Dicembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
LA FRASE CHOC PRONUNCIATA DURANTE UNA DIRETTA SULLA MODA… E’ QUESTA LA CATEGORIA IMPRENDITORIALE? BONOMI SI DISSOCI
Non un ‘chissenefrega’, ma un molto più natalizio ‘Amen’. Da alcuni mesi a questa parte, dopo lo
scotto iniziale e il terrore per la pandemia da Covid, si sta diffondendo il messaggio: i morti fanno parte del gioco, non possiamo fermarci.
Sempre molto facile fare queste dichiarazioni quanto in ballo non c’è qualche familiare e conoscente. Il soldo prima di tutto, anche della vita umana. È questa la sintesi del pensiero di Domenico Guzzini. E no, non è un ‘uomo della strada’ incontrato in una piazza. È il Presidente di Confindustria Macerata. E no, non è una frase pronunciata all’interno delle quattro mura della propria abitazione.
È una frase pronunciata durante un evento trasmesso in streaming sui canali social e Youtube dell’organizzazione.
Contestualizziamo. Come annunciato dalle pagine Facebook di Confindustria Macerata, lunedì 14 dicembre (dalle ore 17) è andato in scena l’evento online ‘Made For Italy per la Moda’. Tra i partecipanti al dibattito in live streaming c’erano anche il Sindaco del comune marchigiano e il Presidente della Regione.
Ovviamente il tema principale era quello economico, con molti settori produttivi (non solo locali, ma anche nazionali) toccati da una profonda crisi provocata dalla pandemia e dalle chiusure per contenere la diffusione dei contagi. Ed è proprio parlando del rapporto tra vita delle persone e soldi che Domenico Guzzini ha pronunciato questa frase. «Anche se qualcuno morirà , pazienza»
Un concetto molto forte, ma molto diffuso. Perchè non è la prima volta che lo sentiamo da personalità pubbliche: «Come sapete ci aspetta un Natale molto magro perchè stanno pensando addirittura di restringere ulteriormente. Questo significa andare a bloccare anche un retail che si stava rialzando per la seconda volta da una crisi e lo stanno rimettendo nuovamente in ginocchio — afferma Domenico Guzzini -. Io penso che le persone sono un po’ stanche di questa situazione e vorrebbero, alla fine, venirne fuori. Anche se qualcuno morirà , pazienza. Ma così, secondo me, diventa una situazione impossibile per tutti».
Insomma, parole molto chiare. Attendiamo anche un chiarimento di Confindustria e, magari, una dissociazione. E se non sarà così, pazienza.
(da agenzie)
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Dicembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
IN UNA CALL CON LA COMMISSIONE AMBIENTE SI E’ FATTO RIPRENDERE MENTRE FACEVA LA DOCCIA: AVEVA DIMENTICATO DI DISATTIVARE IL VIDEO
Streaming e M5S, un binomio che — nella politica italiana — sembra nato così. Se non ci fossero stati i pentastellati, forse, le dirette in streaming delle riunioni istituzionali non sarebbero entrate così nell’immaginario collettivo dell’elettorato italiano.
Eppure, oggi, un esponente del M5S sembra essere stato tradito proprio da quella stessa tecnologia che ha rappresentato per anni l’asse portante del partito fondato da Beppe Grillo e Gian Roberto Casaleggio: il consigliere comunale di Milano Gianluca Corrado si è collegato con la sua commissione ambiente, mentre era in bagno a farsi la doccia. Il motivo? Aveva dimenticato di disattivare il video.
Poi, possiamo fare mille battute sul fatto che Corrado avesse sbagliato “gabinetto”, passando da quello istituzionale a quello di casa.
Ma la spiegazione ufficiale, data dallo stesso Corrado al quotidiano Il Giorno, è stata: «Ieri mattina ero in Tribunale per un’udienza — ha detto Corrado — sono tornato a casa di corsa per seguire la commissione, ho tolto la giacca e la cravatta e mentre seguivo i lavori mi sono dato una sciacquata perchè poi dovevo tornare in Tribunale. Per sbaglio ho lasciato la telecamera accesa mentre mi trovavo in bagno. Chiedo scusa a chiunque si sia sentito offeso, ma sinceramente ho visto di peggio».
In ogni caso, il consigliere l’ha definita una “cappellata”, respingendo al mittente le accuse di scarso rispetto istituzionale.
Ma casi come il suo — in questo periodo in cui il distanziamento sociale costringe sempre più spesso a realizzare meeting e riunioni (anche a livello politico) su piattaforme di streaming — sono proliferati in questo periodo di pandemia globale.
Quello più clamoroso riguarda senz’altro il deputato argentino Juan Ameri che è stato costretto a dimettersi dopo che, in una riunione online del parlamento, era stato sorpreso in atteggiamenti intimi con una donna che si era seduta sulle sue gambe.
Ovviamente, il contesto è diverso. Ma il principio è lo stesso: si possono seguire delle riunioni istituzionali facendo altro?
(da agenzie)
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Dicembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
ORA SALVINI PUO’ MANDARE ANCHE LUI IL TELEGRAMMA DOPO AVER AVUTO L’AUTORIZZAZIONE DAL CREMLINO
Il presidente russo Vladimir Putin si è congratulato con Joe Biden per la vittoria alle presidenziali
americane, certificata dal voto dei grandi elettori.
Lo fa sapere il Cremlino. Nel suo telegramma, Putin ha augurato al presidente eletto ogni successo e ha espresso la fiducia che la Russia e gli Stati Uniti, “che hanno una responsabilità speciale per la sicurezza e la stabilità globale”, possano, “nonostante le loro differenze”, aiutare realmente “a risolvere molti problemi e sfide che il mondo sta affrontando ora”
Il presidente russo ha osservato che, in questa prospettiva, la cooperazione russo-americana, basata sui principi di uguaglianza e di rispetto reciproco, “risponderebbe agli interessi dei popoli di entrambi i Paesi e dell’intera comunità internazionale”.
“Da parte mia, sono pronto per l’interazione e i contatti con lei”, ha sottolineato il capo dello Stato russo. Lo si legge nella nota pubblicata sul sito del Cremlino.
(da agenzie)
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Dicembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
DOPO IL SIGILLO DEI GRANDI ELETTORI E DOPO 60 RICORSI DI TRUMP RESPINTI, L’EX PRESIDENTE CONTINUA A DELIRARE E SI DEDICA A MESCHINE VENDETTE
Non bastano oltre 80 milioni di voti assegnati a Joe Biden.
Non bastano 306 grandi elettori (su 538) che mettono il sigillo sulla vittoria del candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti.
Non bastano 60 ricorsi respinti nei tribunali di tutto il Paese.
Donald Trump non riconosce la sconfitta e continua la sua battaglia. Anzi, cade un’altra testa: Trump annuncia via Twitter le dimissioni prima di Natale dell’Attorney General, equivalente del ministro della giustizia, William Barr, caduto in disgrazia dopo aver negato i brogli di massa nell’election day.
È stato, come atteso, un rito in genere puramente cerimoniale quello del collegio elettorale, se non fosse che Trump continua a denunciare elezioni fraudolente e a considerare il suo rivale un presidente illegittimo anche dopo che una Corte costituzionale a maggioranza conservatrice ha respinto il suo ultimo ricorso.
I grandi elettori, il cui numero varia in base alla popolazione, si sono riuniti in differenti fasce orarie per votare secondo il risultato del voto popolare nel loro Stato, come prescrivono le leggi, nonostante la possibilità di qualche ‘infedele’: 306 per il ticket dem, 232 per quello repubblicano, con un quorum necessario per entrare alla Casa Bianca di 270. Quorum che ‘Joe e Kamala’ hanno raggiunto verso sera dopo il voto della California e dopo che nessuno dei cinque Stati più contesi aveva riservato sorprese o defezioni. In alcuni casi le operazioni si sono svolte sotto alta tensione, come in Michigan, uno degli Stati più contesi, dove il parlamento è stato chiuso per “credibili minacce di violenza” arrivate agli uomini del Congresso di entrambi i partiti. In Wisconsin invece la Corte suprema ha respinto per la seconda volta il tentativo di Trump di invalidare oltre 200 mila voti
“La vittoria è chiara”, “la volontà del popolo ha prevalso”: lo ha detto Joe Biden nel suo discorso alla Nazione, “insieme, io e la vicepresidente eletta Kamala Harris abbiamo guadagnato 306 voti”, ha ricordato, sottolineando di aver vinto con lo stesso margine ottenuto nel 2016 da Donald Trump, che allora parlò di “vittoria schiacciante”.
Vorrei “suggerire rispettosamente” che il presidente uscente ora accetti la mia vittoria, ha aggiunto Biden. Quella di Trump, ha detto ancora, ”è una posizione così estrema che non abbiamo mai visto prima, una posizione che ha rifiutato di rispettare la volontà del popolo, dello stato di diritto e di onorare la nostra Costituzione”, ha detto criticando anche gli attorney general dei 17 Stati e i 126 repubblicani che hanno sottoscritto il ricorso del Texas bocciato dal massimo organo giuridico americano.
Il presidente e i suoi più stretti alleati hanno ora un’ultima sede dove contestare l’esito delle elezioni, ma praticamente senza speranze: il Congresso, che il 6 gennaio conterà formalmente a camere riunite i voti del collegio elettorale. I nuovi parlamentari potranno sottomettere obiezioni scritte che però saranno valutate solo se co-firmate da almeno un membro di ciascuna Camera. Altrimenti resteranno un puro atto di protesta, come successe nel 2017 quando diversi deputati dem contestarono la vittoria di Trump in alcuni Stati a causa delle interferenze russe ma Hillary Clinton aveva già ammesso la sconfitta e nessun senatore del partito si unì all’iniziativa.
Se invece ci sarà una ‘coppia’ di esponenti delle due Camere, la seduta plenaria verrà interrotta e ciascuna Camera discuterà l’obiezione per un massimo di due ore, prima di votare se ribaltare il risultato dello Stato in questione.
Ma per ribaltarlo davvero occorrerà il consenso di entrambi i rami del Parlamento, cosa che non succede dalla cosiddetta epoca della Ricostruzione, il periodo successivo alla guerra civile americana dal 1865 al 1877. Tanto più che la Camera è nelle mani dei dem, mentre le sorti del Senato – ora controllato dai repubblicani – sono appese ai due ballottaggi del 5 gennaio.
(da agenzie)
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