Settembre 11th, 2020 Riccardo Fucile
PURTROPPO ANCHE A CHI CI HA MARCIATO E A CHI NON SA FARE ALTRO CHE LAMENTARSI E HA DECINE DI MIGLIAIA DI EURO DEPOSITATI IN BANCA
L’asticella è poco sotto quota 14 milioni: 13,9. Sono gli italiani che fino ad oggi hanno ricevuto un aiuto anti Covid da parte dello Stato sotto forma di bonus, cassa integrazione e altre forme di sostegno.
Una platea record per una spesa record perchè lo Stato, attraverso l’Inps, ha stanziato 22,6 miliardi. I numeri, che Huffpost è in grado di anticipare, sono contenuti nell’ultimo report che l’Istituto di previdenza ha redatto per tracciare un bilancio degli aiuti al 10 settembre.
Il quadro inizia a farsi definitivo perchè alcuni di questi aiuti, come il bonus baby sitter e quello per le colf e le badanti, non si possono più richiedere.
E altre misure, come la cassa integrazione e il bonus per i lavoratori autonomi, sono già in una fase piena. Per questo il report è in grado di fissare lo scatto quasi definitivo degli aiuti.
L’Inps ha autorizzato oltre 2,8 miliardi di ore di cassa integrazione (2.819). I lavoratori che hanno ricevuto almeno una prestazione mensile durante il periodo febbraio-settembre sono stati 3,3 milioni (3.384.431) su un totale di 3,4 milioni di beneficiari (3.414.755).
Sono in attesa di essere pagati 30.324 lavoratori, prevalentemente legati a domande pervenute dalle aziende dal primo giugno in poi. A questi lavoratori che hanno ricevuto la cassa integrazione vanno aggiunti altri 3 milioni che sono stati pagati con dalle aziende con un anticipo.
La portata monstre della cassa integrazione non si evince solo dal numero delle ore autorizzate, ma anche da quello delle mensilità di integrazioni salariali pagate sempre da febbraio a settembre. Hanno sfondato quota 11 milioni (11.060.900) su un totale di 11.459.453. Sono ancora da pagare 398.553.
Più di 4 milioni di autonomi hanno preso il bonus
Per i lavoratori autonomi lo Stato ha messo in campo un bonus da 600 euro per marzo e aprile (salito a mille euro a maggio, ma non per tutti). A richiederlo sono stati più di 5 milioni di lavoratori (5.377), a ottenerlo 4,1 milioni (4.129).
In 204mila hanno beneficiato dell’estensione della legge 104, quella che permette a un lavoratore di usufruire di giorni di permesso per assistere i familiari affetti da gravi disabilità .
Il boom delle domande per il bonus baby sitter (1,3 milioni), ma 189mila sono state respinte
Uno degli aiuti che è stato più richiesto dagli italiani, in questo caso dalle famiglie con figli fino a 12 anni, è stato il bonus baby sitter.
Un bonus da 1.200 euro (duemila euro per il personale sanitario, gli addetti al soccorso pubblico e alla pubblica sicurezza) per pagare il lavoro della baby sitter, il cui utilizzo è stato poi allargato anche ai nonni e all’iscrizione dei bambini ai centri estivi.
Le domande arrivate all’Inps sono state 1,3 milioni (precisamente 1,303 milioni) e sono arrivate da 716mila richiedenti (si possono fare più domande per più figli).
Non tutte le domande però sono state accettate dall’Inps. A essere respinte sono state 189mila richieste: niente soldi sul Libretto famiglia, lo strumento online attraverso cui l’Inps eroga il bonus alle famiglie.
Un trend sostenuto anche per l’estensione dei congedi parentali, cioè la possibilità di stare in congedo dal lavoro per 30 giorni, anche per alcune ore e non solo per intere giornate, con la garanzia di una copertura del 50% in termini di retribuzione. Le richieste sono state 319mila.
Tra gli aiuti messi in campo dal Governo anche l’indennità da 500 euro per aprile e maggio da utilizzare per pagare le prestazioni lavorative dei collaboratori domestici.
Le domande arrivate al 10 settembre sono 275mila, i beneficiari sono 209mila. Alcune richieste sono state respinte, un numero seppur esiguo è in fase di elaborazione.
A maggio è arrivato il reddito di emergenza, una misura per sostenere le famiglie più in difficoltà . A chiedere di accedere al sostegno, che può variare da 400 a un massimo di 840 euro, sono state 599mila famiglie.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 11th, 2020 Riccardo Fucile
UN CHIARO SEGNALE ALL’ELETTORATO LEGHISTA E A ZAIA DI UN BATTITORE LIBERO MA NON TROPPO
Allo sgarbo non crede nessuno. Alla mossa concordata, pochi. E allora?
Nel centrodestra si è aperto il toto-interpretazioni dell’ultima mossa di Giancarlo Giorgetti, uomo forte della Lega da molte stagioni, economista spendibile anche in Europa, sottosegretario a Palazzo Chigi nel Conte I in cui Matteo Salvini occupava il Viminale, da mesi in freddo con il suo leader.
Infatti, dopo lunghi silenzi che lasciavano intendere senza dire, ieri sera a un comizio a Vittuone, comune di 9mila abitanti a sud di Milano, Giorgetti è sbottato: “Al referendum voterò convintamente No. Un semplice taglio dei parlamentari in assenza di altre riforme è improponibile”.
Una “deriva da evitare” non solo “perchè darebbe un potere senza limiti alle segreterie di partito” ma soprattutto in chiave anti-governativa: “Sarebbe un favore ad un governo in difficoltà . Il governo Conte è inadeguato. Ed è anche per questo che voterò No’”. Un obiettivo politico all’ennesima potenza, quasi un tentativo di spallata, mentre il dettato costituzionale sbiadisce sullo sfondo.
Parole riportate da Ticino Notizie e arrivate alle agenzie di stampa proprio mentre Salvini, fiaccato da una mattinata di contestazioni in Campania e con la prospettiva di incontrarne altre in serata nel centro di Napoli, si domandava retoricamente “se è ancora possibile fare opposizione in questo Paese”.
E allora, il numero due del Carroccio ha scelto oculatamente la data, a ridosso del voto, per maramaldeggiare?
Nonostante la distanza degli ultimi tempi, e la defezione alla festa estiva di Rimini, lo scenario è poco plausibile. “Giorgetti fa il battitore libero. In questa fase non concorda con Salvini”, ammette un big leghista “Ma lo conosce talmente bene che sa cosa può dargli fastidio e cosa no”. E il No al referendum, ampiamente condiviso tra i suoi elettori, rientra di sicuro nella seconda categoria.
Del resto Claudio Borghi, il consigliere economico di “Matteo” che per primo si è smarcato dalla linea di partito, ribadisce di non aver ricevuto nè reprimende nè critiche. Ed è stato poi seguito da due big come Lorenzo Fontana e Andrea Crippa, da Alberto Bagnai, dal segretario lombardo Paolo Grimoldi, dal deputato Massimiliano Capitanio. Si vocifera, non da oggi, che sarebbero contrari al taglio dei parlamentari sic et simpliciter anche l’ex ministro, oggi senatore, Gian Marco Centinaio, e persino il governatore del Veneto Luca Zaia. Che però si tiene lontano dalla contesa, come Roberto Calderoli.
E c’è chi, nel centrodestra, legge il coming out di Giorgetti anche in chiave interna: “Giancarlo ha sempre giocato su un cavallo e mezzo. Per questo è rimasto in sella da Bossi a Maroni a Salvini. Adesso, sta lanciando segnali a Zaia: si smarca da Matteo senza però fargli dispiacere. E’ uno schema abile”.
I segnali, tuttavia, arriveranno prima all’elettorato leghista. Che potrebbe recepirli.
Gli ultimi sondaggi sul referendum davano il Sì tra il 66 e il 71% versus il No tra il 29 e il 34%.
Tra la base della Lega la rilevazione di Nando Pagnoncelli del 4 settembre per il “Corriere della Sera” posizionava il Sì al 64% e il No al 36%. Non male per un partito che il leader ha attestato su un Sì “coerente” (con i voti espressi in Parlamento durante l’alleanza con i Cinquestelle) ma tiepido: “Non siamo i proprietari del cuore e dell’anima degli italiani che voteranno”, “Non siamo una caserma”.
Non siamo alla libertà di voto che aveva preconizzato Silvio Berlusconi per Forza Italia, ma poco ci manca. Anche perchè sui social e nelle sezioni sul territorio buona parte della base non digerisce il “regalone” ai grillini.
“Se vince il No le due anime governiste entrano in rotta di collisione e finisce la partita” si scalda un parlamentare padano.
Già : ma il No ha qualche speranza realistica di vincere? “Il No non vincerà — taglia corto Gaetano Quagliariello, senatore che ha da poco lasciato il gruppo di Forza Italia per costituire una componente del misto insieme agli uomini del governatore ligure filo-leghista Giovanni Toti — Ma è meglio un Sì riformatore di un Sì populista”.
Spiega l’ex “saggio” della commissione sulle riforme voluta dal presidente Giorgio Napolitano: “Io voterò Sì perchè la democrazia rappresentativa così non funziona e non voglio lasciare lo scettro del cambiamento in mano ai Cinquestelle. Però preferisco vincere 60-40 che 98 a zero. Se accorciamo le distanze, il giorno dopo il referendum potrà partire una strategia trasversale di riforme. Ecco perchè la mossa di Giorgetti non mi è dispiaciuta. E in questa chiave non credo che dispiaccia neanche alla Lega”.
L’ex sottosegretario di Palazzo Chigi, allora, sarebbe stato l’uomo di punta per dare una scossa alla base. Ridurre il divario. Mettere (un po’) in difficoltà i Cinquestelle di Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, che Salvini considera responsabili — politicamente parlando – di tutti i suoi guai.
La spallata forse è un sogno, ma un balsamo per l’umore cupo di questi giorni.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 11th, 2020 Riccardo Fucile
IL DEVASTATORE DELLA SINISTRA ITALIANA CERCHERA’ DI FAR PERDERE IL PD PER POI PROPORRE BONACCINI COME SEGRETARIO
C’è un piano anti-Zingaretti nel Pd. Nella trappola che si sta preparando per dopo le regionali nel partito cardine dell’alleanza giallorossa si annida un paradosso quasi grottesco: quelli che vorrebbero sostituire Nicola Zingaretti alla guida del Pd, per restaurare un renzismo senza Renzi, sperano di poter far leva su una eventuale sconfitta in Toscana.
Dove però il candidato (persona degnissima ma dal punto di vista elettorale un “brocco”) lo ha scelto proprio Matteo Renzi.
Quindi chi gioca la partita (per ora coperta) della detronizzazione, si prepara a contestare il segretario dopo il voto, sulla base del risultato delle regionali, proprio quello dove, per ovvi motivi, e nel bene e nel male, Zingaretti non ha potuto scegliere, e si è ritrovato in campo le eredità del passato.
In Campania il mitico Vincenzo De Luca, in Puglia il coriaceo Michele Emiliano, in Toscana il gassoso Eugenio Giani, sessantunenne, ex socialista, ex presidente del Consiglio regionale, uno di cui si diceva — per magnificare la sua dote più importante — che poteva menar vanto di aver girato tutti i comuni della Toscana.
Noi auguriamo al simpatico Eugenio di portare a casa comunque la pelle, ma forse, per combattere la pepatissima amazzone salviniana, Susanna Ceccardi, serviva qualcosa di più vitale, di un “candidato Alpitour”.
Tuttavia, all’epoca di quella designazione, Renzi era ancora dentro il Pd, aveva già programmato la sua scissione del micron, e nella sua regione si era apparecchiato la tavola per realizzare quello che aveva in testa: un candidato teleguidato da lui, la prima prima prova elettorale del suo partito bonsai con un bel risultato in casa, che potesse diventare la piattaforma per lanciare una sua Opa sulla sinistra, poggiata sul sogni di un granducato leopoldino replicabile su scala nazionale.
Lo aveva anche enunciato, come è noto, il buon Matteo: “Faremo al PD quello che Macron ha fatto ai socialisti francesi”.
Come sia andata nella realtà è noto: Italia Viva annaspa nei sondaggi, secondo tutti gli istituti demoscopici, la Toscana è stata dichiarata contendibile nella sfida con la Lega, e la fotografia migliore di questa ambizione, ridicolizzata nella realtà , furoreggia nel web sotto la forma genialmente sintetica di una vignetta di Osho.
Nella foto ci sono Matteo Salvini e Maria Elena Boschi, con lui che dice a lei: “Mà³ vojo vedè, se vince er NO, se lasciano la politica, come amo fatto io e te!”. Sublime.
Ma torniamo alle regionali a cui si vorrebbe appendere lo scalpo di Zingaretti. Nelle Marche, già a destra da anni (elettoralmente), e in Puglia il segretario ha provato in ogni modo a fare l’unica cosa che poteva impedire una sconfitta: una alleanza con il M5s. Non ci è riuscito, ma ha fatto bene, perchè altro non si poteva tentare.
Per ottenere lo stesso risultato, in Liguria, ha dovuto spianare con i cingoli una patetica insurrezione di cacicchi locali (in quel caso la direzione del Pd genovese) che si era ribellata alla candidatura di Ferruccio Sansa.
E ovviamente anche in quel caso Zingaretti ha fatto bene a imporre il nome del giornalista, anche se tutti questi interessati e suicidi tira e molla, hanno fatto perdere al candidato unitario del tempo prezioso, in una sfida che era già in salita.
In Puglia, dove Emiliano può contare sulla sua istintiva vocazione di politicone territoriale, Renzi ha animato contro di lui un’altra candidatura Bonsai di disturbo (quella del povero Ivan Scalfarotto, vedi il suo manifesto pop da rockstar avvizzita) con l’unico, deliberato obiettivo di far perdere la sua coalizione, esattamente come ha fatto anche in Liguria.
Ovunque i Renziani sono ovunque il miglior certificato di assicurazione elettorale dei sovranisti sempre grzie alla sintonia tra “i due Mattei”, che si dividono la mission così: uno dei due (quello leghista) prova a far vincere, mente l’altro (quello a fine carriera) prova a far perdere. C’è una bella differenza.
Ma siccome, malgrado queste attività sottocoperta, Italia Viva sembra comunque nata già cadavere nella culla, ecco il piano d’emergenza della carovana acchiappa-poltrone: rimuovere Zingaretti, rientrare dentro il Pd con una nuova operazione trasformistica, spostare l’asse del partito al centro, insediare al Nazareno Stefano Bonaccini (o chi per lui), mascherare questa operazione con un po’ di ammuina (magari offrendo un biglietto in tribuna anche ad Articolo 21, Speranza e Bersani per bilanciare i pesi sulle ali) e tornare a vivere sulla groppa degli elettori democratici.
L’unica domanda che va fatta a Bonaccini non è se sia disposto a candidarsi o meno a leader (è troppo intelligente per lasciarselo scappare), ma se pensa che sarebbe utile e necessario un riassorbimento di Italia Viva dentro al partito (sarebbe interessante la risposta).
L’unico rimprovero che si può muovere a Zingaretti è di aver sacrificato alcune sue legittime ambizioni per tenere insieme la casa, le spinte centrifughe e scissionistiche che in tutti questi anni sono state la continua maledizione della sinistra.
Avrebbe potuto scacciare Renzi dal partito, e reprimere la sua operazione bonsai in Toscana, ma non lo ha fatto perchè voleva portare il partito unito alle europee.
Poteva decapitare i capogruppo (ex renziani) ma non voleva apparire, come i suoi predecessori, un leader che pensa unicamente a piazzare i suoi soldatini ovunque. Con Graziano Del Rio questa scelta si è rivelata azzeccata, con il suo collega del Senato no (ma sono dettagli).
Tuttavia adesso il tempo è scaduto, e il Pd si ritrova davanti solo due opzioni: difenderei il governo Conte che ha fatto nascere lui, continuare a lavorare nel faticoso cantiere dell’alleanza giallorossa, finire la legislatura, eleggere un presidente buono come Sergio Mattarella (magari proprio Sergio Mattarella), oppure lasciare via libera a Salvini e consegnargli le chiavi di Palazzo Chigi.
Così i due Mattei potranno ridividersi il campo secondo lo schema di cui sopra: uno si prende l’Italia, e l’altro può trovare una nuova poltrona per la mitica Meb, e per il resto della compagnia cantante.
Gli allegri devastatori della sinistra italiana — ormai invisi anche ai parenti più stretti — hanno ancora voglia di completare l’opera che Zingaretti aveva interrotto. Scorrerà del sangue, speriamo che non riescano nel loro piano.
(da “TPI”)
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Settembre 11th, 2020 Riccardo Fucile
LA PROCURA DI MILANO HA INSERITO UN SOFTWARE SPIA NEL TELEFONINO DEL REVISORE DELLA LEGA MICHELE SCILLIERI… INTERCETTATO OGNI INCONTRO, ANCHE NELLA SEDE DI VIA BELLERIO
«Ne faremo altre mille la prossima volta andrà bene, invece di 50 ne prendi 70». È quanto dichiara il commercialista Scillieri, in un’intercettazione del 19 maggio 2020 finita agli atti dell’inchiesta sul caso Lombardia Film Commission (per cui giovedì sono state arrestate 4 persone, tra cui lo stesso Scillieri, Alberto Di Rubba, Andrea Manzoni e Fabio Barbarossa).
Nell’ordinanza del gip si legge che «Di Rubba e Scillieri a proposito della conclusione infelice dell’affare relativo alla fondazione e ai terreni (da intendersi il complesso immobiliare) concordano circa la necessità di superare il malcontento serpeggiante tra i sodali in conseguenza dei guadagni rivelatisi minori del previsto».
Il gruppo «del quale si sono potute ben saggiare le potenzialità operative, beneficia degli incarichi di rilievo tuttora ricoperti da alcuni componenti negli organigrammi di numerose società ed enti, tra i quali anche soggetti di diritto privato a partecipazione pubblica», aggiunge Fanales.
L’intera operazione dell’acquisto della sede di Lombardia Film commissione avrebbe avuto fin dall’inizio una «natura sostanzialmente appropriativa, concretizzando di fatto l’impossessamento degli 800mila euro stanziati dalla Regione Lombardia, da parte dell’allora presidente Di Rubba (carica che ha rivestito fino al 2018 ed alla quale era stata designato dalla Regione Lombardia su indicazione della Lega, ndr) e dai suoi sodali», come si legge in uno dei passaggi principali dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip di Milano Giulio Fanales.
L’operazione immobiliare risulterebbe priva di una reale giustificazione economica perchè sarebbe stato solo «lo schermo giuridico dietro il quale occultare l’unico intendimento perseguito, ossia la distrazione del fondo erogato dall’Ente pubblico a favore dell’allora presidente Di Rubba e dei suoi complici», aggiunge il gip nelle 60 pagine dell’ordinanza.
Un affare, che, secondo la prospettazione dell’accusa, aveva anche l’obiettivo di sottrarre «l’immobile alle legittime e consistenti pretese creditorie avanzate dall’Erario dello stato sui beni della Paloschi srl», aggiunge il giudice.
La Paloschi, infatti, si trovava in pessime condizioni finanziarie quando cedette il capannone di Cormano all’Andromeda srl amministrata da Luca Sostegni, il prestanome di Scillieri arrestato a metà luglio mentre tentava di estorcere 30mila euro ai tre commercialisti molto vicini alla Lega di Matteo Salvini minacciandoli di rivelare cosa facevano nei loro studi professionali, quelli di Manzoni e Di Rubba nei pressi di Bergamo sono stati anche perquisiti dalla Procura di Genova namatricell’inchiesta che dà la caccia ai 49 milioni di euro di fondi elettorali della Lega che sono spariti nel nulla. Per anni Sostegni ha fatto da testa di legno per Scillieri e a volte anche per gli altri commercialisti indagati. Intercettato, infatti, minacciava che avrebbe rivelato gli affari poco chiari che c’erano dietro anche altre operazioni simili.
Nella sostanza, una società che rischia il fallimento e che deve molti soldi allo stato, nel caso della Paloschi più di mezzo milione di euro per tasse non pagate, e che ha come unico cespite di valore un immobile, lo cede ad un’altra società , in questo caso la Andromeda, in modo da evitare che possa essere aggredito dal fisco.
Così, quando l’erario arriva non trova nulla se non, solitamente, una impresa in liquidazione. Da qui la contestazione di evasione fiscale mossa dai pm milanesi Eugenio Fusco e Stefano Civardi.
L’immobile intanto veleggia di società in società e alla fine viene veduto. In questo caso, l’acquirente è stato Lombardia film commission che l’ha pagato, secondo le indagini della Guardia di finanza di Milano, al doppio del suo valore reale con soldi dello Stato finiti poi nelle tasche degli indagati, il che costa loro l’accusa di peculato.
Ad ammettere che si tratta di un affare progettato, costruito e concluso tra i tre commercialisti sono gli stessi Di Rubba e Scillieri.
Un’intercettazione eseguita dalla Guardia di finanza di Milano grazie a un trojan inoculato nel suo cellulare, registra Scillieri che dice: «Quando all’inizio abbiamo fatto tutti i conti, nessuno ci perdeva. Quindi la proprietaria (la Paloschi srl, ndr) prendeva la sua parte; quello lì (da intendersi Sostegni, precisa il gip) prendeva la sua parte; io (Scillieri tramite Barbarossa, ancora il giudice) prendevo la mia parte e voi (da intendersi Di Rubba e Manzoni, ancora annotazione del gip) prendevate».
Sostegni, interrogato dai pm Fusco e Civardi ad agosto in nel carcere di San Vittore, ha confermato che i commercialisti si incontravano per discutere l’operazione, anche nella sede storica della Lega nord in via Bellerio a Milano.
Lui non partecipava, ma veniva poi aggiornato da Scillieri su cosa era stato deciso. Ad un solo incontro avrebbe dovuto essere, quello che si sarebbe dovuto tenere nella sede del Carroccio nella seconda metà del 2016, ma non è in grado di dire esattamente quando.
Il Gip scrive che Sostegni, arrivato in via Bellerio, vide «uscire dall’edificio lo Scillieri in compagnia di Manzoni e Di Rubba. Scillieri lo informava della preferenza espressa da Di Rubba e Manzoni per un luogo meno rischioso perchè più apparato».
Per evitare, quindi, di essere notati da qualcuno nella sede del Carroccio, i tre si trasferiscono «all’interno di una tavola calda nelle vicinanze».
Una dichiarazione che, con tutti gli altri elementi raccolti nell’inchiesta, «conferma la prova dell’accordo collusivo, siglato fin dall’orine dagli indagati (Di Rubba, Manzoni e Scillieri), volto a minare dalle fondamenta» la procedura.
(da agenzie)
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Settembre 11th, 2020 Riccardo Fucile
MALEDIZIONE LANCIATA A SALVINI? QUANDO CALDEROLI SI DISSE VITTIMA DI MAGIA NERA
Che non finisse lì, lo si poteva ben immaginare.
La ragazza trentenne Auriane Fatuma Bindela, strappando il crocefisso al leader della Lega al grido di “io ti maledico”, è stata additata come “fuori di testa”. Ma dietro il suo gesto qualcuno vuole vederci qualcosa di più oscuro.
Secondo Il Giornale il gesto di violenza potrebbe esser letto anche sotto una chiave diversa, quella della magia nera. Più precisamente: di un rito vodoo. Sì, di nuovo.
La mente corre immediatamente a qualche anno fa quando un altro esponente leghista, Roberto Calderoli sostenne di essere vittima di una macumba.
Era il 2013, il tempo in cui la la Lega non aveva ancora nascosto il Nord dal suo nome e a Palazzo Chigi presiedeva Enrico Letta. Durante la festa della Lega (Nord) a Treviglio, Calderoli si rivolse all’allora ministro per l’integrazione, Cècile Kyenge, di origini congolesi, paragonandola a un “orango”.
La giustizia fece il suo corso, condannando in primo grado a un anno e sei mesi Calderoli, al quale fu riconosciuta l’aggravante razzista. Ma anche la giustizia “divina” si prese la sua rivincita.
Secondo la cronaca leghista, il padre della Kyenge dal suo villaggio africano avrebbe fatto un rito contro il leghista e da quel momento seguirono diverse disgrazie per Calderoli, da lui stesse confermate: poco tempo dopo sua madre morì, una brutta caduta in casa gli procurò la rottura di una vertebra e la frattura di due dita e, come non bastasse, si ritrovò un grosso serpente in casa.
O per spavento o per superstizione, il risultato fu che Calderoli chiese scusa alla Kyenge ritrattando sull’aggettivo razzista: “Non volevo, era uno scherzo”. La Lega (Nord) sembrerebbe, dunque, conoscere bene cosa voglia dire essere toccati dalla magia nera.
Morale della favola: non è sufficiente ridurre il tutto a un condannabile gesto di un singolo quando c’è di mezzo la possibilità di continuare a alimentare i discorsi strampalati, anche travisando un’ingiuria per una maledizione vera e propria.
Bisogna essere pronti a ritrovare la causa di un futuro prurito alla testa in qualche macumba.
Per questo non poteva finire lì.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 11th, 2020 Riccardo Fucile
LA PENOSA ARRAMPICATA SUGLI SPECCHI DI CHI SOSTENEVA CHE “IL VIRUS E’ CLINICAMENTE MORTO”
Ieri sera, a Piazza Pulita, abbiamo assistito all’ennesima maldestra acrobazia con tonfo finale sul dorso di un elefante del professor Alberto Zangrillo.
Con la sua consueta faccia bronzea (a proposito, dove trova il tempo di abbronzarsi?), è riuscito ad aggiustare il tiro per l’ennesima volta, dopo che i fatti avevano smentito la sua dichiarazione precedente.
Per chi non l’avesse capito infatti, il suo “Berlusconi a marzo-aprile sarebbe morto, con la carica virale che ha”, è stato un goffo aggiustamento della sua famosa linea precedente, ovvero “Il virus è clinicamente morto, lo dicono i numeri dei ricoveri attuali” (per giunta ha detto la stessa cosa il professor Bassetti in tv due giorni fa, guarda caso).
Del resto, nel giro di due settimane Zangrillo si è ritrovato i suoi due pazienti più famosi (Berlusconi e Briatore) clinicamente ricoverati, dunque che poteva dire?
Che sì, sono ricoverati, ma almeno uno dei due a marzo sarebbe morto, per cui oggi è tutto in discesa, avevo ancora ragione io. Si lancia insomma in una previsione retroattiva, di quelle con solide basi scientifiche, tipo la nota: “Se mia nonna c’aveva le ruote era una bicicletta”.
In base a quale ragionamento deduca che il povero Berlusconi (che si starà grattando retroattivamente le palle) a marzo sarebbe senz’altro schiattato, non mi è chiaro. Proprio Zangrillo, infatti, ci aveva più volte spiegato che la ragione per cui il virus è diventato meno aggressivo è che ormai ha una carica virale bassa. E anche i primi di settembre aveva ricordato: “Con bassa carica virale meno rischio intubazione e morte”.
Il ricovero di Berlusconi “con una carica virale molto alta” lo ha smentito però su tutti i fronti.
Il primo è, appunto, che evidentemente il virus può avere ancora una carica virale alta. Il secondo è che se, con la stessa carica virale di settembre, a marzo Berlusconi sarebbe morto come sostiene lui, allora la carica virale non ha affatto un ruolo determinante nella lotteria della sopravvivenza al Covid.
Seguendo, con fatica, i rimaneggiamenti alle sue teorie precedenti, non si riesce a capire nulla, se non il fatto che Zangrillo cerca di coprire l’imbarazzo con l’imbarazzante.
Zangrillo comprende che la faccenda della carica virale è diventata un casino da gestire, non può dire che il virus è mutato perchè non è in grado di dimostrarlo e allora, sempre ieri sera, aggiunge: “Il virus PROBABILMENTE si sta adattando all’ospite in maniera differente”.
Insomma, imbocca una strada nuova, come chi è nel traffico e colto dalla disperazione si infila in una via che non conosce pur di vedere se magari sbuca nel posto giusto.
“Magari a parità di carica virale sono cambiate le cure”, direte voi. Neanche.
Come raccontato da Zangrillo stesso, Berlusconi viene curato con protocolli simili se non identici a quelli che si utilizzavano a marzo, certo non con il plasma.
Si parla al limite di Remdesivir, che comunque non è ritenuto “La Cura” e che uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association ha dichiarato inefficace. Insomma, si va ancora a tentativi, come ieri. Come in tutto il mondo.
Quindi, come al solito, la nuova tesi di Zangrillo serviva solo a salvargli la faccia. Detto ciò, come gli ho fatto notare ieri sera in un tweet a cui lui ha risposto che sono cattiva e volgare gnegnè, se nessuno, neppure lui (se ne faccia una ragione) può dire che Berlusconi a marzo sarebbe morto (se vuole gli presento alcuni ottantenni con patologie pregresse che a marzo sono sopravvissuti), di sicuro si può dire che Berlusconi a marzo avrebbe avuto al contrario più possibilità di sopravvivere di un ottantenne qualunque.
E per una ragione semplice, che a Zangrillo non sfuggirà : a Berlusconi, pure con le terapie intensive sature, pur con la gente ammassata nei corridoi del pronto soccorso, pur coi numeri dei centralini intasati e le ambulanze occupate, un posto in terapia intensiva si sarebbe trovato. E ci mancherebbe pure, visto che il san Raffaele a momenti è casa sua.
Berlusconi non avrebbe subito la sorte di tanti ottantenni che a marzo, quando si è dovuto decidere a chi dare il casco, hanno ceduto il posto a pazienti più giovani.
E parliamo già degli ottantenni che in un ospedale sono riusciti ad entrarci. Che sono riusciti a fare un tampone. Avrebbe potuto ascoltare, ieri sera, prima di lui a Piazza Pulita la giovane Asia che ha perso suo papà a marzo.
Lui sì che a marzo è morto con certezza. Lui che in un ospedale non ci è mai entrato ed è spirato boccheggiando come un pesce, senza neppure il pietoso ausilio della morfina.
Avrebbe potuto ascoltare e poi, magari, dire che quel papà lì a marzo forse si sarebbe potuto salvare, non che Berlusconi sarebbe morto. O che forse sarebbero morti entrambi, ma uno dei due in una suite del San Raffaele.
Ignorare questo, e scegliere la solita narrazione politica di una storia nonostante si sia medici e non politici, è sì cattivo e volgare. Anzi, ignobile.
(da TPI)
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Settembre 11th, 2020 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA CONTRO IL SUO COMPAGNO E UN AMICO DI LUI, ENTRAMBI DI BUONA FAMIGLIA E LAUREATI IN GIURISPRUDENZA (QUELLI CHE SALVINI CHIAMA “PERSONE PERBENE”)
Lei ha 19 anni e proveniente da un quartiere popolare romano, con la prova dell’esame di maturità appena superata e la gioia di una vacanza al Circeo.
Lui appena laureato in giurisprudenza, ugualmente in vacanza e con una vita nel quartiere dell’Eur.
Un incontro, una simpatia che nasce tra un bagno all’ombra del promontorio e uno Spritz a due passi dal mare, ed è subito amore. Almeno questo pensa la ragazza. Il tempo della passione passa però drammaticamente in fretta e alle tenerezze la notte di Ferragosto sulla spiaggia si sostituisce lo stupro.
Violentata da quello che pensava fosse il suo uomo e da un amico di quest’ultimo, un coetaneo anche lui dell’Eur, anche lui appena laureato in giurisprudenza, anche lui in vacanza, ma senza freni.
Il quadro su cui si stanno muovendo gli inquirenti è questo. Da verificare, da riscontrare, ma la denuncia presentata dalla 19enne al commissariato di San Basilio è dettagliata. La violenza descritta pesante. Tanto che la 19enne ha sostenuto di essere rimasta sotto shock e di aver impiegato del tempo per trovare la forza di presentarsi al pronto soccorso dell’ospedale di Fondi per farsi visitare. Abusi sessuali consumati su un tratto di spiaggia libera, quello di Paglia Verde.
Il sostituto procuratore della Repubblica di Latina, Martina Taglione, ha aperto un’inchiesta e i due neolaureati, di 25 e 24 anni, sono indagati a piede libero con l’accusa di violenza sessuale.
Una storiaccia che che riporta sinistramente indietro le lancette dell’orologio a 45 anni fa quando venne compiuto quello che è passato alle cronache come il massacro del Circeo.
Anche in quell’occasione due giovani romane di borgata, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, pensavano di aver trovato l’amore con un gruppo di ragazzi romani di buona famiglia, i pariolini.
In una villa sul promontorio, in via della Vasca Moresca, vennero invece sequestrate e sottoposte ai peggiori abusi da parte di Andrea Ghira, in base alle ultime indagini morto di overdose a Melilla senza aver trascorso un giorno in carcere, Gianni Guido, da tempo tornato in libertà con una bella casa sulla Nomentana, e Angelo Izzo, ancora detenuto nel carcere di Velletri dopo essersi reso protagonista di altri due omicidi in un periodo in cui gli era stata concessa la semilibertà . Rosaria venne uccisa e Donatella, fino al giorno della sua morte, non si è mai ripresa da quell’incubo. Ora si torna a parlare di stupro del Circeo.
(da agenzie)
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Settembre 11th, 2020 Riccardo Fucile
GLI AUGUZZINI ITALIANI ERANO FORSE IN DIECI, QUATTRO SONO IN CARCERE… I GIOVANI CRIMINALI IDENTIFICATI GRAZIE A UNA BRILLANTE INDAGINE DI POLIZIA
Orrore. Il racconto di quanto accaduto nella notte tra il 6 e il 7 settembre scorso, in una villa nelle campagne di Marconia, poco lontano dal mare di Pisticci, è impossibile anche soltanto da immaginare.
Due ragazzine inglesi di 15 anni – “due bambine” come le chiama, davanti agli investigatori, lo zio, non riuscendo a trattenere le lacrime – violentate, nel corso di una festa, da un branco di diciottenni nell’indifferenza più generale.
Anzi: “Non chiamate la polizia, altrimenti rovinate la festa!” gridava una ragazza a chi cercava di aiutare le due inglesi appena violentate.
Gli aguzzini erano in cinque almeno, forse dieci. Quattro di loro sono in carcere grazie a un’indagine lampo condotta dalla squadra mobile di Matera coordinata dal questore, Luigi Liguori, un poliziotto di grandissima esperienza che ha voluto seguire personalmente le indagini.
La storia, per come la racconta il gip di Matera, è andata così. Da circa un mese due ragazzine inglesi erano in vacanza in Basilicata, regione di origine di una delle due. Il 6 decidono di partecipare, con la sorella più grande di una delle due – sulla base dell’invito ricevuto da un’amica conosciuta in zona che chiameremo Francesca – a una festa nelle campagne di Pisticci: era un compleanno ma “si trattava di una festa allargata – si legge nei verbali – era consentito portare anche altri invitati”.
Intorno all’una di notte a questa festa arriva anche la cugina “di una delle due ragazzine inglesi”. “Al mio arrivo sul posto – mette a verbale la ragazza – vedo una cinquantina di persone invitate a bere e a ballare nella parte centrale. Cerco le mie cugine e vedo mia cugina più grande, seguita dalle due minorenni, sconvolte: piangevano. Mi hanno detto in inglese, parchè parlano soltanto inglese: “Help. Help, them they took us behind”, che singifica, “Aiuto aiuto, ce n’erano tanti lì dietro”. Non capendo bene cosa fosse successo cercavo di calmarle. A quel punto è intervenuta mia cugina più grande. Che mi ha detto: “Le hanno violentate entrambe”.
Era così. Un gruppo di ragazzi, arrivati dalla vicina Pisticci, avevano abusato di loro. Le avevano portate sul retro della villa e avevano abusato di loro, probabilmente dopo averle drogate. I dettagli sono agghiaccianti. Impossibili anche soltanto da pensare. “Mi hanno chiamato e sono arrivato subito” racconterà lo zio. Erano tutti ubriachi tranne un ragazzo, di nome Stefano, che si è fatto avanti e mi ha detto che se avessi avuto bisogno si sarebbe messo a mia disposizione. Poco dopo si è avvicinata Francesca, la ragazzina con cui le mie nipoti erano andate a quella festa. La ragazza esordiva con questa frase: “Non rovinate la festa, non chiamate la polizia, questa è la festa di un mio amico. Le ho detto di dirmi immediatamente chi erano i ragazzi che avevano abusato di mia nipote e della sua amica. Mi ha detto che erano ragazzi di Pisticci e che non conosceva i loro nomi”.
Non sapeva che una volta a casa, ancora stravolte, le ragazze avrebbero riconosciuto i primi di loro in alcune foto su Instagram: ci sono quelle mentre sollevavano pesi, ostentavano bottiglie di champagne, oppure tenerezza con una nipotina in braccio. Poche ore dopo, mentre uno di loro ancora pubblicava storie su Instagram, gli agenti della polizia di Matera erano fuori dalle parte delle loro case. Ora sono in carcere. Ma l’indagine, dicono, è appena cominciata.
(da agenzie)
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Settembre 11th, 2020 Riccardo Fucile
DOMANI MATTINA I FUNERALI DEL RAGAZZO ALLA PRESENZA DEL PREMIER CONTE… CHIUSA PER 5 CINQUE GIORNI LA PALESTRA FREQUENTATA DAI FRATELLI BIANCHI PER VIOLAZIONI AMMINISTRATIVE
La procura di Velletri, sulla base degli accertamenti autoptici, ha cambiato capo imputazione per i 4 arrestati per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, il ragazzo di Colleferro: da omicidio preterintenzionale in omicidio volontario aggravato dai futili motivi.
Intanto, sempre oggi, 11 settembre, gli inquirenti hanno disposto la chiusura per cinque giorni della palestra Millennium Sporting Center di Lariano frequentata di fratelli Bianchi, tra gli arrestati per l’omicidio di Willy.
Il motivo? «Gravi violazioni di natura amministrativa».
Sono queste le anomalie riscontrate e che renderanno la struttura inagibile fino a nuovo ordine. Il provvedimento è scattato in seguito ai controlli amministrativi di polizia, carabinieri e Asl di zona. Nel frattempo sono al vaglio ulteriori contestazioni relative a diverse violazioni riscontrate in materia di sicurezza igienico-sanitaria.
I funerali
Domani, sabato 12 settembre, si terranno i funerali del ragazzo. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fatto sapere che sarà presente durante la funzione. Due giorni fa il premier aveva commentato la vicenda dicendo di essere «sotto shock». «Che messaggio diamo ai nostri figli?», aveva detto. Oggi, poi, in un’intervista rilasciata a la Repubblica, il papà di Willy ha chiesto alla cittadinanza di indossare un indumento bianco in occasione dei funerali
Il sindaco di Artena
«Vogliamo costituirci parte civile contro i nostri concittadini che hanno commesso un delitto così efferato». Felicetto Angelini, sindaco di Artena, spiega all’Ansa che il gesto di cui è rimasto vittima Willy non può essere dimenticato. «Lavorava ad Artena e vogliamo ricordarlo nel modo migliore, si è messo in mezzo pur essendo gracile, e ha pagato per questo. Chi ha compiuto un gesto così non può essere dimenticato». E ha poi aggiunto: «Domani sarò al funerale di Willy — ha aggiunto — e questa sera alle 18 faremo un Consiglio comunale straordinario per commemorarlo, insieme ai sindaci di Colleferro e Paliano: tra noi non c’è nessuna divisione».
(da agenzie)
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