Dicembre 4th, 2020 Riccardo Fucile
SALVINI NON PARLA, IL TIMORE E’ CHE NEI PROSSIMI GIORNI LA SITUAZIONE POSSA AGGRAVARSI… L’EX PINI: “SE LE ACCUSE SONO PROVATE, PER SALVINI SARA’ DIFFICILE CHIAMARSENE FUORI”
Il caso Scillieri imbarazza la Lega: bocche cucite, nessun commento. Afasico il normalmente loquacissimo Matteo Salvini, che si concentra sui ritardi del governo verso gli specializzandi in medicina e sulla sempreverde immigrazione clandestina.
Nel Carroccio il mantra è derubricare a “sciocchezze”, ma la preoccupazione è alta: la vicenda che ruota intorno alla Lombardia Film Commission è potenzialmente deflagrante per un partito il cui elettorato digerisce molto ma non gli scandali sui danè.
Soprattutto in un momento, fine anno, in cui si chiudono i congressi locali e si tirano le somme del tesseramento
Ma il timore nei gruppi parlamentari è che nei prossimi giorni possano uscire notizie ancora più “pesanti”.
L’ex deputato Gianluca Pini, che con l’ex ministro dell’Interno guerreggia sull’uso del simbolo della vecchia Lega, e che è anche uno dei pochi a voler parlare, attacca: “Se le accuse si dimostrassero vere, Salvini farebbe fatica a chiamarsene fuori, a quei tempi i vertici chiedevano soldi ai militanti. Se fossi in lui, chiederei chiarezza ai suoi uomini”.
Per quanto le dichiarazioni del commercialista arrestato su mandato della Procura di Milano siano tutte da verificare, delineano uno spaccato poco edificante: un giro di “fatture di copertura” per prestazioni mai avvenute che sarebbero servite a professionisti e consulenti compiacenti per retrocedere al partito una parte (dal 15 al 40%) del loro onorario. Una forma di finanziamento illecito.
A cui si aggiunge l’opacità di società intermediarie: una struttura che induce i magistrati a cercare i soldi tra Svizzera, Panama e Russia.
Ad agitare i leghisti – oltre al fatto che Scillieri non è un contabile qualsiasi bensì l’uomo nel cui studio è stato registrato il passaggio alla “Lega per Salvini premier” nel 2017 – anche le ammissioni che ha fatto nell’interrogatorio dei pm.
Descrivendo non un caso isolato bensì un “sistema” strutturato che tagliava fuori chi non fosse di provata fedeltà al “cerchio magico” del partito. E oggi, gli altri due commercialisti indagati, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, hanno fatto scena muta davanti ai magistrati.
Non un bel quadro. Gianluca Pini, ex parlamentare per tre legislature con la Lega di Bossi e poi di Maroni, insieme a Gianni Fava ha avviato una battaglia legale per riportare nelle urne il simbolo della Lega Nord, che Salvini ha loro negato.
“E’ chiaro che se si dimostrasse che grazie ai suoi uomini di fiducia sono stati drenati milioni su conti esteri, Salvini farebbe fatica a chiamarsene fuori — ragiona adesso Pini — Anche perchè in quei momenti lui e gli amministratori chiedevano soldi ai militanti o rimborsi agli eletti”. Ancora tutto da verificare, ma la testimonianza di Scillieri “comincia a dare una luce diversa alle spiegazioni date fin qui dai vertici”.
E un suggerimento al leader: “Fossi Salvini chiederei a gran voce di fare chiarezza sui veri beneficiari dei trust e su chi sono gli investitori delle società controllate di cui parla il commercialista arrestato. Se come dice non ha nulla da nascondere, deve essere il primo a pretendere chiarezza dai suoi uomini”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2020 Riccardo Fucile
NELLA MAGGIORANZA ALEGGIA UN SENSO DI SOSPENSIONE
Un rumore di fondo avvolge il Palazzo, coi suoi conciliaboli informali, gli incontri per approfondire,
una frenesia quasi da “pre-crisi” di governo. Al curioso sottosegretario del Sud andato a chiedere “che aria tira”, preoccupato per quel che potrà accadere, il ministro Provenzano, veloce di pensiero e di battuta ha risposto laconico: “Fa freddo”. Ed evidentemente non parlava del tempo, perchè dopo una pausa ha aggiunto: “La verità è che c’è un’aria di sospensione, magari il 9 lo svalichiamo però…”.
E c’è un motivo se anche quelli attorno a Zingaretti, con uguale disincanto, sussurrano, senza azzardare previsioni: “Nella prima Repubblica già saremmo stati alle consultazioni al Quirinale”. Perchè c’è il 9 dicembre, ennesimo D-day della politica italiana che vive di attese, col voto sul Mes, ma c’è anche il giorno dopo, con tutti i nodi ancora non sciolti e quello prima, e quello prima ancora, in cui si terrà il consiglio dei ministri sul Recovery. Pare che Conte proporrà una struttura più snella rispetto all’esercito dei trecento consulenti, ma al di là del numero il problema è capire è se il governo è ancora in grado di esprimere qualcosa in quadro sempre più “sfilacciato”.
Ecco, magari si “svalica”, perchè Mattarella ha fatto capire che non è disposto a tollerare un incidente che equivale, per rilevanza politica, a un voto di sfiducia, perchè è impensabile un pasticcio su un tema che investe la credibilità del paese, dopo mesi di trattative e di assicurazioni date ai partener europei.
Ed è impensabile ipotizzare che, inciampando sul Mes, lo stesso governo e la stessa maggioranza possano gestire il complesso dossier del Recovery, in un clima di sfiducia da parte di quelle cancellerie cui sono state date garanzie.
È per questo che il capo dello Stato ha fatto trapelare la parola “scioglimento”, in caso di incidente, minaccia estrema che storicamente il Quirinale utilizza per ricondurre a ragionevolezza un quadro impazzito, anche facendo leva sull’istinto di autoconservazione dei parlamentari.
E un primo effetto l’ha sortito a leggere le parole di Beppe Grillo, che sostanzialmente rassicura sul no all’utilizzo della linea di credito sulla sanità per favorire un sì sulla riforma del trattato: “Il problema — spiegano ai piani alti del Pd — è come scrivi questo accrocco, perchè noi un no al Mes sanitario messo nero su bianco non lo reggiamo, e non si capisce se un rinvio basta a tenere la fronda dei Cinque Stelle”.
Cinque giorni in una votazione del genere sono un’eternità , anche per capire come col gioco d’Aula si può supplire alla politica, perchè “se escono alcuni dei cinque stelle e alcuni di Forza Italia si riesce a salvare capre e cavoli”.
Però il problema resta. I famosi tavoli per discutere di programma diventati la fiera del nulla, le richieste del Pd sulla riforma elettorale lasciate cadere, la cabina di regia gestita in modo personalistico, il tema del rimpasto sprezzantemente derubricato a “vecchia politica”.
Più Conte si “arrocca”, più aumenta il malcontento: “Non ha capito — proseguono le stesse fonti — che non è una roba di poltrone ma di indirizzo politico”.
E se l’incidente, anzi l’Incidente, non è frutto di una trama perchè nessuno lo programma, può accadere che sia proprio figlio dell’incapacità di governare la complessità perchè se crei la palude ci sta che prima o poi spunta un coccodrillo.
È quel che pensano anche dentro i Cinque Stelle, dove parte del malessere sul Mes catalizza un’analoga voglia di rimpasto. E chi non lo vuole, come Stefano Buffagni è preoccupato perchè “è come se tutti aspettassero che accada qualcosa”.
Ecco, magari si “svalica”, perchè non si è mai vista una crisi in piena sessione di bilancio e in pieno picco dei morti, figuriamoci le elezioni anticipate, però quando il picco calerà , come è già evidente, molti si sentiranno liberi da questa sorta di vincolo esterno. Soprattutto chi non ha niente perdere.
Non a caso Goffredo Bettini va ripetendo ai suoi compagni di partito “occhio che stavolta Renzi va sul serio”, invitando a non sottovalutare ciò che il leader di Italia non ha detto pressochè a tutti. E cioè che “Conte o cambia squadra o cambia mestiere perchè se continua così stavolta si fa male”. E ci sta che, in quel momento, non sarà nemmeno additato come l’uomo nero che ha rotto il giocattolo. Perchè il giocattolo si sta rompendo da solo.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2020 Riccardo Fucile
I GOVERNISTI CERCANO DI CONVINCERE I RIBELLI IN VISTA DEL VOTO DEL 9 DICEMBRE SUL MES… MA DI TORNARE A CASA NESSUNO HA VOGLIA
Le chat sono impazzite, i telefoni sono roventi. L’ala governista del Movimento 5 Stelle prova a convincere i ribelli a votare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità o almeno ad uscire dall’Aula o ad astenersi.
Alla Camera la situazione è sotto controllo, lo stesso non si può dire del Senato tanto che il voto del 9 dicembre sull’informativa del premier Giuseppe Conte fa tremare i polsi.
A maggior ragione alla luce della telefonata tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, nella quale i due hanno condiviso che non ci sarà “alcuna stampella per una maggioranza divisa e litigiosa”.
Questa sera, durante l’assemblea dei deputati e dei senatori convocata d’urgenza, diversi firmatari della lettera anti-Mes prenderanno la parola per ribadire il loro ‘no’ alla riforma che, secondo le richieste dei ‘dissidenti’, deve essere subordinata all’approvazione di una serie di altri interventi economico finanziari in sede europea (la cosiddetta logica di “pacchetto”).
Alcuni emissari, come i deputati ‘dimaiani’ Michele Gubitosa e Cosimo Adelizzi, spiegano fonti parlamentari, starebbero sondando gli umori dei colleghi più oltranzisti invitandoli alla “responsabilità ” in un momento particolarmente delicato per la tenuta del governo, alle prese con la gestione della pandemia.
a c’è chi denuncia “forti pressioni” da parte dell’ala governativa.
L’accusa arriva dall’ex grillino Raffaele Trano, già presidente della Commissione Finanze: “Alcuni miei colleghi del Movimento – dice Trano all’Adnkronos – mi hanno rivelato di aver subito pressioni da parte di esponenti della compagine governativa. Il clima è molto pesante. È stato detto loro di prendere le distanze dalla lettera e votare la risoluzione di maggioranza per autorizzare la riforma del Mes o, in alternativa, di non presentarsi in Aula se proprio non vogliono votare sì”.
C’è chi è pronto a scommettere che il governo non cadrà , secondo il principio che nessun parlamentare M5s ha voglia di tornare a casa interrompendo così bruscamente la legislatura o di prendersi la responsabilità di aver fatto cadere un governo in piena pandemia.
Piuttosto questo sarebbe un modo per contarsi e per contare. I capi della fronda sono Nicola Morra, scaricato dai vertici del partito quando pronunciò parole spiacevoli su Jole Santelli, Barbara Lezzi, l’ex ministra non confermata nel secondo governo Conte, ed Elio Lannutti.
In questo contesto si inserisce Beppe Grillo, volutamente ambiguo, che nel suo classico gioco del detto e non detto mette sul tavolo del Movimento 5 Stelle la possibilità di uscire dal guado.
Accontenta tutti, i governisti e i ribelli, e di certo dà una mano al premier Giuseppe Conte. Il titolo del post “La Mes è finita” piace ai parlamentari grillini che nella lettera hanno minacciato di non votare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità mercoledì al Senato. Ma nel dettaglio il Garante M5s non dice di non votare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità piuttosto di non utilizzare il Mes sanitario “inadatto ma anche del tutto inutile per far fronte alle esigenze del nostro Paese in un momento così delicato”.
E poi cita il premier Giuseppe, facendogli da sponda: “A ricordarlo, ogni qualvolta gli viene messo un microfono sotto al naso, ci ha già pensato il nostro presidente del Consiglio Conte dicendo più e più volte che ‘disponiamo già di tantissime risorse (fondi strutturali, scostamenti di bilancio, Recovery Fund ecc..) e dobbiamo saperle spendere”. “Non è una questione di soldi — aggiunge – che sembrano esserci, ma come e dove usarli”. Meglio allora, osserva Grillo, optare per “una patrimoniale ai super ricchi”.
Nicola Morra plaude tirando il Garante sulla sua sponda. Ma dal canto suo, anche il capo politico, Vito Crimi, va sulla scia del fondatore e chiede a tutti di stoppare “individualismi e battaglie personali” e marciare “uniti a compatti” a sostegno di Conte in Europa. Lo stesso fa Di Maio che cavalca il tema della patrimoniale.
Si cerca un compromesso in vista di mercoledì prossimo. Che potrebbe consistere nel votare sì alla riforma del Mes, o astenersi, ma mettere per iscritto che l’utilizzo del Mes sanitario è vincolato a un voto che il Parlamento dovrà esprimere.
Per far cadere il governo una decina di grillini dovrebbero votare contro la risoluzione di maggioranza. I firmatari della lettera sono quindici ma difficile che arrivino compatti al traguardo. Il rischio resta comunque alto e nessuna decisione definitiva è stata ancora presa. L’assemblea di stasera non sarà risolutiva, sarà il luogo in cui emergeranno le fazioni all’interno del Movimento. Ma sfiduciare il governo è un’altra cosa.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2020 Riccardo Fucile
NON VEDONO ALTERNATIVE CREDIBILI… ORA SI ATTENDONO LE RISPOSTE SUL RECOVERY FUND
L’eco delle fibrillazioni di maggioranza è arrivata anche a Bruxelles e nelle cancellerie europee.
Accade sempre per ogni paese membro, ma in particolar modo accade adesso con un’Italia che concentra su di sè un surplus di attenzione: è destinataria della parte più cospicua del recovery fund, ben 209 miliardi di euro.
Ma è proprio quest’ultimo elemento, centrale in epoca di pandemia, a rafforzare la propensione naturale delle cancellerie europee per la stabilità di governo. Malgrado le fibrillazioni, anche da Bruxelles non si vede un’alternativa pronta per un altro esecutivo in Italia.
Soprattutto a partire dalla crisi economica del 2008, a Bruxelles si tende ad escludere il vuoto di potere negli Stati membri.
Scriverne non è eresia ma realtà di una Unione che, sebbene sia ancora fatta di sovranità nazionali, è così interconnessa da aver introdotto ‘de facto’ un meccanismo di sfiducia costruttiva nei paesi che la compongono.
Se un governo arriva alla fine, è perchè in qualche modo è pronto il sostituto (accadde nel 2011 nel passaggio da Berlusconi a Monti o nel passaggio dal Conte 1 al Conte 2 l’anno scorso) oppure ci sono le elezioni (di solito a fine legislatura).
A quanto confidano fonti Ue a taccuini ovviamente chiusi, nessuno dei due casi si avvicina alla situazione odierna in Italia.
Malgrado la trepidante attesa europea di conoscere come il governo di Roma gestirà il recovery fund, Giuseppe Conte ha ancora quella ‘copertura’ continentale per stare al governo.
Certo le aspettative sono pressanti: la dotazione di 209 miliardi di euro fa della mission italiana una sorta di ‘test pilota’ valido per tutta l’Ue sulla capacità di riagganciare la ripresa dopo la crisi del covid. Ma prima di cambiare cavallo, in Europa vogliono intravedere l’alternativa.
E’ per questi meccanismi che spesso da Bruxelles si intravedono le mosse politiche che poi avvengono in Italia.
A luglio dello scorso anno, la scelta della Lega di sfilarsi dal voto dell’Europarlamento su Ursula von der Leyen presidente della Commissione europea e la decisione opposta degli eletti cinquestelle di appoggiare questa nomina, lasciarono chiaramente intendere che il legame di governo tra i due partner politici si era rotto.
Di lì a un mese, i noti accadimenti italiani e la nascita del governo Pd-M5s. Conte uscì di nuovo premier dal G7 di Biarritz a fine agosto, dove fece il pieno dei sostegni internazionali a partire da quello di Donald Trump.
Oggi in Europa ci sono quattro eurodeputati che si sono dimessi dal Movimento per aderire ai Verdi europei. La cosa stra provocando scontri interni al calor bianco: da Roma, i vertici del M5s chiedono ai quattro fuoriusciti di dimettersi anche dalla carica di eurodeputati.
Ma tutto questo non è la miccia di deflagrazione dell’alleanza di governo. Agli scontenti del sì pentastellato sulla riforma del Mes, ci pensa Beppe Grillo: “Non vi incaponite, la Mes è finita”. Per dire: abbiamo dovuto tenere ‘contenta’ l’Europa sul sì alla riforma del Salva Stati che però non useremo mai, state tranquilli, il fondatore dà la sua parola.
E in effetti sul Mes le istituzioni europee sono abbastanza soddisfatte del risultato. Dopo un anno di attesa, hanno ottenuto il sostegno italiano, sempre promesso dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, infine maturato nel difficile rapporto tra i due partner di maggioranza Pd e M5s.
Al momento, l’interesse principale di Bruxelles e delle cancellerie europee non è sull’uso della linea di credito istituita per la pandemia all’interno del Salva Stati.
Su questo anche lo stesso direttore del Mes, il tedesco Klaus Regling, ammette: “Per la crisi del covid, l’Europa ha messo in campo anche altri strumenti finanziari”.
Normale, insomma, che il Mes finisca in un ruolo marginale, anche perchè — sebbene Regling non la metta così, ma altri osservatori sì, a partire dall’istituto Jacques Delors di Parigi – la crisi del debito greca ha in qualche modo insegnato agli Stati a starci lontani.
In Europa adesso sono tutti concentrati sulla riuscita del recovery fund. A partire dal suo lancio effettivo: tanto che, confermano fonti europee ancora oggi, l’idea di andare avanti a 25, se non si riuscirà a convincere Ungheria e Polonia, è sempre più realistica. Tutto pur di mandare avanti un piano che, nel bel mezzo di una seconda ondata di contagi che nessun paese europeo riesce a domare, è davvero l’unico fiore all’occhiello di cui l’Ue possa andare fiera in questi tempi complicati.
Viene da qui l’attenzione che si riversa sull’Italia, con il suo bottino di 209 miliardi di euro e la responsabilità di fare bene per tutta l’Europa. Prima di tifare Conte o chi per lui, gli altri partner europei, a cominciare dai maggiori Germania e Francia, tifano stabilità . Dal loro punto di vista, è il bene più prezioso, soprattutto oggi che c’è da mettersi al lavoro per uscire dalla crisi e dalla pandemia.
A pochi giorni dal voto sull’informativa del premier in Parlamento, alla vigilia del Consiglio europeo di giovedì prossimo, anche il capo dello Stato Sergio Mattarella avverte che in caso di crisi si va al voto, rispecchiando la premura europea per la stabilità in un paese, l’Italia, da sempre osservato speciale proprio per le sue fibrillazioni perenni.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2020 Riccardo Fucile
L’OFFERTA DI UN POSTO DA HOSTESS ALLA LEGHISTA DISSIDENTE E “ROMPICAZZO” PER INDURLA A DIMETTERSI DAL CONSIGLIO COMUNALE… L’AUDIO DELLA PROPOSTA FU TRASMESSO DA “PIAZZA PULITA”
Il vicesindaco leghista di Ferrara Nicola ‘Naomo’ Lodi è finito nel registro degli indagati per istigazione alla corruzione. E con lui il consigliere comunale e compagno di partito Stefano Solaroli.
La procura estense sta valutando le ipotesi di reato in merito a fatti avvenuti il 19 novembre del 2019. Solaroli incontra in forma riservata la consigliera Anna Ferraresi, fino a quel momento non sufficientemente in linea con la politica voluta da Naomo.
In estrema sintesi, è considerata “una rompicazzo”, come l’ha definita Solaroli in audio poi divenuto pubblico.
Il consigliere leghista, già noto oltre i confini ferraresi per il video in cui lustra la sua Beretta a letto, le offre “un posto di lavoro importante, contratto a tempo indeterminato del Comune, dipendente comunale, 1.400 euro al mese, con quattordicesima”. In cambio, le dimissioni: “Tu sai che è incompatibile con il ruolo da consigliere”.
La proposta, rifiutata da Ferraresi, prevedeva un impiego nel “nuovo servizio del trenino (un trenino turistico che guida alla visita della città , ndr). Serve una hostess che accolga le persone e gli spieghi come funziona — illustrava Solaroli — A me sei venuta in mente te prima di tutto perchè sei una rompicazzo, così ti cavo dai coglioni e non ti vedo più”. Solaroli non sa però di essere registrato.
E nel colloquio chiama in causa anche il sindaco Alan Fabbri e il suo vice Lodi: “Nicola è d’accordo, ne ho parlato con Alan e mi ha detto: ‘Se a lei va bene a me va bene’”.
La conversazione si chiudeva con una raccomandazione: “Se lo sputi fuori mi brucio io”. Quella offerta alla dissidente fu mandata in onda da Piazza Pulita e Anna Ferraresi denunciò tutto alla procura.
Ora nel fascicolo in mano al pm Alberto Savino si parla di istigazione alla corruzione. Per Naomo, che affida la sua replica a una diretta Facebook, si tratta di una “azione di contrasto duro con l’utilizzo di esposti per attaccare una linea politica”.
Per la presunta parte offesa, Anna Ferraresi, arriva infine la voce di Fabio Anselmo: “Prendo atto della notizia — commenta l’avvocato -. La mia assistita ha vissuto un periodo difficile all’interno di un contesto intollerabile che si è protratto per molto tempo e che aveva reso difficoltosa la sua attività di consigliere comunale”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 4th, 2020 Riccardo Fucile
LA PROCURA APRE UN’INCHIESTA SULLA CONSULENZA DA 2,4 MILIONI DI EURO FORNITA DALLA CASALEGGIO ALLA PHILIP MORRIS
Se a scrivere dei rapporti fra Casaleggio e Philip Morris fosse l’avvocato Ghedini e a pubblicare fosse
Il Giornale, il titolo del pezzo sarebbe certamente “Fumus Persecutionis”.
Non solo per la mission e l’identità dell’azienda coinvolta, ma soprattutto per la questione che si è aperta e cioè se anche i 5Stelle, nel loro crescente processo di contaminazione col Potere e di avvicinamento a Forza Italia, siano o meno entrati nella fase delle leggi “ad personam”, le uniche vere riforme prodotte dal loro arcinemico e feticcio: il Berlusconismo.
Il fascicolo modello 45 (cioè senza ipotesi di reato e senza indagati) aperto dalla Procura di Milano sulla consulenza da 2 milioni e 400.000 euro fornita da Casaleggio alla Philip Morris non vuole solo chiarire il rapporto tra la società milanese e la multinazionale del tabacco, ma anche capire se esso abbia ispirato (o meglio inspirato) eventuali leggi favorevoli all’industria del tabacco votate dal Movimento Cinque Stelle.
L’esito dell’indagine risponderà pertanto a domanda di portata storica : “Ci sono state leggi “ad aziendam” varate dai grillini ? E, se ci sono state , quante aziende ne hanno beneficiato e che ruolo ha avuto Casaleggio Jr, cioè colui che ha le chiavi della scatola nera, la piattaforma Rousseau ?
“Non ho mai richiesto nulla per i clienti di Casaleggio Associati, a eletti o governanti del MoVimento 5 Stelle, mantenendo sempre una distinzione netta tra le due realtà ”, ha spiegato al Fatto Quotidiano Davide Casaleggio, aggiungendo che “Casaleggio Associati non si occupa di politica e dal 2016 gli sviluppi tecnologici a supporto del blog e del MoVimento 5 Stelle sono a cura e in gestione dell’Associazione Rousseau, un’associazione senza scopo di lucro con personale e sede distinti”.
Da quando ha deciso di produrre sigarette elettroniche la Philip Morris ha accompagnato la virata commerciale con dozzine di videotestimonianze ispirate alle confessioni degli alcolisti anonimi o dei gruppi di autocoscienza, che sono un autentico capolavoro comunicativo, specie se si pensa che a produrli è stata la stessa ditta che, dal 1924, ha affumicato i polmoni di 180 Stati producendo miliardi di colpi di tosse.
In ogni video si vede un fumatore pentito spiegare perchè ha rotto ogni rapporto con le sigarette. Così vediamo Juan, “unsmoked for his son”( che ha smesso per suo figlio) , Gerardo “unsmoked for change” (che ha smesso per cambiare) e la pia Luisa Garcon “Unsmoked with god’s help”, che ha smesso , dice, pregando e piangendo con l’aiuto di Dio.
Nemmeno Maria De Filantropis avrebbe pensato una campagna del genere. Neppure Barbara d’Urso sarebbe riuscita a spremere ai clienti prima i loro polmoni e poi i loro cuori.
Del resto un testimonial autorevole della capacità seduttiva dell’azienda è anche l’ex-Jena e ora eurodeputato M5s Dino Giarrusso che, dopo un’inchiesta di Report, ha ammesso di aver ricevuto “un contributo come tutti i parlamentari del Movimento.
“Io odio il fumo, non ho nulla a che fare con la lobby del tabacco. Ho pensato solo: se hanno finanziato tutti gli eletti alle politiche del 2018, potranno finanziare anche me”.
Philip Morris Italia, intanto, è passata al contrattacco con lo stile dei Cowboys di Marlboro Country: ha abbassato lo stetson e ha sparato una querela winchester contro il Il Riformista, il giornale che ha cavalcato la vicenda, precisando che “non finanzia partiti, fondazioni o movimenti politici in Italia ed agisce nel pieno rispetto della legge” e dichiarando che “la Casaleggio Associati, che rappresenta una delle più qualificate agenzie nei servizi di comunicazione digitale, ha supportato Philip Morris Italia nella costruzione ed espansione della comunicazione corporate dell’azienda sui canali digitali”.
Inoltre: ”Contrariamente a quanto riportato da Il Riformista il livello di tassazione vigente in Italia è in linea con quello previsto in altri Stati Membri dell’Unione Europea e non rappresenta un’eccezione“.
E ancora: “Contrariamente a quanto riportato da Il Riformista l’emendamento al decreto fiscale adottato dal Parlamento nel 2018, contenente la riforma della tassazione per le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato, ha avuto il supporto di una vasta maggioranza. Tale riforma della tassazione si applica ai prodotti di tutti gli operatori economici, dalle grandi aziende ai piccoli produttori”.
Piero Sansonetti, il direttore de Il Riformista, ha risposto al fuoco sparando sull’Adnkronos tre proiettili. “I fatti, che nessuno smentisce, sono tre”, ha detto.
“In primis che la Philip Morris ha dato due milioni e mezzo a Casaleggio, poi che Casaleggio è il leader dei 5 Stelle. Terza cosa, che il M5s è passato da essere un partito anti lobby del tabacco a filo tabacco e che ha votato un emendamento che ha reso alla Philip Morris 250mila euro l’anno”.
Il proiettile numero quattro di Sansonetti è stato un’intervista all’ex-ministro grilino Lorenzo Fioramonti, che accusa Casaleggio di essere in “conflitto di interessi”, perchè avrebbe partecipato a più di un summit in cui si parlava di tutto. Da come rollare i governi a come accendere le leggi di bilancio.
Ora siamo agli effetti collaterali: Italia Viva e Leu chiedono di alzare le tasse sulle sigarette elettroniche mentre Ettore Rosato chiede a Casaleggio di precisare finalmente la sua doppia identità , che rischia di gettare sui CinqueStelle l’ombra di un nuovo Hashtag: #PhilipMoralisti.
Solo l’inchiesta potrà precisare se davvero il doppio ruolo di Casaleggio abbia effettivamente avuto un ruolo nell’orientare la scelta grillina di ridurre le tasse alle multinazionali del tabacco, ma sicuramente sarebbe un problema anche produttivo se Philip Morris dovesse ora registrare un’altra serie di video con grillini , come Giarrusso, pentiti di aver fumato le sue sigarette invece che Marlboro Country, tossiche e maciste Marlboro Lobby buone e ambientaliste.
(da agenzie)
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Dicembre 4th, 2020 Riccardo Fucile
LO FACCIA CON I SUOI PARI MA NON ROMPA I COGLIONI AGLI ITALIANI… SIAMO STANCHI DI CHI METTE IL SUO VILE EGOISMO DAVANTI AL BENE COMUNE
Matteo Salvini dichiara che vuole passare il cenone con la famiglia e i Il Governo ha scelto la via della prudenza. E ha fatto bene: ogni altra lamentela è dettata dall’egoismo e dall’irresponsabilità .
“Massimo in dieci a tavola? Ho sentito i miei genitori, 74 e 75 anni, io ho sempre passato il pranzo di Natale con loro…” dice il leghista, fingendo allegramente di ignorare che due persone di 74 e 75 anni sono più al sicuro stando sole e lontane dai parenti che ai cenoni veicoli di potenziali contagi.
Ma non ha finito: “Sicuramente voglio vedere mia figlia, perchè i regali li porta Gesù bambino la sera del 24, voglio vedere i miei genitori, mia sorella e mio nipote, mio figlio anche se sta in un comune diverso, poi troverò il modo di ricongiungermi con la mia fidanzata con cui convivo”.
A parte la stucchevole storiella di Gesù Bambino che porta i doni che ha francamente stancato, tutti noi vogliamo vedere la nostra famiglia.
Il mondo non si divide in asserviti a Conte che rinnegano le loro famiglie e sputano sul Natale e sugli affetti e i bravi e buoni cristiani leghisti che vogliono fare i cenoni e aspettare Gesù Bambino con lo zabaione in mano.
Il mondo è in preda a una pandemia globale. Nel mondo le persone stanno morendo sole negli ospedali con un tubo infilato in gola proprio perchè esistono persone come Matteo Salvini che mettono ciò che vogliono loro, il loro vile egoismo, davanti al bene comune.
(da Globalist)
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Dicembre 4th, 2020 Riccardo Fucile
IL PRIMARIO DEL SACCO SUI RICONGIUNGIMENTI FAMILIARI A NATALE: “C’E’ CHI ANCORA NON CAPISCE O NON VUOLE CAPIRE LA REALTA'”
Il primario del Sacco di Milano Massimo Galli taglia corto su una delle polemiche più forti tra quelle
scoppiate dopo l’ultimo Dpcm, cioè quella che riguarda i ricongiungimenti familiari sotto Natale.
Raggiungere parenti anziani con il nuovo provvedimento del presidente del Consiglio è più complicato, o quantomeno scoraggiato, soprattutto nei giorni di festa, con il divieto di uscire dal proprio Comune. Una limitazione che secondo presidenti di Regione come il ligure Giovanni Toti e il veneto Luca Zaia rischia di lasciare soli i nonni.
Ma consentire ricongiungimenti (e possibili assembramenti) fra parenti non conviventi potrebbe avere conseguenze ben più tragiche, come ha ricordato Galli ospite di Accordi e disaccordi su Nove: «Io non ho voglia di prendermela con gli italiani. Però non si è ancora capito che il Covid-19 è maledettamente subdolo, un virus con cui non puoi entrare in trattative. Sono anche così amareggiato, stanco di dover consolare l’inconsolabile, cioè quelle persone che sanno di aver portato l’infezione a casa, a genitori o nonni che magari sono andati all’altro mondo. Temo che su tutta questa vicenda si sia ancora molto lontani dall’aver acquisito una robusta comprensione di quella che è la sua realtà , del fatto che comunque con il virus non c’è trattativa», ha concluso Galli.
(da agenzie)
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Dicembre 4th, 2020 Riccardo Fucile
LA LEGA CERCA DI IMPORRE IL SOLITO IMPRENDITORE, FORZA ITALIA NON CI STA
L’imprenditore Paolo Damilano scioglie le riserve e ufficializza la candidatura a sindaco di Torino per il centrodestra. “Ho deciso di mettermi al servizio della nostra Torino e di candidarmi a sindaco con un progetto civico” spiega l’imprenditore specializzato nel cibo, nel vino e nelle acque minerali, entrato nel radar della Lega già in occasione delle elezioni regionali del 2019, come possibile alternativa ad Alberto Cirio.
Il debutto in politica era quindi solo rimandato e ora Damilano, che è stato anche presidente della Torino Film Commission, dopo una serie di incontri con il segretario della Lega, Matteo Salvini ,accetta il ruolo di portabandiera della coalizione di centrodestra.
Ma Forza Italia subito dopo l’annuncio della candidatura di Damilano ha avvertito, attraverso il coordinatore cittadino Marco Fontana: “Forza Italia continuerà a portare sul tavolo nazionale la candidatura di Claudia Porchietto. Inoltre c’è sempre in discussione anche la candidatura, espressione di un altro progetto civico, quella di Massimo Giuntoli. Quindi nessuna fuga in avanti. Un progetto civico è un valore per tutta la coalizione: ora il centrodestra ha più scelte e dovrà ponderarle bene”.
(da agenzie)
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