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QUANDO AI LEGHISTI ANDAVA BENE LA VISITA IN ITALIA DI GHEDDAFI E LA SCENEGGIATA DI 700 RAGAZZE INVITATE DAL LEADER LIBICO NELL’AMBASCIATA DI ROMA CON DONO DEL CORANO E SERMOME ISLAMISTA

Maggio 16th, 2020 Riccardo Fucile

DIECI ANNI FA LA LEGA E LA MELONI ERANO AL GOVERNO CON BERLUSCONI…GHEDDAFI PARLO’ PER OLTRE UN’ORA E TRE RAGAZZE HOSTESS SI CONVERTIRONO ALL’ISLAM

Era il mese di agosto 2010 e in carica c’era il governo Berlusconi, alleato con la Lega (che aveva illustri ministri), quando Gheddafi arrivo’ in visita ufficiale in Italia su invito del nostro esecutivo.
Una veloce accoglienza nella saletta riservata e poi il corteo blindato raggiunge la residenza dell’ambasciatore libico sulla Cassia: lì Gheddafi ha piantato la sua inseparabile tenda beduina e lì vicino, nel cortile dell’adiacente accademia libica, lo aspettano da ore centinaia di avvenenti ragazze allertate dall’agenzia Hostessweb: è la replica delle “lezioni di Islam” tenute nel novembre dell’anno scorso.
Prima duecento, poi cinquecento, qualcuna si spinge a contarne addirittura mille.
Gheddafi le riceve a scaglioni. “Convertitevi all’Islam, Maometto è l’ultimo dei profeti”, le esorta distribuendo copie del Corano.
Tre di loro, velate, lo fanno davvero, con un veloce rito “benedetto” proprio dal colonnello.
Poi l’orizzonte si allarga, forse un po’ troppo, e la “chiamata” di Gheddafi si estende a tutto il Continente: “L’Islam – profetizza con un occhio all’adesione della Turchia – dovrebbe diventare la religione di tutta l’Europa”. E non è finita.
Lunedì si replica: altre ragazze, altre lezioni, altre ‘sorprese’. L’incontro con alcune ragazze era avvenuto anche   in occasione dell’ultima visita romana del colonnello.
Tra le ragazze (pagate 70 euro dall’agenzia), tre uscirono con il velo islamico che copriva il loro volto, simbolo della conversione avvenuta.
Nessuno nel centrodestra ebbe a che ridire, nessun futuro sovranista (da Salvini alla Meloni) gridarono allo scandalo, anche perchè erano al governo del Paese.
Tutti proni a un terrorista internazionale, attenti a non offendere chi auspicava una “conversione religiosa” dell’intero continente, nessuno critica a ragazze pagate per assistere a una sceneggiata, nessun insulto alle tre giovani che ostentavano all’uscita il velo islamico.
Oggi scoprono il “terrorismo islamico” dopo aver steso il tappeto rosso a un terrorista, al cui confronto Cesare Battisti è una mammoletta.
E’ il sovranismo all’amatriciana.

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GLI ESPERTI AVVERTONO: “UN METRO DI DISTANZA NON E’ SUFFICIENTE NEI LUOGHI AL CHIUSO E NELLE REGIONI CON PIU’ CONTAGI”

Maggio 16th, 2020 Riccardo Fucile

L’INSIDIA NASCOSTA: LE CENE A CASA CON GLI AMICI ASINTOMATICI

A tavola a un metro di distanza. Al bar, al mare o a casa di amici. Possiamo sentirci sicuri? Tre esperti di virologia, epidemiologia e igiene rispondono alle domande sull’allentamento delle regole del 18 maggio.
Ricordando che la situazione è disomogenea fra le regioni, che la differenza di rischio è molto grande fra luoghi chiusi e luoghi aperti e che anche nelle situazioni che non possono essere sottoposte a controlli – soprattutto in casa con gli amici – vale il principio di non fidarsi di un virus che sa essere assai subdolo.
Al ristorante
La distanza di un metro tra le persone è considerata il minimo sindacale per frenare la trasmissione. “È questione di capire il rischio che vogliamo prenderci” spiega Carlo Signorelli, professore di igiene al San Raffaele di Milano.
“La precipitazione delle goccioline respiratorie è molto alta entro un metro di distanza dalla persona infetta. È più bassa, ma esiste ancora, tra uno e due metri. È trascurabile oltre i due metri”.
Questo avviene se la persona contagiata tossisce o starnutisce, ma anche se parla o semplicemente respira.
Carlo Federico Perno, virologo dell’università  di Milano, invita a valutare anche la situazione dei contagi nella propria Regione: “In Lombardia, al chiuso, la distanza di un metro fra i tavolini non è sufficiente per stare tranquilli. Due metri servono tutti. All’aria aperta invece il rischio di trasmissione è molto più basso. Lì un metro è più che ragionevole”.
Anche Pier Luigi Lopalco, epidemiologo dell’università  di Pisa e consulente della Regione Puglia, al ristorante probabilmente riprenderà  ad andare, in una Bari dove la situazione dei contagi è sotto controllo. “Ma solo all’aperto, con una o due persone al massimo, magari colleghi, alla fine di una giornata di lavoro”
Al mare
È la situazione considerata a minor rischio, grazie al sole e al vento. “Il virus non si trasmette con la sabbia, nè con l’acqua, nè sui sentieri di montagna. A meno che, ancora una volta, non si stia molto vicini” spiega Perno.
“Dai dati che abbiamo – aggiunge Signorelli – vediamo che la stragrande maggioranza dei contagi è avvenuta nei luoghi chiusi, soprattutto strutture sanitarie e case. Il vento della spiaggia, in particolare, ha un grande effetto nel disperdere il virus”.
Il cloro delle piscine è sufficiente a inattivare i microrganismi. E al sole la sopravvivenza del coronavirus è assai ridotta. “L’epidemia mostra chiaramente un andamento stagionale” per Signorelli. “L’estate aiuta. Lo stiamo vedendo con la diminuzione dei casi da noi e l’aumento in Sudamerica”
A cena a casa di amici
È una delle situazioni più rilassanti. Ma anche più insidiose, per il rischio di contagio. “Non possiamo certo prevedere controlli anche lì – spiega Lopalco – e non ci aspettiamo che le persone indossino le mascherine in casa, anche se sarebbe opportuno, durante gli incontri con gli amici”.
Signorelli ricorda che “durante il lockdown, il 30% dei contagi è probabilmente avvenuto in ambiente domestico”. E in situazioni distese, insieme a persone con cui ci sentiamo a nostro agio, tendiamo a ridurre le precauzioni.
“Siamo di fronte a un amico – immagina Perno – che non ha alcun sintomo, e noi ci fidiamo di lui. Ma lui stesso potrebbe essere stato contagiato a sua insaputa. Purtroppo il concetto “mi fido di te” non esiste, con questo virus. Anche il più caro degli amici potrebbe rivelarsi un nemico, dal punto di vista della malattia”.
In palestra
“È l’ultimo luogo che riaprirei” esordisce Perno. “Sotto sforzo l’aria viene emessa dai polmoni a distanza maggiore e in quantità  anche tripla rispetto al normale”. Non sempre le palestre hanno un buon ricambio d’aria. L’umidità  potrebbe essere alta.
E i luoghi condivisi, come gli spogliatoi, sono indicati come uno dei punti a più alto rischio di contagio. In questo le piscine sono assimilabili alle palestre.
Al parco con i bambini
“All’aperto il rischio di contagio è legato quasi esclusivamente agli assembramenti” spiega Signorelli. E su scivoli e giochi per bambini, gli incontri troppo ravvicinati fra i piccoli restano purtroppo un rischio concreto. “Abbiamo visto che i giovanissimi hanno sintomi più lievi, ma il loro rischio di contagio è simile a quello degli adulti” dice Perno. “Potrebbero dunque essere capaci di trasmettere il virus in maniera asintomatica”. Mantenere lontani due bambini su uno scivolo o in una casetta di legno può essere difficile. Ma andrebbe fatto, se si vogliono evitare rischi.
Aria condizionata
L’aerazione naturale è preferibile, su questo non ci sono dubbi. Ma il pericolo di trasmissione del virus tramite i condizionatori è considerato basso. “Il coronavirus non è la legionella, che prolifera nei condizionatori” spiega Perno. “Il rischio che il microrganismo venga prelevato dall’aria in un ambiente infetto e trasmesso attraverso le condotte di aerazione in un altro ambiente è trascurabile. Ne avevamo discusso a proposito degli ospedali con reparti dedicati al Covid, dove la concentrazione di virus nell’aria era molto alta”. In casa o in ambienti non affollati non ci sono indicazioni per tenere l’aria condizionata spenta.
Attenti ai guanti
Sono indicati come una delle precauzioni necessarie per riaprire ristoranti e bar. Ma i guanti sporchi possono essere assai più pericolosi delle mani nude. “Se li mettiamo al mattino e li togliamo la sera, toccandoci il viso e le superfici più varie, avremo un concentrato di microbi davvero poco igienico” spiega Perno. “Sono un detrattore dei guanti, a meno che non vengano cambiati in continuazione: ogni volta che ci portiamo le mani a bocca o naso o che tocchiamo una superficie potenzialmente infetta”.
Le mascherine
Con tante incertezze e misure di precauzione tutt’altro che ferree, la mascherina resta la nostra à ncora di salvezza. Ogni volta che ci troviamo in ambienti chiusi e la distanza di sicurezza è inferiore a un metro-un metro e mezzo, la mascherina può salvarci. “Se due persone la indossano come si deve, il rischio che l’uno possa contagiare l’altro si riduce del 95%” spiega Signorelli. “Sui mezzi pubblici in particolare sono importantissime”. Per Lopalco “andrebbero portate anche a casa, se si incontrano amici e ci si avvicina”. In questa situazione, non esiste altro metodo che “affidarsi al buon senso delle persone”. Buon senso che resta – in una fase due in cui sarà  impossibile sottoporre tutto e tutti ai controlli –   la vera chiave di volta della riapertura.

(da agenzie)

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RIAPERTURE DEL 18 MAGGIO, L’ALLARME DEI MEDICI: “NON SIAMO NELLE CONDIZIONI DI AFFRONTARE QUESTA FASE”

Maggio 16th, 2020 Riccardo Fucile

RICCIARDI: “ABBIAMO UN CASO LOMBARDIA E PIEMONTE, IN ALTRI PAESI, CON QUESTI NUMERI, SAREBBERO TORNATI AL LOCKDOWN”

Il presidente del’Associazione medici di Milano, Roberto Carlo Rossi, ha parlato a Rai News 24 della Fase 2 post-18 maggio.
«Non siamo nelle condizioni di affrontare quest’altra fase di riaperture», ha dichiarato. «Ci vogliono, tanto per i medici quanto per i pazienti, i dispositivi di protezione adeguati contro la diffusione del Coronavirus».
«Noi a oggi stiamo ancora a pietire le mascherine da qualche donatore in giro per il mondo, e gli stessi guanti si fa grande fatica a trovarli», ha insistito.
«Siamo in grande difficoltà . Sostanzialmente per noi la Fase 1 non è mai finita, perchè siamo nelle stesse condizioni di inizio marzo».
Ricciardi
“L’epidemia in Lombardia non è mai finita, anche in Piemonte. Stiamo parlando ancora di numeri a 3 cifre”. Walter Ricciardi, consigliere del Ministero della Salute per l’emergenza coronavirus, durante il webinar “Il futuro delle politiche sanitarie in Italia e in Europa” ha dichiarato che in Italia c’è un “caso Lombardia, e probabilmente anche un caso Piemonte. In altri Paesi, con questi numeri, sarebbero tornati al lockdown”. A peggiorare la situazione avrebbero contribuito i “tagli brutali al sistema sanitario nazionale”.
Visti i numeri, Ricciardi sostiene che la via ideale per realizzare la Fase 2 siano aperture differenziate, a seconda del quadro epidemiologico delle regioni: ”È stata da sempre la mia linea. È ovvio che le decisioni si devono basare sulla situazione epidemica”

(da agenzie)

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INTERVISTA A SOUMAHORO: “GOVERNO PREOCCUPATO PIU’ DELLA FRUTTA CHE PUO’ MARCIRE, CHE DELLE PERSONE I CUI DIRITTI STANNO MARCENDO NEI CAMPI”

Maggio 16th, 2020 Riccardo Fucile

IL SINDACALISTA DEI LAVORATORI AGRICOLI SPIEGA LE RAGIONI DELLO SCIOPERO DEI BRACCIANTI DEL 21 MAGGIO

I braccianti di tutta Italia sciopereranno il prossimo 21 maggio 2020, per protestare contro la nuova sanatoria per i migranti, contenuta nel decreto Rilancio, divenuta urgente per il governo a seguito della mancanza di manodopera nei campi e della conseguente impennata dei prezzi di frutta e ortaggi.
Un provvedimento che nella pratica escluderà  dall’emersione tanti lavoratori dell’edilizia, dei supermercati, dell’artigianato, della ristorazione, della logistica, che non potranno fare richiesta.
Non ci sarà  nessuno a raccogliere frutta e verdura nei campi quel giorno. “Non vanno regolarizzate le braccia, ma gli esseri umani”, è questo il messaggio che arriverà  forte e chiaro al governo, ha spiegato Aboubakar Soumahoro, attivista e sindacalista dei lavoratori agricoli dell’Usb
Perchè questo sciopero?
Partiamo dal contesto attuale. Abbiamo oltre 31mila morti per il virus. Medici, infermieri, operatori della sanità , sono stati chiamati ‘eroi’: ecco loro negli ospedali, quando erano chiamati a salvare vite, non hanno mai chiesto quale tessera di partito avessero in tasca i pazienti, nè hanno domandato la collocazione ideologica o post ideologica, se i malati avessero o meno un permesso di soggiorno o una carta d’identità  italiana. Hanno sempre curato chi dovevano, senza mai sottrarsi. Il governo nel contesto della pandemia ha l’unico dovere di proteggere le vite, nessuna esclusa. Quando si fa il decreto ‘Cura Italia’ e vengono adottate delle misure di confinamento generale, per prevenire i rischi, si è scoperto che il contesto preesistente alla pandemia era un contesto lacerato, dilaniato dalle disuguaglianze sociali: persone che non hanno nemmeno una casa non sanno cosa sia il distanziamento sociale. Lo Stato doveva salvare tutti. Invece ha fatto esattamente l’opposto di quello che fanno i medici e gli infermieri. Ci si è preoccupati della verdura e della frutta, che si teme possano marcire, piuttosto che delle persone, i cui diritti stanno marcendo da anni nei campi. Voglio ricordare qualche nome: Paola Clemente, 49enne bracciante di San Giorgio Jonico deceduta in un vigneto di Andria il 13 giugno 2015, Soumaila Sacko, 29 anni, del Mali, con regolare permesso di soggiorno, ammazzato nel Vibonese da una fucilata il 3 giugno 2018. E un pensiero va a tutti gli uomini e le donne che tutti i giorni si spaccano la schiena nei campi. A mancare ancora una volta sono i diritti.
Cosa non va in questo provvedimento?
Si è scelto chiaramente di produrre un provvedimento che nel merito della questione ha come base quella di preoccuparsi dell’utilità  di mercato, anzichè di salvare le vite. Le nostre critiche sono di varia natura, ne cito giusto tre: l’aver riservato la regolarizzazione ad alcuni settori, escludendone altri. Dove sono i riders, la logistica, i facchini, gli ambulanti, gli edili, la ristorazione?
Quali sono le altre criticità ?
Il secondo punto riguarda l’aver riservato la regolarizzazione a coloro i quali hanno un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019. Qui bisogna ricordare che il tutto si sta svolgendo nel tessuto legislativo dei decreti Sicurezza. E quindi ci sono le vittime dei decreti che non avranno accesso a questa emersione, perchè il governo non ha avuto l’audacia, il coraggio, di cancellare questi decreti, che sono una fabbrica di produzione di marginalità  e di dannati, resi invisibili. Il terzo elemento che non va nella sanatoria è l’aver subordinato il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, il che è una miscela esplosiva di sottomissione del lavoratore e della lavoratrice a qualsiasi forma di ricattabilità  e sfruttamento.
Quali migliorie proponevate al provvedimento?
L’urgenza consisteva nel rilasciare un permesso di soggiorno alla luce dell’attuale contesto di pandemia, che sia convertibile anche per attività  lavorativa. La nostra proposta è semplice.
Qual è la partecipazione prevista allo sciopero?
Intanto voglio dire che quel giorno non ci sarà  nè raccolta di asparagi, nè raccolta di mirtilli o di verdura. Visto che per lo Stato siamo stati invisibili noi il 21 maggio saremo invisibili anche per i campi. Sarà  sciopero totale. Allo stesso tempo abbiamo ricevuto la solidarietà  di tantissimi consumatori e consumatrici, centinaia, che stanno riscoprendo cosa c’è dietro a una forchettata di spaghetti, e cioè il sudore, la fatica, l’immiserimento. E ci stanno mandando tantissimi messaggi, per annunciarci che loro quel giorno non faranno la spesa, e indosseranno virtualmente gli stivali, mentre noi saremo nelle campagne, con gli stivali reali, a incrociare le braccia. Poi stiamo ricevendo messaggi anche da tanti agricoltori, che ci dicono che loro quel giorno non andranno a lavorare. Abbiamo avuto migliaia di adesioni. Ci sono assemblee, nell’Agro Pontino, in Emilia-Romagna, in Toscana, in Calabria, nel foggiano. Lì domenica ci sarà  una grossa assemblea nell’insediamento dei braccianti di Torretta Antonacci. Tra coloro che sciopereranno ci sono anche braccianti con il permesso di soggiorno, perchè i loro diritti non sono riconosciuti. In questo momento ci sono braccianti nella Piana di Gioia Tauro che sono impiegati nella raccolta dei mirtilli, e percepiscono 30 euro al giorno, si spaccano la schiena dall’alba al tramonto, invece dei 50 euro circa previsti dal contratto. È chiaro che nessuno deve permettersi di strumentalizzare la fatica di questi uomini e donne, narrando una realtà  che non esiste, quando non hanno mai messo sentimentalmente, moralmente, eticamente e concretamente gli stivali per immedesimarsi nei braccianti, italiani o stranieri che siano.
Cosa hai pensato quando la ministra Bellanova si è commossa mentre annunciava il decreto?
Ero impegnato in un’assemblea con i braccianti.
Qual è la dotazione di Dpi nei campi, che dati avete?
Ho lanciato una campagna di raccolta, tutt’ora aperta, mentre venivano emanati i vari dpcm, perchè ai braccianti veniva detto che dovevano lavorare nei campi per assicurare il cibo per la popolazione, senza dispositivi di protezione individuale, e fino ad ora, chi parla di lotta al caporalato, non è stato in grado di convocare il tavolo sullo sfruttamento e il caporalato in agricoltura, mentre noi eravamo, e siamo, esposti. Grazie alla nostra raccolta continuiamo a comprare e distribuire generi alimentari ai braccianti e alle famiglie, anche italiane, e dispositivi di protezione individuale. Non ne abbiamo ricevuto neanche uno, da parte di chi in queste ore ha detto di preoccuparsi della nostra condizione, quando in realtà  non è connesso sentimentalmente con noi. Noi stiamo girando dappertutto, siamo stati in Basilicata, in Calabria, in Puglia, e continueremo a girare l’Italia. Il governo ha abdicato a questa nobile e civile missione. Ma noi non ci arrendiamo, continueremo a chiedere la salvezza delle persone.

(da Fanpage)

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QUANDO NEL 1997 ANCHE SILVIA MELIS DOPO LA PRIGIONIA FU INSULTATA PERCHE’ “RIPULITA” E VIVA

Maggio 16th, 2020 Riccardo Fucile

OGGI SILVIA HA SCRITTO A SILVIA ROMANO: “A NOI DONNE NON PERDONANO DI SOPRAVVIVERE E DI SORRIDERE DOPO IL DOLORE”

Io lo ricordo lo striscione in viale Marconi a Cagliari: “Silvia libera”. Era il 1997 e la Silvia di quell’epoca era la nostra Silvia Melis. I carcerieri erano i nostri. Non erano musulmani. Non erano cristiani. Erano criminali esaltati. Quelli per cui i sardi per decenni si sono vergognati di essere sardi.
Ricordo la liberazione. Avevo l’allenamento in piscina alla Rari nantes. Vedo l’istruttore che corre verso la mia corsia. Urla a tutta la piscina: “Hanno liberato Silvia”. Ci fermiamo tutti. L’acqua smette il suo frastuomo. I polmoni stanchi spezzano il fiato. Galleggiamo storditi e felici. Poi si urla di gioia.
E poi ricordo un’altra cosa. Le portano il figlio. Corre verso la sua mamma, si abbracciano e lui tutto fiero con la manina aperta le dice: “Mamma ora ho 5 anni”.
L’ho rivista Silvia Melis a Tortolì l’estate scorsa. È ancora giovane. Magra, svelta, voce sicura di sè. Chi sa come è vivere sapendo che dopo più di vent’anni la gente ancora si ricorda di te. Del tuo inferno.
Silvia Melis oggi ha scritto a Silvia Romano. Potrebbe essere la sua mamma.
“Hanno odiato anche me perchè mi ero mostrata alle telecamere ripulita, in ordine, hanno dubitato della prigionia. Tranquilla, Silvia poi si dimenticheranno anche di te”.
Io Silvia Melis non l’ho dimenticata. Non ho dimenticato che dopo di lei ho fatto pace con il mio essere sarda
Me le sono immaginate abbracciare queste due donne figlie di storie e terre diverse. Ma odiate perchè donne e soprattutto perchè salve. Vive.
Ora che ci penso come ci permettiamo noi donne di sopravvivere? Di sorridere dopo il dolore? Come ci permettiamo di salvarci?

(da Globalist)

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LA POLIZIA FERMA LA MANIFESTAZIONE SOVRANISTA: CENTO PARTECIPANTI PER UN CORTEO NON AUTORIZZATO, 50 IDENTIFICATI

Maggio 16th, 2020 Riccardo Fucile

TRA LORO ANCHE MILITANTI DI CASAPOUND

I sovranisti tornano in piazza. La mobilitazione nazionale lanciata in Rete dalle “mascherine tricolori” al grido “la mascherina non è un bavaglio”, a Roma, ha raccolto l’adesione di CasaPound.
Circa 100 persone, non solo gli attivisti della tartaruga frecciata che venerdì avevano comunque annunciato la manifestazione (senza dare un appuntamento preciso per via delle limitazioni anti-contagio), sono scesi in strada alle 11.30 e hanno affollato, senza preavviso, le vie del centro storico. Il corteo spontaneo ha imboccato via del Corso e puntava a raggiungere piazza di Spagna. In via Due Macelli gli attivisti sono stati bloccati dalla polizia che ha identificato una cinquantina di persone.
“Non siamo noi gli organizzatori”, precisa Casapound. Ma la loro presenza non è casuale. Tant’è che i militanti della tartaruga frecciata al momento non confermano l’adesione all’appuntamento leghista del 2 giugno (qualora dovesse tenersi), come invece avevano fatto per la manifestazione unitaria del centrodestra organizzata nell’ottobre scorso in piazza San Giovanni.

(da agenzie)

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LA LITE TRA SALVINI E MELONI PER LA MANIFESTAZIONE DEL 2 GIUGNO

Maggio 16th, 2020 Riccardo Fucile

L’IDEA DELLA MELONI, LO SCIPPO DI SALVINI, L’NDIFFERENZA DI BERLUSCONI… SARA’ LA FESTA DEL CORONAVIRUS E DELLE REGOLE CHE VALGONO PER QUALCUNO E PER ALTRI NO

Non è la prima volta che i due che si contendono il piatto del sovranismo all’italiana litigano sulla piazza.
A ottobre fu Salvini a organizzare a San Giovanni una kermesse alla quale aderirono anche Berlusconi e Meloni che in un primo momento non voleva nemmeno salire sul palco con i simboli leghisti.
Alla fine ci era salita con una bandiera tricolore appoggiata sul podio per coprire l’Alberto da Giussano. E si prese la scena con quel “rap” «io sono Giorgia, io sono donna, sono madre».
Amedeo La Mattina su La Stampa ricostruisce l’inseguimento della piazza da parte dei due leader:
Il primo passo per la verità  l’ha fatto «Giorgia». Nessuno pensa però di fare una telefonata all’altro, e non viene coinvolto neanche Silvio Berlusconi.
Ora si cercherà  di far in modo di esserci tutti insieme, ma finora Forza Italia prende tempo sull’adesione. Salvini aveva detto che se la Lega non fosse stata ascoltata allora l’unica strada sarebbe stata la piazza: «A giugno ci troveremo a Roma con tutti questi italiani che vogliono farsi sentire».
È così partita la corsa a chi metteva per primo la bandiera. Appunto, prima l’annuncio ufficiale di Fdi. Passano tre ore e la Lega diffonde un volantino con Salvini in maniche di camicia bianca sullo sfondo dell’Altare della Patria (a Piazza Venezia dovrebbe tenersi la manifestazione). «Due giugno a Roma, ripartiamo insieme per l’orgoglio italiano, in piazza in tutta sicurezza», c’è scritto nel volantino pieno di tricolori. Viene notato che manca il simbolo della Lega, della serie «siamo noi tutta la destra, chi vuole si accodi».
La Stampa ricostruisce anche l’arrabbiatura di Giorgia per la scelta della location da parte della Lega: l’altare della patria Fratelli d’Italia lo considera di sua proprietà :
È chiaro che alla Meloni sia salito il sangue agli occhi. Prima di tutto perchè l’Altare della Patria lei lo considera un luogo sacro. Andò li alla vigilia delle elezioni del 2018 per giurare che mai avrebbe fatto inciuci con la sinistra e i 5 Stelle: chiese a Salvini e Berlusconi di andare con lei a giurare davanti al milite ignoto, ma ci andò da sola sotto un diluvio universale. Dopo alcune settimane Matteo convolò al governo di Di Maio. Poi c’è tutto il trionfo tricolore e patriottico in salsa leghista che infastidisce Giorgia che si sente l’unica vera erede della destra patriottica e tricolore.
La doppia kermesse quindi sarà  particolarmente curiosa da seguire, anche se non è escluso che alla fine il Dinamico Duo si riunisca, se non altro per non dare l’idea di avere ancora un centrodestra spaccato dopo la questione del Recovery Fund di ieri che ha visto la defezione di Forza Italia e l’allineamento del Carroccio sulla posizione di FdI.
Il punto è che non si capisce come i due possano andare in piazza “in sicurezza” e soprattutto quali autorizzazioni chiederanno per manifestare e chi gliele concederà , visto che agli altri italiani è vietato manifestare per ragioni di salute pubblica.
Se davvero Lega e FdI andranno in piazza sarà  la festa del COVID-19. E delle regole che valgono per qualcuno e per altri no.

(da “NextQuotidiano”)

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IMPRESE CONTENTE DEL “LIBERI TUTTI”, MA PER IL 27% DEI COMMERCIANTI RIAPRIRE “NON E’ CONVENIENTE”

Maggio 16th, 2020 Riccardo Fucile

LA CNA PLAUDE: “E’ QUELLO DI CUI AVEVAMO BISOGNO”… CONFESERCENTI: “BENE, MA CON IL CALO PREVISTO DEI RICAVI, PER MOLTI NON VALE LA PENA RIAPRIRE”

Piccole imprese soddisfatte per la rotta tracciata dal Consiglio dei ministri per l’uscita dalla fase di emergenza del Covid. Ma c’è il rischio, dicono i commercianti, che a conti fatti soltanto sei attività  su dieci decidano di tirare su la saracinesca fin da subito, mentre altre tre rinvieranno a data da destinarsi la decisione e c’è ancora una piccola quota di indecisione
Le regole (e le sanzioni) per ripartire
Il governo ha deciso, d’intesa con le regioni, i protocolli e il quadro entro il quale muoversi per le riaperture. Oltre al tema degli spostamenti, è centrale quello delle attività  produttive. “A partire dal 18 maggio, le attività  economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida, idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali”, ha spiegato Palazzo Chigi nella nota post-riunione.
Alle stesse Regioni spetta il monitoraggio giornaliero dei dati sulla diffusione dei contagi, da girare a Ministero della Salute, Iss e Comitato tecnico-scientifico per valutare se il Ssn è sotto stress o meno e adeguare le misure.
Non mancano le sanzioni: “Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida regionali o, in assenza, nazionali, che non assicuri adeguati livelli di protezione, determina la sospensione dell’attività  economica o produttiva fino al ripristino delle condizioni di sicurezza”. Nel caso in cui le violazioni del decreto avvvengano nell’esercizio di un’attività  di impresa, alla multa da 400-3 mila euro si somma “la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività  da 5 a 30 giorni. Ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l’autorità  procedente può disporre la chiusura provvisoria dell’attività  o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni, eventualmente da scomputare dalla sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione. In caso di reiterata violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima”.
Le imprese: bene le indicazioni, ma i commercianti hanno paura
Le nuove indicazioni sono state accolte “con grande soddisfazione” dalla Cna di Roma. “In questo modo, pur tra le grandi difficoltà  dettate dal necessario distanziamento sociale derivante dalla pandemia, sarà  più facile – si legge in una nota – che la ristorazione, gli alberghi, gli acconciatori e gli estetisti, il commercio, gli stabilimenti balneari, le piscine e le palestre, riaprano finalmente le loro attività  e ricomincino a fornire prodotti e servizi utili alla cittadinanza”.
Per il segretario della Cna di Roma, Stefano di Niola, “si tratta di un provvedimento che supera di slancio tutte le incertezze finora presenti, ed è proprio quello di cui gli operatori sentivano la necessità , trovandosi a poter lavorare nel rispetto di regole non solo più facilmente applicabili, ma anche più omogenee tra i settori coinvolti, come avevamo richiesto a gran voce in più occasioni”.
Più scettica la Confesercenti, per la quale l’accordo di tarda sera è sì uno “spiraglio importante, forse decisivo per uscire dall’incertezza”, ma d’altra parte apre a “una corsa ad ostacoli e contro il tempo”.
Da un sondaggio svolto con Swg emerge infatti che solo 6 imprese su 10, tra negozi, bar e ristoranti, sono intenzionati a riaprire lunedì 18 maggio, data prevista della ripartenza.
“Più di tutti è pesata la previsione di essere costretti a lavorare in condizioni antieconomiche. Gli imprenditori – prosegue la nota – temono l’impatto della rigidità  delle linee guida sulle attività , e di rimanere schiacciati tra l’aumento dei costi di gestione e il prevedibile calo dei ricavi. Sono preoccupati, inoltre, anche dal tema delle responsabilità  legali”.
Dice il sondaggio tra gli addetti al commercio al dettaglio e la somministrazione che gli imprenditori intenzionati ad aprire il 18 maggio sono il 62%, contro un 27% che ha invece già  deciso di rimanere chiuso. E’ ancora incerto l’11%, e deciderà  durante il fine settimana. Tra chi rimarrà  sicuramente chiuso, il 68% indica come motivazione la mancata convenienza dell’apertura. Ma – sottolinea l’associazione – c’è anche un 13% che comunque continua ad avere timori legati alla sicurezza, anche per la lunga incertezza sulla normativa relativa.

(da agenzie)

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LA FCA CON SEDE LEGALE IN OLANDA E DOMICILIO FISCALE A LONDRA CHIEDE GARANZIE ALL’ITALIA PER OTTENERE UN PRESTITO DI 6,5 MILIARDI

Maggio 16th, 2020 Riccardo Fucile

LA CASA AUTOMOBILISTICA PAGA LE TASSE ALTROVE MA POI SFRUTTA LE AGEVOLAZIONI ALLE IMPRESE DEL GOVERNO ITALIANO

È tutto scritto, nero su bianco, nel decreto liquidità  che il governo ha varato per andare in soccorso alle imprese italiane in questa fase di emergenza da coronavirus.
Questo aspetto della norma prevede che lo Stato italiano faccia da garante per i prestiti che le aziende andranno a chiedere agli istituti bancari.
Un modo per ‘coprire le spalle’ a tutti quegli imprenditori che, negli ultimi mesi di pandemia, hanno visto pesantemente crollare il proprio fatturato e la propria attività . Un sistema a cui si potrebbe assistere anche nel caso del prestito FCA: la casa automobilistica avrebbe chiesto — ma la notizia non è stata ancora confermata nè smentita nè da FCA, nè dall’istituto di credito di riferimento — un prestito di 6,5 miliardi di euro a Intesa San Paolo.
Approfittare del decreto liquidità  significherebbe per lo stato italiano fare da garanzia per questo prestito FCA, attraverso il fondo dedicato, il SACE.
Le garanzie, per decreto, sono destinate alle imprese con un fatturato individuale superiore o uguale a 1,5 miliardi di euro o con numero di dipendenti in Italia superiore o uguale a 5.000 e per finanziamenti di importo superiore o uguale a 375 milioni di euro. Dunque FCA rientrerebbe in queste categorie
Tuttavia, sui social network e sui principali organi di informazione è partito un dibattito. FCA ha sede legale in Olanda e domicilio fiscale a Londra: per questo motivo alcuni commentatori sostengono che questa operazione — che sfrutterebbe un vantaggio che lo stato italiano ha garantito agli imprenditori — non sia corretta da un punto di vista etico.
E su questo la politica si sta già  muovendo, almeno quella che vorrebbe impedire l’operazione. Stefano Fassina, ad esempio, ha già  proposto un emendamento al decreto liquidità  che possa prevedere l’accesso alle garanzie per quelle società  con sede giuridica e fiscale in Italia.
Le altre condizioni, come la rinuncia ai dividendi e la presenza di un numero di lavoratori in Italia, sembrano già  in linea con la condotta della FCA in questo periodo. Tuttavia, l’accesso alle garanzie — anche questo è un elemento che deve essere chiaro: garanzie e non un prestito di Stato — previste dal decreto liquidità  resta ancora un’idea in linea teorica. FCA non ha ancora ufficializzato alcuna decisione in merito.

(da agenzie)

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