Dicembre 27th, 2020 Riccardo Fucile
I LEADER DELLA DESTRA ITALIANA DEL PASSATO AVEVANO SEMPRE INDICATO LA META DI UNA EUROPA NAZIONE CONTRO GLI IMPERIALISMI… LA MELONI E’ SOLO UNA SOVRANISTA CHE DIFENDE GLI INTERESSI DEI POTERI FORTI, IN NOME DI UN NAZIONALISMO BIGOTTO E AVIDO DA OPERETTA OTTOCENTESCA
Da Presidente dei conservatori europei, Giorgia Meloni ha inviato un messaggio proprio al suo gruppo:
“Il 2020 è stato un anno impegnativo non solo per l’Europa ma per tutto il mondo. La nostra comunità politica ha iniziato l’anno con la scomparsa di Sir Roger Scruton, un gigante del pensiero conservatore europeo. Poche settimane dopo quel triste evento, le nostre speranze sono state infrante quando ci siamo trovati ad affrontare la pandemia globale. Il Coronavirus, arrivato a noi dalla Cina, ha sconvolto drasticamente il nostro stile di vita e siamo passati dalla speranza economica all’incertezza” scrive Meloni.
“L’anno che verrà sarà altrettanto impegnativo. Come conservatori – continua Meloni – dobbiamo essere noi a diffondere il messaggio di ottimismo: il conservatorismo è una cultura naturalmente ottimista. Ci sono tante grandi opportunità da cogliere nell’anno a venire. È stato chiaro che nel 2020, l’Unione Europea non è stata all’altezza delle aspettative. Le persone in tutto il continente hanno lottato, ma l’UE ha fatto poco. Al suo posto abbiamo visto che un’alternativa era possibile. Che i singoli Stati membri possono riunirsi su base volontaria, nello spirito di solidarietà cristiana, sostenendosi a vicenda”.
“Mentre guardiamo alla ricostruzione dell’Europa dopo questa crisi – sottolinea la leader di Fdi – dovremmo considerare abbiamo la possibilità di rimodellare l’UE in una coalizione di Stati nazionali sovrani che si offrono volontari per lavorare insieme, invece di diventare soggetti a un lontano governo federale a Bruxelles”.
Poi segue un delirio di balle:
“Gli eventi politici che abbiamo vissuto nelle ultime settimanen dimostrano chiaramente che ci troviamo di fronte al più potente e violento attacco contro i governi di nazioni sovrane. Il trattamento che hanno riservato al presidente Trump è il primo passo, il tentativo di forzare i trattati contro Polonia e Ungheria è il secondo, la volontà di umiliare il popolo britannico che ha scelto liberamente la Brexit è il terzo”.
“I nostri valori comuni, la nostra civiltà , sono minacciati: abbiamo un’occasione d’oro per rimodellare l’Europa nella visione di De Gaulle e Roben Schuman che non sognavano di costruire un super Stato, ma un’alleanza di Stati nazionali che lavorano insieme”, conclude la leader di Fratelli d’Italia.
Se qualcuno vuole andare a rileggersi cosa hanno sostenuto in merito fin dagli anni ’70 i vari leader della destra nazionale e sociale italiana, europeisti convinti contro i “blocchi imperialisti”, potrà verificare che la Meloni con la destra sociale e nazionale italiana non ha nulla a che fare.
Lei preferisce andare con il piattino in mano dagli esponenti di quegli “imperialismi” contro i quali hanno combattuto generazioni di giovani di destra (che servi di potenze straniere e bigotti incoerenti non sono mai stati).
argomento: denuncia | Commenta »
Dicembre 27th, 2020 Riccardo Fucile
“ULTIMO BALUARDO DI UNO STATO CHE RESTA SEMPRE IN PIEDI”… “POLITICI COME LUI SONO IN VIA DI ESTINZIONE”
Un mandato «esemplare», da parte di un presidente «solo nella tempesta». 
Il quotidiano spagnolo El Paàs dedica oggi, 27 dicembre, un ritratto al presidente della Repubblica italiano, Sergio Mattarella, in un articolo dal titolo «Un presidente solo en la tormenta» che tira le somme su questo mandato e guarda alle elezioni da cui uscirà il nome del successore.
«In mezzo al caos e con un parlamento frammentato, mentre il Paese si trova davanti alla sfida più grande dalla Seconda Guerra Mondiale, Sergio Mattarella è l’ultimo baluardo di uno Stato che, nonostante tutto, resta sempre in piedi», si legge nell’articolo.
El Paàs ripercorre la storia recente della politica italiana, con i quattro esecutivi che si sono susseguiti sotto la presidenza di Mattarella, sottolineando i buoni rapporti che il capo dello Stato intrattiene con quasi tutti i protagonisti: da Giuseppe Conte a Luigi Di Maio, passando per Matteo Salvini.
Il quotidiano spagnolo guarda poi alle elezioni del capo dello Stato del 2022, «un momento cruciale, che determina il flusso e il carattere di molte decisioni politiche». E osserva che da qualche settimana, visto anche il «duello fra Renzi e e Conte che minacciava una crisi di Governo, le grandi manovre hanno un obiettivo: arrivare al 2022 ben piazzati in modo da partecipare alla decisione»
«La corsa è cominciata»
«La corsa è cominciata», scrive El Paàs, evocando le difficoltà di trovare un nome che metta tutti d’accordo. L’articolo menziona l’idea di un Mattarella bis, esclusa però dall’entourage del presidente che «non vuole essere rieletto», riferisce il quotidiano spagnolo citando fonti vicine al capo dello Stato.
Come riconoscono tutti i partiti però — si legge — il mandato di Mattarella «è stato fin qui esemplare» e «sarà difficile trovare un sostituto alla sua altezza in questo momento».
La figura di Mattarella, conclude il quotidiano, «rappresenta oggi un profilo e un carattere politico in estinzione», ideale per occupare «un posto tanto silenzioso quanto determinante come il Quirinale».
(da agenzie)
argomento: Mattarella | Commenta »
Dicembre 27th, 2020 Riccardo Fucile
PER ANDARE A LONDRA SERVIRA’ IL PASSAPORTO
L’accordo sulla Brexit prevede nuove regole anche per gli studenti: chi vuole studiare in Inghilterra dovrà ottenere un visto e pagare tasse universitarie senza esenzioni mentre gli studenti inglesi faranno esperienza all’estero senza Erasmus
Erasmus+ è il programma dell’Unione Europea per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport in Europa.
Sono più di 9 milioni le persone che negli ultimi trent’anni hanno partecipato al programma, cui aderiscono gli stati membri dell’Unione e cui collaborano come partner paesi terzi in tutto il mondo.
Ma con le regole sancite dall’accordo sulla Brexit il Regno Unito non farà più parte del programma Erasmus, giudicato troppo oneroso dal premier Boris Johnson. Non solo gli studenti inglesi non potranno più accedervi ma dall’anno prossimo anche gli universitari europei dovranno seguire nuove indicazioni.
Passaporto e visto
Per viaggiare nel Regno Unito sarà necessario il passaporto, che permetterà di restare fino a tre mesi. Per un periodo più lungo, nel caso in cui quindi si intenda soggiornare per ragioni di lavoro o di studio, occorreranno invece visti analoghi a quelli già richiesti agli stranieri non comunitari.
Tasse universitarie
Chi sogna Oxford e Cambridge o una delle tante altre università britanniche dove le presenze dall’estero sono una presenza consolidata, dall’anno prossimo pagherà una retta piena, che a seconda degli atenei può arrivare fino all’equivalente in sterline di oltre 30.000 euro per anno accademico.
Lavorare in UK
Vengono introdotte liste di priorità legate al possesso di un contratto di lavoro già garantito, con un salario minimo annuo lordo da 25.600 sterline. Requisito inserito in una cornice di filtro degli ingressi in Inghilterra basato su un punteggio, che comprende anche la valutazione del livello delle proprie qualifiche e specializzazioni e della padronanza della lingua inglese.
Il Turing Scheme
Londra ha annunciato di voler “rimediare” all’uscita dal programma Erasmus+ con la creazione di un nuovo schema, come precisato dallo stesso Boris Johnson. Con particolare attenzione agli atenei americani e asiatici, il nuovo programma di scambio sarà intitolato al matematico inglese Alan Turing (colui che durante la Seconda Guerra Mondiale inventò una macchina capace di decifrare i messaggi segreti dei nazisti).
Chi si trova già in UK con Erasmus+
Come si legge sul sito della Commissione europea, gli studenti che si trovano già nel Regno Unito e i partecipanti inglesi al programma Erasmus+ possono proseguire la mobilità fino alla conclusione dei progetti o fino all’esaurimento dei fondi.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: denuncia | Commenta »
Dicembre 27th, 2020 Riccardo Fucile
L’OBIETTIVO E’ TERMINARE ENTRO L’AUTUNNO E RAGGIUNGERE 42 MILIONI DI VACCINATI… DUE INCOGNITE: QUANTO DURA L’EFFICACIA DEL VACCINO E QUANTI ITALIANI REALMENTE SI VACCINERANNO
Per l’Italia comincia subito un percorso a tappe per la somministrazione dei vaccini anti-
Covid alla popolazione con il dichiarato intento di terminare entro settembre, prima della riapertura delle scuole.
Dal 28 dicembre inizierà la distribuzione delle dosi vera e propria e ci verranno consegnate circa 470mila dosi ogni settimana. Il tutto a meno di amari intoppi: sotto il 70% di adesione a rischio l’immunità di gregge.
Il giorno dopo il Vax Day – Appena 24 ore dopo la consegna simbolica delle prime 9.750 dosi del rimedio Pfizer allo Spallanzani di Roma, si passerà già al traporto delle nuove fiale nei magazzini belgi della multinazionale statunitense. Nei giorni successivi saranno spedite nei circa 300 punti di consegna indicati dalle Regioni, con cadenza ogni lunedì.
Le tranche di dosi –
Le dosi spedite resteranno più o meno le stesse per tutto il mese di gennaio, in cui si raggiungerà il totale di 1,8 milioni di dosi promesse come prima tranche, e per le prime tre settimane di febbraio. Nella quarta il numero passerà da 470mila a quasi 500mila, per poi avvicinarsi a 600mila a marzo.
Il totale del primo trimestre dovrebbe infine raggiungere 28 milioni di dosi. Poi dovremmo salire al doppio, 57 milioni di dosi, tra aprile e giugno per poi stabilizzarci a 53 milioni tra luglio e settembre. Poi inizierebbe la discesa, restando comunque su volumi importanti, fino ai 20 milioni di dosi nel secondo trimestre del 2022. La date restano flessibili.
La “scorta” e le difficoltà
In base agli accordi preliminari d’acquisto, nell’arco di tutto il 2021 l’Italia avrà diritto a oltre 202 milioni di dosi. Una quantità che consentirà di coprire tutta la popolazione e di avere una “scorta di riserva”. Non mancano però le difficoltà , a partire dal fatto che il vaccino Pfizer, l’unico autorizzato dagli enti regolatori europeo e italiano Ema ed Aifa, deve essere conservato a una temperatura di -70 gradi.
Le tappe
Da metà gennaio si procederà con la somministrazione a medici, infermieri, personale e ospiti delle Rsa, per un totale di quasi due milioni di persone.
Subito dopo, forse a fine marzo, si passerà alle persone con più di 80 anni (quasi quattro milioni e mezzo).
Da aprile sarà la volta dei circa 13 milioni e mezzo di persone che hanno tra i 60 e i 79 anni, poi ai quasi sette milioni e mezzo che hanno una comorbilità cronica, cioè la presenza di almeno due patologie.
Entro l’inizio dell’estate si toccherà al resto della popolazione, ma anche qui con un preciso ordine di precedenza.
Il piano vaccinale menziona le categorie appartenenti ai “servizi essenziali come gli insegnanti e il personale scolastico, le forze dell’ordine, il personale delle carceri”.
La “strategia di tipo adattivo” afferma però che le liste di vaccinazione potrebbero essere cambiate nel caso in cui venissero identificate particolari categorie a rischio oppure si sviluppassero focolai in specifiche regioni.
Le incognite: a rischio l’immunità di gregge
Come riporta il Corriere della Sera, i veri punti interrogativi rimangono due. Il primo è capire quanto durerà l’immunità dei singoli vaccini. Una risposta vera ancora non c’è. Resta però la possibilità che la più grande campagna vaccinale della storia si debba trasformare in un’operazione di routine, da ripetere ogni anno come per l’antinfluenzale.
Il secondo punto interrogativo è la percentuale di adesione al vaccino. Per raggiungere l’immunità di gregge – o meglio solidale, perchè protegge anche chi il vaccino non lo può o non lo vuole fare – bisogna raggiungere circa il 70% degli italiani. Si tratta di circa 42 milioni su 60 totali.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Dicembre 27th, 2020 Riccardo Fucile
ITALIA DA TEMPO ESTROMESSA PER I NUMEROSI ERRORI COLLEZIONATI
Il maresciallo contro il sultano. E sullo sfondo, il dominus del Mediterraneo: lo zar.
E’ la partita libica. Dalla quale l’Italia è da tempo estromessa.
Ed è esclusa non solo per gli innumerevoli errori collezionati dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dal suo improbabile ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.
Certo, il doppiogiochismo, sostenere il Governo di accordo nazionale (Gna) di Fayez al-Sarraj e al tempo stesso flirtare con il suo nemico mortale, il maresciallo generale Khalifa Haftar, ha pesato, così come ha inciso l’assoluta mancanza di una visione strategica sul e per il Mediterraneo che fosse altro dall’ossessione di dover fermare una (inesistente) “invasione” di migranti.
Tutto questo pesa ma non tanto quanto la verità che è emersa non solo nella guerra libica ma ancor prima in quella siriana: da tempo, ormai, l’unica “diplomazia” che incide nel Mediterraneo e in Medio Oriente, è quella delle armi.
Putin, Erdogan al-Sisi l’hanno capito e praticato. E per questo, piaccia o no, sono gli attori principali sul teatro libico
Il maresciallo rialza la testa
Il maresciallo Khalifa Haftar, l’uomo forte della Libia orientale, ha invitato le sue forze a riprendere le armi per “cacciare l’occupante turco”, mentre sono in corso i colloqui per portare il Paese fuori dalla situazione di stallo.
“Dobbiamo ricordare oggi che non ci sarà pace in presenza di un colonizzatore sulla nostra terra”, ha ammonito il maresciallo in riferimento ad Ankara, il cui Parlamento ha approvato questa settimana una mozione che proroga di 18 mesi l’autorizzazione a schierare soldati in Libia.
“Riprenderemo quindi le armi per plasmare la nostra pace con le nostre stesse mani e, poichè la Turchia rifiuta la pace e opta per la guerra, preparatevi a scacciare l’occupante con la fede, la volontà e le armi”, ha detto in un discorso in occasione del 69 ° anniversario dell’indipendenza del Paese.
In risposta al proclama di Haftar, il ministro della Difesa turco Hulusi Akar è andato in missione in Libia con funzionari dell’esercito per ispezionare le unità militari turche nel Paese. Lo ha riferito l’agenzia statale Anadolu. “Un criminale di guerra, assassino, i suoi sostenitori devono sapere che saranno considerati un obiettivo in caso di attacco alle truppe turche” dislocate in Libia. Così ha tuonato Akar, incontrando i soldati a Tripoli. E al “criminale” della Cirenaica che aveva fatto appello ai suoi a riprendere le armi per “cacciare l’occupante turco”, la risposta è: “Se lo faranno poi non avranno un luogo dove scappare”, ha tuonato il ministro turco.
La Turchia dal novembre 2019 ha siglato due accordi con il governo libico di Tripoli. Il primo per delimitare i confini marittimi, mentre il secondo stabilisce forme di cooperazione militare tra Ankara e Tripoli. E questo secondo accordo ha dato il via alla importante operazione militare con cui la Turchia di fatto ha salvato il governo di al-Sarraj dall’assalto della milizia di Haftar e dei suoi alleati.
Dopo aver attaccato Tripoli nella primavera del 2019, nel giugno del 2020 il generale della Cirenaica ha cessato l’assedio alla capitale e ha fatto indietreggiare le sue truppe verso la città di Sirte, a metà della costa fra Tripoli e Bengasi.
Il 24 dicembre le forze militari legate al governo di Tripoli hanno sottolineato la presenza di una importante mobilitazione da parte dell’Lna del generale Haftar che ha proseguito le sue operazioni militari sul fronte della Sirte e di al-Jufra operazioni queste che sarebbero – il condizionale è d’obbligo in contesti di tale natura – la legittima reazione alle recenti manovre militari del Gna che si sarebbero attuate a est di Misurata con l’intenzione di portare un’offensiva decisiva proprio a Sirte e ad al-Jufra.
Queste importanti manovre militari, concordano gli analisti di geopolitica, dimostrano, per l’ennesima volta, il fallimento dei tentativi posti in essere da parte dell’Onu di risolvere la questione libica, fallimento che è dimostrato sia dal fatto che Nikolai Mladenov – diplomatico bulgaro nominato a capo della Missione di Sostegno delle Nazioni Unite (Unsmil) – ha rifiutato l’incarico proposto sia dalle dimissioni presentate dal precedente inviato dell’Onu Ghassan Salamè.
Gli uomini del generale della Cirenaica sono entrati in tutte le caserme e i luoghi rilevanti di Ubari, una piccola ma importante cittadina del Sud della Libia, la postazione più avanzata verso Ovest fra quelle controllate fino ad oggi dal generale.
Parlando all’agenzia Nova, il generale Ali al Sharif, uno dei leader militari delle forze del Gna, ha sostenuto che le ultime manovre delle forze di Haftar nel sud della Libia “arrivano su ordine della Francia, che cerca un controllo militare completo nelle zone ricche di petrolio, con l’obiettivo di rafforzare la sua presenza nella regione del Sahel e del Sahara”. Il generale del governo libico ha aggiunto “che le autorità francesi svolgono un ruolo negativo nel conflitto libico e continuano a sostenere direttamente le forze del generale Khalifa Haftar”.
Sempre Nova ha sentito un membro del Consiglio militare della città , Suleiman Hashim, che ha sostenuto che le unità dell’esercito di Haftar avevano preso il controllo di buona parte dei siti strategici della città già da qualche giorno e che oggi hanno solo completato la manovra.
Secondo Hashem la “Lna” di Haftar è anche andata oltre i confini della città , verso Nord e Est, fino a raggiungere l’area dal giacimento petrolifero di Sharara, uno dei più importanti di tutta la Libia. Sharara è un vasto campo in cui la Noc libica a stretto accordi con la spagnola Repsol, l’austriaca Omv, la Total francese e la Norvegese Equinor per estrarre più di 300 mila barili di petrolio al giorno.
L’operazione non sarebbe stata cruenta, nel senso che gli attaccanti hanno avuto il tempo di rafforzarsi con aiuti giunti da Est, dalla Cirenaica, e hanno messo le forze del governo di Tripoli che difendevano Ubari nella condizione di non aver alternativa alla ritirata.
Alcune unità della “brigate tuareg” guidate dal famoso generale Alì Kanna sono uscite dal centro di Ubari e si sono ritirate in direzione sconosciuta.
Con Sebha e Murzuq, la città è uno dei 3 centri più importanti del Sud della Libia. Questi 3 centri assicurano la possibilità di controllare tutti i campi petroliferi del Fezzan. E Haftar già controlla i pozzi e i terminal petroliferi dell’Est, in particolare nella “mezzaluna petrolifera”.
I grandi burattinai
Scrive Lorenzo Cremonesi, inviato di guerra del Corriere della Sera, tra i pochi che la realtà libica l’hanno conosciuta e vissuta sul campo: “A meno di tre mesi del cessate il fuoco dichiarato tra Tripolitania e Cirenaica, grazie alla mediazione dell’Onu, sono oggi più che mai Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan a dettare le regole del gioco tramite i loro militari schierati nel Paese. S’indebolisce così la speranza della nascita di un governo unitario e cresce invece l’opzione di una divisione a metà del Paese sotto l’influenza a est russa e ad ovest turca. Almeno tre elementi sembrano condurre verso questo scenario. In primo luogo, la rinuncia del diplomatico bulgaro, Nickolay Mladenov, al ruolo di inviato speciale Onu per la Libia. Mladenov avrebbe dovuto cominciare il suo lavoro a gennaio, ma ha gettato la spugna adducendo “motivi personali e famigliari”. In realtà , era già stato criticato con durezza nei circoli legati al premier Fayez al- Sarraj del governo di Tripoli per essere ‘troppo legato’ agli Emirati Arabi Uniti, che sponsorizzano finanziariamente e militarmente l’uomo forte della Cirenaica, il maresciallo Khalifa Haftar.
Prima di lui era stato lo scorso marzo il politologo libanese Ghassan Salamè ad abbandonare l’incarico dopo tre anni di sforzi fallimentari. Resta dunque temporaneamente in carica la numero due della missione Onu, la diplomatica americana Stephanie Williams, che però vede seriamente pregiudicati i suoi tentativi di rilancio del dialogo.
A fronte dell’impasse diplomatico — rimarca ancora Cremonesi – è da seguire invece con attenzione la ripresa dell’offensiva militare da parte di Haftar. Le sue colonne hanno occupato nelle ultime ore la città di Ubari nel deserto sud-occidentale. Al loro fiancò è rilevata la presenza russa. I suoi soldati minacciano adesso le aree petrolifere di Sharara. Nell’aprile 2019 Haftar aveva lanciato proditoriamente una violenta offensiva mirata a conquistare il sud della Tripolitania e poi prendere la stessa capitale. Ma l’intervento turco a fianco delle milizie legate a Sarraj aveva bloccato l’attacco lo scorso giugno. Ora il governo di Ankara rinnova il mandato del proprio contingente di altri 18 mesi”.
E oltre al mandato, il sultano rinnova anche il “contratto” per i miliziani jihadisti al suo servizio, quelli che Erdogan ha utilizzato per portare avanti la pulizia etnica nel Rojava siriano ai danni della popolazione curda.
La telefonata liberatoria
Nella vicenda che ha portato alla liberazione dei 18 pescatori di Mazara del Vallo, dopo 108 trascorsi in quattro carceri di Bengasi, avevamo registrato la “sparata” del Cavaliere come tutt’altro che campata in aria. Silvio Berlusconi non aveva tutti i torti. A mettere lo zampino per la liberazione dei pescatori di Mazara del Vallo Vladimir Putin. Quella che sembrava essere solo una frase pronunciata dal leader di Forza Italia e captata in un retroscena de La Stampa, sembra essere proprio la realtà .
È lo stesso quotidiano a citare fonti ben informate che confermano il coinvolgimento del presidente russo. I testimoni parlano di una telefonata giunta circa due settimane fa dal Cremlino alla base di Al-Rajma, città della Cirenaica dove si trova il quartier generale di Khalifa Haftar.
Durante la conversazione Haftar è stato “esortato” ad accelerare sul rilascio dei pescatori a Bengasi da 108 giorni.
Notate la finezza di quell’”esortare”… Lo zar non esorta, lui ordina, comanda, detta pure i tempi: “Libera quei pescatori entro Natale”. E così è stato. Lo zar ha fatto presa in fretta sul generale, che dal canto suo ha utilizzato il sequestro dei pescatori per legittimare il suo ritorno dopo il fallimento del suo colpo di mano su Tripoli. Non solo, perchè in cambio Haftar ha anche chiesto il sostegno russo e garanzie sul mettere un freno all’azione della Fratellanza musulmana nell’ovest del Paese (considerata da Haftar come un’entità terroristica ndr).
A suggellare il suo trionfo, Haftar ha anche preteso la presenza in Libia, alla liberazione dei 18 uomini, del premier Giuseppe Conte e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Due “trofei” da esibire.
E a Roma continuano a vantarsi. Ma di che?
(da Globalist)
argomento: denuncia | Commenta »
Dicembre 27th, 2020 Riccardo Fucile
TRA VIDEO EMOZIONALI, TITOLI TRIONFALI E GARA A INTESTARSI LA VITTORIA
C’è qualcosa di profondamente disagiante nell’immagine del camion con i vaccini Pfizer
seguito dalle telecamere, raccontato come il viaggio epico dell’eroe che attraversa valichi e frontiere, scortato dalle forze dell’ordine come un giudice di mafia o un capo di stato, descritto con l’aulicità retorica dell’Istituto Luce.
Qualcosa che sa di quei profumi per gli ambienti dolciastri, artificiali, che dovrebbero coprire gli odori ma ne creano uno fastidioso e stordente che non copre nulla.
C’è l’esercito, dicono, a scortarlo. Lo stesso esercito che scortò le bare a Bergamo nel buio di quel 18 marzo, senza telecamere al seguito, solo qualche telefonino dai balconi che ha consegnato alla storia la fotografia più indelebile dell’epidemia in Italia.
Per il viaggio dei vaccini contro il Covid invece ci sono la luce del sole e il video emozionale, i titoli trionfali, la gara ad intestarsi la vittoria.
E che questa fosse la strada patinata della comunicazione pro-vax (che suona più come una comunicazione pro-governo) lo raccontava già il lancio del padiglione-primula progettato da Boeri, quello definito “il concept architettonico e comunicativo della campagna di vaccinazione”.
Un lancio da settimana della moda, da salone del mobile, roba che ti aspetti di entrare nel padiglione primula per vaccinarti e di uscire col gadget, col peluche a forma di Covid sotto l’ascella o col saturimetro firmato Versace.
E poi il “Vaccine Day” col vaccino inoculato alla prima italiana che non è la vecchietta inglese ma un’infermiera dello Spallanzani rigorosamente giovane e carina, perfetta per i media, magari sul red carpet al prossimo festival, con contorno scenografico. (”Sulla facciata dello Spallanzani inoltre viene proiettata un’animazione luminosa. Nell’installazione si vedono delle primule che fioriscono su tutto il territorio italiano, come simbolo di rinascita…”).
E poi l’annuncio strombazzato di una campagna mediatica emozionante e persuasiva in arrivo per convincere gli indecisi a vaccinarsi, come se le emozioni di questi ultimi mesi tra terapie intensive, forni crematori saturi e 70.000 morti fossero robetta per cinici.
Come se quelli che sanno emozionarsi, che empatizzano, che hanno il senso del bene comune non fossero già convinti.
Come se chi crede che il 5g attivi il microchip iniettato col vaccino e ne è certo perchè lo dice il sito “quellochenoncivoglionodire.org” si lasciasse convincere dalla primuletta di Boeri.
Ma soprattutto, come se si fosse fatto abbastanza, in questi mesi, per avvicinare la gente alla scienza anzichè alla cialtroneria.
Come se dall’alto fossero sempre arrivati segnali limpidi e di sostegno agli esperti più rigorosi.
Come se non ci fossimo accorti che quello che “il 95 per cento degli infetti è asintomatico” (Giorgio Palù) a dicembre è stato nominato presidente dell’Aifa.
Come se non ci fossimo accorti che quello che ammonì Andrea Crisanti (Domenico Mantoan) per aver eseguito attività di testing agli asintomatici provenienti dalla Cina è stato nominato dal ministro Speranza direttore generale dell’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali).
Come se non ci fossimo accorti che quel Matteo Bassetti che minimizzò per tutta l’estate il rischio di una nuova ondata, è stato nominato coordinatore scientifico per la gestione del paziente Covid-19 per il ministero della Salute.
Ecco, anche queste sono campagne persuasive. Quelle che persuadono ad allontanarsi sia dalla scienza che dalle linee del governo.
E non sarà il profumo di una primula a riparare i danni.
(da TPI)
argomento: denuncia | Commenta »
Dicembre 27th, 2020 Riccardo Fucile
UN ATTEGGIAMENTO INCOMPRENSIBILE
Un dato allarmante. “Solo il 20% degli operatori delle Rsa bresciane ha aderito alla campagna vaccinale. Troppo poco”. Lo ha detto il direttore generale di Ats Brescia, Claudio Sileo. “Faremo di tutto per convincere i colleghi a vaccinarsi”, ha assicurato Stefania Pace, presidente dell’ordine professioni infermieristiche di Brescia.
Per il vicepresidente Paolo Boldini, “il Covid ha devastato le case di riposo ed è incomprensibile che l’80% non voglia vaccinarsi”.
Oltre un francese su due non intende vaccinarsi All’inizio della campagna vaccinale in Europa contro il Covid-19, la Francia rimane una delle nazioni più riluttanti alla vaccinazione. Oltre un francese su due, il 56%, non intende farsi somministrare il farmaco, secondo un sondaggio Bva pubblicato da Le Journal du Dimanche e condotto dall’11 al 14 dicembre. Solo il 44% dei francesi prevede di ricevere il vaccino e appena il 13% si dichiara “certo” di farlo.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Dicembre 27th, 2020 Riccardo Fucile
DIVERSI PASSEGGERI SONO STATI RESPINTI, ALTRI HANNO TENTATO DI SCAVALCARE I TORNELLI: SCENE DISGUSTOSE
Nonostante la zona rossa, in vigore fino alla mezzanotte di oggi 27 dicembre, alla stazione
Centrale di Milano si sono formate lunghe code di viaggiatori in uscita dal capoluogo lombardo.
Già dalle prime ore della giornata, Polizia ferroviaria e Trenitalia hanno rafforzato i controlli per l’accesso ai binari. Obbligatorio per i viaggiatori presentare l’autocertificazione e motivare lo spostamento, vietato al netto delle deroghe specificate dal governo nel decreto di Natale.
In stazione, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, si sono venute a creare lunghe code davanti ai tornelli, che regolano l’accesso ai binari, ma anche lungo il percorso di avvicinamento ai controlli, che si snoda all’interno della stazione.
Alcuni viaggiatori hanno parlato di «grandi difficoltà nel far rispettare le distanze di sicurezze e le norme anti assembramenti».
Secondo quanto riferito, diversi passeggeri sono stati respinti ai controlli, altri hanno tentato di scavalcare i tornelli, temendo di perdere il treno.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Dicembre 27th, 2020 Riccardo Fucile
NON FA SCONTI A NESSUNO SUL DISORDINE CONTABILE, LE AZIENDE SANITARIE DI COSENZA E REGGIO CALABRIA NON HANNO CONSEGNATO ANCORA I BILANCI DEL 2018 DICENDO CHE SI SONO PERSI: LONGO HA DATO DIECI GIORNI PER CONSEGNARLI
Lunedì 28 dicembre sarà trascorso esattamente un mese dalla nomina del commissario alla sanità calabrese Guido Longo.
Un mese strano e difficile per l’Italia intera che non ha risparmiato ai cittadini ingenti perdite in vite umane a causa del Covid e un Natale in lockdown per prevenire o quantomeno arginare una terza ondata del virus.
Un mese è certamente troppo poco per capire come stanno andando le cose in Calabria col nuovo commissario, ma alcuni elementi sono già noti.
Longo ha iniziato a non fare sconti a nessuno, prendendo di petto la prima e più grande criticità che attanaglia il settore, quella del disordine contabile.
Secondo quanto riportano i quotidiani locali, al Tavolo Adduce — il confronto telematico tra i tecnici ministeriali — Longo avrebbe chiesto i bilanci che mancano all’appello e anche le motivazioni per cui non sono reperibili.
Gli equilibri di bilancio sono ancora lontani dall’essere raggiunti — ovviamente molto dipende dalle gestioni precedenti a quella di Longo — e dunque non verranno sbloccate premialità per la sanità calabrese.
Nel mirino di Longo in particolare, l’Asp di Cosenza e l’Asp di Reggio Calabria, alle quali Longo ha imposto di “produrre una dettagliata relazione in merito alla mancata adozione del bilancio d’esercizio 2018, nonostante l’avvenuto inserimento dei modelli economici ministeriali Ce consuntivo sulla base informativa Nisis”.
Richieste che il commissario raddoppia per l’Asp di Reggio Calabria, il “buco nero” dei conti in profondo rosso della sanità calabrese: dall’azienda reggina Longo si aspetta “una dettagliata relazione in merito alla mancata adozione/ratifica dei bilanci di esercizio 2013, 2014, 2015, 2016, 2017”.
Le Asp di Cosenza e di Reggio Calabria non hanno tanto tempo a disposizione: solo 10 giorni per spiegare come mai quei bilanci risultino attualmente introvabili.
Diversa la situazione sul Programma operativo Covid, la cui mancata approvazione aveva determinato la rimozione dall’incarico di Saverio Cotticelli.
Dai ministeri di Salute ed Economia sarebbe arrivato un sostanziale via libera, subordinato tuttavia ad alcuni chiarimenti — non a caso alla riunione erano presenti anche la sub-commissaria Maria Crocco, il delegato per l’emergenza Covid in Calabria Antonio Belcastro e il responsabile della Prociv Fortunato Varone — sulla rendicontazione dei fondi stanziati dal governo e spesi per l’emergenza Covid.
(da TPI)
argomento: denuncia | Commenta »