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SORESINA, 170 FACCHINI LICENZIATI, LA POLIZIA DI SALVINI CARICA E MANGANELLA I LAVORATORI

Giugno 14th, 2019 Riccardo Fucile

VIETATO PROTESTARE DAVANTI ALLA SEDE DEL MAGAZZINO FINIPER: LACRIMOGENI E MANGANELLATE DAL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO, TRE OPERAI FERITI

Momenti di tensione questa mattina a Soresina, in provincia di Cremona, davanti ai magazzini dell’azienda della grande distribuzione Finiper. La società , secondo quanto riferisce l’Unione sindacale di base in una nota, ha intenzione di licenziare 170 facchini nonostante un accordo sottoscritto alla prefettura di Cremona.
Per questo motivo in mattinata i lavoratori che molto probabilmente perderanno il posto, molti dei quali accompagnati dai figli, hanno organizzato un presidio davanti ai cancelli del magazzino.
Alcuni dei facchini hanno dato vita a dei picchetti per impedire ai camion di uscire dal polo della logistica.
Sul posto sono intervenuti gli agenti della questura in assetto antisommossa. I poliziotti hanno caricato i manifestanti, utilizzando contro di loro anche gas lacrimogeni.
In un video girato dai sindacalisti dell’Usb e diffuso sulla pagina Facebook dell’organizzazione si vede anche uno dei manifestanti che viene manganellato da un poliziotto.
Alla fine tre lavoratori hanno richiesto l’intervento dei soccorritori: due di loro, secondo quanto riporta l’Azienda regionale emergenza urgenza, sono stati trasportati in codice verde all’ospedale di Crema.
Uno dei manifestanti soccorsi avrebbe riportato una frattura a una gamba. L’episodio è stato stigmatizzato dall’Usb in una nota: “Polizia e carabinieri hanno caricato con violenza i 170 facchini licenziati da Finiper, che con le loro famiglie protestavano questa mattina a Soresina, davanti alla sede della società . Ci sono feriti”.

(da “FanPage“)

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QUANTO CI RUBANO GLI EVASORI: 100 MILIARDI L’ANNO, SECONDO IL MINISTERO DELL’ECONOMIA

Giugno 14th, 2019 Riccardo Fucile

E IL GOVERNO E’ CAPACE SOLO DI FARE CONDONI A LORO FAVORE INVECE CHE METTERLI IN GALERA

Il Fatto Quotidiano pubblica oggi un’infografica in cui riepiloga   l’ultimo rapporto del ministero dell’Economia , relativo all’anno fiscale 2016, in base al quale oggi allo Stato mancano circa 90 miliardi di entrate ogni anno.
È il tax gap, la differenza tra quanto il fisco dovrebbe incassare e quanto incassa davvero.
Le imposte più evase, o eluse, sono l’Irpef sul lavoro autonomo (33,9 miliardi in un anno) e l’Iva (34,9 miliardi).
Al conto vanno poi aggiunti 11 miliardi di evasione contributiva.
Si può quindi dire che ci sono oltre 100 miliardi da recuperare, soldi che lo Stato —inteso come Tesoro,Inps,Inail e altre declinazioni —non incassa e lascia a evasori ed elusori
L’Agenzia delle entrate, nelle sue attività  di contrasto all’evasione, riesce a riscuotere in un anno circa 20,1 miliardi.
Anche se il grosso di questa cifra —10,8 miliardi —deriva da controlli formali sulle dichiarazioni inviate, in cui l’Agenzia può notare imprecisioni o tentativi di nascondere reddito. L’attività  di accertamento vera e propria, la caccia agli evasori, porta solo 8 miliardi di euro.
Spiega il quotidiano che ridurre anche solo di 20 miliardi in più l’anno il tax gap porterebbe in cassa soldi per rispettare gli impegni già  messi a bilancio, contenere il deficit e finanziare qualche intervento di spesa sul fisco (parte delle entrate dalla lotta all’evasione sono in teoria già  vincolate a ridurre le tasse).

(da “NextQuotidiano”)

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IL DEPUTATO LEGHISTA E LA GOGNA SU FB PER DONNE, TRANS E OMOSESSUALI

Giugno 14th, 2019 Riccardo Fucile

ALEX BAZZARRO, IL DEPUTATO CHE BULLIZZA E INSULTA CHI NON LA PENSA COME LUI

Ma non è che per caso il Pride logora chi non ci va? Scorrendo i post del deputato leghista Alex Bazzaro il dubbio viene.
La certezza però è che nella Lega continuano a prendere di mira donne e ragazzine, come già  ha fatto in più occasioni Matteo Salvini.
È il segno che la strategia di comunicazione dei leghisti è davvero tutta centrata sul fomentare l’odio e il rancore della “Bestia” contro chi non la pensa come loro.
E sì che il 32enne deputato veneziano sulla propria scheda di Montecitorio dice di essere un “esperto di comunicazione social media”.
A segnalare la coraggiosa iniziativa dell’onorevole Bazzaro è la deputata PD Giuditta Pini, che sottolinea come il collega leghista si diverta ad offendere e a mettere alla berlina ragazze (senza censurare i volti) la cui unica colpa è stata quella di andare al Pride e di aver esposto dei cartelli ironici su Salvini.
Un post del 9 giugno Bazzaro definisce “idiota del giorno” una ragazza che regge un cartello con scritto “meno salvini più ditalini” che certamente non arreca offesa al ministro. Segue una scarica rabbiosa di insulti da parte degli utenti della pagina del deputato della Lega.
Evidentemente la strategia di comunicazione social media deve aver portato buoni frutti in termini di reach e interazioni perchè il giorno successivo Bazzaro saluta i suoi fan con un altro post in cui se la prende con “altre idiote” che tengono due cartelli, uno con scritto “porti aperti come i nostri culi” (che è una critica legittima alla politica dei porti chiusi di Salvini) e un altro con scritto “tranquilla mamma sono bisex ɐʇsᒉɔsɐɟ uou”
Un’ora dopo ecco un altro post. Anche questa volta ad essere presa di mira è una ragazza (siamo a tre su tre) che ha un cartello con scritto “meno Salvini, più pompini”. Prendiamo atto che evidentemente preferisce Salvini a pompini e ditalini, ed è un suo diritto naturalmente. Come lo è quello di queste cinque ragazze di esprimere liberamente il proprio pensiero senza dover essere messe alla gogna sulla pagina Facebook di un deputato della Repubblica Italiana.
Giuditta Pini gli ricorda che un membro del Parlamento deve servire le istituzioni con dignità  e onore e si chiede se davvero questo sia il modo di rappresentare degnamente le istituzioni del Popolo italiano.
Bazzaro però non ci sta a passare dalla parte del cattivo, lui non ha “problemi con le donne”. Ha solo trovato volgari alcuni cartelli del Pride (ovviamente solo quelli direttamente riferibili alla Lega o a Salvini, che coincidenza).
Chiede quindi alle sue amiche e fan se ha sbagliato, lui ritiene che «rispetto e diritti umani vanno di pari passo». Deve essere per questo che ha definito idiote le ragazze con i cartelli o ha cercato di fare dello slut shaming chiamando in causa i genitori di un’altra donna.
Che sciocchi che non avevamo capito che rispetto e diritti umani vanno di pari passo. Come quando Salvini accusa le Ong di essere “pirati” e di mettere a rischio le vite umane quando salvano i migranti.
Un po’ come quando lo appena un’ora prima di questo post Bazzaro ha condiviso la vignetta omofoba di Marione che prende di mira la lotta della sinistra per i diritti delle persone LGBT con un’orrenda caricatura di un partecipante del gay-pride.
Oppure come quando Bazzaro ha pubblicato una foto di Asia Argento e Vladimir Luxuria su un carro del Pride definendole “i nuovi idoli della sinistra italiana”. Visto che Bazzaro è una persona che mette il rispetto davanti a tutto ha volutamente scelto uno scatto infelice dove entrambe sembrano “mostruose” o drogate. Sempre perchè il rispetto va di pari passo con i diritti umani.
E per fortuna che qualcuno gli fa notare che la foto è stata modificata e gli spiega che innanzitutto nè Asia Argento ne Vladimir Luxuria sono impegnate in politica o idoli della sinistra. Il problema è chiaramente il fatto che siano attiviste dei diritti delle donne e delle persone LGBT.
Perchè forse nella visione di Bazzaro gli omosessuali, le trans e le donne con i tatuaggi sono tutti e tutte “di sinistra”.
Quello che sta facendo il rispettosissimo Bazzaro è puro è semplice bullismo, chiamatelo come volete: slut shaming, body shaming, cyber bullismo.
Non sta criticando le idee delle ragazze con i cartelloni, non sta indicando dove le proposte “politiche” di Asia Argento o Vladimir Luxuria secondo lui sarebbero sbagliate.
Sta semplicemente bullizzando delle persone (incidentalmente tutte donne   perchè non la pensano come lui. Questa cosa è esattamente la negazione del rispetto che Bazzaro pretende nei confronti della Lega o di Salvini.
Ma cosa si può pretendere da gente che milita in un partito che crede che i questionari sul bullismo e i corsi che educano al rispetto delle differenze di genere e contro l’omofobia siano parte di un grande piano del “gender” per omosessualizzare i nostri figli?

(da “NextQuotidiano”)

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TRIA RACCONTA FAVOLE ALL’EUROGRUPPO E 18 MINISTRI DEGLI ALTRI PAESI SCUOTONO LA TESTA

Giugno 14th, 2019 Riccardo Fucile

“BASTA CHIACCHIERE, SERVONO FATTI CONCRETI O AVANTI CON LA PROCEDURA”

Quando Giovanni Tria ha iniziato a spiegare agli altri 18 ministri dell’Eurozona che «l’economia italiana sta andando meglio del previsto» e che «i dati in arrivo a fine luglio lo dimostreranno», al tavolo dell’Eurogruppo – racconta chi era in sala – molti suoi colleghi hanno scosso la testa.
Si aspettavano qualche proposta concreta e invece il titolare di via XX settembre è arrivato a Lussemburgo a mani vuote.
A quel punto un solo ministro si è alzato e ha preso la parola: un intervento che ha interpretato perfettamente il pensiero di tutti gli altri. «Non basta, dovete spiegarci cosa volete fare per evitare la procedura. Altrimenti la Commissione deve andare avanti e noi la sosterremo».
A sorpresa è stato il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire a vestire i panni del Grande Accusatore. Chi si aspettava un atteggiamento solidale da parte di Parigi – che sul rispetto delle regole contabili ha pure qualche problema – si sbagliava di grosso. «Non bastano previsioni generiche – questo il ragionamento di Le Maire nell’intervento in sala -. Dovete dirci quali misure volete prendere perchè ci sono delle regole da rispettare. Ne va della stabilità  dell’Eurozona».
Anche Christine Lagarde, direttrice Fmi, ha indicato tra i principali rischi economici «i Paesi ad alto debito e a bassa crescita che non fanno le riforme».
Proprio il futuro della zona euro è stato uno degli elementi cruciali del dibattito di ieri, che ha tenuto i ministri inchiodati nell’European Convention Center di Lussemburgo fino a notte. E il caso-Italia non aiuta ad ammorbidire i nordici su questi temi.
Ieri pomeriggio, però, con il francese a interpretare la linea dura, i veri “falchi” sono rimasti in disparte.
L’olandese Wopke Hoekstra, per esempio, ha evitato di affondare il colpo. Ci ha pensato la colomba Mario Centeno, presidente Eurogruppo: «Vogliamo chiarezza sulle vostre decisioni politiche».
Prima della riunione, Tria ha incontrato Valdis Dombrovskis per un faccia a faccia. Il vicepresidente è stato molto chiaro: «Serve una correzione sostanziale della traiettoria di bilancio, sia per il 2019 che per il 2020». Tradotto: una manovrina correttiva subito (circa 4 miliardi) e un cambio di passo sui piani in autunno.
Fonti del Tesoro, però, sostengono che la manovra per il 2020 è esclusa dalla trattativa e si dicono convinte che «la maggioranza dei governi non voglia andare fino in fondo». In ogni caso anche il Mef conferma che «i negoziati sono ancora in una fase embrionale». Il problema è che il tempo stringe: il verdetto sulla procedura arriverà  entro il 9 luglio, per questo serve un’intesa prima della fine di giugno.
Il falco francese Le Maire, dunque. Eppure il premier Giuseppe Conte credeva di arrivare oggi a Malta, dove parteciperà  al vertice dei Paesi del Sud Europa, con ben altre prospettive. Questa sera, a margine della cena dei capi di Stato e di governo, avrà  un colloquio a quattr’occhi con il presidente Emmanuel Macron. E magari sarà  l’occasione per chiedere spiegazioni dell’attacco così duro da parte del ministro francese.
In generale Conte si illude della benevolenza dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e di una mediazione del portoghese Centeno. Ma è in casa francese che cerca una sponda. Il premier comincia a muoversi con il suo metodo diplomatico e felpato che nel dicembre scorso consentì all’Italia di evitare la procedura. Ora ci riprova e con Macron sarà  il primo importante tentativo, mentre giovedì della prossima settimana a Bruxelles incontrerà  gli altri leader europei . Da Palazzo Chigi fanno sapere che di fatto la Francia non ha ancora preso una decisione. Ma visto quello che è successo ieri non sembra che Parigi sia disposto a farci sconti.

(da “La Stampa”)

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LA COMMISSIONE UE SMENTISCE SALVINI: “LA SEA WATCH NON DEVE RIPORTARE I NAUFRAGHI IN LIBIA, NON E’ UN PORTO SICURO”

Giugno 14th, 2019 Riccardo Fucile

ALTRO SCHIAFFO ALLE BALLE DEL SEQUESTRATORE DI PERSONE CHE SCAPPA DAI PROCESSI E VIOLA LE LEGGI

Dopo che la nave Sea Watch 3 si è opposta alla richiesta di riportare indietro e quindi respingere in Libia i 52 naufraghi salvati in mare, la Commissione Europea ha ribadito che la Libia non ha porti sicuri, di fatto smentendo la richiesta del ministro dell’Interno.
“Tutte le navi con bandiera europea devono seguire le regole internazionali e sulla ricerca e salvataggio in mare, che significa che devono portare le persone in un porto che sia sicuro. La Commissione ha sempre detto che queste condizioni non ci sono attualmente in Libia” ha spiegato la portavoce della Commissione Ue Natasha Bertaud.
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini – a colpi di Tweet – aveva affermato giovedì di aver chiesto alla nave Sea Watch 3, che mercoledì aveva soccorso 52 migranti in mare, di riportare tutte le persone a bordo della loro nave in Libia.
«Se la nave illegale Ong disubbidirà , mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà  pienamente», aveva scritto Salvini su Twitter.
Ma l’attività  della Sea Watch 3 non è “illegale” come dichiarato dal ministro: lo scorso primo giugno la nave stessa è stata dissequestrata dalla Procura di Agrigento e dunque ha potuto riprendere il mare. Inoltre i migranti a bordo della nave, secondo quanto riportato dal personale medico della Sea Watch, non sarebbero in pericolo di vita come affermato da Salvini.
E nel momento che lo fossero a essere incriminate saranno le autorità  italiane che stanno violando la legge.
Nel primo pomeriggio la ong Sea Watch, che controlla la nave Sea Watch 3, ha mostrato prova di una mail, intercorsa con la cosiddetta Guardia costiera di Tripoli.
Nella mail si legge l’offerta di Tripoli per un porto libico di approdo che continua a non essere e non avere le caratteristiche di un pos, place of safety come richiesto dalla Convenzione di Amburgo che regola i soccorsi in mare.
Per questa ragione, nel comunicato, la Sea Watch ha fatto sapere che non intende: «riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare» poichè si tratterebbe di «un crimine».
«Tripoli non è un porto sicuro» come documentato da numerose inchieste giornalistiche di Avvenire e di altre testate internazionali sugli abusi, le torture e le violenze commesse nei centri di detenzione libici dove vengono riportati i naufraghi, gli stessi da cui scappano.
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato alla fine del 2018 e già  acquisito dagli investigatori della Corte penale internazionale dell’Aja, le persone presenti nei centri di detenzione libici — a tutti gli effetti delle carceri di stato in cui vengono rinchiusi i migranti privi di documenti — sono ancora oggi sottoposti a “orrori inimmaginabili”.
Va ricordato che l’Italia era già  stata condannato nel 2012 dalla Corte europea per i diritti umani per un caso di respingimento avvenuto nel 2009 quando a sud di Lampedusa, delle navi militari italiane intercettarono delle imbarcazioni con a bordo circa 200 migranti di origine eritrea e somala, tra cui bambini e donne in gravidanza, e, senza ricorrere ad alcuna procedura di riconoscimento, le reindirizzarono verso il porto di Tripoli, consegnandole alle autorità  libiche.
L’avvenimento è la prova che la Libia non ha porti sicuri poichè è un Paese che non possiede una normativa in materia di diritto d’asilo, non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra e le cui condizioni carcerarie sono pessime e rischiose da più punti di vista per i detenuti.
Nelle prossime ore resterà  da vedere dove potranno approdare i 52 naufraghi soccorsi.

(da “Avvenire”)

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LA VIGNETTA ALLUSIVA DE “IL FATTO”: MATTEO MESSIA DENARO

Giugno 14th, 2019 Riccardo Fucile

L’ACCOSTAMENTO TRA I LEADER DELLA LEGA E IL BOSS LATITANTE DI COSA NOSTRA

Gli ultimi fatti di cronaca, le esternazioni dai palchi dei comizi e sugli schermi televisivi, le nuove indiscrezioni su innovative (ma neanche troppo) possibilità  di attuare nuovi provvedimenti per rimettere in circolo soldi dormienti nelle cassette di sicurezza.
Tutto ciò è stato riassunto dal vignettista Riccardo Mannelli sulla prima pagina de Il Fatto Quotidiano di venerdì 14 giugno.
Il disegno, però, è molto allusivo ed è destinato a far discutere, specialmente per l’accostamento tra il leader della Lega (e ministro della Repubblica) e il ricercato numero uno d’Italia, nonchè più pericoloso boss latitante di Cosa Nostra.
Ed ecco che nasce la vignetta «Matteo Messia Denaro».
La vignetta di Riccardo Mannelli mostra un omaccione con la barba incolta — disegnato dal naso in giù, fino alla ‘scollatura’ della camicia — che bacia un rosario con un crocifisso, riportando alla memoria (anche per le fattezze) quanto fatto da Matteo Salvini sia sui vari palchi dei numerosi comizi elettorali della Lega, sia in alcune ospitate televisive in cui ha ostentato la sua Cristianità .
Poi la scritta: «Matteo Messina Denaro».
I riferimenti, per quella che può essere considerata una estrema sintesi vignettistica, sono molti. Ma sono destinati a far discutere.
Si parte con l’inchiesta delle procure siciliane che hanno portato all’arresto di Paolo Arata (consigliere per l’Energia del Carroccio) e di suo figlio anche per i contatti con Vito Nicastri, l’imprenditore — considerato il «Re dell’eolico» — accusato di essere uno dei finanziatori del boss della mafia Matteo Messina Denaro. Poi si passa all’ostentazione del rosario e di altri simboli cristiano-cattolici. Infine si fa riferimento alla proposta di inserire una nuova imposta per poter usufruire di quei soldi ‘dormienti’ fermi nelle cassette di sicurezza.
Unendo queste tre ‘notizie’ nasce la vignetta di Riccardo Mannelli sulla prima pagina de Il Fatto Quotidiano di venerdì 14 giugno. «Matteo Messia Denaro» è stata una scelta consapevole, anche da parte del direttore Marco Travaglio — che in passato bloccò la pubblicazione di un disegno di Vauro su Toninelli — ed è destinata a provocare diverse reazioni avverse.

(da agenzie)

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L’ITALIA DI SALVINI FA PAURA AI TURISTI: DUE MILIONI DI PRESENZE IN MENO

Giugno 14th, 2019 Riccardo Fucile

L’ITALIA ALL’ESTERO E’ ORMAI CONSIDERATO UN PAESE RAZZISTA E I TURISTI VANNO ALTROVE PER NON DOVER SOPPORTARE LE STRONZATE DEI SOVRANISTI

Vi ricordate di quando Luigi Di Maio spiegava che «il turismo potrebbe diventare il nostro vero “petrolio”» o quando il ministro del Turismo Gian Marco Centinaio diceva che «Il turismo è il petrolio dell’Italia. Voglio sia prioritario nell’azione di governo, non un argomento da campagna elettorale. Perchè ogni turista in più che entra nel paese è reddito in più per tutti, anche per chi non lavora in questo settore»?
La notizia di oggi è che il turismo è in calo per la prima volta in cinque anni. Le previsioni per la stagione estiva 2019 elaborate da Cst per Assoturismo Confesercenti parlano di un calo di due milioni di presenze rispetto all’estate 2019.
Tra giugno e agosto sono attese 205 milioni di presenze, la flessione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è pari allo 0,9%.
A soffrire sono soprattutto le aree costiere italiane (-1,4%), mentre i risultati migliori questa estate li avranno le imprese ricettive che operano nelle città  d’arte/centri minori (-0,4%) e nelle località  lacustri, dove si registra una domanda estera in leggerissima crescita (+0,2%). Le aree con le proiezioni meno favorevoli sono il Centro e il Sud/Isole (-1,4%).
Le ragioni del calo sono molte: l’incertezza del meteo o il fatto che paesi come Egitto e Turchia si siano stabilizzati politicamente e quindi siano tornati ad essere una meta turistica. Ci sono poi destinazioni con prezzi più convenienti — ma queste c’erano anche negli anni scorsi — come Spagna, Grecia e Croazia.
Ma il problema non riguarda solo la stagione estiva, anche quella primaverile ha registrato un calo di 1,7 milioni di presenze rispetto al 2018.
Secondo il presidente di Assoturismo Vittorio Messina: «la spinta propulsiva degli anni scorsi si sta esaurendo e riemergono le problematiche mai risolte del settore, dalle carenze infrastrutturali all’abusivismo. La delega al governo in tema di turismo è un’occasione per portare a casa una riforma mirata alla crescita: servono interventi per individuare e tutelare le figure professionali del turismo, ma anche un contrasto più efficace all’abusivismo ricettivo e un piano per ridurre le tasse sul settore».
Il problema è che essere competitivi con la Spagna non significa solo abbassare i prezzi ma anche fornire un’offerta migliore. Altrimenti si rischia di competere unicamente in quanto “meta economica”.
Sembra davvero incredibile ma il Paese   con più siti Unesco (51 contro i 48 della Cina e i 44 della Spagna) non è in grado di attrarre più turisti?
Davvero è colpa del fatto che le tasse per gli esercenti del settore sono troppo alte (ma in compenso il governo ha regalato una proroga alla Bolkestein che ci costerà  cara a tutti) oppure dobbiamo iniziare a riflettere anche sul fatto che l’offerta ricettiva non è all’altezza di quella del resto d’Europa o del mondo?
Dobbiamo essere onesti con noi stessi: spesso il turista in Italia è visto come un pollo da spennare. Nel migliore dei casi invece si preferisce vivere di rendita pensando che nel 2019 bastino le belle spiagge, le bellezze naturali e le opere d’arte. Cose che, con tutto il rispetto per il nostro patrimonio artistico, ci sono anche altrove.
Cos’è cambiato dal 2018 ad oggi in Italia? Sicuramente il modo con cui il Paese si “vende” all’estero. Vale a dire l’immagine che diamo di noi.
E a darla non sono solo gli operatori del settore ma anche le notizie che vengono pubblicate sui giornali stranieri.
Il problema dell’Italia di oggi è che rischia di essere percepita come un paese poco accogliente.
Questa è la storia di come il Paese all’estero venga percepito come razzista. Se noi che ci viviamo abbiamo il dubbio di stare diventando un paese sempre più intollerante nei confronti di stranieri e diversi pensate cosa possono capire i turisti stranieri.
Qualche tempo fa i giornali hanno raccontato di una turista olandese che telefonando per prenotare una vacanza ha chiesto se era un problema il fatto che era di colore.
Cose che probabilmente non chiedono più nemmeno per le vacanze in Alabama o in Sud Africa.
Credete non sia vero? L’anno scorso   alla Bit (Borsa Internazionale del turismo) si è parlato di come attrarre il turismo LGBT. Incredibilmente il paese non è visto molto gay-friendly ed anzi è percepito come molto conservatore.
Sicuramente l’immagine non è migliorata con l’arrivo al potere gente come il ministro Fontana o l’organizzazione del World Congress of Families nella città  dell’amore (etero).
Poco importa che gli operatori del settore non siano razzisti o omofobi (anche se qualcuno che non affitta ai gay c’è), è il modo in cui il governo si racconta, la guerra con l’Europa, il sovranismo, l’odio diffuso per gli stranieri, le guerre social di certi politici contro alcuni paesi che dà  l’idea che non siamo una nazione aperta alle culture e alle identità  altre dei turisti ma solo ai loro soldi.
A questo aggiungete i cronici problemi di città  come Roma o i continui lamenti dei veneziani contro i turisti (giusto per non parlare male solo di vive sotto il Po).
Perchè se una persona viene in vacanza nel nostro Paese di sicuro lo fa per il buon cibo, per le bellezze naturali e artistiche ma non vuole certo vivere in un clima di costante preoccupazione perchè non ha la pelle bianca, è di origine araba o magari è un omosessuale che osa baciarsi in pubblico con il compagno.
Forse bisogna smettere di considerare il turismo come “petrolio”, ovvero una sostanza che viene estratta a forza senza troppi complimenti e lavorare di più sul dimostrare al mondo di essere un paese amichevole e accogliente. Del resto quanti di noi andrebbero a mangiare a casa di quell’amico che cucina benissimo ma che al tempo stesso è un insopportabile attaccabrighe?

(da “NextQuotidiano”)

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LA REALTÀ BUSSA ALLA PORTA DEL GOVERNO: METALMECCANICI IN SCIOPERO

Giugno 14th, 2019 Riccardo Fucile

E L’ISTAT RICORDA CHE LE COSE VANNO MALE: AD APRILE GIU’ FATTURATO E ORDINATIVI

Una doccia fredda, l’ennesima, arriva per il Governo dai dati dell’economia italiana. Nel giorno dello sciopero dei metalmeccanici – con cortei a Milano, Firenze e Napoli – brutte notizie arrivano dall’Istat. Il fatturato dell’industria – spiega l’Istituto nazionale di statistica – diminuisce in termini congiunturali dell′1%, registrando il primo calo dall’inizio dell’anno, e su base annua perde lo 0,7% nei dati corretti per il calendario. Anche gli ordinativi risultano in flessione sia su base mensile (-2,4%) che annua (-0,2% nei dati grezzi).
Continua ad andare molto male l’industria italiana dell’auto, che ad aprile 2019 perde l′8,6% rispetto al 2018, dopo il -17,8% di marzo. La flessione è del 9,3% per il mercato interno e del 7,4% per quello estero. Per gli ordini la contrazione è maggiore e raggiunge il -11,6%, -9,4% sul mercato interno e -14,4% su quello estero.
Sciopero di otto ore, oggi, dei metalmeccanici e tre manifestazioni in contemporanea a Milano, Firenze e Napoli, promosse da Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil, per chiedere a Governo e imprese di mettere al centro il lavoro, l’industria, i salari, i diritti. Tra crisi industriali e vertenze, da Whirlpool all’ex Ilva, il sindacato calcola che il numero dei lavoratori a rischio “va dagli 80.000 ai 280.000”.
Ad aprire il corteo di Napoli sono gli operai della Whirlpool di via Argine. “L’italia è diventata terra di scorribande delle multinazionali”, accusa Francesca Re David, segretaria generale Fiom Cgil, dalla manifestazione di Napoli. “Con un impoverimento del lavoro aumentano le morti sul lavoro, aumenta la precarietà  e i salari sono bassi. Se non si riparte dal lavoro l’italia sta ferma”. La Whirlpool, prosegue Re David, ”è l’emblema di questa giornata. Le multinazionali delocalizzano, chiudono, ma noi pretendiamo rispetto degli accordi firmati poco tempo fa: la fabbrica deve rimanere aperta”.
“Il Governo in questa permanente campagna elettorale fa un po’ come Schettino: si avvicina alla scogliera per prendere applausi ma sta facendo affondare la nave”. Così Marco Bentivogli, segretario Fim-cisl, alla manifestazione dei metalmeccanici a Milano. Maurizio Landini, segretario Cgil, non esclude l’ipotesi di uno sciopero generale: “Se il Governo continua a non ascoltarci visto che adesso deve decidere cosa fare rispetto a cosa chiede l’Europa e con la legge di Stabilità , è chiaro che non escludiamo nulla”.
Pesa il fatturato estero che segna -2,8 su mese e -2,8 su anno a fronte della crescita di quello interno nulla sul mese e +0,4% su anno. Tra i settori crescono beni di consumo e energia. I beni di consumo registrano un aumento congiunturale dello 0,9% e l’energia dello 0,2%. Flessioni marcate si registrano invece per i beni intermedi (-2,7%) e i beni strumentali (-1,3%).
Con riferimento al comparto manifatturiero, il settore dei computer e dell’elettronica segna la crescita tendenziale più rilevante (+11,8%) insieme all’industria alimentare (+5,5%), spiega l’Istat. Invece l’industria farmaceutica mostra il calo maggiore (-9%), seguita da mezzi di trasporto (-8,9%), prodotti chimici (-6,4%) e metallurgia (-3,6%).
In termini tendenziali l’indice grezzo degli ordinativi diminuisce dello 0,2%, sintesi di un modesto incremento dello 0,2% sul mercato interno e di una flessione dell′0,8% su quello estero. La maggiore crescita tendenziale si registra nel settore dei computer e dell’elettronica (+8,4%), mentre il peggior risultato si rileva nell’industria chimica (-4,1%).

(da “Huffingtonpost”)

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LA NUOVA STRATEGIA DI SALVINI PER BLOCCARE LA SEA WATCH ED ELIMINARE I TESTIMONI SCOMODI DELLA POLITICA CRIMINALE DEI GOVERNI EUROPEI

Giugno 14th, 2019 Riccardo Fucile

IN BASE ALLE NORME INTERNAZIONALI STA PALESEMENTE VIOLANDO LA LEGGE: VIETATI RESPINGIMENTI COLLETTIVI E LIBIA PORTO NON SICURO

Non è una crisi come le altre, quella in corso. La reazione muscolare del Viminale all’ultimo salvataggio in mare della Sea-Watch sposta l’asticella più in là , intrappolando le navi delle ong in una manovra a tenaglia che coinvolge l’intelligence italiana, la Libia e Malta.
Si apre, dunque, una nuova fase della strategia salviniana di desertificazione del Mediterraneo Centrale, basata sull’improvviso — e, vedremo, affatto casuale – risveglio del Centro soccorsi libico. Che ieri, per la prima volta da quando esiste, ha comunicato un porto sicuro per i 52 migranti della Sea-Watch in fuga dalla Libia. Tripoli.
E’ l’ultimo atto della grande Farsa. La Libia, infatti, gestisce formalmente dal giugno 2018 una vasta zona Search and Rescue (Sar), al cui interno coordina le operazioni di ricerca e salvataggio. Si è registrata, con una auto-certificazione, presso l’Imo, l’ente delle Nazioni Unite che regolamenta il traffico marittimo. Si tratta, nè più nè meno, di una bugia internazionale. Non foss’altro perchè la Libia è platealmente priva dell’elemento basilare per gestire una Sar: la presenza di porti sicuri dove condurre in salvo i naufraghi.
Tre diverse agenzie delle Nazioni Unite concordano sul punto. Anche la Commissione europea, due mesi fa, attraverso la portavoce Natasha Bertaud, è stata chiara: “Non ci saranno rimpatri dall’Unione verso la Libia o navi europee che rimandano indietro i migranti. E’ contro i nostri valori e contro le leggi internazionali ed europee”. In Italia cinque sentenze di Tribunale (Ragusa, Palermo, Trapani) ribadiscono lo stesso concetto. Persino Matteo Salvini, il 25 maggio scorso, davanti alle telecamere della trasmissione La Tribù su Skytg24 ha dovuto ammettere: “Adesso la Libia è un porto insicuro, instabile, ed è un problema non solo sul fronte dell’immigrazione”.
Si è accorto dell’ovvio, il nostro ministro dell’Interno. Solo negli ultimi dieci giorni le cronache di Tripoli hanno riportato il raid aereo contro l’aeroporto di Mitiga (6 giugno), il bombardamento dell’ospedale Swami Field (7 giugno), il rinnovo di un altro anno dell’embargo per la vendita di armi alla Libia disposto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (9 giugno).
Nonostante ciò, ieri la Guardia costiera libica ha chiesto alla Sea-Watch di riportare a Tripoli i 52 migranti salvati, indicando la capitale della Libia come porto sicuro. §
Un cambiamento perfettamente funzionale alla nuova strategia di Salvini, che di fronte all’inefficacia della “politica dei porti chiusi” (ribadita sì a parole, ma affondata dalla realtà  dei fatti, perchè i porti non sono mai stati chiusi), punta ora alla mossa finale per neutralizzare le navi ong. Un obiettivo che il ministro vuole conseguire utilizzando tre strumenti.
Il principale è il Decreto sicurezza bis, che permetterà  al titolare del Viminale di impedire l’accesso nelle acque territoriali italiane a qualsiasi nave ritenuta “non inoffensiva”.
Quali sono, solo nella sua interpretazione, le imbarcazioni delle ong che disobbediscono all’ordine di riportare i migranti “al porto sicuro” di Tripoli.
Ieri, però, il decreto non aveva ancora passato il vaglio del presidente Mattarella, e per questo Salvini è stato costretto a scrivere di getto l’ennesima direrttiva ad navem che ne riproduceva parte del contenuto
Il secondo è l’ascendente che l’intelligence italiana esercita sulla marina libica. Da mesi, la nave militare Capri è ormeggiata in porto, a Tripoli e da lì, di fatto, aiuta a gestire la Sar libica, nell’ambito dell’operazione Nauras, come dimostrato dalle intercettazioni pubblicate sul sito di Repubblica relative alla gestione di uno degli sbarchi della Mare Jonio, la nave della piattaforma civica Mediterranea.
Il terzo è Malta. Dopo mesi di tensioni e provocazioni reciproche (“se è vero che Malta fornisce benzina, giubbotti di salvataggio e bussole ai migranti, indirizzandoli verso l’Italia, ne pagherà  le conseguenze, io mi sono rotto le palle”, diceva Salvini non più tardi del novembre scorso), ieri fonti del Viminale diffondono un comunicato stampa congiunto Italia-Malta, in cui danno contro di una telefonata col premier maltese Muscat. “Hanno condiviso — si legge — l’esigenza di proseguire la collaborazione volta   a sostenere le auorità  libiche per rafforzarne la capacità  di soccorso in mare e di controllo delle frontiere”.
Uno, due, tre. Ecco la tenaglia. Che permette a Salvini di ribaltare il tavolo e, da accusato di sequestro di persona, accusare pubblicamente dello stesso reato le ong che non riportano i migranti in Libia, sollecitando così l’attenzione delle forze di polizia di cui è vertice politico.
Una manovra che però rischia di schiantarsi, come sovente accade con le forzature di Salvini, sullo scoglio del diritto.
“La direttiva – spiega Fulvio Vassallo Paleologo, docente di diritto d’asilo all’Università  di Palermo – si fonda su due presupposti: il dovere di obbedire alla guardia costiera libica e il potere di vietare, o limitare, l’accesso alle acque territoriali italiane. Il primo è stato dichiarato infondato dalle Nazioni Unite, e il secondo appare in violazione del divieto di respingimenti collettivi, ribadito dall’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”.

(da agenzie)

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