapallo?
2) Ritiene opportuno che un’azienda informatica come Liguria Digitale paghi due diverse fatture, per un totale di 30mila euro, per finanziare un’iniziativa turistica del Comune di Rapallo, guidata dal suo collega di partito e amico Carlo Bagnasco?
3) Marco Bucci, amministratore delegato uscente di Liguria Digitale e candidato sindaco a Genova per il centrodestra da lei sostenuto, al momento delle due fatture (19 e 26 aprile 2017) era ancora a tutti gli effetti al timone dell’azienda informatica.
Cosa sapeva, il candidato Bucci, di quell’operazione?
Quali rapporti intercorrevano tra lei e Bucci? Non ritiene che si possa configurare un conflitto di interessi? È questa l’idea di trasparenza che il centrodestra ha in mente per la Liguria e per Genova?
Documenti alla mano, Liguria Digitale ha finanziato il Red carpet con due distinte fatture: la prima, datata 19 aprile 2017, per una cifra di 6175,31 euro a titolo di acconto del 20% alla ditta incaricata della fornitura e della posa del tappeto rosso; la seconda, in data 26 aprile 2017, da 24801,28 euro. Se la matematica non è un’opinione, fanno un totale di 30976,59 euro di soldi pubblici.
E’ per porre in essere marchette di questo genere che un anno fa la Lega volle piazzare un uomo legato alle multinazionali farmaceutiche alla guida di Liguria digitale?
E quante altre marchette ha “garantito” Bucci in caso di sua elezione a sindaco di Genova?
Quante poltrone ai grandi rivoluzionari da salotto della destra genovese?
Cosa hanno da dire i tanti destrorsi genovesi (che evitiamo di chiamare per nome e cognome, visto che li conosciamo tutti), che spaccano i marroni in nome di “legalità e trasparenza” per poi far votare un personaggio del genere?
Quei destrorsi che per una vita attaccavano “il clientelismo della sinistra”, salvo ora tacere sulle analoghe marchette della loro pseudodestra sovranista.
Orgogliosi di non far parte del coro dei venduti ai poteri forti che rappresentate.
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Giugno 14th, 2017 Riccardo Fucile
KONRAD KRAJEWSKI HA LASCIATO IL SUO APPARTAMENTO IN BORGO PIO A UNA FAMIGLIA SIRIANA: “NIENTE DI ECCEZIONALE, LA CARITA’ E LA CONDIVISIONE SONO NEL DNA DELLA CHIESA”
Dopo che ha deciso di lasciare il suo appartamento di via Borgo Pio a una famiglia di rifugiati, dorme in ufficio.
L’arcivescovo polacco Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità , ha preso sul serio l’incarico datogli da Francesco nel 2013.
“La scrivania non fa per te, puoi venderla; non aspettare la gente che bussa, devi cercare i poveri”, gli disse al momento della nomina.
Ma lui ha fatto di più. Saputo dell’arrivo tramite i corridoi umanitari promossi da Sant’Egidio di una coppia siriana (da pochi giorni è nata loro una bambina) ha ceduto l’appartamento che il Vaticano gli aveva concesso in quanto dipendente.
E si è trasferito in ufficio, all’ultimo piano della piccola palazzina in dotazione all’elemosineria entro le mura leonine. Per qualche settimana ha abitato in una stanza al pian terreno, dove sono conservate le pergamene che l’elemosineria compila con la benedizione apostolica a chi ne fa richiesta. Poi, lo spostamento a un piano superiore dove ha almeno garantita un po’ di privacy.
“È una cosa normale, nulla di eccezionale”, racconta Krajewski a Repubblica. Eppure, una cosa non da tutti, anche Oltretevere.
Invece, incalza lui, “sono tanti i sacerdoti nel mondo che, non da oggi, si comportano così. La carità e la condivisione sono nel dna della Chiesa. A ognuno è chiesto qualcosa secondo il suo compito. Io non ho famiglia, sono un semplice sacerdote, offrire il mio appartamento non mi costa nulla”.
Una statua di Gesù, a grandezza naturale, rappresentato come un homeless disteso su una panchina fa mostra di sè all’ingresso dell’elemosineria.
Sulla panchina, ai piedi del corpo del Nazareno, c’è spazio per chi si vuole sedere. Sono diversi i poveri che si accomodano in attesa che sia il proprio turno per entrare e ricevere aiuti, sostegno.
Chiunque può bussare, nessuno escluso. Molti, nell’attesa, con una mano sfiorano i piedi di Gesù, come a chiedere a lui protezione.
“Tutta l’estate — racconta Krajewski — i nostri servizi rimangono aperti: la barberia, le docce vicino al colonnato di san Pietro, il presidio medico, i bagni pubblici. La gente ha bisogno tutti i giorni dell’anno, e tutte le ore del giorno. E noi non chiudiamo mai. Abbiamo già iniziato la domenica a portare i disabili e i poveri nel stabilimento balneare vicino a Polidoro. La sera la giornata si chiude sempre con una pizza tutti insieme. Cose semplici ma concrete”.
Proprio oggi, in occasione della prima giornata mondiale dei poveri che si svolgerà il 19 novembre, Francesco ha chiesto di “tendere la mano ai poveri sull’esempio di san Francesco”. Nella Chiesa in tanti già lo fanno. Anche sfruttando il periodo estivo quando tutti partono e i poveri invece restano dove sono.
E forse è anche per questo motivo che il Papa ha chiesto, come fa ogni anno, che tutti i cardinali gli indichino per iscritto dove e per quanto tempo saranno lontani da Roma durante l’estate. Probabilmente anche per sensibilizzarli a scegliere luoghi e modalità di villeggiatura consoni con l’abito che indossano.
(da “La Stampa”)
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Giugno 14th, 2017 Riccardo Fucile
TRA BENIGNO E LA VARDERA FINISCE A BOTTE: ERANO CANDIDATI PER SALVINI E LA MELONI (OTTENUTO IL 2,6%)
Rissa con finale in ospedale tra Francesco Benigno (il protagonista del film “Mery per sempre”) e Ismaele La Vardera, ex “Iena” di Italia 1 e candidato sindaco di Palermo per il centrodestra (con lui anche la lista di Salvini e Meloni).
Benigno era candidato al Consiglio comunale proprio con La Vardera
Tutto sarebbe nato per alcune riprese che La Vardera aveva commissionato a due operatori durante un colloquio nella sede del comitato elettorale in via Ausonia 31. Con Benigno c’era la compagna che avrebbe manifestato il fastidio per quelle riprese e che – secondo la ricostruzione di Benigno – sarebbe stata spinta dagli operatori sbattendo in una scrivania e ferendosi a una gamba.
“A quel punto ho strappato le telecamere dalle mani dei due operatori, uno si è graffiato”, racconta Benigno.
“C’erano due operatori che stavano riprendendo mentre parlavamo e allora ho detto di smettere”, racconta Benigno che è stato trattenuto dai carabinieri in via Ausonia per ricostruire quanto accaduto.
In ospedale c’è anche Ismaele La Vardera, con il collare, che dice: “Non commento, spiegherò tutto nelle prossime ore. Così mi hanno consigliato gli avvocati”.
Benigno ribatte: “Nemmeno l’ho toccato”.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 14th, 2017 Riccardo Fucile
TROPPE RISSE SUI TERRITORI, COSI’ SI POTRANNO CONTROLLARE LE INIZIATIVE LOCALI
Un argine al caos e ai capi-bastone, ma pure una normalizzazione. In bilico tra pragmatismo e ansia da accentramento, ecco Call to Action, una nuova sezione di Rousseau, la piattaforma web dei Cinque Stelle.
Ideata per riorganizzare i territori e mettere ordine nell’oceano incontrollato dei meet up, la dorsale non ufficiale ma concreta del Movimento.
Ma anche per controllare meglio gli iscritti, offrendo loro uno spazio (o un recinto) dove condividere le iniziative. °
Proprio mentre si torna a parlare del divieto di doppio mandato, regola che i vertici non vogliono neppure sfiorare, ma che ha spinto decine di eletti locali a rimanere fermi un giro pur di approdare in Parlamento.
Nodi diversi per il M5S reduce dalla batosta nelle Comunali, su cui guerre interne tra meet up e gruppi vari hanno inciso parecchio.
E allora ecco Call to Action: una sezione operativa da circa un mese ma di cui si è appreso solo ieri, dove gli iscritti a Rousseau (e quindi al Movimento) potranno lanciare iniziative sui territori.
Con varie “azioni”, ripartite per voci: da “mobilitazione” a “socializzazione” fino a “formazione”. E paletti chiari, perchè tutti gli incontri (localizzati tramite una mappa interattiva) “devono rispettare quanto stabilito da Non Statuto e dal regolamento del Movimento”.
Così raccontava ieri il sito Formiche.net, che ha diffuso anche il video in cui Roberto Fico, deputato e responsabile per i meet up assieme ad Alessandro Di Battista, racconta la nuova funzione della piattaforma.
E proprio Fico, in un’intervista al Fatto del 3 aprile, aveva annunciato la novità : “Chiunque vorrà lanciare iniziative o buone pratiche nella sua zona potrà coordinarsi e fare gruppo con altri iscritti”.
Ma la nuova sezione di Rousseau ha anche altri scopi.
In primis, quello di depotenziare capi e capetti dei vari meet up locali. Una fonte di peso spiega: “In tante città non abbiamo neppure un vero attivista, ma solo meet up che aspettano le elezioni per accapigliarsi sulle liste, dentro i quali i cosiddetti organizer e assistant, in teoria semplici organizzatori, spesso fanno i capi-bastone”.
Una deriva annosa, di cui Grillo si è lamentato più volte, facendone anche il tema dell’edizione del 2015 di Italia 5 Stelle, la manifestazione annuale del Movimento. D’altronde proprio Fico e Di Battista nel luglio 2015 ricordarono i princìpi base in una lettera pubblica sul blog di Grillo: “I meet up non sono il Movimento, e non possono usarne il logo, neppure modificandolo”.
Da qui alle battaglie tra liste il passo non poteva essere lungo.
E la prima risposta è stata Call to Action. Che da un lato vuole svuotare di peso i meet up, e dall’altro serve anche per controllare da vicino gli iscritti e ogni loro passo sui territori. Sottoponendoli allo sguardo costante dei vertici.
Ma comunque la si voglia valutare, la nuova sezione di Rousseu da sola non può bastare. E allora si torna al tema del filtro sulle candidature. E a nuove, possibili regole. Come parametri che tengano conto del grado di attivismo di ogni potenziale candidato e della sua storia, come le esperienze lavorative o il tasso di istruzione.
Ma ci sono anche altri problemi, come ricorda un parlamentare: “Noi abbiamo centinai
di migliaia di potenziali iscritti ancora fermi, perchè non sono stati certificati. Ma non incassando finanziamento pubblico, per controllare i nomi noi abbiamo un solo volontario, che per giunta lavora part-time”. Quindi, “tanti iscritti che potrebbero allargare la platea dei candidati e farne salire il livello rimangono per forza parcheggiati”.
Parcheggiati, però, se ne stanno oggi anche tanti eletti, che dopo un “giro” in Comune o in Regione si sono volontariamente fermati, nella speranza di spuntare un posto per le prossime Politiche.
Su di loro, infatti, pesa il limite dei due mandati, che vieta una terza corsa a qualsiasi eletto del Movimento.
Due giorni fa Max Bugani, consigliere comunale a Bologna e uno dei tre membri dell’associazione Rousseau, ha invocato modifiche: “Questa regola è un freno, bisogna radicarsi nei territori altrimenti non ti votano”. Ma sul Fatto Di Maio ha fatto muro: “Il vincolo è un nostro punto di forza”. E a Bugani sono arrivati rimbrotti ufficiosi.
L’elenco degli eletti parcheggiati, però, colpisce.
Si parte da Alvise Maniero, sindaco uscente di Mira (Venezia), dove domenica il M5S ha perso nettamente. Per passare a Mattia Calise, candidato sindaco a Milano nel 2011, che l’anno scorso non si è ricandidato: in questi anni ha lavorato con molti deputati e senatori, che ne auspicano l’arrivo in Parlamento.
E a Roma spera di mettere piede anche Andrea Boccaccio, consigliere comunale a Genova, l’unico dei 5 eletti a non uscire dal M5S: neppure lui si è ricandidato.
Come Mirta Quagliaroli, Barbara Tarquini e Andrea Gabbiani, tre ex consiglieri a Piacenza: un’altra città dove il M5S si è spaccato come una mela.
E gli esempi potrebbero continuare, a decine. Il vincolo è un altro fronte aperto, nel Movimento alla ricerca di un centro di gravità .
(da “La Stampa”)
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Giugno 14th, 2017 Riccardo Fucile
L’ANALISI DELL’ISTITUTO CATTANEO E LE CURIOSE OMISSIONI DEI VERTICI GRILLINI
Il M5S, a detta di Grillo, anche nelle ultime elezioni avrebbe proseguito un processo di lenta ma «inesorabile crescita».
Il fondatore del Movimento adotta la stessa strategia retorica usata dopo le amministrative 2013: anche allora Grillo replicò a chi parlava di declino dicendo che il confronto doveva essere fatto con le Comunali di 5 anni prima (e non con le Politiche): in questo modo il M5S appariva in grande crescita.
A differenza di allora, oggi però Grillo non riporta numeri, segno che ora la posizione è più difficile da sostenere.
Vignati spiega che gli indicatori da guardare per valutare il risultato del M5S sono tre: il primo è la percentuale di Comuni in cui i grillini presentano una lista; il secondo pesa i comuni calcolando il rapporto tra la popolazione di quelli dove c’è una lista M5S e la popolazione totale dei Comuni al voto.
Questi indicatori servono a valutare il grado di radicamento nelle diverse zone del Paese. E qui, spiega Vignati, c’è qualcosa da segnalare:
L’espansione non è lineare: nel 2013 c’è un picco a cui fa seguito un calo e poi una crescita più lenta, che però solo al Nord torna a toccare quel picco. Come interpretare questo andamento? L’euforia seguita al trionfo delle Politiche 2013 portò a una crescita spontanea e disordinata, a cui negli anni successivi il vertice del partito ha messo un freno (preferendo, spesso, rinunciare alla corsa pur di non avere candidati fuori controllo). È sintomatico che due delle Regioni che registrano i cali più rilevanti siano Piemonte ed Emilia-Romagna, aree di antico insediamento dove però ci sono state le prime epurazioni.
I dati mostrano che – malgrado la retorica «spontaneista» – lo sviluppo territoriale del M5S è avvenuto sotto il controllo del vertice.
Il terzo indicatore (la percentuale di voti alla lista sul totale dei voti validi nei Comuni in cui è presente) evidenzia un quadro molto meno roseo: se fino al 2016 era chiara la crescita di consensi, il 2017 segna invece un deciso tonfo che – soprattutto al Nord e nelle Regioni «rosse» – porta indietro nel tempo la lancetta dello sviluppo (e della rilevanza politica) del M5S.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 14th, 2017 Riccardo Fucile
DOPO 65 ORE E 4 CONTEGGI, IL CANDIDATO M5S PASSA PER SEI VOTI SULLLA PIDDINA MOTTA E VA AL BALLOTTAGGIO CON RASERO (CENTRODESTRA)
A più di 65 ore dalla chiusura delle urne ad Asti si è finalmente definito chi sarà lo sfidante di Maurizio Rasero (candidato del centrodestra) al ballottaggio di domenica 25 giugno.
Tra Angela Motta del Pd e Massimo Cerruti del Movimento 5 Stelle si è aggiudicato il secondo posto dopo la verifica di diverse sezioni Cerruti per soli sei voti in più: 5099 contrro 5093.
Già in mattinata si era quasi arrivati ad una definizione con Cerruti in vantaggio di sei voti, ma durante la lettura del verbale è emersa una nuova incongruenza in una sezione: la 74.
Il presidente della commissione elettorale centrale, il giudice Maria Teresa Francioso, autorizzata dal prefetto di Asti che ha sentito il ministero dell’Interno, ha deciso di andare ad aprire una nuova busta con le schede di questa sezione per compiere un riconteggio diretto delle schede come aveva già fatto con altre due sezione, la 40 e la 72.
In questi ultimi due seggi Cerruti avrebbe recuperato rispettivamente tre preferenze per seggio.
Il centrodestra si era aggiudicato largamente il primo posto.
(da agenzie)
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Giugno 14th, 2017 Riccardo Fucile
LA CANICOLA ESTIVA E TROPPI “RAGGI” DI SOLE FANNO MALE AI CERVELLI A CINQUESTELLE
Una sconfitta elettorale, unita alla canicola estiva, può rappresentare un mix in grado di deformare la realtà e di raccontare “altre verità ”.
E’ di ieri il post firmato Movimento 5 Stelle dal titolo “Tutta la verità sui campi Rom” che, unito alla lettera indirizzata dalla sindaca della Capitale al Prefetto per chiedere una moratoria sui migranti, segna la virata dei 5 Stelle romani verso l’elettorato fuoriuscito a destra.
Breve il post sul blog ma incredibilmente infarcito di inesattezze e falsità che proviamo, una ad una, a smontare.
Il MoVimento 5 Stelle a Roma ci ha messo la faccia e ne va fiero.
Il “Piano per l’inclusione dei rom” a Roma è stato presentato il 31 maggio scorso dalla sindaca Virginia Raggi in una conferenza stampa. Nel corso della stessa è stato diffuso un comunicato stampa di 3 pagine ma del Piano… nessuna traccia. Poca trasparenza e altrettanto poca fierezza da rivendicare.
Di fronte a una emergenza di questo tipo, prodotta da decenni di malgoverno di Roma, le strada è una: smantellare i campi e creare le condizioni affinchè l’emergenza non si ripresenti fra qualche anno. Il M5S ha fatto entrambe le cose, senza chiedere un solo euro ai romani.
La Giunta Capitolina prevede, per il superamento dei “campi rom”, l’utilizzo di fondi europei. Ogni romano versa ogni anno circa 80 euro all’Unione Europea. Distinguere i soldi versati al governo centrale o locale da quello versato all’Europa è una mistificazione, un parlare alla pancia dei cittadini, un rappresentare cittadini di serie A, sostenuti da fondi locali, e cittadini di serie B, a cui ci pensa l’Europa.
I fondi ottenuti grazie a un bando che abbiamo vinto, circa 3,8 milioni di euro, sono dell’Unione europea.
I 3,8 milioni di euro sono stati vinti dalla Giunta Marino con delibera n.350 del 28 ottobre 2015. Nessun merito, quindi, al governo a 5 Stelle.
Quando si smantella un campo rom, cosa credete che farebbe la vecchia politica? Farebbe scomparire le famiglie da un momento all’altro? No, le trasferirebbero in un altro campo o un’altra area per un nuovo insediamento. E dopo aver smantellato anche quello? Ne individuerebbero un altro ancora!
La “vecchia politica”? Ma è esattamente quello che ha fatto la Giunta Raggi quando il 1° agosto 2016 ha chiuso l’insediamento di Via Salaria (con trasferimento delle famiglie in altri “campi rom”) e, il 25 ottobre, l’insediamento di Via Amarilli (con trasferimento anche qui in altri “campi rom”).
E’ del 5 giugno scorso la proposta, fatta dall’Ufficio Rom di Roma Capitale, agli abitanti del Campig River, prossimo alla chiusura, di trasferire 8 famiglie nel “campo” La Barbuta. Insomma, rispetto alla “vecchia politica”, nulla di nuovo: alla chiusura dei “campi rom” segue il trasferimento in altri “campi rom”. Il gioco dell’oca di ieri vale anche per oggi!
L’Ue ci mette a disposizione questi soldi a patto che siano destinati esclusivamente all’integrazione delle popolazioni Rom. Se non li usiamo per chiudere i campi rom, li perderemo
I soldi, come già avvenuto nel passato, possono essere spostati verso altre voci di spesa. Rientrano infatti all’interno del Pon Metropolitano 2014-2020 attraverso il quale la città di Roma ha ricevuto circa 37 milioni di euro suddivisi in diversi assi di intervento.
L’Ue continua a farci pagare multe.
Non è vero, l’Italia non è sotto procedura di infrazione da parte dell’Europa e quindi non ha pagato nel passato e non sta pagando nessuna multa.
E allora iniziamo: i campi della Monachina e La Barbuta verranno chiusi. Parliamo di 700 persone che risiedevano qui.
Secondo il Piano Operativo elaborato nell’aprile 2017 dalla Giunta Raggi, si prevede, entro il 31 marzo 2020 di far uscire dai due insediamenti solo 60 individui, con un costo pro capite di circa 63.000 euro, 345.000 per le 11 famiglie coinvolte. Pertanto non 700 persone ma solo 60. Una vera manna per cooperative e associazioni senza scrupolo che parteciperanno al prossimo bando!
Stop. Questa storia si chiude qua. Ora a Roma si cambia musica, termina il post delirante. Chi si dichiara senza reddito e gira con auto di lusso è fuori. Chi chiede soldi in metropolitana, magari con minorenni al seguito, è fuori.
Magari sarebbe meglio dire che chi non dichiara il reddito venga perseguito dalla Guardia di Finanza e per chi si trova ad elemosinare vengano attivati programmi di sostegno sociale.
Altrimenti è Grillo ad essere fuori. Fuori dalla legge e soprattutto dai valori costituzionali di un Paese civile e democratico che il Movimento 5 Stelle si vorrebbe apprestare a governare.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 14th, 2017 Riccardo Fucile
L’EMERGENZA VENTILATA DALLA SINDACA SMENTITA DAI NUMERI DEL VIMINALE… LA RAGGI DICA CHE FINE HANNO FATTO I 2,5 MILIONI DI EURO VERSATI DAL MINISTERO DEGLI INTERNI NELLE CASSE DEL COMUNE PER GESTIRE L’EMERGENZA
Virginia Raggi ieri ha scritto al prefetto di Roma Paola Basilone per chiedere al ministero dell’Interno “una moratoria sui nuovi arrivi” nella Capitale: “Trovo impossibile, oltre che rischioso, ipotizzare ulteriori strutture di accoglienza, peraltro di rilevante impatto e consistenza numerica sul territorio comunale”, era scritto.
La sindaca ha sottolineato la necessità di considerare l’elevata “pressione migratoria cui è sottoposta Roma” nella decisione della dislocazione di nuove strutture di accoglienza.
“Per tali motivi, questa amministrazione, in considerazione degli elevati flussi di migranti non censiti, auspica che le valutazioni sulle dislocazioni di nuovi insediamenti tengano conto della evidente pressione migratoria cui è sottoposta Roma Capitale e delle possibili devastanti conseguenze in termini di costi sociali e di protezione degli stessi beneficiari, evitando di gravare, ulteriormente, sul territorio comunale”, conclude la lettera.
La tempestività della missiva si presta a varie interpretazioni, non ultima quella di Ellekappa nella striscia di oggi, e anche in considerazione del post pieno di balle pubblicato sul blog di Beppe Grillo a proposito dei rom:
Il Viminale però rivela che la situazione è completamente diversa rispetto a quanto descritto dalla sindaca di Roma.
Grazia Longo sulla Stampa fornisce i veri numeri dell’accoglienza a Roma: da essi si scopre che la Capitale è al di sotto della quota stabilita del 2,5 per mille:
In realtà i numeri sono al di sotto dei 7.250 migranti previsti per Roma in base alla quota dei 2,5 ogni mille abitanti stabiliti dalla norma Alfano. Attualmente, sul territorio di Roma, sono ospitati 4.694 stranieri: 2.367 negli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, ovvero una rete composta da enti locali e associazioni non governative) e 2.327 nei Cas (i Centri di accoglienza straordinaria della prefettura)
Virginia Raggi però, preoccupata per nuovi arrivi, non vuole più rispettare il piano stabilito dal ministro dell’Interno Marco Minniti per rafforzare «l’accoglienza diffusa, decisamente più utile al sistema perchè consente maggiore integrazione e perchè lo sforzo viene equamente distribuito e non concentrato in poche città ».
Non finisce qui.
Dal Viminale, spiega sempre La Stampa, trapela lo stupore per l’inversione di rotta della sindaca di Roma, a fronte dell’impegno economico profuso dal governo per fronteggiare l’emergenza migranti:
Nelle casse della capitale sono stati infatti versati, tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, 2 milioni e 340 mila euro. Si tratta del Bonus Gratitudine di 500 euro a migrante per i Comuni (2600 Comuni su 8000) che hanno aperto all’accoglienza dei profughi. E ancor prima, nell’autunno del 2016, sempre il governo aveva elargito all’amministrazione comunale capitolina un contributo straordinario di mezzo milione di euro.
E ora, nelle stanze del Viminale, le domande che riecheggiano di più sono:
Com’è stato speso quel denaro dal Comune di Roma?
Perchè la sindaca cambia idea proprio ora?
Aleggia un ampio alone di perplessità sulla sua lettera, che pare dettata dalla paura di perdere consensi elettorali a causa di una politica dell’accoglienza.
D’altro canto Virginia Raggi è la stessa Virginia Raggi che insieme all’assessora Baldassarre in un’intervista alle Iene diceva che non si potevano mettere le tende al Baobab perchè di immigrati “poi domani ne arrivano altrettanti, e poi altrettanti” — come se parlasse di gatti randagi — e non restava quindi — testuale — “chiudere le quote su Roma, perchè Roma non è più in grado di accogliere”.
Salvo poi cambiare idea e sostenere l’esatto contrario dopo un’udienza dal Papa
E il bando del comune per ospitarne di più?
In più, il Corriere della Sera Roma racconta oggi una storiella molto interessante.
A dicembre proprio il Campidoglio già grillino ha pubblicato l’ultimo bando, in fase di aggiudicazione in queste settimane, che replicava un sistema già visto: accantonare la proporzionalità inizialmente stabilita tra residenti e migranti («250 posti — imponevano i primi decreti ministeriali per una popolazione superiore a 2.000.001 abitanti») proponendosi per accoglierne moltissimi di più, 2.768 arrivi nel triennio 2017-2019 che, alla fine, si sommano ai 2.581 della finestra precedente, 20142/016. «A titolo di paragone: Milano ha dato la disponibilità per 414 persone, Torino per 460 e Firenze per 89».
(da “NextQuotidiano“)
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Giugno 14th, 2017 Riccardo Fucile
IL DEPUTATO PISANO NON CI STA A PRENDERE PER I FONDELLI LA BASE… “DI MAIO TROPPO INESPERTO PER FARE IL PREMIER”
“Con una legge elettorale proporzionale è naturale che si vada verso un’alleanza con la Lega. Io non ci sto, ma magari i prossimi che arrivano saranno più docili”.
Così il deputato M5S Girolamo Pisano in due interviste al Corriere della Sera e Repubblica.
“Ho già detto ai miei in Campania che tra un pò gli sarà chiesto di mettersi la cravatta verde della Lega. Io non la indosserò mai”, dice Pisano.
“Sono di Salerno e i meridionali con la Lega non possono andare d’accordo. Se ci alleiamo con loro, abbandono i 5 Stelle. In quel caso ci sarebbe una spaccatura, una parte se ne andrebbe”.
Per Pisano non sarà Luigi Di Maio il candidato premier del Movimento. “È troppo inesperto. Le persone mi chiedono: Possiamo dare il Paese a un ragazzino?”.
Di Maio non sarà spinto a un passo indietro: “Da noi arrivano solo i calci nel sedere. Se Grillo mette un Davigo, una personalità del genere, Di Maio che fa? Esegue”.
In merito alle amministrative, “fino a quando non avremo anche noi liste d’appoggio, andremo a sbattere. Corriamo in 80 comuni e riusciamo a fare solo 22 consiglieri, di che stiamo parlando?”, dichiara Pisano.
“E poi deve finire il vincolo dei due mandati. La base chiede impegno, ma nei Comuni c’è chi perde soldi: guadagnano pochissimo, con la prospettiva di dover lasciare presto. Sono tutti inutili tabù che alla fine, di fatto, crolleranno. Altrimenti non si vince più”.
(da “Huffingtonpost”)
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