Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
ALTRO CHE “VICINI ALLA LEGA”, DI RUBBIA E MANZONI DA ANNI ERANO FUNZIONALI AL PARTITO… “CI HANNO LICENZIATI DICENDO CHE I SOLDI ERANO FINITI”
Altro che i commercialisti “vicini” alla Lega. Altro che professionisti di “area Carroccio“.
In via Bellerio, storica sede milanese della Lega, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni erano “praticamente di casa”. Di più: i due professionisti finisti agli arresti domiciliari avevano a disposizione “un ufficio d’appoggio” nella “casa” del partito di Matteo Salvini.
“È per questo che non può fare finta di non conoscerli e deve manifestare fiducia nei loro confronti, nonostante siano ai domiciliari”, dice al fattoquotidiano.it Francesco Bonora, che nella storica sede del Carroccio ha fatto il centralinista per 17 anni lunghi anni: dal 1998 al 2015.
Poi è stato licenziato insieme a 77 colleghi: quasi tutti i dipendenti del partito di Alberto da Giussano. “A cacciarci furono Centemero, Di Rubba, Manzoni e Giorgetti. E su Giorgetti invito a fare attenzione: lui nella Lega c’è, c’è sempre stato e sempre ci sarà . Anche dopo Salvini: non c’è dubbio. Si è già un po’ smarcato”, dice Bonora.
Bonora, all’epoca vi licenziarono perchè dicevano che i soldi erano finiti. Lei in quel periodo era un rappresentante sindacale della Uiltucs: come andarono le cose
Nel 2014 iniziammo a fare riunioni con Centemero: dicevano che il partito era in crisi. Noi replicavamo che i soldi c’erano, avevamo i visto i bilanci pubblici, c’erano le proprietà immobiliari. Siamo andati più volte dal tesoriere, ma lui non era capace di dirti le cose cattive in faccia. Te le faceva dire dall’avvocato della PricewaterhouseCoopers, la società di consulenti che io chiamavo semplicemente “tagliatori di teste”. Loro furono molto netti: ci dissero che volevano esternalizzare i servizi e quindi in 77 saremmo dovuti andare via.
E Salvini?
Io con Salvini attaccavo i manifesti. La cosa che fa più ridere è che mentre lui licenziava noi, andava in giro a parlare con Landini e la Fiom e a difendere i lavoratori delle fabbriche.
Quello è il periodo in cui Centemero affida la cassa del partito a Di Rubba e Manzoni: li conosce?
Certo che li conosco, in Bellerio erano di casa. Non dico venissero tutti i giorni ma molto spesso.
Già nel 2014? Cosa venivano a fare
Avevano un ufficio d’appoggio in via Bellerio. Non c’erano i loro nomi sulle porte ma lo potevano usare. Mi era stato detto chiaramente che potevano accedere agli uffici e infatti Salvini non ha potuto non ammettere che questi due li conosceva.
L’altro commercialista arrestato, Michele Scillieri, invece lo conosceva?
No, credo mai visto.
Ha letto le notizie di giudiziaria che coinvolgono Di Rubba, Manzoni e Scillieri?
Certo che le ho lette.
Ci sono da chiarire giri di denaro per migliaia e migliaia di euro. Tutti fatti che secondo l’accusa risalgono proprio nel periodo successivo al vostro licenziamento: che ne pensa
Penso che se loro facevano girare denaro non le dico cosa mi gira a me. Ma già all’epoca a noi tutti ci giravano.
Lei è entrato in Lega da militante leghista?
Sì, sì certo.
E in via Bellerio come commentavate la nascita della nuova Lega per Salvini premier?
Noi sapevamo che Salvini stava distinguendo tra la sua figura di candidato premier e la Lega Nord. Però da lì a pensare che avrebbe fatto un partito nazionalista partendo da uno federalista ce ne corre. Cioè io ero lì perchè credevo nel federalismo, mica per altro. Infatti dal 2015 non prendo più neanche la tessera, sono lontano da tutto e ho altre idee
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
COSI’ SI PUNTAVA AL BUSINESS COVID
Quanti erano gli affari curati dai contabili della Lega e quanti gli imprenditori coinvolti? Giorno dopo giorno dal mastodontico fascicolo di indagine emergono nuove intercettazioni e nuovi possibili incroci nell’inchiesta che ha portato tre commercialisti e il cognato di uno di questi ai domiciliari per la compravendita considerata “gonfiata” dalla procura di Milano di un capannone rifilato Lombardia Film Commission.
Così in una intercettazione del 18 marzo Andrea Manzoni, già revisore contabile per il Carroccio che ieri davanti al giudice per le indagini ha risposto respingendo le accuse, dice all’imprenditore Francesco Barachetti, indagato per concorso in peculato, una frase emblematica. “Riusciresti anche a venderci i gel per lavar le mani? (…) Hai presente il gel quello che va di moda adesso? (…) se riesci a prendere piede su quello (…) la pulizia secondo me tutti incominciano a essere più attenti eh”.
Manzoni, per gli investigatori della Guardia di finanza, “lascia intravedere” all’imprenditore “le prospettive di guadagno sottese al proficuo inserimento in questa nicchia di mercato”. “Se pensi già solo io e Alberto (Di Rubba, altro contabile arrestato ed ex presidente della Lombardia Film Commission, ndr), tra uffici, ‘non solo auto’ (…) adesso in Lega, cioè vedi che il lavoro arriva”.
I due, spiegano gli investigatori delle Fiamme gialle nell’informativa parlano dei “futuri lavori commissionati all’impresa dal partito politico Lega per Salvini premier e da altre entità allo stesso riconducibili, come ad esempio Radio Padania“.
Manzoni fa anche riferimento “alla recente acquisizione, al momento non riscontrata ufficialmente, della divisione pulizie e sanificazione” di un società da parte della Barachetti, “quale condizione necessaria e sufficiente per procacciarsi i lavori presso i locali riferibili al partito“.
E gli dice: “Secondo me adesso ti faremo fare la sanificazione, ne parlavo proprio con Calderoli ieri (…) è un’attività separata completamente slegata dall’attività di costruzione”. Il 24 marzo vengono apportate modifiche allo statuto societario della Barachetti service srl e viene inserita anche l’attività di “pulizie, disinfestazioni, derattizzazioni e sanificazioni civili e industriali”. Lo stesso giorno Manzoni dice a Di Rubba: “Barachetti mi ha fatto vedere che ha lasciato sulle nostre scrivanie un piccolo gel per le mani“
La solerzia dell’imprenditore, originario di Casnigo come Di Rubba, è comprensibile alla luce dell’evoluzione degli affari negli ultimi 6 anni.
Nel 2014 l’utile non supera i 13 mila euro, poi incrementi importanti che raggiungono gli oltre 93mila euro nel 2017, i 280mila nel 2018 e i 279mila l’anno scorso. I ricavi, quindi al netto dei costi, sono allo stesso modo impressionanti: con oltre 650mila euro nel 2014 e i 4 milioni e 400mila dell’anno scorso.
L’azienda si occupa di idraulica, edilizia e giardinaggio, impiantistica, installazione e vendita di elettrodomestici, di recente anche di sanificazioni e nel Carroccio un cliente di prima grandezza. Barachetti viene citato dai finanzieri come “abituale fornitore, negli ultimi anni, della Lega e delle persone fisiche e giuridiche ad essa collegate”. Negli atti emerge anche un acquisto personale di Calderoli: elettrodomestici per 83mila.
Bankitalia, già nel 2019, aveva segnalato versamenti su un conto dell’impresa di Casnigo dalla Pontida Fin (finanziaria leghista amministrata da Di Rubba), per 539mila euro in più tranche attraverso bonifici.
Ma c’è anche un altro versamento eseguito dal Carroccio per 31mila euro, con il servizio ispettivo che scrive: “Non si rinvengono operazioni che consentano di identificare un utilizzo specifico, anche parziale, dei relativi fondi”. Poi altri 269mila euro dal movimento e ancora dalla finanziaria per 446mila. La missione degli inquirenti è appunta quella di capire se queste movimentazioni e bonifici siano il veicolo di un flusso di soldi destinato chissà dove. Senza dimenticare che è l’azienda dell’imprenditore che, per gli inquirenti, incassato circa 260mila euro nell’affare sull’immobile di Cormano per attività di ristrutturazione: immobile pagato 800mila euro ma il cui valore sarebbe stato la metà .
In una telefonata del 18 marzo scorso Manzoni dice a Barachetti: “Io come vedi ti faccio da agente di commercio“. Manzoni, tra l’altro componente del Collegio Sindacale dell’Agenzia di Tutela della Salute (Ats) della Città Metropolitana di Milano, cura “gli interessi economici di Barachetti”.
E promuove nel periodo dell’emergenza Covid anche la sua “nuova attività di pulizia e sanificazione“, svolta dalla Barachetti service srl anche nella sede della Lega di via Bellerio, come risulta dalle intercettazioni. In un colloquio del 30 aprile, tra l’altro, gli chiede: “lì in Bellerio riesci a fornire le mascherine? (…) forniscine 1000 (…) va bene di tutto gel, guanti, mascherine”.
Per i finanzieri c’è una “sorta di immedesimazione organica di Manzoni nelle dinamiche societarie di Barachetti”, tanto da “promuovere in prima persona l’attività svolta da quest’ultimo”. Barachetti è figura centrale nelle indagini dei pm milanesi che stanno lavorando anche sul fronte di presunti ‘fondi nerì raccolti per il partito con retrocessioni di denaro.
Ma Barachetti potrebbe non essere stato l’unico imprenditore così vicino ai commercialisti leghisti da condividere un’accusa. Gli inquirenti ritengono che possa esistere uno schema che si ripete con protagonisti diversi ed è per questo che si valuterà una per una con grande attenzione tutte le segnalazioni che sono arrivate dal mondo bancario e da direttori di banca per operazioni riconducibili alla Lega. Dopo il caso di Marco Ghilardi, ex direttore della filiale Ubi di Seriate, licenziato per aver omesso di segnalare operazioni anomale e a suo dire una ragione economica, c’è il timore di finire nei guai.
Intanto dalle carte emerge che l’unico componente dell’organismo di vigilanza della Lombardia Film Commission, all’epoca del caso del capannone avrebbe avuto rapporti economici con società partecipate o amministrate dai tre contabili e dal tesoriere leghista Giulio Centemero.
L’analisi delle “movimentazioni finanziarie registrate sul conto corrente personale” di Alessio Gennari, componente dell’Odv della Lombardia Film Commission (non indagato), “riflette effettivamente l’esistenza di rapporti economici attivi anche con Di Rubba”, l’ex presidente dell’ente, “risalenti al maggio 2019”. Nel corso delle indagini, si legge ancora nell’annotazione, “sono emersi altri elementi indicativi della peculiare vicinanza (economica) di Gennari a Di Rubba e Manzoni”.
Vicinanza “alle società ad essi a vario titolo riconducibili”. Prima e durante l’incarico alla Lombardia Film Commission, annotano le Fiamme gialle, nel 2012, 2014, 2017 e 2018, Gennari “ha percepito compensi (redditi da lavoro autonomo) anche da altre società riconducibili a persone collegate al partito di riferimento (tra cui Scillieri, Manzoni e Di Rubba)”.
Nel 2012, si legge, ha incassato oltre 7mila euro da Areapergolesi srl società di cui Scillieri, Manzoni e Di Rubba erano depositari contabili e partecipata da Di Rubba, Manzoni, Giulio Centemero e Stefano Borghesi, senatore leghista. Nel 2015 e 2016 anche la moglie di Gennari ha ricevuto circa 2400 euro dalla stessa società . Poi, per Gennari anche 2500 euro nel 2014 da Geseco srl “di cui Centemero è stato amministratore unico” e nel 2017 oltre 6mila euro da Editoriale nord srl “di cui Manzoni è stato liquidatore”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
CHIUDERA’ LA CAMPAGNA ELETTORALE CON LA CANDATATA LARICCHIA
Era nell’aria. Circolavano voci, fino a quando poi è arrivata la conferma ufficiale: “Ci sarò perchè Antonella lo merita e non posso mancare in Puglia”.
Alessandro Di Battista venerdì sera chiude la campagna elettorale a Bari al fianco di Laricchia, la candidata grillina che ha rifiutato ogni tipo di accordo con il presidente uscente Michele Emiliano. Lo stesso premier Giuseppe Conte aveva auspicato un’alleanza sul territorio tra i due partiti di governo esponendosi non poco. Ma nulla da fare.
Il Movimento corre da solo, consapevole che una vittoria sia impossibile, ma nello stesso sa di avere la forza per depotenziare il Pd, anche se una parte dei pentastellati, quella cosiddetta più governista, ha detto che voterà per il candidato dem.
E quindi per dare un colpo al governo e un colpo ad Emiliano, l’ex deputato combat per eccellenza sceglie la Puglia per tornare sul palco, l’unico luogo dove i 5Stelle possono fare male ai dem, e quindi all’esecutivo stesso. In fondo non è un mistero che Dibba e anche Davide Casaleggio non abbiano mai guardato di buon occhio il secondo governo Conte.
C’è in gioco molto in questa regione, considerata da molti come l’Ohio italiano di queste elezioni regionali. Ci sono non solo gli equilibri di governo ma anche quelli all’interno del Movimento. E infatti i grillini si preparano già al day after, al giorno dopo il risultato elettorale che porterà poi verso gli Stati generali.
“Entro un mese si faranno, bisognerà vedere come”, riferiscono coloro che temono come tutto possa ridursi a un voto online. Luigi Di Maio spinge per la prima volta davvero sull’acceleratore e, in campagna elettorale nella sua Campania, ha spiegato che “dopo le elezioni M5s deve convocare Stati generali e lavorare a una leadership. Leadership non vuol dire necessariamente leader ma è anche un organo collegiale, questo poi lo decideremo”. È per questa seconda opzione che propende l’ex capo politico: a una segreteria allargata e a tornare in campo. In fondo, come fanno notare alcuni parlamentari: “Si sta spendendo tanto in questa campagna elettorale e ci sta mettendo la faccia, soprattutto sul referendum”.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
PERCHE’ E’ UNA BUONA NOTIZIA PER L’ITALIA
Dopo anni di drammi, morti in mare, ascesa di partiti sovranisti, la disciplina dell’immigrazione in Europa potrebbe cambiare sensibilmente.
Ad annunciarlo è stata oggi la presidente della Commissione Ue Ursual Von Der Leyen durante il suo primo discorso sullo Stato dell’Unione.
« Se facciamo compromessi possiamo trovare soluzioni: salvare le vite in mare non è un optional» ha dichiarato la presidenre della Commissione, auspicando poi il superamento della disciplina di Dublino sulla migrazione: «Posso annunciare che aboliremo il regolamento di Dublino e lo sostituiremo con una nuova governance europea sulla gestione della migrazione. Avrà strutture comuni per quanto riguarda diritto all’asilo e rimpatri e un forte meccanismo di solidarietà tra gli stati membri». L’obiettivo è avere confini più solidi e vie legali di migrazione.
Una dichiarazione che ha una portata storica, specialmente se si pensa a cosa abbia comportato in questi anni il Regolamento di Dubino.
Firmato nel 1990 tra gli stati membri e riformato l’ultima volta nel 2013, il Regolamento di Dublino obbliga di fatto i migranti a fare richiesta in un solo Paese della Ue, generalmente quello di approdo, una disciplina che ha messo in questi anni sotto pressione soprattutto i paesi dell’area mediterranea, esposti a un considerevole flusso migratorio.
È presto per dire come e se, il Regolamento cambierà . Di certo la volontà della Commissione è già , di per sè, un ottimo segnale in quella che, anche per l’opposizione dei paesi del nord e dell’est Europa, non si preannuncia come una strada facile.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
LA SORELLA D’ITALIA CI RICASCA, IL RICHIAMO DELLA FOTO VALE PIU’ DELLE REGOLE ANTI-COVID
Giorgia Meloni sembrava aver imparato: il giorno stesso in cui si era parlato della sua visita alla SOP di Polignano senza mascherina aveva pubblicato un intero set fotografico in cui indossava il dispositivo anche quando non era necessario, all’aperto e a debita distanza da tutti. E invece no.
La leader di Fratelli D’Italia poco fa ha pubblicato sulla sua pagina Facebook una diretta di quelle “simpatiche” in cui si cimenta in un locale a Napoli nella preparazione della pizza:
Peccato che all’inizio del filmato la Meloni nonostante si trovi in un ambiente chiuso e nel quale vengono preparati degli alimenti preferisca rivolgersi verso la videocamera senza indossare niente. Mentre si vede benissimo che i pizzaioli presenti nel locale hanno correttamente la mascherina.
Nei ristoranti anche i clienti la devono indossare quando non sono seduti al tavolo ma si alzano per quasiasi motivo. Solo quando si accinge a preparare la sua pizza Giorgia dice “mettiamo la mascherina”, come se entrasse in quel momento nella pizzeria.
La Meloni prepara la sua bella pizza con il volto coperto. Ma non finisce qui.
Quando porge la pizza appena sfornata ai fotografi invece di farsi immortalare con il capolavoro culinario mentre ha il dispositivo di protezione sul viso Giorgia dice leggiadra: “Un attimo che mi tolgo la mascherina e ne facciamo una”.
Tutti sanno infatti che il Coronavirus quando vede una macchina fotografica scappa.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
EPITETI VOLGARI E MINACCE DI MORTE… FINO A QUANDO QUESTI DELINQUENTI GODRANNO DI IMPUNITA’?
‘Datti fuoco’, ‘accoppati” (scritto in Veneto) e ancora: ‘Vai a lavorare tricheco’. Sono gli insulti “alla persona, alla donna e alla politica espliciti e razzisti, che lasciano senza parole”, indirizzati alla ministra alle politiche agricole Teresa Bellanova arrivata in Veneto a sostegno della candidata alla presidenza Daniela Sbrollini che corre per Italia viva, Pri e Civica per il veneto.
Viene presa di mira, da ieri, sulla bacheca facebook di Sbrollini dopo un video in cui Bellanova la supporta: appena pubblicato, riporta una nota della candidata renziana, “subito parole sessiste e con inviti alla morte, con epiteti espliciti che non lasciano spazio alle interpretazioni e che dobbiamo denunciare e portare all’attenzione perchè chiunque sia il bersaglio, ancor più una donna, è aberrante e al limite della civiltà “, dice la stessa Sbrollini che rivendica invece una campagna elettorale “nel segno della gentilezza di linguaggio e modi e non andando contro l’avversario, ma proponendo e già realizzando cose concrete”.
Sbrollini allega anche una foto degli insulti sulla bacheca e segnala che “l’orrore che scrivono nei miei confronti e verso Teresa Bellanova, già oggetto di attacchi simili quando divenne ministro un anno fa, è l’esempio più esplicito di quello che sta succedendo verso di me sin dal 4 luglio ed è conseguenza di un clima di odio che qualcuno ha alimentato e che prende di mira soprattutto le donne coraggiose e autonome come la sottoscritta e come la Bellanova”.
Continua la renziana: “Ovviamente in questo mare magnum di odio prendono di mira la nostra lista perchè rappresentiamo una alternativa che dà fastidio, che mette in crisi un potere e un’opposizione uguali da 25 anni in Veneto, che garantiscono che rimanga tutto uguale per altri 25 anni”.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
LA VICENDA LO RIGUARDA, ECCOME, COME RIGUARDA TUTTI GLI ITALIANI, VISTO CHE I SOLDI SONO DEI CONTRIBUENTI
Matteo Salvini continua a evadere le domande sui 49 milioni che la Lega deve restituire. “Cercano soldi che semplicemente non ci sono. Perchè sono stati spesi. Se li trovate ditelo anche a me che mi interessa”, ha detto.
Ma non solo i 49 milioni vanno restituiti, non è accettabile che il leader della Lega liquidi le (legittime) domande dei cronisti come se la vicenda non lo riguardasse. Perchè tra lo scandalo dei rimborsi elettorali e le inchieste sui fondi del Carroccio, la vicenda lo riguarda. E visto che si sta parlando di soldi pubblici, riguarda anche tutti noi.
La questione però qui è un’altra. Salvini racconta come sono stati spesi i 49 milioni negli anni, ma il punto è che quei soldi vanno restituiti. Il leader leghista sottolinea che si stiano cercando dei soldi che semplicemente non ci sono: i magistrati però hanno stabilito che questi sono stati percepiti irregolarmente dal partito di via Bellerio e perciò devono essere restituiti. Punto.
Sostenere che gli inquirenti stiano cercando delle cifre che non esistono non risolve la vicenda. E non toglie il fatto che la Lega, dallo scorso settembre 2018, debba restituire 49 milioni. Anche se in comode rate da 100 euro a bimestre, per cui la piena resa avverrà in 80 anni.
Facciamo un passo indietro e andiamo a vedere perchè il Carroccio deve restituire questi soldi.
L’inchiesta sui fondi risale ancora a quando alla Lega si accompagnava l’appellativo “Nord”. Precisamente al 2012, quando l’ex tesoriere Francesco Belsito viene indagato con le accuse di truffa ai danni dello Stato e riciclaggio per la gestione dei rimborsi elettorali, che sarebbero stati trasferiti all’estero e reinvestiti in diverse attività , tra cui anche l’acquisto di diamanti.
Il segretario Umberto Bossi si dimette e a Genova inizia un processo che vede nel mirino i rimborsi elettorali ricevuti dalla Lega Nord tra il 2008 e il 2010. Precisamente, si parla di una somma di 48.969.617 che secondo l’accusa sono stati in parte utilizzati per delle spese personali della famiglia Bossi.
Nel 2017 arrivano le condanne. Due anni e cinque mesi al Senatur, quattro anni e dieci mesi per Belsito. I giudici dispongono della confisca di 49 milioni al partito in quanto “somma corrispondente al profitto, da tale ente percepito, dai reati per i quali vi era stata condanna”.
Nel 2018 la Cassazione accoglie il ricorso della Procura del capoluogo ligure e stabilisce “l’esistenza di disponibilità monetarie della percipiente Lega Nord che si sono accresciute del profitto di reato, legittimando così la confisca diretta del relativo importo, ovunque e presso chiunque custodito e quindi anche di quello pervenuto sui conti e/o depositi in data successiva all’esecuzione del provvedimento genetico”.
A settembre di quello stesso anno la Procura raggiunge un accordo con i legali della Lega Nord per un piano di pagamenti da 600 mila euro all’anno per restituire tutti i 49 milioni
Cosa c’entra Salvini con la condanna di Bossi e Belsito
C’è chi ha affermato che l’attuale leader leghista non c’entri nulla con le vicende giudiziarie del vecchio segretario. Ma la memoria di 60 pagine depositata dall’avvocatura dello Stato in difesa di Camera e Senato (parti civili nel processo) spiega esattamente perchè la Lega, di cui Salvini è segretario, non avrebbe dovuto ottenere i rimborsi elettorali e perchè quindi quei 49 milioni vadano oggi restituiti.
Ed è molto semplice: tra il 2008 e il 2010 i bilanci del partito sono stati falsificati e quindi il Carroccio non aveva diritto a incassare i soldi dei rimborsi elettorali. ”
La liquidazione è subordinata all’accertamento della regolarità del rendiconto”, si legge nella sentenza, che fa riferimento alla legge 2/1997.
Per ottenere i rimborsi vanno presentati dei bilanci regolari e corretti: in caso contrario, i rimborsi elettorali saranno sospesi. E questo avrebbe dovuto essere il caso della Lega. Le spese personali dei Bossi rappresentano reato di appropriazione indebita, quello per cui padre e figlio Bossi sono stati condannati.
Ma c’è poi il reato di truffa ai danni dello Stato, che è il caso dei rimborsi elettorali percepiti illegalmente dal Carroccio. Per questo i giudici genovesi non hanno sequestrato solo una cifra pari a quella delle spese dei Bossi e altri, ma l’intero ammontare dei rimborsi ottenuti nei tre anni al centro delle indagini.
Cosa sta succedendo ora con i commercialisti vicini alla Lega
La questione dei fondi della Lega è tornata al centro dell’attenzione mediatica dopo che tre commercialisti vicinissimi al partito sono finiti agli arresti domiciliari perchè coinvolti nell’indagine sui finanziamenti alla Lombardia Film Commission. Inchiesta che si è concentrata sulla vendita di un capannone a un prezzo gonfiato (si parlerebbe di un surplus di 400 mila euro rispetto al valore iniziale dell’immobile) a Cormano alla Lombardia Film Commission, ente regionale il cui presidente era stato nominato dall’allora governatore leghista Roberto Maroni. L’operazione avrebbe coinvolto delle immobiliari legate ai tre commercialisti, che i pm milanesi hanno descritto come in grado di raggiungere “i piani altissimi della politica” e come “infiltrati nelle istituzioni” ai massimi livelli. Implicato anche un prestanome, arrestato lo scorso luglio.
I magistrati ritengono che per non restituire tutti i 49 milioni la Lega potrebbe aver escogitato un modo per celare questi soldi.
Ecco da dove partirebbe la torbida e ambigua trama di giri di denaro. Come quello in cui sarebbero ora implicati i tre commercialisti. Quindi no: il segretario del partito su cui pesano tutte queste inchieste e indagini non se la può cavare con un “i soldi sono stati spesi” e “se li trovate ditemelo”. Non solo i 49 milioni vanno restituiti, ma non è accettabile che il leader della Lega liquidi le (legittime) domande dei cronisti come se la vicenda non lo riguardasse. Perchè lo riguarda. E visto che si sta parlando di soldi pubblici, riguarda anche tutti noi.
(da TPI)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
DA UN BALCONE PROSPICIENTE APPARE IL NUMERO 49 A CARATTERI CUBITALI… SALVINI SI INNERVOSISCE PER IL CORO “LADRO, LADRO” E IL COMIZIO DURA APPENA 5 MINUTI
Un vistoso numero 49 campeggia proprio di fronte al palco dal quale parla Matteo Salvini a Legnano, provincia di Milano. Comizio in sostegno della candidata sindaco Carolina Toia.
Sul terrazzino proprio sopra il Caffe Farmacia qualcuno ha affiancato due grandi palloncini a forma di 4 e di 9 a evocare i fondi della Lega dei quali si sono perse le tracce negli ultimi dieci anni e sui quali indaga la magistratura.
l segretario che parla di immigrati e processi è lì di fronte a 30 metri, li vede bene quei gonfiabili color oro. Appena inizia a parlare parte la prima e unica contestazione di questi due giorni trascorsi in Emilia Romagna, Veneto e Lombardia.
Terre amiche nelle quali tutto era filato liscio. Finchè proprio qui, alle porte di Milano, un gruppo di una ventina di ragazzi fa partire un coro: “Ladro ladro” e urla all’indirizzo del palco “restituisci i soldi”.
Il comizio dura pochi minuti. Meglio passare ai selfie.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
DENUNCIATO PER SIMULAZIONE DI REATO… A VALENZA ERA STATO PIU’ APPLAUDITO DI SALVINI
Aveva denunciato un’aggressione da parte di un “uomo di colore” e aveva lodato anche l’intervento di un amico, un ragazzo di 16 anni che lo aveva difeso e salvato. ùMa non era vero niente. Aggressione ed “eroe” erano inventati.
Lo hanno accertato i carabinieri di Valenza che hanno denunciato Lele Rachiele, 19 anni, candidato a Valenza come consigliere nella lista della Lega. L’accusa è simulazione di reato.
La finta aggressione era finita sui giornali la scorsa settimana quando il giovane candidato, che è costretto a spostarsi su una sedia a rotelle, aveva raccontato la sua storia.
“Era un uomo di colore alto circa un metro e ottanta con una felpa grigia e un paio di jeans – aveva raccontato Rachiele – mi si è avventato addosso mentre tornavo dal cimitero, voleva rubarmi il borsello”.
L’aggressore, secondo il racconto di Rachiele, era stato allontanato a suon di pugni dall’amico sedicenne.
L’episodio aveva creato scalpore a Valenza: Rachiele è molto conosciuto a Valenza, tanto che il 3 settembre scorso, in occasione del comizio del leader Matteo Salvini, il più applaudito era stato in realtà lui.
Dopo l’ “aggressione” al candidato consigliere erano arrivati i messaggi di solidarietà di molti colleghi del Carroccio, compresi due parlamentari, e del candidato sindaco Maurizio Oddone.
L’ipotesi è che Rachiele e l’amico abbiano deciso di inventare tutto per dare il colpo finale alla campagna elettorale del candidato a poche settimane dalle elezioni amministrative a Valenza.
(da agenzie)
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