Giugno 22nd, 2017 Riccardo Fucile
SCOPPIA A GENOVA IL CASO DEI SALUTI ROMANI AL DIBATTITO AL TEATRO CARGO: DIFFICILE NEGARE, UNA FOTO LO CERTIFICA… SONO ARRIVATI A IDOLATRARE UN LEGHISTA ESPRESSIONE DEI POTERI FORTI, ULTRALIBERISTA, CHE SI ACCOMPAGNA CON CHI E’ SOTTO PROCESSO PER PECULATO
Al peggio non c’è mai fine.
L’ennesimo faccia a faccia tra i candidati sindaco a Genova, Marco Bucci e Gianni Crivello, andato in scena ieri sera a Teatro Cargo di Voltri, ha dato spazio a nuove forme di esibizionismo da giardinetti.
Il colpo di scena arriva alla fine, a telecamere spente e inizia a diffondersi a macchia d’olio su Facebook: alcuni sostenitori di Marco Bucci avrebbero alzato il braccio destro teso a mo’ di saluto romano e avrebbero anche intonato “Faccetta nera“.
La foto pubblicata in effetti non lascia spazio a dubbi.
C’e’ poi una testimonianza, quella di una candidata di Chiamami Genova, lista civica di Paolo Putti, che sul popolare social network denunciava: “ la platea si è polarizzata tra i tiepidi sostenitori di Crivello e alcuni squadristi, ribadisco squadristi, al seguito di Bucci, molti dei quali venuti da fuori Genova, che in modo sempre più aggressivo sono passati dai cori da stadio agli insulti fino a sfociare nei canti di inequivocabile stampo fascista”.
E ancora: “Alla fine del confronto ho ricevuto le attenzioni di alcuni scherani di Bucci, uno dei quali continuava a girarmi intorno dicendomi provocatoriamente ‘Viva il Duce’”. Secondo la ricostruzione della donna, “mio marito è intervenuto in tempo per fare da scudo umano e dai fascisti sono partiti insulti, minacce e volgarità , la cui più ripetibile è ‘ti pi…o in bocca’.
Se sull’intonazione di “Faccetta nera” per ora non ci sono prove video, le immagini delle braccia tese che a partire da ieri sera sono state denunciate su diversi profili Facebook, sembrano parlare chiaro.
La replica di Bucci
“I comportamenti segnalati da questi post non ci appartengono e non fanno parte della nostra storia. Se fosse capitato, saremmo stati i primi a prenderne le distanze e denunciare la situazione“.
Quindi Bucci non prende le distanze da nulla, arrivando a negare l’immagine immortalata dalla foto.
Poi dice: “Nella mia storia personale ho avuto tre parenti stretti morti in guerra o a causa di ferite di guerra. Mio nonno, morto dopo essere stato ferito in Jugoslavia, mio zio è morto in Africa e lo zio di mio padre in Grecia, e degli ultimi due non abbiamo nemmeno i corpi”.
Che cosa c’entri, lo sa solo lui.
Forse avrebbe voluto dire che ha avuto in famiglia degli antifascisti o dei fascisti, ma meglio non rischiare di precisare?
Almeno Bossi aveva le palle per ricordare la sua famiglia antifascista, suvvia, un po di coraggio, si può sapere se Bucci avalla o meno ‘sti saluti romani?
I FASCI DA AVANSPETTACOLO
Nessuno però si pone una domanda logica: perchè un “fascista” dovrebbe fare il saluto romano a Bucci?
E nel caso lo facesse, perchè non è stato denunciato per danno all’immagine, cosa che avrebbe fatto Almirante?
Un “fascista” dovrebbe idolatrare un leghista, espressione dei poteri finanziari, una legittima carriera al servizio di multinazionali, paracadutato amministratore delegato di Liguria digitale dalla nomeklatura leghista per fornire tappeti rossi alla giunta Toti?
Un “fascista” dovrebbe fare il saluto romano a chi è stato scelto e si accompagna senza vergogna a un imputato sotto processo per peculato a danno della Regione Liguria per aver usato i soldi della Regione per cene, viaggi, soggiorni ameni in località turistiche?
Un “fascista” dovrebbe alzare il braccio per salutare l’espressione di un partito che fino a ieri col tricolore si voleva pulire il culo e che a Venezia copriva di insulti una cittadina che esponeva la bandiera tricolore dalla finestra?
E, caro Bucci, a ululare sotto quelle finestre, c’erano gli stessi soggetti che ora fanno i sovranisti, compresi i tuoi attuali compagni di merende che hanno sbarcato il lunario facendo i portaborse al servizio di gruppi regionali limitrofi.
Da un lato fasci da avanspettacolo che Almirante, Romualdi e Rauti avrebbero preso a calci in culo.
Dall’altro chi si presta a fare da paravento ai soliti poteri forti che fino a ieri hanno fatto affari con la sinistra e che ora cambiano ronzino.
In mezzo i genovesi che non vanno più a votare.
Fatti votare dagli esibizionisti da giardinetti, finchè non li arrestano per politica oscena in luogo pubblico.
Saluti genovesi.
argomento: denuncia | Commenta »
Giugno 22nd, 2017 Riccardo Fucile
SOMMA INTERESSI PASSIVI CON LA QUOTA CAPITALE… E SUGLI STANZIAMENTI DIMOSTRA LA SUA INCOMPETENZA
Il dibattito organizzato dal Secolo XIX tra i candidati sindaci al ballottaggio Bucci per il centrodestra e Crivello per il centrosinistra oltre a fare notizia per la rumorosa claque, ha permesso di conoscere la competenza di Bucci sulla amministrazione di una città .
In particolare hanno fatto sorridire due sue estemporanee uscite, completamente sballate.
1) Gli interessi passivi
Ha detto Bucci: «Il Comune di Genova oggi dà alle banche 112 milioni per interessi passivi e potete immaginare a che banche. Noi dobbiamo rinegoziare il debito, questo deve fare un sindaco…Io so leggere bilanci e fare correzioni al momento opportuno». In realtà Bucci ha sommato gli interessi passivi (31,7 milioni allo stato attuale) con la quota capitale da rimborsare (80 milioni).
Un errore piuttosto grave per chi si vanta di saper leggere i bilanci.
Inoltre, il Comune ha già rinegoziato per quattro volte gli interessi sui mutui con Cassa depositi e prestiti, risparmiando 11,4 milioni, mentre non si ha notizia di rinegoziazioni con le banche.
2) I soldi per le periferie
Quando Crivello ha snocciolato una serie di cifre a disposizione del Comune nelle periferie («forti, caserma Gavoglio, 24 milioni di euro per Sampierdarena, Pon da 37 milioni di euro per la Valbisagno e gli 8 milioni di euro per i rivi di Staglieno»), Bucci ha risposto alzando la voce: «Perchè non li avete usati negli ultimi 25 anni?».
Il fatto è che buona parte di questi stanziamenti risalgono al 2017, mentre i Pon sono interventi scaglionati tra il 2014 e il 2020.
(da “il Secolo XIX”)
argomento: Genova | Commenta »
Giugno 22nd, 2017 Riccardo Fucile
GIUBBOTTI ANTIPPROIETTILE CHE NON REGGONO LE PALLOTTOLE, CASCHI CHE SI FONDONO, DIVISE CHE SI STRAPPANO
Dieci anni fa era lo scandalo delle divise acquistate in stock dalla Polonia con un risparmio più che altro sulla grammatica: sul retro c’era scritto “Polizzia” con una “z” di troppo.
Furono buttate tenendo le scarpe che avevano però i numeri spaiati: il 44 col 41 e così via.
Poi hanno continuato a piovere fondine, cinturoni e divise.
E se oggi metti in fila cinque agenti della stessa unità coi pantaloni nuovi di zecca è facile che non ce ne sia uno dello stesso colore: grigio, azzurro e carta da zucchero. Ma questo è colore, appunto, il problema sono i kit antisommossa da aggiustare col cacciavite, i caschi ignifughi che alla prova del fuoco si fondono come una latta e i giubbotti antiproiettile da 610 euro l’uno che al balipedio del Banco nazionale di prova non hanno retto pallottole nè armi da taglio.
Esempi passati e recenti della logica del “massimo ribasso” applicata alla spesa per “materiali di armamento, equipaggiamenti e indumenti speciali per l’operatività della Polizia di Stato”.
Una voce del bilancio del Ministero degli Interni che effettivamente è scesa dai 18 milioni del 2016 agli 8 previsti per quest’anno e per il 2018.
Il problema è che vestendo da capo a piedi gli agenti con indumenti e dotazioni di sicurezza che ne mettano a rischio l’incolumità forse si spende meno, ma non meglio. I sindacati lo denunciano da tempo, ora è l’Anac a dire qualcosa in merito: il vero problema sono le gare. Non di un ente qualunque ma del Viminale.
L’Anticorruzione ha pubblicato una delibera dell’8 giugno nella quale ricostruisce quattro procedure d’acquisto del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Viminale riscontrando per ciascuna una o più violazioni al codice degli appalti e alle annesse regole di trasparenza e concorrenza, nonchè una rassegnazione alla logica del massimo ribasso che non garantisce certo prodotti e materiali di miglior qualità ma i più scadenti. Raffaele Cantone che la firma non lo scrive così esplicitamente, ma il rischio di partite fallate nasce da un “sistema” fallato.
Le urgenze finte per bypassare le gare
Tutto parte dalla concorrenza. Dal sospetto degli esclusi.
Sulla base di alcune segnalazioni l’Anac ha iniziato a passare a raggi x le determine a contrarre del DPS.
Ebbene dall’attività di vigilanza su quattro esposti emerge l’anomalo gonfiarsi dei prezzi, l’inadeguata programmazione della spesa, la mancanza di trasparenza, concorrenza e rotazione tra imprese che vengono invitate direttamente alle procedure negoziate dove spesso cambiano perfino i capitolati tecnici e di prezzo, in danno delle ditte che non avevano partecipato o erano state escluse. In alcuni casi non viene neppure esperita una ricognizione sul mercato per sapere se esistono sul mercato prodotti e materiali migliorativi allo stesso prezzo.
Nella gara per l’acquisto di 2.300 giubbotti antiproiettile la stazione appaltante di fatto si appoggia all’aggiudicatario di un’analoga gara bandita dal Comando generale della Guardia di Finanza.
Dove sta il problema? A detta dell’Anac il criterio d’urgenza che ha permesso al Viminale di bypassare la gara non c’era affatto: è vero che le piastre balistiche scadevano il 31 dicembre del 2014 ed era necessario provvedere tempestivamente alla sostituzione, ma il ministero sa benissimo che scadono ogni 10 anni e dunque sa anche quanti capi deve sostituire ogni anno.
“All’epoca mancavano i fondi”, ribatte l’amministrazione. L’Anac replica che la “estrema urgenza” deriva solo dall’inadeguata programmazione della spesa.
Peraltro il Codice dei contratti pubblici consente, in particolari circostanze, di evitate la gara, “ma non di affidare una fornitura ad un operatore economico precedentemente selezionato da un soggetto terzo”.
Perchè? Perchè così facendo gli obblighi di garantire libera concorrenza, parità di trattamento, trasparenza e bla bla bla finiscono in capo a un’amministrazione diversa da quella effettivamente titolare dell’appalto: insomma la stessa legittimità e regolarità delle procedure viene appaltata, per proprietà transitiva.
Il farwest delle fornitur
La disamina di Cantone accende un faro anche sul farwest delle imprese che operano nella fornitura di equipaggiamenti e indumenti operativi. Alcune società vengono escluse per grossolane incongruenze tecniche e assenze di requisiti base per partecipare.
E tuttavia, se la gara va deserta, vengono invitate a ritentare e magari si aggiudicano l’appalto. Del resto non c’è indagine di mercato, non viene utilizzata una lista di concorrenti formata con lo stesso criterio per garantire la più ampia partecipazione e una reale rispondenza tra le specifiche tecniche della fornitura e il relativo prezzo. L’unico criterio resta il prezzo più basso.
Esempi? Nella gara per 40mila cinturoni bandita a marzo 2016 si presentano sei aziende che via via vengono escluse o si autoescludono.
Una non aveva la certificazione Uni9001:2008 (oggi si potrebbe richiedere quella aggiornata del 2015, ma è un dettaglio), una non ha integrato le informazioni, la terza era ammessa con riserva ed è stata esclusa perchè sulla fondina aveva un marchio riconducibile a un’altra società che pure partecipava alla gara (sic) e per “difetto dei requisiti richiesti”.
Nello stesso raggruppamento ce n’era una risultata “carente della licenzia prefettizia”: non aveva neppure il pedigree per oprare questo settore. Per fortuna c’è l’ultima, ma anche questa viene esclusa: la fondina che proponeva, messa alla prova, “ha evidenziato una sostanziale incompatibilità funzionale e operativa rispetto alla destinazione d’uso finale”. Escluse una dopo l’altra, l’amministrazione invia alle stesse società e a quelle che avevano mostrato interesse l’invito a una seconda procedura negoziata. Alla fine vince il fornitore bocciato per “sostanziale incompatibilità funzionale e operativa”, ma con un ribasso sul prezzo del 39,18%.
Quelli che sanno, che fanno?
Alcuni operatori, come in questo caso, denunciano all’Ana; altri si sfogano nell’anonimato: “Il nostro settore — racconta il titolare di una media impresa italiana — è specializzato quanto spregiudicato: alcune società riescono a condizionare in partenza le gare lavorando con gli uffici tecnici del Ministero che emettono capitolati con requisiti e specifiche tecniche tali da individuare un operatore specifico ed escludere gli altri. Altre si impongono in forza di prezzi molto aggressivi perchè tramite joint venture con ditte estere si approvvigionano di materiale balistico che costa meno ma non ha la stessa qualità tecnica del capitolato: alle prove di collaudo portano materiali che soddisfano i requisiti, in fase di consegna portano prodotti più economici che arrivano dal Pakistan o dalla Cina”.
Ai sindacalisti cadono le braccia: “L’istruttoria dell’Anac descrive un ginepraio di appalti opachi che gli agenti scontano a suon di partite fallate”, spiega Filippo Bertolami, vice questore e sindacalista che ha spesso denunciato anomalie nei dispositivi consegnati, come i giubbotti, ottenendo in cambio richieste di sospensione da parte dei vertici della Polizia.
“Sono i danni dei burocrati della sicurezza. Chi fa i capitolati non sa cosa sia il servizio in strada e non capisce che un agente mal equipaggiato è un agente insicuro. A Milano un tizio armato di coltelli ha messo in difficoltà due militari e un poliziotto solo perchè non avevano i guanti antitaglio per il corpo a corpo, ci rendiamo conto?”. Il messaggio è per i vertici: “Minniti e Gabrielli attivassero il neo-costituito “ufficio affari interni” e rimuovano questi ‘dirigenti scienziati’, corresponsabili di continui default a danno della sicurezza proprio di chi dovrebbe garantire quella di tutti”. Bertolami fa poi l’esempio di Polfer e Polaria che da 30 anni hanno le stesse divise ordinarie: “In tutto il mondo gli agenti alle stazioni sono a rischio attacchi, ma i nostri vanno ancora in giro con in giacca e cravatta, scarpine da cerimonia, bottoni dorati e cinturoni con pendagli”.
L’analisi dell’Anac, così impietosa, finirà all’attenzione del ministro dell’Interno.
Si apprestano a scrivere un’interrogazione a Minniti i deputati di Alternativa Libera Marco Baldassarre e Tancredi Turco: “E’ inconcepibile — attaccano — che il Viminale non sia capace di acquistare i giubbotti antiproiettile per la Polizia di Stato, oltre ad altro materiale, senza violare il codice degli appalti. E’ una condotta che lede il diritto dei cittadini a veder spesi bene i propri soldi e quello delle forze dell’ordine ad essere approvvigionate di equipaggiamenti fondamentali, in tempi ragionevoli”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Giugno 22nd, 2017 Riccardo Fucile
“HA PAURA DI PARLARMI PERCHE’ IO LA MANDO AFFANCULO”
Per l’ex capo del personale del Campidoglio, Raffaele Marra, il sindaco Virginia Raggi nella vicenda della nomina del fratello Renato a capo del dipartimento turismo, “sta facendo la vittima”.
E’ quanto emerge da una intercettazione telefonica depositata nel processo che vede Marra imputato per corruzione in concorso con l’imprenditore Sergio Scarpellini
Parlando al telefono con una amica, Raffaele Marra afferma: “basta a fare la vittima! Sta facendo la vittima. Diglielo ‘basta a fare la vittima’, si lamenta sempre! Ehm; Sempre a fare la vittima!”.
E ancora: “Io che le devo dire? Se ci sono problemi rimetto il mandato, ma più di questo che deve fare una persona? Io le ho mandato i messaggi – conclude Marra – e lei non mi risponde e io che cosa posso fà ?”.
Sempre sulla nomina del fratello Renato, Marra dice: “Mi deve dire che io so scorretto. Ha paura di dirmi che io sò scorretto. Perchè io la mando a fanculo. Se lei mi dovesse dì ‘tu non me l’hai detò, io direi “guarda, sei nà bugiarda”.
“Non vuole parlare con me perchè dice che non ha tempo. Ma non è una giustificazione. Ma perchè non vuole parlà con me? Perchè ha paura… perchè quando lei parla con me, è in soggezione… “, afferma sempre Marra nella conversazione.
Parlando del primo cittadino, Marra aggiunge: “lei mi dice ‘na cosa, se non e’ vero io ce lo dico. Come ho sempre fatto pure cò Gianni (Alemanno ndr), come aggia fatto sempre cò la Polverini. Io se la cosa non è come dicono loro, io glielo dico ma a fin di bene. Non per fare il presuntuoso. Che me ne importa a me? Glielo dico perchè effettivamente è quello che penso. Poi, voglio dì, tu puoi farci la tara… ti dico ‘guarda a me ‘sta cosa che mi dici non mi interessa, non mi piace, non la voglio fare punto e basta”.
Per Marra, Raggi “in questo momento non è in grado di sostenere la conversazione con me. E allora evita, scappa”.
In un’altra intercettazione, Marra afferma: “Lui (Grillo ndr) ha chiesto una tregua fino al 4 agosto, cioè fino al 4 dicembre, ci sono le elezioni (referendum ndr), e dopo o provvede lei direttamente (si riferisce al sindaco Raggi, ndr) o provvederà lui a cacciarmi via. Che poi cacciarmi via!? Come mi cacci via che sono un dirigente pubblico in tutto ciò?”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Roma | Commenta »
Giugno 22nd, 2017 Riccardo Fucile
“SULLA RAGGI DECIDE TUTTO CASALEGGIO”… INTERVISTA A ROBERTO MOTTA CHE HA VINTO IL RICORSO CONTRO LA CASALEGGIO
«In relazione all’espulsione contestata nel giudizio pendente e sospesa con provvedimento cautelare del Tribunale di Roma, cui è seguita la riammissione temporanea, ti comunico la riammissione in via definitiva al MoVimento 5 stelle». Firmato Beppe Grillo.
Roberto Motta, il capo degli espulsi romani M5S, uno dei militanti dotati di studi alle spalle (laureato in statistica con Giorgio Troi, nel giro degli allievi di Federico Caffè), ha guidato i ricorsi vinti contro la Casaleggio dai grillini cacciati a Roma e Napoli.
Ha appena ricevuto questa mail dall’azienda, per la prima volta Grillo deve arretrare da un’espulsione, pena guai giudiziari più seri.
Ma Motta non ha intenzione di deporre l’ascia. «La lotta continua», dice.
Non è abbastanza che Grillo, per la prima volta, debba riammettere un espulso?
«No. Ci sono altri giudizi pendenti, illegittimità del regolamento e della seconda associazione, costituita da Grillo e dal nipote, lite temeraria, e altro»
Ci sarà anche un possibile risarcimento molto alto, per perdita di chance.
«Io sarei stato tra i consiglieri comunali, con ottime chance di risultare nei primi cinque».
La riammissione avviene in coincidenza dei guai della sindaca. Che pensa della Raggi?
«Il suo fallimento va molto oltre le cose che sono emerse. Comincia dal decalogo che firmò con lo staff. Lei ha accettato di fare tutto quello che le viene detto. A partire dalle nomine. Non può decidere niente»
Per esempio?
«Pensi solo a due degli ultimi casi: Raggi nomina Fabio Serini – che era il curatore giudiziale all’Aamps, l’azienda di rifuti di Livorno, cioè un controllore del M5S - come commissario straordinario all’Ipa, l’Istituto di previdenza dei dirigenti capitolini: cioè un controllato. Luca Lanzalone, consulente Aamps sempre a Livorno, diventa presidente di Acea. Siamo dentro totali conflitti d’interessi, intrecci nei cda, un disastro, completamente contrario ai princìpi del Movimento».
Rispetto alla giunta Marino come va?
«Marino aveva fatto cose anche buone. Per esempio aveva tolto tutti i cda delle municipalizzate. La Raggi li ha rimessi. C’è una persona brava, come Antonella Giglio all’Ama? Viene mandata via senza motivo, anzi, col motivo strisciante che sarebbe amica della Muraro: detto dalla Montanari, che arriva a Grillo dalla giunta di Delrio a Reggio Emilia».
La Raggi dapprima legata alla destra, poi ha cercato tregua dai media appoggiandosi a qualche ex del mondo Pd?
«La Raggi, scoperta la sua pratica da Previti, o le nomine legate al giro Panzironi, s’è rifugiata ripescando le terze file del Pd a Roma. Altra cosa contraria alle regole M5S. In passato gente è stata cacciata dal M5S per molto meno, come la povera Cecilia Petrassi, che era stata assistente, precaria, di Claudio Scajola».
Le competenze come le sembrano, nella giunta e negli eletti capitolini M5S?
«Ai contenuti hanno preferito imporre minigonne, slogan banali e incoerenti rispetto ai principi condivisi dalla base. Alle critiche rispondono con permaloso livore mirato a colpire esclusivamente la persona. Nel M5S un capogruppo che ha un diploma turistico alberghiero, Paolo Ferrara, attacca Cristina Grancio, un architetto, che critica con cognizione di causa le scelte di Raggi sullo stadio».
È vero che Lombardi ha reso la vita ancora più difficile alla sindaca?
«Io ci credo poco. Tutto questo odio tra le due l’ho visto poco, e ho lavorato per Roberta, e avuto ottimo rapporto con Virginia. Conservo ancora gli scritti di quando la futura sindaca mi rispondeva per messaggio “vedete di andare d’accordo, tu e Roberta, il Paese ha bisogno di voi”».
Forse una lieve esagerazione, foriera di analoghe prove.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Grillo | Commenta »
Giugno 22nd, 2017 Riccardo Fucile
IL DISEGNO DI LEGGE INTRODUCE UNO IUS CULTURAE PIU’ CHE UNO IUS SOLI TEMPERATO E CI EQUIPARA AI MAGGIORI STATI EUROPEI
Fra tutte le scempiaggini sentite in questi giorni sullo Ius soli, in seguito al ddl presentato dal Pd in Senato, la peggiore credo sia quella lanciata da Sergio Rami de Il Giornale, che ha becerato “Questa è una sostituzione etnica“.
In realtà si tratta di un riciclo scadente: la stessa formuletta lobotomica era infatti stata adoperata da Magdi (poco) Cristiano Allam, sempre su Il Giornale, che però l’aveva tirata fuori in occasione della polemica spuria sulle Ong che aiutano i migranti a non morire affogati nel Mediterraneo, un’azione che senza dubbio deve apparire riprovevole a chi sulle nostre coste sarà semmai venuto in prima classe con volo di linea, par bleu.
Se questo è il livello dei cosiddetti opinionisti e commentatori, figuratevi qual è il livello dei Mario Rossi.
Gente che a suo tempo ha faticato duro per ottenere una licenza media, che tuttavia in epoca di social network si scopre ogni mattino in grado di sentenziare su qualunque tecnicalità , dal numero di vaccini da rendere obbligatori alle modalità di ottenimento della cittadinanza italiana.
Allora armiamoci di pazienza.
Esistono due tipi principali di diritto alla naturalizzazione: Ius soli (diritto del territorio, espressione giuridica che indica l’acquisizione della cittadinanza di un dato Paese come conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori) e Ius sanguinis (diritto del sangue, inteso come parentela, quando si eredita o si ottiene la cittadinanza in quanto parenti di qualcuno che già ce l’ha).
Ultimamente si va facendo largo un terzo tipo: lo Ius culturae, ossia quando si acquisisce la cittadinanza previa il passaggio di un test di cittadinanza apposito (particolarmente interessanti quelli canadesi e britannici, che includono anche serie nozioni di Storia patria, oltre che delle lingue ufficiali), o magari dopo aver ultimato un ciclo di studi obbligatori nel Paese in cui si è nati, o in cui si è arrivati in giovane età .
Sono ben pochi gli Stati che usano solo lo Ius soli o solo lo Ius sanguinis.
Un paese a Ius soli preponderante sono gli Stati Uniti d’America, lo Ius soli americano è figlio delle condizioni storiche di un Paese che fu di frontiera e bisognoso di popolarsi.
L’Italia ha oggi un sistema tra i più iniqui al mondo, in cui prevale il diritto di parentela su quello del territorio, ma prevede già alcune aperture di Ius soli.
Quindi ampliare lo Ius soli non significa eliminare lo Ius sanguinis ma spostare il bilanciamento verso una posizione più al passo coi tempi.
Infatti, lo Ius sanguinis, nel mondo globalizzato di oggi, è sempre meno utilizzato dagli Stati in favore dello Ius culturae.
L’Italia è uno di quei Paesi in cui il diritto di stirpe è ancora assai forte. Questo porta a situazioni assurde per cui lontanissimi discendenti di emigrati italiani dei quattro angoli del mondo, che non hanno mai messo piede in Italia nè conoscono la lingua o pagano le tasse in Italia, possono ottenere la cittadinanza italiana senza problemi.
Allo stesso tempo, bambini i cui genitori pagano le tasse qui, magari nati in Italia o arrivati qui da piccoli, che hanno l’italiano come lingua madre, che spesso parlano anche il dialetto della loro città , che vanno a scuola, cantano Rovazzi o Guccini e fanno l’album delle figurine Panini, restano apolidi o comunque non italiani fino al 18° anno d’età .
Bene, chi parla di “sostituzione etnica” e altre menate si rassicuri: stiamo parlando di bambini che, in ogni caso, al compimento dei 18 anni diventeranno cittadini italiani. Nessuno viene aggiunto dal ddl in discussione al Senato.
Sul punto si è espresso in modo magistrale il blogger Fabristol, che invita i contestatari del ddl oltre che a imparare a leggere le proposte di legge prima di parlare anche a “imparare a controllare il piccolo omino tribale che è in loro. […] Lo abbiamo capito che UGA-CHUGA-UGA-UGA la vostra tribù è importante e che volete difendere il vostro territorio UGA-CHUGA dalla contaminazione di altri geni. E che il villaggio con le capanne vi sta a cuore ma vi devo dare una brutta notizia: mentre eravate nella vostra capanna di paglia siamo arrivati nel 2017, un anno in cui la globalizzazione e’ arrivata in tutto il mondo, perfino in Italia, uno dei paesi con la piu’ bassa percentuale di stranieri in Europa”.
Tornando al ddl, si tratta di un disegno di legge che introduce uno Ius culturae, più che uno Ius soli temperato.
Per usare le parole del giornale l’Avvenire: “Non sarebbero automaticamente cittadine italiane tutte le persone nate nel nostro Paese. Ma potrebbero chiedere di diventarlo i nati in Italia da genitori stranieri, uno dei quali sia titolare di un permesso di soggiorno di lunga durata (il che significa da un genitore che da molti anni lavora qui, paga le tasse e non ha mai commesso reati)”.
Gli anni di permanenza sul nostro territorio sarebbero dunque almeno 5 e il ddl ci avvicinerebbe alla situazione di Regno Unito, Grecia, Portogallo (5 anni anche lì).
Va anche ricordato che il M5S era per uno Ius soli ancora più generoso: dovevano bastare 3 anni di permanenza in Italia come è scritto nella proposta di legge 1204 a firma Sorian, Di Maio, Di Battista e altri, presentata alla Camera il 14 giugno 2013, quindi in un’epoca molto lontana dal secondo turno dei ballottaggi di domenica prossima.
Il ddl si prende cura anche di quei minori stranieri non accompagnati che arrivano sulle nostre coste da soli. Se rimangono in Italia per almeno 5 anni frequentando le scuole, hanno diritto di cittadinanza.
I casi paventati di migliaia di donne nigeriane che partoriscono sulla spiaggia per avere un figlio italiano sono solo i clichè delle fantasie dei soliti razzisti. Il ddl esclude dalla domanda di cittadinanza anche altre categorie di stranieri, tipo quelli che in Italia:
a) soggiornino per motivi di studio o formazione professionale;
b) soggiornino a titolo di protezione temporanea o per motivi umanitari;
c) abbiano chiesto la protezione internazionale e siano in attesa di una decisione definitiva circa tale richiesta;
d) siano titolari di un permesso di soggiorno di breve durata;
e) godano di uno status giuridico particolare previsto dalle convenzioni internazionali sulle relazioni diplomatiche.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Diritti civili | Commenta »
Giugno 22nd, 2017 Riccardo Fucile
IL DEPUTATO M5S RIMARCA LA DISTANZA DALLA LINEA GRILLO-DI MAIO
“Se siamo contrari allo Ius Soli? Il gruppo, in questo momento, al Senato voterà l’astensione dal provvedimento, così come abbiamo votato alla Camera. Ci sono persone che sono più contrarie e persone che sono più a favore”.
Così Roberto Fico, capogruppo alla Camera del M5s e presidente della Commissione Vigilanza Rai, ospite del programma di Rai Radio1 Un Giorno da Pecora, nella puntata che andrà in onda venerdì alle 13.30.
Lei è favorevole o contrario allo Ius Soli?
“Io sono favorevole”.
Ha cercato di convincere Grillo a cambiare posizione?
“Io non devo convincere nessuno — ha detto Fico ai conduttori Giorgio Lauro e Geppi Cucciari – e poi non credo che la posizione del Movimento sia negativa sullo Ius Soli. Se questa legge passa in questo modo, in questo momento, tirata fuori durante il ballottaggio, è un qualcosa che è più un pretesto per il Pd per cercare di ricollocarsi a sinistra”.
Quindi lei è favorevole ma non lo voterebbe?
“Sono favorevole, voterei lo Ius Soli. Ed è anche un poco errato chiamarlo Ius Soli — ha detto Fico a Rai Radio1 -, perchè in questo caso è anche uno Ius Culturae, è un po’ diverso insomma”.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Grillo | Commenta »
Giugno 22nd, 2017 Riccardo Fucile
“TOTI HA MENTITO AI CITTADINI, I COSTI SONO TRE VOLTE SUPERIORI”… ALTRO CHE TRASPARENZA, SOLDI PUBBLICI PER MARKETING POLITICO
Il conto del tappeto si allunga. E soprattutto lievita, perchè il costo del già molto discusso “Red Carpet” passa da 30.000 euro a 55.000 euro.
Pagati da Liguria Digitale, la società guidata fino a qualche settimana fa dal candidato sindaco di centrodestra, Marco Bucci.
A scoprire nuove fatture relative al Red Carpet, l’installazione di otto chilometri di moquette rossa da Rapallo a Portofino, voluta dal presidente della Regione Giovanni Toti, è stato il portavoce regionale M5S, Fabio Tosi.
E intanto il presidente Toti, stamattina, a due giorni dal ballottaggio, voleva inaugurare un altro tappeto rosso, a Nervi, ufficialmente per lanciare la campagna promozionale degli eventi estivi della Regione, ma si è visto negare il permesso proprio dal sindaco di Genova, Marco Doria. «Le istituzioni facciano le istituzioni, non campagna elettorale – ha spiegato Doria – in questo delicato periodo le istituzioni dovrebbero, per legge, astenersi da iniziative che possano assumere un significato elettorale. E’ evidente che l’esposizione di un tappeto sulla meravigliosa passeggiata, in funzione di una conferenza stampa, non servirebbe a valorizzare questa inestimabile risorsa della città ».
Per il “Red Carpet” i conti dunque sono ancora più lunghi: per la “posatura della moquette” sono stati spesi da Liguria Digitale 9500 euro, per i “servizi TV per evento Spring Walk”, come è stato chiamato l’evento di inaugurazione del Red Carpet, sono stati pagati da Liguria Digitale alla società P.T.V., ovvero l’emittente televisiva Primocanale, 8000 euro.
Poi ci sono le spese sostenute per la “pubblicità su camion a vela per evento Spring Walk”, per 2400 euro, e per la “pubblicità sugli autobus del Tigullio per la Spring Walk”, per 4000 euro.
Infine il costo degli “stendardi per l’evento Spring Walk”, per 2960 euro.
«Il presidente della Regione, Giovanni Toti, quando gli abbiamo chiesto i conti del Red Carpet in commissione bilancio, ha ammesso il costo “solo” di 16.000 euro: adesso abbiamo accertata una cifra che è oltre il triplo, 55.000. Toti e Bucci devono spiegare a tutti i liguri».
Anche perchè, ormai è chiaro, che i costi sostenuti dai privati sono solo una parte rispetto all’importo complessivo dell’operazione, pagata con fondi pubblici.
«Intorno al tappeto rosso ruota una vorticosa operazione di marketing orchestrata da Regione Liguria, attraverso Liguria Digitale – punta il dito Tosi – il tutto a spese degli ignari cittadini liguri, a cui Toti per tutti questi mesi ha tenuto nascosto il vero ruolo dell’azienda informatica dell’allora amministratore delegato Bucci, utilizzata come bancomat della Regione».
E il portavoce regionale va nei dettagli: «Dalla posa del tappeto alla pubblicità , dagli stendardi sino alla copertura televisiva dell’evento, risultano essere stati stanziati da Liguria Digitale altri 24 mila euro, in 5 diverse fatture tutte emesse tra il 18 e il 28 aprile 2017, proprio alla vigilia dell’inaugurazione del tappeto rosso nel Tigullio».
E Tosi mette in guardia gli elettori, alla vigilia del ballottaggio: «Il castello di opacità e silenzio eretto da Toti e Bucci sta crollando fattura dopo fattura, per mesi hanno mentito sui costi del Red Carpet e sulle reali funzioni di Liguria Digitale. Questa è la loro trasparenza».
E a proposito di trasparenza, ieri, il candidato sindaco di centrosinistra Gianni Crivello ha annunciato, se sarà eletto, l’istituzione di un Comitato per la legalità , la trasparenza e l’efficienza amministrativa, presieduto e coordinato da Vito Monetti, già procuratore generale presso la Corte d’Appello di Genova.
«Si ispira a quello milanese presieduto da Gherardo Colombo – ha spiegato Crivello – e che fra i compiti avrà quello di studio e promozione di azioni sulla tematica della legalità ».
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Giugno 22nd, 2017 Riccardo Fucile
A PORTA A PORTA, IL LEADER DI FORZA ITALIA: “MAI PENSATO DI FARE UN GOVERNO CON RENZI”
Da Alfano a Renzi, dai grillini a Donnarumma.
Silvio Berlusconi, in gran rispolvero alla vigilia del secondo turno delle elezioni amministrative, ne ha per tutti.
«Io sono in campo. E con me penso di prendere il 30%, di fronte a questi leader che lasciamo perdere… Io ho la mia esperienza di imprenditore, tutti dicono lavoro, lavoro, ma bisogna dire impresa, impresa, investimenti, investimenti. E invece loro pensano a tasse, tasse», sottolinea, recuperando i suoi vecchi cavalli di battaglia. Alleati all’orizzonte ne vede pochi, «nemici» da cui tenersi alla larga dappertutto.
I grillini sono «gente senza mestiere», e hanno fatto saltare la legge elettorale «per guadagnare altri 130 mila euro di indennità ».
Grillo è «un pericolo», Raggi «non si deve dimettere per avviso di garanzia, semmai per incompetenza».
E la Lega non è da meno, se l’ex Cavaliere è pronto «ad andare all’estero» se dovesse prospettarsi un governo Lega-M5S.
Il Pd? «Mai pensato di governare» con loro, confida a Telelombardia, sottolineando che «l’unico accordo che posso immaginare con Renzi è per definire le regole con le quali andare a votare».
Angelino Alfano? «Non abbiamo preclusioni ma mi sembra molto difficile che un partito che ha sostenuto tre Governi di sinistra possa essere accolto da noi».
Una parola buona arriva per Giorgia Meloni, di cui ammira «la determinazione, la competenza, il coraggio intellettuale, la capacità di analisi» e con la quale «il fatto di incontrarci è talmente scontato che non occorre neppure specificarlo».
E, a sorpresa, Berlusconi mostra un giudizio poco severo anche nei confronti della sottosegretaria al Consiglio Maria Elena Boschi: «Vuole che il padre non parli alla figlia che sta nel Governo dei problemi di Banca Etruria? È contro natura. Non mi piacciono i casi montati dai giornali, se serve si fa un processo, serve una sentenza di terzo grado».
Comprensione pure per Gianluigi Donnarumma, il giovanissimo calciatore pronto a lasciare il Milan in cambio di un contratto più remunerativo, bersagliato dalle critiche sui social: «Essendo un ragazzo che la possibilità di andare in una squadra e guadagnare, per se e per la sua famiglia, 100 milioni mi domando chi non avrebbe fatto lo stesso?», dice Berlusconi.
Anche se poi non resiste, e parla da ex patron del Milan: « Io con le mie doti, avrei trovato una strada di mezzo per farlo restare un periodo al Milan e poi fargli fare il grande colpo della vita».
(da “Il Corriere della Sera”)
argomento: Berlusconi | Commenta »