Dicembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
IL SOVRANISTA SZAJER E’ NOTO IN UNGHERIA PER ESSERE UN ACCANITO OMOFOBO, LA MOGLIE E’ UN GIUDICE DELLA CORTE COSTITUZIONALE… E’ SCAPPATO NUDO DA UNA FINESTRA ATTACCANDOSI ALLA GRONDAIA, NEL SUO ZAINETTO PASTIGLIE DI EXTASY
Mentre la vicenda del festino gay di Josef Szajer con altri 24 uomini a base di alcol ed extasy – per di
più in violazione delle restrizioni per il Covid – indebolisce il premier ungherese nella sua battaglia europea contro il legame tra Recovery Fund e stato di diritto, emergono nuovi particolari su quanto avvenuto venerdì sera nell’appartamento di Avenue des Pierres, nel centro di Bruxelles.
A rivelarli è David Manzheley, 29enne studente e proprietario dell’appartamento-pub nel quale alle 21,30 ha fatto irruzione la polizia di Bruxelles per schiamazzi e violazione del lockdown.
Dettagli che rendono ancora più futili le teorie del complotto fatte circolare dai media vicini a Orbà¡n, che peraltro hanno praticamente oscurato la notizia e che si sono spinti a parlare di trappola ordita dai servizi segreti tedeschi per colpire il governo ungherese.
Innanzitutto, stando a Manzheley il 59enne Szajer si sarebbe imbucato alla festa.
Il ragazzo, in un’intervista rilanciata dai media internazionali, spiega che è solito, qualche volta all’anno, organizzare dei festini nel proprio appartamento.
“Si parla e si beve come in un locale, l’unica differenza è che abbiamo anche delle relazioni sessuali. Non ci vedo niente di male, siamo tutti adulti e consenzienti”.
Quindi Manzheley racconta: “Non conoscevo quest’uomo, era un amico di un amico”. Secondo alcune ricostruzioni, Szajer per convincere il padrone di casa ad accoglierlo al festino avrebbe promesso che in futuro avrebbe ricambiato l’invito.
Lo studente respinge le accuse di essersi comportato in modo pericoloso organizzando la festa in piena pandemia: “Sono stato responsabile, ho invitato dieci amici che rispettavano una condizione: tutti quanti dovevano avere già avuto il Covid e non dovevano presentare sintomi. Avevo fiducia: sapevo che i miei amici non mi avrebbero mentito al riguardo. Per essere onesti, non vedo il problema. C’erano anche due infermieri, mi hanno confermato che non era pericoloso”.
Quindi il padrone di casa racconta l’irruzione della polizia: “All’improvviso era pieno di poliziotti nel mio soggiorno. Documenti! Subito! Ma noi non portavamo nemmeno gli slip. Come potevamo dargli le carte di identità ? Questo ha reso gli sbirri ancora più furiosi.”
Il resto della storia è noto, Szajer cerca di scappare dalla finestra calandosi da una grondaia, si ferisce le mani, viene raggiunto dagli agenti che nel suo zaino trovano pastiglie di extasy, lui tira fuori il tesserino parlamentare e invoca l’immunità .
Domenica – un fulmine a ciel sereno – si dimette da eurodeputato.
Martedì la storia viene fuori sui media belgi, lui ammette e oggi lascia anche Fidesz. Intanto la vicenda provoca tensioni anche in Ungheria proprio perchè Szajer, sposato con Tunde Hando, giudice della Corte costituzionale, padre di un figlio e tra i fedelissimi di Orbà¡n che con lui ha incontrato anche Salvini e Meloni, era tra i più accaniti omofobi del partito, tanto che si piccava di essere paladino dei valori cristiani e promotore della riforma costituzionale del 2011 che ha reso impossibile la vita alla comunità Lgbt.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
DOPO LA DENUNCIA DI CENTO ISCRITTI LA MAGISTRATURA APRE UN FASCICOLO… L’UGL, SULLA BASE DEL NUMERO GONFIATO, AVREBBE OTTENUTO IN MODO ILLECITO CENTINAIA DI POSTI NEGLI ORGANISMI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE… GLI ISCRITTI REALI SAREBBERO 70.000 E NON UN 1.800.000
I carabinieri di piazzale Clodio sono entrati nella sede dell’Ugl a Roma per sequestrare i documenti relativi alle presunte tessere fantasma del sindacato sovranista.
Sul caso, rivelato da Fanpage nei giorni scorsi, c’è un’indagine aperta in procura, coordinata dal pm Fabrizio Tucci, specializzato in reati contro la Pubblica amministrazione.
Al momento non ci sono conferme sulla possibile iscrizione nel registro degli indagati del segretario generale dell’Ugl Paolo Capone, ma non si esclude che siano già presenti dei nomi all’interno del fascicolo.
Nelle scorse ore, peraltro, da fonti interne al sindacato è rimbalzata anche l’ipotesi di un passo indietro di Capone dalla guida della confederazione.
L’indagine parte da una denuncia di circa cento lavoratori dell’Ugl, secondo i quali i dati degli iscritti comunicati dal sindacato al ministero del Lavoro sarebbero gonfiati artificiosamente.
La presunta irregolarità ha origine dal meccanismo con il quale viene misurata la consistenza delle diverse confederazioni nel settore privato.
In pratica, non essendo previsto al momento uno strumento esterno per calcolare il reale numero degli iscritti, sono gli stessi sindacati ad auto-certificare i propri dati con una dichiarazione inviata periodicamente a via Veneto e alle diverse strutture territoriali. Secondo chi denuncia, l’Ugl dichiarerebbe una quantità di iscritti di molto superiore a quella reale, che si aggirerebbe intorno alle 65-70mila unità .
Questo numero, relativo al 2018, è ricavato dal calcolo delle quote in denaro che ogni iscritto versa annualmente al sindacato tramite la propria azienda, con il sistema delle cosiddette deleghe.
I documenti rilasciati dalle confederazioni al ministero non sono pubblici.
Cgil, Cisl e Uil, tuttavia, diffondono le tabelle con le cifre degli iscritti sui loro siti web. Sul portale dell’Ugl, invece, non ce n’è traccia.
Fanpage però è entrata in possesso dell’auto-dichiarazione relativa al 2015. Per quell’anno, l’Ugl dichiarava un milione 953mila e 186 iscritti, di cui quasi 512mila pensionati e circa 49mila nel pubblico impiego.
Possibile, che in tre anni, la cifra sia precipitata a soli 65 o 70mila?
Non è così, a sentire le dichiarazioni pubbliche del segretario generale ugiellino Paolo Capone. In un’intervista televisiva del settembre 2019, Capone affermava ancora che “l’Ugl pesa un milione e 800mila lavoratori”
Le auto-dichiarazioni inviate al ministero sono importanti, perchè servono a stabilire la rappresentatività delle varie sigle. Da ciò deriva la possibilità per un sindacato di sedersi ai tavoli di contrattazione nei diversi settori.
E su questa base la presidenza del Consiglio assegna anche i posti in circa ottocento organismi a partecipazione sindacale della pubblica amministrazione, a partire dal Cnel. Secondo l’esposto, dunque, l’Ugl siede illegittimamente all’interno di questi organismi, perchè avrebbe ottenuto le nomine presentando dei numeri di iscritti falsi e gonfiati rispetto alla realtà .
Per questo motivo, si può immaginare che l’indagine si concentri sull’accertamento di possibili danni erariali o truffe nei confronti delle casse pubbliche, anche se per ora non ci sono conferme circa le eventuali ipotesi di reato.
Tra le altre nomine ottenute dall’Ugl sulla base dei numeri auto-dichiarati degli iscritti, c’è quella nel Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps, un ruolo ricoperto tra il 2016 e il 2018 dall’attuale deputato leghista Claudio Durigon, all’epoca vicesegretario della confederazione. Per quell’incarico, Durigon ha incassato indennità pari a quasi 21mila euro.
Nelle scorse settimane, la questione della reale rappresentatività dell’Ugl è stata al centro delle polemiche anche in relazione alla vicenda dei rider.
Il sindacato, infatti, ha firmato un contratto per i fattorini con le piattaforme di delivery, in contrasto con le altre sigle della categoria che stavano portando avanti le trattative. Gli altri sindacati contestano non solo il merito dell’accordo, ma anche la legittimità dell’Ugl a firmare l’intesa, perchè la confederazione non sarebbe sufficientemente rappresentativo all’interno del mondo dei rider.
(da Fanpage)
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Dicembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
16 SENATORI E 40 DEPUTATI ( CHE SI SONO RIDOTTI IN POCHE ORE) VOGLIONO FAR CADERE IL GOVERNO? OTTIMA IDEA, COSI’ TORNATE A CASA E AL REDDITO CHE AVEVATE
Le firme erano molte, con il passare delle ore sono diminuite ma restano comunque parecchie. 
Sedici senatori e oltre quaranta deputati M5s chiedono, con una lettera indirizzata ai vertici pentastellati, che la riforma del Meccanismo europeo di stabilità non venga approvata nè tanto meno venga utilizzato il Mes sanitario.
Dunque sono pronti a votare contro la risoluzione di maggioranza che sarà presentata in Aula il 9 dicembre dopo l’intervento del premier Giuseppe Conte.
“L’unico ulteriore passaggio che i parlamentari del Movimento 5 Stelle avrebbero per bloccare la riforma del Mes – si legge – sarebbe durante il voto di ratifica nelle due Camere”. Ecco la minaccia di voto contrario che tuttavia con il passare delle ore si sgonfia grazie al lavoro di mediazione da parte dell’ala più governista. La trattativa è in corso ed è stata ancora convocato d’urgenza una riunione via Zoom di tutti i parlamentari grillini per venerdì sera.
Ecco intanto i ribelli, i 16 senatori firmatari della lettera: Abate Rosa Silvana, Angrisani Luisa, Corrao Margherita, Croatti Marco, Crucioli Mattia, Di Micco Fabio, Granato Bianca, Guidolin Barbara, Lannutti Elio, Lezzi Barbara, Mininno Cataldo, Morra Nicola, Romano Iunio Valerio, Trentacoste Fabrizio, Vanin Orietta. §
C’era anche, nel documento in possesso dell’Huffpost, il nome della senatrice Loredana Russo, che poi ha smentito dicendo di non aver firmato alcun documento. La corsa al ritiro della firma è iniziata e c’è chi ironizza: “Molti forse non avevano capito cosa stavano firmando, altri si sono resi conto che in questo modo fanno cadere il governo”.
Tanto è vero che lo “stato maggiore” grillino è in apprensione e si sta muovendo, in queste ore, per mettere già in campo una moral suasion sui dissidenti. “Qui si mette al rischio il governo, se vanno fino in fondo si devono prendere la responsabilità di far cadere tutto”, spiega un deputato dell’ala governista.
L’obiettivo è arrivare ad una corposa riduzione dei firmatari da qui ai prossimi giorni. La trattativa, probabilmente, entrerà nel vivo nella compilazione della risoluzione che, il 9 dicembre, la maggioranza dovrà presentare sulle comunicazioni del premier Giuseppe Conte prima del Consiglio Ue.
“Mi sembra chiaro che chi ha firmato quella lettera voglia che sia messo nero su bianco il ‘no’ all’attivazione del Mes ma al momento è difficile”, spiega una fonte del Movimento. Piuttosto è possibile che nella risoluzione venga ribadito come qualsiasi utilizzo del fondo-salva Stati, anche di quello messo in campo per il Covid, ci debba essere un passaggio parlamentare. Quindi dovrà essere il Parlamento a dire se il Mes sanitario sarà o non sarà utilizzato.
C’è chi parla di “errori di comunicazione”, chi nega proprio di aver firmato la missiva. Se alcuni parlamentari si sfilano, qualcun altro si aggiunge, come i deputati Giovanni Currò e Rosa Alba Testamento, i quali hanno deciso di firmare la lettera in un secondo momento.
Si proverà a sciogliere il nodo venerdì durante l’assemblea congiunta dei gruppi con Vito Crimi, colui che più di ogni altro è sotto accusa per aver assunto una posizione favorevole alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità . “Stiamo parlando di una modifica del regolamento e chiudere questo capitolo, vecchio, del regolamento è anche un modo per aprire nuovi scenari, nuove possibilità sull’Europa”.
La quadra andrà trovata alla svelta, prima del 9 dicembre, quando il premier Giuseppe Conte si presenterà alle Camere per le comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo, dove si discuterà appunto della riforma del Mes.
Lunedì Crimi ha espresso la posizione ufficiale del M5S, rimarcando il no convinto del Movimento all’uso del Mes ma precisando anche che i pentastellati non faranno ostruzionismo sull’approvazione delle modifiche al trattato. «Crimi ha sposato la linea di Conte e del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, senza consultarci. Questo non è il pensiero del Movimento», l’accusa che arriva da diversi senatori e deputati. Da qui la scelta di mettere nero su bianco il dissenso.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
SBRAITA SENZA NEANCHE SAPERE DI COSA STA PARLANDO
Lo ha detto la leader di Fdi, Giorgia Meloni, intervenendo in aula alla Camera durante il dibattito sugli ordini del giorno al decreto sicurezza: l’emendamento presentato da Laura Boldrini (Pd) e inserito nel decreto sicurezza “dice che chi si dichiara omosessuale non può essere rimpatriato. E non è una discriminazione verso le donne che domani un congolese uomo che si dichiara omosessuale non può essere rimpatriato ma una congolese donna potrà essere rimpatriata? E voi sareste quelli che difendono i diritti delle donne? Vergogna”.
In realtà , la norma approvata durante l’esame in commissione Affari Costituzionali impedisce l’espulsione e il respingimento di persone che nel loro paese rischiano la persecuzione anche per motivi di orientamento sessuale e identità di genere e vale sia per gli uomini che per le donne.
Forse qualcuno dovrebbe spiegarle cosa significhi Lgbti.
(da Globalist)
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Dicembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
CHIESTE LE DIMISSIONI DI FABRICE LEGERI AL PARLAMENTO EUROPEO: “GLI AEREI EUROPEI AIUTANO LA GUARDIA COSTIERA LIBICA A RISPEDIRE NEI LAGER PERSONE CHE HANNO DIRITTO DI ASILO”
Gli aerei di Frontex individuano i gommoni e i barconi dei migranti che tentano la traversata nel
Mediterraneo e nell’Egeo e li segnalano alle autorità libiche e turche per farli riportare indietro.
Respingimenti veri e propri mascherati da soccorsi delle guardie costiere dei Paesi da cui i migranti fuggono.
E’ un caso la messa sotto accusa ufficiale di Fabrice Legeri, direttore esecutivo di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere di cui ieri i deputati europei democratici e socialisti della Commissione per le libertà civili e gli affari interni della Ue hanno chiesto le dimissioni. L’accusa mossa a Frontex è di “pratiche illegali e violazioni dei diritti fondamentali”.
L’Unione europea infatti condanna i respingimenti dei migranti e li ha sempre dichiarati illegali ma in moltissimi casi e anche in inchieste aperte dalla magistratura le organizzazioni civili e umanitarie hanno testimoniato e documentato il coinvolgimento della guardia di frontiera europea nei respingimenti nonostante gli accordi internazionali sanciscano che nessuno può essere rimpatriato in un paese in cui è minacciata la sua incolumità .
Le accuse del gruppo parlamentare S&D fanno riferimento ad alcuni pushback al confine marittimo greco-turco ma – secondo le organizzazioni umanitarie – coordinando la guardia costiera libica ” l’Agenzia europea per la difesa dei confini ha contribuito alla cattura e alla deportazione di 11.000 donne, uomini e bambini in Libia dall’inizio dell’anno. Persone a cui spettava il diritto di richiedere asilo”.
Alla richiesta di dimissioni di Legeri si associa la Ong italiana Mediterranea: “Chiediamo anche che venga istituita una commissione di inchiesta europea sulle attività criminali di pushback che avvengono ai confini. Chiediamo l’immediata cessazione dell’utilizzo degli assetti aerei e navali di Frontex impiegati illegalmente per collaborare con le forze militari di paesi che non rispettano i diritti umani. Chiediamo che vengano trasmesse tutte le prove raccolte dalla Commissione sulle attività illegali di Frontex al tribunale penale internazionale”.
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
IPOTIZZARE UNA CAMPAGNA VACCINALE TRA PRIMAVERA ED ESTATE QUANDO L’AZIENDA SANOFI DICE CHE CONSEGNERA’ I LOTTI A GIUGNO E’ SINGOLARE
È un vaccino «gratuito e non obbligatorio» quello annunciato dal ministro della Salute Roberto Speranza al Senato. Dopo aver rassicurato sul calo della curva epidemica e, al tempo stesso, aver invitato alla massima precauzione durante il periodo natalizio che ci attende, il ministro ha affrontato anche il tema caldo del piano vaccinale.
Comincerà a gennaio e avrà come obiettivo quello di raggiungere l’immunità di gregge. Il piano è pronto e lo scenario ideale è stato già configurato: il cuore della campagna vaccinale sarà tra la prossima primavera e l’estate, con la massima priorità riconosciuta ad operatori sanitari e anziani.
Un programma che allineerebbe l’Italia con la tabella di marcia annunciata negli ultimi giorni anche da altri Paesi europei, primo fra tutti la Francia. Un piano su cui Speranza sembra fare affidamento ma che attualmente vede alcuni punti ancora in dubbio circa la sua realizzazione. Abbiamo provato a metterli in fila.
La disponibilità delle dosi
Sono sei i contratti che l’Italia ha concluso con le aziende produttrici dei candidati vaccini in fase di sperimentazione più avanzata. Per ognuna di queste si conoscono il numero specifico di dosi che spetterebbe al Paese:
AstraZeneca: 40,38 milioni
Johnson&Johnson 53,84 milioni
Sanofi 40,38 milioni
Pfizer/BNT 26,92 milioni
CureVac 30,285 milioni
Moderna 10,768 milioni
Per un totale di 202,573 milioni di dosi a disposizione.
È importante chiarire, però, che i numeri contrattati e diffusi sono al momento subordinati ai processi autorizzativi non ancora completati.
Dunque il totale delle dosi di cui si parla nel piano sarà in stretta correlazione alle fondamentali decisioni degli enti regolatori.
L’Fda per gli Stati Uniti e l’Ema per l’Europa avranno cioè l’ultima parola sull’efficacia e la sicurezza delle formule candidate e quindi di conseguenza sulla loro diffusione.
Al momento il piano autorizzativo non è giunto ancora al termine per nessuno dei sei contratti firmati. L’unico via libera è stato raggiunto nelle ultime ore da Pfizer per il Regno Unito, guidato da un ente regolatore (l’Mhra) che dopo la Brexit ha acquisito piena autonomia decisionale.
I tempi
L’obiettivo dichiarato dal Piano vaccinale del governo è quello di garantire la prima somministrazione del vaccino Pfizer a circa 1,7 milioni di persone tra operatori sanitari e pazienti delle Rsa nel periodo che va dal 23 al 26 gennaio.
Ma a quel punto la campagna vaccinale subirà un arresto per aspettare altre forniture di dosi soltanto in primavera.
Alcuni esperti non escludono il pericolo di una falsa partenza che vedrebbe forse assicurata l’inoculazione ai 3,4 milioni di soggetti fragili iniziali ma che metterebbe a rischio la stabilità del sistema quando ad essere inoculate a marzo dovranno essere 23 milioni di persone.
Una fonte di Sanofi ha confermato a Open che nel caso del loro specifico lotto, la fornitura arriverà non prima di giugno.
Così anche per le previsioni di Johnson&Johnson e CureVac, che guardano alla seconda metà del 2021 come possibile periodo di diffusione.
Non andrà meglio per Astrazeneca, la cui sperimentazione attualmente si trova nettamente indietro a tutte le altre. Per tutti i dubbi e le tempistiche ancora da accertare lo stop di gennaio potrebbe trasformarsi quindi in una falsa partenza, senza considerare le criticità provenienti dalla complessa logistica di distribuzione e conservazione per un così alto numero di fiale.
La corsa ai freezer
La somministrazione Pfizer di gennaio ai primi 3,4 milioni di soggetti fragili in tutto il Paese comporterà un impegno non indifferente anche in termini di conservazione.
La formula in arrivo avrà bisogno di rimanere custodita in un ambiente a -75° di temperatura al fine di non perdere la propria efficacia. La stessa Pfizer si impegnerà a consegnare le dosi in contenitori speciali capaci di conservare il vaccino per diversi giorni a temperature molto fredde. Il punto è che il compito passerà poi alle strutture del nostro Paese scelte come punti di distribuzione.
Le fiale potranno essere conservate nei normali frigo massimo per una settimana ragione per cui, per la prima fase, è stato necessario l’acquisto di 120 freezer speciali. E dopo lo stop? Da febbraio a marzo si dovrà essere in grado di reperire altre centinaia di congelatori specifici che dovranno soddisfare la quantità molto più alta di punti di vaccinazione distribuiti sul territorio nazionale. Il Piano ne prevede 2.000, in un rapporto di 1 ogni 30mila abitanti.
A quel punto non saranno solo gli ospedali ad aver bisogno di freezer a temperatura polare, ma anche Asl, medici di famiglia, drive-in, pediatri. Lo stretto rapporto tra modalità di distribuzione e tempistiche è presto spiegato anche da questo aspetto. Per ovviare alla possibile mancanza di congelatori si potrà arrivare a un sistema di diffusione più graduale con dosi fornite in base al numero dei vaccini che nella pratica saremo effettivamente in grado di somministrare. Una campagna che diventerebbe a quel punto molto più lunga e complessa del previsto.
Siringhe e diluenti salini: forniture in attesa
Altro punto centrale affinchè il Piano del governo possa funzionare è quella della strumentazione, laterale, ma altrettanto fondamentale, necessaria alla somministrazione del vaccino Anti Covid.
Il 24 novembre 2020 il commissario Domenico Arcuri ha avviato il primo bando per l’acquisto di oltre 100 milioni di siringhe. Le aziende che vorranno candidarsi avranno 15 giorni per poterlo fare. Il sistema è dunque in attesa anche di questa ulteriore fornitura, allo stesso modo fondamentale per garantire una campagna vaccinale sicura.
Il commissario Arcuri ha anche bandito la procedura per l’acquisto di oltre 5 milioni di diluente salino, necessario alla somministrazione di alcune tipologie di vaccino. Importante sarà avere chiarezza sulle procedure di acquisto e di fornitura. Un tema inevitabilmente ancora caldo, considerate le polemiche e le accuse di poca trasparenza sulla gestione di mascherine, camici e ventilatori durante la non meno difficile prima ondata.
Nessun obbligo, più rischi?
Sull’efficacia del piano vaccinale non può mancare il dibattito sull’obbligatorietà della somministrazione. Dopo non poche polemiche e opinioni contrastanti arrivate sull’argomento da scienziati e politici, il governo ha scelto per la linea “morbida” del non obbligo.
Una campagna che verrà dunque condotta nella speranza di persuadere più persone possibili alla vaccinazione e che lascerà spazio decisionale alla sensibilità e responsabilità di ognuno. Il punto del rischio di un mancato raggiungimento dell’obiettivo però sembra non scomparire.
Quanta popolazione sceglierà di vaccinarsi? Basterà per arrivare all’immunità di gregge a cui punta il Piano del governo? Le risposte devono ancora attendere.
(da Open)
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Dicembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
20 POSTI LETTO E 10 MEDICI DI EMERGENCY, UNITA’ MOBILI… “LA SANITA’ PRIVATA DEVE SVOLGERE IL PROPRIO LAVORO CON I SUOI SOLDI, NON CON QUELLI PUBBLICI”… “LE CURE NON SONO MERCE DA COMPRARE AL SUPERMERCATO DOVE CHI PAGA DI PIU’ OTTIENE CURE MIGLIORI”
La mattina del primo dicembre, Gino Strada, fondatore di Emergency, è andato a Crotone per fare un
sopralluogo all’ospedale da campo davanti al nosocomio cittadino che la sua associazione gestirà per dare una mano alla sanità regionale nell’emergenza Covid.
Una struttura tendata, con 20 posti letto allestiti grazie agli sforzi di Protezione civile ed Esercito italiano. Nel pomeriggio, Gino Strada ha tenuto una conferenza stampa sui canali social della testata Calabria News.
Strada ha parlato del nuovo reparto, il cosiddetto Covid 2, che «potrà trattare malati di bassa-media intensità ».
Al momento, Emergency ha fornito dieci suoi medici per rendere operativa la struttura, «perchè a Crotone c’è più carenza di personale medico che infermieristico».
I professionisti messi a disposizione dall’associazione andranno via via aumentando. Per quanto riguarda i macchinari necessari alle cure, «la strumentazione è completa — ha detto Strada, ribadendo che la velocità nell’allestimento della struttura è stata possibile grazie -, alla collaborazione con la Protezione civile e con l’ospedale di Crotone».
L’intervento di Emergency in Calabria per far fronte alla pandemia non si esaurirà con l’ospedale da campo: «Ci stiamo già preparando a mettere in piedi alcune unità mobili, le famose Usca».
Poi, il fondatore dell’associazione ha voluto precisare che «all’ospedale di Crotone la situazione appare sotto controllo. È incoraggiante — ha aggiunto — la forte volontà del personale medico di continuare a lavorare e pensare a lungo termine, nel caso in cui dovesse esserci una terza ondata».
A proposito dell’assistenza domiciliare, Strada ha riferito un dato: «In Calabria, il 94% dei pazienti si cura a casa. Se si riesce a sviluppare un’assistenza adeguata a casa, si evita che molti pazienti finiscano poi in ospedale».
Il medico ha poi chiarito che «Crotone è il primo passo di Emergency per la Calabria. La priorità l’ha individuata la Protezione civile nazionale. Ovviamente siamo aperti ad altri progetti in altre zone della Calabria».
E per schivare ogni possibile critica riguardante l’allestimento di un ospedale gestito dalla sua organizzazione, Strada ha sottolineato: «Nei prossimi tempi sarò molto presente in Calabria. Tutta la divisione medica di Emergency in Calabria non si assenterà nel futuro prossimo. Ribadisco, questa non è un’operazione spot».
Le querelle sulla nomina a commissario della Sanità calabrese
Inevitabile il passaggio in cui a Strada è stato chiesto della mancata nomina a commissario del sistema sanitario regionale, data da molti per certa solo qualche settimana fa. «Nei colloqui che ho avuto per la nomina a commissario, non mi è stato mai chiesto, nemmeno dal presidente del Consiglio, di fare il commissario. Tra l’altro, non mi vedo nemmeno in quella posizione, non avendo le competenze necessarie. L’eventualità della mia nomina a commissario non l’ho mai discussa con nessuno», ha asserito il medico. Senza però evitare di approfondire la questione politica.
Infatti, sul processo di risanamento della sanità calabrese Strada ha detto: «Al momento ci stiamo focalizzando sul Covid. Dobbiamo porre fine alla pandemia. Poi, la ristrutturazione della sanità pubblica calabrese, anzi una rivoluzione, non coinvolge tanto noi medici, ma i politici che hanno responsabilità decennali in questo contesto».
Il fondatore di Emergency, a questo punto, ha fatto una considerazione che sa di un auspicio per la serenità della sua associazione nella lotta al Covid nella regione.
«È indubbiamente vero che la politica continua a frenare il processo di risanamento della sanità calabrese. E spero che la politica non arrivi a condizionare anche il nostro lavoro — di Emergency -, che non è quello di rimettere in sesto la sanità della Calabria, ma di rispondere nel contingente all’emergenza Covid. Le premesse per lavorare, al momento, mi sembra che ci siano».
Le dichiarazioni di Spirlì e le accuse alla sanità privata
Il presidente facente funzione della Calabria, Nino Spirlì, aveva respinto, con toni forti, l’ipotesi di una nomina a commissario del fondatore di Emergency: «Che c’entra con noi Gino Strada? La Calabria è una regione dell’Italia, con fior di professori: non ci servono medici missionari africani, non abbiamo bisogno di essere schiavizzati nella nostra sanità ».
A tali affermazioni, Strada ha risposto nella conferenza di oggi: «Non faccio il politico, e non ho nessuna intenzione di farlo. Dico al presidente facente funzione che io non faccio il missionario. Tantomeno faccio il missionario in Africa».
Ricordando poi che la sua associazione è già da tempo attiva in Italia e nella stessa Calabria: «D’altro canto, ricordo che un polo di Emergency funziona da anni in Calabria, nonostante l’attuale presidente non se ne sia mai accorto».
Poi l’argomento della discussione si è spostato sulle problematiche generali del sistema sanitario nazionale. Una di queste è il rapporto dello Stato con il settore privato della salute: «La sanità privata ha diritto di cittadinanza purchè rispetti le regole. Credo altrettanto fermamente che la sanità privata debba svolgere il proprio lavoro con i suoi soldi, non con quelli del pubblico. Se in Calabria i dirigenti degli ospedali pubblici non accedono a una buona fetta dei fondi è perchè, spesso, quei fondi finiscono nel profitto del privato».
«Il privato dovrebbe sapersi gestire con le proprie risorse — ha detto Strada -. Bisogna rompere questo legame: oggi, chi decide di investire nella sanità privata, la prima cosa che fa è convenzionarsi con il sistema sanitario nazionale. Quindi agisce come privato nell’ottica del proprio interesse, ricevendo però soldi pubblici. Bisogna rompere questo legame, anche per non dare adito a intrallazzi con la politica e la malavita».
Infine, parlando della risposta della politica alla pandemia, Strada ha aggiunto: «Sulla gestione italiana del Coronavirus, diciamo che è stato messo a nudo il re. Il sistema sanitario italiano è andato sempre più impoverendosi, facendo entrare il profitto nella medicina. Si sono considerate le cure come una merce da comprare al supermercato: chi paga di più, ottiene cure migliori. Anche in Calabria, la sanità pubblica in alcuni territori è evanescente, la sanità privata, invece, è sempre presente».
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
UN’ALTRA VERGOGNA TRA GARE SBAGLIATE E APPALTI MAL GESTITI… ALLA FINE MOLTI SI PRENDERANNO L’INFLUENZA IN ATTESA DI UN VACCINO CHE NON ARRIVERA’ MAI
Tra gare sbagliate e appalti mal gestiti, in Italia divampano le polemiche dopo che gli operatori sanitari hanno lamentato in alcune Regioni che i vaccini anti-influenzali sono già finiti.
In Lombardia, l’assessore alla Salute, Giulio Gallera, difende l’operato dell’amministrazione: «I problemi sono in tutta Italia e sono dovuti a ritardi delle consegne. Molte Regioni hanno fatto causa alle ditte che creano questi grossi ritardi e ci stiamo approntarlo a farlo magari anche noi».
La situazione è delicata un po’ in tutta Italia. C’è la Puglia che ha ricevuto 890 mila fiale in meno nonostante si sia mossa per tempo. Il suo ordine era stato di 2,1 milioni di dosi. Di queste 1,5 milioni dovevano arrivare dall’azienda Sanofi, che per la gara ha incassato 8,3 milioni di euro. Ma giovedì scorso ha comunicato — fa notare la Repubblica — di non poterle distribuire tutte. Così la Regione andrà ora per vie legali. Sempre contro Sanofi è stata aperta un’inchiesta a Torino, anche qui mancano all’appello 400 mila dosi.
«Mi chiedo come faremo col vaccino anti-Covid»
Il Lazio accusa invece l’azienda Pasteur, la quale si è aggiudicata il bando per 1,4 milioni di dosi ma ne ha consegnate finora 823 mila. Così le aziende provano a difendersi: «La colpa è dell’eccezionale e inedita situazione provocata dalla pandemia in tutto il mondo, che ha comportato una crescita esponenziale della domanda di vaccini antinfluenzali, nettamente superiore rispetto a quella degli anni passati», dice Sanofi.
«Alcune Regioni sono in ritardo clamoroso — commenta a Repubblica il primario dell’ospedale Sacco Massimo Galli — continuiamo a confidare nello stellone italico, tanto poi tutto si sistema. Ma questa volta il problema è serio. E mi chiedo come faremo a mettere in piedi una campagna senza precedenti come quella per il Covid. A quest’ora la campagna antinfluenzale doveva essere già conclusa».
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
“I SUPERDIFFUSORI SONO CIRCA IL 20% DELLA POPOLAZIONE, MA CONTAGIANO IL 40-50%”
Ricciardi parla del nuovo Dpcm: “Il concetto generale è che in questo momento non c’è possibilità di
muoversi liberamente e bisogna, soprattutto nelle regioni colorate più intensamente, stare il più possibile a casa, con poche persone di cui si conosce lo stato immunitario e i comportamenti tenuti nei giorni precedenti. Quello che può succedere, infatti, è che anche con poche persone ce n’è una che ha avuto contatto con soggetti infetti nei giorni precedenti e infetta tutti a casa. Soprattutto se è un ‘super spreader’, addirittura, è terribile”.
Mette in guardia sul rischio superdiffusori per il Natale in epoca Covid-19 Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza e docente di Igiene all’università Cattolica di Roma.
“I superdiffusori – spiega ai microfoni di ‘Un giorno da pecora’ su Rai Radio 1 – sono circa il 20% della popolazione, però contagiano il 40-50%, e quando ti trovi con uno di questi in un ambiente chiuso, a distanza ravvicinata, a maggior ragione senza mascherina, purtroppo la carica virale è talmente forte che è quasi inevitabile il contagio. Queste persone possono essere asintomatiche, paucisintomatiche e possono avere i sintomi. C’è tutta una variabilità che è difficile prevedere”.
(da agenzie)
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