Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
IL VIDEO DEL CAPOGRUPPO LEGHISTA CENTINAIO CHE INSULTA IL PRESIDENTE DEL SENATO GRASSO CHIAMANDOLO “TERRONE DI MERDA” RIVELA CHE NULLA E’ CAMBIATO IN QUELLA FOGNA RAZZISTA
Durante gli attimi più concitati della giornata di ieri nell’Aula di Palazzo Madama, dove si è votato per l’inversione dei lavori parlamentari, per permettere una più rapida calendarizzazione ed approvazione dello ‘Ius Soli’, tra i senatori che più protestano contro le decisioni prese del Presidente del Senato, Piero Grasso, c’è il capogruppo della Lega Nord, Gian Marco Centinaio.
Da un video realizzato con lo smatphone dai banchi dell’emiciclo dal senatore M5S, Maurizio Buccarella, che ha postato il video sulla sua pagina Facebook, si vedono e si sentono chiaramente gli insulti che Centinaio rivolge alla seconda carica dello Stato.
Prima “sei un infame” mentre è trattenuto a stento dai questori del senato e poi, mentre si appresta a tornare al proprio posto, il presidente dei senatori del ‘Carroccio’ è senza freni e si rivolge così al Presidente Grasso: “terrone di merda“.
Finisce così la presa per il culo di un partito che le ha provate tutte per “accreditarsi al Sud”, sperando di diventare “partito nazionale” e carpire qualche voto agli sprovveduti, magari riciclando il pattume politico “trombato” nelle precedenti elezioni.
E’ bastato un attimo in cui ha perso il controllo e il capogruppo della Lega ha rivelato, con quello specifico “insulto”, tutto il suo odio razzista verso “i terroni” .
In un contesto in cui si è assistito a cosa è diventata la pesudo-destra italiana.
Ci spieghiamo meglio: ai tempi del Msi, Centinaio sarebbe uscito in barella dall’aula se si fosse permesso di insultare il popolo italiano e non sarebbero bastati i commessi per evitargli trenta giorni di degenza al Gemelli.
Ieri invece la becerodestra era rappresentata da una corte di cialtroni che sa solo negare diritti ad altri esseri umani.
Dall’unità nazionale alla discriminazione razziale.
Con la sponda di qualche cocainomane.
argomento: Razzismo | Commenta »
Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
FICO INTERPRETA IL M5S DELLE ORIGINI, NON QUEL POPULISMO XENOFOBO CHE BEN SI ATTAGLIA A GRILLO E A DI MAIO… L’ELETTORATO CINQUESTELLE DEL MERIDIONE NON ACCETTERA’ MAI L’ALLEANZA CON UN MORTO SOVRANISTA CHE CAMMINA, POSIZIONE SCONFITTA IN TUTTA EUROPA
Il silenzio lo rompe Roberto Fico. Un post tutto suo per parlare più al Movimento 5 Stelle che al segretario della Lega Nord nonostante sia diretto a Matteo Salvini.
Un avviso ai naviganti, pubblicato su Facebook: “Caro Salvini, vorrei rincuorarti sul fatto che tra il M5S e la Lega, tra Beppe e te, la distanza di visioni, idee, contenuti è siderale. Indecifrabile. Specie sulla questione migratoria”.
Il capogruppo dei deputati, replicando al leader del Carroccio che ha invitato Grillo a un’alleanza di centrodestra, parla a titolo personale, come avviene nei casi in cui una dichiarazione passa per i social e non attraverso un comunicato ufficiale.
Una mossa del genere, nei giorni in cui si parla con sempre più insistenza di convergenze con la Lega Nord, può essere l’inizio di una battaglia molto più lunga dentro M5s.
Una battaglia che va al di là dei cosiddetti ortodossi contro i pragmatici e che ha come centro nevralgico il cambiamento in atto dentro M5s che — secondo alcuni – sembra guardare sempre più a destra quando si tratta di affrontare i temi chiave..
Il segnale è chiaro se anche il blog di Beppe Grillo, che spesso rilancia i contenuti di alcuni parlamentari pubblicati sulle loro bacheche, questa volta tace.
Fico dà infatti al Movimento una rotta ben precisa girando il timone dalla parte opposta rispetto a dove sembra stiano andando adesso i vertici.
È una direzione che di certo non va a destra ed è la direzione di chi, tra i pentastellati, non vede di buon occhio le politiche sull’immigrazione e anche la scelta fatta nell’Aula del Senato di non votare la legge sullo ius soli, che dà la cittadinanza agli immigrati di seconda generazione, cioè ai bambini nati in Italia.
“Il M5S non crede — scrive ancora Fico – che la soluzione ad ogni problema sia aggredire gli ultimi, chi ha meno chances di noi, chi vive nella difficoltà . Per il M5S nessuno deve restare indietro. Questa è una massima, che ogni singolo attivista segue ogni giorno”.
Parole che, secondo qualcuno, stonano con i post dei giorni scorsi e con il silenzio di tutti gli altri colleghi.
“Com’è possibile — si chiede una deputata — che nessuno, nè Di Maio, nè Grillo in persona, ha ancora risposto a Matteo Salvini che invita Grillo a un’alleanza?”.
Eppure a mezzogiorno vengono battute le agenzie con le dichiarazioni del segretario del Carroccio: “L’alleanza naturale è quella di centrodestra. L’alleanza naturale — ha detto Salvini a Tgcom24 – è quella: chiunque altro sostenga le posizioni della Lega, ad esempio Grillo che sull’immigrazione dice ‘Basta, ce ne sono troppi’, va bene, benvenuti”.
Nessuno replica e Fico a distanza di due ore sbotta e pubblica il suo post su Facebook. Viene condiviso da Roberta Lombardi e da altri parlamentari, ma non viene rilanciato dal blog.
Non sembra ci sia quindi la ‘benedizione’ da parte dei vertici. In fondo pochi giorni fa il sindaco di Roma Virginia Raggi, con il sostegno di Grillo e Di Maio, ha chiesto al prefetto di non far arrivare più immigrati a Roma, annunciando anche la chiusura dei campi rom e prendendosela con i mendicanti del metrò.
Le parole di Fico sembrano essere la contestazione plateale, a distanza di qualche giorno, al pugno duro mostrato dai vertici e a una tendenza iniziata con le critiche alle Ong, definite “taxi del mare”.
Nei giorni in cui si parla con sempre più insistenza di contatti tra i grillini e Carroccio, di convergenze post elettorali o pre elettorali, di temi in comune e Salvini cavalca l’onda, anche provocatoriamente, invitando Grillo ad entrare a far parte di una coalizione, Fico ferma tutto.
Il ragionamento che fanno i deputati a lui vicino suona più o meno così: “Ci stiamo spostando a destra perchè nei comuni in cui andiamo al ballottaggio sfidiamo il centrosinistra e quindi dobbiamo prendere i voti di destra. Ma questi sono dei marchi a fuoco per il Movimento”.
Il percorso iniziato dai vertici è infatti molto più lungo e guarda alle elezioni politiche e anche al dopo se i 5Stelle dovessero avere l’incarico di formare il nuovo governo e avessero bisogno di voti in Parlamento.
E se per Di Maio i vertici stanno lavorando per cucirgli addosso un abito che fa al caso suo (“Luigi ha un profilo di destra, mica si può mettere a fare il terzomondista scamiciato”, sintetizzava qualcuno pochi giorni fa con una battuta), Fico, dall’animo più di sinistra, potrebbe iniziare la sua lunga corsa per fare da contraltare al candidato in pectore e riportando il Movimento alle origini.
Dalle prossime mosse si capirà se si arriverà a una specie di congresso a 5Stelle. Intanto tra i big che faranno campagna elettorale per i ballottaggi il nome di Fico per ora non compare.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
DOPO L’ASTENSIONE DEL M5S SULLO IUS SOLI, MOLTI GLI CHIEDONO PER COERENZA DI TOGLIERE LA FOTO CON IL BAMBINO DI COLORE DAL SUO PROFILO
Su Change.org è stata pubblicata da poco una petizione che chiede ad Alessandro Di Battista di cambiare la foto del suo profilo, dopo la decisione del M5S di astenersi al Senato sullo ius soli (al Senato l’astensione vale come voto negativo).
La petizione prende spunto dalla dichiarazione di Di Battista all’AGI nel 2013 e segnala la sua difesa per poi chiedergli:
Ma quella foto con un bambino di colore, vista la Vostra posizione sullo ius soli, forse sarebbe buon senso cambiarla, non crede?
La petizione è stata lanciata da Tranelliblog.
La parte più divertente sono però le motivazioni della firma visibili sul sito: “perchè il bambino dopo aver fatto la foto con dibba s’è dovuto lavare 300 volte per non puzzare da ipocrita!”, scrive Francesco; “Sto firmando perchè sono il bambino della foto”, sostiene Paolo; “E’ stato il Dibba a dire “io penso che sia più italiano il figlio di un marocchino nato in Italia rispetto a tanti argentini nati da genitori italiani”, dice Francesco. E così via.
Sottointeso: basta speculare sui bambini e poi tradirli .
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Grillo | Commenta »
Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
LA VERSIONE ITALIANA E’ GIA’ DI PER SE’ RESTRITTIVA RISPETTO AGLI ALTRI PAESI CIVILI
ìOggi il Corriere della Sera spiega la differenza tra lo ius soli “classico” e la legge proposta in Italia.
In primo luogo bisogna spiegare la differenza tra Ius Soli, che prevede che la cittadinanza venga attribuita in base al luogo di nascita, e lo ius sanguinis, che è il diritto di cittadinanza legato alla discendenza.
Nel Regno Unito ha la cittadinanza chi asce da un genitore legalmente stabilito, ovvero anche con un permesso di soggiorno senza termine.
La cittadinanza si può comunque richiedere dopo aver vissuto nei dieci anni dopo la nascita non assentandosi per più di novanta giorni. In base al Commonwealth ci sono norme speciali per alcuni paesi.
In Francia ha la cittadinanza il figlio nato nel paese quando almeno un genitore è nato nel paese. Ogni bambino nato nel paese diventa francese al compimento dei 18 anni se ha vissuto stabilmente sul territorio per almeno 5 anni; a 13 se lo chiedono i genitori.
In Spagna è cittadino chi nasce nel paese se almeno uno dei due genitori è nato nel paese. In Germania è cittadino tedesco chi nasce in Germania se un genitore risiede da almeno otto anni nel paese.
In Irlanda vige lo ius sanguinis, ma se un bambino nasce da genitori di cui almeno uno risiede nel paese regolarmente, quindi con permesso di soggiorno, da tre anni prima della sua nascita, allora ottiene immediatamente la cittadinanza irlandese.
La legge sulla cittadinanza Usa invece prevede lo ius soli e cioè la possibilità di essere cittadini per il semplice fatto di essere nati sul territorio degli Stati Uniti.
La cittadinanza americana dura tutta la vita, a meno che non si rinunci ad essa. Con l’entrata in vigore del 14esimo Emendamento della Costituzione il 9 luglio 1868, la cittadinanza delle persone nate negli Stati Uniti è stata regolata da una clausola in cui si afferma: “Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla loro giurisdizione, sono cittadini americani e dello Stato in cui risiedono”.
La clausola è stata modificata da un ordine presidenziale nel 1988 e allargata anche allo spazio navale e a quello aereo. Quindi, un bambino nato su una nave straniera che transita nelle acque territoriali statunitensi, ossia in un raggio massimo di 12 miglia nautiche, oppure su un aereo che stava sorvolando il territorio americano, acquisisce automaticamente la cittadinanza statunitense.
Lo ‘ius soli’ negli Stati Uniti assume un rilievo particolare anche dal punto di vista istituzionale, poichè per essere eletto presidente degli Stati Uniti un candidato dovrà essere inderogabilmente nato su territorio americano.
La legge in discussione al Senato dopo essere stata approvata alla Camera è invece diversa.
Attualmente chi nasce in Italia da genitori stranieri può diventare italiano al compimento del 18esimo anno di età . Nella legge si prevede che chi è nato in Italia possa diventarlo prima a talune condizioni, e quindi non si tratta dello Ius Soli americano che abbiamo descritto prima.
I figli di migranti nati in Italia potranno diventare cittadini della Repubblica in base ad alcuni criteri (ruolo particolare hanno gli anni di residenza dei genitori). Si introduce, accanto allo ius sanguinis (è italiano il figlio di un cittadino italiano) anche una via riconducibile allo ius culturae: le novità riguardano chi arriva nel nostro paese prima dei 12 anni di età e studia in scuole italiane.
[…] Un altro caso riguarda la concessione del diritto di cittadinanza, che avviene con decreto del presidente della Repubblica: può chiederla chi arriva in Italia prima dei 18 anni ed è residente in Italia da almeno sei anni, dopo aver frequentato regolarmente un ciclo scolastico e aver ottenuto il titolo finale.
Si tratti di ius soli o di cittadinanza legata ai banchi di scuola, serve il nulla osta del ministero dell’Interno, che ha sei mesi per verificare che non esistano controindicazioni per motivi di sicurezza.
Per far diventare cittadino italiano un minore è necessario che il padre abbia il diritto di soggiorno permanente, se si tratta di cittadini UE, o quello di lungo periodo per gli extra-Ue.
Il genitore deve aver soggiornato per almeno cinque anni in Italia se cittadino UE.
Se extracomunitario, deve anche dimostrare di avere un reddito, un alloggio idoneo e di conoscere la lingua. Solo se vengono soddisfatte tutte queste condizioni è possibile chiedere la cittadinanza.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Diritti civili | Commenta »
Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
IN REALTA’ L’ESTENSIONE DELLO IUS SOLI E’ CONCESSA AI MINORI SOLO IN DUE CASI… SI TRATTA DI MISURE CHE VANNO A INCIDERE SULLA VITA DI BAMBINI CHE PARLANO ITALIANO E CHE HANNO SEMPRE VISSUTO NEL NOSTRO PAESE
Il disegno di legge di riforma della cittadinanza, attualmente in discussione al Senato, prevede l’estensione dello ius soli in due casi: 1) nei confronti di chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente, riconosciuto al cittadino dell’Unione europea che abbia soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale, o sia in possesso del permesso di soggiorno dell’Unione europea per soggiornanti di lungo periodo e 2) nei confronti del minore straniero che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età , abbia frequentato regolarmente, per almeno cinque anni, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali idonei al conseguimento di una qualifica professionale.
La riforma, quindi, riguarda in particolare i minori stranieri, che attualmente rappresentano il 22% (circa un milione) di tutta la popolazione minorile in Italia.
Si tratta, pertanto, di misure che vanno a incidere sulla vita di bambini che, molto spesso, non hanno mai vissuto in altri paesi e non parlano che l’italiano.
Nei loro confronti non si può neanche dire che siano immigrati, perchè gran parte di loro è nata qui, non ha mai dovuto attraversare alcun confine.
Eppure, sono trattati da stranieri; per vivere, frequentare le scuole o lavorare devono chiedere il permesso di soggiorno.
Il disegno di legge che introduce, assai timidamente, lo ius soli in Italia è senz’altro un segnale positivo, da sostenere. Non si può tuttavia tacere che ha tanto il sapore di una legge manifesto, di una pennellata universalistica in un contesto di politiche che da sempre escludono i non italiani dall’esercizio dei diritti universali, che costruiscono centri di detenzione per immigrati e richiedenti asilo e che sopprimono il diritto alla difesa di questi ultimi in alcuni gradi di giudizio.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Diritti civili | Commenta »
Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
SONDAGGIO PEW RESEARCH CENTER: IN GRAN BRETAGNA VINCEREBBERO GLI EUROPEISTI 54% A 46%… IN ITALIA 56% PER RESTARE NELLA UE, SOLO 35% PER USCIRE… NEI CONQUESTELLE IL 61% VUOLE RESTARE
Dopo il referendum sull’uscita del Regno Unito dalla Ue, in molti Paesi – Gran Bretagna compresa – il sentimento europeista ha ripreso vigore, dopo anni di disaffezione dell’opinione pubblica. Ma due Stati fanno in parte eccezione: la Grecia, e l’Italia.
Il Pew Research Center, centro studi di Washington, ha diffuso ieri sera una ricerca intitolata «Dopo la Brexit gli europei sono più favorevoli alla Ue».
Il sondaggio è stato condotto su un campione di 9.935 persone in Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna, Svezia e Regno Unito, dal 2 marzo al 17 aprile 2017, quindi quasi un anno dopo il referendum britannico.
Questi 10 Paesi rappresentano all’incirca l’80 per cento della popolazione e l’84% dell’economia Ue.
Nell’ultimo anno, l’opinione nei confronti dell’Unione europea è migliorata in quasi tutti i Paesi, ed è maggioritaria ovunque tranne in Grecia.
I più favorevoli alla Ue sono i cittadini di Polonia (74%), Germania (68), Ungheria (67), Svezia (65), Olanda (64), Spagna (62), Francia (56) e anche Regno Unito (54), dove sembra farsi strada una forma di pentimento dopo la vittoria del «Leave». L’unico Paese in cui l’opinione favorevole aumenta, sì, ma resta minoritaria è la Grecia, con il 33%.
Ma al contrario, il solo Paese dove l’opinione favorevole resta maggioritaria – 56% – ma in diminuzione, è l’Italia.
In tutta la ricerca, il nostro Paese sembra seguire più la tendenza della Grecia – tuttora immersa in una crisi economica spaventosa – che degli altri Paesi, sia del Nord sia del Sud dell’Europa.
Solo in Grecia e in Italia oltre un terzo dei cittadini – il 35% – pensano che il loro Paese dovrebbe uscire dall’Unione europea, e in entrambi Paesi il 57% vorrebbe che si tenesse un referendum sull’appartenenza alla Ue.
Il valore mediano di chi sostiene l’uscita dalla Ue, considerando i 10 Paesi studiati, si ferma invece al 18%.
La visione nei confronti dell’Unione Europea non sempre coincide esattamente con quella del partito di riferimento.
Il Movimento Cinque Stelle è definito nello studio come una formazione euro-scettica, ma la ricerca sottolinea che il 61% dei suoi sostenitori hanno una buona opinione dell’Europa.
In Italia esiste comunque una ripartizione secondo la tradizionale categoria destra-sinistra: gli elettori di destra che vogliono uscire dalla Ue sono il 56%, il doppio di quelli di sinistra (23%).
Se in Grecia la fiducia nell’economia è rimasta stabile a livelli bassissimi, nell’ultimo anno c’è un solo Paese dove è diminuita la percentuale di quanti pensano che la situazione economica sia buona: è l’Italia, dove è diminuita di 18 punti passando da 33 a 15.
(da “La Stampa”)
argomento: Europa | Commenta »
Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
LA DEMOCRAZIA USA E’ FATTA DI “PESI E CONTRAPPESI” PROPRIO PER EVITARE UN POTERE FRAUDOLENTO E ARROGANTE DEL PRESIDENTE
Perchè un pericoloso Presidente dai forti impulsi “nativisti” (contro i latinos), “populisti” (contro le èlite liberali), “isolazionisti” (America First) e “autoritari” (comando io) scivola sul piano inclinato che ne ridimensiona il potere e lo porta fuori dalla Casa Bianca?
La risposta sta nel sistema di governo americano fondato sui checks & balances (pesi e contrappesi) che servono a impedire a un organo di governo di acquisire un potere eccessivo o fraudolento a scapito di un altro.
E nel sistema pluralistico che domina la scena politica e sociale degli Stati Uniti.
Il Congresso controlla la Presidenza come si è visto in questi giorni con l’attività del Comitato dell’intelligence, che ha convocato ministri e responsabili delle agenzie indipendenti, tenuti a testimoniare la verità pena l’incriminazione.
Nonostante che il Congresso sia a maggioranza Repubblicana, il controllo istituzionale sulle attività del gruppo Trump è condotto con autonomia perchè è rispettata la regola insita nel sistema di governo quale che sia il potere discrezionale del Presidente.
Rispetto ai limiti di ciascun potere, una funzione decisiva per l’accertamento della verità è svolta anche dalle agenzie federali autonome, prima fra tutte l’FBI.
Pur dipendendo gerarchicamente dal ministro della giustizia, quindi dall’amministrazione Trump, il responsabile FBI Comey e il superprocuratore Mueller alla fine risulteranno essenziali nella individuazione degli atti fraudolenti della presidenza.
Infine nel sistema pluralistico degli bilanciamenti politici e sociali, non deve essere sottovalutato il ruolo della stampa, che svolge oggi la stessa funzione essenziale che ebbe nel Watergate per le dimissioni e l’impeachment di Nixon.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Esteri | Commenta »
Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
E SPUNTANO FUORI ANCHE CONTATTI TRA CRIMI E IL LEGHISTA STUCCHI
“Io ho saputo di più incontri tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio per un’ipotesi di governo antisistema. Me lo ha detto una persona che l’ha sentito dall’uno e dall’altro, uno che non fa politica e che ha ricevuto questa confidenza da entrambi”. A dirlo è il senatore di Alternativa Popolare Gabriele Albertini ospite del programma di Rai Radio1 “Un Giorno da Pecora”. L’intervista viene trascritta e riportata oggi da Repubblica:
Chi glielo ha detto, senatore?
«Una persona seria, che non fa politica però»
E questa persona come lo sa?
«Ha ricevuto una confidenza diretta da entrambi, Salvini e Di Maio. Ma non mi faccia dire altro però. Anche perchè è una vicenda di qualche mese fa».
Sapeva invece di questo incontro tra Casaleggio e Salvini?
«L’ho letto. Personalmente non ci trovo nulla di strano. La politica è fatta di questo, di parlarsi, incontrarsi, quasi una necessità professionale direi. Sarebbe interessante capire di più di cosa si sono detti magari»
Ma perchè secondo lei ci sono state queste reazioni così virulente alla notizia
«Sia M5S che Lega hanno delle posizioni identitarie. Soprattutto i primi che hanno fondato la loro stessa esistenza sul non avere connessione con il sistema. Normale che crei imbarazzo».
La Stampa invece parla di colloqui privati nei corridoi tra leghisti e grillini per la definizione di un patto:
Che fosse in definizione un patto tra M5S e Lega Nord in vista del voto, era cosa nota solo a poche persone al vertice grillino. Per la precisione, a un patto vero e proprio si sarebbe arrivati solo in caso fosse andata in porto la legge elettorale tedesca. Leghisti e 5 Stelle, però, erano nel pieno delle trattative nel timore che si profilasse un’alleanza di governo tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Era il Senato il centro di questi negoziati fatti di colloqui privati nei corridoi.
A condurli per conto del M5S finora è stato Vito Crimi, ex capogruppo, siciliano trapiantato a Milano, uno degli uomini più vicini a Davide Casaleggio e dato in ottimi rapporti con il collega leghista Giacomo Stucchi, presidente del Copasir, di cui il grillino è membro.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Grillo, LegaNord | Commenta »
Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
A UN ANNO DALLA SUA ELEZIONE, SI SCOPRONO GLI ALTARINI
Quanto costa ai romani lo staff di Virginia Raggi? Ad agosto del 2016, a due mesi dalle elezioni, la Raggi faceva sapere che non aveva ancora completato le nomine e che “non arrivava al milione di euro“.
La sindaca prometteva che la sua Amministrazione aveva fissato l’obiettivo di spendere meno di cinque milioni di euro l’anno per lo staff.
Ovvero trecentomila euro in meno di quanto faceva Marino.
Ad un anno dall’insediamento della Raggi le cose però non sembrano andare come promesso.
La sindaca e i suoi assessori infatti non hanno ancora ultimato le nomine dello staff ma già si può ipotizzare che l’obiettivo di stare sotto la soglia di spesa di Marino è troppo ottimistico.
Per farsi un’idea è sufficiente spulciare l’ordinanza numero 84 del 12 giugno 2017 con la quale la Raggi finalmente ha stabilito la “Disciplina per la costituzione degli uffici di diretta collaborazione del Sindaco, del Vice Sindaco e degli Assessori“.
Dal documento emerge che dei 34 membri dello staff della Raggi 18 sono interni (ovvero già dipendenti comunali) e 16 sono esterni a chiamata.
Al Vice Sindaco Luca Bergamo ne spettano 22, di cui nove assunti a tempo determinato. Per fare un confronto Marino aveva fissato a 11 il tetto dei collaboratori esterni del suo ufficio e a 7 quello per l’ufficio del Vice Sindaco.
Altri trenta collaboratori esterni potranno essere assunti dagli Assessori Luca Bergamo, Massimo Colomban, Daniele Frongia, Flavia Marzano e Pinuccia Montanari cui ne spettano sei ciascuno.
L’Assessore al bilancio Andrea Mazzillo potrà assumere 11 collaboratori esterni mentre nove ciascuno spettano agli assessori Luca Montuori, Laura Baldassarre, Adriano Meloni e Linda Meleo.
Si arriva così al numero di 102 assunti con contratto a tempo determinato. La giunta di Ignazio Marino si era fermata a 90
Attualmente però sono stati nominati solo la metà dei collaboratori previsti. Come fa notare Lorenzo D’Albergo sull’edizione romana di Repubblica il costo a bilancio di questi 50 professionisti esterni chiamati a far parte dello staff della giunta si aggira intorno ai 2,5 milioni di euro.
Siamo quindi ben al di sopra del milione di cui la sindaca parlava qualche tempo fa. Ed è possibile che una volta ultimate le nomine possa essere superato anche il tetto massimo dei cinque milioni di euro l’anno. Si vedrà eventualmente quando tutte le nomine saranno ultimate.
Qualche settimana fa il Messaggero scriveva che in un anno di attività quasi un terzo degli atti della Giunta Raggi provenivano dal dipartimento delle Risorse Umane. Riguardavano cioè atti di nomina di collaboratori e membri dello Staff.
Un fronte al quale la Giunta sembra devolvere parecchie energie.
La sindaca ha infatti riunito la giunta più volte ma ha licenziato un numero di delibere inferiore del 15% rispetto a quella del predecessore Marino.
Ci sono però anche dei casi limite che fanno capire come l’obiettivo di ridurre la spesa non venga perseguito con troppa tenacia. Il caso che salta agli occhi di tutti è quello di Silvano Simoni, ingaggiato nello staff dell’assessore all’Ambiente, Pinuccia Montanari.
Il contratto firmato appena prima di Capodanno prevedeva un «trattamento economico complessivo» di 23.725 euro all’anno. Tre mesi dopo però il Campidoglio gliel’ha raddoppiato o quasi, dato che d’ora in poi percepirà 44.892 euro.
Sempre a dicembre venne formalizzato un altro in carico che fece discutere: quello di Andrea Tardito, architetto, già candidato del M5S, assunto nello staff dell’assessore al Patrimonio con un contratto da 88mila euro annui per occuparsi della «gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare».
Quasi il doppio rispetto a quanto guadagnava da dipendente di una delle società in house del Campidoglio, Aequa Roma.
Rimane invece inevasa la richiesta fatta dall’allora consigliera d’opposizione Raggi a Marino di indire un bando aperto per la selezione dei curricula dei collaboratori dello staff del Sindaco e degli assessori.
In ossequio alla trasparenza e al metodo a 5 Stelle per le nomine.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Grillo | Commenta »