Settembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
LA VICENDA SI INTRECCIA CON L’INDAGINE SUI 49 MILIONI, INTERROGATORIO FIUME PER SCILLIERI
“Operatività non coerente rilevata tra diverse società , coinvolte nei più disparati settori economici e spesso con lo stesso indirizzo, e il partito politico Lega Nord” molte delle quali “riconducibili a (…) dottori commercialisti” di Bergamo e Milano”.
E poi “operazioni di accredito, spesso connotate da importo tondo e da periodicità non in linea con gli usi di mercato, (…) seguite da operazioni in segno contrario in favore di professionisti e società sempre riconducibili al (…) partito politico”.
È il quadro descritto in una segnalazione di operazioni sospette, un ‘sos’, dell’Uif di Bankitalia del 2019 riportato in una informativa trasmessa lo scorso aprile dalla Guardia di finanza ai magistrati di Milano che indagano sui fondi della Lega: inchiesta che una settimana fa è sfociata negli arresti domiciliari di Michele Scillieri, Alberto Di Rubba e Andrea Mazoni, tre professionisti vicini al movimento.
Nel rapporto degli ispettori di via Nazionale – già l’anno scorso – si traccia la cornice dentro la quale stanno indagando il procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi in una vicenda che ha delle connessioni anche con quella dei 49 milioni spariti e su cui è attiva la Procura di Genova.
In un passaggio si sottolinea che “a fronte di fondi ordinati” dal partito e “dal gruppo Lega.Salvini premier” a favore di entità collegate sono stati disposti pagamenti a favore” di Luca Sostegni, presunto prestanome del commercialista Michele Scillieri.
Inoltre, a proposito si parla anche del caso, già emerso, della società Valdolive “impegnata nel settore pubblicitario, precedentemente di proprietà ” di Vanessa Servalli barista e cognata di Di Rubba, che “ha ricevuto bonifici dalla Lega Nord, dalla Partecipazioni Srl e dallo Studio Dea Consulting Srl”, nomi ricorrenti nell’indagine milanese.
“Tali fondi – si legge – sono stati utilizzati per effettuare pagamenti in favore di alcuni membri dello staff” dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, “Luca Morisi, Leonardo Foa, Matteo Pandini”.
Intanto, lontano dalle stanze della procura di Milano, Michele Scillieri, il commercialista vicino alla Lega finito agli arresti domiciliari giovedì con i colleghi Alberto Di Rubba e Andrea Mazoni, ha risposto alle domande dei pm titolari dell’inchiesta su Lombardia Film Commission.
Un interrogatorio iniziato in mattinata e proseguito nel pomeriggio. Sul contenuto c’è il massimo riserbo, ma appare scontato che le prime domande si siano concentrate sull’affare del capannone di Cormano il cui prezzo di vendita, secondo la procura di Milano, sarebbe stato gonfiato.
Proprio sui rapporti con il Carroccio e sui conti correnti potrebbe aver risposto il commercialista. Scillieri è considerato l’uomo dietro la società panamense Gleason Sa: 400 mila euro usciti dalle casse della Lombardia Film Commission sarebbero finiti, secondo i pm, sul conto svizzero della società panamense
(da agenzie)
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Settembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
IL SOGGETTO INFAME ERA IN UN ALBERGO DI FIRENZE E VIVE A TREVISO… INUTILI I TENTATIVI DI UTILIZZARE PROVIDER BULGARI E COREANI: SCOVATO DALLA NOSTRA POLIZIA POSTALE, RISCHIA FINO A 8 ANNI
Pensava che fosse impossibile scovarlo, tirando in ballo scuse da tecnici informatici tra «IP oscurati» e quant’altro, ma la Polizia Postale è riuscita a prendere il fantomatico «Manlio Germano», o meglio il titolare dell’account Facebook che aveva pubblicato l’orribile post dove festeggiava l’omicidio di Willy Duarte: «Come godo che avete tolto di mezzo quello scimpanzè».
Residente a Treviso, non era affatto uno sprovveduto.
Studente universitario, esperto di informatica, aveva cercato di nascondersi cercando di depistare le eventuali indagini a Latina verso un indirizzo fittizio, collegandosi ad un provider in Bulgaria e in Corea, ma nulla da fare: la Postale lo ha scovato in un albergo del capoluogo Toscano, a Firenze.
Nell’ultimo post Facebook dell’account «Manlio Germano» aveva annunciato querela contro chi aveva divulgato «le sue foto», ma alla fine il giovane studente dovrà rispondere per i reati contestati, tra questi istigazione a delinquere aggravata dall’odio razziale, dove potrebbe essere punito fino a 8 anni di carcere.
(da agenzie)
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Settembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
LO SCONCIO VOTO CONTRARIO DELLA LEGA E L’ASTENSIONE DI FDI E M5S ALLA RISOLUZIONE DI CONDANNA DEL PARLAMENTO EUROPEO… ALLA MELONI PIACCIONO I METODI DEL KGB?
Il Parlamento ha approvato, con 532 sì, 84 no e 72 astenuti, un documento che condanna l’avvelenamento del dissidente russo Alexei Navalny.
Qui la Lega ha votato contro, il M5S si astenuto insieme a Fratelli d’Italia, mentre PD e Forza Italia hanno votato insieme a favore.
In questo caso la risoluzione chiama in causa direttamente i governi nazionali, esortati a prendere una posizione chiara e mettere in atto misure restrittive contro la Russia e rafforzando quelle esistenti.
L’astensione del M5S è particolarmente grave visto che si tratta del partito che a Roma esprime il ministro degli Esteri.
Il governo italiano è l’unico a presentarsi in Europa con una spaccatura così imbarazzante, una disomogeneità presente in maniera altrettanto marcata anche nello schieramento dell’opposizione che si candida a governare.
Non è la prima volta che a Bruxelles (o Strasburgo) succedono cose del genere, la russofilia di Lega e M5S risale all’affermazione del movimento e della nuova Lega di Matteo Salvini.
Gli europarlamentari leghisti e grillini votarono insieme contro la risoluzione sulla Russia approvata il 12 marzo 2019 a Strasburgo, in cui veniva stabilito che Mosca non poteva più essere considerata un “partner strategico” dall’Unione europea. All’epoca il M5S era al governo con la Lega.
Quanto al voto contrario della Lega e all’astensione di Fdi, rappresenta l’ennesima dimostrazione che sono “sovranisti al servizio di potenze straniere”, forze anti-europee e complivci dell’imperialismo russo .
(da agenzie)
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Settembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
E ALLORA PERCHE’ NON VOTA NO E LA FA FINITA, INVECE DI PRENDERE PER I FONDELLI I SUOI ELETTORI?
Capriole che non hanno senso: ”Siamo per il sì ma se il ‘no’, come pare dagli ultimi dati, comincia ad avere una diffusione, quello va considerato come un voto contro il governo… L’eventuale vittoria del sì sarebbe una vittoria di merito del provvedimento e non una vittoria della compagine di governo. Se il no dovesse travolgere anche i partiti di maggioranza e opposizione che hanno dato un’indicazione diversa, sarebbe un chiarissimo segnale contro il governo”.
Lo ha detto Giorgia Meloni, a margine di un incontro con Coldiretti ad Ancona.
In realtà non è così: gran parte dell’elettorato del Pd di Liberi e Uguali e che si riconosce nel campo progressista voterà No anche se preferisce questo governo a un esecutivo affidato a sovranisti, omofobi e reazionari.
La Meloni riesce a dire che se vincerà il Sì è una sconfitta del governo (non anche la sua) e così pure se vince il No (mentre lei vota Sì).
Logica e coerenza tipica sovranista.
(da agenzie)
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Settembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
AD IGLESIAS I LEGHISTI COPRONO GLI AVVISI FUNEBRI E SCOPPIA LA POLEMICA
Questa mattina Iglesias, il capoluogo del Sulcis in Sardegna, si è svegliata con dei manifesti della Lega piazzati sopra gli annunci mortuari.
Siamo in via Genova e tantissimi cittadini indignati hanno scattato foto e poi le hanno pubblicate sui social. I post sono diventati virali.
Una volta scoppiata la polemica per l’inopportunità del gesto, un comportamento che ancora una volta prova la totale assenza di sensibilità del partito di Matteo Salvini, sono stati rimossi anche grazie all’intervento delle agenzie funebri e della società che gestisce i pannelli.
I militanti leghisti rischiano anche una denuncia per affissione abusiva fuori dagli spazi elettorali.
Ma è sicuramente più squallido il mancato rispetto dei defunti.
(da Globalist)
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Settembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
LA UE VORREBBE ELIMINARE LA PRASSI CHE LA RICHIESTA DI ASILO DEBBA ESSERE PRESENTATA NEL PAESE DI PRIMO APPRODO, I PAESI SOVRANISTI DELL’EST NON VOGLIONO
A pochi giorni dalla presentazione ufficiale mercoledì prossimo, il nuovo piano della Commissione europea sull’immigrazione ancora non c’è.
Le bozze, apprende Huffpost, sono affondate nello scontro che stavolta vede contrapposti i paesi del blocco di Visegrad con l’Austria, da un lato, i paesi del sud Europa, tra cui Italia, Grecia, Spagna e anche Francia, dall’altro. Angela Merkel tenta la mediazione. Ma l’impresa si presenta molto di più difficile di quella incredibilmente riuscita sul recovery fund.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è sbilanciata nel suo discorso sullo Stato dell’Unione al Parlamento europeo. Ha gettato il cuore oltre l’ostacolo, parlando di “superamento del regolamento di Dublino”, che impone agli Stati di primo approdo di gestire le procedure di asilo.
Ma a Palazzo Berlaymont non hanno ancora messo nero su bianco il nuovo piano che in teoria vorrebbe: introdurre meccanismi più puntuali distinguere tra migranti economici e migranti in fuga dalle guerre, i primi da rimpatriare, gli altri da accogliere; rafforzare le frontiere esterne dell’Ue; allargare gli accordi con i paesi terzi sui rimpatri, per esempio permettendo agli Stati membri di stringere patti commerciali con l’Africa solo se questi comprendono intese anche sui rimpatri, altrimenti l’Ue non li riconoscerebbe.
Ma al momento il piano non accoglie le richieste più importanti dell’Italia e dei paesi del sud. Vale a dire il superamento del principio della responsabilità unica dei paesi di primo ingresso, il riconoscimento della specialità delle frontiere marittime con una maggiore solidarietà europea sulle aree di ricerca e soccorso (Sar, ‘Search and rescue areas’), una maggiore efficienza sui rimpatri.
Soprattuto il governo italiano pensava di aver stabilito un principio indiscutibile a Malta, dove un anno fa è stato firmato un accordo con Francia, Germania, l’esecutivo de La Valletta, sotto la presidenza finlandese dell’Ue.
Vale a dire il principio secondo cui, in attesa del completamento dei rimpatri, i migranti interessati vengono trasferiti nei paesi europei che abbiano dato la disponibilità a occuparsi del loro rientro nei paesi d’origine.
E invece il nuovo piano di von der Leyen fa fatica ad allargare questo principio agli altri Stati europei. Tanto che per ora questa clausola non è confermata nelle bozze.
In particolare, sono i paesi di Visegrad — Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria — ad alzare le barricate, insieme all’Austria. Sono loro la prima linea della resistenza al piano della Commissione europea, come successe cinque anni fa quando naufragò il piano Juncker sull’immigrazione.
Ma in realtà , siccome la materia pone problemi dal punto di vista elettorale a tutti i leader europei, come 5 anni fa la prima linea dei ‘no’ nasconde ritrosie ben più estese tra i 27 paesi Ue.
E’ anche per questo che il lavoro di mediazione di Angela Merkel appare più complicato. Primo, la stessa approvazione del recovery fund con l’assegnazione della fetta più larga di risorse all’Italia, paese particolarmente colpito dalla pandemia questa primavera, indebolisce le richieste italiane sull’immigrazione.
Si tratta di materie differenti ma nei paesi contrari è molto forte l’argomento: ‘non si può dare tutto ai paesi del sud, abbiamo già dato col recovery fund’. E poi da mercoledì, dopo la presentazione ufficiale da parte della Commissione europea, inizierà una lunga e complicata trattativa tra gli Stati, destinata ad andare oltre la presidenza tedesca che termina a fine anno. Il semestre gennaio-luglio 2021 tocca al Portogallo, paese più piccolo e più debole nell’Ue: difficile che un accordo su una materia così difficile sbocci sotto la presidenza di Lisbona.
Ma mai dire mai. Del resto, Merkel adesso non ha problemi di politica interna che le impediscano di intestarsi una vera mediazione europea sul dossier immigrazione. La cancelliera è all’apice della popolarità , per come ha gestito la pandemia e anche per il fatto che ormai gran parte dei milioni di profughi siriani ai quali decise di aprire le porte della Germania cinque anni fa, si è integrata.
Sul lungo periodo, Merkel ha avuto ragione sui critici dell’ultradestra. E anche sui suoi alleati di governo cristiano-sociali (Csu), fattore non trascurabile.
Il ministro dell’Interno tedesco, il bavarese Horst Seehofer, è uno dei protagonisti della recente inversione a ‘u’ del suo partito, la Csu: da partito che cercava di inseguire l’estrema destra Afd sul terreno anti-immigrati a partito che parla più di economia sostenibile e diritti delle donne.
Insomma, l’autostrada tedesca c’è. Quella europea ancora no. Dal fronte italiano, l’idea del governo è di avviare la trattativa a partire da mercoledì, senza far saltare il tavolo, con la consapevolezza che sarà dura.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
IL CALCIATORE LUIS SUAREZ HA SUPERATO L’ESAME DI ITALIANO E OTTERRA’ LA CITTADINANZA IN POCHE SETTIMANE… MA PER GLI ALTRI OCCORRONO ANNI
Il calciatore Luis Suarez ha sostenuto e superato l’esame di italiano. Primo step verso la concessione della cittadinanza italiana, fondamentale per poter andare a giocare in Italia o in altri campionati europei. Ora, nel giro di poche settimane, Suarez potrebbe ottenere la cittadinanza, in tempi record per evitare che sfumi il suo trasferimento (anche se la certezza di questa rapidità dell’iter non c’è).
Tempi ben diversi da quelli a cui sono abituati tutti i cittadini stranieri che chiedono la cittadinanza, anche per coloro i quali in Italia ci sono nati e cresciuti, ma da genitori entrambi stranieri e quindi senza la possibilità di diventare — a quel punto solo formalmente — italiani prima dei 18 anni.
I requisiti per avere la cittadinanza italiana
Come si legge sul sito del ministero dell’Interno, la cittadinanza italiana si acquista iure sanguinis, ovvero se si nasce (o si viene adottati) da cittadini italiani. Si può ottenere anche se si nasce in Italia da genitori apolidi o da genitori ignoti, casi ovviamente rarissimi. La cittadinanza può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e hanno determinati requisiti, come quelli reddituali o di non avere procedimenti penali a carico. Si può chiedere la cittadinanza anche per matrimonio, come nel caso di Suarez. Chi nasce in Italia da genitori stranieri può invece chiedere la cittadinanza al compimento dei 18 anni (ha tempo un anno per effettuare richiesta). Quindi chi nasce in Italia deve aspettare 18 anni prima di avere la cittadinanza.
I tempi per avere la cittadinanza italiana
Il nodo resta quello legato ai tempi. In effetti non è prevista una tempistica fissa, per cui, potenzialmente, la cittadinanza potrebbe anche essere rilasciata in poche settimane. Prima del decreto sicurezza si prevedeva che la conclusione del procedimenti di rilascio fosse di 730 giorni dal momento della presentazione della domanda. Un termine massimo di due anni, quindi.
Con il decreto sicurezza questo termine massimo è stato spostato a 48 mesi, quindi ben quattro anni, raddoppiando le tempistiche. Peraltro questo termine è previsto anche per chi aveva già presentato la domanda prima dell’entrata in vigore dei decreti sicurezza, pensando magari di ottenerla entro due anni. Inoltre la media dei tempi per il rilascio della cittadinanza è persino superiore al tetto massimo fissato e si arriva spesso a 4-5 anni. Sempre che non ci si chiami Luis Suarez.
La conoscenza della lingua italiana per la cittadinanza
Sulla base del decreto sicurezza, per la concessione della cittadinanza per matrimonio o per residenza è necessario possedere un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del quadro europeo (prima il livello richiesto era A1, ben più basso). L’attestazione può essere rilasciata dalle scuole (per chi ha frequentato scuole italiane) o attraverso una certificazione degli enti riconosciuti. A poterlo rilasciare, però, sono solamente quattro enti: tre università per stranieri (Siena, Perugia e Roma Tre) e la società Dante Alighieri. Le prefetture, inoltre, hanno stabilito il termine di 30 giorni per integrare la certificazione della conoscenza della lingua italiana
(da agenzie)
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Settembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
L’ALLARME LANCIATO DALL’OMS
La situazione non è delle migliori, come mostrano i numeri quotidiani sul Coronavirus in Europa. Nel Vecchio Continente si rischia di tornare a provvedimenti restrittivi per contenere quella che sembra essere una seconda ondata.
In Gran Bretagna, nella giornata di ieri, è stato deciso un nuovo lockdown (non a livello Nazionale) che coinvolge circa dieci milioni di cittadini. E ora arriva anche il nuovo allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità .
Diecimila casi in Francia in sole 24 ore. Quattromila nel Regno Unito. Numeri alti anche in Spagna e Germania.
Secondo Hans Kluge, chirurgo belga e rappresentante dell’Oms, il trend del mese di settembre è allarmante. In alcune Nazioni, infatti, nelle ultime settimane sono stati registrati contagi di gran lunga superiori a quelli conteggiati nel mese di marzo, il periodo del picco della pandemia.
In Italia i numeri sono leggermente differenti e più bassi rispetto al resto del Vecchio Continente.
Per questo motivo, a differenza di Spagna, Francia e Regno unito non le misure di ‘zona rossa’ sono state limitate a rioni o determinati quartieri. Zone in cui i focolai hanno segnato un’impennata dei casi. E in questo ambito si inserisce la disputa sulla quarantena ridotta, tema che si sta affrontando anche nel nostro Paese.
La Francia, per esempio, ha ridotto da 14 a 7 i giorni di isolamento per chi risulta positivo ai test. Il nostro Comitato Tecnico-Scientifico, per il momento, ha escluso questa possibilità . E su questa falsariga sembra muoversi anche l’Oms che, vedendo la situazione Coronavirus in Europa, si auspica un ritorno ai vecchi protocolli per contenere questa nuova ondata nel Vecchio Continente.
(da agenzie)
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Settembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
CHIESTO AIUTO AD AMAZON E DHL: “RICHIESTE SUPERIORI DI QUATTRO VOLTE ALLA DISPONIBILITA'”
Il governo britannico intende rivolgersi alle grandi aziende private tra cui Amazon o DHL per distribuire un maggior numero di tamponi. Nelle ultime settimane il ministero della Salute non è riuscito a fare fronte al grande aumento di richieste per i test, ed è stato duramente criticato dall’opposizione.
La riapertura delle scuole e la crescita dei casi giornalieri hanno messo sotto pressione le strutture sanitarie britanniche, che si sono fatte trovare impreparate.
La responsabile del sistema Test and Trace del governo, la Baronessa Dido Harding, ha detto intervenendo in una commissione parlamentare che il numero di persone che hanno richiesto il tampone è “di tre o quattro volte superiore” alla disponibilità attuale. Molte famiglie raccontano di avere aspettato vari giorni prima di sottoporre i propri figli al test e ricevere i risultati, ritardando il loro ritorno a scuola.
Harding ha dato la colpa al comitato scientifico che a suo dire non ha previsto l’aumento di richieste nel mese di settembre. Vari quotidiani hanno rimproverato il governo per questo fallimento. Il Daily Mirror ha usato i toni più duri, pubblicando una foto di persone in fila accompagnata da un titolo a caratteri cubitali: “I Tory non fanno i test”.
Secondo il Daily Telegraph il ministero della Salute intende pubblicare un bando per affidare la distribuzione dei test a un operatore privato, che potrebbe essere Amazon o DHL.
Alcune fonti governative hanno detto al quotidiano che le strutture pubbliche non sono in grado di fornire un numero sufficiente di tamponi in vista dell’inverno, che comporterà un ulteriore aumento nelle richieste.
Il ministro della Salute Matt Hancock si è posto l’obiettivo di svolgere 500 mila test al giorno entro la fine di ottobre. Il coinvolgimento di un’azienda privata specializzata nella distribuzione di merci dovrebbe permettere la consegna a domicilio di un maggior numero di tamponi giornalieri.
Non è la prima volta che il sistema sanitario britannico affida alcuni servizi essenziali a un operatore privato, che viene ritenuto più efficiente. Il Labour ha criticato questa scelta argomentando che la distribuzione dei tamponi andrebbe affidata al sistema sanitario nazionale.
Tuttavia, l’outsourcing è una pratica consolidata in Gran Bretagna. Ha avuto inizio con il governo Thatcher, e successivamente è stata usata sia dagli esecutivi conservatori che laburisti in vari campi tra cui la sanità e l’istruzione.
Il governo Johnson si era già rivolto a un operatore privato per fare fronte alla pandemia. A giugno l’esecutivo aveva annunciato che avrebbe fatto affidamento sulla tecnologia di Apple e Google per sviluppare l’app sul tracciamento che verrà inaugurata il 24 settembre.
(da agenzie)
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