Giugno 16th, 2020 Riccardo Fucile
LA CONDUTTRICE PANELLA: “SE MI DICONO CHE DEVO RISPETTARE IL DISTANZIAMENTO SOCIALE IO RINUNCIO AI SELFIE, SAREBBE OPPORTUNO CHE LO SAPESSE ANCHE SALVINI”
Possiamo ammirare la bellissima sbroccata di Matteo Salvini ieri in diretta a Tagadà contro l’inviata del programma di La7 che gli chiede conto dei suoi selfie senza mascherina a Gardone Val Trompia in provincia di Brescia, dove il Capitano ieri ha trovato anche una contestazione ad attenderlo.
La conduttrice Tiziana Panella chiede all’inviata di fare presente a Salvini che sta usando scorrettamente la mascherina e lei obbedisce: “Segretario, siamo in diretta con Tagadà . Un mese fa questa provincia contava morti e terapie intensive: non crede che sia pericoloso fare bagni di selfie?”.
Dapprima Salvini dice che “La gente vuole vivere, vuole spazi di socialità e riaperture”. L’inviata ricorda a Salvini che Fontana chiede di attuare il massimo del distanziamento: “Se lei mi vuole chiudere a Villa Pamphilj ad ascoltare Conte e Azzolina, ha trovato il Matteo Salvini sbagliato”.
E a quel punto l’inviata, su suggerimento di Tiziana Panella, chiede se è necessario proprio fare i selfie. E Salvini non ce la fa più: “Mi scusi, stiamo parlando di infrastrutture, di fabbriche… posso rispondere? Le sto dicendo con la massima tranquillità che il problema è lo stipendio che non c’è. Sono persone di buonsenso, di testa, che hanno sofferto”.
Anche qui non si capisce perchè tutto questo non si possa chiedere senza selfie.
Quando Salvini dice che per Tagadà sono importanti le mascherine, Panella dallo studio ribatte che è importante per gli italiani sopravvivere al virus e la conduttrice chiude ma prima ricorda che 34mila persone sono morte in zona per il Coronavirus SARS-COV-2: “Io tendo a fidarmi degli esperti, se mi dicono che devo rispettare il distanziamento sociale io rinuncio ai selfie. Si può fare. Sarebbe opportuno che lo sapesse anche Salvini”.
(da agenzie)
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Giugno 16th, 2020 Riccardo Fucile
LA PROPOSTA DEL GIORNALISTA SINIBALDI: “BISOGNA RELATIVIZZARE IL PASSATO SENZA DISTRUGGERLO”
«Si può almeno avere, accanto alla intoccabile statua di Montanelli, una statua per Destà , la ragazzina nera presa in leasing (cit.) e atrocemente violata?».
La richiesta è arrivata via Twitter da Marino Sinibaldi, che oltre a dirigere Radio 3 Rai, da più di 30 anni anni lavora attraverso festival, trasmissioni e libri per rendere la cultura uno strumento di coscienza civile.
Con il suo tweet — che rimanda alla risposta di Montanelli a una lettrice che gli domanda del matrimonio con la schiava-bambina — Sinibaldi è entrato nel dibattito sulla statua milanese del giornalista, prendendosi le lodi di chi cerca maggiore complessità nelle risposte della politica e gli insulti di chi sostiene sia un errore mettere sullo stesso piano “schiavo e schiavista”.
Invece di rimuovere una statua, ne aggiungiamo un’altra?
«Una statua indica un modello per le persone che vi passano davanti ogni giorno. Non c’è dubbio che un uomo che commette azioni riprovevoli nei confronti di una bambina non possa esserlo, ma è anche vero che in una società pluralista come la nostra colui che è modello per qualcuno, diventa facilmente nemico per un altro. Finora ci siamo mossi su una logica binaria: celebrare o distruggere il simbolo. Ma la vera qualità del nostro tempo è l’inclusività , insieme al relativismo, allora io dico: troviamo un modo per onorare le vittime. E partiamo proprio da questa giovane sposa, che probabilmente non si chiamava neanche Destà . Pare che questo nome fosse il diminutivo di Podestà , come a dire “cosa mia”. Ha diritto a un risarcimento».
Perchè l’abbattimento della statua non è la soluzione?
«Le mie statue preferite si trovano a pochi metri l’una dall’altra a Trastevere: Trilussa e Giuseppe Gioachino Belli, entrambi da disprezzare per la condotta umana. A furia di indagare le biografie dei monumenti, temo che pochi si salverebbero dalla furia iconoclasta. Che poi, a ben guardare, gli iconoclasti sono sempre “gli altri”: nel Trionfo della religione cristiana vengono distrutti gli idoli pagani ma l’immagine non desta irritazione o sdegno, mentre se i talebani fanno a pezzi i Buddha di Bamiyan, quella distruzione crea sgomento. Ognuno giudica all’interno del proprio contesto culturale, ma allora dove tiriamo la linea? Perchè gli idoli pagani possono essere distrutti e i Buddha di Bamiyan no? È una discussione faticosa e fastidiosa perchè mette in discussione tutti i pilastri della nostra identità , ma forse è arrivato il momento di farla».
Cominci lei.
«Si ricorda quando è stata buttata giù la statua di Saddam Hussein? Io quel giorno ero entusiasta, ho celebrato l’evento in trasmissione. Dopo un po’ abbiamo scoperto che quello che sembrava un atto di liberazione era un gesto più equivoco. Chi arriva dopo distrugge sempre — i libri abbiamo cominciato a salvarli solo grazie alla riproducibilità . Le pulsioni sono comprensibili, ma così la storia rischia di essere riscritta senza un ragionamento. La mia utopia è quella di arrestare il processo della furia del vincitore che vuole distruggere la memoria dello sconfitto».
In realtà in Italia i simboli del passato che rappresentano modelli di fascismo, oppressione, violenza sono intatti.
«Alla nostra storia non appartiene la damnatio memoriae tipica di altri Paesi, come dimostra la sopravvivenza di un certo numero di opere fasciste, che oggi andrebbero contestualizzate. Ad esempio, mi piacerebbe vedere sotto l’obelisco del Foro Italico una targa dedicata a Giacomo Matteotti. In Spagna hanno rinominato tutte le vie intitolate ai generali golpisti
Io suggerisco soluzioni che relativizzano il passato senza distruggerlo. Penso a quella adottata a Bolzano all’ex Casa del Fascio: sul fregio di Piffrader è stata apposta una scritta illuminata con una citazione della filosofa Hannah Arendt in tre lingue — Nessuno ha il diritto di obbedire -, contrapposta al Credere, obbedire, o combattere presente sul bassorilievo. Ci hanno messo anni per arrivare a questa soluzione, ma alla fine ci sono riusciti».
Sono molti i personaggi la cui memoria non è un patrimonio condiviso. Perchè il dibattito è esploso intorno alla figura di Indro Montanelli?
«Perchè è una figura complessa: è stato fascista e antifascista, liberista e ambientalista, berlusconiano e antiberlusconiano. Da sempre è un personaggio molto urticante, e la sua memoria è ancora vicina. Tuttavia il problema di fondo è che non facciamo i conti con la nostra storia e quindi ci troviamo spiazzati e disarmati davanti a una statua».
C’è chi fa notare che quella statua sia anche un paradigma esemplare del maschilismo sui cui si fonda la storia e la cultura italiana.
«È così, ed è per questo che sarebbe bene se avviassimo un confronto pubblico che tenga dentro tutto: la violenza, il colonialismo, lo stile di scrittura, la sincerità che arriva fino alla spudoratezza e alla rivendicazione. Qui non stiamo frugando nella vita privata di un uomo ma ci muoviamo su dichiarazioni pubbliche: la gestione della vicenda da parte di Montanelli è per i suoi ammiratori una prova di verità , e per i suoi detrattori la prova della sua scarsa tenuta morale. Possiamo cogliere l’occasione per fare una discussione seria sui simboli e invitare la comunità a riconoscersi su valori ed esempi comuni: oggi è diventato molto complesso perchè non c’è un riconoscimento condiviso. Ma potremmo ripartire dalle vittime della Storia».
(da Open)
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Giugno 16th, 2020 Riccardo Fucile
“ABBIAMO UTILIZZATO VERNICE LAVABILE, IL NOSTRO OBIETTIVO ERA ESSERE MEDIATICI, NON ICONOCLASTI”
Il vero obiettivo non è colpire la statua (che «può anche rimanere dov’è»): secondo gli studenti, quel che conta è abbattere la «mentalità novecentesca, che faceva sentire l’uomo bianco di una razza superiore»
«Voglio spiegare perchè abbiamo gettato la vernice rossa sulla statua dei giardini di via Palestro». Tobia — nome di fantasia — è uno dei rappresentanti del collettivo studentesco che ha organizzato il blitz di vernice rossa alla discussa statua di Indro Montanelli. La magistratura ha aperto un’inchiesta per vandalismo, ma per loro si tratta di tutt’altro. In un’intervista a La Stampa, il ragazzo — di 25 anni — ha parlato delle motivazioni dietro la protesta.
«Intendevamo aprire un forte dibattito nell’opinione pubblica sulla presenza di simboli apparentemente innocui ce invee hanno una storia pesante alle spalle, toponomastica inclusa», spiega. «Sebbene la schiavitù sia stata abolita in Italia nell’800, i bianchi, e tra questi Montanelli, hanno continuato a considerare le popolazioni di colore inferiori, in particolare quelle conquistare nelle colonie».
Per quanto riguarda “l’obiezione del contesto storico” («Non vi pare che il giornalista sia stato figlio del suo tempo», chiede il giornalista), Tobia risponde: «Abbiamo bene in mente cosa ha fatto l’Italia nelle colonie. Lui ha abusato di una ragazzina di 12 anni. Questi sono i fatti. Lo raccontava lui stesso».
Insomma, il vero bersaglio non è la statua (che «può anche rimanere dov’è»): a dover essere combattuta, secondo gli studenti, è una certa «mentalità novecentesca, che faceva sentire l’uomo bianco di una razza superiore». Niente a che vedere con gli iconoclasti intolleranti, dunque, ai quali sono stati associati in questi giorni: «Abbiamo utilizzato vernice lavabile e il nostro obiettivo era essere mediatici, non iconoclasti. Vogliamo porre il tema della dedica di uno dei parchi più amati dai milanesi a un razzista del ‘ 900 come Montanelli».
Alle reticenze del giornalista, che chiede ancora se non gli sembri «ingiusto» inchiodare la figura di Montanelli («giornalista dalla schiena dritta») a un fatto compiuto «in gioventù 100 anni fa», Tobia risponde: «Porre l’accento sui comportamenti di Montanelli in gioventù vuol dire portare all’attenzione dell’opinione pubblica il fatto che certe cose, come il razzismo, sono ancora molto attuali».
(da Open)
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Giugno 16th, 2020 Riccardo Fucile
TRAFFICO RIFIUTI DI LUSSO, 9 ARRESTI E CONFISCHE PER 3,5 MILIONI
Dalle prime luci dell’alba i militari del comando provinciale dei carabinieri di Genova stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dall’ufficio Gip del Tribunale di Genova nei confronti di nove persone su tutto il territorio nazionale.
Contestualmente i militari stanno dando esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo ai fini della confisca di oltre 3,5 milioni di euro per vari reati anche aggravati da metodo mafioso.
I fatti si riferiscono alla mareggiata del 2018 in cui andarono distrutte più di 400 imbarcazioni fra yacht di lusso e natanti di varie dimensioni ormeggiate nel porto di Rapallo
La direttrice del porto turistico Carlo Riva di Rapallo, Marina Scarpino, e il presidente del consiglio d’amministrazione Andrea Dall’Asta sono da questa mattina agli arresti domiciliari a seguito degli sviluppo dell’inchiesta sullo smaltimento delle imbarcazioni affondate o danneggiate durante la mareggiata dell’ottobre 2018 che colpì Rapallo.
Secondo gli inquirenti, gli indagati si sarebbero avvalsi di aziende collegate alla criminalità organizzata per smaltire a costo inferiore gli yacht distrutti dalla furia del mare che ostruivano la rada del porto di Rapallo.
Contestualmente i militari hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo ai fini della confisca di oltre 3,5 milioni di euro per i vari reati anche aggravati quindi da metodo mafioso.
La misura cautelare è stata emessa a carico di sette uomini e due donne, alcuni gravati da precedenti di polizia, tra cui imprenditori, avvocati e professionisti nel settore della nautica ritenuti a vario titolo coinvolti nel trasporto, stoccaggio, gestione e smaltimento illecito di rifiuti relativi alle imbarcazioni distrutte dalla mareggiata epocale che ha colpito la città di Rapallo il 29-30 ottobre 2018 allorquando 435 imbarcazioni vennero distrutte o affondate dai marosi.
Gli stessi avevano posto in essere un elaborato sistema di gestione illecita di rifiuti non curante del pericolo ambientale connesso all’inquinamento dello specchio acqueo di Rapallo e di due Siti di Interesse Regionale (S.I.R) nella Provincia di Massa Carrara, con un ricavo di oltre 3 milioni di euro, movimentando e gestendo circa 670 tonnellate di rifiuti non tracciati.
Ruolo determinante nell’attività illecita era rivestito da soggetto napoletano, pregiudicato, il quale avvalendosi del metodo mafioso e millantando contatti con soggetti appartenenti alla camorra e alla ndrangheta, aveva promosso e gestito l’intera filiera illecita con l’intento di penetrare il tessuto imprenditoriale ligure nel settore della nautica.
(da agenzie)
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Giugno 16th, 2020 Riccardo Fucile
IL VIDEO ALLUCINANTE SCATENA I SOCIAL: MENTRE ZAIA ILLUSTRA UN DRAMMA QUELLO INGOZZA 9 CILIEGIE IN UN MINUTO, FREGANDOSE DEL PROSSIMO
Montano le polemiche sui social contro il leader della Lega Matteo Salvini, che in un video si vede intendo a divorare ciliegie accanto a Luca Zaia.
Nel filmato il presidente del Veneto parla del caso preoccupante all’Ospedale di Borgo Trento a Verona, dove almeno tre neonati sono morti a causa di un batterio, il Citrobacter.
Zaia spiega tutta la preoccupazione che il caso sta portando e gli interventi che le autorità sanitarie stanno portando avanti.
Il leader della Lega accanto a lui resiste alcuni secondi, annuisce, ma dopo poco non resiste e comincia a mangiare una ciliegia dopo l’altra, alla velocità di circa nove ciliegie in meno di un minuto. Un comportamento che ha scatenato l’indignazione degli utenti sui social.
Il video di Salvini che si strafoga di ciliegie mentre quello a fianco parla di virus e morti fa davvero impressione. Non è solo questione di mancanza di rispetto: dà¡ l’idea di uno completamente scollegato dalla realtà .
(da Open)
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Giugno 16th, 2020 Riccardo Fucile
“PRESTO SARO’ A ROMA, VOGLIO STARVI VICINO”
Beppe Grillo ha in animo di “ritornare” in politica e di riprendersi il MoVimento 5 Stelle, anche se dice che sono gli altri (Di Battista? Di Maio?) a “costringerlo” a tornare sui suoi passi.
Il Messaggero racconta in un retroscena le peripezie grilline dopo l’uscita di Dibba e la risposta di Beppe:
A chi domenica, dopo il tweet che ha incenerito Alessandro Di Battista, gli ha mandato messaggi ed emoticon con mille cuoricini Beppe Grillo ha risposto così: «Presto starò a Roma, voglio starvi vicino».
E se nel 2017, con l’elezione a capo politico di Luigi Di Maio il fondatore annunciò un «passo di lato», adesso è pronto a farne un altro, ma «in avanti».
Di fatto, registra chi parla spesso con lui in queste ore convulse, «Beppe è tornato». La linea del Garante, confessata agli amici con una battuta delle sue, è questa: «Sono pronto a ritornare e a indicare la via!».
Ergo: un accordo organico nell’alveo del centrosinistra contro la destra sovranista. Grillo, a 71 anni, sa che non potrà essere presente su tutti i temi come prima. Ma allo stesso tempo è consapevole che «se non scende adesso in campo, il governo potrebbe cadere nel caos, in una fase storica in cui gli italiani chiedono altro».
Ecco perchè la prima preoccupazione dell’«Elevato», intenzionato a calarsi per un po’ tra i comuni mortali, è la tenuta dell’esecutivo Conte. E la consapevolezza che altrimenti il caos sarebbe più di uno scenario giornalistico.
Dalla scissione parlamentare di chi sostiene Di Battista su una linea identitaria, ai giochi di Palazzo di qualche enfant prodige. E proprio Luigi Di Maio, abile a fiutare l’aria che tira, a cercare in queste ore una posizione mediana che tenga dentro tutti: da Dibba a Beppe. «Io ci sarò», dice infatti il ministro degli Esteri.
Pronto subito ad allinearsi con il Garante e contro Dibba sul congresso del Movimento: «Non è una priorità per l’Italia».
Intanto nelle segrete stanze del Movimento, tra gli uffici notarli di Milano e Roma, il grosso dei ragionamenti gira sullo Statuto. Che al momento prevede un capo politico (Vito Crimi), ma che in futuro dovrebbe essere cambiato — previa voto sulla rete, cioè su Rousseau — per arrivare alla famosa «gestione collegiale». «Un direttorio 2.0», lo chiama Roberta Lombardi, volto storico dei pentastellati e membro del comitato di garanzia.
In questo scenario Grillo potrebbe fare due cose: candidarsi pro-tempore «ma per plebiscito sapendo che nessuno lo sfiderebbe», raccontano i suoi amici; oppure accompagnare, ma questa volta in prima fila, tutte le anime tumultuose che, in maniera diversa, si riconoscono in questo esecutivo.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 16th, 2020 Riccardo Fucile
IL SINDACALISTA DEI BRACCIANTI SI E’ INCATENATO PER PROTESTA AI CANCELLI DEGLI STATI GENERALI E CHIEDE DI POTER PARLARE
Aboubakar Soumahoro, sindacalista USB che ha sempre difeso i diritti dei braccianti, si è incatenato davanti a Villa Doria Pamphili dove sono in corso gli Stati Generali organizzati dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Il sindacalista ha dichiarato che la sua protesta — compresa di sciopero della fame — continuerà fino a quando non verrà invitato all’interno per portare, davanti agli interlocutori degli Stati Generali, il grido di dolore dei braccianti sfruttati, soprattutto dopo l’ultima vicenda che ha coinvolto Mohammed Ben Ali, il senegalese morto in un rogo a Borgo Mezzanone.
«Oggi — ha detto in un video -, inizio lo sciopero della fame e mi incateno qui a Villa Pamphili (Via Aurelia Antica, 183), dove si stanno tenendo gli Stati Generali, finchè il governo non ascolterà il grido di dolore di noi invisibili e di tutti gli esclusi».
È necessario che le istanze dei braccianti agricoli vengano portate all’attenzione di un evento che, nelle intenzioni, dovrebbe preparare gli interventi sul tessuto economico e sociale italiano per i prossimi anni, all’indomani dell’emergenza sul coronavirus, trasformatasi in crisi economica violenta.
Per questo, Giuseppe Conte — che qualche giorno fa ha fatto salire a Palazzo Chigi Sandra Milo che si era incatenata in piazza per testimoniare a favore dei lavoratori autonomi del mondo dello spettacolo — a maggior ragione dovrebbe far entrare il sindacalista che difende i braccianti.
Il governo ha approvato un provvedimento — preparato dal ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova — che punta alla regolarizzazione dei migranti che lavorano nei campi, ma la sua applicazione si annuncia decisamente difficile. S
u questo punto, Aboubakar Soumahoro può dare un contributo essenziale, oltre che una testimonianza. Affinchè non si continui più a morire nei campi profughi, affinchè i braccianti agricoli di un Paese che ha nell’agricoltura una delle sue vocazioni, possano far parte dei processi decisionali che riguardano il settore.
(da agenzie)
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Giugno 16th, 2020 Riccardo Fucile
O SI E’ POSITIVI O NO, MA PUR DI MINIMIZZARE IL PREOCCUPANTE AUMENTO DEI CASI, L’ASSESSORE SI ARRAMPICA SUGLI SPECCHI E FA RIDERE IL MONDO SCIENTIFICO
Le previsioni del tempo hanno introdotto il concetto di parzialmente nuvoloso, i bollettini sui nuovi contagi da coronavirus in Lombardia hanno introdotto quello di debolmente positivi.
O meglio, a farlo è stato l’assessore al Welfare della Regione Giulio Gallera. Oggi, ne ha parlato per la prima volta, introducendo anche la massiccia campagna di test sierologici anti coronavirus che ha preso il via nel territorio della Lombardia, per agevolare ancor di più il tracciamento dei contagi.
«La maggior parte dei casi risulta essere ‘debolmente positivo’ — ha detto Gallera -. Questo elemento evidenzia la presenza di anticorpi e di tracce del virus, la cui insorgenza risale però alle settimane precedenti».
Gallera ha messo in correlazione il sistema di tracciamento dei test sierologici (che analizzano l’insorgenza di anticorpi al virus e che, dunque, potrebbe fotografare anche il superamento di una fase sintomatica acuta o l’individuazione di positivi asintomatici) con un concetto piuttosto relativo, quello della debolezza della positività .
Dei 259 nuovi positivi registrati nelle ultime 24 ore in Lombardia, ben 109 sono stati infatti individuati attraverso i test sierologici.
Questo ha portato all’affermazione di Gallera: «L’ampliamento della platea delle persone alle quali stiamo eseguendo il tampone, quindi determina un maggior numero di positività , ma il più delle volte non sono nuove insorgenze. Questo vasto sistema di screening serve proprio per prevenire e monitorare eventuali situazioni critiche».
Un modo ridicolo, dunque, per edulcorare un dato che, in Lombardia, è comunque pesante ogni giorno che passa, con la percentuale di positivi (su quella totale del Paese) che sfiora o supera il 70%.
Difficile insistere sul concetto dei ‘debolmente positivi’, dal momento che o si ha il virus o non lo si ha. Gli asintomatici, come abbiamo appurato spesso, contagiano eccome. Per questo occorre registrare la stessa attenzione, sia che la positività sia stata rilevata con il tampone, sia che questa sia stata rilevata con un test sierologico. Non esistono, dunque, positivi di serie a e positivi di serie b.
(da agenzie)
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Giugno 16th, 2020 Riccardo Fucile
OPERAZIONE ANTIMAFIA, IMPEGNATI 200 AGENTI NEL FEUDO DI MASSINA DENARO, 13 ARRESTI
I carabinieri del Comando provinciale di Trapani stanno perquisendo l’abitazione di Rizzo, eletto nel giugno 2018 con una lista civica e appoggiato dal centrodestra, e il suo ufficio in Municipio. Lui nel 2019 chiedeva un minuto di silenzio per Giovanni Falcone
C’è anche il sindaco di Castellammare del Golfo, Nicola Rizzo, tra gli indagati nell’inchiesta Cutrara della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che ha colpito la famiglia mafiosa della cittadina trapanese con 13 arresti.
A Rizzo è stato notificato un invito a comparire per essere interrogato. Indagati anche un ex consigliere comunale di Castellammare del Golfo, che avrebbe chiesto a Francesco Domingo, considerato il vertice della famiglia mafiosa locale, di attivarsi per il recupero di un mezzo agricolo che gli era stato rubato, e un avvocato ex consigliere comunale di Trapani: quest’ultimo, secondo gli investigatori, avrebbe concorso con Domingo e il trapanese Francesco Virga in una estorsione a un imprenditore agricolo.
L’indagine fa particolarmente scalpore anche perchè sulla sua pagina facebook nel 2019 Rizzo invitava ad omaggiare Giovanni Falcone con un minuto di silenzio nell’anniversario della strage di Capaci.
Il blitz denominato “Cutrara” dei militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani, coordinati dalla Dda di Palermo, ha colpito duramente la famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo.
Gli arrestati sono accusati di associazione di tipo mafioso, estorsione, furto, favoreggiamento, violazione della sorveglianza speciale e altro, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. Altre 11 persone sono state denunciate a piede libero. Eseguite inoltre decine di perquisizioni. L’operazione ha visto impegnati impegnati 200 militari dell’Arma con il supporto di unita’ navali, aere e reparti specializzati come lo Squadrone Eliportato Cacciatori di Sicilia, nonche’ unita’ cinofile per la ricerca di armi.
(da agenzie)
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