Ottobre 18th, 2018 Riccardo Fucile
I RISULTATI DELLA PROPAGANDA DEL GOVERNO: LA BRUTALE AGGRESSIONE A MORBEGNO A DANNO DI UN PANETTIERE
Insulti per il colore della pelle. Poi calci e pugni fino a mandarlo in ospedale. L’ennesima aggressione razzista è avvenuta a Morbegno (Sondrio) ai danni di un senegalese di 28 anni.
Attorno alle 2 di sabato notte il migrante si stava recando al lavoro, in un panificio della città , quando è stato avvicinato da un gruppo di giovani che hanno cominciato a insultarlo per il colore della pelle.
Gli aggressori sarebbero stati individuati grazie anche alle riprese delle telecamere di sorveglianza.
La brutale aggressione è avvenuta in pieno centro nella località della Valtellina. Due giovani lo hanno bloccato iniziando a picchiarlo e uno gli ha sferrato un pugno all’occhio destro. Il 28enne Mame Serigne Gueye ha perso l’equilibrio ed è caduto a terra.
Il cellulare che aveva con sè ha subito danni ma funzionava ancora e il giovane senegalese, sanguinante al volto, è riuscito a chiamare i carabinieri, che ora indagano sull’episodio.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2018 Riccardo Fucile
SCONTRO TRA CASTELLI (M5S) E GARAVAGLIA (LEGA): “C’E’ UN PROBLEMA POLITICO”… DI MAIO IN PROCURA? E CHI L’HA VISTO?… LA TRAGICA FARSA DI UN GOVERNO DEGLI EVASORI FISCALI FINO A 500.000 EURO DI TASSE EVASE
Uno scontro nello scontro tra i due viceministri senza deleghe contribuisce a rendere ancora più surreale il dibattito dietro la “manina” che secondo il vicepremier Luigi Di Maio avrebbe aggiunto lo scudo per riciclaggio e antiriciclaggio e cambiato le soglie della Pace Fiscale del decreto di Lega e MoVimento 5 Stelle.
A darsele di santa ragione sono il leghista Massimo Garavaglia e la grillina Laura Castelli, accomunati dal destino di non aver ricevuto ancora le deleghe per operare dal ministro dell’Economia Giovanni Tria (non per sfiducia, ma perchè non si fida).
Garavaglia in Transatlantico oggi davanti ai cronisti non ce l’ha fatta più a trattenersi: «Ma è evidente che lo sapevano tutti», è sbottato davanti ai cronisti che gli chiedevano se fosse a conoscenza delle presenza nel Dl fiscale delle norme sulla pace fiscale contestate da M5S.
E a alla domanda se anche il vice presidente del Consiglio ne fosse a conoscenza ha replicato: “Non lo so, lo chieda a lui”.
Laura Castelli ha risposto attraverso l’Adn Kronos a Garavaglia: “Lunedì prima del Consiglio dei ministri c’è stato un tavolo politico in cui l’accordo raggiunto prevedeva nessun condono penale e niente scudo fiscale sui capitali esteri. Adesso Garavaglia e la Lega ci dicono che approvano una norma che introduce condoni penali e scudi fiscali per capitali all’estero? Allora c’è un problema politico”.
Nel frattempo non si hanno tracce della denuncia che ieri sera un Di Maio su tutte le furie aveva promesso in Procura puntando il dito contro quei cattivoni dei tecnici del ministero del Tesoro che stavolta c’entrano relativamente con le paturnie a 5 Stelle. Ma per capire cosa sia davvero successo bisogna tornare a leggere e interpretare l’articolo 9 che ha fatto arrabbiare il MoVimento 5 Stelle:
“Nei confronti dei contribuenti che perfezionano la procedura di integrazione o emersione ai sensi del presente articolo e limitatamente alle condotte relative agli imponibili, alle imposte e alle ritenute oggetto della procedura:
a) è esclusa la punibilità per i delitti di cui agli articoli [2, 3,] 4, 10-bis e 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;
b) è altresì esclusa la punibilità delle condotte previste dagli articoli 648-bis e 648- ter del codice penale, commesse in relazione ai delitti di cui alla lettera a);
c) si applica l’articolo 5-septies del decreto-legge 28 giugno 1990, n.167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227
d) si applicano le disposizioni in materia di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 58, comma 6, del medesimo decreto;
e) le condotte previste dall’articolo 648-ter.1 del codice penale non sono punibili se commesse in relazione ai delitti di cui alla lettera a), sino alla data del 30 settembre 2019, entro la quale può essere attivata la procedura”.
Cosa vuol dire tutto ciò?
Emendando il legalese, la pace fiscale, così come è scritta la norma circolata nelle bozze del dl fiscale, è una dichiarazione integrativa che diventa ‘speciale’ estendendosi anche all’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (Ivie) e all’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (Ivafe), tipiche della voluntary disclosure.
La misura prevede gli sconti penali tipici dello scudo sui capitali all’estero, ma rispetto allo scudo, per come è scritta la norma, non si configura come un’emersione totale di nuovi patrimoni, piuttosto come la possibilità di regolarizzare gli immobili o i conti correnti detenuti all’estero già dichiarati al fisco, rettificando il quadro RW della dichiarazione dei redditi ovvero ‘Investimenti all’estero e/o attività estere di natura finanziaria — monitoraggio — Ivie/Ivafe’.
Ecco quindi che comincia a delinearsi un quadro di maggior comprensione di come sono andati i fatti.
Dopo gli articoli dei giornali che nella giornata di ieri hanno illustrato le bozze della pace fiscale, alcuni nel MoVimento 5 Stelle hanno cominciato a mettere sotto pressione Di Maio il quale, come suo costume, per salvare la faccia ha dovuto sostenere di non sapere nulla del provvedimento
L’obiettivo della Lega è di fare in modo che alla Pace Fiscale del governo Lega-M5S aderiscano più evasori possibile.
Senza quegli sconti penali ciascun aderente rischia di confessare automaticamente reati per i quali sono previste pene fino a dieci anni di galera.
Se non si prevede di non punire penalmente chi aderisce in pratica non aderirebbe nessuno. E siccome i soldi che Lega e M5S si attendono dalla Pace Fiscale servono a finanziare misure come quota 100 sulle pensioni e il reddito di cittadinanza, se le entrate attese diventano virtuali a rimetterci sarà proprio il governo Conte sostenuto dal M5S.
Ma siccome nel Grande Popolo dei sostenitori M5S (e tra i parlamentari eletti) c’è chi soffia sul fuoco anche nei confronti di Di Maio, per non fare una figuraccia con gli attivisti alla vigilia di Italia 5 Stelle il vicepresidente del Consiglio ha preferito inventarsi un complotto dietro il quale, dice oggi finalmente Castelli, c’è un dissidio politico.
Quando avranno finito di giocare potranno affrontare il problema. E risolverlo, in un modo o nell’altro.
(da “NextQuotidiano“)
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Ottobre 18th, 2018 Riccardo Fucile
ED E’ SCONTRO ANCHE PER L’AUMENTO RCA AUTO AL NORD: PER LA LEGA “NORMA MAI DISCUSSA”, PER IL M5S “TEMA DISCUSSO LA SETTIMANA SCORSA”
“Lo sapevano tutti”. Così risponde Massimo Garavaglia, sottosegretario all’Economia della Lega, a chi gli chiede chi fosse a conoscenza delle norme del decreto fiscale contestate da Luigi Di Maio.
Lo sapeva anche Di Maio?, incalzano i cronisti. “Non lo so…”, taglia corto Garavaglia. E quando gli si domanda se sia la sua la ‘manina’ che ha cambiato, come sostiene il leader M5s, il testo, risponde accennando un sorriso: “No”.
Poi smentisce la notizia sui presunti aumenti delle assicurazioni Rc auto al Nord per effetto della manovra. “Una norma mai vista, nè condivisa. Quindi, il problema non esiste”.
Ma anche su questo punto è giallo. Fonti del M5S replicano che il tema e la misura sull’Rc auto era stata discussa nella riunione sulla manovra la settimana scorsa ed era stata inviata agli alleati della Lega martedì mattina.
A denunciare la questione era stata in particolare la deputata trentina del Patt (Partito autonomista trentino tirolese) Emanuela Rossini che aveva detto “no alla norma all’interno della manovra che intende uniformare il costo delle assicurazioni su tutto il territorio nazionale, penalizzando soprattutto la provincia di Trento e quella di Bolzano. Per i trentini porterà un aumento del 25% della Rc auto”.
Si alimenta di ora in ora lo scontro tra M5S e Lega sul condono contenuto nel dl fiscale.
Le parole del sottosegretario all’Economia Massimo Garavaglia, che questa mattina ha sostenuto che il testo era noto a tutti, manda su tutte le furie i vertici del Movimento, che a breve contano di intervenire pubblicamente per dare l’altolà alla Lega.
“L’accordo politico raggiunto martedì a Palazzo Chigi era un altro: nessuno scudo fiscale o non punibilità per gli evasori. Noi non aiutiamo i capitali mafiosi”, il messaggio che filtra dai piani alti del Movimento all’Adnkronos.
Il problema, dunque, “diventa politico, non è più questione di ‘manina’ dei tecnici – viene spiegato – per noi un testo così finisce dritto nella pattumiera
Mentre Palazzo Chigi fa sapere di aver bloccato l’invio (“il testo è stato anticipato al Colle solo in via informale”, dice una nota). E annuncia che il premier rivedrà il testo articolo per articolo.
Insomma, il caos.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2018 Riccardo Fucile
E’ DAL 2014 CHE E’ DECADUTO IL DIRITTO AD ABITARE IN UNA CASA POPOLARE… IL REGOLAMENTO PARLA CHIARO
Il Messaggero oggi torna sulla vicenda della mamma di Paola Taverna e della casa dell’ATER che occupa abusivamente, secondo il Comune di Roma, al Quarticciolo. Dopo la difesa della vicepresidente del Senato (un po’ surreale e alquanto furbetta in molti punti), in risposta a un’interrogazione di Fratelli d’Italia l’assessore alle politiche abitative del Lazio Massimo Valeriani ha aggiunto particolari sulla vicenda e ha concluso che i requisiti sono definitivamente decaduti e tocca al Comune, cioè a Virginia Raggi, sgomberarla:
La notifica alla madre ottantenne di Paola Taverna del procedimento di decadenza del diritto ad abitare nell’alloggio popolare risale al 14 dicembre del 2014.
Alla signora viene data la possibilità , come previsto dalla legge, di fornire le controdeduzioni. La ragione del provvedimento? Per legge, se abiti in un alloggio di edilizia popolare, non puoi essere proprietario di un altro immobile, di un valore superiore ai 100 mila euro. E non deve esserlo «nessun componente il nucleo famigliare».
«Dalla verifica del mantenimento dei requisiti — recita la nota tecnica letta da Valeriani — si evinceva che la figlia dell’assegnataria risultava intestataria di altri immobili di uso abitativo nel Comune di Roma e in un altro Comune.
La figlia dell’intestataria risulta componente del nucleo familiare, sebbene la sua residenza sia stata anagraficamente trasferita nell’immobile di sua proprietà acquistato nel 2011»
In sintesi sempre stando alla ricostruzione dell’Ater riferita da Valeriani — la Taverna nel 2011 compra un altro appartamento e lì prende la residenza, ma risulta ancora come componente del nucleo familiare della madre e questo causa la decadenza del diritto ad abitare nell’alloggio popolare:
Come ha replicato la signora? Recita la nota: «In data 11 marzo 2015, fuori termine, vengono presentate le controdeduzioni che vertono sull’assunto che la figlia non vive più nell’alloggio dal 1998, da quando la stessa ha contratto matrimonio e che la residenza anagrafica presso uno stesso indirizzo non può essere sinonimo di coabitazione».
Sono state anche presentate le ricevute di utenze pagate nella nuova casa acquistata. Ma secondo Ater le controdeduzioni non possono essere accolte non solo perchè tardive, ma perchè «l’intestataria ha sempre dichiarato i redditi da lavoro dipendente e da fabbricati percepiti dalla figlia in qualità di componente del nucleo familiare».
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 18th, 2018 Riccardo Fucile
PUR DI NON MOLLARE LA POLTRONA, AVANZA L’IPOTESI DI ANDARE AVANTI SENZA SIMBOLO DEL M5S
«Ho letto il titolo, ma sono passata a notizie più importanti»: ha risposto così Virginia Raggi ieri a chi le chiedeva cosa pensasse dell’intervista rilasciata da Roberta Lombardi a Repubblica Roma in cui la consigliera regionale del Lazio al suo secondo mandato ricordava alla sindaca la necessità di dimettersi in caso di condanna per falso nel caso Marra.
Una freddezza comprensibile visto che al di là delle foto in campagna elettorale il rapporto tra le due personalità più importanti del MoVimento 5 Stelle a Roma (una sindaca, l’altra candidata governatrice contro Zingaretti) non è mai stato idilliaco ed è costato richiami ufficiali e abiure all’ex deputata.
Eppure da qualche giorno circola in Campidoglio — e di riflesso sui giornali — un’ipotesi diversa da quella che vede la sindaca, in caso di condanna, pronta a dimettersi seguendo il codice M5S (testo ritoccato a gennaio 2017 dopo l’avviso di garanzia a Raggi) e poi, dopo 20 giorni, «le dimissioni diventano efficaci ed irrevocabili – è il comma 3 dell’art. 53 del Tuel– e si procede allo scioglimento del consiglio, con contestuale nomina di un commissario» da parte della Prefettura.
L’altra ipotesi è stata oggetto di un articolo del Fatto e oggi di uno del Corriere della Sera Roma, e vede la sindaca andare avanti senza simbolo M5S, tema su cui in Campidoglio si discute da un po’, soprattutto tra consiglieri.
Spiega Andrea Arzilli:
Nel retroscena, però, si fanno i conti su chi è disposto a sostenere Raggi anche senza la copertura politica del M5S. Per farlo serve blindare la maggioranza dei 48 scranni in Aula: il gruppo M5S conta 28 consiglieri, di cui solo 2-3 dell’ala «intransigente» legata alla Lombardi.
La maggioranza della maggioranza sembra infatti decisa a non staccare la spina all’amministrazione, ma anzi pressa per farla proseguire anche senza le 5 stelle a sventolare sul palazzo Senatorio. «Siamo con Virginia anche senza simbolo: abbiamo iniziato un grande lavoro su Roma e non ci fermeremo proprio adesso», confidano alcuni consiglieri grillini.
Il M5S Roma finirebbe quindi per sfidare la direzione nazionale grillina decidendo di mettersi al di fuori delle regole grilline per mantenere Virginia Raggi sullo scranno, con tutte le conseguenze a suo sfavore?
Per inquadrare correttamente la situazione bisognerebbe prima considerare un’altra questione, anch’essa dirimente: insieme a Raggi c’è un buon numero di attuali consiglieri comunali che sono al loro secondo mandato dopo averne svolto uno proprio in Comune oppure in uno dei Municipi.
Chiudere l’esperienza amministrativa di Virginia Raggi, per loro, significherebbe chiudere anche la loro esperienza politica con il MoVimento 5 Stelle per sempre.
La questione però si intreccia con quella fatta trapelare nei giorni scorsi dal senatore Emanuele Dessì, che vorrebbe alcuni senatori grillini pronti a chiedere una deroga alla regola per consentire a chi ha svolto un mandato da consigliere comunale di poter svolgere un altro mandato parlamentare.
È evidente che al netto del “grande lavoro su Roma” che i consiglieri ritengono di aver svolto (i cittadini romani meno, visti i risultati delle elezioni nei municipi e nel Lazio) questo sarà uno dei punti che sarà decisivo nel dirimere la questione dell’appoggio dei consiglieri alla sindaca.
Anche perchè tutti questi discorsi non sembrano proprio quagliare con un dato di fatto inequivocabile: dopo due anni e mezzo di amministrazione Raggi Roma è più sporca di prima e gli autobus continuano a non passare, in barba alle “grandi vittorie” che i consiglieri e la stessa prima cittadina sbandierano ogni tanto su Facebook per vitalizzare la claque. Interpellati alle urne sulle capacità amministrative del M5S nel voto dei municipi III e VIII qualche mese fa, i cittadini romani hanno preferito mandare al ballottaggio i candidati di centrodestra e centrosinistra invece di quelli grillini.
L’incapacità della Giunta Raggi, che non potrebbe venire rivitalizzata nemmeno con la probabilissima vittoria del no nel referendum ATAC che si svolgerà a novembre, ha giocato un ruolo anche nella sconfitta di Roberta Lombardi nella corsa alla Regione Lazio e nelle vittorie dei candidati di centrosinistra e centrodestra in molti collegi della Capitale alle elezioni del 4 marzo: pare difficile, visti i numeri, insistere ancora sulla Raggi e sembra impossibile anche che il M5S riesca a tornare a vincere a Roma presto, anche se dovessero scendere in campo candidati eccellentissimi come Alessandro Di Battista.
Sic stantibus rebus, quella della consiliatura sembra più un’agonia che una “bellissima esperienza amministrativa”. Staccare la spina sarebbe un atto di pietà . Soprattutto nei confronti di Roma.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 18th, 2018 Riccardo Fucile
“SE DEROGHIAMO ALLE NOSTRE STESSE REGOLE DIVENTIAMO COME GLI ALTRI”
“Non sarò certo io a dire che a Roma va tutto benissimo” e “ho l’onestà intellettuale e gli occhi per vedere che la mia città è ancora molto in difficoltà “.
Lo afferma in un’intervista ‘la Repubblica’, Roberta Lombardi, capogruppo M5s alla Regione Lazio, all’indomani dell’allarme lanciato da Unindustria sulla Capitale ferma.
Sul fatto che Roma arranca ed è sommersa dai rifiuti Lombardi sottolinea: “Lo vedo anche io, ma da politica ho informazioni che i cittadini spesso non hanno e so che la dietro la città sporca c’è un problema di revoca di un appalto alla Coop 29 giugno che non ottemperava al servizio”.
Sui problemi di Roma Lombardi non dà la colpa “a Tizio o Caio ma a circostanze che si intrecciano in un quadro difficile. Se gli elettori reputeranno che l’M5S non è stato in grado lo diranno quando si tornerà a votare. Intanto cerchiamo di far comprendere le difficoltà e lavorare per il meglio”.
Sull’ipotesi che la sindaca di Roma Virginia Raggi venga condannata Lombardi risponde: “Ho letto gli atti ma confido nella capacità della magistratura di ricostruire la vicenda. Sul futuro, in caso di condanna mi pare che la sindaca sia stata chiara”. “Ha detto che si dimetterà – conclude – Anzi, si deve dimettere perchè ha firmato il codice etico M5S come tutti noi”.
“Non ci sono piani B – conclude – Siamo 5 Stelle e se deroghiamo alle nostre stesse regole diventiamo come gli altri”.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2018 Riccardo Fucile
BARTOLOMEO FALCO ERA DELEGATO AD APRIRE SEZIONI E GESTIRE IL TESSERAMENTO PER IL PARTITO DI SALVINI
Bartolomeo Falco, ex consigliere comunale di Comiziano (Napoli), in un comunicato del coordinamento campano della Lega a giugno veniva indicato come delegato “ad aprire sezioni e gestire il tesseramento” della Lega a Comiziano nell’ambito di una riorganizzazione sui territori del Nolano.
Come con Salvino Caputo, arrestato per voto di scambio, ma anche come con Ciro Borriello, Maurizio Agostini e tanti altri, la Lega continua ad affidarsi sui territori a una “classe dirigente” scelta senza la necessaria attenzione. E i risultati fioccano.
Bartolomeo Falco è stato arrestato tre giorni fa insieme ad altre 71 persone. E nessuno si era accorto che il nome di quel 53enne, indicato al numero 28 della richiesta di arresto firmata dal pm Luigi Landolfi, corrispondeva a quello di un neo dirigente leghista.
Ci ha fatto caso il sito il24.it, che ieri mattina ha lanciato in home la notizia e la copia del comunicato stampa. Pensate alla faccia di Matteo Salvini, che dopo le operazioni antidroga applaude a carabinieri e poliziotti con il tweet: “Arrestati i mercanti di morte”.
Vincenzo Iurillo sul Fatto Quotidiano riporta alcune delle intercettazioni che hanno portato in carcere Falco:
Biagio chiama Bartolo. “Sto venendo da te, mi puoi dare 50 euro? Non dirmi niente è perchè debbo uscire con una ragazza ed ho paura, debbo mettere la benzina non dirmi niente! È successo una cosa in volata”.
Bartolo risponde: “Tranquillo, tranquillo”. Qualche minuto dopo Biagio richiama: “Va bene Bartolo ho risolto, mi hanno chiamato e ho risolto”.
Risate. Bartolo presta soldi? No, vende cocaina. Le telefonate, intercettate nella notte tra il 7 e l’8 ottobre 2015, sono agli atti di un blitz antidroga della Dda di Napoli.
Il coordinatore campano del Carroccio, il deputato Gianluca Cantalamessa, ha cercato di metterci una pezza dopo che la notizia si è diffusa: “Falco non risulta avere alcuna nomina dal partito”
Non è l’unico. A febbraio 2017 era invece stato arrestato Maurizio Agostini, consigliere circoscrizionale leghista a Mattarello, è stato arrestato insieme a un cittadino albanese, Stefan Dushku, 38enne in Italia senza fissa dimora.
La cocaina era “coperta” con il talco. La storia è raccontata da L’Adige e da Il Dolomiti. I due si trovavano su una Hyundai Atos e sono stati fermati al casello di Trento Sud. Vista l’agitazione dei due fermati i carabinieri hanno deciso di perquisire il mezzo e hanno trovato la cocaina, avvolta in involucri e ricoperta da talco mentolato per cercare di ingannare i cani antidroga.
Agostini è stato successivamente espulso dalla Lega Nord.
Proprio quel partito che quando uno straniero commette un reato inizia ad urlare — per bocca del suo Segretario — che gli immigrati sono tutti spacciatori e criminali.
Ad agosto era stato invece arrestato Ciro Borriello, sindaco di centrodestra di Torre del Greco.
Uno dei pochi sindaci del Sud Italia ad aver manifestato simpatie “leghiste” nei mesi scorsi, quando aveva dichiarato che le frasi contro i napoletani e la secessione erano “solo folklore”, e aveva poi espresso contrarietà all’accoglienza dei trecento migranti in arrivo dal piano di riparto nazionale. In pieno stile leghista.
“Creeranno solo numerosi problemi a Torre del Greco — sottolineava all’epoca al Fatto e poi aggiungeva — in Nigeria non c’è alcuna guerra civile, i migranti che arrivano lo fanno perchè nel loro paese guadagnano 40 euro al mese e da noi invece basta restare pochi minuti fuori a un negozio per guadagnare la stessa cifra. Gli immigrati non ci portano di certo ricchezza, io credo che 35 euro al giorno sarebbero felici di averli anche i torresi. Devono restare a casa loro” concludeva.
Borriello è stato arrestato con l’accusa di corruzione per aver pilotato alcuni appalti a favore della Fratelli Balsamo Srl una ditta che secondo gli inquirenti avrebbe “costituito mediante escamotages contabili, fondi neri di denaro contante, funzionali a ripagare lautamente gli atti contrari ai doveri di ufficio posti in essere dal primo cittadino”.
In quell’occasione l’ufficio stampa della Lega e il coordinatore campano di Noi con Salvini facevano sapere che “per la cronaca, nonostante le richieste per entrare in Noi Con Salvini — notizia verificabile attraverso i quadri locali del partito — questo signore non è mai entrato e non si è mai tesserato”.
(da “NextQuotidiano“)
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Ottobre 18th, 2018 Riccardo Fucile
UNA RAZZISTA ITALIANA ALLONTANA IL GIOVANE, INTERVIENE LA POLIZIA… FLIXBUS: “GARANTITEMO SEMPRE A CHIUNQUE IL DIRITTO DI VIAGGIARE”
La denuncia parte da una giovane ragazza trentina che arriva a casa e denuncia su Facebook, con un post diventato virale, l’episodio d razzismo di cui è stata testimone martedi sera su un autobus diretto da Trento a Roma sul quale una donna italiana di circa 40 anni ha inveito contro un ragazzo senegalese impedendogli di sedersi nel posto assegnato, che era accanto al suo. “Qui no, vai via, vai in fondo, sei di un altro colore e di un’altra religione”.
Il ragazzo si chiama Mamadou, ha 25 anni, da 15 anni vive a Bolzano dove lavora per un’azienda che monta forni.
§Aveva un regolare biglietto ed è salito sul mezzo della Flixbus alla fermata di Trento diretto a Roma per incontrare un amico. Davanti alle invettive della donna è scoppiato in lacrime dicendo: “Non faccio nulla di male. Non sono cattivo. Voglio solo sedermi e riposare perchè sono stanco”.
La donna non recede, nessuno interviene e a quel punto l’autista è costretto a chiamare la polizia che identifica la donna che ha pronunciato le frasi razziste.
Alla fine la soluzione viene trovata proprio grazie alla giovane studentessa ferrarese che viaggiava con un’amica che accetta di cambiare il posto per il viaggio.
Sulla vicenda è intervenuta anche Flixbus Italia che condanna l’episodio affermando: “Ci rincresce che un simile episodio si sia verificato a bordo di un nostro autobus, come operatori della mobilità , da sempre ci impegniamo a garantire a chiunque la possibilità di viaggiare e ricongiungersi coi propri cari, e così continueremo a fare”.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2018 Riccardo Fucile
LA MANINA CHE MODIFICA “A SUA INSAPUTA” IL DECRETO FISCALE E IL GOMBLOTTO EVOCATO SCATENANO GLI UTENTI
C’è chi evoca Mano, il personaggio della famiglia Addams che si muoveva in incognito in una scatola nera, spostando oggetti e rispondendo anche al telefono.
E chi prospetta la sola soluzione efficace: “Introdurre il Var nel Consiglio dei Ministri”.
Chi chiama in causa la “mano de Dios”, Messico 86, Diego Armando Maradona che beffa l’Inghilterra con un colpo di mano.
Insomma: la manina “cha ha cambiato a mia insaputa il testo” del decreto fiscale evocata dal vicepremier Luigi Di Maio è la protagonista indiscussa del dibattito sui social.
Con migliaia di cittadini che ironizzano sulle dichiarazioni rilasciate dal capo politico del Movimento 5 Stelle durante la sua intervista a Porta a Porta.
“Ma secondo voi: un vicepremier che dichiara di voler andare in procura per denunciare il proprio consiglio dei ministri può essere preso sul serio?”.
Su Twitter i messaggi di questo tenore non si contano.
Ancora: “Non è il governo del cambiamento: è una puntata di Temptation Island: si accusano di tradimenti in diretta tv e poi ricominciano come prima”.
Non manca chi, nel nome della metapolitica, stabilisce legami evocativi: “La manina? E’ quella della nipote di Mubarak…”
E se la “gelida manina” di pucciniana memoria è postata un po’ ovunque, c’è chi suggerisce a Di Maio di rivolgersi alla competenza in materia di Chi l’ha visto.
Del resto, gli avvistamenti del testo della manovra sono decine: ovviamente in molti lo segnalano all’ingresso del Tunnel del Brennero o in cima alla Torre di Fantasìa.
Ma c’è chi da chi giura di averlo ritrovato a Roma, sulla Nomentana per l’esattezza. Sui colpevoli i dubbi sono pochi: “Sono stati Diabolik e Eva Kant”.
Chi sdrammatizza evocando il Piccolo Diavolo di Benigni: “Il decreto fiscale? Luigi, l’hai lasciato lì sul tavolo, accanto alla frutta”
Infine chi vuole che il vicepremier sia fedele agli impegni: “Luigi, dicci in quale procura vai, che ti seguiamo”, riferendosi alla promessa di Di Maio di denunciare chi ha modificato il testo del decreto fiscale. Si vedrà .
Intanto tutti aspettano le prossime puntate della “Maninovra Economica”.
(da agenzie)
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