Marzo 20th, 2018 Riccardo Fucile
LUIGI LAINA’ INCONTRO’ IL RAGAZZO NEL CENTRO CLINICO DI REGINA COELI NELLA NOTTE TRA IL 16 E IL 17 OTTOBRE DEL 2009
“Stefano mi disse che con lui i carabinieri si erano ‘divertiti’. Era ridotto che sembrava una zampogna, in quelle condizioni non doveva essere portato in carcere”.
È quanto ha affermato Luigi Lainà , che incontrò Stefano Cucchi nel centro clinico di Regina Coeli, dove si trovava anche lui, la notte tra il 16 e il 17 ottobre del 2009, nel corso del processo davanti alla I corte d’Assise che vede imputati cinque carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale.
“Gli ho chiesto di alzarmi la maglietta – ha raccontato Lainà , rispondendo alle domande del pm Giovanni Musarò che lo interrogò una prima volta nel novembre del 2014 – e lui mi ha mostrato la schiena: era uno scheletro, sembrava un cane bastonato, roba che neanche ad Auschwitz. Aveva il costato di colore verdognolo-giallo, come quello di una melanzana. Gli ho chiesto se a ridurlo così fosse stato qualcuno della penitenziaria… ero pronto a fare un casino… e invece lui rispose che erano stati i carabinieri che lo avevano arrestato… ‘si sono divertiti’, mi aggiunse. Volevano che facesse la spia, che parlasse per far arrestare altri spacciatori, ma lui è stato un grande, non ha fatto un nome. Mi spiegò che era stato picchiato da due militari in borghese mentre un terzo in divisa intervenne per invitare i due a smetterla”.
“Quando sbagliamo – si è sfogato Lainà – è giusto essere arrestati, messi in carcere e giudicati da un tribunale. Non è giusto, invece, essere massacrati di botte. È successo pure a me qualche volta, e anche io come tanti altri ho dovuto dire di essere caduto per evitare di essere pestato di nuovo. Ma devo ammettere che non ho mai visto un detenuto, come Cucchi, portato in cella in quelle condizioni”.
Fu proprio Lainà , sconcertato da quello che aveva visto, a sollecitare l’intervento del medico di Regina Coeli Pellegrino Petillo che ne dispose il ricovero al Fatebenefratelli anche se poi Cucchi il giorno dopo venne spedito al reparto di medicina protetta del Pertini. “A Petillo dissi che se non fosse intervenuto in tempo, Cucchi sarebbe morto subito a Regina Coeli per quanto stava male – ha precisato Lainà – . Io una cosa così non l’avevo mai vista”.
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2018 Riccardo Fucile
IL PADRE AVEVA SCRITTO UNA LETTERA APPELLO, IL FIGLIO E’ AFFETTO DALLA SINDROME DI WEST: “NON SO QUANTO POTRA’ ANDARE AVANTI”
“Fra tutti i cantanti che ascolto sei l’unica che mi rilassa e se piango per qualche dolore appena sento la tua voce smetto di piangere e ascolto incantato, a volte sorrido”. L’appello era partito sui social: Vittorio Muroni aveva scritto un post a nome del figlio Fabio, affetto dalla sindrome di West, grande fan di Laura Pausini.
In un post, il padre chiedeva alla cantante di trovare un minuto “fra i tuoi super impegni” per andarlo a trovare.
“In questo momento non sto attraversando un buon momento anzi, a detta dei medici non so quanto possa andare avanti”, ha scritto Vittorio su Facebook.
Il post è stato condiviso da diversi utenti e infine l’obiettivo è stato raggiunto: Laura Pausini ha fatto visita al 12enne all’ospedale Maggiore di Lodi, dove si trova ricoverato.
“Ho scritto quella lettera a gennaio, dopo lo sconforto dovuto all’intervento: da allora, infatti, abbiamo fatto dentro e fuori dall’ospedale e Fabio non si è più ripreso”, dice papà Vittorio, come riporta il Giorno,
“Domenica eravamo stati preavvisati dell’arrivo di un pacco dono da parte della cantante per lunedì, e invece poi è venuta a portarlo lei di persona! Un bel regalo per Fabio e per la festa del papà “.
*Qualche tempo prima, Vittorio aveva postato una video del figlio sorridente, mentre ascoltava il singolo della sua cantante preferita,”Non è detto”.
Laura ha regalato al bambino il suo ultimo cd.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 20th, 2018 Riccardo Fucile
SI SPACCA IL FRONTE DI TOTI IN LIGURIA
Il segretario provinciale imperiese della Lega, Giulio Ambrosini, si è dimesso dall’ incarico.
La scorsa settimana aveva partecipato alla convention dell’ex ministro Claudio Scajola (Fi) , che si è candidato a sindaco alle elezioni di primavera provocando le reazioni critiche del segretario ligure della Lega Edoardo Rixi e del governatore Giovanni Toti (Fi) che vogliono invece un candidato alternativo.
La decisione è stata presa nella tarda serata di ieri al termine del direttivo convocato per discutere delle amministrative.
Determinante è stata la partecipazione di Ambrosini alla serata con l’ex ministro. «Dopo un appassionante dibattito ho ritenuto necessario rassegnare irrevocabilmente le dimissioni da segretario provinciale – afferma Ambrosini -. La mia scelta chiarisce la posizione della Lega nell’assetto politico di coalizione di centrodestra per evitare equivoci e fraintendimenti, già oggetto di confusione nell’elettorato e all’interno del partito».
Il consigliere regionale della Lega Alessandro Piana, proposto commissario del partito a Imperia, ha commentato su Ambrosini: «La sua partecipazione alla convention di Scajola è stata inopportuna. la sua partecipazione come segretario è stata colta da alcuni con imbarazzo, da altri con stupore».
Secondo Piana «in questo modo si mettono in discussione le alleanze e noi non possiamo mettere in discussione un modello regionale che ci ha fatto vincere».
Altri leghisti erano alla serata di Scajola: «Non siamo tagliatori di teste e ognuno è libero di decidere cosa meglio crede. Se esiste qualche militante nostalgico è libero di andarsene» dice Piana.
«Dopo 27 anni di appartenenza coerente ritengo da uomo responsabile delle proprie azioni di affrancare il mio partito da qualsiasi illazione interpretativa» ha spiegato Ambrosini.
L’impressione è che sia il primo di una lunga serie.
(da “il Secolo XIX”)
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Marzo 20th, 2018 Riccardo Fucile
GLI ADESIVI TROVATI A CASA DI UNA MILITANTE TORINESE ANTAGONISTA SONO QUELLI DI ZEROCALCARE: L’ESTREMA DESTRA COMPLOTTISTA HA PRESO UNA CANTONATA
Ieri La Stampa ha dato la notizia dei provvedimenti di arresto e delle perquisizioni effettuate dalla Digos per individuare gli autori degli scontri con la polizia al corteo antifascista del 22 febbraio a Torino.
Dai verbali delle perquisizioni risulta che gli investigatori hanno sequestrato nella casa di una studentessa “quasi 800 adesivi con la scritta «qui abita un@ antifascista»: riconducibili al movimento antagonista di Pavia”.
Fin qui la notizia, nuda e cruda, come riportata dal giornale senza alcun ricamo.
Il ritrovamento degli adesivi ha subito fatto scattare il braccio teso ad alcuni utenti che hanno collegato il fatto a quello degli adesivi appiccicati sulle porte delle case di alcuni cittadini di Pavia.
Il caso aveva ottenuto una considerevole risonanza mediatica anche perchè era avvenuto a ridosso delle elezioni politiche.
Ignoti avevano “marchiato” le case degli antifascisti (ma non solo, visto che ad essere colpite non erano solo le abitazioni dei militanti dei centri sociali) con un adesivo con la scritta “Qui ci abita un antifascista” e il simbolo della rete antifascista barrato.
A dare il via è stato il giornalista Maurizio Murelli, ex militante di vari movimenti neofascisti negli anni Settanta e Ottanta.
Diversi simpatizzanti di destra e di Casa Pound hanno condiviso la notizia dopo che un utente ha fatto notare quello che per lui era “ovvio”. Vale a dire che tutto il piagnisteo sugli antifascisti “marchiati” era stato organizzato ad arte proprio dalle stesse presunte vittime. Sono state loro ad attaccare gli adesivi e poi ad accusare i movimenti di estrema destra per poter dare credito alla tesi dell’onda nera che rischiava di travolgere l’Italia alle elezioni.
Nelle condivisioni del post è un diluvio di insulti.
Nel frattempo anche Sinistra Cazzate e Libertà scrive “Ora, che se li fossero attaccati da soli era palese per chiunque conoscesse un minimo l’ambiente. Oggi è giunta la conferma. Che figura di merda ragazzi”.
Ovviamente però nell’articolo della Stampa non c’è nessuna conferma alle tesi di chi sostiene che sia tutta una congiura di sinistri per infangare il buon nome dei neofascisti italiani.
Perchè la cronaca locale ci ricorda che dopo quell’episodio di “marchiatura” i movimenti e i centri sociali reagirono producendo un altro adesivo, disegnato da Zerocalcare, che aveva scritto “Qui abita un@ antifascista“.
Esattamente come in quelli rinvenuti a Torino.
Per i più duri di comprendonio si tratta chiaramente di una reazione successiva alla provocazione notturna.
Non solo i due adesivi sono graficamente diversi ma anche il testo è differente (manca il “ci”).
Ed è per questo che quelli ritrovati a Torino sono “riconducibili al movimento antagonista di Pavia”. Nell’adesivo di Zerocalcare è infatti scritto “Movimento Pavia”. E non c’è solo l’adesivo realizzato da Zerocalcare, la Rete Antifascista ha distribuito altri adesivi dove il “ci” è sbarrato e il simbolo Antifa invece non è sbarrato.
Il tutto è avvenuto alla luce del sole e non nottetempo, come invece è il caso della “marchiatura” fatta dagli ignoti di ispirazione neofascista.
Gli adesivi “sequestrati” a Torino quindi non mettono in relazione la ragazza che li deteneva con la “marchiatura” delle abitazioni. Al massimo costituiscono una “prova” (semmai ce ne fosse bisogno) che la persona in questione è antifascista.
La storia degli antifascisti che si marchiano da soli per poi accusare i “poveri neo-fascisti” è una balla e la notizia riportata dalla Stampa non conferma nulla.
Eppure anche secondo Gino Tornusciolo consigliere comunale per Casa Pound Italia a Grosseto “in pratica se li attaccavano da soli”.
Ed è vero, gli Antifa si attaccavano da soli gli adesivi, ma erano quelli disegnati da Zerocalcare, non gli altri.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 20th, 2018 Riccardo Fucile
SINDACO , ASSESSORI E CORTE DEI MIRACOLI TENTANO LA STRADA DELL’AUMENTO… LA SICUREZZA A CUI TENGONO E’ QUELLA ECONOMICA
Qualcuno, abituato a ben più nobili standard retributivi ed evidentemente poco informato, se n’è accorto solo a cose fatte, osservando la busta paga.
Altri, più avvezzi all’ambiente, hanno invece accettato incarichi non di prima linea – leggi: i consiglieri delegati – ma dietro la promessa che l’aspetto economico sarebbe stato risolto.
A ogni modo, la mission ai tecnici è stata assegnata: alzare gli stipendi del sindaco, del vicesindaco, degli assessori e dei consiglieri comunali a partire da quelli con delega.
Così desidera la giunta, seppure non nella sua interezza, ma è questa la linea dettata dal sindaco Marco Bucci.
Il tentativo prosegue sottotraccia da qualche tempo.
A coordinarlo è un consigliere delegato e avvocato, Federico Bertorello. Ed è in qualche modo coerente con alcune dichiarazioni pubbliche e impegni privati assunti dal primo cittadino.
Tuttavia, è chiaro che il tema sia assai sensibile, prova ne sia la massima riservatezza con cui è stato trattato.
Il puro e semplice spirito di servizio ha infatti abbandonato da tempo questi lidi, ed è stata cosa rarissima anche in passato.
Avvocati, architetti, commercialisti, ingegneri, in caso volessero cimentarsi con incarichi in Comune, devono mettere in conto una penalizzazione economica. A cui fa da contraltare un carico crescente di responsabilità e rischi. Per la fedina penale e il patrimonio.
(da “il Secolo XIX”)
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Marzo 20th, 2018 Riccardo Fucile
DOPO PASQUA VIA AI NEGOZIATI TRA DIFFIDENZE E APERTURE
Luigi Di Maio fa trapelare una frase alle agenzie durante l’incontro con i senatori: «Dei ministri si parla col presidente della Repubblica, dei temi invece con i partiti politici». Sfumature che tradiscono grandi passi in avanti. Mai il leader grillino aveva prima di ora aperto una crepa alla granitica certezza che la squadra dei ministri sarebbe stata quella presentata con tanto di grande scenografia mediatica prima del voto.
Segno che Di Maio vuole trattare. Anzi, sta trattando. Per ora i leader si studiano, si tengono a distanza di telefono.
Tocca agli ambasciatori incontrarsi e parlarsi. E i 5 Stelle lo stanno facendo soprattutto con la Lega. A sentire i grillini che lavorano a stretto contatto con Di Maio, la speranza di avere un governo in qualche modo sostenuto dal Pd, sotto la regia del Colle, si sta via via affievolendo.
Certo, non sono sfuggiti i nuovi importanti segnali di apertura del Pd: «Vediamo però se fanno davvero il referendum tra gli iscritti» è il pensiero di Di Maio. Ma non c’è solo l’idea di una consultazione interna tra i dem che potrebbe comunque finire male. Un renziano eretico come Matteo Richetti propone di ragionare su «un governo di scopo di pochi punti». Qualcosa di non dissimile a quella formula immaginata dai vertici del M5S prima del voto, quando non sapevano che il peso del Movimento sarebbe stato maggiore.
I grillini lasceranno che Mattarella tenti un’ultima carta con il Pd durante le consultazioni dopo Pasqua. Se andrà male, l’asse costruito nel frattempo con i leghisti sulle presidenze di Camera e Senato, diventerà la struttura portante di un’alleanza di governo ancora tutta da disegnare.
I 5 Stelle hanno cambiato schema, temono di tornare al voto con una legge elettorale sfavorevole, «magari con un premio di maggioranza incostituzionale» che favorisca Matteo Salvini e non loro, dopo mesi a tenere in vita un parlamento rissoso.
Nessuno, poi, nel M5S ha la sicurezza che i gruppi, consumati da settimane o mesi di crisi, terranno compatti, o che invece messi di fronte al timore di perdere la poltrona per colpa di nuove elezioni, non imploderanno.
Di Maio è confortato anche dalla convinzione che sarebbero pochi a opporsi a un esecutivo grillo-leghista. Anche chi, come Matteo Mantero, è stato incasellato nell’ala di sinistra del M5S, è ormai pronto a digerire persino la Lega «purchè l’alleanza sia blindata su punti specifici».
Mantero è ligure, «sono diventato pragmatico ortodosso» scherza: «E’ vero che in Liguria i leghisti stanno spolpando la Sanità », ma un conto sono i territori, un altro il governo, condizionato «da un programma che affronti le priorità economiche del Paese».
Nello sguardo dei senatori del M5S c’è la curiosità spaesata di chi debutta in parlamento senza sapere se sarà maggioranza o opposizione. Luigi Di Maio non può che offrire un incoraggiamento: «Per il governo sono sereno e fiducioso. Sarà difficile metterci all’angolo».
Ma la strada deve essere sgombra di inciampi sin dal principio. Di sicuro, non aiuterebbe partire con un pasticcio sugli uffici di presidenza. Di Maio ha offerto una governance condivisa, con due punti fermi: il presidente della Camera va al M5S, il Senato alla Lega o male che vada a qualcun’altro del centrodestra.
I grillini dovranno solo trovare il modo di placare le ire di Forza Italia, compatta nell’insistere su Paolo Romani. L’ipotesi di Giulia Bongiorno, leghista da pochi mesi, potrebbe essere il perfetto nome di mediazione.
Ma Di Maio sta dando prova di un realismo politico capace di molti sacrifici. E lo stesso è pronto a fare sulla squadra di governo. In quest’ottica, pur di avviare un governo, «ogni posto da ministro diventa negoziabile», ragionano nello staff di Di Maio, ma in cambio il M5S vuole la certezza che non si metta in discussione il ruolo da premier del capo politico grillino.
E questo potrebbe essere l’unico vero scoglio da qui a due mesi nelle trattative con la Lega, quando e se entreranno nel vivo. Lo stesso vale se invece sarà il Pd ad aprire un canale di dialogo serio con i grillini. In entrambi i casi Di Maio potrebbe lasciare spazio per ministri politici o, (sarebbe una soluzione preferibile per i 5 Stelle) per tecnici d’area.
(da “La Stampa”)
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Marzo 20th, 2018 Riccardo Fucile
DA GENNAIO 2019 SI PERDE FINO AL 24% DEGLI INCREMENTI DI QUEST’ANNO
La firma dei contratti con gli aumenti per i lavoratori statali nasconde una sorpresa. Dopo gli accordi per gli aumenti dei dipendenti pubblici firmati, come da tradizione, prima delle elezioni, sono arrivati gli arretrati una tantum e gli aumenti nel cedolino per lo stesso mese per chi lavora nei ministeri o negli enti pubblici non economici. Negli altri settori l’attesa non dovrebbe essere lunga: gli accordi sono stati firmati tra il 9 e il 23 febbraio e, dopo i passaggi in Corte dei conti e Consiglio dei ministri per il via libera finale, dovrebbero far sentire i propri effetti sulle buste paga di aprile: più o meno nei giorni in cui gli oltre tre milioni di dipendenti pubblici voteranno il rinnovo delle Rsu nei loro uffici. La corsa pre-elettorale, anche se non ha avuto grosse ricadute sul voto degli statali, è riuscita insomma a sbloccare uno stallo pluriennale.
Ma, ha spiegato ieri il Sole 24 Ore, ha contribuito a un inedito assoluto per i rinnovi contrattuali: gli aumenti “con l’elastico”.
Le buste paga di oltre due dei tre milioni di dipendenti pubblici entrano infatti in una sorta di altalena che vede aumentare gli stipendi in questi mesi, per poi perdere un pezzo a partire dal 1° gennaio prossimo.
A muovere l’altalena è il cosiddetto «elemento perequativo», cioè un tassello aggiuntivo pensato per sostenere un po’ i redditi più bassi. Aggiuntivo ma temporaneo, con il risultato che i dipendenti di regioni e sanità (un milione di persone in tutto) perderanno da gennaio una ventina di euro al mese, cioè circa il 24% dell’aumento.
E una sorte simile toccherà a chi occupa gli scalini più bassi nella gerarchia statale e agli insegnanti con meno anzianità . Un dato chiave emerge chiaro proprio dai numeri qui a fianco: per la natura «perequativa» dell’aumento ballerino, a perdere di più sarà chi guadagna meno.
E lo stesso principio vale per dipendenti di enti statali come le Regioni o per i ministeriali: l’aumento medio che verrà percepito nel 2018 è di 84,5 euro, mentre quello stabile sarà di 64 euro per i dipendenti di regioni ed enti locali. I dipendenti dei ministeri partiranno invece da un aumento medio di 94 euro e si stabilizzeranno sugli 85 euro nel 2019.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 20th, 2018 Riccardo Fucile
SULLA TERRAZZA CON VISTA SAN PIETRO TRA POLITICA E AFFARI
La prima novità è geopolitica. La cena dell’Associazione Gianroberto Casaleggio da Milano si è spostata a Roma, nuova capitale del grillismo a trazione governativa.
È qui infatti che risiedono i palazzi del potere e dunque non è possibile mancare.
La seconda è una diretta conseguenza della prima. La kermesse “Sum”, che quest’anno sarà il 7 aprile sempre a Ivrea, era l’evento di un Movimento che ambiva al governo, questa volta invece sarà la convention di un partito che, in teoria, potrebbe essere al governo.
Dalla terrazza di un hotel vista San Pietro, Davide Casaleggio, davanti a 125 invitati e degustando un menù prettamente romano (costo politico, 60 euro), lancia la seconda edizione di “Sum”, l’evento organizzato in memoria del padre e che, nel giro di un anno, ha visto rivoluzionati il contesto politico e il ruolo del M5S.
“Verso l’associazione l’affetto c’era già l’anno scorso, oggi forse c’è più attenzione”, ammette Casaleggio. E per “attenzione” si intende attenzione politica nei confronti del primo partito italiano. Perchè è vero che “Sum” è organizzato dall’associazione Casaleggio, creata subito dopo la morte di Gianroberto, ma è anche vero che è impossibile separare questa creatura dal marchio M5s.
Quindi, ci sono sì vecchi amici di Gianroberto Casaleggio, ma ci sono anche imprenditori e professionisti, molti di questi invitati da persone già iscritte all’associazione e approfittano della serata per aderire incuriositi dal nuovo corso.
“Il nostro obiettivo è condividere e raccogliere idee sul futuro”, spiega Casaleggio che, prima di gustare una vellutata di ceci e cacio pepe, ripresenta il decalogo degli obiettivi della sua associazione.
Obiettivi che vanno dalla cittadinanza digitale al voto ai sedicenni fino alla tutela del reddito e all’implementazione delle energie rinnovabili fino al 50% di quelle totali. Obiettivi che fanno parte del programma grillino e che, ad Ivrea, potranno essere implementati con i risultati di un sondaggio che Casaleggio, nelle cene di Milano e Roma, ha lanciato tra gli iscritti all’associazione.
La politica è formalmente bandita, proprio come a Milano, ma il contesto è tutto politico. Non solo per la presenza di tanti parlamentari della vecchia guardia, da Roberta Lombardi a Paola Taverna fino a Vito Crimi, Paola Carinelli e Laura Castelli – ma anche perchè la mente va al governo.
C’è il capo politico Luigi Di Maio con tutto il suo staff e il potenziale ministro ai Beni culturali Alberto Bonisoli. Senza togliere la scena a Casaleggio, in tanti si avvicinano al capo politico M5s per complimentarsi del risultato raggiunto alle elezioni e sapere cosa succederà nei prossimi giorni.
Ci sono poi alcuni dei protagonisti della prima edizione di Sum, dalla psicologa Maria Rita Parsi al sociologo Domenico De Masi: “È vero, al vaffa day non andavo perchè non ero invitato. Qui sì, ma in realtà preferivo il vaffa”, ammette.
Su questa terrazza romana c’è una fetta di classe dirigente che adesso, come dice lo stesso Casaleggio, presta più attenzione a questo modo. “Cinque anni fa nessuno ci filava, questo è un Movimento 2.0, pronto a governare”, per dirla in modo schietto con le parole di Arturo Artom, presidente di Confapri e elemento di raccordo tra il M5S e il mondo delle imprese del Nord.
Un mondo che, secondo il M5S, va ricostruito. “C’è un’ossatura di 3-4 mila imprese che sono il futuro del Paese”, spiega Artom disegnando un rilancio economico e industriale in pieno stile anni Sessanta.
Dalla Toscana arrivano tre imprenditrice che non vogliono rivelare il loro nome ma garantiscono: “Alle cene di Renzi non andavamo”. Quella organizzata da Davide Casaleggio potrebbe essere replicata in altre città italiane, soprattutto se aumenteranno gli iscritti quindi i soldi nelle casse dell’associazione.
E considerato il vento che tira a favore dei 5Stelle altri eventi avranno come location le terrazze romane.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 20th, 2018 Riccardo Fucile
SILVIO BERLUSCONI SCRIVE ALLE OLGETTINE
“Cara, sarai venuto a conoscenza che da alcune settimane sono state depositate le motivazioni relative agli incredibili processi sulle cene in casa mia. Inutile dirti che non c’è nessun riguardo per te e per gli altri ospiti delle nostre cene e che continua su di noi l’ignobile denigrazione che tutti abbiamo assurdamente dovuto subire”. Inizia in questo modo la lettera del 29 dicembre 2013 che Silvio Berlusconi scrive a ciascuna delle circa 20 ragazze indagate nell’inchiesta ‘Ruby ter’ per spiegare perchè, da quel momento, non le avrebbe più aiutate economicamente. Nella lettera, tra gli atti depositati dalla Procura di Milano al Tribunale del riesame, l’ex premier ribadisce a ognuna delle ragazze il suo affetto.
Berlusconi spiega che la scelta di non pagarle più è stata presa dai suoi legali in vista di possibili, nuovi guai giudiziari: “Ma c’è qualcosa in più – scrive -. C’è che l’aiuto che io, seguendo l’impulso della mia coscienza, ho continuato a dare a te e alle altre ospiti per lenire gli effetti della devastazione che questi processi hanno causato alla vostra immagine, alla vostra dignità , alla vostra vita, rischia di essere incredibilmente strumentalizzato ipotizzando addirittura dei possibili reati a carico non solo mio ma anche vostro. A questo punto i miei legali pur comprendendo la generosità e l’altruismo della mia iniziativa, mi invitano con assoluta determinazione, a non continuare con il sostegno economico mensile, perchè si potrebbe attribuire al mio aiuto e alla mia accettazione una finalità diversa da quella reale. Per queste ragioni sono obbligato a sospendere da gennaio ogni mio contributo”.
“Sono sicuro – conclude l’ex premier – che tu sei consapevole di quale attacco mi è stato inflitto da una magistratura militante, che fa un uso politico della giustizia per eliminare l’unico ostacolo che si è opposto e che si oppone alla definitiva presa del potere da parte della sinistra. Questa è l’Italia di oggi. Un’Italia senza giustizia, dove per avere giustizia devi rivolgerti alla Corte Europea di Strasburgo come sto facendo per correggere l’assurda e l’indegna sentenza del primo agosto (Mediaset Cassazione). Mi spiace, mi spiace tanto. Spero, a processo finito, di poterti rivedere e riabbracciare. Ti voglio bene. Silvio”.
(da “Huffingtonpost”)
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