Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
ORA ESCONO FUORI DUE DELIBERE PER OLTRE 1,1 MILIONI A FAVORE DELL’AZIENDA DI CUI ERA AMMINISTRATORE IL CANDIDATO SINDACO DI GENOVA… “USO IMPROPRIO DI FONDI PUBBLICI CHE CONFIGURA UN DANNO ERARIALE”
Un esposto alla Corte dei Conti e una querela.
Il Red carpet della Regione Liguria è diventato il ring per lo scontro finale politico alla vigilia del ballottaggio a Genova. Le forze di minoranza in Regione stanno preparando un esposto alla Corte dei Conti proprio sul “caso” del tappeto rosso, la passiera lunga otto chilometri che il presidente Giovanni Toti ha voluto stendere tra Rapallo e Portofino e sulle cui spese si è scatenato il putiferio.
Perchè sotto il tappeto c’è il candidato sindaco di centrodestra, Marco Bucci, che in qualità di amministratore unico di Liguria Digitale (si è poi dimesso per la campagna elettorale) avrebbe pagato due fatture per un totale di oltre 30.000 euro per il “Red Carpet”.
Che sarebbe solo il segmento di un’operazione di comunicazione da 1,1 milione di euro affidata dalla Regione a Liguria Digitale di Bucci.
Negli uffici della Regione, infatti, rimbalza tra via Fieschi, piazza De Ferrari e la nuova sede di Liguria Digitale ad Erzelli, il costo complessivo del progetto di comunicazione che la giunta regionale ha affidato a Liguria Digitale, un’operazione da un milione e 100.000 euro (in due tranche, da 700.000 e da 400.000) in due anni, nel 2016 e 2017, di cui il Red Carpet sarebbe solo un segmento.
Lo statuto di Liguria Digitale non giustificherebbe il coinvolgimento dell’azienda in house della Regione nelle operazioni di promozione.
Invece ha il compito di sostenere la giunta sul piano della comunicazione, gestendo il sito istituzionale della Regione, fornendo software e hardware, occupandosi di cartella clinica digitale, ricetta dematerializzata.
A dare battaglia è Fabio Tosi, portavoce regionale M5S che per primo ha denunciato che il caso Red Carpet possa nascondere un’operazione di promozione politica, camuffato da operazione di promozione turistica.
«Nello statuto di Liguria Digitale si parla di tutto – dice – dal “favorire la standardizzazione e un uso condiviso delle tecnologie più avanzate” alla”infrastruttura digitale presente e futura per la pubblica amministrazione”, sino al “proporre e supportare la diffusione delle tecnologie dell’informazione”. Ma non c’è una sola riga in cui si parla di tappeti, o se ne giustifichi l’acquisto».
Ecco perchè le minoranze stanno coinvolgendo la Corte dei Conti, affinchè verifichi se ci sia stato da parte della Regione, con l’avallo proprio di Liguria Digitale guidata da Bucci, un utilizzo improprio di fondi pubblici che configuri il danno erariale. Anche perchè, fanno notare i consiglieri regionali, quei soldi non sarebbero stati dati dalla Regione a un altro ente pubblico, ma a un privato.
«Poi non si trovano nè delibere nè determine di giunta che giustifichino nel particolare le spese delle altre azioni di comunicazione».
Il presidente Toti annuncia querele. Contro il candidato sindaco di centrosinistra, Gianni Crivello, che ha dichiarato «Toti ha trafugato 30.000 euro di soldi pubblici per stendere il Red Carpet».
E Toti detta: «Ho dato mandato ai legali di procedere contro Crivello, che ha usato termini diffamatori. Tutto è avvenuto nella legalità . Liguria Digitale è una società in house, ha tra i compiti statutari fornire strumenti di marketing territoriale e comunicazione. Liguria Digitale ha svolto il suo compito».
Crivello rintuzza: «Speriamo che almeno gli avvocati, Toti, se li paghi da sè e non li faccia pagare ai contribuenti». E Toti che ribadisce: «L’avvocato Mascia lo pago io» e rilancia.
Il portavoce regionale M5S Fabio Tosi, però, non ci sta: «Che siano rossi, gialli o verdi, proprio i tappeti non fanno parte della mission di Liguria Digitale. Tra gli obiettivi aziendali non è citata alcuna iniziativa sulla promozione turistica del territorio. Sostenere, come lascia intendere Bucci che spendere 30.000 euro per il Red Carpet rientri nell’investimento dell’azienda di cui era a capo significa non avere rispetto per l’intelligenza dei cittadini».
E stocca: «Toti e Bucci facciano al più presto chiarezza. Dopo essere scivolati sul tappeto, non si aggrappino ai vetri».
(da “La Repubblica”)
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Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
NEL 2013: “LA MIA POSIZIONE E’ QUESTA”
O tempora, o mores.
C’è stato un tempo, oh un tempo lontano, in cui Alessandro Di Battista era favorevole allo ius soli.
Non durò molto: il tempo di una conversazione con un giornalista dell’agenzia di stampa AGI riportata all’epoca da molti giornali.
Alla domanda se fosse giusto che un figlio di tunisini nato e cresciuto in Italia non sia cittadino italiano, Di Battista rispondeva: “Non è giusto. Io sono per lo ius soli. È più italiano il figlio di immigrati nato e cresciuto in Italia piuttosto che un argentino, nipote di italiani, che l’Italia non l’ha mai vista. È una questione di diritti fondamentali tra cui il diritto alla cittadinanza”.
Di Battista conveniva che lo ius soli andasse regolamentato e che non potesse essere considerato cittadino italiano il figlio di una donna straniera che viene in Italia a partorire e poi se ne va.
“Io penso — proseguiva Alessandro Di Battista — che serva un certo numero di anni di permanenza in Italia”. Ma la dissidenza di Di Battista durò lo spazio di un mattino.
Di Battista ritrattò subito dopo dicendosi immediatamente d’accordo con Grillo:
Non solo: sul blog di Beppe lo stesso Di Battista sostenne che c’era nettamente gombloddo, anche se l’arbitro cornuto non l’ha fischiato: «La persona che ha raccolto le mie dichiarazioni, non si è qualificata come giornalista, tanto che l’ho scambiato per un deputato del Pd. La persona in questione non mostrava, infatti, il cartellino identificativo per i giornalisti e per questa ragione ho denunciato l’accaduto al servizio sicurezza della Camera dei deputati. E’ l’ennesima trappola dei media, una delle tante imboscate che ci tendono per fare apparire spaccature inesistenti all’interno del MoVimento. Solo al termine dello scambio di battute, il giornalista si è qualificato come tale, prima di andare via. Si chiede, pertanto, a tutti i cronisti di attenersi alle regole etiche e deontologiche della professione».
Per soprannumero, e per non far pensare nemmeno a chi non sapesse leggere che lui potesse non essere d’accordo con Beppe, Di Battista fece anche un video.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
MARCO GIUSTA LINKA SU FB LA FRASE DI FANTOZZI: “UNA SCELTA CHE NON MI APPARTIENE”
L’assessore alle Pari opportunità della giunta comunale grillina di Chiara Appendino, Marco Giusta, “strappa” rispetto ai Cinque Stelle: lo fa su un argomento cruciale, lo Ius soli, criticando l’annunciata astensione dei pentastellati in Senato sul ddl che concede la cittadinanza ai figli di immigrati nati o cresciuti in Italia.
Una scelta decisa da Beppe Grillo sul blog che equivale di fatto a un voto contrario, nel quadro dell’ormai esplicita sterzata a destra del Movimento.
La “dissidenza” di Giusta si consuma con un post su Facebook: “Cosa ne pensi dell’astensione sullo ius soli? – scrive l’assessore – Di pancia mi viene da pensare a questo:” E, di seguito, c’è un link di youTube al celebre sequenza in cui Fantozzi definisce la Corazzata Potemkin “una c… pazzesca”.
Prosegue Giusta: “Di testa mi sembra lo stesso meccanismo dell’astensione sul canguro legato alle unioni civili e stepchild. Da qualunque lato la si guardi, comunque, non mi appartiene”. Seguono numerosi commenti con la frase “Bravo Marco”: tra i quali ce ne sono alcuni scritti da esponenti del Pd.
(da agenzie)
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Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
“PER NOI POCHE E SEMPLICI REGOLE: QUANDO RICEVI UNA NOTIZIA, CERCA LA CONFERMA”
Esiste il metodo Repubblica e, ormai è chiaro, esiste il metodo 5 Stelle. Il primo, il nostro, prevede poche semplici regole: quando ricevi una notizia, cerca una conferma. Solo dopo averla trovata potrai pubblicare. Questo abbiamo fatto l’altro ieri quando una fonte di cui ci fidiamo ci ha raccontato di un incontro riservato tra Salvini e Casaleggio. Grazie a un’altra persona a conoscenza del faccia a faccia la notizia è diventata un articolo di prima pagina. Tutto qui.
Esiste poi il metodo 5 Stelle che prevede innanzitutto una doppia morale.
Quando una notizia riguarda i tuoi avversari politici (va benissimo anche se è pubblicata su Repubblica) allora questi si devono dimettere immediatamente, senza ulteriori verifiche su fonti e dettagli.
Quando invece riguarda te, allora a dimettersi dovrebbero essere i giornalisti, i quali dovrebbero esibire prove e smascherare fonti.
Se nel primo caso, quando parla dei tuoi nemici, il giornalismo è virtuoso, nel secondo invece è descritto come al servizio di oscuri interessi o dei partiti nemici.
E ogni volta la violenza della smentita e la campagna orchestrata sui social è da manuale.
Peccato che poi la verità emerga: ricordate quando Di Maio negava che esistessero inchieste o avvisi di garanzia per la giunta Raggi
Nell’ultimo caso che ci riguarda siamo arrivati in serata alla promessa di querele e alla solita minaccia di fare leggi contro la stampa una volta che saranno al potere. Noi siamo sereni ma ci chiediamo il motivo di tanto livore.
La risposta probabilmente è semplice e ce la consegna la cronaca degli ultimi giorni: la svolta anti-immigrati del movimento di Grillo.
Nessuna voglia di mostrare che il feeling e la convergenza con la Lega non sono casuali ma indicano una strada e una strategia.
Mario Calabresi
(da “La Repubblica”)
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Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
SONDAGGI ALLE STELLE: “EN MARCHE'” SALE ANCORA, TRA 440 E 470 DEPUTATI SU 570″
Il fenomeno Macron continua a rimanere in marcia.
Dopo essere rientrato dalla prima visita all’estero fuori dall’Europa (nel Marocco di re Mohamed VI), il nuovo presidente francese ha aperto una super-fiera dell’innovazione tecnologica a Parigi semplicemente confermando quello che aveva annunciato in campagna elettorale: “La Francia creerà un fondo di investimento di 10 miliardi di euro per lanciare nuove imprese nel settore dell’informatica, dell’innovazione tecnologica. Sarà un fondo che darà visibilità all’innovazione e alla Francia”.
Nei piani del presidente il fondo sarà guidato dalla Bpifrance, la banca pubblica di investimento d’investimento francese, già al centro del lavoro di Macron quando era ministro dell’Economia e dell’Innovazione
Parlando alla conferenza “Viva Technology” il presidente ha detto che “la Francia si dovrà muovere come una start-up”.
Autonomamente la Bpifrance ha confermato nei gironi scorsi alla Reuters che si sta preparando a mettere a disposizione degli investitori nel settore un miliardo di euro, a prescindere dalle future decisioni dello Stato.
Al pubblico presente Macron ha detto che “noi faremo marciare queste innovazioni, trasformeremo la Francia perchè voi non potete aspettare, perchè i vostri competitor non aspettano!”.
Il lancio di “Viva Tecnology” si è svolto mentre venivano diffusi i dati dell’ultimo, impressionante, sondaggio sul ballottaggio delle legislative di domenica prossima: La Republique en marche, il partito del presidente, sembra destinato addirittura a conquistare fra i 440 e i 470 seggi sui 577 dell’Assemblea nazionale.
Secondo il sondaggio “Harris interactive-indeed” il secondo partito, i Rèpublicains avrebbero tra i 60 e gli 80 seggi, mentre i socialisti dell’ex presidente Francois Hollande soltanto tra i 22 e i 35.
I partiti di estrema sinistra avrebbero tra i 14 e i 25 seggi, il Front National tra uno e sei.
Un’ennesima conferma della maggioranza “totale” di cui potrebbe godere Macron.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE EUROPEISTA VUCIC HA SCELTO ANA BRNABIC, ATTUALE MINISTRA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Svolta storica in Serbia: per la prima volta, nel Paese balcanico dove le tendenze omofobe sono storicamente forti e a volte violente, una donna dichiaratamente lgbt assume la guida del governo.
Il giovane presidente eletto (ed ex premier) europeista e riformatore Aleksandar Vucic ha annnunciato di aver scelto Ana Brnabic, dall’estate scorsa ministro della Funzione pubblica, quale suo erede alla guida dell’esecutivo.
“Non è stata una decisione facile”, ha detto Vucic nella conferenza stampa in cui ha annunciato la sua scelta, “ma sono convinto che Ana Brnasbic abbia le qualità e la preparazione per portare avanti il programma di governo, proseguire nelle riforme, pgrogredire sulla strada dell’integrazione del nostro paese nell’Unione europea e continuare a migliorare l’immagine internazionale della Serbia”.
Dopo la netta vittoria di Vucic, appunto premier uscente e leader dello Sns, il partito riformista-europeista di maggioranza, alle elezioni presidenziali anticipate del 2 aprile scorso, era ovviamente necessario trovare un suo o una sua erede, non essendo previsto nè in Serbia nè in altre democrazie il cumulo delle due cariche di capo dello Stato e capo dell’esecutivo.
Ana Brnabic ha appena 42 anni, è lesbica dichiarata e aveva già fatto notizia lo scorso agosto quando era divenuta la prima donna omosessuale a entrare in un governo a Belgrado.
Ora diventa la prima persona lgbt dichiarata in assoluto a guidare l’esecutivo del più importante paese dell’ex Jugoslavia, la Serbia appunto che sotto la leadership di Vucic sta attuando grandi riforme, rilanciando l’economia, risanando i conti pubblici e procede a passo di marcia forzata nel negoziato per entrare nell’Unione europea.
Era stato Vucic in persona, superando resistenze e obiezioni della parte più tradizionalista del mondo politico, a imporre il suo ingresso nel governo.
Adesso l’ha imposta come premier contro potenti rivali: il ministro degli Esteri uscente e premier ad interim Ivica Dacic, e la ex presidente della Banca centrale, donna ma “etero”.
Ana Brnabic vanta una solida formazione: nata a Belgrado, ha conseguito il dottorato all’università di Hull nel Regno Unito.
Prima di entrare nel governo presieduto allora da Vucic, era stata chiamata dal leader a guidare un’associazione mista composta da rappresentanti di governo, parti sociali e società civile, la Naled, che dal 2006 ha l’incarico di creare le migliori condizioni possibili per le riforme e la modernizzazione della Serbia.
In passato c’erano stati, prima dell’arrivo di Vucic al potere, clamorosi episodi di violenza omofoba nel paese. Come nella parata del gay pride del 2010, quando squadristi – gruppi misti di violenti nostalgici del dittatore nazionalista e slavofilo Slobodan Milosevic e di gruppi sciovinisti di estrema destra – avevano attaccato e pestato a sangue i dimostranti e la polizia che cercava di difendere questi ultimi.
Il bilancio fu di 150 feriti, in gran parte agenti che proteggevano i gay dalle squadracce. Nell’era Vucic invece i cortei del gay pride si sono svolti senza incidenti.
La nomina di Ana Brnabic contrasta con altre scelte in diverse parti dell’ex Jugoslavia. Come il risultato delle recentissime elezioni politiche in Kosovo, cioè la vittoria del falco ed ex comandante guerrigliero della Uck Ramush Haradinaj, prossimo premier, di cui la Serbia chiede invano l’estradizione accusandolo di gravi crimini di guerra contro i civili durante le guerre scatenate da Milosevic che portarono dopo gli interventi Nato alla fine della Jugoslavia.
Poche ore prima di scegliere Ana Brnabic come nuovo premier, il vertice di Belgrado aveva tra l’altro indicato, secondo la famosa radio libera B92, di voler restare neutrale, ma anche di voler avviare un’attiva cooperazione con l’Alleanza atlantica.
Insomma sempre piຠspinte e segnali di europeismo e di volontà filo-occidentale.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 16th, 2017 Riccardo Fucile
KUSHNER SOTTO INCHIESTA PER I SUOI AFFARI CON IL CREMLINO… IL VICEPRESIDENTE PENCE NOMINA UN AVVOCATO
Il ruolo di Jared Kushner nel Russiagate e i suoi affari sono sotto inchiesta da parte del procuratore speciale Robert Mueller, incaricato di indagare sui contatti tra lo staff del presidente Donald Trump e il Cremlino. A rivelarlo, come consuetudine, è il Washington Post, che cita “fonti investigative”.
I media Usa avevano già svelato nelle scorse settimane come Kushner fosse coinvolto nelle indagini del Russiagate come “persona di interesse”, ora invece il genero e consigliere di Trump diventa indagato.
Il marito di Ivanka Trump non è il solo. Sotto la lente del procuratore ci sono le finanze di altri uomini chiave vicini al tycoon, compresi Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza nazionale; Paul Manafort, ex direttore della campagna elettorale; e Carter Page, uno dei consiglieri specializzati in politica estera.
Il Washington Post aveva già rivelato che nell’indagine erano finiti i meeting tenuti da Kushner a dicembre con l’ambasciatore russo Sergey Kislyak e con il presidente della banca statale Sergey Gorkov. Durante l’incontro con il diplomatico, Kushner aveva suggerito di stabilire una linea di comunicazione riservata tra Casa Bianca e Cremlino presso le strutture dell’ambasciata russa. Ieri però l’annuncio che ad essere esaminati dal procuratore saranno anche gli affari del giovane imprenditore.
Pence prende un avvocato.
Il vicepresidente Mike Pence ha ingaggiato un suo legale personale, esterno alla Casa Bianca, che lo dovrà assistere e rappresentare nell’ambito delle indagini del Russiagate. Il legale scelto è Richard Cullen, ex procuratore in Virginia. “Il vice presidente è completamente concentrato sui suoi incarichi e nel promuovere l’agenda del presidente ed è impaziente per una rapida conclusione della vicenda”, ha detto il direttore delle comunicazioni di Pence, Jared Agen, in una nota.
(da “La Repubblica”)
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