Giugno 19th, 2017 Riccardo Fucile
ERA ANCORA PIU’ APERTURISTA DI QUELLA ATTUALE DEL PD: ECCO COSA PREVEDEVA
Il M5S si è astenuto al Senato sullo ius soli. Ci sono cose più importanti a cui pensare.
Ad esempio la convenienza elettorale, quella di non far vedere ai propri elettori di essere “amici degli immigrati”.
Eppure c’è stato un tempo, ad inizio legislatura, in cui il M5S ha presentato una proposta di legge sulla cittadinanza ai figli degli stranieri nati in Italia molto simile a quella discussa al Senato.
La proposta di legge in materia di cittadinanza per nascita e di acquisto della cittadinanza è stata presentata alla Camera il 14 giugno 2013.
Il primo firmatario è Giorgio Sorial ma è sottoscritta anche da Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carlo Sibilia e Danilo Toninelli.
A leggerla si ritrovano tanti punti in comune con quella avanzata dal PD che da due anni è ferma tra Camera e Senato e sulla quale i senatori a 5 Stelle si sono astenuti.
Si legge ad esempio che il testo “rende possibile l’acquisto della cittadinanza italiana a chi nasce in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno vi risieda legalmente da non meno di tre anni o da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italia e vi risieda legalmente da non meno di un anno“.
La proposta sulla quale i 5 Stelle si sono astenuti al Senato prevede che la cittadinanza venga concessa ai figli di immigrati regolari che risiedono in Italia dal almeno cinque anni prima della nascita del richiedente.
Lo ius culturae secondo il M5S
Ma le somiglianze non si fermano qui, perchè la proposta del M5S parla anche di ius culturae, ovvero il riconoscimento della cittadinanza italiana a coloro che hanno compiuto un percorso scolastico nel nostro paese.
In tal senso l’articolo 3 della legge sullo ius soli a 5 Stelle prevede lo stesso tipo di ius culturae di quella in discussione in Parlamento.
Chi, entrato in Italia entro il quinto anno di età , ha compiuto positivamente un percorso di istruzione primaria diviene cittadino.
Lo stesso vale per gli stranieri che sono arrivati in Italia entro i 10 anni di età e hanno superato l’esame di terza media e per coloro — arrivati entro il diciottesimo anno di età — che hanno ottenuto un diploma di scuola superiore.
Nella presentazione del testo si legge che lo ius soli è misura di integrazione positiva, idonea a produrre inclusione sociale, e di riconoscimento del percorso di radicamento avviato nel nostro territorio dalle persone di origine straniera che vi sono nate, che stabilmente vi abitano e che intendono, con pari diritti e doveri, partecipare alla vita culturale e socio-politica del nostro Paese.
Giusto qualche giorno fa Luigi Di Maio invece parlava di manovra di propaganda elettorale e paventava il rischio che lo ius soli possa scatenare un pull factor che significa fare una legge per la cittadinanza che attragga ancora più migranti verso l’Italia e con l’Europa che se ne frega altamente. Lo Ius soli non deve essere propaganda elettorale per questo noi ci asterremo, le priorità del paese sono ben altre.
Ma come mai il M5S non ha votato una legge che sostanzialmente identica alla proposta di legge che aveva avanzato nel 2013?
I pentastellati vi diranno che il PD ha fatto di tutto per ostacolare il percorso della loro proposta di legge. In realtà nell’ottobre 2015 la Camera ha approvato un testo unificato che univa le diverse proposte di legge in materia (erano venticinque per la precisione). Anche in quel caso i 5 Stelle si sono astenuti.
Eppure poco più di una settimana fa alla Camera i 5 Stelle non hanno avuto alcun problema a votare a favore dell’emendamento Biancofiore (FI) alla legge elettorale. Perchè era identico a quello presentato dal deputato Fraccaro, hanno detto.
Ma nel caso dello ius soli non è stato sufficiente.
Evidentemente presentare proposte di legge non costa nulla, metterci la faccia e i voti per farle approvare invece sì. Se credete di aver visto una sceneggiata simile quando si è trattato di far approvare la legge sulle Unioni Civili non vi sbagliate.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 19th, 2017 Riccardo Fucile
UN RAPIDO PRONTUARIO DI TUTTE LE BALLE CHE VENGONO FATTE CIRCOLARE SUL WEB
Prima gli italiani che vogliono resistere all’africanizzazione dell’Italia. Poi, forse, gli altri. Ma solo se ci sarà ancora spazio nel nostro Paese. Perchè, spiegano i contrari al provvedimento di legge in discussione al Senato, con lo ius soli ci sarà la fila di donne incinte che verranno a partorire in Italia.
E allora addio italiani, perchè saranno sostituiti dagli stranieri. Non possiamo spalancare le porte del nostro Paese in maniera indiscriminata a tutti, perchè l’immigrazione è un problema.
Ma in realtà tutti quelli che con dovizia di particolari ci spiegano i pericoli dello ius soli non hanno la minima idea di ciò di cui stanno parlando
L’Italia diventerà la sala parto del Mediterraneo?
Con lo ius soli chiunque nasca in Italia diventerà automaticamente italiano? Questo è falso.
In primo luogo perchè in Italia è già possibile, per i bambini di origine straniera che ci nascono, fare richiesta di ottenere la cittadinanza.
Secondo la legislazione attuale al compimento del diciottesimo anno di età una persona nata da genitori stranieri residenti in Italia può farne richiesta.
Cosa succederà con lo ius soli? Si apriranno le porte dell’inferno “del diritto incondizionato di cittadinanza” come tanti patrioti vanno strepitando in questi giorni? La risposta è no.
Con la legge sullo ius soli (che in realtà è uno ius soli temperato) non ci sarà alcun automatismo tra la nascita e la concessione della cittadinanza.
La legge renderà più semplice e veloce l’acquisizione della cittadinanza per i minori al di sotto dei 12 anni che completano un intero ciclo scolastico nel nostro Paese o che nascono da genitori stranieri che risiedono in modo stabile e regolare in Italia da almeno 5 anni senza interruzioni antecedenti alla nascita.
La legge non si applica a coloro che non sono in possesso di regolare permesso di soggiorno.
Quindi una madre straniera (non necessariamente africana) potrà anche venire a partorire in Italia ma il figlio non diventerà automaticamente italiano.
Vale la pena di ricordare che tra i migranti che sbarcano ogni giorno in Italia ci sono già numerose donne incinte. Alcune di loro sono vittime di stupri.
Assisteremo alla nascita del partito islamico?
Non tutti gli stranieri che arrivano in Italia sono di religione musulmana. Pertanto non è chiaro come mai l’unico partito che dovrebbe spaventarci sarebbe quello islamico.
Ci sono già cittadini italiani di fede musulmana che possono votare. E la legge attuale non costituisce in nessun modo un argine all’eventualità di un partito del tipo “democrazia musulmana”.
Perchè dare la cittadinanza ad un minore — come nel caso della proposta di legge — significa che non potrà votare. Potrà farlo una volta compiuti i 18 anni. E questo è possibile anche secondo la legislazione vigente.
C’è chi ha paura che in questo modo lo Stato non avrà più alcuna forma di controllo sull’estremismo islamico. Anche questo non è vero.
Perchè dal momento che il nostro codice penale prevede il reato di terrorismo (e altri reati connessi al terrorismo internazionale) un cittadino italiano potrà continuare ad essere arrestato, processato e condannato anche con la nuova legge.
Qualcuno poi dovrebbe spiegare come mai i nostri valorosi patrioti associano l’essere straniero all’essere di fede musulmana. E i cittadini di origine cinese? E quelli che provengono dal Brasile o da paesi dell’Africa a maggioranza cristiana?
Perchè il Parlamento non pensa agli italiani che non arrivano a fine mese?
Secondo Luigi Di Maio il Parlamento ha ben altro di cui occuparsi che della cittadinanza ai minori nati in Italia da genitori stranieri.
Ad esempio occuparsi di coloro che italiani lo sono già e che sono poveri. Da nessuna parte è scritto che il Parlamento debba fare una sola cosa alla volta.
Ma che fretta c’è di pensare agli immigrati proprio ora?
Per la verità non c’è nessuna fretta. Il provvedimento di legge è in discussione da quasi due anni ed è già stato approvato alla Camera.
A ben guardare in realtà la storia della legge sullo ius solis temperato è ancora più antica. Sono quasi tredici anni che le forze politiche discutono su come cambiare la legge per l’ottenimento della cittadinanza da parte di chi è nato nel nostro Paese.
Le prime proposte di legge furono prese in esame nel 2003.
Quanto costa lo ius soli?
L’ultimo scoglio da affrontare è il costo. Alcuni sono anche disposti a concedere la cittadinanza a questi minori nati in Italia. Ma a patto che la cosa non costi un euro.
Perchè va bene essere accoglienti ma ci vuole buon senso. Giusto per dare alcune cifre stiamo parlando di circa 6-700.000 stranieri minori che — se la legge fosse approvata- potrebbero diventare “di botto” italiani.
La cosa interessante è che sono già tutti inseriti nella contabilità italiana sia dal punto di vista demografico che da quello economico.
Questo significa che lo ius soli non costerà un euro agli italiani. Perchè i loro genitori sono immigrati regolari che pagano le tasse, come tutti gli italiani.
Per Diego Fusaro però il punto è un altro: il Capitale usa lo ius soli per togliere la cittadinanza a chi ce l’ha. Lo ius soli è una delle “infinite vie inventate dal capitale per abbassare i salari, rimuovere il sistema welfaristico e il sistema pensionistico“. Dicendo che “tutto è cittadinanza” si toglie valore al concetto stesso di cittadinanza.
Perchè, come ha spiegato il filosofo che crede al piano Kalergi al Fatto, “se un diritto diventa accessibile a tutti non ci saranno più i fondi per garantirlo”.
Peccato che gli stranieri residenti paghino le tasse e che quei minori stranieri che diventeranno italiani già abbiano diritto all’assistenza medica e all’istruzione.
Come tutti.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 19th, 2017 Riccardo Fucile
UN INSOSPETTABILE PADRE PREMUROSO E UN NOTO RADICALIZZATO COLPISCONO A LONDRA E PARIGI: NEL MIRINO FEDELI ISLAMICI E CHAMPS ELYSEES
Opposti terrorismi. L’Europa vive un altro giorno di terrore e attentati, seppur così diversi fra loro.
Da una parte il padre di famiglia gallese Darren Osborne, che dopo aver passato il pomeriggio in cucina con i figli sale su un furgone noleggiato vicino a casa e va a Londra in nottata per investire persone al grido di “odio tutti i musulmani”.
Dall’altra a Parigi un giovane radicalizzato e ben conosciuto dai servizi segreti francesi che entra liberamente con l’auto piena di bombole di gas sugli Champs-Elysèes ma per fortuna viene fermato prima di uccidere.
Il bianco 47enne con vicini di casa musulmani che all’improvviso, dopo non aver dato “mai particolari segnali di razzismo” – raccontano quelli della porta accanto – punta sulla moschea più nota di Londra per compiere un atto inusuale di terrore.
Il 31enne francese nato a Argenteuil (Val-d’Oise) che si arma di pistola e segue le istruzioni di Daesh per i lupi solitari ma finirà morto su un marciapiede senza nemmeno riuscire a farsi saltare in aria.
Cronache di (stra)ordinari attentati in due capitali, Londra e Parigi, stanche e ferite, provate da mesi di attacchi e continuamente sotto massima allerta.
In queste città stressate le forme di terrore si diversificano, così come i modi di agire e le strategie.
Chi ha colpito a Parigi, un giovane noto ai servizi segreti e “fortemente radicalizzato”, ha scelto un luogo turistico per farsi esplodere: la sua auto era piena di bombole di gas e probabilmente sarebbe saltato in aria se fosse riuscito completamente nel suo obiettivo di uccidere agenti.
La polizia lo ha fermato e l’attentato non ha fatto nessuna vittima, nemmeno feriti, soltanto il terrorista è morto.
Ha agito, come chiesto da mesi da Daesh nella sua propaganda, da lupo solitario dando vita a un attentato potenzialmente molto pericoloso ma fortunatamente inoffensivo ed è stato qualcosa, per modalità e operatività , di già visto, ma che lascia comunque nuovi dubbi sui servizi segreti francesi. Se era già noto per la sua radicalizzazione come ha potuto muoversi indisturbato e armato fino al cuore di Parigi?
Domande lecite in una Francia in cui Macron si prepara a varare leggi specifiche legate al terrorismo.
Altro discorso per una Gran Bretagna che fatica a uscire da una spirale di terrore: siamo al quarto attentato in quattro mesi, da quello del Parlamento a Manchester fino al London Bridge.
Ma questa volta ad agire è stato un “british”, 47anni, cresciuto in Galles, sconosciuto alla polizia: lo ha fatto per odio contro i muslmani. Era un padre di famiglia normale, 4 figli, a passeggio con i cani, da poco separato, “che ama i suoi cari” dice chi lo conosce.
Eppure col suo furgone è piombato su un gruppo di fedeli musulmani a Finsbury Park a nord di Londra e una persona è morta.
Un fatto che, seppur non collegato, si inserisce in un’allarme per episodi di razzismo e xenofobia registrato in questi lunghi giorni di terrore.
Anche per questo, alle prese con una ripartenza politica difficile dopo il post elezioni, Theresa May si è affrettata a dire che “Londra non si arrende all’odio e nemmeno tutto il Regno Unito”.
Ha definito l’episodio come “disgustoso” contro “la libertà di culto e i nostri valori”, un atto “ripugnante esattamente come gli altri atti di terrorismo che hanno colpito il Regno Unito”.
Ma è chiaro che il moto di questo nuovo attacco è differente, perchè va in direzione opposta rispetto all’ordinario. Il gigante gallese – è alto 1,93 – ha voluto colpire proprio la moschea di Finsbury Park, negli ultimi tempi diventata simbolo di un tentativo di unione e di iniziative per far convivere il credo musulmano con la vita occidentale.
Un attentato fortemente condannato dalle forze politiche ma che – in sparuti casi – sui social ha strappato anche applausi a chi si nutre di razzismo e odio per i musulmani. Per la May un lavoro in salita nel tentativo di tenere sempre più unita una comunità già divisa; per Macron, in vista della legge anti terrorismo, la necessità di tappare subito le falle dekl sistema sicurezza.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 19th, 2017 Riccardo Fucile
L’ODIO DEI RAZZISTI: DALL’ATTENTATO ALLA MOSCHEA DI LONDRA ALLA MORTE DI UNA GIOVANE ISLAMICA IN VIRGINIA
Non hanno atteso di conoscere l’identità dell’uomo che ha seminato morte e terrore fuori la moschea londinese di Finsbury Park.
Per loro, l’attentatore è un “eroe”, un “lupo solitario” che ha agito per farla pagare cara agli “islamici assassini”.
Quell’atto “eroico”, a loro modo di intendere, dice che “per la Gran Bretagna c’è ancora speranza”. Sostengono “loro”. Dove “loro” sono i “Suprematisti bianchi” che, sulla Rete, hanno esaltato l’attacco alla moschea.
La dinamica mediatica è speculare a quella utilizzata dall’Isis e dalla galassia jihadista dopo un attentato in Europa: se ne esalta il martirio, se ne rivendica la paternità , se il terrorista è organico ad una cellula, se ne ripercorre la storia, in alcuni casi si pubblica un video—testamento.
In questi anni, la comunità internazionale e le intelligence occidentali hanno monitorato soprattutto i gruppi legati a Daesh. Ma in questi stessi anni, e anche precedentemente al sorgere dello Stato Islamico, in Europa e negli Stati Uniti sono cresciuti, in Rete e sul territorio, gruppi che fanno esplicito riferimento ad una ideologia “ariana”, veicolando idee e programmi islamofobi e, in molti casi, antisemiti.
È il mondo dei “suprematisti bianchi”, che possono contare su oltre 1022 siti che fanno riferimento a idee e pratiche razziste, che indottrinano e addestrano, in Rete, gli affiliati e chi, anche se “cane sciolto” vuole farsi giustizia da sè: aprendo il fuoco contro un centro in cui si pratica l’aborto, aggredendo persone di colore, e aprendo la “caccia all’islamico”.
Gruppi che hanno come centro propulsivo gli Stati Uniti.
Attualmente ci sono negli Usa 1124 gruppi razzisti che sostengono idee come la supremazia bianca basata sulla teorica superiorità di questa razza su afroamericani, ispanici, arabi o ebrei.
Queste credenze, basate sull’odio hanno fondamenta politiche e sociali, che a volte partono da una base religiosa spesso legata al cristianesimo fondamentalista.
Il killer della moschea di Quebec City aveva il mito dei “suprematisti” e su Facebook “AlexB” (Bissonette) inneggiava a Trump, Le Pen e le forze di difesa israeliane.
Se anche è stato da solo a compiere la strage (6 morti, 8 feriti) Alex Bissonette non è certo il solo a essere influenzato e armato, almeno ideologicamente, dal razzismo suprematista made in Usa.
Perchè da tempo negli Stati Uniti agiscono e si rafforzano quelli che oggi potrebbero essere definiti i legionari di Trump.
Nella South Carolina, ad esempio, secondo il Southern Poverty Law Center, operano almeno 19 “hate groups”, cioè i gruppi che fanno dell’odio la propria cifra.
Tra i gruppi che operano attivamente si includono: neonazisti, miliziani del Ku Klux Klan, nazionalisti bianchi, neoconfederati, teste rasate di taglio razzista, vigilanti frontalieri.
I gruppi neonazi nel 2008 erano 159 , otto anni dopo sono saliti a 1384. Tra i più attivi: American front, American guard, Hammerskins, National alliance, National socialist American labor party, National socialist vanguard, Nsdap/Ao, White aryan resistance.
Il suprematismo bianco Usa corre anche sul web.
Un recente studio del Simon Wiesenthal Center ha identificato più di 12mila gruppi di odio xenofobo e antisemita sul web.
La League of the South sul proprio sito avverte: “Se ci chiamerete razzisti, la nostra risposta sarà : e allora?”. Una coincidenza temporale macabra, ma indicativa: mentre a Londra si consumava l’attacco alla Moschea, negli Usa veniva data notizia del ritrovamento del cadavere di una ragazza di 17 anni che era stata aggredita e rapita da un uomo all’uscita da una moschea della Virginia.
Un uomo di 22 anni, Darwin Martinez Torres, è stato arrestato per l’omicidio di Nabra Hassensen. E la polizia non esclude che si sia trattato di un crimine dettato da odio anti-islamico.
Secondo le ricostruzioni, la ragazza, insieme ad un gruppo di altri teenager, stava uscendo, la notte tra sabato e domenica, dalla moschea di Sterling dove avevano partecipato ad un iftar, il pasto notturno con cui durante il Ramadan si spezza il digiuno diurno.
Il gruppo è stato aggredito da un uomo alla guida di un’auto. Spaventati, i ragazzi sono tutti tornati indietro nella moschea dove si sono accorti che Nabra non era con loro.
Dagli Stati Uniti, il fenomeno dei gruppi anti-islamici, che sempre più prendono il connotato militante di gruppi anti-migranti, si è esteso nel Vecchio Continente, in particolare nel Nord ed Est Europa.
Un esempio, sono i “Soldati di Odino”, un gruppo di estremisti di destra che pattuglia le strade della Finlandia con l’obiettivo di “proteggere gli abitanti del posto dagli immigrati”: una pratica che si sta iniziando a diffondere in altre nazioni scandinave e baltiche, suscitando preoccupazione nelle autorità .
Questi autoproclamati “patrioti”, che prendono il proprio nome dal re degli dei della mitologia nordica, aspirano a diventare “gli occhi e le orecchie” dei poliziotti, i quali – secondo loro – farebbero oggi sempre più fatica a portare a termine i compiti assegnati.
Dal Nord-Est al cuore dell’Europa: Gran Bretagna e Germania.
Nel Regno Unito, l’estrema destra (suprematista, razzista, isolazionista, anti-migranti) fa proseliti e ha un seguito crescente.
Materiale estremista è disponibile ovunque sulla Rete. Un gruppo come National Action, quello che è nato per “celebrare” la morte della deputata laburista Jo Cox, conta su un centinaio di militanti, ma i suoi video su YouTube hanno quasi 2800 adepti.
Proclamano una “White Jihad”, una guerra santa bianca, che significa rendere omogenea e aderente “ai valori tradizionali inglesi” questa terra che oggi invece ospita persone provenienti da ogni angolo del mondo ed è un crogiolo di culture.
“I rifugiati non sono i benvenuti” si legge in uno dei loro proclami che va di pari passo alla proclamazione che “Hitler aveva ragione, i rifugiati devono tornare a casa”. Thomas Mair, 54 anni, l’assassino di Jo Cox era legato al gruppo suprematista bianco Springbok Club, visceralmente ostile all’Europa e simpatizzante del vecchio apartheid sudafricano.
Le prove emerse al processo, conclusosi con la condanna all’ergastolo dell’assassino della quarantunenne deputata laburista, hanno dimostrato che Mair ha ucciso Jo Cox sulla spinta di un’ideologia neonazista, razzista e suprematista bianca.
La polizia aveva trovato nella sua abitazione simboli e libri sul Terzo Reich, sul Sudafrica dell’apartheid e su movimenti razzisti di altri Paesi.
Prima di Mair, ad entrare in azione (nel 2013) era stato Pavlo Lapshin, neonazista ucraino trapiantato a Birmingham, che uccise un’anziano musulmano.
Al momento dell’arresto, affermò che aveva agito in odio all’Islam. Lo scorso dicembre il ministero dell’Interno britannico ha dichiaro fuorilegge un gruppo dell’ultradestra inglese denominato “National Action”, accusato di progettare e istigare atti di violenza razzisti.
Dal Regno Unito alla Germania. Qui è nato il movimento “Pegida” i “patrioti europei contro l’islamizzazione dei paesi occidentali” (Patriotische Europà¤er gegen die Islamisierung des Abendlandes), movimento che sta catalizzando l’attenzione di tutti i discorsi riguardanti l’islamismo e l’anti-islamismo in Germania.
Nel febbraio 2015, “Pegida” ha reintegrato nel suo comitato di direzione il leader del gruppo Lutz Bachmann, che si era dimesso il 21 gennaio dello stesso anno dopo che il giornale tedesco Bild aveva pubblicato una sua foto in cui mostrava un taglio di capelli e di baffi che ricordava quello di Hitler.
“Gli estremisti di destra — si legge nel rapporto — hanno scoperto come condurre la loro guerra via Intemet, come usare la elecronic warfare”.
Simili tattiche hanno indotto le autorità di alcuni Stati a mettere in guardia contro le derive terroristiche dello spettro dell’estrema destra.
In più la potenziale violenza è coltivata dai peggior tipi di giochi elettronici, diventati arma politica vera e propria utilizzata abilmente dai neo-nazi.
Questi siti hanno un pubblico fedele e ampio, costituito non di semplici curiosi, ma di persone che sull’odio hanno costruito il proprio rapporto col mondo e usano Internet per ritrovarsi, scambiarsi informazioni, infiammarsi reciprocamente, creare steccati, alzare barriere, scavare fossati.
E oggi, assaltare moschee.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 19th, 2017 Riccardo Fucile
LA PREVALENZA DELL’ECONOMICO SUL POLITICO HA TRASFORMATO IL PERSONALE DI PARTITO IN CAPORALI DEL CONSENSO… IL RAGIONAMENTO POLITICO E’ BASATO SOLO SUI SONDAGGI E SUI REALITY… LE ELEZIONI SONO UNA GARA DI MARCHI SENZA SIGNIFICATO
Mesi fa restai a bocca aperta quando una dirigente (sorry: portavoce) dei Cinquestelle mi spiegò che in un prossimo futuro gli italiani riconoscenti avrebbero intitolato a Beppe Grillo piazze e strade. “Come una sorta di nuovo Garibaldi?”, le chiesi.
Leggo quasi quotidianamente sui social i post di un giovane pop-filosofo renziano — cultore di Harry Potter, pornosofia e Jacques Derrida — che denuncia con toni sinceramente accorati la congiura di quanto chiama “la vecchia politica”, per mettere bastoni fra le ruote alle straordinarie potenzialità riformatrici dell’ex premier.
Verrebbe da chiedersi, “ma ci sono o ci fanno”?
In effetti appaiono soltanto i testimoni del bisogno, dilatato a livello patologico, di un dato insito nella psicologia collettiva in questa stagione: la disperata ricerca della figura di un leader in cui riconoscersi.
Sicchè vengono presi persino in considerazione per tale ruolo personaggi del tutto improbabili quali Matteo Salvini e Giorgia Meloni; magari gli emersi dal sacello di Nosferatu Silvio Berlusconi o Massimo D’Alema.
E persino Romano Prodi, caro al fluttuante flebile (tra il “Sì” al referendum del 4 dicembre e il bertinottismo soft) Giuliano Pisapia.
Del resto, un fenomeno esteso a livello mondiale, per cui gli americani hanno scelto di insediare quale presidente un personaggio incredibilmente pericoloso: il tronfio, sguaiato e irresponsabile Donald Trump.
Per cui sono tanti — e non solo Giulietto Chiesa — che si scoprono supporter dell’ex KGB, il penombra Vladimir Putin.
Non a caso il quadro internazionale appare sempre più sgovernato e ingovernabile. Ma è quello nazionale, sotto gli occhi di noi tutti quotidianamente, che dovrebbe far riflettere sulla pochezza dei nostri statisti e guru.
Come si è visto nella pantomima sulla legge elettorale, in cui la facevano da padroni soltanto i rispettivi interessi di bottega; mentre rifulgeva la fregola capricciosa del bambinone quarantenne Matteo Renzi di riavere il giocattolo Palazzo Chigi.
La cicala che (forse) ha ballato una sola estate.
Come si continua a scorgere nella crescente cupezza di Beppe Grillo; le cui espressioni ingrugnate sono rivelatrici di chi si muove in un contesto di cui non riesce a penetrare le logiche e ci si arrabbia. Dal germanellum proporzionale allo ius soli.
A riprova che il santone di Sant’Ilario è un pesce fuor d’acqua se non viene sussidiato da un suggeritore.
E quello attualmente al suo fianco lo ha indottrinato che quanto conta — secondo logiche aziendalistiche profit-oriented — è solo l’appuntamento nazionale del 2018.
Da qui un totale disimpegno nelle elezioni amministrative e relativo flop, che potrebbe anche significare l’avvisaglia di una parabola discendente.
Sarà quel che sarà , in questo quadro di mediocrità diffusa.
Comunque, dal punto di vista dell’analisi politica, si direbbe interessante cercare di capire la ragione per cui si è fallata la matrice di leader degni di questo nome.
Per chi scrive la spiegazione è duplice: finanziarizzazione e comunicazione.
Da un lato la prevalenza dell’Economico sul Politico, con le sue regole e metodologie in vigore da una quarantina d’anni, ha trasformato il personale di partito nell’indistinta corporazione di caporali del consenso.
Sotto l’altro aspetto, abbiamo visto sostituire il ragionamento politico in una rimasticatura tarata sui tempi istantanei dei sondaggi e dei reality; le elezioni in una gara di marchi privi di significati intrinseci.
Questo il motivo per cui un tema emergente nella riflessione critica di tale stato delle cose individua nella ripresa dell’attivismo urbano e nella dimensione civica le energie e i laboratori per la rifondazione della politica.
Per noi italiani, un “secondo tempo” dopo le delusioni del 1993; quando venne istituita l’elezione diretta dei sindaci e le nuove entrate — nella stragrande maggioranza dei casi — utilizzarono l’opportunità come trampolino per proiettarsi sulla scena nazionale. Da Francesco Rutelli ad Antonio Bassolino.
D’altro canto, i messaggi che ci giungono dalle grandi città del mondo, dalla resistenza di quelle americane alle follie sfasciste di Trump, inducono a pensare che in questo momento storico lo spazio sub-statuale sia quello più confacente alla ricostituzione di una democrazia partecipata e responsabile.
E magari per allevare un personale dirigente meno inaffidabile.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 19th, 2017 Riccardo Fucile
ARRESTATI QUATTRO ITALIANI A BRINDISI: UNO SPACCATO DA TERZO MONDO
Conveniva andare con loro, dicevano, perchè così riuscivano a lavorare per molti mesi. Con l’agenzia, invece, sostenevano che l’impiego nei campi sarebbe durato al massimo un mese.
E le braccianti, tutte donne, quasi esclusivamente italiane, accettavano la proposta dei presunti caporali, spinte dallo stato di indigenza e necessità .
Sopportavano la ‘cresta’ e orari di lavoro prolungati. Si accontentavano di 38 euro al giorno per 8 ore di lavoro, invece di 55 per 6 e mezza come era scritto nel contratto.
Dovevano perfino pagare in anticipo il trasporto verso i campi: 8 euro sull’unghia prima di partire, pena il rischio di non percepire la paga al rientro dopo aver sgobbato nei campi di ciliegie e di uva nella provincia di Bari.
Chi si ribellava sarebbe stato anche picchiato. E le donne, per uno dei quattro arrestati su richiesta della procura di Brindisi, erano “femmine” che avevano la stessa testa di “mule e capre” e per loro “pizza e mazzate ci vogliono, altrimenti non imparano”. Tradotto: sesso e botte per far comprendere la propria legge medievale.
Padroni e schiavi, caporali e braccianti.
È lo spaccato da terzo mondo ricostruito dai pm di Brindisi tra la stessa provincia salentina e quella di Bari, dove il lavoro nei campi continua a essere fonte di guadagni illeciti per i caporali.
Ne hanno arrestati quattro, al termine di una lunga indagine dei carabinieri di Francavilla Fontana. Agli indagati viene contestato il concorso in intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro pluriaggravati.
A dimostrare il loro presunto coinvolgimento ci sono le dichiarazioni delle donne sfruttate, “pienamente attendibili” secondo il gip Maurizio Saso, e le riprese fatte lungo le strade statali percorse dai camioncini per accompagnare i contadini nei campi e pure quelle nelle aziende agricole dove le donne venivano impiegate.
Partivano all’alba dalle province di Taranto e Brindisi, accalcate anche in dieci all’interno di pulmini da 7 posti.
Pagate poco e costrette anche a ‘girare’ quotidianamente somme di denaro ai presunti caporali Michelangelo Veccari, sua moglie Valentina Filomeno, Grazia Ricci e Maria Rosa Putzu.
Erano loro, secondo i magistrati, a organizzare il traffico di manodopera per conto di un’azienda agricola di Turi, nel Barese.
Ma almeno due braccianti hanno deciso di denunciarli alla fine del 2015. Hanno detto basta a condizioni di lavoro disumane, causate dal loro stato di bisogno e necessità . Un aspetto non secondario, perchè è una delle architravi sulle quali si poggia la possibilità di punire i caporali. Che non solo avrebbero sfruttato una quindicina di donne, ma ne parlavano in questi termini.
Dice Veccari, ascoltato dalle microspie piazzate dai carabinieri: “Alle femmine pizza e mazzate ci vogliono, altrimenti non imparano”. E ancora: “Femmine, mule e capre, tutte con la stessa testa”. E quando qualcuna si ribellava, i presunti caporali ricordavano le regole, come chiarisce un dialogo intercettato.
Una bracciante parla del trasporto nei campi e delle ‘regole’ di ingaggio: “Non so, ditemi voi. Devo scendere con l’agenzia o devo scendere con voi”. La risposta è chiara: “Con l’agenzia lavori un mese, con noi lavori sei mesi, otto mesi. Quindi dipende cosa vuoi fare. Se vuoi lavorare un mese, altrimenti ti conviene venire con noi. Secondo me ti conviene, perchè con noi alla fine lavori”. La risposta della donna: “Ok, allora vado all’agenzia e tolgo il contratto”.
E loro lavoravano, secondo quanto accertato dalla procura, nonostante la retribuzione fosse incongrua rispetto alle ore di lavoro svolto.
Nè venivano rispettati riposi settimanali, festività e gli straordinari non venivano corrisposti. Inoltre, una delle donne indagate, avrebbe decurtato 8 euro dalla paga giornaliera di ogni bracciante per il ‘servizio’ di trasporto.
A volte, sostengono gli investigatori, la ‘tassa’ doveva essere addirittura anticipata dalla manodopera, sotto la minaccia di non ricevere i soldi alla fine della giornata lavorativa.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 19th, 2017 Riccardo Fucile
MA A DIFFERENZA DI RENZI E DI HOLLANDE, LA RIFORMA DEL LAVORO PREVEDE CONFRONTO CON I SINDACATI E CONTRAPPESI
Emmanuel Macron avanza con il vento in poppa. Nonostante il forte tasso di astensionismo che ha caratterizzato il secondo turno delle elezioni legislative, per i prossimi cinque anni il presidente della Repubblica potrà contare su una solida maggioranza composta da 350 deputati, un numero inferiore rispetto alle stime predette nei giorni scorsi dai sondaggi, ma sufficiente per cominciare a mettere in moto la macchina delle riforme.
A questo si aggiunge poi un calendario favorevole, visto che i francesi torneranno alle urne tra due anni per le elezioni.
Tra i progetti in cantiere, priorità a quelli riguardanti il codice del lavoro e la moralizzazione della vita pubblica, i due cavalli di battaglia cavalcati durante la campagna delle ultime presidenziali.
In particolare, quello sul lavoro è il primo test cruciale per il nuovo governo. Reduce da una stagione di proteste dopo l’approvazione di quello che è stato ribattezzato “il jobs act francese”, Macron cercherà di affrettare il passo per evitare nuove contestazioni. La proposta approderà al Consiglio dei ministri il 28 giugno, per poi essere legiferata prima della fine dell’estate
Tra le misure previste, il tetto dei rimborsi in caso di licenziamento abusivi, la fusione di alcune istanze sindacali e maggior potere agli accordi di impresa rispetto a quelli di settore.
Per riuscire, il presidente privilegerà la pista del dialogo tra i partner sociali attraverso una serie di concertazioni con rappresentanti dei sindacati e delle imprese.
Una strategia opposta rispetto a quella adottata dal precedente governo, costretto a far passare la legge ricorrendo al decreto del 49-3.
Il disegno sulla moralizzazione della vita pubblica prevede una serie di misure volte a favorire la trasparenza e nel mondo politico e istituzionale.
Tra i progetti di legge in agenda c’è poi quello riguardante il rinforzo della lotta al terrorismo e della sicurezza interna.
Anche se approderà al Consiglio dei ministri il prossimo 21 giugno, l’insieme di misure contenute nel disegno di legge ha già cominciato a far discutere.
Lo scorso 9 giugno Le Monde ha pubblicato alcune anticipazioni, secondo le quali certi provvedimenti previsti dallo stato di eccezione potrebbero entrare nel diritto ordinario.
Secondo alcuni analisti, in questo modo si andrebbe incontro ad una perennizzazione dello stato di emergenza e, di conseguenza, una minaccia alle libertà individuali.
Intanto, per i neo-eletti deputati si prospetta un’estate tra i banchi del Palais Bourbon. Il calendario dell’Assemblea comincia con il 27 giugno, data in cui si terrà la seduta inaugurale dove verrà nominato il presidente della camera bassa del Parlamento. Secondo indiscrezioni pubblicate dal settimanale satirico Le Canard Enchainè, Macron sarebbe orientato verso una figura femminile, come Barbara Pompili o Brigitte Bourguignon, anche se tra i papabili figurano i nomi del repubblicano Thierry Solère e dell’ecologista Franà§ois de Rugy.
Il 28 saranno nominati i sei vicepresidenti che a turno assumeranno la presidenza delle sedute e i tre questori responsabili della gestione dell’emiciclo, mentre il giorno dopo sarà pubblicato nel giornale ufficiale la composizione delle otto commissioni permanenti dell’Assemblea.
I prossimi cento giorni saranno determinanti per capire l’orientamento del nuovo governo, anche se con i risultati ottenuti nelle ultime elezioni non ci dovrebbero essere particolari sorprese.
(da “La Stampa”)
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Giugno 19th, 2017 Riccardo Fucile
HANNO ASPETTATO UNA MAGLIA 18 ANNI, ORA RAPPRESENTANO CON ORGOGLIO L’ITALIA IN COPPA EUROPA
Chi è nato qui e ha aspettato quanto basta per farsi venire una crisi depressiva a 16 anni in attesa di averne finalmente 18, non riesce proprio a capire che cosa ci sia ancora da discutere sullo ius soli.
È lo stupore genuino di chi un’Italia diversa la vede e la vive tutti i giorni sulle piste dell’atletica che da parecchio è ormai mista.
Seconda generazione, anche se l’etichetta non piace troppo a questi ragazzi: «La classificazione a ondate è già superata».
Basta guardare l’ultimo gruppo azzurro convocato per la Coppa Europa in programma dal 23 giugno: i figli degli stranieri sono 16 su 49 e tra loro c’è chi è nato qui, cresciuto nel nostro sistema scolastico e comunque tenuto in disparte per un’eternità .
«Se ti sposi in questo Paese dopo due anni ti riconoscono, io ho dovuto portare un sacco pieno di vaccinazioni, scontrini con i libri scolastici, testimonianze delle maestre d’asilo per dimostrare di non essermi inventata un’esistenza».
Daisy Osakue ha 21 anni, i genitori vengono dalla Nigeria «un posto che non ho mai visto, loro stavano in paranoia. Temevano che un semplice viaggio là potesse complicarmi la vita. Sono nata all’ospedale Mauriziano di Torino. Se le parlo al telefono lei capisce che ho radici africane?».
No, si sente una cadenza piemontese mitigata dall’ultimo anno passato in Texas.
Si sente una frustrazione che ancora cresce: «Nel 2013 è stata dura, ho iniziato a fare risultati seri, mi sono qualificata nella nazionale allievi solo che non ero italiana, non per la legge. Volevo mollare tutto».
Invece oggi è una promettente discobola, a 21 anni la più giovane in gara in Coppa Europa: «Ho resistito anche se ero a pezzi. E non è solo questione di sport. Quello è l’apoteosi perchè fatichi, ti appassioni, ottieni le misure e poi stai a casa. Ma vi assicuro che anche solo stare senza il pass 15 era una tortura».
Il pass non è documento, ma per un adolescente per natura in cerca del gruppo, che abbia sangue bolognese o albanese, vale di più.
Dà diritto agli sconti per gli studenti, ma da ogni «giro di pizza», «film a metà prezzo», Daisy era esclusa, «o mi pagavo l’intero, sembra niente, solo che a furia di sbattere contro l’ignoranza ti fai male».
Una volta per la strada le hanno dato della scimmia, lei però un lato positivo lo ha trovato «ero già italiana, ho capito che il passaporto da solo non ti toglie proprio tutti i problemi».
Vista dal Texas, dove si è allenata nell’ultimo anno, la gente in parlamento le sembra ancora più assurda. «Siamo antichi, i più arretrati d’Europa. Ma con questa benedetta maglia azzurra finalmente in valigia mi sento più ottimista. Prima o poi una legge decente passerà ».
Eseosa Desalu in realtà si chiama Fausto, è il nome che usa fin da bambino perchè è nato a Casalmaggiore (Cremona). Ha iniziato a correre presto, avrebbe pure fatto dei record nazionali di categoria solo che non glieli hanno mai riconosciuti. Fino a 18 anni è rimasto straniero. Per sfogarsi si è dato all’heavy metal, batterista in una band e sprinter per vocazione.
Yassin Bouih è stato più fortunato: «i miei genitori sono qui da parecchio hanno preso la cittadinanza e così l’ho avuta anche io, a 12 anni. Mi sono evitato qualche tormento». L’atletica l’ha conosciuta a scuola «un corso, abbiamo risposto in tre io, un brasiliano e un ghanese… poi sento dire “lo ius soli no” perchè si annacqua il Dna. Ma dove vivono?». Lui si è dato al mezzofondo, «noi sportivi cresciamo così, mescolati. Le differenze le vediamo solo se ce le fanno notare». E gliele fanno notare.
Davanti all’ultima rissa in parlamento ha spento la tv: «Ero sconsolato. Suggerisco a quelli che alzano certi cartelli nel posto che dovrebbe tutelare i nostri diritti di farsi un giro su una pista qualsiasi».
Il loro problema non è dimostrare di essere italiani, se mai ritrovare le radici: «Quando vado in Marocco io non mi sento a casa. Non sono a mio agio. Rispetto le origini, ma sono un ospite là ».
Tra qualche giorno, Yassin corre i 3000 metri con la maglia azzurra: «Una bella gara è già un messaggio per chi deve approvare una legge sulla dignità ».
(da “La Stampa”)
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Giugno 19th, 2017 Riccardo Fucile
PER “LIBERO!” E’ SOLO IL GESTO DI UN FOLLE… E SU INTERNET NON E’ TERRORISMO MA “GIUSTA VENDETTA”
Il Popolo dell’Internet si interroga sull’attacco alla moschea di Finsbury Park a Londra. È terrorismo o è solo il gesto isolato di un povero pazzo?
Il tradizionale sondaggio di Libero sull’argomento non lascia spazio a dubbi. Per molti lettori e commentatori non si tratta di terrorismo ma di esasperazione.
Poco importa che un uomo abbia tentato di uccidere persone innocenti. Perchè non lo sono: sono musulmani e quindi colpevoli a prescindere.
La polizia e il sindaco di Londra hanno parlato di un attacco terroristico. In molti ne dubitano. Il motivo? Innanzitutto perchè quando sono i musulmani a fare un attentato nessuno vuole parlare di terrorismo islamico. Mentre ora che si sa che l’attentatore non è di religione islamica allora bisogna utilizzare la stessa cautela.
In molti commentano la notizia spiegando che se i terroristi islamici sono “matti” non c’è ragione di definire razzista chi lancia un van contro la folla di fedeli musulmani. Al limite è matto anche lui.
In realtà succede esattamente l’opposto.
Ovvero quando un attacco terroristico viene compiuto da un non musulmano allora si parla di caso isolati, di lone gunner, di persona “con disturbi mentali”.
Quando invece gli assassini vengono compiuti in nome dell’ISIS nessuno ha problemi a parlare di terrorismo.
Volete un esempio in Regno Unito? L’assassinio della parlamentare Jo Cox durante la campagna per il referendum sull’uscita dalla UE. Thomas Mair era un simpatizzante neonazista ma tutti hanno parlato di “caso isolato” di “squilibrato”.
Lo stesso è stato detto per spiegare il gesto di Dylan Storm Roof, suprematista bianco che ha ucciso nove persone a Charleston.
C’è però chi è convinto che non si tratti di terrorismo ma solo di “esasperazione”. Un’esasperazione dovuta proprio a “tutti questi islamici”.
Insomma le vittime (al momento un morto e otto feriti, tutti musulmani) sono i veri colpevoli.
L’unico modo per fermare il terrorismo islamico è fare come l’attentatore di Finsbury Park. Basta con le fiaccolate, basta con il buonismo. È il momento di fargliela vedere a questi musulmani. E intanto “l’Islam fa figli e se la ride”.
La colpa è proprio di quelli che invece di invitare all’odio contro i cittadini di religione musulmana si sforzano di spiegare che una cosa è l’ISIS e una cosa è l’Islam.
Chi ha convinto gli stati ad alzare bandiera bianca e a non chiudere le frontiere?
Per fortuna che c’è qualcuno che reagisce “alla follia dei governanti”. Il popolo passa al contrattacco e la guerra civile (o di religione secondo altre letture) è ormai alle porte.
Se un europeo ha reagito è tutta colpa di chi predica l’accoglienza e il rispetto per gli altri mentre lascia che “l’Islam” uccida gli europei.
Dente per dente!
Una vendetta quindi, e per di più una vendetta giusta. In nome della legge del taglione.
Chi di furgone ferisce, di furgone perisce. Occhio per occhio, dente per dente. La saggezza popolare della nostra tradizione ci viene in aiuto per interpretare quello che è successo a Finsbury Park.
Finalmente i popoli europei hanno iniziato ad alzare la testa. Magari non sono molto organizzati ma non è che potrebbe essere “un nuovo sistema per combattere il terrorismo”?
Peccato ne abbia ammazzato uno solo. Ma considerato che era il suo primo giorno da terrorista vendicatore dobbiamo essere comprensivi.
All’improvviso il dubbio atroce. E se fosse tutta una farsa?
Voleva uccidere i musulmani fuori dalla moschea e ne ha ucciso uno solo (ferendone altri otto)? Qualcosa non torna.
E se fosse tutto un piano dei governanti/banchieri per farci scannare tra di noi? Improvvisamente l’ipotesi del popolo che rialza la testa dopo aver subito le violenze dell’ISIS inizia a vacillare.
Questo è il quadro dei commenti sui social che giustificano la tentata strage di Londra.
Rimaniamo della nostra idea: con certa fogna nessuna collusione e nessuna discussione. Applicare la legge e in galera, perdita della patria potestà e sequestro dei beni. Minano le basi dello Stato, quindi trattamento come per i mafiosi.
(da agenzie).
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