Settembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
I MAGISTRATI: “I COMMERCIALISTI INFILTRATI NEI PIANI ALTI DELLE ISTITUZIONI”
“Sono operazioni prive di valide ragioni economiche che, al di là degli importi, non mi è capitato di vedere in tutta la mia carriera. E ho lavorato in banca quasi trent’anni”. Così Marco Ghilardi, ex direttore della filiale Ubi di Seriate (Bergamo) testimoniando davanti ai pm di Milano, ha descritto alcune “movimentazioni” sui conti della Taaac, una delle tante società riconducibili ad Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, due dei commercialisti vicini alla Lega arrestati per il caso Lombardia Film Commission.
Il teste nel verbale del 22 luglio ha parlato anche dei “giri di soldi tramite ‘Più voci’”, l’associazione di cui era legale rappresentante il tesoriere della Lega Giulio Centemero, e del fatto che “Di Rubba mi aveva chiesto di aprire il conto di Radio Padania e delle associazioni regionali della Lega”.
“Col senno di poi devo riconoscere – ha spiegato ai pm Ghilardi – che Di Rubba, pur di realizzare i suoi scopi, mi ha mentito. Mi ha sempre parlato di un’associazione (‘Più vocì, ndr) senza scopo di lucro, a fini culturali, del tutto scollegata dal mondo politico. In realtà , su questo conto sono transitati anche bonifici di importo significativo, per la prassi bancaria inconferenti con la natura associativa”.
Il teste ha anche raccontato che quando comunicò a Di Rubba “l’impossibilità a poter procedere” con l’apertura dei conti per le articolazioni territoriali della Lega, il professionista “per tutta risposta mi scrive: ‘mi avevi detto che si poteva, allora chiudo tutto, inculet’. Praticamente mi ha mandato a quel paese”.
E ancora: “Non mi hanno detto a chi si sarebbero rivolti per aprire questi conti delle nuove entità regionali del partito”.
Il bancario ha parlato anche dei “movimenti registrati sui conti” di altre due società dei contabili del Carroccio, la Sdc e lo Studio Cld, e “ricordo numerosi accrediti da Lega Nord sempre con la medesima causale ‘saldo fattura’”.
Anche “il conto personale” di Manzoni “beneficiava” di questi accrediti con la stessa causale. I due gli dicevano che erano per “attività di consulenza” ma “mi sembrava strano poichè nello stesso periodo capitava che fatturassero al partito con più ragioni sociali”.
Altre “rogne”, ha aggiunto il teste, “a mio avviso riguardano l’espansione finanziaria della società ‘Non solo auto’ riconducibile sempre a Di Rubba (…) negli ultimi anni il principale cliente della società è sempre il partito Lega”.
Se per “le reazioni alle contestazioni disciplinari di un direttore di filiale compiacente”, quello della Ubi di Seriate (Bergamo), i contabili della Lega Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni “raggiungono subito i piani altissimi della politica a Roma nelle giornate del 26 e 27 maggio, allora è facilmente immaginabile la reazione e la capacità di inquinamento probatorio di persone tanto infiltrate nelle istituzioni”.
Lo scrivono l’aggiunto Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi nella richiesta di custodia che è tra le migliaia di atti, consultati dall’ANSA, depositati sul caso Lombardia Film Commission. I pm fanno riferimento al “riservato incontro tenutosi in Roma” a fine maggio e a “fibrillazioni ai piani alti della politica”.
(da agenzie)
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Settembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
IL DEM ORLANDO VENTILA L’IPOTESI, CONTE NON SI METTEREBBE DI TRAVERSO… ECCO I MINISTRI CHE RISCHIANO
“Se non vogliamo crollare dobbiamo cambiare radicalmente”. Sono le parole di un esponente di governo del Movimento 5 stelle a far scattare il segnale che qualcosa in effetti si sta muovendo. Il tema è quello trito del rimpasto dopo le regionali, eppure qualcosa si sta chiaramente muovendo.
Un suo collega, perennemente in linea di collisione con il primo, su questo concorda: “Non possiamo restare fermi, qualcosa andrà fatto”. Sono le parole del vicesegretario del Pd Andrea Orlando a scoperchiare il vaso di Pandora: “Credo che per il governo sia necessario fare un tagliando per affrontare una fase nuova – ha detto ai microfoni di Radio24 – Non escludo che dopo il voto possa esserci un effetto sull’assetto dell’esecutivo”.
Raccontano che ai dirigenti Dem che hanno affrontato l’argomento con Giuseppe Conte, il premier abbia risposto in modo abbastanza chiaro: salvaguardare la tenuta della maggioranza, ma nessun veto preventivo se questi dovessero essere i desiderata dei partiti. Che è un po’ quel che va pensando Dario Franceschini, per cui l’opzione è da considerarsi solamente se l’esito delle urne consentirà di governarla e gestirla, altrimenti significherebbe solo un’accelerazione verso il burrone.
Nel Pd le parole di Orlando sono accolte con un misto di veleni e manovre per il dopo. “Eh, certo, ci vuole entrare lui”, risponde un senatore. Che poi argomenta: “E’ rimasto l’unico a sostenere Zingaretti, vuole portare la discussione su quel terreno per disinnescare quella sul congresso”. Che è poi la lettura data dalla maggior parte dei Dem non di osservanza zingarettiana, mentre il segretario continua a negare che sia un suo obiettivo.
La novità è che la gran parte della leadership 5 stelle si stia convincendo non solo che il rimpasto sia un passo obbligato, ma che convenga cavalcarlo direttamente per governarlo. La variante imprescindibile è la tutela di Conte a Palazzo Chigi.
Tenuta ferma questa costante, tutto il resto è negoziabile. Sia perchè viene letto come un modo per calmierare i bollori del Pd, sia perchè calmerebbe gli appetiti interni prima degli Stati generali, sia perchè “stiamo andando contro un muro con i ministri che suonano l’orchestra sorridendo”.
Non c’è nessuno che dica di no. Luigi Di Maio, in Puglia per la campagna elettorale, dice che “ora siamo concentrati sul referendum e sul Recovery fund”, ma aggiunge un eloquente “ne parleremo dopo le regionali”.
Tutta l’area che fa riferimento a Stefano Buffagni, che negli ultimi mesi ha visto ingrossare le proprie fila, non fa mistero di chiedere a gran voce un forte rinnovamento della squadra.
Come sempre si sommano ragioni politiche con vendette e punzecchiature interne.
Nel mirino Nunzia Catalfo, per la sua linea eterodossa nei confronti dei sindacati e il poco peso fatto valere nella stesura dei decreti d’emergenza, ma anche Lucia Azzolina, per il momento difesa più perchè un suo fallimento sulla scuola avrebbe una pesante ricaduta sul Movimento che per convinzione.
Chi rischia assai è anche Riccardo Fraccaro, che ministro non è ma è come se lo fosse per la pesante casella di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, accusato di curare il suo orticello e di farsi sfuggire tra le mani i dossier che contano, stesso motivo per il quale Alfonso Bonafede potrebbe perdere quantomeno il ruolo di capo delegazione pentastellato.
Infine Federico D’Incà potrebbe fare un passo indietro, per andare a ricoprire un ruolo nella nascitura segreteria in quota Roberto Fico, e si parla di una staffetta con Giuseppe Brescia, anche lui vicino al presidente della Camera.
L’unica variabile a preoccupare davvero è l’imprevedibilità di Matteo Renzi. Italia viva spinge nella stessa direzione, ma minaccia di intaccare l’equilibrio pretendendo un terzo ministero, e di peso, e avrebbe messo gli occhi sui Trasporti, dove per sostituire Paola De Micheli tuttavia il Pd avrebbe in mente un ritorno di Graziano Delrio, se non degli Esteri, dal quale Di Maio non ha nessuna intenzione di traslocare, a meno che non si riapra la partita dell’Interno.
Un puzzle complicato, del quale la cornice, al momento, è la sola cosa visibile in dettaglio. La targhetta la appone un altro esponente 5 stelle di peso nell’esecutivo: “Con questa squadra non andiamo da nessuna parte”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
IL DEM ORLANDO VENTILA L’IPOTESI, CONTE NON SI METTEREBBE DI TRAVERSO… ECCO I MINISTRI CHE RISCHIANO
“Se non vogliamo crollare dobbiamo cambiare radicalmente”. Sono le parole di un esponente di governo del Movimento 5 stelle a far scattare il segnale che qualcosa in effetti si sta muovendo. Il tema è quello trito del rimpasto dopo le regionali, eppure qualcosa si sta chiaramente muovendo.
Un suo collega, perennemente in linea di collisione con il primo, su questo concorda: “Non possiamo restare fermi, qualcosa andrà fatto”. Sono le parole del vicesegretario del Pd Andrea Orlando a scoperchiare il vaso di Pandora: “Credo che per il governo sia necessario fare un tagliando per affrontare una fase nuova – ha detto ai microfoni di Radio24 – Non escludo che dopo il voto possa esserci un effetto sull’assetto dell’esecutivo”.
Raccontano che ai dirigenti Dem che hanno affrontato l’argomento con Giuseppe Conte, il premier abbia risposto in modo abbastanza chiaro: salvaguardare la tenuta della maggioranza, ma nessun veto preventivo se questi dovessero essere i desiderata dei partiti. Che è un po’ quel che va pensando Dario Franceschini, per cui l’opzione è da considerarsi solamente se l’esito delle urne consentirà di governarla e gestirla, altrimenti significherebbe solo un’accelerazione verso il burrone.
Nel Pd le parole di Orlando sono accolte con un misto di veleni e manovre per il dopo. “Eh, certo, ci vuole entrare lui”, risponde un senatore. Che poi argomenta: “E’ rimasto l’unico a sostenere Zingaretti, vuole portare la discussione su quel terreno per disinnescare quella sul congresso”. Che è poi la lettura data dalla maggior parte dei Dem non di osservanza zingarettiana, mentre il segretario continua a negare che sia un suo obiettivo.
La novità è che la gran parte della leadership 5 stelle si stia convincendo non solo che il rimpasto sia un passo obbligato, ma che convenga cavalcarlo direttamente per governarlo. La variante imprescindibile è la tutela di Conte a Palazzo Chigi.
Tenuta ferma questa costante, tutto il resto è negoziabile. Sia perchè viene letto come un modo per calmierare i bollori del Pd, sia perchè calmerebbe gli appetiti interni prima degli Stati generali, sia perchè “stiamo andando contro un muro con i ministri che suonano l’orchestra sorridendo”.
Non c’è nessuno che dica di no. Luigi Di Maio, in Puglia per la campagna elettorale, dice che “ora siamo concentrati sul referendum e sul Recovery fund”, ma aggiunge un eloquente “ne parleremo dopo le regionali”.
Tutta l’area che fa riferimento a Stefano Buffagni, che negli ultimi mesi ha visto ingrossare le proprie fila, non fa mistero di chiedere a gran voce un forte rinnovamento della squadra.
Come sempre si sommano ragioni politiche con vendette e punzecchiature interne.
Nel mirino Nunzia Catalfo, per la sua linea eterodossa nei confronti dei sindacati e il poco peso fatto valere nella stesura dei decreti d’emergenza, ma anche Lucia Azzolina, per il momento difesa più perchè un suo fallimento sulla scuola avrebbe una pesante ricaduta sul Movimento che per convinzione.
Chi rischia assai è anche Riccardo Fraccaro, che ministro non è ma è come se lo fosse per la pesante casella di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, accusato di curare il suo orticello e di farsi sfuggire tra le mani i dossier che contano, stesso motivo per il quale Alfonso Bonafede potrebbe perdere quantomeno il ruolo di capo delegazione pentastellato.
Infine Federico D’Incà potrebbe fare un passo indietro, per andare a ricoprire un ruolo nella nascitura segreteria in quota Roberto Fico, e si parla di una staffetta con Giuseppe Brescia, anche lui vicino al presidente della Camera.
L’unica variabile a preoccupare davvero è l’imprevedibilità di Matteo Renzi. Italia viva spinge nella stessa direzione, ma minaccia di intaccare l’equilibrio pretendendo un terzo ministero, e di peso, e avrebbe messo gli occhi sui Trasporti, dove per sostituire Paola De Micheli tuttavia il Pd avrebbe in mente un ritorno di Graziano Delrio, se non degli Esteri, dal quale Di Maio non ha nessuna intenzione di traslocare, a meno che non si riapra la partita dell’Interno.
Un puzzle complicato, del quale la cornice, al momento, è la sola cosa visibile in dettaglio. La targhetta la appone un altro esponente 5 stelle di peso nell’esecutivo: “Con questa squadra non andiamo da nessuna parte”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
CHIAPPORI, DUE MANDATI DA SENATORE E ALTRETTANTI DA SINDACO DI DIANO MARINA: “I 49 MILIONI QUANDO C’ERAVAMO NOI DELLA VECCHIA GUARDIA ERANO IN CASSA, CHIEDETE A CHI E’ VENUTO DOPO CHI LI HA FATTI SPARIRE”
Quando tra il 1988 e il 1989 la Lega Nord muoveva i suoi passi Giacomo Chiappori era in prima linea, affianco a Umberto Bossi e agli altri fondatori del partito che negli ultimi anni ha provato a spostare il consenso dal territorio fantapolitico della Padania all’intera nazione, con gli immigrati al prendere il posto dei meridionali nello scomodo ruolo di capro espiatorio per tutti i mali che affliggono il Paese.
Dopo due legislature e altrettanti mandati da sindaco di Diano Marina, in Liguria, l’ex-segretario regionale della Lega Nord ha deciso di sfidare il centrodestra di Giovanni Toti alle imminenti elezioni regionali: “Non hanno fatto nulla, come leghista non posso fare finta di nulla e non mi potevo riconoscere nel progetto di chi pensa di poter continuare a bere al pozzo della Lega che abbiamo faticosamente costruito in oltre trent’anni di battaglie” spiega Giacomo Chiappori nel presentare la sua creatura politica “Grande Liguria“, espressione del partito “Grande Nord”.
L’ex peso massimo del partito padano, grande amico di Umberto Bossi che gli ha dato informalmente la sua benedizione per questa avventura “non è un tipo da endorsement diretti quello che ancora oggi ritengo il mio capo (poi sono venuti certi ‘capitani’ che sanno farsi solamente selfie) — rintuzza il sindaco di Diano Marina — ma mi ha chiaramente detto che sa che sono il suo guerriero e andare dritto per la mia strada”.
Una scelta, quella di candidarsi per sfidare il Governatore Giovanni Toti sostenuto dalla Lega di Salvini, che punta a riprendersi i voti dei leghisti delusi dalla svolta nazionalista/sovranista “ma non solo, si tratta semplicemente di portare avanti le storiche battaglie della Lega Nord per tutto il popolo ligure”.
Nonostante questa scelta di rottura, Chiappori non si sente un dissidente: “Ho ancora la tessera della Lega del 2020 e si guardano bene dal togliermela — sottolinea il sindaco di Diano Marina — d’altra parte nelle tessere c’è scritto ancora ‘Lega Nord’, con quale credibilità e diritto un partito che ora si chiama ‘Lega per Salvini Premier’ dovrebbe togliermela?”.
L’ex parlamentare sa di rappresentare una posizione minoritaria all’interno di un partito che un tempo rivendicava uno stato confederale e inneggiava all’indipendenza della Padania: “Eppure non siamo pochi, e se ci ridessero il simbolo potremmo portare avanti le nostre battaglie, ci riprenderemmo anche i 49 milioni da restituire allo Stato, poi vedremo chi li ha fatti sparire, visto che fin quando c’eravamo noi della ‘vecchia guardia’ quei soldi nelle casse c’erano tutti”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
OGNI REGIONE CONTINUA A FARE I CAVOLI CHE GLI PARE… IL LEGHISTA SOLINAS UN RISULTATO L’HA GIA’ OTTENUTO: PIOVONO DISDETTE DEI TURISTI CHE NON VANNO PIU’ NELL’ISOLA
Il ministro per gli affari regionali Francesco Boccia intervenendo alla Festa dell’Unità a Modena ha annunciato di aver aperto “una istruttoria” sulla legittimità delle recenti ordinanze del Piemonte e della Sardegna sulla scuola e sul cosiddetto “passaporto sanitario”: «Non esiste in nessun Paese un passaporto sanitario, non tra un Paese e un altro, figuriamoci tra una regione e l’altra. O siamo persone serie o significa usare le istituzioni per fare propaganda, ed è inammissibile. Non esiste nessun passaporto – ha insistito Boccia – è incostituzionale dire che uno si può muovere solo se è sano, oltre al fatto che non serve a niente se è per il Covid».
Il governo è pronto a impugnarle e ha già dato mandato all’avvocatura dello Stato di valutare se esistono gli estremi per azzerarne da subito gli effetti con il ricorso al Tar. Alessandra Ziniti su Repubblica spiega:
Un’ordinanza, oltretutto, poco chiara nella sua formulazione ( dove l’obbligo a presentarsi con un certificato di tampone negativo diventa alla fine un invito) e anche difficilmente applicabile visto che per chi arriva ( a cominciare dai sardi che rientrano per votare) è quasi impossibile trovare un laboratorio che in 48 ore esegua il tampone e consegni l’esito. E per chi volesse farlo appena sbarcato in Sardegna le possibilità sono ancora più esegue: una sola struttura in tutta la Regione abilitata a fare i tamponi (a Olbia) e solo 13 laboratori per i sierologici. Un primo risultato l’ordinanza di Solinas però l’ha già ottenuto: disdette da parte dei turisti di fine stagione scoraggiati dalle complicazioni.
Anche l’ordinanza del governatore del Piemonte Cirio sulla scuola è a rischio: “Sulla scuola — ha detto Boccia mi sarei aspettato un contributo dalla destra, quello che non abbiamo avuto prima. Quello che non è ammissibile è che in queste ore alcune regioni, penso a Piemonte e Sardegna, approvino delle ordinanze per proprio conto, dopo aver chiuso all’unanimita con tutte le altre regioni accordi che ahanno messo in sicurezza” una serie di servizi tra cui scuola o trasporti.
Boccia ha quindi annunciato da parte del suo dicastero una verifica della legittimità delle ordinanze: “quando le istruttorie verranno completate ci pronunceremo. Tuttavia lasciatemi chiedere: se abbiamo approvato all’unanimità le regole sulla sicurezza — e mi riferisco al Piemonte — che senso ha intervenire sull ‘organizzazione scolastica, dove probabilmente non ha competenza, che è dei dirigenti scolastici? Non anticipo giudizi, attendo l’istruttoria, ma perchè creare scompiglio nella scuola?”
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
HAFSA AVEVA 15 ANNI QUANDO FU TRAVOLTA DALLE CORRENTI DEL FIUME… IL CORPO MAI RITROVATO E LO STRAZIO DELLA FAMIGLIA
Il papà che ogni giorno si immerge nelle acque del fiume Adda alla ricerca del corpo della figlia annegata è un’immagine che ci mette tutti in mora, che mortifica le nostre cattiverie, la nostra bontà a tempo.
L’uomo ogni giorno di questa nuova vita tinta dei colori del lutto, raggiunge in bici le sponde del fiume e si immerge sperando che la sorte o il suo e il nostro Dio gli regalino quel che più ora desidera, baciare un’ultima volta la sua Hafsa.
Aveva 15 anni Hafsa, in un giorno di gioia, con la cugina cercava di raggiungere una spiaggetta, c’era d’attraversare, ma è stata travolta dalle correnti del fiume. Quel giorno, lui era in Marocco, la terra dalla quale era venuto in Italia, come tanti, per dare un’occasione ai figli, alla sua Hafsa. Dal suo rientro, dopo le lacrime e la disperazione, non ha altri motivi nella vita. Le autorità , le forze di polizia, la protezione civile e i volontari hanno cercato la ragazza, l’hanno cercata anche oltre i tempi previsti dal protocollo. E ora, spinti dal gesto dell’uomo, torneranno ad affiancarlo lungo le sponde dell’Adda.
La storia del papà che ogni giorno si immerge nelle acque dell’Adda alla ricerca della figlia annegata è entrata nella cronaca per un video girato da chi passava ai margini dell’Adda e ha ripreso la scena straziante dell’uomo che sfida le correnti con gli occhi ben aperti, a scrutare il pelo dell’acqua, a indagare tra i rovi, sui fianchi del fiume. Potrebbe riemergere Hafsa, potrebbe essere incagliata tra i rami che si allungano sull’acqua.
“Ho contattato i carabinieri per dire loro che io continuo a cercarla – ha detto il papà – Devo ringraziare i ricercatori, che sicuramente hanno fatto un buon lavoro, ma non sono riusciti a trovare mia figlia….Io non posso smettere di cercarla. Mi sto dando da fare per trovarla e spero che ci sia qualcuno, che voglia aiutarmi…Spero di trovare Hafsa, che magari è incagliata da qualche parte. O spero di essere lì quando il fiume la restituirà . Non posso rimanere a casa ad aspettare”
Gli è stato detto che le ricerche sono pericolose, che il fiume all’improvviso può ingrossarsi, ma lui non smette, non accetta di uscire dal sudario che conserva la sua Hafsa. Prima o poi la troverà , ne è sicuro.
“Ho avuto paura per lui – ha scritto su Facebook chi lo ha filmato – Un familiare, sulla sponda con me, lo ha chiamato continuamente, ma invano. ..”. Il papà che cerca la sua Hafsa anche oggi è lì, lungo e dentro l’Adda, non smette.
L’uomo reso fragile dal dolore più grande, a vederlo in mezzo al fiume sembra dirci come dovremmo essere tutti noi.
Come non siamo.
(da Globalist)
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Settembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
DOPO IL TRASBORDO SULLA MARE JONIO ORA POSSONO SBARCARE A POZZALLO
Sbarcano tutti, finalmente, dopo 38 giorni.
Il Viminale ha concesso “per motivi sanitari” alla nave mare Jonio l’approdo al porto di Pozzallo dove già la scorsa notte era stata fatta sbarcare d’urgenza una donna camerunense che stava male.
In serata, dopo la relazione del medico di bordo della Ong italiana, il Viminale ha acconsentito allo sbarco di tutti e 27 i migranti soccorsi il 5 agosto in zona sar maltese dalla petroliera danese Maersk e rimasti bloccati davanti La Valletta per 38 giorni vista l’indisponibilità di Malta a far scendere i migranti nonostante proprio da La Valletta fosse partita la richiesta di intervento alla Maersk.
Dopo l’evacuazione d’urgenza della donna camerunense e del marito, la Mare Jonio si è fermata fuori dalle acque territoriali nazionali a circa 15 miglia nautiche dal porto di Pozzallo dopo aver chiesto alle autorità Italiane l’assegnazione di un porto sicuro arrivata in serata.
E in condizioni di emergenza è anche la Open Arms che, alla sua prima missione dopo lo stop provocato dal coronavirus, ha preso a bordo in tre salvataggi 276 persone ora tutte ammassate sul ponte protetti dalle coperte termiche.
Anche gli spagnoli chiedono un porto sicuro: “276 persone, 276 vite, 276 storie. Dopo le violenze e gli abusi, dopo giorni abbandonati in mare, non è sul ponte di una nave che dovrebbero trascorrere queste ore, ma in un luogo sicuro, tutelati dalle nostre costituzioni democratiche”.
(da agenzie)
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Settembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
LA GENIALE TRAPPOLA DI UNA PAGINA FB: SI INVENTA UNA BUFALA E GLI “INDIGNATI LEGHISTI” CI CASCANO… LA FOTO E’ DELL’ATTRICE PORNO MIA KALIFA DOPO UN INTERVENTO DI CHIRURGIA PLASTICA
Il 12 settembre 2020 alle ore 12:59 la pagina Facebook «Inps per la famiglia tradizionale», palesemente fake e definita da alcuni «satirica», pubblica un meme in cui si sostiene che un’attivista della Lega della sezione toscana di Pontedera (Pisa) sia stata attaccata dai centri sociali, i quali le avrebbero rotto persino il naso. Si tratta di una palese bufala.
«Aggredita in pieno centro mentre distribuiva volantini della Lega!!!», recita il meme che prosegue così: «Sta bene l’attivista toscana Maria Califfi (se. Pontedera), vilmente attaccata dai centri sociali. Solo qualche contusione e un naro rotto. E questi sarebbero quelli democratici??? Vergogna!!».
Per fortuna tutto falso, la ragazza nella foto è l’attrice pornografica libanese Mia Khalifa. La foto era stata pubblicata sull’account Instagram dell’attrice il 23 giugno 2020 dove racconta la sua esperienza con la chirurgia plastica:
Il meme, come spesso accade, viene preso per vero da qualcuno poco attento che non nota nemmeno la firma di una sezione dell’Inps che non esiste
Il meme viene condiviso dall’utente Michele nel gruppo Facebook «Salvini premier la rivoluzione del buonsenso idee cuore e coraggio» dove sono presenti oltre 16 mila iscritti:
«Amici a voi i commenti» scrive Michele nel suo post nel gruppo. Ecco, i commenti non mancano:
Maurizio: «E le TV nazionali,,,,,, zitte , non aggiungo altro perchè già Facebook mi blocca anche se dico la verita»
Guglielmo: «Falsi Pacifisti, Falsi buonisti, falsi democratici, non vi smentite mai.»
Marina: «Vigliacchi che schifo»
C’è chi va oltre o se la prende con il Movimento 5 Stelle:
Rita: «Aoooo facciamolo anche noi quello che fanno loro speriamo che non ce scappa il. Morto da parte loro»
Maria: «Maledetti c.sociali…la segre che dice? nn e’odio? f.b.che dice questi maledetti .devono lasciare i palazzi dove vivono …ora bastaaaaaaa schifosi hanno rotto i cog…»
Costanza: «Questi gli incivili sxstronzi e pentamerdacce»
Il meme è circolato anche al di fuori del gruppo, come possiamo vedere da diversi post pubblicati da altri utenti nelle loro bacheche. Tanta rabbia per una bufala:
Ma che vigliacchi quelli dei centri sociali!!! Tantissimi auguri a Maria Califfi ed un caro abbraccio!! E poi… i razzisti sarebbero i leghisti??? Mi piacerebbe tanto leggere un commento di Emanuele Fiano su tutto questo ODIO e violenza che arriva dalla Sinistra e mi dicesse che tipo di apologia è questa!!!
(da Open)
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Settembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
LE INTERCETTAZIONI DI SCILLIERI, UNO DEI TRE COMMERCIALISTI DELLA LEGA
Migliaia e migliaia di euro che la cricca dei tre commercialisti dirottava dalla Lega e dalle società pubbliche gestite dal partito di Salvini verso le loro tasche. E’ questo il quadro che emerge dalle intercettazioni di Michele Scillieri, uno dei tre arrestati nell’inchiesta portata avanti dalla procura di Milano.
Come riportato dalla Stampa, Scillieri è un fiume in piena:
«Ho imparato che gente sono, perchè loro sono fatti così! Loro hanno ciucciato una montagna di soldi della Lega, una montagna! Non ti dico 49 milioni, ma non ci siamo lontani sai… Te lo dico! Perchè una parte li hanno mandati… Casualmente hanno costituito le leghe regionali, una parte li hanno mandati su e poi son tornati, li han cuccati e una parte se li sono spartiti»
Scillieri tira in ballo soprattutto la Barachetti Service e l’«elettricista di fiducia» della Lega, Francesco Barachetti, oggi indagato per peculato a Milano ma già coinvolto nell’inchiesta sui 49 milioni del Carroccio:
«Barachetti è un ex idraulico che ha la casa accanto a Di Rubba e che ha deciso un bel giorno di dire: “Adesso divento un imprenditore di successo, caro Alberto fammi lavorare”. E Alberto tramite la Lega gli ha dirottato tonnellate di soldi! Non di lavori… Di soldi»
In una delle intercettazioni con il trojan nel cellulare del commercialista Michele Scillieri emerge lo sfogo contro gli altri due indagati, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, e contro un imprenditore che avrebbe fatto saltare l’affare di Cormano
Non sono mancati momenti di altissima tensione e relativi insulti reciproci tra gli indagati per il caso della compravendita dell’immobile di Cormano che ha portato nei giorni scorsi all’arresto di quattro persone, tra cui tre commercialisti della Lega. Nervosismo dichiarato chiaro e tondo nelle intercettazioni raccolte dal trojan nel cellulare di Michele Scillieri, il commercialista che nel 2017 aveva curato nel suo studio la nascita del movimento Salvini premier.
Come riportano le carte dell’inchiesta, citate dalla Stampa, è Scillieri a lamentarsi tanto degli altri due commercialisti ora indagati, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba: «che fanno il cazzo che vogliono, fanno le porcate con le società », ma anche con un imprenditore, Francesco Barchetti, ex elettricista e vicino di casa di Di Rubba, che sarà poi indagato per peculato.
Le sfuriate di Scillieri
Scillieri si sfoga con Luca Sostegni, sospettato di essere prestanome di decine di società , tornato dal Brasile per recriminare «i restanti 30 mila euro dell’accordo» per l’affare di Cormano che Manzoni e Di Rubba non avrebbero più intenzione di dargli. «Con tutti i soldi che si sono fottuti in questi anni — dice Sicllieri al suo uomo di fiducia — non hanno certo problemi a cacciar fuori 30 mila euro in un colpo. E dai… Tu non hai idea… milionate e milionate». E prosegue: «Un milione e mezzo di fatturato verso la Lega in un anno… Cioè questi qua prendono i soldi di là , della Lega e si comprano le ville. Fanno veramente la bella vita».
(da agenzie)
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