Dicembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
ORA INVECE E’ ANDATO A TROVARE VERDINI A REBIBBIA… ALMENO SI ABITUA ALL’AMBIENTE
Se non ci fossero state le dichiarazioni del recente passato, la notizia di Salvini incontra Verdini nel carcere di Rebibbia sarebbe una non notizia.
Alla luce, però, delle campagne fatte dal leader della Lega dopo che alcuni parlamentari si sono recati nelle patrie galere (come nel caso dei due americani accusati dell’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, ma anche in altre occasioni) per far visita ai detenuti, questa informazione mostra come il detto napoletano
‘Ogne scarrafone è bell’ a mamma soja’ sia il mantra della politica.
Salvini ha fatto bene a recarsi nei giorni scorsi presso la casa casa circondariale di Rebibbia per fare visita al suocero (Denis Verdini, infatti, è il padre di Francesca, fidanzata del leader della Lega). Perchè il carcere ha sempre una funzione riabilitativa e non punitiva, come previsto dal sistema giuridico italiano. Quindi è giusto che lui sia andato lì per un colloquio, un saluto e un abbraccio virtuale.
Ma c’è un però, simbolo di come la corsa alle dichiarazioni (poi condivise anche sui social) diventino il classico boomerang.
Ed ecco che poco più di un anno fa, era il 17 dicembre del 2019, Matteo Salvini — ospite di Mario Giordano a Fuori dal Coro, su Rete 4 — sentenziava che “lui in carcere va solo per incontrare i poliziotti. Non i carcerati”
Queste le sue parole condivise anche sui suoi canali social durante la diretta televisiva. Ora, però, che a essere rinchiuso (dopo la condanna definitiva) è il futuro suocero, quel proclama (molto populistico) è venuto meno.
Gridare in televisione e sui social alcune posizione nette per criticare gli altri e poi fare l’esatto contrario è tipico dei sovranisti.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
IN DISACCORDO CON GLI ATTUALI VERTICI, QUEST’ANNO NON AVEVA RINNOVATO LA TESSERA
L’ex governatore del Piemonte, Roberto Cota, lascia la Lega, che ha guidato a livello
regionale dal 2001 al 2016 ma di cui negli ultimi tempi aveva preso le distanze tanto da non rinnovare nell’ultimo anno la tessera, e approda a Forze Italia.
Ad annunciarlo è lo stesso Cota, oggi avvocato con studi a Novara e Torino, che spiega: “seppur concentrato sulla mia professione di legale, sono sempre rimasto in contatto con Diego Sozzani, parlamentare novarese di Fi, attraverso il quale mi sono avvicinato al coordinatore degli azzurri piemontesi, Paolo Zangrillo con il quale è nato un feeling politico che mi ha spinto a decidere di passare con Fi nel rispetto della mia storia di federalista moderato”.
“Non ho pretese e non chiedo incarichi ma mi metto a disposizione come militante del partito azzurro a cominciare dalle elezioni amministrative della prossima primavera che interesseranno Torino e Novara a cui non farò mancare il mio aiuto”, aggiunge Cota che ribadisce: “si tratta di una scelta coerente con la mia idea di politica, ho pieno rispetto delle altre forze di centrodestra ma credo che la mia collocazione più naturale sia in Forza Italia e – conclude – a chi mi dice che si tratta di un partito non proprio in crescita in questo momento, io rispondo che non sono uno che sale sul carro del vincitore e inoltre – conclude – credo che Forza Italia abbia ancora un notevole spazio politico”.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
LA PROPOSTA E’ PARTITA DAL DIRETTORE DEL “CORRIERE DELLA SERA”… SOVRANISTI NON PERVENUTI (AVRANNO PAURA DELLA INIEZIONE)
Vaccinarsi pubblicamente tutti insieme. La proposta del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana viene raccolta dal segretario del Pd Nicola Zingaretti, dal presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi e dal leader di Italia Viva Matteo Renzi.
“Io ci sono” scrive Zingaretti, “sono a disposizione per qualsiasi azione. Su questi temi l’unità è importante per ricostruire fiducia e speranza nel futuro”.
“I leader politici debbono dare il buon esempio e possono farlo insieme” risponde Silvio Berlusconi, chiarendo che “questo non cancellerebbe ovviamente nessuna distinzione politica, anche in merito alla gestione di questa crisi, ma significherebbe che la politica sa anche unirsi per uno scopo alto e nobile”.
“Ogni iniziativa utile a sensibilizzare gli italiani sulla necessità di fare il vaccino è ben venuta ed importante” replica Matteo Renzi. “Ho detto più volte che sarei favorevole all’obbligatorietà dei vaccini: introduciamola subito almeno per gli operatori sanitari e socio sanitari. E sosteniamo ogni iniziativa di sensibilizzazione sul tema”.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
UNA TROLLATA, MA I CAZZARI COMPLOTTISTI CI CREDONO
Pensavamo fosse uno scherzo, una notizia nata sul web per trollare i complottisti. 
E invece in molti hanno preso sul serio questa notizia e sono iniziate le condivisioni sui gruppi social no vax e negazionisti.
Si tratta dell’immagine del microchip vaccino Pfizer che sarebbe stato isolato dai russi e poi ridisegnato. Insomma, un’informazione che rinvigorisce le consapevolezze di chi parla di immunizzazione di massa «per controllarci con il 5G!!!».
E, invece, è solo la trascrizione grafica del circuito elettrico di un pedale da chitarra.
Leggere, non comprendere. Ma condividere.
A mostrare quel che viene condiviso in alcuni gruppi Facebook e tra le chat Whatsapp è Salvo Di Grazia, medico che scrive su MedBunker, Il Fatto Quotidiano, la rivista Le Scienze e autore di numerosi libri.
Quella che sembra essere una boutade, viene invece condivisa da alcuni giorni sui social, accompagnato dalla descrizione: «I russi sono riusciti a togliere i nanochip dal vaccino Pfizer e hanno pubblicato uno schema di funzioni! Il chip è composto da soli 4 processori e 4 transistor. Il segnale attraverso la rete 5 G entra a sinistra sull’INPUT. È così che ti controllano». E niente: l’hanno bevuta.
Il circuito elettrico di un pedale da chitarra
Si tratta, invece, della rappresentazione grafica non del microchip vaccino Pfizer, ma di un circuito elettrico di un prodotto molto caro ai musicisti: un pedale da chitarra.
Per l’esattezza, si tratta del Boss MT-2 Metal Zone Distortion Guitar Pedal. A questo punto dobbiamo quasi sperare che ci sia questo chip nel vaccino: almeno si potrà esser liberi di credere al tutto, ma anche di avere la musica nel sangue.
(da Giornalettismo)
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Dicembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
PER IL MICROBIOLOGO I FATTORI SONO DUE: LE RESTRIZIONI TROPPO SOFT E LE INFEZIONI CHE SI SONO DIFFUSE NELLA CASE DI RIPOSO
Andrea Crisanti critica la lettura data dal governatore del Veneto Luca Zaia in merito alla crescita dei contagi da Coronavirus registrata nella Regione nelle ultime settimane.
«Il problema del Veneto è legato fondamentalmente a due fattori», spiega il microbiologo ospite della trasmissione L’Aria che tira su La7.
«Il primo è la zona gialla, influenzata o determinata dai 21 parametri tra cui pesa moltissimo il posto delle terapie intensiva. Il secondo è aver puntato tutto sui tamponi rapidi, che hanno una sensibilità bassa e hanno permesso che le Rsa venissero infettate. In Veneto la percentuale di Rsa infettate non ha precedenti e questo è dovuto al fatto che il personale è stato testato con i tamponi rapidi».
Secondo Zaia, «se abbiamo numeri alti è perchè, a differenza di altri, facciamo molti tamponi». Crisanti però non è d’accordo: «Si tratta di una questione statistica. Più tamponi si fanno, più si interrompono le catene di trasmissione».
Secondo Crisanti, «è vero, facendo tantissimi tamponi, si assisterebbe inizialmente a un aumento dei casi, ma questo sarebbe seguito da un drastico calo dei contagi e dei morti. Qui, invece, stiamo assistendo a un aumento costante dei casi e del numero di morti senza precedenti. Quindi è proprio la lettura che è sbagliata».
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
“PER UN MONITORAGGIO COMPLETO NE SERVONO DI PIU'”… IL RAPPORTO CONTAGI/TAMPONI SE SI CONSIDERANO SOLO QUELLI AL PRIMO TAMPONE E’ BEN DEL 36%
Il numero tamponi fatti in Italia si è quasi dimezzato nell’ultimo mese rispetto a
novembre, passando da circa 1,5 milioni a settimana a poco più di 900.000.
Lo indica l’analisi dei dati condotta dal fisico Giorgio Sestili sul network di comunicazione della scienza “giorgiosestili.it”. Il dato è confermato dal virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca e direttore del laboratorio Cerba di Milano.
â€³È un calo molto importante, che può essere positivo se legato al fatto che si abbassa la curva dei contagi, in quanto se meno persone hanno i sintomi c’è meno richiesta, ma è negativo se vediamo salire il rapporto fra casi positivi e tamponi, come sta accadendo in questi giorni”, osserva Sestili.
Ieri infatti il tasso di positività ha toccato il 14,9%, come non accadeva dal 23 novembre, mentre il rapporto fra i casi positivi e i casi testati (ossia il numero dei tamponi al netto di quelli fatti più volte alla stessa persone) ha raggiunto il 36%, “in assolto il valore più alto della seconda ondata”. Questo, secondo il fisico, potrebbe voler dire che “si fanno i tamponi solo ai sintomatici”.
Che il tracciamento si sia “ridotto drasticamente” lo rileva anche Broccolo, per il quale rispetto a novembre il numero dei tamponi è sceso in media da oltre 200.000 a 150.000 al giorno.
“Fino a un mese fa – ha osservato – si facevano più tamponi, mentre adesso dopo 21 giorni di isolamento alle persone positive asintomatiche il tampone non viene più fatto in quanto sono ritenute non contagiose”.
Dallo stesso periodo, inoltre, “sul numero dei positivi pesano soprattutto i nuovi casi e non i tamponi fatti nel tempo”. In terzo luogo, ha aggiunto, pesa il maggiore ricorso ai tamponi rapidi, che “ha contribuito notevolmente alla riduzione del tampone molecolare”.
Per un monitoraggio completo, che dia indicazioni sia del decorso dell’infezione che del contagio, secondo Broccolo occorrono più tamponi con valutazione della carica virale almeno nei casi asintomatici che terminano l’isolamento sebbene ancora positivi.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
“NEGATIVO E VACCINATO”: UNA APP CON UN PASSAPORTO SANITARIO PER RILANCIARE I VIAGGI
Sarà un passaporto vaccinale sotto forma di app a rilanciare i viaggi aerei internazionali, arginando il crollo di un settore azzannato dalla pandemia di Covid-19?
La strada è ricca di incognite e criticità , ma le compagnie aeree ci sperano e da settimane hanno intensificato i loro sforzi per individuare, insieme ad aziende e fondazioni informatiche, le soluzioni più promettenti per tornare a volare in sicurezza, senza quarantena, sfruttando le possibilità del digitale.
Prima di vedere quali sono queste soluzioni, è bene fare due premesse.
La prima è che si tratta di iniziative in fase di sviluppo, attualmente in corso di sperimentazione su determinate tratte internazionali, per la cui diffusione più ampia sarà necessaria l’adozione di standard universali riconosciuti da parte delle autorità governative.
La seconda premessa è che l’eventuale “decollo” di questi strumenti come lasciapassare per i viaggi internazionali solleva delle questioni etiche che vanno dalla tutela della privacy (un aspetto su cui gli sviluppatori assicurano la massima attenzione) al rispetto dei diritti umani (ad esempio, come evitare discriminazioni legate all’accessibilità a strumenti tecnologici/sanitari).
L’Associazione internazionale del trasporto aereo (IATA) aveva annunciato qualche settimana fa il proprio IATA Travel Pass, un pass sanitario digitale per sbloccare le frontiere e abolire la regola della quarantena obbligatoria: in sostanza, una app per consentire alle autorità portuali di vedere (tramite codice Qr) tutte le informazioni sanitarie dei passeggeri, inclusi test Covid e vaccinazioni.
L’associazione con sede a Montreal prevede il rilascio dell’app per l’inizio del primo trimestre del 2021 per Android e iPhone, previo accordo con le autorità governative.
Una delle iniziative più avanzate è il CommonPass, una sorta di passaporto sanitario pensato per consentire alle autorità aeroportuali di verificare per ogni passeggero i risultati dei test per il coronavirus e lo stato delle vaccinazioni.
Come riporta il New York Times, alcune compagnie aeree — come United Airlines e Cathay Pacific – hanno iniziato a sperimentare CommonPass già nel mese di ottobre.
Nelle ultime settimane al Common Trust Network hanno aderito altre grandi compagnie internazionali, tra cui JetBlue, Lufthansa, Swiss International Airlines e Virgin Atlantic. Già in questi giorni le compagnie stanno iniziando a usare l’applicazione su voli selezionati in partenza da città come New York, Boston, Londra e Hong Kong.
L’organizzazione Airports Council International (ACI) World, che rappresenta circa 2.000 aeroporti in tutto il mondo, ha aderito al Common Trust Network, segno che nelle prossime settimane l’utilizzo del pass potrebbe estendersi ad altre capitali.
Come per il Travel Pass della IATA, CommonPass mira sia a fornire informazioni sui requisiti di ingresso nei Paesi stranieri sia a offrire una piattaforma verificata su cui archiviare e visualizzare i risultati dei test e le vaccinazioni.
La app — spiega Forbes – dovrebbe aiutare a chiarire la confusione dei viaggiatori sui requisiti per l’ingresso e su come dimostrare adeguatamente che sono stati soddisfatti. Allo stesso tempo, solleverebbe le autorità per l’immigrazione e il personale delle compagnie aeree dal compito di vagliare la legittimità di una serie di documenti sanitari, potenzialmente in più lingue e formati.
Dietro la app c’è un’organizzazione senza scopo di lucro con base a Ginevra chiamata The Commons Project Foundation, supportata dalla Rockefeller Foundation con il coinvolgimento del World Economic Forum. La fondazione riassume così la sua missione: “La Commons Project Foundation costruisce e gestisce piattaforme e servizi digitali per il bene comune. La nostra struttura orientata alla missione è progettata per attrarre talenti di livello mondiale per costruire e sostenere servizi pubblici digitali in un modo che serva soprattutto gli interessi delle persone”.
Anche le grandi aziende tecnologiche stanno entrando in azione.
IBM ha sviluppato la propria app, chiamata Digital Health Pass, che consente alle aziende e alle sedi di personalizzare gli indicatori di cui avranno bisogno per l’ingresso, inclusi i tamponi, i controlli della temperatura e le registrazioni delle vaccinazioni. Le credenziali corrispondenti a tali indicatori vengono quindi archiviate in un portafoglio mobile.
Una delle principali criticità di questi passaporti elettronici vaccinali è l’adozione di standard uniformi che possano essere riconosciuti dalle autorità governative, così da evitare la frammentazione e la confusione che hanno minato in molti Paesi le performance delle app di tracciamento.
Su questa sfida si sta concentrando la Covid-19 Credentials Initiative, un collettivo di oltre 300 persone che rappresentano decine di organizzazioni in cinque continenti, tra cui CommonPass, Ibm e la Linux Foundation Public Health, organizzazione focalizzata sulle applicazioni della tecnologia per aiutare le autorità sanitarie di tutto il mondo a combattere Covid-19.
Mentre i ‘nerd’ sono al lavoro, la comunicazione ufficiale sui passaporti sanitari digitali resta al momento un po’ confusa, prendendo in prestito il giudizio del network Euronews.
La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) appare contraddire le sue stesse raccomandazioni. Nel corso di un incontro con la stampa dell’OMS a Copenhagen il 4 dicembre, la dott.ssa Catherine Smallwood, Senior Emergency Officer dell’OMS Europa, ha ribadito le attuali linee guida dell’organismo sui “passaporti per l’immunità ”.
“Non raccomandiamo i passaporti di immunità nè i test come mezzo per prevenire la trasmissione oltre confine”, ha affermato. “Ciò che raccomandiamo è che i Paesi guardino i dati sulla trasmissione sia all’interno che all’esterno dei loro confini e adattino di conseguenza le loro linee guida di viaggio alle persone”.
Allo stesso tempo, però, l’OMS ha firmato un accordo con l’Estonia in ottobre per collaborare allo sviluppo di un certificato di vaccinazione digitale – o di un “cartellino giallo smart” – che ricorda i vecchi certificati cartacei di vaccinazione contro la febbre gialla. L’idea alla base di questo accordo è quella di rafforzare la motivazione a sottoporsi ai vaccini, garantire un accesso equo ad essi e, in ultima analisi, porre fine alle restrizioni pandemiche attraverso l’immunità attiva acquisita.
“Per il passaporto di vaccinazione per i viaggiatori – ha detto la dott.ssa Siddhartha Sankar Datta, collega di Smallwood, nel corso della stessa conferenza stampa – stiamo esaminando molto attentamente l’uso della tecnologia nel contrasto al COVID-19 e uno di questi è come lavorare con gli Stati membri per ottenere un qualcosa chiamato certificato di vaccinazione elettronica”.
Il tema, insomma, c’è ed è quanto mai attuale. Come attuale è il dibattito sulle ripercussioni di queste nuove condizioni di viaggio su privacy, diritti e libertà di movimento. CommonPass, IBM e la Linux Foundation hanno tutti sottolineato la privacy come elemento centrale delle loro iniziative. IBM, ad esempio, ha spiegato che il suo pass permette agli utenti di controllare e autorizzare l’uso dei propri dati sanitari, consentendo loro di scegliere il livello di dettaglio che desiderano fornire alle autorità .
Diverse aziende all’interno della Covid-19 Credentials Initiative si stanno inoltre muovendo per respingere preventivamente le accuse di discriminare i passeggeri in base alla loro dotazione digitale.
Alcuni stanno sviluppando una smart card che rappresenta una via di mezzo tra i tradizionali certificati vaccinali cartacei e una versione online più facile da archiviare e riprodurre.
Brad Perkins, chief medical officer della Commons Project Foundation, ha assicurato che il sistema di credenziali dell’app è stato progettato in modo da funzionare per un pubblico vasto: chi non possiede uno smartphone potrà comunque stampare i propri codici di conferma e mostrarli in aeroporto, proprio come avviene con una normale carta d’imbarco.
Quest’apertura all’analogico non elimina però il problema di una discriminazione più ampia: quella tra chi potrà sottoporsi al vaccino e chi no, per svariati motivi.
“In base al loro stato di salute alcune persone potrebbero muoversi liberamente, e sarebbe il caso di coloro che sono risultati negativi al test o sono stati vaccinati”, osserva Ada Beduschi, docente di Diritto all’Università di Exeter citata da Euronews.
“Ma ad altri, al contrario, non sarebbe permesso viaggiare e accedere a luoghi specifici, tra cui chiese, luoghi sportivi e altre aree di riunione […]. Se alcune persone non possono accedere o permettersi i test o i vaccini Covid-19, non saranno in grado di dimostrare il loro stato di salute, e quindi le loro libertà saranno de facto limitate”.
Se i viaggi aerei internazionali erano già prerogativa della parte più benestante della popolazione mondiale, il coronavirus sembra destinato a rendere le vie del cielo ancora più ristrette.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
DA INIZIO PANDEMIA MORTI 273 MEDICI
Quasi 90mila operatori sanitari contagiati da inizio pandemia, 273 medici deceduti. 
Gli ultimi dati fotografano il pesante tributo pagato dal personale delle strutture sanitarie nella lotta quotidiana al coronavirus. Non a caso la campagna vaccinale è iniziata proprio da questa categoria. Anche se c’è un allarme “no vax” in corsia, soprattutto tra gli addetti delle case di riposo per anziani.
La Sorveglianza integrata Covd-19 a cura dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) ha reso noto che su 2.019.660 casi di contagio da Sars-Cov-2 avvenuti in Italia dall’inizio della pandemia al 27 dicembre, 89.879 hanno riguardato gli operatori sanitari. Negli ultimi 30 giorni, invece, 413.381 sono stati i casi totali di positività diagnosticati nel nostro Paese, di cui 16.923 tra gli operatori sanitari.
Dalla Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) sì è appreso che altri tre medici sono morti di Covid. Si tratta di Raffaele Antonio Brancadoro, medico ospedaliero in pensione, Leonardo Nargi, ginecologo, Stefano Simpatico, neurochirurgo. Il totale delle vittime tra i camici bianchi sale così a 273.
Sarebbero invece un centinaio su 400mila – secondo la stima di Filippo Anelli, presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) – i camici bianchi “negazionisti” rispetto ai vaccini, compreso quello appena arrivato contro il Covid. E’ la stima di Filippo Anelli, presidente della federazione degli ordini dei medici (Fnomceo).
“Le sanzioni variano caso per caso – spiega Anelli – proprio perchè le situazioni possono essere diverse. Un conto è esprimere privatamente un’opinione, un conto è fare proselitismo contro i vaccini, che inevitabilmente incide sull’esercizio della professione. Un medico non può turbare il rapporto con il paziente, nè mettere in dubbio le libertà scientifiche”.
Per questo c’è chi pensa all’obbligo vaccinale per i camici bianchi: “Noi non siamo contrari – sottolinea Anelli – ma bisogna trovare un giusto equilibrio tra la Costituzione, che dice che a nessun cittadino possono essere imposti trattamenti medici, e la situazione contingente”.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
ALTRA STRETTA SU MEDIA E OPPOSIZIONE: CINQUE PERSONE INSERITE NELLA LISTA DI “AGENTI SEGRETI”… PUTIN VUOLE IMPEDIRE CHE QUALCHE OPPOSITORE SI CANDIDI ALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI DEL 2021
Prendere immediatamente un volo da Berlino per Mosca e presentarsi al suo giudice di sorveglianza domattina o essere arrestato se rientrerà in Russia dopo la scadenza. L’ultimatum ad Aleksej Navalnyj è arrivato via sms al suo avvocato.
L’ufficio moscovita del Servizio penitenziario federale russo (Fsin) ha minacciato di convertire la sua condanna alla libertà vigilata nel cosiddetto “caso Yves Rocher” in una pena detentiva se l’oppositore non si presenterà al giudice di sorveglianza entro le 9 di domattina.
Navalnyj si trova a Berlino dallo scorso agosto dove è stato trasferito e curato dopo essere finito in coma su un volo Tomsk-Mosca a causa di quello che diversi laboratori occidentali hanno definito avvelenamento da agente nervino Novichok.
Navalnyj si trova tuttora a Berlino in convalescenza. E dal momento che gli è impossibile presentarsi domani a Mosca, rischia tre anni e mezzo di carcere.
Nel comunicato ricevuto dall’avvocato Vadim Kobzev e diffuso su Twitter, l’Fsin fa riferimento all’articolo pubblicato su Lancet il 22 dicembre che raccoglie tutti i dati sull’avvelenamento con il Novichok e sul trattamento di Navalnyj presso la clinica Charitè di Berlino. Navalnyj, si legge nella rivista scientifica, è stato dimesso il 20 settembre e che i sintomi della sua malattia sono spariti il 12 ottobre. “Perciò – conclude l’Fsin – il condannato non sta adempiendo ai suoi obblighi e sta evadendo la supervisione dell’ispettorato”.
Navalnyj era stato condannato a tre anni e mezzo di carcere con sospensione della pena e cinque anni di libertà vigilata il 30 dicembre del 2014 per frode ai danni di Yves Roches: processo giudicato “politico” dalla Corte europea per i diritti umani.
Il periodo di libertà vigilata è stato successivamente esteso di un anno e perciò scade il prossimo 30 dicembre, mercoledì
Se l’evasione degli obblighi sarà confermata, il Servizio penitenziario federale potrà chiedere che la sospensione della pena venga convertita in detenzione. E, se la richiesta dell’Fsin fosse accolta, Navalnyj rischierebbe dunque tre anni e mezzo di carcere.
“È impossibile che possa comparire all’Ispettorato di Mosca domani. Ma l’Fsin pensa al buon senso? Gli è stato dato un ordine e lo stanno adempiendo”, ha scritto la portavoce di Navalnyj, Kira Jarmish, accusando il Cremlino di essere dietro la manovra.
In vista delle elezioni parlamentari 2021, le autorità hanno lanciato una stretta sull’opposizione che non riguarda solo Navalnyj. Oggi per la prima volta delle persone fisiche sono state inserite nella lista degli “agenti stranieri”, etichetta di staliniana memoria finora usata solo contro ong e media.
Approvata per la prima volta nel 2012, la legge sugli agenti stranieri riguardava le ong finanziate dall’estero. Il provvedimento è stato in seguito esteso a media, giornalisti indipendenti e blogger, ma finora era stata usata solo contro delle testate.
Oggi il ministero della Giustizia ha però dichiarato “agenti stranieri” cinque individui: quattro giornalisti e il noto attivista 79enne Lev Ponomariov che giornalista non è.
Un provvedimento approvato la scorsa settimana dalla Duma, la Camera bassa del Parlamento, e che deve ancora ricevere il via libera del Consiglio legislativo, il Senato russo, ed essere firmato da Putin per entrare in vigore, estende però la definizione di “agente straniero” anche agli individui impegnati in attività politiche che ricevano fondi dall’estero.
(da “La Repubblica”)
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