Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
DIMENTICA UN DETTAGLIO: SE FOSSE VERO, VUOL DIRE CHE HA SPESO SOLDI NON SUOI… SE IL PROPRIETARIO DI UN’AZIENDA IN FALLIMENTO SOTTRAE BENI DESTINATI ALL’ERARIO PER SPUTTANARLI A SUO BENEFICIO FINISCE IN GALERA
“I 49 milioni della Lega sono stati spesi in manifesti elettorali”: lo ha dichiarato Matteo Salvini nel corso del programma Di Martedì, rispondendo alla domanda del conduttore Giovanni Floris su dove fossero finiti i rimborsi elettorali tra il 2008 e il 2010 dall’allora Lega Nord. “I 49 milioni sono stati spesi in iniziative, affitti di sede, corrente elettrica e campagne elettorali. Cercano soldi che non ci sono. Se li trovate ditelo anche a me che mi interessa” ha dichiarato Salvini nel corso della trasmissione in onda su La7.
Sarà la magistratura a stabilire se i 49 milioni di contributi pubblici alla Lega sono stati spesi per iniziative di partito o se parte di quei milioni sono finiti prima all’estero e poi nelle tasche di qualcuno.
Ma poniamo che sia vera la tesi odierna di Salvini, ovvero che quei 49 milioni siano stati spesi per iniziative di partito, concetto peraltro mai esplicitato.
1) I 49 milioni di contributi pubblici risultano in entrata, se fossero stati spesi per manifesti, affitti, bollette, sarebbero indicati in bilancio nelle uscite e il saldo sarebbe zero. Se la magistratura li cerca lo capirebbe anche un cretino che le uscite a bilancio non corrispondono alle entrate.
2) Spese in nero per manifesti e altro? Salvini non dice che quei contributi pubblici alla Lega dovevano essere “bloccati” per far fronte ai debiti con l’erario, i fornitori e il personale, non potevano essere spesi per la propaganda. Tesi peraltro suggerita da qualcuno all’interno della Lega. Si è voluto spendere quello che non poteva essere speso (da qui il sequestro tardivo dei conti da parte della magistratura, quando i buoi erano prmai scappati dalla stalla)
3) Facciamo un esempio. Se il titolare di un’impresa prossima al fallimento invece che onorare i debiti erariali, le tasse, le fatture dei fornitori, i versamenti Inps ai dipendenti, sottrae beni e denaro giacenti in azienda sputtanandoli in auto, donne o facendoli sparire in conto esteri, finisce dritto in galera.
Dire che son stati spesi è già un reato, non dimostrarlo a bilancio anche peggio.
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
AI PARTITI INTERESSA AVERE FEDELISSIMI AI CAPI, NON PERSONE COMPETENTI
Secondo i sostenitori del Sì al referendum, ridurre il numero dei parlamentari porta a un aumento della qualità del Parlamento.
Secondo i sostenitori del No, invece, non è così.
Mettendo però da parte il fattore meramente numerico, c’è un elemento che dovrebbe stare a cuore a entrambi gli schieramenti: il metodo di selezione dei nostri rappresentanti, ovvero lo strumento che realmente permette di portare e valutare la qualità all’interno di Camera e Senato.
Pur con i dovuti cambiamenti avvenuti negli anni, pur con la crisi dei partiti che non tocca solo il nostro Paese, le principali democrazie hanno individuato metodi specifici per scegliere i propri rappresentanti, attraverso i quali si configura la partecipazione democratica e, attraverso essa, il controllo dell’operato degli eletti da parte degli elettori.
Un meccanismo che in Italia attualmente manca quasi completamente, tra listini bloccati e collegi vasti e dal peso ridotto che contribuiscono ad allontanarci dai parlamentari del nostro territorio e a far perdere spesso e volentieri la volontà di rappresentare nello specifico quei cittadini e quel territorio.
Originariamente, nella Prima Repubblica, l’Italia sceglieva i propri deputati con il sistema della preferenza multipla alla Camera e con collegi uninominali al Senato, in entrambi i casi all’interno di un sistema proporzionale.
La fine di quel sistema politico e partitico portò a un nuovo sistema elettorale, il Mattarellum, che attraverso il meccanismo dei collegi uninominali sarebbe dovuto diventare, sul modello anglosassone, il nuovo strumento per costruire un rapporto tra eletti ed elettori. Uno strumento che tuttavia fu ben presto portato al naufragio dalla stessa classe politica che ne avrebbe dovuto e potuto fare tesoro.
La legge elettorale, agli occhi di molti un astruso tecnicismo, ma nei fatti le “regole del gioco” attraverso cui vengono eletti i nostri rappresentanti che, ci piaccia o meno, influenzano attraverso le leggi e l’efficienza politica la nostra vita di tutti i giorni, si è trasformata in qualcosa da cambiare di volta in volta in base allo scontento di turno in maniera quasi schizofrenica.
Una serie di cambiamenti, oltre a diversi interventi della Corte Costituzionale, hanno portato a un’ulteriore confusione che ha contribuito ulteriormente ad allontanare eletti ed elettori. Il tutto ha probabilmente toccato l’apice con il famigerato Porcellum, la legge modificata d’autorità dalla Consulta dopo essere stata usata in tre diverse elezioni in cui i cittadini dovevano limitarsi a scegliere il simbolo, votando in automatico liste chilometriche da decine di candidati bloccati, rendendo quanto meno complesso al cittadino informarsi su ciascuno di loro, le proprie idee e il suo operato.
Se per l’elettore era divenuto difficile capire chi stesse votando, dal lato dei partiti non vi era più particolare interesse a scegliere persone in grado di ottenere un ampio consenso in specifici contesti territoriali, e con la maggior parte degli elettori che si limitava a scegliere il simbolo, dunque il partito nazionale senza badare più di tanto ai candidati alla Camera e al Senato, ecco che l’interesse principale diventava quello di riuscire a mettere più fedelissimi del leader di turno.
Con gli elettori che sempre di più hanno preferito dare spazio ai leader e gli eletti che sempre meno hanno avuto necessità di una campagna casa per casa nel territorio, questo rapporto è andato scollandosi, favorendo l’ascesa dei leader come Renzi, Salvini e Di Maio e una decadenza della classe dei parlamentari.
E se oggi un bel pezzo del Parlamento ha deciso di votare per il proprio taglio, forse è anche per la consapevolezza di un processo che troppe volte ha messo da parte la coscienza critica del parlamentare, cui il leader di turno ha preferito uno yes-man che creasse pochi problemi.
Senza che un candidato possa costruire un rapporto reale con l’elettore, fatto di campagna e costruzione della fiducia nel territorio, questo è l’unico risultato possibile.
Ma come si fa, oggi, a porre la questione di una modifica in qualsiasi senso della composizione del Parlamento se non abbiamo idea di come permettere a noi poveri elettori di partecipare e di scegliere una classe dirigente per il Paese, un sistema che ci permetta di avere un reale rapporto con gli eletti?
Ormai dal referendum non si può tornare indietro, ma quale che sia il suo esito sarà fondamentale che dal 22 settembre la Politica non si nasconda e affronti chiaramente questo punto chiave della nostra democrazia.
(da Open)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
“COVID OCCASIONE PER CAMBIARE, SPINTA A INVESTIMENTI VERDI”… E RIVOLTA AI BANCHI DEI RAZZISTI DI AFD: “SIETE ODIO”… IL PPE ATTACCA SALVINI: “E’ UNA MARIONETTA DI PUTIN COME TUTTI I SOVRANISTI”
E’ passato solo un anno dalla sua nomina a capo della Commissione europea e Ursula von der Leyen già si ritrova a dover dissotterrare il suo gioiello: il Green deal.
Oggi, il suo primo discorso sullo Stato dell’Unione al Parlamento europeo, serve allo scopo. “Il covid deve essere occasione per cambiare”, dice la presidente rilanciando la lotta ai cambiamenti climatici con nuovi obiettivi più stringenti: “Taglio delle emissioni del 55 per cento entro il 2030, non più del 40 per cento”. Ce n’è anche per l’Italia: in positivo. Von der Leyen dà un assist a Giuseppe Conte, alla vigilia del voto per regionali e referendum: “L’anno prossimo, summit sulla sanità in Italia”.
Presentato l’anno scorso come il vessillo della nuova squadra di Palazzo Berlaymont, il Green deal è finito martoriato sotto i colpi dell’emergenza pandemia. Von der Leyen ha dovuto cambiare la sua agenda, come tutti. Di investimenti verdi e riconversione dell’economia si è parlato poco e male.
Ma oggi, di fronte ad un’aula con poche presenze fisiche e tanti collegamenti online da remoto, la presidente rilancia: “Il 37 per cento delle risorse del Next generation Eu andrà al Green deal. Il 30 per cento del Recovery fund sarà reperito sul mercato con ‘green bond’”
“Se vogliamo diventare il primo continente ‘neutro’ nel 2050, dobbiamo procedere più velocemente”, dice annunciando la proposta della Commissione di aggiungere un 15 per cento in più al taglio delle emissioni previsto per il 2030. “Mi rendo conto che è eccessivo per alcuni e insufficiente per altri ma la nostra valutazione di impatto dimostra che la nostra industria ce la può fare”.
Sarà il fondo per la transizione equa, inserito nel pacchetto Green deal, a sostenere le spese delle aree interessate alla riconversione. Per esempio: l’Ilva di Taranto. Riconvertire si può, è il messaggio per il governo di Roma.
Von der Leyen cita la Svezia, dove ci sono industrie che producono “acciaio senza fossili: idrogeno al posto del carbone. L’acciaio pulito è possibile. Il Next generation Eu deve servire per creare vallate di idrogeno in Europa”.
Insomma, sottolinea la presidente, “il piano di ripresa non deve solo portare l’Europa fuori dalla crisi ma spingerla verso il mondo di domani”. Digitale, intelligenza artificiale. L’agenda è piena. Gli ostacoli sono tanti. Per esempio: la Cina.
Lunedì scorso, il vertice europeo con Xi Jinping per la firma di un accordo su commercio e investimenti è solo servito a misurare distanze, di nuovo. “Relazione strategicamente importante ma difficile — dice von der Leyen – Ci aspettiamo che Pechino dia l’esempio sul rispetto degli accordi di Parigi sul clima, sulla reale apertura dei mercati, sul rispetto dei diritti umani”.
E qui però la presidente striglia gli Stati membri: “Quando gli Stati membri dicono che l’Europa è troppo lenta, io dico: siate coraggiosi e passate al voto a maggioranza qualificata” in Consiglio europeo “per lo meno sui diritti umani e l’adozione di sanzioni”.
Quanto alle violazioni nella stessa Ue, “prima della fine del mese — annuncia von der Leyen — la Commissione presenterà un rapporto sullo stato di diritto per tutti gli Stati membri”. L’annuncio fa saltare i nervi al polacco Ryszard Legutko, presidente del gruppo dei Conservatori e riformisti, che attacca la presidente: “Fa ideologia”.
La prossima settimana intanto la Commissione presenterà il suo pacchetto immigrazione, conferma von der Leyen rispondendo così ad una richiesta più volte avanzata dall’Italia, dalla Grecia e i paesi della frontiera sud dell’Europa.
“Nel nuovo piano – anticipa la presidente – verrà abolito il regolamento di Dublino e sarà sostituito da un nuovo sistema di governance delle migrazioni, con una struttura comune per quello che riguarda gli asili ed i rimpatri, ed anche un meccanismo di solidarietà molto forte ed incisivo. Ci sarà un dibattito su questo, punti su cui andremo d’accordo e meno. So che anche la presidenza tedesca vuole avere dei risultati”.
“Bisogna fare una chiara distinzione tra chi ha diritto a rimanere e chi no, rafforzare le frontiere esterne, il partenariato con i paesi terzi, creare vie legali di ingresso”.
A Lesbo intanto, dove la settimana scorsa il più grande centro di accoglienza d’Europa è andato distrutto in un incendio, la Commissione si sta occupando di creare un altro centro: sempre lì, nella stessa isola greca. Mentre procede a rilento la distribuzione tra i paesi membri degli oltre 12mila profughi rimasti senza tetto.
Ma la questione più immediata nell’agenda europea è la Brexit. Anche Von der Leyen ammette che il no deal è ormai un rischio concreto, dopo la scelta di Londra di violare gli accordi sottoscritti con l’Ue l’anno scorso, minando la “fiducia che è alla base delle relazioni internazionali”. “Ogni giorno che passa — continua – le possibilità di intesa si allontanano. Negoziati difficili, non abbiamo avuto i risultati sperati e c’è poco tempo”. Il 15 ottobre il consiglio europeo dovrebbe ratificare l’uscita definitiva del Regno Unito al 31 dicembre di quest’anno. “Ma l’Ue non farà mai marcia indietro sull’Accordo di divorzio, che non può essere cambiato unilateralmente”, scandisce von der Leyen.
La presidente si sbilancia anche sul tema delle comunità Lgbtq. “Chiederò il riconoscimento mutuo del genitore in tutta l’Europa — dice, tra gli applausi di molti e lo sguardo esterrefatto di altri in aula — Se si è genitore in un paese, lo si è in tutti i paesi”.
Di certo, rispetto a un anno fa, quella di oggi è una von der Leyen più attenta alla questione dei diritti, più spostata a sinistra che a destra, si direbbe in antico gergo ideologico pur sempre efficace. La presidente annuncia anche una raccomandazione della Commissione per introdurre “il salario minimo in tutti i paesi europei”.
E, ‘dulcis in fundo’, sull’immigrazione von der Leyen ingaggia un corpo a corpo verbale in aula con il tedesco Jorg Meuthen dell’Afd.
Stava parlando della “visione diversa dell’estrema destra, basata sull’odio”. L’europarlamentare sovranista borbotta. Lei approfitta. Si volta verso di lui e attacca: “Questo la fa arrabbiare perchè la tocca nel vivo! Siamo profondamente diversi, questa è la democrazia: lei predica odio e noi vogliamo un approccio costruttivo sull’immigrazione”.
E von der Leyen non è l’unica ad attaccare i sovranisti. Il presidente del gruppo del Ppe Manfred Weber attacca Matteo Salvini, definendolo “una marionetta di Putin con tutti gli altri sovranisti”.
Come l’esordio del discorso in aula, anche l’ultimo pensiero di von der Leyen è sulla pandemia, l’uragano che ha cambiato le vite di tutti. Anche qui la presidente parla di Italia: “L’immagine del lockdown che mi è rimasta impressa è quella di Carola e Vittoria, le due ragazzine che giocavano a tennis in terrazza in Liguria…”.
L’Italia, paese particolarmente colpito dalla pandemia e dalla crisi economica, destinatario della maggior parte degli aiuti del recovery fund, esce bene nel discorso della presidente che tende la mano a Conte, in un (ennesimo) momento di fibrillazione della maggioranza di governo. Non è poco per il premier. “Serve stabilità per tutti i governi europei per concretizzare il recovery fund”, dice il presidente del Parlamento europeo David Sassoli. §
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
“LA PIATTAFORMA ROUSSEAU DEVE ESSERE GESTITA DIRETTAMENTE DEL MOVIMENTO”
All’indomani delle parole di Beppe Grillo in sostegno di Davide Casaleggio, si autosospendono tre deputati in polemica con la dura lettera firmata dal figlio del fondatore e indirizzata agli iscritti del Movimento.
“Il fatto che a pochi giorni dalle elezioni Casaleggio abbia lanciato un attacco pubblico a mezzo stampa al MoVimento 5 Stelle è vergognoso e stentiamo a capire quale gioco politico possa esserci dietro una presa di posizione così netta, in una situazione che di chiaro e ben definito non ha nulla”, scrivono in una nota Fabio Berardini, Carlo Ugo de Girolamo e Paolo Romano.
Nella lettera Casaleggio aveva denunciato i ritardi nei versamenti che gli eletti 5 stelle sono obbligati ad effettuare per finanziare la piattaforma Rousseau.
“A causa delle protratte e gravi morosità di diversi portavoce del MoVimento 5 Stelle che da troppi mesi hanno deciso di venir meno agli impegni presi, saremo costretti a ridurre progressivamente diversi servizi e strumenti”.
Una minaccia che ha fatto infuriare i gruppi parlamentari a tal punto da far intervenire Beppe Grillo in persona. ”Dobbiamo ringraziare le persone che l’hanno fatta Casaleggio padre e figlio”, aveva detto il fondatore riferendosi a Rousseau
Ora i tre deputati non solo attaccano Casaleggio per le accuse rivolte contro gli eletti, ma decidono anche di dare voce al malcontento che serpeggia verso la gestione della piattaforma che attualmente è affidata al figlio del fondatore.
“La piattaforma Rousseau deve essere gestita direttamente dal Movimento 5 Stelle tramite un organismo eletto democraticamente e trasparente su ogni spesa; il Movimento 5 Stelle si deve dotare di una struttura organizzativa chiara, democratica ed efficace, superando il modello fallimentare dei facilitatori”, scrivono i deputati.
Non solo. I tre premono anche affinchè venga presto fissata una data per gli Stati Generali con cui stabilire “le regole del gioco”. E ancora: “il Movimento deve utilizzare i soldi sui territori a supporto dei nostri gruppi locali e dei consiglieri comunali (che dovevano essere i nostri ‘eroi’ in prima linea) per la formazione, la tutela legale ed eventi”, concludono.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
REAZIONI SOCIAL, VIENE FINALMENTE CORRETTO DOPO QUALCHE ORA
Una gaffe, poi corretta, che non è sfuggita agli occhi dei lettori del Televideo Rai e agli impietosi commenti sui social.
Battendo la notizia dell’incendio Porto Ancona, il servizio di Teletext della televisione pubblica ha commesso un errore: ha scritto che il rogo è stato nell’area portuale di Genova. In molti si sono accorti dell’inesattezza e hanno pubblicato gli screenshoot sui social. Poi il tutto, dopo alcune ore, è stato corretto.
A mostrare cosa compariva questa mattina nella sezione ’24 ore non stop’ è stato Michele Anzaldi attraverso il suo profilo Twitter.
L’incendio porto Ancona è diventato, dunque, un rogo nell’area portuale di Genova. Da una parte le Marche, con la costa adriatica (dove è realmente accaduto il fatto); dall’altra la Liguria che si affaccia sul Mar Tirreno.
Un errore che, dunque, non è rimasto inosservato (anche perchè è stato corretto solo qualche ora dopo).
Una gaffe che compariva anche tra le ultim’ora comparse all’alba di questa mattina.
Al netto dell’errore del Televideo Rai, la situazione al porto di Ancona sta lentamente rientrando. Serviranno altri giorni per effettuare le perizie sul luogo del rogo per capirne le cause. Nel frattempo, questa è la notizia positivi, non si registrano feriti e vittime. Si dovrà valutare, adesso, quale sarà l’effetto sull’ambiente di quelle fiamme.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
LO SCRITTORE HA PARLATO DEL VITTIMISMO USATO E LA REAZIONE DI SALVINI LO CONFERMA
L’importante è non rispondere. Ieri sera, ospite di Giovanni Floris a Di Martedì, lo scrittore Gianrico Carofiglio ha spiegato il manuale di comunicazione utilizzato da Matteo Salvini. Il leader della Lega era in collegamento con la trasmissione in onda su La7 e non ha preso benissimo questa lezione televisiva. Ma le evidenze di quanto dichiarato dallo scrittore sono anche contenute in un articolo del The New York Times.
Il tema centrale è quello della vittimizzazione. Gianrico Carofiglio, mentre Salvini metteva le mani a mo’ di preghiera, ha sottolineato come la strategia comunicativa (soprattutto in televisione, dove può accendersi un dibattito rispetto a quanto accade nei comizi di piazza) del leader della Lega si basi su alcune strategie che funzionano.
E questo metodo viene messo in mostra anche dalle stesse reazioni di Salvini durante le parole di Carofiglio a Di Martedì.
Questa tesi non è teorica, ma pratica. Da settimane, infatti, il leader della Lega continua a parlare del suo processo del 3 ottobre a Catania, parlandone sempre. Pedissequamente. Stessa cosa accade durante le contestazioni ai suoi comizi in giro per l’Italia. Insomma, la lezione di Gianrico Carofiglio si basa sui fatti e non solo sulle parole.
(da Giornalettismo)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
SUI SOCIAL ESPLODE L’IRONIA
Sorpresa bagnata per Luigi Di Maio durante un comizio elettorale nella cittadina di Massimo Troisi, San Giorgio a Cremano (Napoli) in Campania.
Il gavettone a Di Maio che si è preso in testa il ministro è stato firmato con i cellulari e i video sono finiti in rete, diventando virali tra i commenti ironici. Di Maio si trovata tra la folla per sostenere pubblicamente la candidatura di una esponente della politica locale.
Nel video si vede Di Maio intento a incontrare i cittadini e a fare selfie. A un certo punto dall’alto arriva una secchiata d’acqua che lascia il ministro sorpreso e bagnato mentre si stava avvicinando a uno degli stand. La secchiata d’acqua, arrivata molto probabilmente da uno dei palazzi che circondavano il luogo del comizio, ha lasciato Di Maio sorpreso e bagnato ma non gli ha impedito di proseguire.
Per il gavettone a Di Maio è esplosa l’ironia degli utenti, con RadioSavana che parla di «Attacco fascista contro Di Maio!». C’è anche chi parla dell’ignobiltà di un gesto del genere, che andrebbe fatto quando in Italia siamo sotto zero e non con il gran caldo estivo di questi giorni.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
MARCO GHILARDI ACCUSA IL CONTABILE LEGHISTA DI RUBBA
Marco Ghilardi, il bancario coinvolto nella storia dei conti dei commercialisti della Lega presso la filiae Ubi di Seriate viene intervistato da Paolo Berizzi su Repubblica. Ghilardi spiega di essere disoccupato da quando è stato lincenziato dalla banca a maggio. Prende la Naspi, e cerca di proteggere la famiglia.
Secondo la sua versione dei fatti le operazioni bancarie sospette che hanno portato al licenziamento sono state fatte solo per amicizia. Intercettato dalla Guardia di Finanza il 21 maggio scorso, giorno in cui viene lasciato a casa dalla banca bergamasca, Ghilardi si sfoga al telefono con Di Rubba. Dice: «La banca non ha perso un centesimo, io non ho preso un soldo, l’ho fatto solo per amicizia e in buona fede».
«Ho già pagato tanto e continuo a pagare per colpa di altri. Sono stato tradito, sì. Da una persona di cui mi fidavo e che ritenevo un amico» (il contabile della Lega Alberto Di Rubba, ndr). Parla Marco Ghilardi, il bancario coinvolto (come testimone) nell’affaire finanziario che si è abbattuto sul Carroccio salviniano e che parte dall’inchiesta Lombardia Film Commission, trascinando con sè un fiume di denaro (almeno 2 milioni di euro). Ghilardi, 50 anni, bergamasco (vive in un paese della Valcalepio, verso il lago d’Iseo).
Una carriera tutta interna ai livelli della banca Ubi, oggi Intesa Sanpaolo. Fino a ottobre 2018 direttore della filiale di Seriate, dove, attraverso società a loro riferibili, i commercialisti della Lega aprivano conti per le movimentazioni sospette poi finite sotto la lente della procura di Milano.
Marco Ghilardi è la persona di cui si parlava alla cena con Salvini e i commercialisti arrestati. Ha anche raccontato che quando comunicò a Di Rubba “l’impossibilità a poter procedere” con l’apertura dei conti per le articolazioni territoriali della Lega, il professionista “per tutta risposta mi scrive: ‘mi avevi detto che si poteva, allora chiudo tutto, inculet’. Praticamente mi ha mandato a quel paese”.
E ancora: “Non mi hanno detto a chi si sarebbero rivolti per aprire questi conti delle nuove entità regionali del partito”. Il bancario ha parlato anche dei “movimenti registrati sui conti” di altre due società dei contabili del Carroccio, la Sdc e lo Studio Cld, e “ricordo numerosi accrediti da Lega Nord sempre con la medesima causale ‘saldo fattura’”.
Anche “il conto personale” di Manzoni “beneficiava” di questi accrediti con la stessa causale. I due gli dicevano che erano per “attività di consulenza” ma “mi sembrava strano poichè nello stesso periodo capitava che fatturassero al partito con più ragioni sociali”. Altre “rogne”, ha aggiunto il teste, “a mio avviso riguardano l’espansione finanziaria della società ‘Non solo auto’ riconducibile sempre a Di Rubba (…) negli ultimi anni il principale cliente della società è sempre il partito Lega”.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
UN ANNO FA IL SINDACO AVEVA VIETATO LA DISTRIBUZIONE DI ALIMENTI AI POVERI E MULTATO I VOLONTARI DI DON MALGESINI
Il sindaco di centrodestra di Como, Mario Landriscina, ha annunciato il lutto cittadino per l’omicidio di don Roberto Malgesini, “il prete degli ultimi” ucciso a coltellate ieri mattina nella città lariana da un migrante tunisino con problemi psichici, che il religioso conosceva e che in più di una occasione aveva aiutato.
L’omicidio è avvenuto intorno alle sette, mentre don Roberto stava caricando la sua macchina con le colazioni per i senzatetto della città , come faceva tutte le mattine.
Nell’ordinanza che Landriscina ha firmato per dichiarare il lutto cittadino in occasione delle esequie del sacerdote, il sindaco scrive:
“Quanto è accaduto ci priva in maniera così brutale di un Sacerdote, di una Persona, di un nostro concittadino, che ha dedicato la sua stessa esistenza, senza risparmio, a quella degli altri . Col lavoro e la fatica, ma sempre con il sorriso, nella continua ricerca di soluzioni comunque sempre perseguite declinando concretamente il Vangelo. Abbiamo quindi l’opportunità di ritrovarci come comunità solidale — ha aggiunto — avendo l’occasione di partecipare sinceramente al grande dolore dei Familiari, della intera Diocesi e facendo proprio il dolore anche di quanti lo hanno sostenuto ed aiutato e di coloro che hanno da lui ricevuto conforto concreto, spirituale e soprattutto amore”.
Le ultime parole del comunicato del primo cittadino di Como hanno creato un sentimento di sconcerto, soprattutto per quell’aggettivo, “solidale” che se corrisponde appieno alla missione a cui il prete ucciso aveva votato la sua vita, stare sempre e comunque dalla parte degli ultimi, degli emarginati, degli invisibili, di certo non può attribuirsi a molte delle azioni che proprio la giunta di Landriscina ha messo in campo. L’episodio della sua assessora ai servizi sociali Angela Corengia che toglie una coperta di dosso a un senzatetto mentre dorme e la getta via, è stato solo, infatti, l’ultimo di una serie di episodi che con la solidarietà che don Roberto predicava con le sue azioni concrete quotidiane nulla hanno a che vedere.
La giornalista comasca Manuela D’Alessandro dell’Agi racconta sul sito dell’agenzia di stampa proprio un episodio di cui era stato protagonista don Roberto: “Alla fine dell’anno scorso quando il sindaco aveva vietato la distribuzione di alimenti sotto ai portici ai poveri tra le proteste della Caritas, i volontari del gruppo da lui guidato avevano continuato a nutrirli e la Polizia Locale gli aveva inflitto una multa, poi ‘archiviata’. “Non aveva reagito — ricorda chi gli stava vicino — niente commenti, nè interviste. Non ne ha mai concessa una sebbene fosse molto popolare”.
La battaglia a clochard, migranti e mendicanti è sempre stato un tratto che ha contraddistinto l’azione di governo della giunta Landriscina. Sindaco dal 27 giugno 2017, il suo primo “regalo” per le persone che don Roberto aiutava, lo fece in occasione del Natale di quell’anno. Rileggiamo quello che scriveva Il Giorno il 27 dicembre 2017:
Un Natale avvelenato dalle polemiche quello che la città si è appena lasciato alle spalle. Tutta colpa dell’ordinanza anti-clochard emanata dieci giorni fa dal sindaco Mario Landriscina, capace di suscitare l’indignazione e le proteste di mezza Italia. Oltre duecento manifestanti le hanno letteralmente cantate al sindaco anche la mattina della vigilia, arrivando da un po’ tutta la Lombardia per partecipare al flash mob organizzato dal cantautore comasco Filippo Andreani. Di fronte al duomo si sono messi a cantare «El purtava i scarp del tennis» di Enzo Jannacci, con tanto di cappelli rovesciati in mezzo alla piazza. Un riferimento a superare «muri e barriere» in nome della fratellanza è arrivato anche dal vescovo, Oscar Cantoni, ospite del pranzo di Natale che ogni anno la Caritas organizza per i senzatetto all’opera Don Guanella.
Ma a “brindare” al nuovo corso, che vedeva come vicesindaco l’attuale deputata leghista Alessandra Locatelli ed ex ministra della Famiglia, era stato subito dopo l’insediamento della giunta il giornale sovranista Il Populista, che annunciava trionfante che a Como “la musica è cambiata”:Ultima la polemica che dura da mesi sul dormitorio pubblico, che la città lariana al momento non ha. Si legge ancora sul sito dell’Agi:
Negli ultimi mesi, il coronavirus ha fatto esplodere il problema, già presente da anni, dei senzatetto nel centro di Como acuito anche da un focolaio di contagi. Quasi una trentina di persone staziona ormai regolarmente sotto i portici di San Francesco, di fianco al Tribunale, e l’insofferenza dei residenti e dei commercianti sale ogni giorno di più, con sullo sfondo la discussione sul nuovo dormitorio che la Lega, parte della maggioranza di centrodestra guidata dal sindaco Mario Landriscina, non vuole. Caritas e Polizia Locale hanno più volte sgomberato e sanificato l’area, ma chi non ha una casa ha sempre recuperato la sua postazione nelle ore successive. Il 13 giugno scorso, circa duecento persone, su iniziativa dei volontari di ‘Como accoglie’, si erano radunate in piazza Cavour, il ‘salotto’ della città , ciascuna con una propria coperta prima in spalle e poi stesa per terra. “Como è una città ricca — aveva detto Marta Pezzati, presidente dell’associazione, in un video visibile sul sito comozero.it — ci sono tanti edifici vuoti, un terzo settore molto attivo e pieno di benessere. Ma adesso la cosa più importante è ‘basta portici’”. I volontari chiedono da tempo un nuovo dormitorio, una prospettiva che, secondo Bernasconi, non risolverebbe tutto perchè una fetta consistente dei senzatetto sono persone senza permesso di soggiorno che, come tali, non potrebbero avervi accesso. La Lega con la ex vicesindaca e parlamentare Alessandra Locatelli ha raccolto delle firme in piazza contro la prospettiva del nuovo dormitorio. Intanto, spiega una cittadina ed ex volontaria, “la situazione e non solo sotto i portici, ma anche per esempio nella ex dogana dove alcuni vivono tra i topi, è difficile. Quelli sotto i portici sono giovani e arrabbiati e vivono un forte disagio”. Il sindaco Landriscina ha proclamato il lutto cittadino, per questa sera è previsto un rosario in Duomo dove potrebbero svolgersi i funerali, in alternativa si pensa allo stadio. Saranno in tantissimo a volerlo salutare.
E il segretario regionale lombardo di Rifondazione comunista, Fabrizio Baggi, ricorda che «dietro la chiesa di don Roberto il Comune aveva disposto anche la rimozione di una fontanella e di bagni chimici». Quello del sindaco Landriscina, no, non è lo stesso concetto di comunità solidale che aveva don Roberto.
(da “NextQuotidiano”)
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